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VALUTAZIONE E TRATTAMENTO BALBUZIE

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VALUTAZIONE E TRATTAMENTO BALBUZIE
Definizione.
La balbuzie è un disturbo del neuro-sviluppo classificato all’interno del DSM-5 tra i disturbi di
comunicazione con la definizione di disturbo della fluenza con esordio nell’ infanzia.
Ciò che caratterizza la balbuzie è la presenza di tre aree di compromissione:
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Anomalie della fluenza verbale: ripetizioni di suoni, sillabe e/o parole monosillabiche,
prolungamenti di suoni e/o blocchi-laringospasmi di durata e intensità variabile + sincinesia;
Presenza di comportamenti secondari (considerati secondari rispetto alle esperienze negative
di verbalizzazione): comportamenti di fuga per riuscire a superare il singolo momento di
balbuzie o di evitamento dei contesti di verbalizzazione;
Sentimenti e attitudine alla comunicazione: le emozioni possono far precipitare un momento
di balbuzie e la presenza stessa di tale disturbo può indurre la comparsa di emozioni negative
connesse ai contesti di verbalizzazione (paura, imbarazzo, ansia, rabbia...).
Questo può essere anche descritto dalla metafora dell’iceberg: la massa di ghiaccio esterna
rappresenta gli aspetti visibili e udibili, ovvero gli aspetti overt (prolungamenti, blocchi, ripetizioni
ma anche tachicardia, sudorazione, sincinesie); mentre la parte di ghiaccio sottostante è paragonata,
invece, a tutte le emozioni nascoste che caratterizzano il problema, quindi gli aspetti covert.
Peculiarità della balbuzie è la natura multifattoriale e multidimensionale. Il concetto di
multifattorialità è riconducibile alla molteplicità dei fattori che potrebbero esserne la causa. Per
multidimensionale si intende, invece, la varietà di espressioni che tale disturbo può avere; si
contraddistingue, infatti, per un eloquio disfluente che nell’espressione viene influenzato da
componenti cognitive, emotive e comportamentali. Modello esplicativo di questa natura
multifattoriale della balbuzie è il CALMS Model che ipotizza che nella genesi della balbuzie abbiano
un ruolo fondamentale aspetti cognitivi, affettivi, linguistici, motori e sociali. Quello che viene
proposto è che la balbuzie, non derivi solo da una difficoltà motoria a livello dell’eloquio, ma anche
da come il soggetto percepisce sé stesso e la propria balbuzie.
I fattori di rischio sono: familiarità, genere (nel sesso femminile la remissione è più frequente), età di
insorgenza (un esordio tardivo espone ad un maggior rischio di persistenza), severità e frequenza
della balbuzie (i bambini più a rischio di persistenza sono quelli che nel primo anno successivo alla
comparsa del sintomo non mostrano una diminuzione nella gravità della balbuzie), durata dei
prolungamenti e dei blocchi (vi è un maggior rischio di persistenza del disturbo quando i
prolungamenti e i blocchi non decrescono/regrediscono durante il primo periodo di balbuzie), stile
comunicativo materno (uno stile comunicativo eccessivamente complesso a livello sintattico e
semantico sembra predisporre alla persistenza della balbuzie).
Valutazione.
La diagnosi di balbuzie non avviene prima dei 4 anni.
In fase di valutazione è necessario tener conto del quadro complesso che caratterizza la balbuzie; per
tale ragione devono essere indagati sia gli aspetti overt che quelli covert.
La prima fase della valutazione è rappresentata dal colloquio iniziale. Tale colloquio viene svolto con
il paziente stesso, o in presenza della famiglia, e ha l’obiettivo di osservare qual è il modo di
comunicare della persona che balbetta (es. se risponde alle domande oppure preferisce che sia l’adulto
a chiarire la situazione). Inoltre, i primi scambi comunicativi sono utili per determinare il motivo per
cui è stata richiesta la consultazione, per la conoscenza della storia del paziente e del cambiamento
desiderato. Infine, il colloquio consente alla persona che balbetta di prendere coscienza di tre
situazioni:
1. Del suo atteggiamento nei confronti della balbuzie;
2. Del suo interesse ad intraprendere un percorso riabilitativo e di cura;
3. Dei desideri del soggetto e della sua famiglia rispetto al suo futuro (istruzione e occupazione).
Tenendo conto degli aspetti overt è fondamentale valutare la fluenza affinché si possano descrivere
in maniera specifica sia gli aspetti qualitativi che quantitativi delle disfluenze. Per fare queste indagini
esistono vari strumenti tra i quali troviamo: SDA (Northwestern University’s Systematic Disfluency
Analysis) e SSI-4 (Stuttering Severity Instrument).
La SDA è un’analisi valutativa quantitativa (percentuale degli episodi di disfluenza) e qualitativa
(tipologia delle disfluenze emesse, aumenti di tensione, variazioni del ritmo/intensità/tono
dell’eloquio) degli episodi di disfluenza. Questo strumento prevede la raccolta di campioni di eloquio
videoregistrati provenienti da varie situazioni di conversazione; ogni campione deve essere almeno
di 200 sillabe fluenti.
Il test SSI-4, utilizzabile a partire dai 2 anni, valuta tre parametri: frequenza delle disfluenze quali
ripetizioni, prolungamenti e blocchi; durata dei tre episodi più lunghi di balbuzie; concomitanti fisici
osservabili. I parametri vengono estrapolati da due tipologie di prove: eloquio spontaneo e lettura.
Ciò che viene definito balbuzie sono le sillabe balbettate, i prolungamenti (inclusi quelli silenti), le
ripetizioni di parti di parola e i blocchi. Nel calcolo delle sillabe balbettate è necessario che ogni
campione contenga da 150 a 500 sillabe fluenti; in seguito si dividono le sillabe balbettate da quelle
non balbettate e si calcola la percentuale delle sillabe balbettate. Il punteggio grezzo di ciascuna prova
viene poi convertito nel punteggio ponderato. La somma dei due punteggi ponderati permetterà di
avere il punteggio di frequenza. Per calcolare il punteggio relativo alla durata, si cronometrano le
durate dei tre momenti più lunghi di disfluenza e si calcola la media che sarà convertita in punteggio
di durata seguendo la scala di riferimento che va da un minimo di 2 (durata inferiore a 0.5 secondi)
fino ad un massimo di 18 (durata maggiore di 60 secondi).
Nella valutazione degli aspetti covert, invece, è importante considerare l’attitudine comunicativa,
ovvero la percezione che le persone hanno della loro competenza e capacità di espressione verbale. I
test che acquisiscono un ruolo fondamentale nella valutazione dell’attitudine comunicativa sono
sicuramente i test di autovalutazione. Questi, essendo compilati dalla persona che balbetta, ci
permettono di capire davvero come la persona percepisca il proprio modo di parlare, il livello di
conoscenza che ha della balbuzie e cosa pensa e sperimenta in relazione a questa sua caratteristica.
Tra i test che indagano gli aspetti covert troviamo: il BAB (Behavior Assessment Battery) e il WASSP
(Wright-Ayer Stuttering Self Rating Profile).
Il BAB è costituito da prove di autovalutazione multidimensionale; questo test è validato in italiano
per persone che balbettano dai 6 ai 16 anni. I questionari del BAB permettono di valutare le molteplici
sfaccettature che caratterizzano la balbuzie e più nel dettaglio sono:
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Speech Situation Checklist – Emotional Reaction (SSC-ER): al paziente viene richiesto di
indicare quali reazioni emotive negative (es. paura, tensione, ansia, preoccupazione) prevede
di avere in determinate situazioni di eloquio;
Speech Situation Checklist – Disruption (SSC – SD): si chiede al paziente quanto
frequentemente gli capita di balbettare in specifiche situazioni comunicative;
Behavior Checklist (BCL): permette di rilevare i comportamenti, le risposte specifiche che il
paziente mette in atto nel tentativo di evitare l’incorrere delle disfluenze o per cercare di
interromperle;
Communication Attitude Test (CAT – Test dell’Attitudine Comunicativa): consente di
valutare le convinzioni personali del paziente associate al proprio modo di parlare.
Il WASSP, utilizzabile a partire dai 16 anni, è costituito da 24 items che vanno a sondare la percezione
che il soggetto ha della propria balbuzie, l’attitudine comunicativa, gli evitamenti e le esperienze
negative vissute a causa della balbuzie.
Trattamento.
Il trattamento ovviamente deve tener conto sia degli aspetti overt che di quelli covert.
Per gli aspetti overt, innanzitutto va insegnata la gestione del blocco (il blocco c’è perché non esce
aria); la persona che balbetta deve essere in grado di riconoscere l’arrivo del blocco e deve fermarsi
quando questo sopraggiunge. Dopo di che espira buttando fuori tutta l’aria ed inspira per riprendere
il discorso interrotto dal blocco.
Quindi gli esercizi sono:
1. Impostare la respirazione diaframmatica;
2. Fare inspirazioni dal naso seguite da espirazioni, da produzioni del fonema /s/ o /ʃ/ e delle
vocali;
3. Insegnare ad iper-articolare;
4. Impostare un attacco vocale dolce (se in un primo momento risulta difficile, dire alla persona
che balbetta di espirare un po’ di aria per poi appoggiarci sopra la parola da dire);
5. Leggere con voce cantilenante;
6. Leggere prendendo aria prima di ogni parola e poi a gruppi di parole (2, 3, ...) rispettando le
indicazioni di iper-articolazione e attacco vocale dolce.
L’obiettivo finale è la generalizzazione che avviene passando per le transfer activities, tutte quelle
attività che simulano scene di vita quotidiana (ad esempio, fare telefonate prima in un ambiente
conosciuto, come le altre stanze di terapia, per poi chiamare persone non conosciute dal paziente).
Per la generalizzazione è importante che in situazioni di vita quotidiana (scuola, famiglia, amici, ...)
la persona che balbetta inizi a mettere in pratica le tecniche apprese durante la terapia al fine di
automatizzarle.
Per quanto riguarda gli aspetti covert si tratta di un trattamento costante: si deve rendere consapevole
la persona che balbetta dei suoi fenomeni di balbuzie e soprattutto delle emozioni che vive in questi
momenti. È importante che durante la terapia vengano esternate le emozioni vissute dalla persona che
balbetta soprattutto se ha affrontato contesti diversi dal solito o se ha avuto occasione di fare nuove
conoscenze. Le transfer activities hanno un ruolo importante anche nel lavoro sugli aspetti covert in
quanto permettono di sperimentare emozioni che nella vita quotidiana possono essere vissute dalla
persona che balbetta.
Riepilogando gli obiettivi:
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Breve termine: gestione del blocco;
Medio termine: consapevolezza e sperimentazione delle tecniche apprese in terapia in
contesti quotidiani
Lungo termine: generalizzazione.
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