01 Interazioni - concetti generali

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Interazioni tra farmaci
INTERAZIONI TRA FARMACI:
PROBLEMI E CONCETTI GENERALI
UN FALSO PROBLEMA
INTRODUZIONE
ALESSANDRO NOBILI,
CLINICO?
Un’interazione tra farmaci si
verifica quando la risposta farmacologica o clinica alla somministrazione contemporanea di due o
più farmaci è diversa da quella
attesa sulla base degli effetti noti
dei farmaci somministrati singolarmente, o più semplicemente
quando gli effetti di un farmaco
vengono modificati dalla presenza
di un altro farmaco.
L’azione di due o più farmaci
somministrati contemporaneamente o in tempi ravvicinati può
avvenire in modo indipendente
oppure può portare ad un potenziamento (solo uno dei due farmaci esercita l’effetto, il secondo lo
potenzia), ad un effetto sinergico (i
due farmaci esercitano lo stesso
effetto ma con meccanismi diversi e l’effetto finale è superiore alla
somma algebrica delle risposte
individuali) o alla diminuzione
(effetto antagonista) dell’effetto di
uno o più di essi, o provocare una
reazione nuova e inaspettata.
Lo studio delle interazioni tra farmaci rappresenta uno dei capitoli
più complessi e più rapidamente
in evoluzione della farmacologia
clinica, basti pensare al numero di
farmaci che ogni anno vengono
commercializzati e al numero
potenziale di interazioni che essi
possono produrre, alle nuove conoscenze nel campo della farmacogenetica e dei meccanismi responsabili del trasporto intra-extracellulare dei farmaci, che hanno permesso di identificare nuove interazioni o di chiarire alcuni dei meccanismi responsabili.
SILVIO GARATTINI
Istituto di Ricerche Farmacologiche
“Mario Negri”, Milano
Il rischio, quindi, per il medico
pratico è di provare una certa
impreparazione e un senso di inadeguatezza, che inevitabilmente
lo allontanano dal problema,
demandandone la trattazione ai
cosiddetti esperti.
È quindi fondamentale poter
disporre di informazioni e indicazioni pratiche per affrontare e
gestire efficacemente nella propria pratica il problema, con
l’obiettivo di evitare ai pazienti il
rischio di eventi avversi, spesso
anche gravi, conseguenza di interazioni tra farmaci, prodotti a base
di erbe o addirittura bevande o
alimenti.
Il contributo di questa rubrica,
che si occuperà di interazioni tra
farmaci, sarà di fornire al medico
elementi critici per la valutazione
della loro rilevanza clinica, di
come prevenirle e di come gestire
eventuali scelte obbligate. Questi
criteri saranno applicati sistematicamente alla trattazione di diversi capitoli chiave delle interazioni, cercando ogni volta di presentare problemi o categorie di farmaci di ampio impiego nella pratica clinica.
In questo primo intervento
saranno illustrati brevemente alcuni concetti generali per inquadrare e contestualizzare il problema.
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Le condizioni in cui normalmente le interazioni tra farmaci vengono
studiate solo raramente corrispondono al contesto clinico in cui, una
volta commercializzato, il farmaco
sarà utilizzato. La maggior parte
delle conoscenze sull’uomo proviene, infatti, da modelli sperimentali
o da studi su volontari sani, in cui i
farmaci sono somministrati in dose
unica e in situazioni molto diverse
dalla realtà clinica di tutti i giorni,
dove il medico ha a che fare con
pazienti, spesso affetti da più patologie, per lo più anziani, che necessitano di politerapie, la cui durata
è spesso cronica.
Questa situazione appare destinata a complicarsi ulteriormente nel
prossimo futuro. Infatti ogni anno è
messo in commercio un numero
crescente di nuovi farmaci, potenzialmente responsabili di nuove
interazioni, e sempre maggiore è la
disponibilità di farmaci da automedicazione di diretta gestione da
parte del paziente. Se a ciò si
aggiunge che il progressivo invecchiamento della popolazione farà
aumentare il numero di soggetti
costretti/indotti ad assumere cronicamente più farmaci e la sempre
più diffusa convinzione che ad ogni
problema di salute si debba necessariamente porre rimedio con
l’assunzione di un farmaco, è comprensibile che il rischio di interazioni sarà destinato ad aumentare.
Però, nella pratica quotidiana il
fenomeno non sembra così eclatante come potrebbe apparire consultando la scheda tecnica di un far-
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maco o un testo di interazioni. È
infatti palese una netta discrepanza
tra le interazioni indicate come “farmacologicamente” significative e
quelle rilevanti sul piano clinico.
Ciò potrebbe portare erroneamente a concludere che le interazioni
tra farmaci rappresentano in pratica un “falso” problema clinico.
Purtroppo le cose non sono così
semplici e i recenti fatti di cronaca
(caso Lipobay) hanno riproposto in
tutta la sua drammaticità il problema di sottovalutare i rischi, tra l’altro
noti e a più riprese sottolineati,
dell’interazione tra una “nuova” statina (la cerivastatina – ma il discorso potrebbe valere anche per le
altre) e i fibrati (il gemfibrozil, in
particolare), che hanno causato la
morte di 10 pazienti in seguito a
insufficienza renale secondaria a
rabdomiolisi e oltre 200 casi di miopatia o rabdomiolisi non mortali.
È quindi necessario non abbassare i livelli di guardia e di sospetto,
anche in situazioni che dovrebbero
essere già note e in qualche modo
definite. L’attenzione e la sorveglianza del medico rappresentano
strumenti insostituibili, se ben utilizzati, per monitorare situazioni a
rischio e per produrre dati “clinici”
nel campo delle interazioni e più in
generale della sicurezza dei farmaci.
I
NCIDENZA
NELLA PRATICA CLINICA
Quanto sinora affermato è in
parte confermato dall’assenza di
studi e dati epidemiologicamente
significativi sull’entità clinica del
fenomeno interazioni. Infatti se, da
un lato, l’incidenza delle interazioni clinicamente rilevanti è molto difficile da valutare, dall’altro, i pochi
studi disponibili danno risultati spesso contrastanti o difficilmente confrontabili. La maggior parte di questi, più che alle interazioni che
hanno determinato un problema
clinicamente rilevante, fanno riferimento alle interazioni “potenziali”,
INTERAZIONI TRA FARMACI
quelle prevedibili a priori o descritte in ambito sperimentale, a partire
dalle proprietà farmacologiche dei
farmaci implicati, ma che non
necessariamente causano o potrebbero determinare un effettivo problema clinico per i pazienti.
Infatti, perché un’interazione tra
farmaci si verifichi, oltre alla contemporanea somministrazione di
due farmaci, entrano in gioco altri
fattori legati:
- ai singoli farmaci: dosi impiegate,
modalità di somministrazione, proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche, intervallo con cui i
diversi farmaci vengono somministrati, durata della terapia;
- alle caratteristiche del paziente: età,
stato di salute, presenza di polipatologie, assunzione di altre terapie
non note o non segnalate dal malato al medico (ad esempio assunzione di farmaci da banco, prodotti
a base di erbe ecc.), compliance, predisposizione individuale;
- al setting in cui i farmaci sono prescritti (ambulatori, ospedali, case
di riposo);
- alla capacità del medico di riconoscere e diagnosticare una interazione tra farmaci.
I pochi dati disponibili riportano stime di incidenza che variano
tra il 4 e il 5% per i pazienti ospedalizzati, anche se la maggior parte
di queste interazioni sono “potenziali”. Un’estrema variabilità, sempre per lo più riferita alle interazioni “potenziali”, emerge dagli
studi sulla loro frequenza in ambito ambulatoriale, che varia dal 4 al
40% e scende all’1-10% se ci si riferisce solo a quelle indicate come
“gravi”.
EFFETTI
Gli effetti di un’interazione tra
farmaci possono comportare, da
un lato, la perdita di efficacia di
uno dei due farmaci, dall’altro, la
comparsa di effetti collaterali in
alcuni casi anche gravi.
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Entrambi possono avere conseguenze dirette sulla salute del
paziente o perché può venire meno
l’effetto terapeutico di un farmaco
su una patologia (si pensi per esempio al rischio a cui si espone un cardiopatico o un iperteso se in seguito ad un’interazione vengono meno
gli effetti della digitale o dell’antipertensivo, oppure alla mancata
risposta terapeutica ad alcuni antibiotici la cui azione è inibita o ridotta dall’interazione per esempio con
un antiacido, o con il ferro), o perché venendo potenziato l’effetto di
un farmaco aumenta il rischio di
effetti collaterali (si pensi al rischio
di emorragie provocato dalla contemporanea assunzione di un anticoagulante orale e di un antinfiammatorio non steroideo per il trattamento di una sindrome artrosica,
oppure al rischio di gravi aritmie
cardiache in seguito all’assunzione
di un antistaminico – astemizolo,
terfenadina – contemporaneamente all’assunzione di un calcio-antagonista o un antimicotico).
M
ECCANISMI
RESPONSABILI
Per comprendere i meccanismi
responsabili delle interazioni è fondamentale aver chiaro che un farmaco, una volta introdotto nell’organismo, deve passare attraverso
una serie di tappe obbligate prima
di raggiungere gli organi bersaglio
e i rispettivi siti d’azione. In particolare, un farmaco somministrato
per bocca deve essere assorbito a
livello gastroenterico, passa quindi
nel sangue e attraverso il sistema
dei vasi portali arriva al fegato. Qui,
attraverso, diversi sistemi enzimatici (i citocromi) va incontro ad una
serie di trasformazioni, che possono
portare alla produzione di nuove
molecole (i cosiddetti metaboliti). Il
farmaco così modificato viene liberato nella circolazione sistemica e
può raggiungere gli organi bersaglio. Una certa quota di farmaco,
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INTERAZIONI TRA FARMACI
infine, è eliminata dall’organismo
per via renale, biliare o fecale. Tutti
questi passaggi possono essere sede
di interazioni tra farmaci, più o
meno gravi sul piano clinico. La
Tabella 1 riassume schematicamente i principali meccanismi responsabili delle interazioni tra farmaci.
Alcuni esempi serviranno a rendere più chiari questi concetti.
Per quanto riguarda le interazioni a livello dell’assorbimento dei
farmaci, gli antiacidi possono
ridurre l’assorbimento intestinale
delle tetracicline, di altri antibiotici e dei bifosfonati.
Molte delle interazioni sono sostenute dall’effetto di un farmaco
sull’attività degli enzimi microsomiali. I meccanismi più conosciuti
sono quelli di induzione (aumento
dell’attività) e di inibizione (riduzione dell’attività) di questi sistemi
enzimatici. Un aumento dell’atti-
vità enzimatica indotto da farmaci
come alcuni antiepilettici, ipnoticosedativi, antidiabetici orali può portare a una riduzione degli effetti di
farmaci come gli anticoagulanti
orali, alcuni antidepressivi, i calcioantagonisti, i contraccettivi orali e i
corticosteroidi. Una riduzione dell’attività degli enzimi epatici da
parte di farmaci quali l’amiodarone, alcuni antimicotici (fluconazolo,
miconazolo, ketoconazolo), alcuni
antibiotici (eritromicina, claritromicina, ciprofloxacina) e la cimetidina può comportare un aumento
dell’effetto di farmaci quali gli antidepressivi triciclici, la carbamazepina, la terfenadina, alcune benzodiazepine (lorazepam, alprazolam,
midazolam, triazolam) con un
aumento del rischio degli effetti
avversi di questi farmaci.
Anche i meccanismi di eliminazione, soprattutto per via renale,
dei farmaci possono causare interazioni: in questo caso un aumento o una riduzione dell’escrezione
di un certo farmaco può determinare una minore o maggiore
disponibilità di farmaco in circolo
e quindi dei suoi effetti; è il caso
per esempio dell’interazione tra
alcuni diuretici e il litio o di alcuni
antiaritmici (chinidina, verapamil
e amiodarone) e la digitale.
Infine, molte interazioni possono
avvenire a livello dei siti d’azione
specifici dei farmaci con un meccanismo di sinergia che porta al potenziamento dell’effetto di uno dei due
farmaci (ad esempio l’aumento
dell’azione sedativa in seguito a somministrazione di benzodiazepine e
antistaminici) o di antagonismo tra
i due (ad esempio alcuni diuretici e
gli ipoglicemizzanti orali), con riduzione/annullamento dell’effetto di
uno dei farmaci.
Tabella 1 - Principali meccanismi responsabili delle interazioni tra farmaci.
1. Incompatibilità farmaceutica
2. Legame del farmaco in vivo con perdita dell’effetto
3. Mutuo antagonismo o potenziamento dell’azione del farmaco a livello dello stesso sito d’azione o effetto sullo stesso sistema
fisiologico
4. Competizione a livello dei siti recettoriali
5. Alterazione del bilancio idro-elettrolitico
6. Trasporto intracellulare (interferenza con l’uptake di amine da parte dei neuroni del sistema simpatico)
7. Interferenza con l’assorbimento
a. modificazioni del pH gastrointestinale
b. effetti sullo svuotamento e sulla motilità gastrointestinale
c. legame e chelazione del farmaco
d. competizione per i siti di assorbimento attivo
e. effetti tossici sul tratto gastrointestinale
8. Distribuzione del farmaco
9. Modificazioni del metabolismo del farmaco
a. induzione
b. inibizione
c. cambiamenti del flusso sanguigno epatico
10. Interferenza con l’escrezione biliare e la circolazione enteroepatica
11. Modificazioni dell’escrezione renale
a. interferenza con l’escrezione renale
b. competizione per i meccanismi di secrezione tubulare attiva
c. cambiamenti del pH urinario
12. Interazioni il cui meccanismo non è noto
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Studi recenti hanno inoltre permesso di identificare nuovi meccanismi alla base delle interazioni, come
il caso della glicoproteina P e del
ruolo della diversità e variabilità genetica interindividuale (cosiddetti polimorfismi genetici per gli enzimi acetilanti e per quelli ossidativi). Lo sviluppo di questi studi consentirà di
approfondire i meccanismi responsabili delle interazioni e di definire i soggetti che da un punto di
vista genetico sono più a rischio di
interazioni tra farmaci, attraverso la
determinazione dei fenotipi dei diversi sistemi enzimatici a livello epatico.
F
ARMACI E PAZIENTI
PIU A RISCHIO
Il rischio di interazioni tra farmaci è direttamente proporzionale al
numero di farmaci assunti e le interazioni più frequenti riguardano in
particolare i farmaci il cui uso è più
comune (ad esempio i farmaci per
le malattie cardiovascolari o per i
disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico come artrosi, artrite, o per
disturbi neuropsichici quali depressione, ansia e insonnia), o quelli che
vengono assunti cronicamente (ad
esempio i contraccettivi orali, gli
anticoagulanti, alcuni antinfiammatori e antidolorifici, gli antidepressivi, gli ansiolitici, gli antipertensivi e i farmaci che riducono il
colesterolo).
Il rischio di interazioni aumenta,
inoltre, quando sono utilizzati farmaci che agiscono sullo stesso sito
d’azione o sullo stesso distretto anatomico. In questi casi si può provocare un potenziamento o una riduzione dell’effetto di uno dei farmaci
o lo sviluppo di reazioni avverse. È il
caso per esempio di alcuni ansiolitici il cui effetto sedativo può essere
aumentato dalla contemporanea
somministrazione di farmaci antistaminici o dalla combinazione di
più farmaci attivi sul sistema nervoso
centrale (ad esempio benzodiazepine, antipsicotici, antidepressivi).
INTERAZIONI TRA FARMACI
Infine, è utile ricordare i farmaci il cui indice terapeutico (ovvero
il rapporto tra effetti terapeutici ed
effetti tossici) è particolarmente
piccolo (ad esempio la digitale,
alcuni immunosoppressori, alcuni
anticoagulanti, alcuni analgesici
che agiscono sul sistema nervoso
centrale e la maggior parte dei farmaci antitumorali) e che quindi
sono estremamente sensibili ad
interferenze con altri farmaci che
ne possono alterare le concentrazioni plasmatiche. Un esempio è
l’aumento degli effetti tossici della
digitale, in particolare aritmie cardiache, quando somministrata contemporaneamente ad alcuni diuretici o antiaritmici, e il rischio di
emorragie in seguito a contemporanea somministrazione della warfarina, un anticoagulante orale e
alcuni antibiotici, antimicotici e
antinfiammatori non steroidei.
I soggetti maggiormente a rischio
di interazioni tra farmaci sono:
- i pazienti con patologie croniche
(scompenso cardiaco, depressione, psicosi, epatopatie e nefropatie croniche, osteoartrosi) che
necessitano di politerapie;
- i pazienti con insufficienza epatica o renale e di conseguenza i farmaci utilizzati per il loro trattamento;
- le donne che fanno uso di contraccettivi orali;
- gli anziani, che risentono delle
modificazioni indotte dall’età sui
diversi meccanismi di bio-trasformazione dei farmaci e che sono
spesso sono in trattamento con
politerapie;
- i pazienti che utilizzano più farmaci contemporaneamente.
Per quanto concerne l’età pediatrica, non vi sono particolari differenze relativamente ai meccanismi
delle interazioni tra farmaci. Il problema va quindi inquadrato nel contesto più generale dell’uso “razionale” dei farmaci nel bambino, evitando quanto più possibile di ricorrere in maniera indiscriminata
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all’uso di farmaci per curare il più
delle volte, patologie autolimitanti o
per le quali l’uso dei farmaci non è
assolutamente indispensabile (si
pensi all’uso eccessivo di antibiotici, per curare patologie respiratorie
di natura virale).
Lo stesso discorso vale per l’uso
dei farmaci in gravidanza, il cui
ricorso dovrebbe essere limitato a
quelle situazioni in cui la patologia di base rappresenta un grave
rischio per la madre e il nascituro.
C
OME RIDURRE
IL RISCHIO
Nonostante l’esistenza di una
vastissima letteratura al riguardo, è
sempre più palese il disagio del
medico di fronte al quesito se due o
più farmaci possano interagire tra
loro e, in questo caso, quale sarebbe
l’eventuale effetto clinico. Questo
disagio non trova quasi mai una
risposta univoca ed assoluta, cosa
che, vista comunque la bassa frequenza di eventi avversi clinicamente rilevanti, può indurre il
medico ad ignorare o a sottovalutare il problema.
Quello che va assolutamente evitato è di abbandonare a se stesso il
paziente che assume numerosi farmaci, senza nessun consiglio o rassicurazione sulla razionalità, efficacia e sicurezza delle scelte terapeutiche.
Non va poi trascurato il fatto che
un paziente ben informato sugli
effetti e sui rischi legati alle terapie che sta assumendo può costituire un’importante fonte di informazioni per il medico stesso.
Infine, non disponendo di regole
assolute per evitare di incappare in
“incidenti”, che, sebbene raramente, possono portare anche a gravi
conseguenze per la salute del paziente, può essere utile per il medico,
considerare alcuni suggerimenti, che
possono aiutarlo a prendere decisioni razionali ogni volta che prescrive un farmaco, in particolare:
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- chiedersi sempre quale sia l’evidenza che supporta l’efficacia di
ogni farmaco che si intende prescrivere, in considerazione dell’indicazione e di eventuali altre
terapie già in corso o da avviare;
- se si hanno dubbi su un determinato farmaco sarebbe bene non
prescriverlo;
- una volta presa la decisione di prescrivere, controllare quali possono essere le potenziali interazioni
(sarebbe bene eseguire questo
controllo per ogni farmaco);
- distinguere fra le interazioni che
comportano ipotesi di gravi effetti dannosi rispetto a quelle che
sono indicate solo come scarsamente significative dal punto di
vista clinico;
- nel caso di interazioni ad alto
rischio per il paziente, riconsiderare l’utilità della prescrizione di
più farmaci; se l’utilità persiste, rapportare il possibile danno alle caratteristiche del paziente (per esempio se il rischio dell’interazione è
cardiovascolare, assicurarsi che il
paziente non abbia avuto pregresse patologie cardiovascolari, se il
danno è immunitario, assicurarsi
che il paziente non abbia una storia di allergie);
- se la progettata prescrizione resiste a tutti i controlli, è importante
PER SAPERNE DI PIÙ
• Anonimous. Why bother about cytochrome P450 enzymes? Drug Ther Bull 38: 93,
2000.
• Farmer JA. Learning from the cerivastatin experience. Lancet 358: 1383, 2001.
• Feely J, Williams D. Detecting adverse drug
reactions – Part 1. Adverse Drug Reaction
Bulletin 207: 791, 2001.
• Garattini S, Nobili A. Interazioni tra farmaci: una valutazione della loro rilevanza
clinica. Selecta Medica, Pavia, 2001.
INTERAZIONI TRA FARMACI
controllare attentamente le dosi
dei farmaci ed informare il paziente su quanto potrebbe accadere
dopo l’assunzione dei due o più
farmaci prescritti, fornendogli
tutte le informazioni su come comportarsi nell’eventualità di un effetto avverso;
- dopo qualche giorno può essere
utile telefonare al paziente per assicurarsi che tutto proceda normalmente: questa informazione permetterà al medico di raccogliere
dati personali circa l’interazione
tra i farmaci prescritti e quindi di
avere un elemento in più nel caso
accada di dover ripetere la stessa
prescrizione;
- nel caso in cui l’interazione sia invece a basso rischio clinico, procedere come al punto 5 ed avvisare il
paziente in modo molto generale,
chiedendogli soprattutto di riferire eventuali effetti collaterali;
- anche nel caso di interazioni a
basso rischio ricordare sempre che
in particolari pazienti si possono
avere situazioni estreme legate a
specifiche alterazioni del metabolismo dei farmaci o ad anomale
iper-reattività;
- è bene che il medico costituisca un
suo archivio personale, annotando le sue osservazioni negative e/o
positive circa le interazioni che
osserva: in questo modo potrà
avere un ulteriore elemento di giudizio personale, al di là delle tabelle sistematiche di testi o delle schede tecniche dei farmaci.
Per concludere, è importante
puntualizzare un ulteriore impegno
per il medico, che è quello della
segnalazione di eventuali interazioni clinicamente rilevanti attraverso il
modulo Ministeriale della segnalazione spontanea degli eventi avversi da farmaci.
Purtroppo, nonostante l’elevata
prescrizione di farmaci, il nostro
paese è ancora agli ultimi posti per
quanto concerne la segnalazione
spontanea delle reazioni avverse.
Molti medici continuano a sottovalutare l’importanza di segnalare
ciò che giunge alla loro osservazione,
facendo così perdere traccia di preziose informazioni che potrebbero
contribuire a fare chiarezza o a definire la dimensione clinica del rischio
iatrogeno e delle stesse interazioni.
Ogni medico dovrebbe quindi
sempre avere sempre a portata di
mano la scheda di segnalazione
Ministeriale, che può essere richiesta al servizio farmaceutico della propria Azienda Sanitaria Locale (ASL)
cui deve essere inviata ogni qualvolta si segnala una reazione avversa da farmaci.
• Kaufman DW, Shapiro S. Epidemiological assessment of drug induced disease.
Lancet 356: 1339, 2000.
• Meyer UA. Pharmacogenetics and adverse dtug reactions. Lancet 356: 1667, 2000.
• Morse MA, Califf RM, Sugarman J. Monitoring and ensuring safety during clinical
research. JAMA 285: 1201, 2001.
• Nobili A, Coen D, Franzosi MG, Garattini S. Interazioni tra farmaci, un falso problema? Informazioni sui Farmaci XV: 3,
1991.
• Roses AD. Pharmacogenetics and future
drug development and delivery. Lancet
355: 1358, 2000.
• Shelton JD. The harm of “First, do not
harm”. JAMA 284: 2687, 2001.
• Wilson T, Pringle M, Sheikh A. Promoting
patient safety in primary care. BMJ 323:
583, 2001.
• www.eudra.org
• www.farmacovigilanza.org
• www.fda.gov
• www.sanita.it
Corrispondenza: Dott. Alessandro Nobili, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Via Eritrea 62,
20157 Milano.
E-mail: [email protected]
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