©2002, Editrice Kurtis Interazioni tra farmaci INTERAZIONI TRA FARMACI: PROBLEMI E CONCETTI GENERALI UN FALSO PROBLEMA INTRODUZIONE ALESSANDRO NOBILI, CLINICO? Un’interazione tra farmaci si verifica quando la risposta farmacologica o clinica alla somministrazione contemporanea di due o più farmaci è diversa da quella attesa sulla base degli effetti noti dei farmaci somministrati singolarmente, o più semplicemente quando gli effetti di un farmaco vengono modificati dalla presenza di un altro farmaco. L’azione di due o più farmaci somministrati contemporaneamente o in tempi ravvicinati può avvenire in modo indipendente oppure può portare ad un potenziamento (solo uno dei due farmaci esercita l’effetto, il secondo lo potenzia), ad un effetto sinergico (i due farmaci esercitano lo stesso effetto ma con meccanismi diversi e l’effetto finale è superiore alla somma algebrica delle risposte individuali) o alla diminuzione (effetto antagonista) dell’effetto di uno o più di essi, o provocare una reazione nuova e inaspettata. Lo studio delle interazioni tra farmaci rappresenta uno dei capitoli più complessi e più rapidamente in evoluzione della farmacologia clinica, basti pensare al numero di farmaci che ogni anno vengono commercializzati e al numero potenziale di interazioni che essi possono produrre, alle nuove conoscenze nel campo della farmacogenetica e dei meccanismi responsabili del trasporto intra-extracellulare dei farmaci, che hanno permesso di identificare nuove interazioni o di chiarire alcuni dei meccanismi responsabili. SILVIO GARATTINI Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano Il rischio, quindi, per il medico pratico è di provare una certa impreparazione e un senso di inadeguatezza, che inevitabilmente lo allontanano dal problema, demandandone la trattazione ai cosiddetti esperti. È quindi fondamentale poter disporre di informazioni e indicazioni pratiche per affrontare e gestire efficacemente nella propria pratica il problema, con l’obiettivo di evitare ai pazienti il rischio di eventi avversi, spesso anche gravi, conseguenza di interazioni tra farmaci, prodotti a base di erbe o addirittura bevande o alimenti. Il contributo di questa rubrica, che si occuperà di interazioni tra farmaci, sarà di fornire al medico elementi critici per la valutazione della loro rilevanza clinica, di come prevenirle e di come gestire eventuali scelte obbligate. Questi criteri saranno applicati sistematicamente alla trattazione di diversi capitoli chiave delle interazioni, cercando ogni volta di presentare problemi o categorie di farmaci di ampio impiego nella pratica clinica. In questo primo intervento saranno illustrati brevemente alcuni concetti generali per inquadrare e contestualizzare il problema. 65 Le condizioni in cui normalmente le interazioni tra farmaci vengono studiate solo raramente corrispondono al contesto clinico in cui, una volta commercializzato, il farmaco sarà utilizzato. La maggior parte delle conoscenze sull’uomo proviene, infatti, da modelli sperimentali o da studi su volontari sani, in cui i farmaci sono somministrati in dose unica e in situazioni molto diverse dalla realtà clinica di tutti i giorni, dove il medico ha a che fare con pazienti, spesso affetti da più patologie, per lo più anziani, che necessitano di politerapie, la cui durata è spesso cronica. Questa situazione appare destinata a complicarsi ulteriormente nel prossimo futuro. Infatti ogni anno è messo in commercio un numero crescente di nuovi farmaci, potenzialmente responsabili di nuove interazioni, e sempre maggiore è la disponibilità di farmaci da automedicazione di diretta gestione da parte del paziente. Se a ciò si aggiunge che il progressivo invecchiamento della popolazione farà aumentare il numero di soggetti costretti/indotti ad assumere cronicamente più farmaci e la sempre più diffusa convinzione che ad ogni problema di salute si debba necessariamente porre rimedio con l’assunzione di un farmaco, è comprensibile che il rischio di interazioni sarà destinato ad aumentare. Però, nella pratica quotidiana il fenomeno non sembra così eclatante come potrebbe apparire consultando la scheda tecnica di un far- AGGIORNAMENTO MEDICO, 26, 2, 2002 ©2002, Editrice Kurtis maco o un testo di interazioni. È infatti palese una netta discrepanza tra le interazioni indicate come “farmacologicamente” significative e quelle rilevanti sul piano clinico. Ciò potrebbe portare erroneamente a concludere che le interazioni tra farmaci rappresentano in pratica un “falso” problema clinico. Purtroppo le cose non sono così semplici e i recenti fatti di cronaca (caso Lipobay) hanno riproposto in tutta la sua drammaticità il problema di sottovalutare i rischi, tra l’altro noti e a più riprese sottolineati, dell’interazione tra una “nuova” statina (la cerivastatina – ma il discorso potrebbe valere anche per le altre) e i fibrati (il gemfibrozil, in particolare), che hanno causato la morte di 10 pazienti in seguito a insufficienza renale secondaria a rabdomiolisi e oltre 200 casi di miopatia o rabdomiolisi non mortali. È quindi necessario non abbassare i livelli di guardia e di sospetto, anche in situazioni che dovrebbero essere già note e in qualche modo definite. L’attenzione e la sorveglianza del medico rappresentano strumenti insostituibili, se ben utilizzati, per monitorare situazioni a rischio e per produrre dati “clinici” nel campo delle interazioni e più in generale della sicurezza dei farmaci. I NCIDENZA NELLA PRATICA CLINICA Quanto sinora affermato è in parte confermato dall’assenza di studi e dati epidemiologicamente significativi sull’entità clinica del fenomeno interazioni. Infatti se, da un lato, l’incidenza delle interazioni clinicamente rilevanti è molto difficile da valutare, dall’altro, i pochi studi disponibili danno risultati spesso contrastanti o difficilmente confrontabili. La maggior parte di questi, più che alle interazioni che hanno determinato un problema clinicamente rilevante, fanno riferimento alle interazioni “potenziali”, INTERAZIONI TRA FARMACI quelle prevedibili a priori o descritte in ambito sperimentale, a partire dalle proprietà farmacologiche dei farmaci implicati, ma che non necessariamente causano o potrebbero determinare un effettivo problema clinico per i pazienti. Infatti, perché un’interazione tra farmaci si verifichi, oltre alla contemporanea somministrazione di due farmaci, entrano in gioco altri fattori legati: - ai singoli farmaci: dosi impiegate, modalità di somministrazione, proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche, intervallo con cui i diversi farmaci vengono somministrati, durata della terapia; - alle caratteristiche del paziente: età, stato di salute, presenza di polipatologie, assunzione di altre terapie non note o non segnalate dal malato al medico (ad esempio assunzione di farmaci da banco, prodotti a base di erbe ecc.), compliance, predisposizione individuale; - al setting in cui i farmaci sono prescritti (ambulatori, ospedali, case di riposo); - alla capacità del medico di riconoscere e diagnosticare una interazione tra farmaci. I pochi dati disponibili riportano stime di incidenza che variano tra il 4 e il 5% per i pazienti ospedalizzati, anche se la maggior parte di queste interazioni sono “potenziali”. Un’estrema variabilità, sempre per lo più riferita alle interazioni “potenziali”, emerge dagli studi sulla loro frequenza in ambito ambulatoriale, che varia dal 4 al 40% e scende all’1-10% se ci si riferisce solo a quelle indicate come “gravi”. EFFETTI Gli effetti di un’interazione tra farmaci possono comportare, da un lato, la perdita di efficacia di uno dei due farmaci, dall’altro, la comparsa di effetti collaterali in alcuni casi anche gravi. 66 Entrambi possono avere conseguenze dirette sulla salute del paziente o perché può venire meno l’effetto terapeutico di un farmaco su una patologia (si pensi per esempio al rischio a cui si espone un cardiopatico o un iperteso se in seguito ad un’interazione vengono meno gli effetti della digitale o dell’antipertensivo, oppure alla mancata risposta terapeutica ad alcuni antibiotici la cui azione è inibita o ridotta dall’interazione per esempio con un antiacido, o con il ferro), o perché venendo potenziato l’effetto di un farmaco aumenta il rischio di effetti collaterali (si pensi al rischio di emorragie provocato dalla contemporanea assunzione di un anticoagulante orale e di un antinfiammatorio non steroideo per il trattamento di una sindrome artrosica, oppure al rischio di gravi aritmie cardiache in seguito all’assunzione di un antistaminico – astemizolo, terfenadina – contemporaneamente all’assunzione di un calcio-antagonista o un antimicotico). M ECCANISMI RESPONSABILI Per comprendere i meccanismi responsabili delle interazioni è fondamentale aver chiaro che un farmaco, una volta introdotto nell’organismo, deve passare attraverso una serie di tappe obbligate prima di raggiungere gli organi bersaglio e i rispettivi siti d’azione. In particolare, un farmaco somministrato per bocca deve essere assorbito a livello gastroenterico, passa quindi nel sangue e attraverso il sistema dei vasi portali arriva al fegato. Qui, attraverso, diversi sistemi enzimatici (i citocromi) va incontro ad una serie di trasformazioni, che possono portare alla produzione di nuove molecole (i cosiddetti metaboliti). Il farmaco così modificato viene liberato nella circolazione sistemica e può raggiungere gli organi bersaglio. Una certa quota di farmaco, AGGIORNAMENTO MEDICO, 26, 2, 2002 ©2002, Editrice Kurtis INTERAZIONI TRA FARMACI infine, è eliminata dall’organismo per via renale, biliare o fecale. Tutti questi passaggi possono essere sede di interazioni tra farmaci, più o meno gravi sul piano clinico. La Tabella 1 riassume schematicamente i principali meccanismi responsabili delle interazioni tra farmaci. Alcuni esempi serviranno a rendere più chiari questi concetti. Per quanto riguarda le interazioni a livello dell’assorbimento dei farmaci, gli antiacidi possono ridurre l’assorbimento intestinale delle tetracicline, di altri antibiotici e dei bifosfonati. Molte delle interazioni sono sostenute dall’effetto di un farmaco sull’attività degli enzimi microsomiali. I meccanismi più conosciuti sono quelli di induzione (aumento dell’attività) e di inibizione (riduzione dell’attività) di questi sistemi enzimatici. Un aumento dell’atti- vità enzimatica indotto da farmaci come alcuni antiepilettici, ipnoticosedativi, antidiabetici orali può portare a una riduzione degli effetti di farmaci come gli anticoagulanti orali, alcuni antidepressivi, i calcioantagonisti, i contraccettivi orali e i corticosteroidi. Una riduzione dell’attività degli enzimi epatici da parte di farmaci quali l’amiodarone, alcuni antimicotici (fluconazolo, miconazolo, ketoconazolo), alcuni antibiotici (eritromicina, claritromicina, ciprofloxacina) e la cimetidina può comportare un aumento dell’effetto di farmaci quali gli antidepressivi triciclici, la carbamazepina, la terfenadina, alcune benzodiazepine (lorazepam, alprazolam, midazolam, triazolam) con un aumento del rischio degli effetti avversi di questi farmaci. Anche i meccanismi di eliminazione, soprattutto per via renale, dei farmaci possono causare interazioni: in questo caso un aumento o una riduzione dell’escrezione di un certo farmaco può determinare una minore o maggiore disponibilità di farmaco in circolo e quindi dei suoi effetti; è il caso per esempio dell’interazione tra alcuni diuretici e il litio o di alcuni antiaritmici (chinidina, verapamil e amiodarone) e la digitale. Infine, molte interazioni possono avvenire a livello dei siti d’azione specifici dei farmaci con un meccanismo di sinergia che porta al potenziamento dell’effetto di uno dei due farmaci (ad esempio l’aumento dell’azione sedativa in seguito a somministrazione di benzodiazepine e antistaminici) o di antagonismo tra i due (ad esempio alcuni diuretici e gli ipoglicemizzanti orali), con riduzione/annullamento dell’effetto di uno dei farmaci. Tabella 1 - Principali meccanismi responsabili delle interazioni tra farmaci. 1. Incompatibilità farmaceutica 2. Legame del farmaco in vivo con perdita dell’effetto 3. Mutuo antagonismo o potenziamento dell’azione del farmaco a livello dello stesso sito d’azione o effetto sullo stesso sistema fisiologico 4. Competizione a livello dei siti recettoriali 5. Alterazione del bilancio idro-elettrolitico 6. Trasporto intracellulare (interferenza con l’uptake di amine da parte dei neuroni del sistema simpatico) 7. Interferenza con l’assorbimento a. modificazioni del pH gastrointestinale b. effetti sullo svuotamento e sulla motilità gastrointestinale c. legame e chelazione del farmaco d. competizione per i siti di assorbimento attivo e. effetti tossici sul tratto gastrointestinale 8. Distribuzione del farmaco 9. Modificazioni del metabolismo del farmaco a. induzione b. inibizione c. cambiamenti del flusso sanguigno epatico 10. Interferenza con l’escrezione biliare e la circolazione enteroepatica 11. Modificazioni dell’escrezione renale a. interferenza con l’escrezione renale b. competizione per i meccanismi di secrezione tubulare attiva c. cambiamenti del pH urinario 12. Interazioni il cui meccanismo non è noto 67 AGGIORNAMENTO MEDICO, 26, 2, 2002 ©2002, Editrice Kurtis Studi recenti hanno inoltre permesso di identificare nuovi meccanismi alla base delle interazioni, come il caso della glicoproteina P e del ruolo della diversità e variabilità genetica interindividuale (cosiddetti polimorfismi genetici per gli enzimi acetilanti e per quelli ossidativi). Lo sviluppo di questi studi consentirà di approfondire i meccanismi responsabili delle interazioni e di definire i soggetti che da un punto di vista genetico sono più a rischio di interazioni tra farmaci, attraverso la determinazione dei fenotipi dei diversi sistemi enzimatici a livello epatico. F ARMACI E PAZIENTI PIU A RISCHIO Il rischio di interazioni tra farmaci è direttamente proporzionale al numero di farmaci assunti e le interazioni più frequenti riguardano in particolare i farmaci il cui uso è più comune (ad esempio i farmaci per le malattie cardiovascolari o per i disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico come artrosi, artrite, o per disturbi neuropsichici quali depressione, ansia e insonnia), o quelli che vengono assunti cronicamente (ad esempio i contraccettivi orali, gli anticoagulanti, alcuni antinfiammatori e antidolorifici, gli antidepressivi, gli ansiolitici, gli antipertensivi e i farmaci che riducono il colesterolo). Il rischio di interazioni aumenta, inoltre, quando sono utilizzati farmaci che agiscono sullo stesso sito d’azione o sullo stesso distretto anatomico. In questi casi si può provocare un potenziamento o una riduzione dell’effetto di uno dei farmaci o lo sviluppo di reazioni avverse. È il caso per esempio di alcuni ansiolitici il cui effetto sedativo può essere aumentato dalla contemporanea somministrazione di farmaci antistaminici o dalla combinazione di più farmaci attivi sul sistema nervoso centrale (ad esempio benzodiazepine, antipsicotici, antidepressivi). INTERAZIONI TRA FARMACI Infine, è utile ricordare i farmaci il cui indice terapeutico (ovvero il rapporto tra effetti terapeutici ed effetti tossici) è particolarmente piccolo (ad esempio la digitale, alcuni immunosoppressori, alcuni anticoagulanti, alcuni analgesici che agiscono sul sistema nervoso centrale e la maggior parte dei farmaci antitumorali) e che quindi sono estremamente sensibili ad interferenze con altri farmaci che ne possono alterare le concentrazioni plasmatiche. Un esempio è l’aumento degli effetti tossici della digitale, in particolare aritmie cardiache, quando somministrata contemporaneamente ad alcuni diuretici o antiaritmici, e il rischio di emorragie in seguito a contemporanea somministrazione della warfarina, un anticoagulante orale e alcuni antibiotici, antimicotici e antinfiammatori non steroidei. I soggetti maggiormente a rischio di interazioni tra farmaci sono: - i pazienti con patologie croniche (scompenso cardiaco, depressione, psicosi, epatopatie e nefropatie croniche, osteoartrosi) che necessitano di politerapie; - i pazienti con insufficienza epatica o renale e di conseguenza i farmaci utilizzati per il loro trattamento; - le donne che fanno uso di contraccettivi orali; - gli anziani, che risentono delle modificazioni indotte dall’età sui diversi meccanismi di bio-trasformazione dei farmaci e che sono spesso sono in trattamento con politerapie; - i pazienti che utilizzano più farmaci contemporaneamente. Per quanto concerne l’età pediatrica, non vi sono particolari differenze relativamente ai meccanismi delle interazioni tra farmaci. Il problema va quindi inquadrato nel contesto più generale dell’uso “razionale” dei farmaci nel bambino, evitando quanto più possibile di ricorrere in maniera indiscriminata 68 all’uso di farmaci per curare il più delle volte, patologie autolimitanti o per le quali l’uso dei farmaci non è assolutamente indispensabile (si pensi all’uso eccessivo di antibiotici, per curare patologie respiratorie di natura virale). Lo stesso discorso vale per l’uso dei farmaci in gravidanza, il cui ricorso dovrebbe essere limitato a quelle situazioni in cui la patologia di base rappresenta un grave rischio per la madre e il nascituro. C OME RIDURRE IL RISCHIO Nonostante l’esistenza di una vastissima letteratura al riguardo, è sempre più palese il disagio del medico di fronte al quesito se due o più farmaci possano interagire tra loro e, in questo caso, quale sarebbe l’eventuale effetto clinico. Questo disagio non trova quasi mai una risposta univoca ed assoluta, cosa che, vista comunque la bassa frequenza di eventi avversi clinicamente rilevanti, può indurre il medico ad ignorare o a sottovalutare il problema. Quello che va assolutamente evitato è di abbandonare a se stesso il paziente che assume numerosi farmaci, senza nessun consiglio o rassicurazione sulla razionalità, efficacia e sicurezza delle scelte terapeutiche. Non va poi trascurato il fatto che un paziente ben informato sugli effetti e sui rischi legati alle terapie che sta assumendo può costituire un’importante fonte di informazioni per il medico stesso. Infine, non disponendo di regole assolute per evitare di incappare in “incidenti”, che, sebbene raramente, possono portare anche a gravi conseguenze per la salute del paziente, può essere utile per il medico, considerare alcuni suggerimenti, che possono aiutarlo a prendere decisioni razionali ogni volta che prescrive un farmaco, in particolare: AGGIORNAMENTO MEDICO, 26, 2, 2002 ©2002, Editrice Kurtis - chiedersi sempre quale sia l’evidenza che supporta l’efficacia di ogni farmaco che si intende prescrivere, in considerazione dell’indicazione e di eventuali altre terapie già in corso o da avviare; - se si hanno dubbi su un determinato farmaco sarebbe bene non prescriverlo; - una volta presa la decisione di prescrivere, controllare quali possono essere le potenziali interazioni (sarebbe bene eseguire questo controllo per ogni farmaco); - distinguere fra le interazioni che comportano ipotesi di gravi effetti dannosi rispetto a quelle che sono indicate solo come scarsamente significative dal punto di vista clinico; - nel caso di interazioni ad alto rischio per il paziente, riconsiderare l’utilità della prescrizione di più farmaci; se l’utilità persiste, rapportare il possibile danno alle caratteristiche del paziente (per esempio se il rischio dell’interazione è cardiovascolare, assicurarsi che il paziente non abbia avuto pregresse patologie cardiovascolari, se il danno è immunitario, assicurarsi che il paziente non abbia una storia di allergie); - se la progettata prescrizione resiste a tutti i controlli, è importante PER SAPERNE DI PIÙ • Anonimous. Why bother about cytochrome P450 enzymes? Drug Ther Bull 38: 93, 2000. • Farmer JA. Learning from the cerivastatin experience. Lancet 358: 1383, 2001. • Feely J, Williams D. Detecting adverse drug reactions – Part 1. Adverse Drug Reaction Bulletin 207: 791, 2001. • Garattini S, Nobili A. Interazioni tra farmaci: una valutazione della loro rilevanza clinica. Selecta Medica, Pavia, 2001. INTERAZIONI TRA FARMACI controllare attentamente le dosi dei farmaci ed informare il paziente su quanto potrebbe accadere dopo l’assunzione dei due o più farmaci prescritti, fornendogli tutte le informazioni su come comportarsi nell’eventualità di un effetto avverso; - dopo qualche giorno può essere utile telefonare al paziente per assicurarsi che tutto proceda normalmente: questa informazione permetterà al medico di raccogliere dati personali circa l’interazione tra i farmaci prescritti e quindi di avere un elemento in più nel caso accada di dover ripetere la stessa prescrizione; - nel caso in cui l’interazione sia invece a basso rischio clinico, procedere come al punto 5 ed avvisare il paziente in modo molto generale, chiedendogli soprattutto di riferire eventuali effetti collaterali; - anche nel caso di interazioni a basso rischio ricordare sempre che in particolari pazienti si possono avere situazioni estreme legate a specifiche alterazioni del metabolismo dei farmaci o ad anomale iper-reattività; - è bene che il medico costituisca un suo archivio personale, annotando le sue osservazioni negative e/o positive circa le interazioni che osserva: in questo modo potrà avere un ulteriore elemento di giudizio personale, al di là delle tabelle sistematiche di testi o delle schede tecniche dei farmaci. Per concludere, è importante puntualizzare un ulteriore impegno per il medico, che è quello della segnalazione di eventuali interazioni clinicamente rilevanti attraverso il modulo Ministeriale della segnalazione spontanea degli eventi avversi da farmaci. Purtroppo, nonostante l’elevata prescrizione di farmaci, il nostro paese è ancora agli ultimi posti per quanto concerne la segnalazione spontanea delle reazioni avverse. Molti medici continuano a sottovalutare l’importanza di segnalare ciò che giunge alla loro osservazione, facendo così perdere traccia di preziose informazioni che potrebbero contribuire a fare chiarezza o a definire la dimensione clinica del rischio iatrogeno e delle stesse interazioni. Ogni medico dovrebbe quindi sempre avere sempre a portata di mano la scheda di segnalazione Ministeriale, che può essere richiesta al servizio farmaceutico della propria Azienda Sanitaria Locale (ASL) cui deve essere inviata ogni qualvolta si segnala una reazione avversa da farmaci. • Kaufman DW, Shapiro S. Epidemiological assessment of drug induced disease. Lancet 356: 1339, 2000. • Meyer UA. Pharmacogenetics and adverse dtug reactions. Lancet 356: 1667, 2000. • Morse MA, Califf RM, Sugarman J. Monitoring and ensuring safety during clinical research. JAMA 285: 1201, 2001. • Nobili A, Coen D, Franzosi MG, Garattini S. Interazioni tra farmaci, un falso problema? Informazioni sui Farmaci XV: 3, 1991. • Roses AD. Pharmacogenetics and future drug development and delivery. Lancet 355: 1358, 2000. • Shelton JD. The harm of “First, do not harm”. JAMA 284: 2687, 2001. • Wilson T, Pringle M, Sheikh A. Promoting patient safety in primary care. BMJ 323: 583, 2001. • www.eudra.org • www.farmacovigilanza.org • www.fda.gov • www.sanita.it Corrispondenza: Dott. Alessandro Nobili, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Via Eritrea 62, 20157 Milano. E-mail: [email protected] 69