Il mito islamico rinato a favore dei media

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la Repubblica VENERDÌ 4 LUGLIO 2014
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DI REPUBBLICA
Dietro la dichiarazione dell’Isis che ha
proclamato uno Stato musulmano
compreso tra l’Iraq e la Siria è nascosta
la strategia di marketing di una nuova jihad
Califfato
Il mito islamico rinato
a favore dei media
LE CITAZIONI
BERNARDO VALLI
ADAM SMITH
ricreare il “califfato” non basta
una striscia di territorio che va dalla
provincia irachena di Diyala alla siriana città d’Aleppo. Il gruppo di militanti integralisti armati che ha annunciato la rinascita di quell’istituzione religiosa
e politica rappresenta molto poco per il miliardo
e mezzo di musulmani sparsi nel mondo. L’iniziativa non è tuttavia banale. Vuole essere un’aperta sfida all’Occidente, e a quella parte dell’Islam accusata di essere al suo servizio. Questo è
chiaro. Può anche avere toccato la sensibilità di
non pochi credenti raggiunti dalla dichiarazione
lo scorso weekend, proprio mentre iniziava il digiuno diurno del Ramadam.
P
ER
L’impero dei califfi fu
il primo Stato in cui
il mondo sperimentò
quel sistema di pace
fondamentale per
coltivare le scienze
History of Astronomy, 1869
BERNARD LEWIS
Durante tredici secoli
il califfato attraversò
varie vicissitudini
ma è rimasto sempre
un potente simbolo
dell’unità musulmana
The New Yorker, 2001
EDWARD W. SAID
L’islam sviluppò
una scuola modernista
inadatta al mondo
moderno: mahdismo,
nazionalismo,
il risorgere del califfato
Orientalismo, 1999
{
Un periodo di particolare fervore religioso.
Il momento è stato scelto dai promotori con gli stessi principi che
regolano la nostra società dei consumi. Hanno puntato su una stagione propizia. Ed è secondo la stessa mentalità, non proprio adeguata alla tradizione musulmana, che hanno accorciato il nome iniziale (Stato islamico in Iraq e nel Levante), adottando il più breve
e incisivo Stato islamico. Un
cambiamento tutt’altro che in- tutto questo è comprensibile.
Non è comunque “storica” la
significante, perché non designando più un paese e una re- proclamazione del califfato. Sagione, sparisce la limitazione rebbe azzardato definirla tale.
geografica e risalta il carattere Contraddizioni e improvvisauniversale. Lo Stato islamico ha zioni mettono in luce la scarsa
molte pretese: scavalca ideal- credibilità. Sarebbe stato più
mente le frontiere, vuole esten- sensato se i promotori dello Stadere l’influenza a tutta la comu- to islamico avessero annuncianità musulmana, ricalcando il to la nascita di un semplice emicaliffato dei secoli scorsi.
rato. Il quale implica un’estenMa come per le preoccupazio- sione territoriale più modesta, e
ni mediatiche sui tempi dell’an- comporta meno ambizioni relinuncio, chi ha lanciato l’idea si è giose. I Taliban, non certo esemrivelata vittima dell’influenza plari nella moderazione, pur ococcidentale. Nessun califfato si cupando il novanta per cento
è definito nella storia Stato isla- dell’Afghanistan, si sono limitamico. Nell’Impero Ottomano, ti a dichiarare un emirato. Cosi
sua ultima sede, si diceva, è ve- hanno fatto gruppi ispirati da Al
ro, “Sublime Stato”, ma si usava Qaeda, nello Yemen e nel Mali.
soprattutto “Sublime porta”. Non si sono montati la testa al
Gli integralisti sono stati ispira- punto da lanciare l’idea di un cati piuttosto, sia pure inconscia- liffato. Avrebbero fatto sorridemente, dallo Stato — nazione di re. Nel fanatismo non manca del
stampo europeo. Il quale ha po- tutto il senso della misura.
co in comune con i valori all’oriSe i guerriglieri con le bangine del califfato. Il cui caratte- diere nere che spadroneggiano
re universale, religioso anche se tra la provincia irachena di
nei secoli politico e guerriero Diyala e la città siriana di Alepper lunghi tratti, non consente po, zone a stragrande maggiodi riconoscersi formalmente dei ranza sunnita, non suscitano
confini. Il califfato non è acco- ironia, ma orrore, è perché hanstabile al papato. È un’altra co- no fatto precedere la proclamasa. Ma a un cristiano, che abbia zione del califfato con decapitasoltanto sfogliato i libri di testo zioni, crocifissioni e profanazioriguardanti la propria storia, ni di santuari sciiti, sufi e cri-
L’IMMAGINE
“La guardia
del califfo”
raffigurata
in una
miniatura
del 1237 tratta
dal manoscritto
Le Sedute
di Al-Hariri
di Bagdad
stiani. E perché li hanno pubblicizzati, mostrando video e fotografie, come se si trattasse di
lanciare un prodotto o una moda. Anche la pretesa nascita del
califfato rientra nella grande
operazione mediatica. È stato
un colpo di scena.
Persino il dottor al-Zawahiri,
successore di Bin Laden alla testa di Al Qaeda, e grande esperto in terrorismo, si è scandalizzato. Ha capito che l’annuncio
del califfato era un episodio, un
>
SILLABARIO
colpo basso, nella gara tra gruppi jihadisti. Per questo l’ha condannato. Al-Zawahiri li conosce
bene quei suoi discepoli smarriti. Un tempo li ispirava Al Qaeda. Concorrente dello Stato islamico, in Siria, è ad esempio Jabath al-Nusra, altro gruppo radicale sunnita. È stato al-Baghdadi, nato Brahim al-Badri nella
città irachena di Samarra, a dichiarare il califfato e quindi a
promuoversi califfo. Alle origini
era il modesto chierico in una
CHRISTOPHER HITCHENS
Califfato
OME i nazisti, i gruppi della jihad hanno un desiderio di morte che costituisce il marchio del loro nichilismo. L’obiettivo di una sfida mondiale da
parte di un’oligarchia dotata di geni teutonici, che può
uccidere o rendere schiave altre “razze” secondo il proprio bisogno, non è più irrealizzabile dell’idea che un singolo Stato, per non parlare del mondo intero, possa essere governato dai precetti di un presunto libro sacro.
Questo folle schema inizia col disconoscere i talenti (e i
diritti) di metà della popolazione, vede con superstiziosa
ripugnanza gli interessi finanziari, e invoca il diritto dei
musulmani a imporre ai non credenti balzelli speciali e
confische. Nemmeno l’Afghanistan o la Somalia, scenari
delle avanzate più estreme sinora realizzate dalle forze a
favore del califfato, potrebbero essere governate a lungo
in questo modo senza generare miseria e declino.
C
© RIPRODUZIONE RISERVATA
moschea sunnita, poi si è diplomato in pedagogia all’Università di Bagdad. La sua esperienza come terrorista è stata lunga,
durante l’occupazione americana dell’Iraq. Quando furono tagliate e poi mostrate le teste di
alcuni ostaggi occidentali lui
era un giovane gregario. In seguito ha fatto carriera e ha fondato un suo movimento, fino a
farne lo Stato islamico.
Oggi è abbastanza sfacciato
da considerarsi un discendente
di Abu Bakr, il primo califfo. E califfo significa successore. Bakr
fu appunto il successore di Maometto, alla sua morte, nel Settimo secolo. Come istituzione il
califfato è rimasto al centro dell’Islam. Ha condotto alla rottura
tra sunniti e sciiti, rivali nella
lotta di successione al Profeta, e
adesso ancora a confronto sul
piano comunitario e religioso,
in Iraq e in Siria. A fasi alterne,
nei secoli, il califfato ha rappresentato una forza militare o ha
esercitato un’autorità religiosa, o un’istituzione simbolica. O
le due insieme. La sua ultima dimora è stato l’Impero ottomano, dissoltosi in seguito alla
Grande guerra. Nel 1924 la Turchia repubblicana l’ha abolito.
La sua rinascita è rimasta un’aspirazione avvolta nel mito. Alcuni movimenti (ad esempio il
Partito della Libertà, Hizbal
Tahrir, che conta un milione di
aderenti nel mondo musulmano, e la stessa Al Qaeda) ne hanno proposto con più o meno insi-
Il testo del Sillabario è tratto da The Enemy di Christopher Hitchens,
scritto dall’autore nel 2011, dopo la cattura e l’uccisione di Osama Bin
Laden. Hitchens è stato giornalista e saggista britannico naturalizzato
statunitense. Ha scritto, tra gli altri, Consigli a un giovane ribelle e Dio
non è grande (Einaudi). È morto il 15 dicembre 2011
GLI AUTORI
{
{
IL SILLABARIO
Renzo Guolo insegna Sociologia e Sociologia delle religioni presso
le Università di Trieste, Padova e Torino. Tra i suoi saggi, L’Islam è
compatibile con la democrazia?, Il fondamentalismo islamico
e La via dell’Imam (tutti pubblicati da Laterza). Di Bernardo Valli, inviato
in tutto il mondo, è in via di pubblicazione la raccolta dei reportage
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La sfida di Al Baghdadi per la leadership
e l’attacco interno ai rivali di Al Qaeda
LE TAPPE
I LIBRI
Ecco come si costruisce
il successore di Maometto
nel mondo globalizzato
RENZO GUOLO
LE ORIGINI
“Califfo” in arabo è
il titolo attribuito ai
successori di
Maometto, che
muore nel 632 d.C.
Il primo è Abu Bakr
LE DINASTIE
Nel 661 salgono
al potere
gli Omayyadi che
arrivano in Spagna.
Nel 749 è la volta
degli Abbassidi
GLI OTTOMANI
Bagdad viene
distrutta nel 1258.
Il titolo di califfo è
assunto dal sultano
ottomano fino
al 1925
stenza la ricostituzione. Al-Baghdadi è andato oltre le intenzioni: l’ha proclamato.
Il suo è il primo avventuroso
ma concreto tentativo di realizzarlo sul serio. Molti musulmani
hanno aderito al nazionalismo,
opposto all’idea di califfato, altri sono repubblicani o democratici. Ma i gruppi radicali hanno guadagnato terreno. Li hanno favoriti i rais (come l’egiziano Mubarak o il tunisino ben
Ali) che giustificavano l’autori-
tarismo e la corruzione con la necessità di opporsi al fanatismo
religioso. Il conflitto israelo-palestinese, gli interventi americani nei paesi musulmani, il fallimento economico di molti paesi arabi hanno fatto il resto. Le
“primavere” (con l’eccezione
tunisina) sono svanite e con loro, almeno per adesso, i progetti democratici. Il califfato di al-Baghdadi sembra un’allucinazione.
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L’ISIS
Lo Stato islamico
dell’Iraq e del
Levante nasce nel
2000, fondato da
al-Zarqawi, rivale
di Bin Laden
OME si diventa califfo nell’era globale? E chi riconoscerà Abu Bakr al
Baghdadi, come successore o delegato, questo è il significato del termine arabo khalifa, del Profeta Muhammad?
Al Baghdadi è stato scelto, in un’elezione secondo carisma, dal Consiglio della Shura dell’Isis, una sorta di assemblea consultiva che si pronuncia
sulle questioni politiche più rilevanti e legittima le decisioni del leader del gruppo. Il carisma, il dono straordinario riconosciuto dai suoi seguaci, il misterioso
Al Baghdadi, l’ha guadagnato sul campo. Riorganizzando una jihad che sembrava ormai alle corde. Partecipando al conflitto in Siria, l’Isis ha allargato il
suo teatro d’azione sino alle provincie sunnite di quel paese. Scelta che ha consentito al gruppo di aprirsi un passaggio verso la Turchia, via privilegiata dei
flussi di volontari, armi, denaro, rifornimenti. Sino a esercitare il controllo di
un territorio transfrontaliero divenuto l’embrione del futuro Stato Islamico.
Un indubbio successo politico e militare: in pochi anni l’Isis è divenuto il magnete che ha attirato centinaia di mujahidin provenienti dal Caucaso e dall’Europa, dalla Penisola arabica e dall’Asia Centrale e si è misurato con forme di governo territoriale meno semplificatrici, anche se non meno brutali, di quelle sperimentate dai qaedisti al tempo di Zarkawi. Riuscendo a coalizzare attorno alla
sua linea, buona parte del mondo sunnita tra Iraq e Siria. Un mondo, in crisi di
rappresentanza, deciso a regolare una volta per tutte i conti con il potere sciita e
alawita. Anche alleandosi con il radicalismo islamista.
Proclamando autonomamente la rinascita del Califfato, l’Isis ha lanciato una
sfida dall’enorme rilevanza simbolica alla stessa galassia qaedista. Mostrando
come uno dei nodi problematici dell’islam,
l’essere una religione senza centro, priva di
Ha attirato centinaia di mujahidin
autorità riconosciuta da tutti, si riverberi anche in quel magmatico campo. La Shura delprovenienti dal Caucaso
l’Isis ha operato secondo i principi del diritto
e dall’Europa, dalla Penisola
dinamico, pratica che, nella teoria radicale,
arabica e dall’Asia Centrale
consente alla comunità composta dai combattenti del jihad di assumere ritenute solo
apparentemente non in linea con le fonti della tradizione. Qui, nel regno del Dio del Politico, sovrano è davvero chi decide nello stato d’eccezione. Forte del suo successo operativo, l’Isis, in una sorta di leninismo religioso, ha deciso di proclamare califfo Al Baghdadi. Quel che resta di Al
Qaeda storica, in particolare la leadership di Zawahiri così come le diverse articolazioni regionali, è stato ignorato. Difficile che Al Qaeda nella Terra dei Due
Luoghi santi, la penisola araba, o l’Aqmi, le due organizzazioni più forti della rete jihadista, accettino il patto di sottomissione al nuovo Califfo. La crisi di consenso di Zawahiri è anche la crisi delle leadership centralizzate, ritenute incapaci di leggere le esigenze locali del campo del jihad.
Agli occhi di molti al Baghdadi è, dunque, innanzitutto il Califfo dello “Stato
Islamico”. Anche se la sigla originaria dell’organizzazione ha perso due delle
quattro lettere dell’acronimo, Iraq e Sham (Levante), nell’intento di proporsi come centro unitario. Esaltando così il carattere transnazionale del mito di fondazione dell’islam, che si vuole comunità su base religiosa e non nazionale. E rilanciando la lotta contro le frontiere tracciate dai geografi occidentali dopo la fine
dell’impero ottomano. I nuovi seguaci del Califfo iracheno immaginano, per ora,
uno Stato islamico sul territorio delle provincie sunnite un tempo teatro dello
splendore dell’era abbaside. Ma, in prospettiva, il sogno è quello di riconquistare ogni terra che sia stata musulmana o dove vi siano dei musulmani, dall’Africa
all’Europa sino all’Asia. Ovviamente l’ardita pretesa egemonica del nuovo Califfo dipenderà dal suo successo. Se davvero conquistasse Bagdad, distruggesse
i luoghi santi alidi di Najaf e Kerbala, sconfiggendo gli odiati sciiti e facendo tremare le “potenze crociate”, quella legittimità sarebbe acquisita una volta per tutte. Ma il progetto di Al Baghdadi ha troppi nemici per riuscire. E molti, anche in
campo jihadista, dove le rivalità e i personalismi prosperano, stanno a guardare.
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