10 ragioni per cui il “califfato” d`al-Baghdadi è illegittimo

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10 ragioni per cui il “califfato” d’al-Baghdadi è illegittimo
«Umar ibn Khattab disse: “Vi sono tre argomenti sui quali, se il Messaggero d’Allah avesse
fatto chiarezza, mi sarebbe stato più caro che il mondo e tutto quello che vi è contenuto: colui
che non lascia eredi, l’usura (rib?) e il califfato”.» (dalla raccolta d’Ibn Maj?h)
Venerdì 13 marzo, nella Biblioteca di Scienze Religiose «Peterson», il professor Claudio Lo
Jacono, presidente dell'Istituto per l'Oriente nonché direttore della rivista specialistica Oriente
Moderno, ha tenuto una lezione dal titolo «I califfati nell’Islam: aspetti storici e istituzionali».
L'intento era d’analizzare un concetto tanto citato quanto poco conosciuto: il califfato. Negli
ultimi mesi, la parola califfato viene usata come sinonimo d’ISIS. Oltre allo Stato Islamico, altri
gruppi armati hanno iniziato a usare il termine, con l'aiuto delle nostre testate, che non
avanzano il benché minimo dubbio sulla legittimità dell'attribuzione di questo titolo dal valore
simbolico fortissimo. Questi pretesi «califfati» hanno il controllo di parti dell'Iraq, della Siria, della
Libia e della Nigeria.
L'uso errato del vocabolo da parte di terroristi e giornalisti è comprensibile. Prima di spiegare
perché, tuttavia, è importante rispondere ad alcuni quesiti: Che cos'è un califfato? Com'è nato?
Quali sono i requisiti per diventare califfo (khalifa)? La parola khalifa, curiosamente femminile,
deriva dalla radice kh-l-f. Il verbo alla prima forma, khalafa, significa «sostituire», «seguire». Ci
sono molte possibili traduzioni del sostantivo khalifa, che vanno dalla sua italianizzazione,
«califfo», a «deputato», «successore» o «vicario». Sempre, è da sottolineare, vicario del Profeta,
non di Dio.
> «Islamico», «maomettano», «musulmano»: quanta confusione
Il califfato è un'istituzione nata, fatto inusuale, in poche ore: quelle successive alla morte del
Profeta Muhammad (Maometto). Il Messaggero non aveva, infatti, indicato nessuno come
possibile successore. Primo fatto interessante: l'istituzione nasce dopo la morte del Profeta,
quindi dopo le rivelazioni dei versetti coranici. Ecco perché il Corano non fa menzione di
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quest’istituzione, la quale è creata da uomini per gli uomini. Il primo califfo, scelto per
acclamazione in quanto vicinissimo al Profeta, fu Abu Bakr, forse il primo uomo a convertirsi o,
meglio, a entrare nell'Islam. (Il verbo arabo che si usa in questi casi è dakhala, «entrare»,
opposto a kharaja, «uscire».) Compagno del Profeta nonché suo suocero, in quanto padre
d’Aisha, il ruolo d’Abu Bakr fu quello di mantenere la coesione e la pace all'interno della
comunità islamica. Questo è il primo e più importante requisito del califfo: dev’essere un uomo
che mantiene la pace all'interno dell'Islam. S’inizi a osservare quanto quest’Abu Bakr è diverso
dall'Abu Bakr al-Baghdadi dei nostri giorni.
Il primo califfato fu breve, di due anni. Alla morte d’Abu Bakr, non ci fu il problema della
scelta: egli aveva già designato Umar ibn Khattab. Fu sotto Umar che iniziò l'epoca
d’espansione al di fuori della penisola araba. Barachach e Meri hanno stimato che più di 4.000
città vennero conquistate nei suoi 10 anni di potere. Non un jihad, ma delle futuhàd,
«conquiste». Una velocità che non sarebbe stata possibile senza un intelligente sistema di
relazioni coi popoli conquistati, che trasmisero le loro conoscenze al centro di potere di questo
nuovo impero. Basti pensare che, almeno in un primo periodo, la grande maggioranza degli
scribi del califfato non era d’origine araba.
> Ramadan: che cos'è, come funziona
Quello del califfo era un lavoro pericoloso, se si pensa che tre dei primi quattro vennero uccisi.
Nel 644, Umar venne assassinato. Il successore, scelto da un comitato di sapienti, la Shura, si
chiamava Uthman. Tre califfi, tre sistemi di scelta diversi e tuttavia molto chiari: acclamazione,
designazione, elezione. Altra differenza col «califfo» dell'ISIS, il cui percorso per ottenere questa
carica rimane un mistero. Oltre a proseguire le conquiste, stabilizzando quelle precedenti,
Uthman organizzò la raccolta delle rivelazioni ritenute autentiche in un’unica versione del
Corano, mentre ordinava la distruzione delle altre. Anche qui, il senso è quello di rendere più
coesa e pacifica la comunità, offrendo un libro unico e limitando così le polemiche al campo
delle interpretazioni del testo. Si racconta che, al momento della sua morte, Uthman stesse
leggendo proprio la sua versione del Corano (quella usata oggi).
Non è necessario dilungarsi parlando del turbolento periodo d’Ali, se non per dire che col
quarto califfo venne fuori un quarto sistema di scelta: un climax che va dalla supplica alla
coercizione. (Ali non era esattamente entusiasta dell'incarico propostogli.) Quindi:
acclamazione, designazione, elezione, supplica/coercizione.
Dagli anni dei primi quattro califfi (i ben guidati) a oggi, non sempre il califfato è stato retto da
arabi: vi furono califfi turchi, mongoli, berberi. È sempre stato chiaro che l'origine araba non
fosse un requisito. Non sempre il califfo è stato uno solo: dal decimo all'undicesimo secolo, i
califfati erano ben tre, i quali si spartivano in zone d'influenza: Vicino Oriente, Nord Africa
(escluso il Marocco), Marocco e parte della penisola iberica.
> Che cos'è la finanza islamica?
Il califfo dev’essere un maschio adulto. È importante che sia un buon musulmano, ma non è
necessario che sia un santo, né dev’essere il miglior musulmano esistente, poiché all'interno
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del mondo sunnita non viene data importanza all'individuazione del migliore. Questo dà anche
un'idea del pragmatismo del sunnismo, che non pretende d’individuare il capo migliore
possibile, ma «solo» un buon capo. Il califfo deve avere una buona conoscenza di
giurisprudenza, tale da permettergli di scegliere i migliori giudici (qadi), ma non ha bisogno
d’essere uno specialista, poiché per questioni spinose i giudici non si rivolgono a lui, ma
ai mufti. Il califfo dev’essere un garante del culto, e quindi far sì che la sua comunità non agisca
in modo da uscire dall'Islam (come sta succedendo, invece, nei territori dei pretesi califfati).
È da ricordare che il califfato non è una condizione senza la quale la comunità musulmana non
può sopravvivere. Se non ci sono i requisiti, non è assolutamente necessario inventarsi un
califfato dal nulla, come sta succedendo oggi. Non si tratta di seguire i passi di Noradino, di fare
un salto a Mosul, di vestire di nero abbaside, o di chiamarsi col nome del primo vicario del
Messaggero; queste sono tutte cose che al-Baghdadi ha fatto. L'attenzione ai simboli, alla
forma, la quale di certo è stata dimostrata in questi mesi, non basta: il califfato è qualcosa
d’estremamente pratico.
Quali sono, ricapitolando, le varie ragioni per le quali il «nero califfato», come lo chiama
qualcuno, non ha alcuna legittimità?
1. Non garantisce la pace all'interno della comunità musulmana. Sterminare gli sciiti come
eretici in questo senso è qualcosa di folle. 1.400 anni di storia dell'Islam insegnano che, dal
punto di vista dei sunniti, gli sciiti, pur commettendo degli errori, fanno parte dell'Islam;
svuotando l'espressione dei suoi significati legati alla storia italiana, potrebbero essere chiamati
«compagni che sbagliano».
2. Non si sa quale sia il metodo con cui è stato scelto al-Baghdadi.
3. Non c'è consenso all'interno della comunità musulmana, come dimostrano le diverse
condanne da parte di studiosi musulmani.
4. Checché ne dicano i vari Magdi Allam, l'ISIS non garantisce l'applicazione della legge
islamica, che di certo non vieta la musica o il calcio. Non si confonda la sharia — complesso di
norme derivate dal Corano e dalla Sunna attraverso diversi strumenti — con le idee di studiosi,
non esattamente apprezzati, che vieterebbero di tutto, dai pupazzi di neve all'all-you-can-eat di
sushi.
5. Il califfato dovrebbe essere retto da musulmani, e diversi elementi pongono l'ISIS al di fuori
della tradizione millenaria dell'Islam. Di seguito alcuni.
6. L'affermazione che gli sciiti non sono musulmani.
7. L'uso di minori in guerra. Lo Jacono racconta un episodio in modo chiarissimo: «Nell'aprile
del 627, in occasione della battaglia del Fossato (assedio di Medina da parte dei pagani
Meccani), Usama ibn Zayd — figlioletto di Zayd ibn ??ritha, adottato a sua volta a suo tempo da
Mu?ammad — si presentò per partecipare alle operazioni belliche, malgrado avesse appena 10
anni. Il Profeta non consentì che ciò avvenisse, contrario com'era che alle operazioni belliche
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prendessero parte giovani in età non ancora puberale, e lo rimandò a casa sua». Quindi i
bambini usati per le esecuzioni dell'ISIS, o la bambina kamikaze di Boko Haram, distruggono
qualunque diritto d’usare il titolo di califfato.
8. L'iconoclastia, di cui abbiamo alcuni esempi nel corso della storia dell'Islam, i quali però non
sono di certo qualcosa di generalizzato o diffuso. (Le piramidi o le statue di Ninive sono ben
sopravvissute per più di mille anni sotto regni musulmani.)
9. Il divieto di cose non vietate. Come disse Ibn Qayyim, «vietare qualcosa di non vietato è tanto
grave quanto permettere qualcosa che lo è». Riguardo alla musica, il Corano richiama alla
pudicizia (ci si riferiva in particolare a balli con donne poco vestite); non vieta d’ascoltarla in
macchina. Da nessuna parte c'è il benché minimo divieto che possa esser esteso al calcio. E,
anche ci fosse qualcosa di vietato, solitamente la condanna e la punizione non spettano agli
uomini, ma sono prerogativa unica di Dio: «Non punisce col fuoco se non il Signore del
Fuoco» (Ibn Dawud).
10. Varie ed eventuali. Un folto gruppo d’esperti ha scritto una lettera aperta ad al-Baghdadi, in
cui dimostra, sulla base di 24 punti, che il califfato e il suo califfo sono illegittimi.
Come si diceva all'inizio, l'uso illegittimo di questo titolo non deve stupire. La scarsa
preparazione dei sostenitori dell'ISIS è dimostrata dall'uso di hadith non autentici per
argomentare le loro posizioni. (In questo, fanno loro compagnia certi zelanti ma disavveduti
giornalisti occidentali.) E se questo fatto, che è gravissimo, non basta, si può aggiungere una
nota buffa: il libro più letto dai wannabe jihadisti non è il lungo trattato di uno wahhabita, né
una collezione di fatawa di un esperto hanbalita, né — come ci si potrebbe ragionevolmente
aspettare — un'edizione del Corano commentata da un interprete estremista (a questo
proposito, Il Corano spiegato da Magdi Cristiano Allam, in edicola dal 13 marzo, si presta
benissimo allo scopo). Il libro più comprato su Amazon è Islam per negati. Il testo sacro di un
califfato con zeru tituli.
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