der Pantheismusstreit

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der Pantheismusstreit
APPROFONDIMENTI DI FILOSOFIA MORALE (6 crediti)
(Università degli Studi di Ferrara)
Docente: Dr.ssa Federica Basaglia ([email protected])
Titolo del corso: LA CRITICA DELLA RAGION PRATICA DI KANT
Periodo: secondo semestre (6 Marzo – 15 Maggio 2009)
Pantheismusstreit – la polemica sul Panteismo – Spinozastreit
Friedrich Heinirich Jacobi, Sulla dottrina di Spinosa, in forma di lettere al Signor Moses
Mendelssohn (1785): carteggio tra Jacobi e Mendelssohn, il cui oggetto erano le posizioni
filosofiche del drammaturgo Gotthold Ephraim Lessing, amico di Mendelssohn. Jacobi sosteneva
che Lessing fosse diventato, nell’ultimo periodo della sua vita, “spinozista”, cioè, secondo
l’interpretazione data da Jacobi di Spinosa, che egli fosse diventato ateista e fatalista e negasse la
libertà del volere umano (Jacobi afferma fosse stato lo stesso Lessing a definirsi tale in una lettera a
lui indirizzata). Ateismo e fatalismo rappresentano per Jacobi l’esito necessario del razionalismo
filosofico, che utilizzi la dimostrazione razionale per giungere alla verità ed alla certezza. Dio non è
un oggetto di dimostrazione, ma di fede.
Mendelssohn risponde con lo scritto: Ore mattutine, ovvero lezioni sull’esistenza di Dio (1785): la
libertà del volere umano e l’esistenza di Dio possono essere dimostrate razionalmente. Mendelssohn
si riferisce a Kant, che aveva negato la validità del passaggio dalla necessità logica alla realtà,
avvicinandolo allo spinozismo nell’interpretazione ateistica datane da Jacobi.
Kant interviene con: Che cosa significa orientarsi nel pensare? (1786): opposizione tanto a Jacobi
quanto a Mendelssohn. Il primo si affida all’intuizione fatta passare per fede, il secondo attribuisce
alla speculazione un potere tanto grande da consentirle di fare tutto da sola. Sia Jacobi che
Mendelssohn confondono i due campi, quello del sapere e quello della fede: Jacobi pensa che ogni
sapere sia fondato sulla fede, Mendelssohn tenta di fare della fede un sapere. Secondo Kant, il
fondamento dell’assenso di una fede prodotta dalla ragione è un bisogno necessario della ragione
stessa, ma soggettivo, non può determinare nulla di soprasensibile, non può essere conoscenza e
certezza oggettiva.
Teismo: in senso lato, ogni dottrina filosofica, che affermi l’esistenza di Dio (/ateismo); in senso
più ristretto designa la credenza in un Dio personale, trascendente, creatore e provvidente
(/panteismo e /deismo). Distinzione definitivamente fissata da Kant: il deista afferma che possiamo
conoscere con la semplice ragione un essere originario, di cui abbiamo un concetto trascendentale,
come un essere che ha ogni realtà, senza poterlo determinare ulteriormente; il teista afferma che è
possibile determinare molto di più dell’essere originario, attraverso l’analogia con la natura, come
essere che possiede intelletto e libertà e contenga in sé il principio originario di tutte le cose. Il
deista crede in Dio assumendolo come causa del mondo; il teista crede in un Dio vivente e
personale (evitando confusioni panteistiche).
Deismo: movimento filosofico, che di afferma nei XVII-XVIII. Si deve pensare Dio solo con gli
attributi che ci indica la ragione naturale, prescindendo da ogni rivelazione e rifiutando tutto ciò
delle religioni storico-confessionali che non si accorda con la ragione. Religione naturale o
Federica Basaglia (Università di Ferrara)
Corso di “Approfondimenti di Filosofia Morale”
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razionale (universale)/religioni storiche (particolari). Le religioni storiche devono essere passate al
vaglio della ragione.
Panteismo: si applica a tutte quelle dottrine che identificano Dio e mondo. Trova coerente e
sistematica esposizione con Spinosa: il mondo e la sostanza divina si identificano nell’unità
geometrica e nell’ordine di cui le cose e gli esseri singoli sono semplici modi transeunti.
Friedrich Heinirich Jacobi (1743-1819): oppone al razionalismo la necessità della fede come
sapere immediato. Critica la morale astratta del razionalismo, alla quale oppone l’esigenza di
riconoscere il peso del sentimento e della passione, purché inquadrati in una morale superiore, in
cui si contemperino le motivazioni del cuore e i principi della ragione.
Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781): drammaturgo e filosofo. Come filosofo si dedica a
problemi di religione (Il cristianesimo della ragione, 1753; Sulla genesi della religione rivelata,
1753-55; L’educazione del genere umano, 1780). Sostiene l’incommensurabilità tra verità di fatto,
verità storica e verità filosofica e, quindi, l’irrilevanza, ai fini della filosofia della religione, della
critica filologica dei testi volta all’accertamento della loro attendibilità come testimonianze storiche.
I testi sacri sono inaccettabili per la ragione, tuttavia una religione razionale è inefficace
all’educazione dell’essere umano alla vita morale, perché non parla al cuore ed all’immaginazione.
Non bisogna criticare in modo radicale le religioni storiche, come fanno gli illuministi, quando la
loro missione pedagogica non si è esaurita.
Moses Mendelssohn (1729-1786): sostenitore della “filosofia popolare”, cioè dell’esigenza di
divulgare e diffondere tra i più ampi strati di pubblico le dottrine conosciute solo in un ristretto
ambito di dotti. Ripropone le tradizionali prove dell’immortalità dell’anima (Fedone, 1767) e quella
ontologica dell’esistenza di Dio (Ore mattutine, 1785). Fondazione dell’etica sulla libertà del
soggetto. Pari dignità ad arte, filosofia e morale. Uno dei primi a proporre la tripartizione
psicologica della coscienza in pensiero, volontà e sensibilità. Apertura all’ebraismo
Prove dell’esistenza di Dio:
Argomento ontologico (Anselmo d’Aosta, Cartesio, Leibniz): l’essere pensabile con il
massimo di perfezioni deve esistere. Dimostrazione puramente a priori. Argomento: se ho l’idea di
qualcosa alla cui perfezione nulla manca, non posso negarle l’esistenza, perché altrimenti qualsiasi
cosa che esistesse sarebbe più perfetta di quella, contrariamente a ciò che ho pensato. [Kant
respinge l’argomento nel 1763 e nel 1781. L’esistenza non è una questione logica, ma fattuale; essa
pertanto si mostra, non si dimostra. Non si può ricavare il predicato dell’esistenza dall’analisi di un
concetto, poiché tale predicato consegue da una sintesi giudicativi fondata sull’esperienza e non da
un’analisi a priori. Il concetto di un essere perfettissimo non è né chiaro né positivo, l’unica
esistenza che noi conosciamo è quella fenomenica i cui enti sono condizionati e non perfetti
Argomento cosmologico (Aristotele, Tommaso d’Aquino): la contingenza del mondo postula
un essere necessario. L’argomento si fonda sulla natura del cosmo. Muove dalla rilevazione delle
contraddizioni dell’universo finito (l’essere diveniente, causato, contingente, ...) per giungere a
postulare un essere infinito, la cui esistenza elimina tali contraddizioni. Dio, infatti, è immobile,
causa di tutte le cose, necessario,…
Argomento teleologico (Tommaso d’Aquino, Scolastica): l’ordine e il finalismo, che si
presentano nella natura, richiedono un ordinatore ed un’intelligenza. Argomento: le cose naturali,
anche se prive di intelligenza, appaiono tutte ordinate in ragione di un fine; quindi deve esistere
un’intelligenza che così le ordina e che si pone come fine supremo: Dio. [Argomento confutato da
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Hume, perché fondato su analogie antropomorfiche (l’ordine dei materiali di una casa rinvia ad un
architetto intelligente) e perché la cosiddetta finalità naturale potrebbe essere solo il prodotto
casuale di ciechi accomodamenti materiali. Argomento confutato anche da Kant nel 1781
(argomento fisico-teleologico): esso rinvia alla prova cosmologica e questa a quella ontologica;
tutte prove che pretendono di valicare il mondo fenomenico e non dimostrano nulla; esse rivelano
una disposizione del cuore umano e una mera puramente ideale della ragione.
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