TALMUD, MISHNAH, MIDRASH TALMUD Talmud Bavlì Talmud Yerushalmi HALACHA' MISHNAH MIDRASH RABBINI TALMUD Introduzione Accanto alla Bibbia, il Talmud (che significa "insegnamento") è il grande libro sacro dell'Ebraismo: diversamente dalla Bibbia ebraica, il Talmud è infatti riconosciuto solo dall'Ebraismo, che lo considera come la "Torah orale", rivelata sul Sinai a Mosè e trasmessa a voce, di generazione in generazione, fino alla conquista romana. Il Talmud fu fissato per iscritto solo quando, con la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei temettero che le basi religiose di Israele sparissero. Torah scritta e Torah orale Il Talmud consiste in una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamim) e i maestri (rabbi) circa i significati e le applicazioni dei passi della Torah, e si articola in due livelli: la Mishnah (o "ripetizione") raccoglie le discussioni dei maestri più antichi (giungendo fino al II secolo d.C.); mentre la Ghemarah (o "completamento"), stilata tra il II e il V secolo, fornisce un commento analitico della Mishnah. La Torah comprende due parti: - i primi cinque libri della Bibbia, cioè il Pentateuco, che costituiscono la Torah scritta; - la Torah orale che ha dato origine al Talmud. Secondo la tradizione ebraica la Torah scritta non può essere applicata senza la Torah orale. La trasmissione della Torah orale Nel 587 a.C., il tempio di Salomone viene distrutto e il popolo ebraico deportato in Babilonia. Allora fu necessario precisare in che modo mantenere una vita ebraica in terra d'esilio e in mancanza del santuario di Gerusalemme. Questa è stata l'opera degli scribi (Sopherim), fondatori della sinagoga, interpreti della Torah scritta e maestri della Torah orale. Dopo il ritorno da Babilonia, i tre ultimi profeti (Ageo, Zaccaria e Malachia), lo scriba Esdra, poi "gli uomini della Grande Sinagoga" assicurarono la trasmissione della tradizione orale, che passa successivamente attraverso i farisei e le loro grandi scuole ("Jeshivoth"). I maestri del Talmud sono i farisei. La formazione del Talmud Presto, di fronte a situazioni nuove e a divergenze di scuola, fu necessario ricavare dalla Torah, scritta e orale, le decisioni pratiche. Questa fu opera dei rabbini e specialmente dei 71 membri del Sinedrio. Più tardi le persecuzioni e la necessità di tener conto della distruzione del secondo Tempio (70 d.C.) e della diaspora ebraica, indussero rabbi Aqivah e poi rabbi Meir a raccogliere e a classificare gli appunti dei loro allievi. All'inizio del III secolo, rabbi Jehudah, soprannominato il Santo, li ordinò in 63 trattati, raggruppati in sei ordini, il cui insieme costituisce la "Mishnah" ("Insegnamento da ripetere"), compendio della Torah orale e destinato a essere imparato a memoria. La "Mishnah" è scritta in ebraico, benché l'aramaico già a quell'epoca fosse la lingua corrente anche in Palestina. Col passare degli anni divenne evidente che il testo della Mishnah era troppo conciso. Il Talmud ci è giunto in due versioni diverse: il Talmud di Gerusalemme (Talmud Jerushalmì)(redatto tra il IV e il VI secolo nella Terra d'Israele) e il Talmud di Babilonia (Talmud Bavlì)(redatto tra il V e il VII secolo in Babilonia). Il Talmud Babilonese, la cui Ghemarà è scritta in aramaico e che fu compilato inizialmente da rav Ashì e terminato da Rabina, ambedue capi della famosa jeshivah di Sura, è molto più lungo di quello di Gerusalemme. I Maestri del Talmud e il loro insegnamento Maestri della Mishnah sono chiamati "Tannaim" ("Insegnanti"). Quelli della Ghemarà accettarono soltanto il titolo di "Amoraim" ("Interpreti"). Quanto a coloro che redassero il testo definitivo, essi si considerarono modestamente come "Saboraim" ("Opinanti"). Molti di questi illustri rabbini esercitavano il mestiere di artigiano. Il messaggio del Talmud si presenta in due forme: quella della "Halakhah" ("Via da seguire") che riguarda le prescrizioni legali, e quella della "Aggadah" ("Racconto"), consistente in racconti immaginosi e in parabole che spesso ricordano i Vangeli. L'insieme costituisce una vera enciclopedia delle conoscenze dell'epoca (matematica, medicina, astronomia ecc.). Il Talmud ha autorità per tutte le generazioni. Anzi oggi vi è un vero risveglio di studi talmudici. In ogni epoca i quesiti posti al Talmud hanno permesso di applicano tenendo conto dei nuovi dati scientifici, economici, sociali. Così viene garantita la continuità della tradizione vivente, da Mosè ai giorni nostri. Il Talmud ricchezza sconosciuta Nel Medioevo le comunità ebraiche sono esposte a vessazioni, persecuzioni e sfruttamento economico. Mal conosciuto negli ambienti cristiani, il Talmud è diventato ben presto il bersaglio preferito. A Parigi, nel 1240, è istruita una parodia di processo, cui segue il rogo solenne di 24 carri di copie del Talmud, sequestrate agli ebrei. Da quel momento, e per secoli, il Talmud è vietato in molti luoghi. Nell'opinione pubblica, questa condanna ha come effetto la diffidenza: si è convinti che il Talmud contiene "cose malvagie, contro ogni ragione e diritto", cose che gli ebrei utilizzano per trarne "malefici". Gli autori antisemiti sfrutteranno questo tema fino ai nostri giorni. Anche i filosofi del XVI Il secolo, che pure reclamavano l'emancipazione degli ebrei, consideravano il Talmud una raccolta di "leggi ridicole". Ignoranza e diffidenza che non sono ancora scomparse. I cristiani sono responsabili in gran parte, della sopravvivenza di tale mentalità. Per cambiarla, bisogna conoscere i libri fondamentali del giudaismo e trasformare in sincero interesse l'ignoranza e la diffidenza. I cristiani impegnati in tale compito si renderanno conto che la fedeltà alla Rivelazione costituisce la trama stessa del Talmud. HALACHA' L’halacha’ e’ il complesso delle norme codificate della legge ebraica. Deriva dalla codificazione delle regole del Talmud espresse in tutte le opere che seguono. Ovvero l’aspetto giuridico a cui tutti gli ebrei sono tenuti a osservare. Quelli che seguono sono i primi codici che abbiamo avuto dopo il periodo del Talmud: Teshuvot vesifre’ rabanan savurai’ savoraim, cioe’ degli allievi degli amoraim (i rabbini del periodo a cavallo dell distruzione del Santuario). Teshuvot vesifre’ rabana’n hagaonim A nome dei maestri babilonesi del periodo del gaonato (1110 circa). Successivi ai Savoraim. Talmud Bavlì - Talmud Babilonese Le leggi della Torà sono formulate in modo conciso. Anticamente tali leggi venivano spiegate e tramandate oralmente di generazione in generazione. Dopo la caduta del Tempio e la dispersione del popolo ebraico, consapevole del pericolo che gli insegnamenti orali potessero venire dimenticati, Rabbì Jehudà Ha-Nassì all'inizio del III secolo raccolse gli insegnamenti orali e compilò la Mishnà. La Mishnà è costituita da Sei ordini ed è un riassunto delle leggi definite dai Maestri secondo argomenti specifici. Nei tre secoli che seguirono la morte di Rabbì Jehudà HaNassì, la Mishnà fu studiata e approfondita dai Maestri in Palestina e in Babilonia, dove esisteva una florida comunità. Le discussioni e gli insegnamenti dei Maestri sui singoli trattati della Mishnà vennero raccolte e formarono il Talmud Jerushalmì (Talmud di Gerusalemme, IV sec) e il Talmud di Babilonia (VI sec). La parte più ampia del Talmud è dedicata alla discussione delle leggi; una parte cospicua è dedicata alla narrazione di midrashim (parabole che hanno un profondo significato morale e da cui spesso si desume la normativa) e a insegnamenti in varie materie (medicina, scienza, storia, matematica etc.). Il talmud è molto importante nell'ebraismo e nella formazione ebraica perché tutta la complessa normativa che regola la vita ebraica è codificata partendo dal Talmud. Talmud Yerushalmi Il secondo Talmud viene impropriamente chiamato Talmud Yerushalmi (Talmud di Gerusalemme), poiche’ in realta’ non fu redatto nella citta’ del Santuario bensi’ a Tiberiade. Il Talmud Yerushalmi differisce dal primo per il linguaggio, lo stile e la terminologia. Oggi, di quest’ultimo possediamo solo quattro dei sei ordini: Zeraim, Moed, Nashim e Nezikin (in cui mancano pero’ ‘Eduyot e Avot), oltre alle prime tre sezioni di Nidda. Secondo il Rambam fu Rabbi Yochanan, aiutato dai suoi discepoli, a redigere il Talmud Yerushalmi durante l’ultimo quarto del terzo secolo e.v. MISHNAH Dall'ebraico sh n nah, ripetere (da cui studiare, insegnare), mishnah (M.) suggerisce ciò che è imparato a memoria, per ripetizione e designa l'insieme della Legge orale e il suo studio (per opposizione a Miqra' che si riferisce alla Scrittura e al suo studio). Può anche designare l'insieme della halakhah (parte legislativa) o ancora una forma d'insegnamento di quella, non più partendo dal testo biblico, ma a partire dalle sentenze dei maestri della tradizione riguardo a problemi concreti. Mishnah è soprattutto il nome dato alla compilazione delle decisioni dei Tannaim (dottori anteriori al III s.), arrangiati e revisionati, verso il 200 d.C. da Giuda il Principe in Galilea. La tradizione menziona delle raccolte precedenti, come quella di Rabbi Aqiba (+135) o del suo allievo Rabbi Meir. La scelta che fece Rabbi Juda decise circa le opinioni da adottare, fissando così la halakhah (decisione pratica concernente questioni legali, rituali o religiose); tanto che l'opera è non solamente una collezione della Legge orale, ma fu presto considerata come il codice ufficiale e canonico della vita giudaica. Redatta in ebraico tardo, è disposta secondo gli argomenti, in sei ordini (sedarim) e 63 trattati. Le tradizioni tannaitiche non incorporate nella Mishnah sono chiamate baraitoth («esteriori»); una parte di esse fu raccolta, verso il 250, nella collezione chiamata Tosefta (supplemento, aggiunta) e nel Talmud che seguono la stessa disposizione della Mishnah. La tradizione orale, messa per scritto, continuò a essere materia di discussione e approfondimento in Palestina e a Babilonia: la Ghemara (complemento) è il commentario prodotto dagli Amoraim (dottori III-V s.). Mishnah e Ghemara = Talmud (insegnamento; abbreviazione di Talmud Torah). Ne esistono due redazioni diverse per contenuto, metodo e lingua: il Talmud Palestinese (o «di Gerusalemme), terminato verso la fine del s.IV, e il Talmud Babilonese (TB), di un secolo più tardi. Ambedue commentano la metà circa dei trattati della M., quello di Babilonia in modo assai più esteso. Le circostanze storiche spiegano come il TB abbia presto eclissato il suo corrispondente palestinese e sia stato considerato come il solo canonico e normativo. Il testo della M. ha numerose varianti nei due T, al punto che si è persino pensato a due recensioni. Il TB contiene il doppio di haggadah (insieme delle tradizioni non giuridiche) rispetto al T di Palestina, ove aveva posto tra i midrashim. Il T si presenta come il verbale conciso e appena ritoccato delle dispute accademiche (coi nomi dei protagonisti): e ciò spiega la ricchezza esuberante del suo contenuto, come pure la difficoltà della sua interpretazione. Opera di virtuosi consumati nell'esegesi e nel diritto, che attingono alle risorse della dialettica per cavare tutti i significati possibili da un testo e motivare i propri punti di vista, la Ghemara affronta, spesso senza ordine e continuità, ogni specie di argomenti (casistica, filosofia, morale geografia, zoologia, botanica, superstizioni e credenze popolari), esprime le opinioni più diverse e contraddittorie, ma senza imporle; per questo J. Neusner mette in risalto giustamente questa «undogmatic quality of Talmudic discourse» (Invitation to the Talmud 241). Durante il s.VIII nacque il movimento dei Qaraiti, che respingono l'autorità del Talmud e accettano la Scrittura (Aiqra') come unica norma. Le edizioni del TB riproducono l'editio princeps di Venezia (1520-1524). Molte contengono anche i 12 «Piccoli Trattati» considerati non canonici. MIDRASH Sostantivo derivante da darash che, nell'Antico Testamento (AT) e a Qumrân, significa soprattutto ricercare, scrutare, esaminare, studiare. Nella tradizione rabbinica, m. designa anzitutto una attività e un metodo di interpretazione della Scrittura che, andando al di là del senso letterale (chiamato peshat, semplice, ovvio), scruta il testo in profondità (secondo regole e tecniche proprie) e sotto tutti gli aspetti, per attualizzarlo e adattarlo ai bisogni e alle concezioni delle comunità, e trarne applicazioni pratiche e significati nuovi che sono lontani dall' apparire a prima vista. Indica altresì il risultato di questa ricerca: applicata alle parti legislative per dedurne conseguenze giuridiche, questa elaborazione dà il midrash halakhah (da h lak, camminare; da cui interpretazione normativa, regola di condotta); applicata alle sezioni narrative, dà il midrash haggadah (da higgîd, annunciare, raccontare) che comprende racconti storici o leggendari, sviluppi d'ordine morale o edificante. Il m. parte sempre, in modo più o meno esplicito, dalla Scrittura, e può essere immesso in forme diverse secondo i generi letterari che lo trasmettono. Come tipo di attività esegetica e prodotto di questa attività, il m. è già presente nella Bibbia (di cui chiarisce spesso il processo di formazione), nella letteratura intertestamentaria (Apocrifi e Qumrân), così come nel Nuovo Testamento (NT). I risultati di secoli di «ricerca biblica» nelle scuole (beth ha-midrash: cf Sir 51, 23) e nelle sinagoghe, dopo un lunghissimo periodo di trasmissione orale, furono progressivamente messi per scritto per formare le raccolte multiple chiamate midrashim. Queste si presentano sia come un commento continuo della Scrittura (m. esegetici), sia come un'antologia di sermoni sulle letture fatte in occasione del sabato e delle feste (m. omiletici). I più importanti sono: i midrashim tannaitici, che riferiscono tradizioni del I-II s., soprattutto halakhici (Mekhilta sull'Esodo, Sifra sul Levitico, Sitré su Numeri/Deuteronomio), il Midrash Rabbah (commento del Pentateuco e dei cinque «rotoli» letti nelle feste: Cantico, Ester, Rut, Lamentazioni e Qohelet), il Midrash Tanhuma, la Pesiqta di Rab Kahana, la Pesiqta Rabbati. Alcune compilazioni tardive (come i Pirqé di R. Eliezer, il Midrash ha-Gadol, il Midrash Tehillim, ecc.) possono tuttavia avere conservato tradizioni molto antiche. RABBINI Ben Azai Era un tannà. Visse a Tiberia all'inizio del II secolo E.V., e fu quindi coevo di Rabbì Akivà, di cui era discepolo-collega. Probabilmente fu allievo di Joshua bar Hananià ed era considerato uno tra i grandi Maestri della sua epoca. Morì giovane, senza ancora essere diventato rabbino. Non si sposò mai - e questa era considerata una grave colpa - per non distrarsi dallo studio della Toràh. In Berachot 57b è scritto che a chi compare Ben Azai in sogno, può sperare di raggiungere la santità. Ben Zomà Era un tannà del II secolo (i tannaim sono i Maestri che ordinarono e compilarono per iscritto la Legge orale, cioè tutte le norme che derivano dalle leggi della Bibbia) e anche lui non arrivò a diventare rabbino, ma nonostante questo di lui è scritto in Berachot 57b che chiunque lo veda in sogno, può sperare di divenire saggio. Molti dei suoi detti divennero proverbi, come ad esempio "chi può sperare di divenire saggio? quello che imlpara da chiunque. Chi è onorato? chi onora il suo prossimo". (Avot 4:1) Fu allievo di Joshua bar Hananià e sappiamo che si dedicò agli studi mistici. Secondo il midrash dopo aver gettato uno sguardo ai misteri esoterici impazzì e dopo pochi giorni morì Rabbi Akiva (c. 50-135 d.C.) Viene considerato uno dei maggiori Maestri del Talmud del suo tempo e ha avuto un rilevante ruolo anche nello sviluppo della halachà, la legge ebraica. Rabbi Akiva inizialmente era un pastore semi-analfabeta. A quaranta anni però dedicò se stesso completamente allo studio della Toràh e dopo molti anni di studio divenne un grande Maestro del suo tempo. I principali maestri di Rabbì Akivà furono Rabbi Eliezer, Rabbi Yehoshua, e Nachum Ish Gamzu. Come allievo Rabbi Akiva fu famoso per il suo brillante intuito nel far derivare i principi della legge ebraica dal testo biblico. Il metodo che seguiva rabbi Akivà era che essendo la Toràh una emanazione di origine divina, non contiene niente di inutile o ridondante, ma che ogni singola parola contenuta nel testo, compreso il particolare modo di scrivere una parolanel testo, ha un suo preciso e definito proposito e significato. Nel Talmud in effetti è scritto che Rabbì Akiva interpretava perfino il significato dei "taghim", i segni che adornano alcune lettere nei rotoli della Toràh. Rabbi Akiva viene riconosciuto come un maestro della Halacha (la legge ebraica), della Aggadah (l'interpretazione omiletica), ed anche della mistica. Rabbì Akivà fu imprigionato, e quindi venne martirizzato ed ucciso dai Romani perché coinvolto nella rivolta di Bar Kochbà del 132 d.C.. Elishà Ben Avuyà Conosciuto anche come Acher (l'altro). Era uno dei grandi dotti del suo tempo, ma poi rinunciò all'ebraismo. Tutto il capitolo 24 del Pirké de rabbi Nathan contiene detti attribuiti a lui. Ci sono varie interpretazioni sulle motivazioni dell'apostasia di Elishà Ben Avuyà. Oltre al pericolo insito nello studio della mistica, secondo alcuni si allontanò dall'ebraismo a causa della non osservanza delle mizwot, secondo altri invece a causa della cultura ellenistica e secondo altri ancora a causa del fatto che credeva in due esseri supremi e non in un Dio unico. Secondo altri ancora fu negativamente colpito vedendo il martirio degli ebrei durante la rivolta di Bar Kochbà. Il suo discepolo Rabbì Meir che secondo molti era rimasto legato all'ebraismo più volte cercò di fargli fare teshuvà. In punto di morte Elishà alle sollecitazioni di Rabbì Meir scoppiò in lagrime e per questo Rabbì Meir credette che si fosse pentito. La sua personalità controversa (forse a causa di crisi simili a quelle che attraversò e forse anche per la ricerca di nuovi sentieri a cui si dedicò) fu studiata nel periodo della Haskalà, l'illuminismo ebraico, ed ispirò molti racconti storici, romanzi e poemi di quel periodo.