Relazione scolastica 1941-42
Simhat Torà: 07-10-1942
Anno ebraico: 5703
Questa nostra festa scolastica, che annualmente celebriamo, non è soltanto destinata a far conoscere al
pubblico i risultati ottenuti nel corso dell’anno, ma ha soprattutto lo scopo di richiamare alla nostra mente
il compito dell’istruzione religiosa nelle nostre scuole. E’ in esse infatti che si deve formare la coscienza
ebraica, che si deve accendere nell’animo dei fanciulli l’amore e l’entusiasmo per la fede dei Padri.
Ai maestri di religione spetta oggi più che nel passato una parte importante nella formazione spirituale
della fanciullezza e della gioventù, e dico oggi più di una volta, perché l’educazione religiosa familiare
purtroppo difetta sempre di più, e l’ideale religioso è spento in molti cuori, e in altri arde di pallida luce.
La missione del maestro di religione diviene sempre più delicata, e richiede ancor più del sapere, che egli
sia amato da sacro favore e da spirito di abnegazione, sì da essere un “esempio”, per poter meglio
illuminare le menti e temprare i caratteri.
Come Mosè per dare la legge al popolo dovette prima salire sul monte a riceverla, così anche il maestro
deve “salire”, deve elevarsi al di sopra del livello comune, e con purezza di cuore ed integrità di vita,
comunicare ai fanciulli affidati alle sue cure, il sacro fuoco della fede.
Fin dai tempi dei profeti, nella scuola ebraica si venne formando quello spirito indomito che doveva
sostenere l’urto delle ire e degli odi umani senza piegarsi, quella ferrea volontà e quella perseveranza che
nel lungo cammino dell’ebraismo, seppero mantenere accesa la fiaccola della fede, anche quando le
tempeste volevano spegnerla.
E’ quindi nel santuario della scuola che si devono formare degli ebrei convinti e sinceri, degli ebrei che
sentano il dovere di onorare la nostra religione colla loro condotta esemplare.
A questa formazione devono naturalmente cooperare gli allievi stessi: sappiano essi essere gelosi della
rinomanza di tutte le nostre scuole, e lasciarvi buoni ricordi; sappiano seguitare le tradizioni di cui il nostro
Talmud Torah è fiero. E quando verrà il giorno in cui raccoglieranno i frutti di ciò che negli anni della
gioventù hanno seminato, qualunque sia il posto che occuperanno nella società, ci auguriamo che sapranno
mettere in pratica, insieme agli altri insegnamenti, quello religioso, e sapranno essere insieme a buoni
cittadini buoni ebrei come è loro dovere e come è nostro desiderio, perché l’ebraismo spera molto in loro,
spera molto da loro.
Con questo augurio, iniziamo il nuovo anno di attività scolastica e culturale della Comunità nostra, mentre
come di consueto vado ad esporre alcuni dati relativi all’attività svolta nel decorso anno.
E prima di tutto parliamo dell’asilo infantile e del Talmud Torah, costituenti la principale e la più cara delle
nostre istituzioni: il numero dei bambini frequentanti il giardinetto si fa purtroppo sempre più esiguo, e ciò
per la continua decrescente natalità e per l’avvenuta emigrazione di alcuni nuclei familiari verso altre città:
ma il nostro istituto è sempre all’altezza del suo compito per proprietà di ambiente e modernità
d’insegnamento, sì da renderlo non inferiore ad alcuno degli istituti consimili.
Per ciò che concerne il Talmud Torà, sentirete ancora le mie solite dolenti note, alle quali si è ormai
abituato il vostro orecchio. Ma perché non crediate che la mia incontentabilità sia eccessiva, do la parola
alle cifre che parlano un linguaggio chiaro e persuasivo. Su 70 alunni iscritti nella scuola elementare di
stato, e quindi possibili frequentatori del Talmud Torà, solo poco più di un terzo frequentò effettivamente
le lezioni di religione nelle ore pomeridiane; e pur tenendo conto delle assenze giustificate di quei pochi
bambini che abitano distanti dalla scuola, la cifra è davvero sconfortante e ci ammonisce del continuo
declino di questo nostro Talmud Torà veneziano, additato fino a pochi anni fa, come uno dei migliori e più
produttivi d’Italia. A nulla sono valse le continue raccomandazioni, i ripetuti richiami ai bambini e alle
famiglie. Proprio nelle ore delle lezioni di religione, si sono veduti non pochi bambini lasciati liberi a se
stessi nella pubblica strada, oppure adibiti ad altre occupazioni più o meno necessarie.
Si era escogitato come provvedimento punitivo la sospensione della refezione, ma al momento di
applicarlo, sempre il nostro cuore si è opposto, ma la mente ed il cuore dei bambini e delle famiglie si sono
ostinati a non intendere gli impulsi del nostro cuore.
Per questo non dovrà far meraviglia, se la Direzione della scuola d’intesa coi maestri, nell’assegnazione dei
premi ha escluso dal premio stesso bambini della terza e quinta classe, che presentatisi agli esami finali,
han riportato votazioni lodevolissime, e che sarebbero state degne di particolare premio od encomio.
D’altra parte la regolarità della frequenza, il rispetto all’orario sono elementi necessari ed indispensabili per
la dignità di una scuola, per la disciplina e per il pieno svolgimento del programma di studi. Se tutti i sacrifici
di una comunità devono convergere verso la scuola, occorre che anche la scolaresca e le famiglie
collaborino a quest’opera santa. Talmud torà, cheneghed cullam, il Talmud Torà prima di tutto, avanti a
tutto, e non solo per i dirigenti della Comunità, ma anche per gli alunni e per le loro famiglie. Fermi su
questo concetto di tenere in massimo conto la frequenza degli alunni, la commissione ha assegnato un
premio particolare a quattro alunne iscritte alla sezione di avviamento al lavoro, per aver seguito i corsi fino
all’ultimo giorno dell’anno con puntualità ed interesse degni di ogni elogio.
Buoni risultati si sono avuti anche ai corsi di istruzione religiosa dell’A.D.E.I., corsi che possono dirsi paralleli
a quelli del nostro Talmud Torà. Anche nelle scuole medie, sia nei corsi inferiori che superiori, sono
continuati i corsi di cultura ebraica, e per quanto in questa relazione io mi debba occupare del solo
insegnamento a carattere religioso, pure non posso tacere di ricordare gli ottimi risultati conseguiti
quest’anno in questa scuola: tutti gli alunni presentatisi agli esami nelle scuole dello stato sono stati
promossi con ottime votazioni, ed uno di essi, Elio D’Angeli, è riuscito il primo fra tutti i promossi agli esami
di maturità scientifica.
Fuori del campo scolastico non sono mancate se non colla regolarità degli anni precedenti, alcune riunioni
sabbatiche di giovani delle scuole medie nel Tempietto della casa di ricovero; anzi si è avuta una lodevole
iniziativa: alcuni dei partecipanti alle riunioni han trattato un tema precedentemente suggerito, tema che è
stato svolto con interesse e con comprensione dell’argomento. Sarebbe desiderabile che questa iniziativa
fosse ripresa nel prossimo anno, e meglio sviluppata specie per parte dei giovani del corso superiore e che
desse luogo a discussioni fra i compagni in maniera da rendere sempre più interessante e numerosa la
riunione.
Non posso terminare questa rassegna di vita scolastica, senza ricordare che anche in quest’anno non sono
mancate le solite provvidenze che fan capo all’A.D.E.I. benemerita: refezione per tutto l’anno di scuola,
distribuzione di indumenti ai poveri, colonia marina del Lido. Se si pensa alle difficoltà che si devono
affrontare per raggiungere questi benefici scopi, non si trovano parole che dicano tutta la nostra
riconoscenza e gratitudine. E di anno in anno questi benefici sono perfezionati, estesi a un maggior numero
di ragazzi. Pensate alla colonia del Lido: quest’anno si è protratta per due mesi, e ad essa han potuto
prendere parte un numero considerevole di bambini e giovanetti di ogni famiglia anche abbiente, e tutti
son rimasti soddisfatti e grati per tanto bene ricevuto.
Va ancora una volta il nostro plauso e il nostro ringraziamento a tutti coloro che hanno dato la loro attività,
ed in particolare a chi di questa attività ne è stata la guida illuminata.
A termine di questa mia relazione, voglio rievocare un significativo episodio narrato nelle nostre fonti
storiche, e certo noto ad alcuno di voi ragazzi: un venerando dottore, Johanan ben Zaccai, si presenta a
Vespasiano. Non sono due uomini, ma due simboli: uno di Roma, potente e dominatrice, l’altro di Israele
vinto, l’uno rappresenta la potenza umana, l’altro l’idea sublime. Che cosa chiede Johanan ben Zaccai?
Forse pietà per i vinti? Forse il riscatto di qualche prigioniero? No, Johanan ben Zaccai rivolge al potente
una domanda modesta che non presenta alcun pericolo per Roma, chiede di poter fondare, a Jbnè, una
scuola, e il generale consente, e non si accorge che gli è stata domandata la salvezza di tutto Israele!
Fu appunto nella scuola di Jabnè e in quelle che furono successivamente istituite, che si rifugiò l’anima di
Israele per vivere la sua vita eterna.
Questo episodio che dice tutta l’importanza che Israele ha dato sempre, in tutti i tempi e in tutti i luoghi,
alla scuola, insegni a considerare questa come fonte di vita per la nostra esistenza di ebrei.