Le procedure di sanificazione delle sale operatorie al fine di

Le procedure di sanificazione delle sale operatorie al fine di
prevenire le infezioni del sito chirurgico
Autore e Responsabile scientifico: Dott. Prof. Antonio Giovane, Chirurgo, Ospedale Santa Maria Nuova,
Firenze.
Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a
fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.
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ECM.
Inizio evento: 15/04/2015; ID evento: 124726
Riassunto
La pulizia e la sanificazione degli ambienti ospedalieri, dello strumentario chirurgico e degli altri oggetti
utilizzati in sala operatoria sono prerequisiti fondamentali per la corretta gestione del paziente, con
l’obiettivo di prevenire l’insorgenza di possibili infezioni e ridurre al minimo i rischi connessi all’intervento. È
infatti opportuno che il personale del comparto operatorio si prenda cura preliminarmente di tutta
l’attrezzatura che verrà utilizzata nel corso dell’intervento e che lo stesso sia effettuato in ambienti puliti e
sanificati. In quest’ottica, la conoscenza approfondita dei fattori di rischio permette di mettere in pratica le
azioni più efficaci per raggiungere l’obiettivo.
Un altro aspetto talvolta sottovalutato, ma per nulla secondario, riguarda l’uso dei prodotti migliori per la
pulizia e la sanificazione, nonché le tecniche operative da adottare. Particolare attenzione, in questo senso,
merita il trattamento dello strumentario chirurgico, dal momento che i vari oggetti che lo compongono
necessitano di essere detersi con modalità e tempistiche specifiche, da stabilire e pianificare nel contesto di
un piano di qualità.
Keywords
Comparto operatorio, pulizia, sanificazione, strumentario chirurgico, prevenzione, fattori di rischio,
lavaggio, piano di qualità.
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Modulo 1. Pulizia e sanificazione per la prevenzione delle
infezioni in ambito ospedaliero
Obiettivi formativi
Al termine del modulo didattico, il discente sarà in grado di:
• conoscere strategie e modalità operative di prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero;
• identificare i fattori di rischio da considerare prima di procedere alla sanificazione.
Dalla pulizia alla sanificazione
L’ospedale è un edificio nel quale le condizioni adeguate di pulizia, intesa come “il complesso di
procedimenti e operazioni atti a rimuovere e asportare rifiuti, polveri e sporco di qualsiasi natura esso sia
dalle superfici di ambienti confinati e non confinati”, concorrono sia a una migliore qualità della vita del
paziente e di chi vi lavora, sia a diminuire la probabilità di diffusione dei microrganismi.
Le procedure di pulizia rappresentano quindi interventi prioritari e fondamentali diretti a ridurre il livello di
contaminazione delle superfici a uno stato di ordine e nettezza visibile mediante la rimozione di polvere e
sporco dall’ambiente, dalle attrezzature, dagli arredi, dagli strumenti e dalla biancheria. Rappresentano
inoltre un’operazione preliminare e indispensabile alla successiva disinfezione poiché nessun disinfettante
è efficace (o comunque ne viene parzialmente inficiata l’efficacia) se impiegato su materiali non puliti.
Quando le pulizie assurgono a una posizione di primaria importanza, nei paesi anglosassoni si definiscono
con il termine di sanitation, ovvero “sanificazione”. La sanificazione ambientale viene intesa come attività
che riguarda il complesso di procedimenti e operazioni di ordine pratico e sanitario atto a rendere salubre
un impianto o un determinato ambiente mediante le attività di pulizia e di detergenza. Quando, in un
secondo momento, si usa un disinfettante si parla di “sanitizzazione”. Studi condotti in vari ospedali
prospettano l’idea secondo la quale i vantaggi che si ottengono utilizzando sulle superfici un disinfettante
piuttosto che un detergente sono marginali, in quanto il trattamento con disinfettante rimuove la quasi
totalità dei microrganismi e quello con la detersione (“detergente” – vale a dire una sostanza che allenta la
tensione tra sporco e superficie da pulire per facilitarne l’asportazione – ed acqua) si avvicina abbastanza; la
ricontaminazione, ad esempio, del pavimento (se sottoposto a camminamento), è rapida e indipendente
dall’uso del detergente o del disinfettante.
La sola pulizia, pertanto, opportunamente eseguita, è in genere sufficiente ad assicurare buoni standard
igienici per tutto quello che non rimane a intimo e prolungato contatto con pazienti suscettibili di contrarre
infezioni. Nella pratica ospedaliera, però, alcune procedure di pulizia si integrano con interventi di
disinfezione. Questi due processi possono essere effettuati separatamente o possono essere parte di una
stessa procedura; la disinfezione non deve mai sostituirsi alla pulizia, dal momento che residui di
contaminazione su una struttura possono contribuire all’inefficacia del successivo processo di disinfezione.
Un adeguato ciclo di pulizia deve essere pertanto eseguito prima della disinfezione, e comunque combinato
ad essa.
Nella sanificazione, trattata in modo approfondito nel Modulo 2, non è necessario creare condizioni di
asetticità assoluta ma, in linea generale, è sufficiente assicurare una situazione ambientale a cosiddetto
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rischio controllato, che contiene cioè la carica microbica entro i limiti igienicamente accettabili per il tipo di
zona che si deve trattare (Macrae MB et al., J Hosp Infect, Nov 2001).
Ogni ambiente ha uno standard ottimale, conseguenza della destinazione d’uso dell’ambiente stesso. Così
la sanificazione delle sale operatorie si differenzia completamente da quella delle camere di degenza, che a
loro volta sono diverse da quelle degli spazi comuni.
Concettualmente, l’ospedale può essere suddiviso in tre aree di rischio infettivo: basso, medio e alto. Le
aree a basso rischio comprendono le aree comuni extra-reparto e i servizi di reparto quali corridoi, uffici,
locali di attesa ecc. Le aree a medio rischio comprendono le camere di degenza, gli ambulatori, i laboratori
ecc. Le aree ad alto rischio comprendono le sale operatorie, i locali di terapia intensiva, le rianimazioni, la
recovery room (degenza dopo intervento), le unità di terapia intensiva coronarica, i reparti per grandi
ustionati, la neonatologia, le unità operative per trapianti ecc.
Ognuna di queste aree include tipologie di vani aventi caratteristiche affini e modalità di intervento di
pulizia e/o sanificazione simili. I metodi di sanificazione sono adattati al grado di contaminazione
ambientale e ai livelli di carica microbica controllata stabilita. Per questa ragione, l’uso di sostanze
disinfettanti è riservato alle zone particolarmente a rischio (ad es., le sale operatorie) dove anche le
operazioni di pulizia vengono condotte con maggiore frequenza, il numero di persone e oggetti in transito
dovrebbe essere limitato e dove i degenti possono beneficiare di una massiva riduzione della carica
microbica, anche se temporanea. Sebbene i microrganismi contaminino molto frequentemente gli ambienti
e le strutture ospedaliere, per tale contaminazione non è in realtà documentata un’associazione alla
trasmissione di infezioni al paziente o al personale (Dancer SJ, Crawford A., J Hosp Infect, Dic 1999).
Pertanto, non dovrebbe essere opportuno fare sforzi particolari per disinfettare queste zone, mentre è
sempre raccomandata un’attenta detersione (Rampling A et al., J Hosp Infect, Ott 2001). La stessa
nebulizzazione dei disinfettanti viene considerata un metodo non utile per la decontaminazione dell’aria e
degli ambienti, e non viene quindi raccomandata.
Strategie di prevenzione dalle infezioni in ambito ospedaliero
La sicurezza e la protezione dei pazienti e degli operatori nei confronti dei rischi biologici poggiava, oltre
che su una completa dotazione strutturale e tecnologica, sulla convinta adesione di tutti a principi operativi
e a norme comportamentali corrette. La prevenzione delle infezioni del sito chirurgico (SSI, Surgical Site
Infections) è un problema rilevante e tuttora attuale, in quanto esse rappresentano una complicanza
importante e frequente dell’intervento chirurgico, con conseguenze anche gravi per la salute dei pazienti e
aumento dei costi, intesi come ospedalieri ed extraospedalieri. Tale problematica si inquadra in un ambito
più ampio, che include le Infezioni Ospedaliere (IO), vale a dire le infezioni contratte durante il ricovero in
ospedale e che non erano manifeste né in incubazione al momento dell’ammissione. Per convenzione, le
infezioni che si manifestano entro 48 ore dal ricovero sono considerate acquisite in ambito comunitario
(Community Acquired Infection), mentre quelle che si evidenziano dopo le 48 ore sono considerate
acquisite in ambito ospedaliero (Hospital Acquired Infection), a meno che non vi siano chiare indicazioni
sull’incubazione in atto al momento del ricovero.
Poiché l’infezione ospedaliera non è la semplice presenza di germi sul paziente (cute, cavo orale, feci) in
assenza di segni clinici, non sono oggetto di controllo delle infezioni ospedaliere i portatori sani di germi. I
motivi per cui la loro incidenza negli anni non si è ridotta sono legati all’evoluzione della tecnologia
biomedica e del trattamento terapeutico in ospedale, nonché all’incremento del numero di pazienti ad alto
rischio e alla maggiore diffusione di procedure invasive, insieme alla presenza di pazienti
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immunocompromessi e all’utilizzo massivo di antibiotici con l’insorgenza di resistenze (Dancer et al., CPD
Infect, 2002).
Per il paziente, l’acquisizione di un’infezione ospedaliera si traduce in malattia aggiuntiva; per il medico o
per l’infermiere, le IO possono invalidare l’efficacia del trattamento effettuato, mettere in discussione la
loro professionalità, renderli responsabili di un’aumentata morbosità o mortalità nei pazienti trattati. Per i
motivi esposti, a tutti i livelli, anche se con obiettivi ultimi diversi, la necessità di attuare interventi
preventivi mirati al contenimento delle IO dovrebbe rappresentare una meta comune e condivisa. Tuttavia,
al diffondersi delle condizioni che favoriscono l’insorgenza di infezioni nei pazienti ospedalizzati non sempre
hanno corrisposto azioni concertate ed efficaci di prevenzione. Possibili soluzioni spesso non si sono diffuse
nella pratica ospedaliera e, laddove i programmi di controllo avevano recepito questa possibilità, ci si è
scontrati con notevoli difficoltà di carattere gestionale-organizzativo o culturale che hanno in qualche modo
ostacolato l’attuazione questi programmi. La prevenzione dunque non dipende solo dall’applicazione di
misure, ma è necessario capire come queste possono essere usate in un contesto specifico e quali siano i
problemi che ostacolano il modificarsi di comportamenti individuali o delle condizioni organizzative.
Epidemiologia delle infezioni in ambito ospedaliero
Dal punto di vista epidemiologico, sono stati condotti diversi studi per valutare la prevalenza delle infezioni
in ambito ospedaliero, che presentano un’incidenza compresa fra il 5% e l’8%. Di queste, circa il 30% sono
prevedibili e potenzialmente evitabili.
La prevalenza delle infezioni per specialità indica che le aree che richiedono una sorveglianza
particolarmente attenta sono:
• patologia neonatale;
• cardio-neurochirurgia;
• chirurgia generale e d’urgenza;
• terapie intensive;
• oncologia;
• ortopedia.
Per quanto riguarda la localizzazione delle infezioni ospedaliere, il 30% circa interessa il tratto urinario, il
25% circa l’apparato respiratorio, il 14-16% circa le ferite chirurgiche, il 9% circa l’apparato
gastrointestinale. Meno frequenti, ma molto gravi, sono le infezioni sistemiche (sepsi e batteriemie;
Guideline for Prevention of Surgical Site Infection, 1999).
Poiché il trattamento di un’infezione di ferita chirurgica già in atto continua a essere per il medico un serio
problema nel post-operatorio, la prevenzione di questo tipo di infezioni resta oggetto di particolare
attenzione e rappresenta ancora la migliore forma di terapia per le infezioni delle ferite. Studi condotti negli
Stati Uniti collocano il costo medio di un’infezione chirurgica fra i 3000 e 7500 $, con un aumento medio
della degenza di 7 giorni.
Fattori di rischio
È noto da tempo che il paziente ospedalizzato per un tempo prolungato prima dell’intervento ha tassi di
infezione più elevati. Le ragioni non sono del tutto chiare: si può assumere in via speculativa che il
cambiamento della dieta e dell’attività fisica durante il ricovero ospedaliero pre-operatorio determini un
cambiamento della normale flora intestinale; allo stesso modo, situazioni patologiche non identificabili o
non correlate rendono necessaria una lunga degenza pre-operatoria.
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Lo stato di resistenza naturale del paziente alle infezioni è importante,
importante, dal momento che questa diminuisce
rapidamente in condizioni di stress. Il maggior stress psicologico, così
così come le procedure attuate nel corso
di un intervento chirurgico, possono danneggiare i meccanismi della resistenza immunitaria cellulo-mediata
c
in pochi giorni.
La tecnica chirurgica in grado di ridurre le infezioni della ferita deve poter essere effettuata:
effett
• curando in modo particolare l’incisione;
l
• mantenendo una emostasi efficace;
efficace
• prevenendo l’ipotermia;
tessuti
• riducendo il più possibile la manipolazione dei tessuti;
• usando correttamente drenaggi e materiale di sutura;
sutura
• utilizzando tecniche mininvasive.
Forme di anomalie congenite o acquisite della funzione immunitaria possono essere ugualmente
importanti. L’ingestione
ingestione regolare di quantità di alcool modicamente elevate può ridurre la quantità di
neutrofili, rendendo deficiente un importante elemento della protezione
protezione cutanea delle ferite e
incrementando il rischio di infezioni post-operatorie.
post
Una malnutrizione proteico-calorica, che si verifica
quando non si riceve un equilibrato apporto alimentare, riduce sia l’immunità
l immunità cellulare che, in alcuni casi, la
rispostaa dei neutrofili. Alterazioni delle condizioni metaboliche come il diabete o la malattia di Cushing
hanno ugualmente effetti sulla resistenza dell’ospite.
dell
Figura 1.. Fattori di rischio da considerare nella prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero.
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La preparazione della ferita
Il bersaglio principale sembrano essere i neutrofili. Le tecniche usate per preparare l’area delle ferite
chirurgiche (rasatura e depilazione) e il tempo che intercorre tra preparazione del sito e incisione della cute
sono eventi di provata importanza. Gli individui che vengono rasati molto prima dell’intervento hanno un
tasso di infezione delle ferite chirurgiche pulite doppio rispetto ai soggetti ai quali i peli vengono tagliati
subito prima di esso; in entrambi i casi, l’incidenza di infezione è più elevata rispetto ai pazienti sui quali
non viene messa in atto alcuna procedura di rimozione dei peli. In realtà, il ruolo della tricotomia – la
procedura di rimozione dei peli nella zona cutanea interessata dall’intervento chirurgico – nella riduzione
delle infezioni post-operatorie è solo presunto ma non provato. Quando la cute viene preparata, alcune ore
prima dell’intervento, le piccole lesioni che si verificano determinano il rischio di microascessi che possono
rappresentare i foci di successive infezioni cutanee nella zona adiacente alla ferita chirurgica. L’uso di
saponi antibatterici prima dell’intervento può ridurre il rischio di un’infezione della ferita, anche se non vi
sono dati univoci. Le infezioni delle ferite sono più frequenti in presenza di traumi o di malattie associate,
specialmente se si tratta di infezioni di altri distretti dell’organismo.
La durata dell’intervento
I tassi di infezione sono influenzati anche dalla durata
dell’intervento, così come è importante il tipo di intervento
effettuato, correlato alla possibilità di contaminazione
endogena o esogena. Per tale motivo, le misure preventive
andrebbero diversificate in caso di interventi puliti (bassa
probabilità di contaminazione endogena, rischio di
contaminazione esogena) o contaminati (alta probabilità di
contaminazione endogena pur persistendo il rischio di quella
esogena).
Nel primo caso, i fattori di rischio principali sono rappresentati:
• dalla durata della degenza pre-operatoria;
• dalla preparazione del paziente;
• dall’asepsi del campo operatorio e degli operatori;
• dalle misure di barriera.
Nel secondo caso è opportuno, insieme con la scrupolosa osservanza delle procedure applicate negli
interventi puliti, intervenire sulla tecnica operatoria, evitando le possibilità di infezione endogena. In molti
di questi casi è consigliabile anche adottare una chemioprofilassi antibiotica. Se dopo un intervento la ferita
è pulita ed asciutta, nell’arco di poche ore dall’intervento non è più soggetta all’aggressione da parte dei
microrganismi.
Operatori sanitari e ambienti chirurgici
Le mani degli operatori che partecipano all’intervento costituiscono probabilmente il maggior rischio per il
paziente nel caso in cui non vengano adeguatamente lavate secondo dei protocolli. L’antisepsi delle mani
degli operatori, la sicurezza dell’ambiente operatorio, la correttezza dei comportamenti (disciplina degli
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accessi alla sala operatoria, numero degli operatori presenti), la preparazione dell’equipe chirurgica, la
chiusura delle porte della sala operatoria durante l’intervento e il rispetto delle norme igieniche sono
fattori strettamente correlati alla possibilità di sviluppare infezioni della ferita chirurgica. Nell’individuare le
misure preventive delle infezioni del sito chirurgico bisogna considerare diversi aspetti.
Le prime considerazioni riguardano le norme di comportamento del personale, specie quando accede al
reparto operatorio. Tale accesso deve essere consentito solo al personale autorizzato e deve avvenire
attraverso la zona filtro, in cui devono essere indossati abiti idonei con copricapo e mascherina. Il personale
affetto da lesioni o dermatiti essudative non deve assistere il paziente o venire a contatto con attrezzature
per l’assistenza al paziente fino ad avvenuta guarigione. L’obiettivo di utilizzare abbigliamento specifico per
il reparto operatorio è impedire il trasferimento di germi al sito chirurgico e, nel contempo, proteggere il
personale dall’esposizione a sangue e patogeni trasmissibili per via ematica.
Cute e mucose esposte disperdono infatti microrganismi nell’ambiente. È stato calcolato che un individuo
disperde nell’aria circa 5000 scaglie cutanee al minuto e che su ogni scaglia si possono trovare 5 batteri.
L’abbigliamento specifico – che svolge funzioni barriera – prevede pantaloni lunghi, casacca, calzature,
copricapo e mascherina. Il personale sanitario nella zona filtro, dopo aver lasciato orologi, anelli ecc., deve
lavarsi le mani. Deve essere vietato uscire dal reparto operatorio indossando la divisa di sala. La mascherina
chirurgica ha una duplice funzione: evitare la contaminazione del campo operatorio con le secrezioni
dell’operatore e proteggere quest’ultimo dal contatto con il materiale biologico del paziente. Questa
mascherina deve essere di tessuto-non-tessuto a triplo strato e indossata in modo da coprire
completamente bocca e naso. Anche il copricapo deve garantire questi scopi.
Abbigliamento e guanti
L’abbigliamento, oltre ad avere funzioni barriera, deve assicurare confort termico e garantire una buona
mobilità. Durante l’intervento chirurgico, il numero di persone presenti in sala, i loro movimenti e la
conversazione sono da contenere al massimo. Infatti, il livello di contaminazione microbica nell’aria delle
sale operatorie è direttamente proporzionale al numero di persone che si muovono nella stanza. Nel corso
dell’intervento, le porte della sala operatoria devono rimanere chiuse.
Dopo il contatto con materiali potenzialmente contaminati, i guanti devono essere sostituiti, previo
lavaggio delle mani. Per ogni intervento devono essere disponibili uno o più kit di strumenti sterili. Prima
dell’intervento, personale sterile deve disporre il contenuto del kit e l’eventuale materiale aggiuntivo sui
tavoli servitori e coprirli subito con teli sterili.
I materiali e gli strumenti
I materiali contenuti in buste sterili devono essere serviti e non fatti cadere sul campo sterile. Il materiale
sterile non deve essere immagazzinato, neppure provvisoriamente, insieme a quello non sterile. Le
confezioni sterili devono essere collocate in uno spazio a ciò riservato e protetto. Strumenti e altro
materiale chirurgico sporco utilizzato durante l’intervento, in attesa di essere inviato al lavaggio, e alla
successiva sterilizzazione, deve essere collocato in un apposito recipiente contenente un prodotto
disinfettante. La sterilizzazione viene attuata servendosi della metodica più idonea ai vari tipi di strumenti.
In casi particolari si può attuare la sterilizzazione flash, che prevede tempi di esposizione dello strumentario
brevi e assenza del ciclo di asciugatura; con questo sistema, gli strumenti non vengono confezionati o sono
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riposti in contenitori privi di filtro e, a fine ciclo, risultano molto caldi e ancora umidi. Occorre eseguirla in
prossimità del luogo di utilizzo, nonché usare lo strumentario immediatamente e in maniera asettica.
Altri fattori di rischio
L’uscita dal blocco operatorio, che avviene attraverso la zona filtro, comporta l’esecuzione di manovre di
svestimento, depositando tutto ciò che era stato indossato precedentemente. Per ciò che riguarda le
misure rivolte al paziente in caso di intervento di elezione, è indicato far effettuare una doccia quanto più
possibile a ridosso dell’intervento.
A proposito di tricotomia, argomento a cui si è accennato in precedenza, si ribadisce comunque che la
prassi migliore sarebbe quella di non effettuare affatto la rasatura se i peli non interferiscono con l’area di
incisione chirurgica.
Prima dell’antisepsi del sito chirurgico, è necessario pulire la cute per rimuovere ogni eventuale traccia di
sporco. Successivamente, con un tampone di garza sterile e con movimenti concentrici, si applica un
prodotto antisettico nella zona di incisione e su quella circostante. Il disinfettante deve essere lasciato agire
per il tempo necessario ad esercitare la sua azione. Si deve avere cura che la cute non rimanga umida e che
non vi siano raccolte di liquido nelle pieghe e sotto i punti di appoggio del paziente sul tavolo operatorio. La
zona preparata deve essere più ampia possibile per consentire al chirurgo, se necessario, di estendere
l’incisione o creare un sito di drenaggio. Le altre parti del corpo devono essere ricoperte con teleria sterile.
I pazienti affetti da malattie infettive trasmissibili rappresentano un problema sia per il paziente stesso che
per gli operatori. Di volta in volta, a seconda del tipo di malattia infettiva, dovranno essere adottate
precauzioni atte a evitare il contagio (ad es., maschere facciali, personale ridotto al minimo, personale
vaccinato, ecc.). Per il controllo delle infezioni nel blocco operatorio, si sottolinea l’importanza di un
ambiente pulito essendo il rischio di contrarre infezioni proporzionale alla carica microbica. Questa è
progressivamente crescente procedendo dal soffitto al pavimento; le superfici orizzontali (pavimenti e
arredi) sono inoltre generalmente più contaminate di quelle verticali.
Bibliografia
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Dancer SJ, Crawford A. Keeping MRSA out of a district general hospital. J Hosp Infect. 1999 Dec;43
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Dancer SJ. Hospital-acquired infection: is cleaning the answer? CPD Infect 2002; 3: 40–46.
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Raitano A, Curti C, Anolini G. Igiene e disinfezione nelle strutture ospedaliere. Milano, Kappadue,
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Rampling A et al. Evidence that hospital hygiene is important in the control of methicillin-resistant
Staphylococcus aureus. J Hosp Infect. 2001 Oct;49(2):109-16.
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Modulo 2. Tecniche e strategie per la sanificazione degli ambienti
ospedalieri
Obiettivi formativi
Al termine del modulo didattico, il discente sarà in grado di:
• identificare e valutare i passaggi fondamentali in un corretto processo di sanificazione
dell’ambiente ospedaliero;
• conoscere le tipologie di prodotti ideali per procedere alla sanificazione degli ambienti e dello
strumentario in un comparto operatorio;
• comprendere i benefici della sanificazione dell’ambiente ospedaliero sia per i pazienti che per il
personale coinvolto.
La sanificazione degli ambienti ospedalieri
Con il termine “contaminazione” si intende la presenza di uno o più agenti infettivi su superficie corporea,
indumenti, effetti letterecci, strumenti o altre sostanze alimentari. La pulizia equivale alla rimozione
meccanica dello sporco con acqua, con o senza detergente.
Nel reparto operatorio deve essere garantito un elevato livello igienico: al suo interno, in rapporto al livello
di rischio, è possibile individuare tre aree:
• area pulita (zona preanestesia, zona risveglio, recovery room, zona di lavaggio chirurghi, corridoio
pulito, depositi puliti);
• area a bassa carica microbica (sala operatoria);
• area contaminata (zona filtro, lavaggio dello strumentario, deposito sporco, spogliatoi).
Nella sanificazione dell’ambiente della sala operatoria, per l’ottimizzazione del servizio hanno molta
importanza la scelta, le modalità d’uso e la conservazione sia dei prodotti sia delle attrezzature utilizzate.
I detergenti
I detergenti sono combinazioni di sostanze chimiche che aumentano l’azione pulente dell’acqua
rimuovendo lo sporco dalle superfici senza rovinarle e senza causare danni a chi le usa. Sono composti da
agenti tensioattivi ed emulsionanti, agenti sequestranti e vari sali per il controllo del pH. Questi agiscono –
in funzione dell’azione meccanica, dell’agente chimico, del tempo di contatto e della temperatura – su
diverse variabili:
• diminuendo la tensione superficiale;
• ammorbidendo lo sporco;
• aumentando la penetrazione negli interstizi tra superfici e sporco;
• emulsionando oli e grassi;
• facilitando l’azione del disinfettante successivo.
Il meccanismo di azione dei detergenti è quindi chimico-fisico, differenziandosi dai prodotti che agiscono
attraverso un processo soltanto chimico, che può essere ossidativo (ipocloriti o cloriti), riduttivo (idrosolfito
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di sodio) oppure idrolizzante (preparati enzimatici di recente uso). Questi prodotti sono considerati
indispensabili per una corretta e completa azione di pulizia e ne fanno parte integrante. In funzione del loro
impiego, i detergenti possono essere indicati come detersolventi, detergenti acidi e disincrostanti,
detergenti fortemente alcalini, deceranti, detergenti combinati con cere (“lavaincera”), prodotti per la
pulizia a secco con monospazzola.
I detergenti più utilizzati in sala operatoria sono:
• detergenti neutri caratterizzati da una discreta aggressività chimica sulle molecole dello sporco.
Non lasciano residui e vengono utilizzati su superfici lucide;
• detergenti sgrassanti caratterizzati da pH alcalino, che contrasta la natura chimica acida dei grassi.
Vengono usati nei lavandini e sanitari in genere;
• detergenti acidi disincrostanti caratterizzati dall’azione dell’acido che reagisce con carbonati e
ossidi di calcio, magnesio e ferro presenti negli sporchi inorganici.
I detergenti utilizzati, oltre a essere efficaci, devono sempre soddisfare alcune condizioni, quali:
• non intaccare le superfici da pulire;
• essere atossici;
• non emanare eccessive esalazioni;
• costituire possibile causa di disagio per l’operatore;
• assicurare un pH desiderato;
• esercitare un effetto tampone;
• essere eliminabili con il semplice risciacquo;
• essere biodegradabili;
• esercitare un’eventuale azione biocida;
• avere una buona economicità di gestione.
Quando si procede alle operazioni di pulizia, è bene tenere presente la natura dello sporco da eliminare e il
tipo di superficie da trattare, dal momento che questi fattori condizionano la scelta del detergente da
utilizzare.
I prodotti usati per la disinfezione devono essere efficaci verso i microrganismi che più frequentemente
causano infezioni e, allo stesso tempo, privi di tossicità. La disinfezione deve essere sempre preceduta da
un’accurata detersione. Il disinfettante deve avere le seguenti caratteristiche:
• ampio spettro di azione;
• elevato potere di penetrazione;
• assenza di tossicità;
• assenza di potere irritante per i materiali e di capacità di sensibilizzazione;
• attività anche in presenza di materiale organico;
• facilità di applicazione;
• azione rapida e mantenuta per lungo tempo;
• economicità.
I disinfettanti devono essere usati attenendosi alle indicazioni d’uso, in particolare rispettando le
concentrazioni consigliate e i tempi di contatto. Non devono, infine, essere miscelati fra loro e devono
essere conservati in contenitori a tenuta, ben chiusi al riparo da luce e calore.
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Raccomandazioni per prodotti e attrezzature
Tutti i prodotti utilizzati devono essere in linea con le vigenti normative nazionali e comunitarie e devono
essere completi di scheda tecnica e di sicurezza. Nei criteri di scelta si dovranno sempre valutare la
sicurezza, l’accettabilità da parte degli operatori e i costi.
I materiali utilizzati per le pulizie degli ambienti, al termine del servizio, devono essere trattati nel seguente
modo:
• mollettoni, frange, panni per la polvere – se riutilizzabili – vanno chiusi in appositi sacchi, che li
rendano identificabili se riservati a specifiche aree di settore, sottoposti a lavaggio in lavatrice a
70°C o con cloro elettrolitico e successivamente conservati in ambienti asciutti, puliti e ben
arieggiati;
• scope, manici mop, serbatoio per gli spazzoloni, secchi e carrelli vanno lavati con soluzione
detergente, disinfettati con un panno precedentemente impregnato con soluzione disinfettante e
asciugati con panno pulito, ponendo particolare attenzione a quelli utilizzati nelle aree a bassa
carica microbica;
• le attrezzature necessarie per espletare i servizi devono anch’esse rispondere alle norme vigenti in
materia.
Tutte le macchine per la pulizia degli ambienti (aspirapolvere, aspiraliquidi, lavasciuga, lucidatrici,
idropulitrice) devono essere munite di marcatura CE, essere conformi a quanto stabilito dal DPR 459 del 24
Luglio 1996 e dal D.Lgs. del 9 aprile 2008, n. 81, essere fornite di schede tecniche e di sicurezza, ed essere
adeguatamente lavate, disinfettate e depositate in ambienti dedicati puliti al termine del loro utilizzo.
Operatore addetto al servizio di pulizia
In sala operatoria, tutte le metodologie di pulizia devono diventare un’azione igienistica che utilizza metodi,
nozioni e sistemi della disciplina a cui si ispira. Tutto il personale coinvolto, pertanto, deve essere
adeguatamente addestrato per mezzo di corsi di formazione relativi a procedure operative convalidate e su
argomenti riguardanti la modalità di esecuzione del servizio, la prevenzione dei rischi derivanti dal servizio
stesso, nonché il corretto uso dei dispositivi di protezione individuale. Nello svolgimento dell’attività, il
personale operativo addetto al servizio deve indossare abbigliamento adeguato.
Tecniche operative
Pulizia dei pavimenti e disinfezione delle superfici
Questa viene eseguita per asportare la polvere e ridurre il successivo
deposito. Nelle aree pulite, iniziare l’azione dai bordi del locale,
proseguire verso il centro avendo cura di non sollevare la frangia o il
lamello dal pavimento e infine dirigersi verso l’uscita dei locali come se si
tracciasse una S, convogliando lo sporco fuori. Per la sala operatoria, nella
pulizia a umido usare garze monouso impregnate o scope a frange
impregnate, sostituire la garza ogni 25 metri quadrati di superficie, e
comunque a ogni stanza, anche se avente una superficie minore. Buttare
la garza.
Nel blocco operatorio e nelle aree a bassa carica microbica sono previste
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anche alcune tecniche operative specifiche, come la detersione e disinfezione delle superfici verticali e
orizzontali: nebulizzando dapprima il detergente su un panno e partendo dalla base, si interviene su
lampade scialitiche, interruttori, tavolo madre, arredamenti porte e infissi. Successivamente, si ripete
l’intervento utilizzando i disinfettanti.
La detersione e disinfezione di arredi e attrezzature avviene sempre in sala operatoria e si attua
sgombrando le superfici e rimuovendo completamente tutti gli oggetti ove presenti, quindi detergendo e
disinfettando con panno monouso; quindi, si riposiziona tutto al proprio posto facendo passare, se dotati di
ruote, gli arredi su un panno imbevuto di soluzione disinfettante posto sulla soglia.
Detersione e disinfezione del letto operatorio. Con un panno monouso, asportare con azione circoscritta
l’eventuale materiale organico,detergere la superficie, disinfettare a superficie asciutta.
Lavaggio manuale e disinfezione dei pavimenti. Usare la mop imbevuta di soluzione detergente e
frizionare con metodo a umido nei punti critici (angoli, ecc.) lavando la superficie e iniziando lungo il bordo
perimetrale della stanza e intorno alle basi degli arredi non rimovibili, dirigendosi quindi verso l’interno e
retrocedendo successivamente verso l’uscita. Assicurarsi che la mop aderisca bene al pavimento e che sia
ben risciacquata. Si raccomanda di rispettare il tempo di contatto quando si passa all’uso del disinfettante.
Il personale dovrebbe seguire delle raccomandazioni comportamentali durante queste operazioni. In primo
luogo, proteggere le mani con guanti monouso, indossare i dispositivi di protezione individuale, rispettare
le diluizioni in quanto, se imprecise, possono determinare danni quali dermatiti, usura del materiale
trattato e un aumento dei costi di gestione per l’azienda. Quindi, fare sempre seguire alla detersione il
risciacquo e l’asciugatura (la maggior parte dei microrganismi è rapidamente neutralizzata
dall’essiccamento). Infine, iniziare a pulire dalla zona meno sporca a quella più contaminata e impiegare
attrezzature pulite, in quanto un dispositivo, dopo l’uso, può, una volta riusato, ridistribuire molti più germi
di quelli che ha raccolto, poiché l’umidità e la temperatura ambiente creano le condizioni ottimali per una
rapida moltiplicazione batterica.
Smaltimento dei rifiuti sanitari
I rifiuti prodotti all’interno di un reparto operatorio – analogamente a quanto accade in altri settori
dell’ospedale – sono classificati in (vedi Figura 1):
• rifiuti non pericolosi (bende, gessi, teleria monouso o inutilizzabile a causa della scadenza o della
perdita di sterilità per danneggiamento);
• rifiuti assimilabili agli urbani (rifiuti derivati dai pasti, vetro, carta, cartone, plastica da conferire
negli ordinari circuiti di raccolta differenziata);
• rifiuti pericolosi non a rischio infettivo (prodotti chimici e liquidi di laboratorio). Sono rifiuti a
rischio chimico per i quali le operazioni di manipolazione e raccolta devono avvenire mantenendo
la separazione dei rifiuti medesimi per tipologie omogenee, evitando la miscelazione di diverse
categorie di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi e assicurando il rispetto delle compatibilità;
• rifiuti pericolosi a rischio infettivo. Sono quelli che presentano un rischio biologico, nonché gli
oggetti e i materiali venuti a contatto con sangue oppure materiale biologico infetto o presunto
tale. Tutti i rifiuti a rischio infettivo devono essere smaltiti nei doppi contenitori con appropriata
dicitura e il simbolo del rischio biologico. I rifiuti taglienti (aghi, siringhe, bisturi monouso) devono
essere eliminati, evitando con cura ogni manipolazione, negli appositi contenitori rigidi, riportando
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•
l’opportuna
opportuna dicitura e quindi smaltiti, con l’intero
l intero contenitore, nei contenitori per rifiuti
rif
a rischio
infettivo succitati;
rifiuti che richiedono particolari modalità di smaltimento (organi e parti anatomiche non
riconoscibili).
I rifiuti devono essere raccolti e smaltiti in contenitori specifici per la diversa tipologia (D.L.
(
3 Aprile 2006 n°
152 e D.M. 26 Giugno 2000 n° 219).
). Tutti i contenitori per rifiuti pericolosi,
pericolosi prima di essere allontanati dal
luogo di produzione, devono essere identificati attraverso l’indicazione
l
dell’unità
unità produttiva e della data di
chiusura del contenitore medesimo. È vietata qualsiasi successiva cernita o manipolazione dei tessuti.
Figura 1. Le tipologie di rifiuti sanitari
La pulizia dello strumentario
Il processo di pulizia dello strumentario, dalla cui accuratezza dipende l’efficacia
l efficacia del risultato del
trattamento di sterilizzazione, inizia subito dopo il suo utilizzo già presso la sala operatoria con il processo
di decontaminazione (Raitano A et al., 2002). La decontaminazione, da effettuarsi prima del lavaggio
mediante immersione in idoneo mezzo, come recita il D.L. 626/94,
626/94 oltre a essere una delle misure di
sicurezza per il rischio infettivo,
ettivo, contribuisce a un primo abbattimento della carica microbica. La procedura
della decontaminazione nasce ancora prima,
prima con l’emanazione del D.M. 28/09/1990 il quale, all’art. 2,
recita sinteticamente che i presidi riutilizzabili debbono,
debbono dopo l’uso, essere immediatamente immersi in un
disinfettante in grado di essere efficace
ficace nei confronti di virus (HIV)
(HIV) prima delle operazioni di smontaggio o
pulizia da effettuare come preparazione
zione alla sterilizzazione.
Gli strumenti devono essere collocati,
collocati senza lasciarli cadere, nel box contenente il liquido disinfettante,
avendo cura di aprire quelli articolati (forbici, pinze). Glili strumenti per la microchirurgia devono essere
sistemati su apposite griglie di drenaggio. Gli strumenti chirurgici le cui caratteristiche tecniche impongono
lo smontaggio o la manipolazione devono essere preventivamente sottoposti a decontaminazione. La
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disinfezione è ad alto livello per i processi che richiedono l’inattivazione di tutti i microrganismi, compresi i
virus B, C, HIV e bacillo tubercolare, con la sola eccezione delle spore batteriche. La disinfezione a livello
intermedio, intesa come intervento antimicrobico e ad ampio spettro, è indicata in assenza di spore, virus e
bacillo tubercolare. Quest’ultimo ha elevata resistenza ai disinfettanti perché spesso è protetto da substrati
proteici di muco o di altro materiale organico. È importante che residui di antisettici o di soluzione
fisiologica non vengano versati all’interno della soluzione decontaminante, poiché potrebbero intaccare gli
strumenti o provocare fenomeni di corrosione. Le caratteristiche del principio attivo del prodotto
decontaminante devono essere di efficacia nei confronti di agenti che si identificano come fonte di rischio
biologico e di compatibilità con i materiali da trattare. Gli strumenti devono essere immersi in soluzioni a
base di cloro, a base di PVP 2,5-10%, a base di clorexidina 4%, a base di fenoli al 2%.
I tempi di immersione dei presidi non devono essere inferiori ai 30’. Nella realtà operativa vi sono delle
variabili che possono incidere sul risultato finale di disinfezione, pertanto occorre sempre prevedere un
margine di sicurezza. Come conseguenza, si precisa che nella prevenzione delle infezioni è necessario
effettuare solo interventi di sicura efficacia, che garantiscono la qualità della prestazione, un corretto
equilibrio fra beneficio e rischio e che consentono di raggiungere l’obiettivo fissato con efficienza.
Quando si prendono decisioni che possono avere un impatto sulla persona, queste devono essere
effettuate in base alle migliori prove di efficacia disponibili: ciò consente di ottenere risultati migliori.
Sottolineato lo stretto rapporto fra microrganismi, rischio infettivo e disinfettanti riguardo al meccanismo
di azione e le cause inibenti, deve essere deciso quali disinfettanti usare, quando e come.
Vi sono alcune norme che devono essere osservate nell’uso:
• buona conservazione del prodotto;
• corretta concentrazione d’uso consigliata;
• tempo di contatto;
• sanificazione preliminare dello strumento.
Una modalità può essere quella di una stesura di protocolli che a scadenze programmate vengano verificati
e modificati in base alle evidenze scientifiche.
I disinfettanti
I disinfettanti sono classificati in base al livello di attività. Quelli definiti di basso livello sono efficaci su virus
liofili, forme vegetative di batteri e alcuni funghi. Quelli di livello intermedio sono efficaci su batteri
vegetativi, virus, funghi e batterio della tubercolosi. Quelli di alto livello mostrano efficacia su tutti i microbi
eccetto le spore presenti in carica elevata. Gli sporicidi sono efficaci su tutto lo spettro microbico,
comprese le spore batteriche. Da questo emerge che i disinfettanti hanno azione battericida, virucida e
sporicida. Un punto di riferimento per gli operatori è la classificazione di Spaulding (1968), che tiene conto
del rischio di possibile infezione. Egli riteneva che il tipo di disinfezione da effettuare potesse essere deciso
più celermente se gli strumenti fossero suddivisi in tre categorie in base al rischio di infezione connesso al
loro uso: strumenti critici, semicritici e strumenti non critici.
1. Alla prima categoria appartengono strumenti chirurgici, aghi, protesi o comunque tutti quelli che
penetrano nei tessuti sterili e che devono essere sterili e mantenuti tali fino al loro utilizzo.
2. Alla seconda categoria appartengono quelli che vengono a contatto con mucose o con la cute non
integra (attrezzature per l’anestesia). Gli strumenti che fanno parte di questa categoria richiedono
un alto grado di disinfezione, anche se la sterilizzazione a vapore per gli strumenti che possono
essere sterilizzati offre più margine di sicurezza.
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3. Gli strumenti non critici vengono
vengono a contatto con la cute integra e non con le mucose. Rientrano in
questo gruppo padelle e bracciali per la misurazione della pressione arteriosa. Per questa categoria
il rischio di infezioni può dipendere anche dalla contaminazione delle mani da parte dell’operatore.
del
La classificazione dei livelli di attività dei disinfettanti prende in considerazione le categorie seguenti.
• Alto livello:: si raccomandano per tutti gli strumenti critici e semicritici. Importante è il tempo di
contatto >20 min (gluteraldeide,
(gluteraldeide cloroderivati, perossido di idrogeno).
• Livello intermedio:: devono inattivare i normali batteri vegetativi, virus e funghi. Non è richiesta
l’azione
azione sporicida (alcoli, polifenoli, iodoformi).
• Basso livello:: devono uccidere rapidamente i batteri in forma vegetativa e i funghi (sali di ammonio
quaternario).
infermiere deve valutare caso per caso cosa è meglio e indicato per la sicurezza del paziente. Il ricambio
L’infermiere
dei prodotti disinfettanti è consigliato ogni 24 ore o quando sono visibilmente alterati. Al termine del
periodo di immersione, il contenitore con i materiali trattati viene avviato alla
alla successiva fase di lavaggio.
La detersione dello strumentario
La detersione dello strumentario rappresenta un processo cruciale al fine di prevenire le infezioni e per un
efficace trattamento di sterilizzazione, poiché contribuisce ad abbattere un’alta
un alta percentuale di carica
batterica e a rimuovere il materiale organico che potrebbe costituire una barriera all’agente
all
sterilizzante.
L’area di lavaggio deve essere dedicata
dicata e fisicamente separata da quella di confezionamento.
Come descritto nel corso sulla gestione dello strumentario chirurgico e dei dispositivi medicali,
medicali la procedura
di lavaggio dello strumentario può essere manuale, meccanica o in vasca a ultrasuoni (Figura 2).
Figura 2. Procedure di lavaggio dello strumentario
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Lavaggio manuale
La soluzione per il lavaggio deve essere preparata alle concentrazioni indicate dalla casa produttrice e
sostituita giornalmente, o anche più frequentemente in caso sia stato trattato strumentario sporco. Gli
operatori addetti a questo trattamento devono essere dotati di idonei dispositivi di sicurezza. L’utilizzo
della stessa soluzione per tempi più lunghi può comportare alcuni inconvenienti quali la riduzione
dell’efficacia della soluzione, il rischio di corrosione a causa della massiva presenza di materiale organico o
dell’aumento della concentrazione conseguente all’evaporazione del liquido nel quale il principio attivo è
stato disciolto.
Se si fa uso di un prodotto in polvere, si deve avere l’accortezza di verificare che si sia completamente
diluito, poiché eventuali particelle residue possono modificare la superficie degli strumenti e ostruire quelli
a lume stretto. Nel lavaggio manuale ci si avvale di panni morbidi, che non rilasciano fili, di spazzole
sintetiche e di apposite pistole. Non devono assolutamente essere usate spazzole metalliche.
Dopo la pulizia con la soluzione detergente si deve procedere a un risciacquo accurato e protratto sotto
l’acqua corrente. L’ultimo lavaggio deve essere effettuato con acqua demineralizzata. Questo
accorgimento, unitamente a un’immediata e completa asciugatura, evita il formarsi di macchie sulla
superficie degli strumenti. Meglio ancora se l’asciugatura avviene con l’ausilio di aria compressa che
consente di fare questa operazione in modo efficace e delicato al tempo stesso.
Il lavaggio manuale può comportare danni di tipo meccanico conseguenti all’utilizzo di spazzole troppo
rigide, all’impiego di detergenti molto aggressivi, alla caduta e all’urto degli strumenti. Particolare
attenzione deve essere posta alla cura di tutti gli accessori utilizzati per la pulizia . Al termine dell’attività di
lavaggio, al fine di evitare contaminazioni che potrebbero inficiare i successivi passaggi, gli strumenti
devono essere adeguatamente detersi e conservati in idonei luoghi.
Lavaggio meccanico
Il lavaggio meccanico consente un processo di pulizia standardizzato e controllato e riduce sensibilmente il
rischio di esposizione degli operatori agli agenti biologici. Questo utilizzo rende più razionale il lavoro nelle
diverse unità operative, poiché riduce la manipolazione. Le apparecchiature devono essere validate
(garanzia di funzionamento e di risultato atteso), le lavaferri devono dare un prodotto con un valore medio
di bioburden – vale a dire la stima quantitativa del numero di microrganismi vivi in un prodotto medicale
prima della sterilizzazione – di 102.
Queste devono avere le seguenti caratteristiche:
• trattamento a temperature di disinfezione (90°);
• processi di disinfezione e sanificazione eseguiti a circuito chiuso;
• tempi di lavaggio e disinfezione idonei ai processo di lavoro, ma soprattutto ai risultati.
Al fine di non compromettere il trattamento nella lava strumenti, è indispensabile che qualunque sostanza
utilizzata per il lavaggio venga accuratamente risciacquata. A tale scopo, per facilitarne la rimozione è
consigliabile utilizzare un prodotto poco schiumogeno. È importante che i cestelli e gli eventuali supporti di
fissaggio della macchina vengano caricati correttamente. A tal fine è necessario disporre gli strumenti
aperti, e quelli disassemblati, non sovraccaricando i cestelli per agevolare la fase di risciacquo. Disporre
inoltre gli strumenti cavi in posizione inclinata, avvalendosi di specifici supporti per consentire all’acqua di
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fluire correttamente. Disporre gli strumenti in maniera tale che siano esposti al trattamento di lavaggio e
che non vi siano zone di sovrapposizione fra loro.
La detersione con un prodotto a pH neutro e l’uso di acqua demineralizzata per il risciacquo, che
costituiscono una raccomandazione di carattere generale per preservare in buone condizioni lo
strumentario, consentono anche che eventuali componenti in alluminio anodizzato colorate vadano
incontro a un processo di decolorazione. Al termine del ciclo di lavaggio, il materiale deve essere
immediatamente estratto dalla lavastrumenti in modo da evitare che l’umidità residua possa innescare
fenomeni di corrosione.
Per il lavaggio meccanico esistono sia metodi di disinfezione termica che metodi di disinfezione
termochimica. In genere, se lo strumento è in grado di sopportare la temperatura di esercizio è preferibile il
procedimento termico, in quanto l’azione meccanica di pulizia e la temperatura elevata sono sufficienti a
garantire un buon abbattimento della carica batterica. Nella disinfezione termica è prevista anche una fase
di neutralizzazione con un prodotto a base acida il quale, oltre ad abbattere eventuali residui di detergente
alcalino, evita il formarsi di una patina sugli strumenti.
La disinfezione termochimica avviene a una temperatura di 60°, con l’impiego di un disinfettante idoneo a
un’adeguata concentrazione per un opportuno tempo di contatto indicato dalla ditta fornitrice.
Lavaggio meccanico con ultrasuoni
Il lavaggio meccanico con ultrasuoni consente un’adeguata pulizia delle superfici che sono difficilmente
raggiungibili – a causa della presenza di interstizi o fessure – con i precedenti metodi. Nel trattamento a
ultrasuoni, le vibrazioni si propagano uniformemente in tutto il volume della vasca e formano onde di
compressione e decompressione che danno origine a microbollicine (cavitazione), le quali implodono
raggiungendo pressioni fino a 1000 bar. Questo fenomeno genera sulle superfici da pulire un’azione
meccanica di asportazione dello sporco a livello molecolare. Le accortezze che si devono adottare sono
simili alle precedenti: bisogna porre attenzione alla temperatura del liquido di immersione, che deve essere
compresa fra 40-50 °C per favorire la detersione. Temperature superiori possono infatti fissare eventuali
residui ematici.
Il lavaggio a ultrasuoni non è adatto per sistemi a motore, sistemi ottici, endoscopi flessibili.
Asciugatura
Qualsiasi sistema di lavaggio sia stato adottato, la fase di asciugatura riveste un’importanza particolare al
fine di non inficiare il successivo processo di sterilizzazione, sia esso tramite vapore saturo, ossido di etilene
o gas plasma. L’asciugatura deve essere effettuata con l’ausilio di aria compressa.
Nelle lavastrumenti, la procedura può essere automatizzata attraverso il ciclo specifico. Prima di sottoporre
lo strumentario al processo di sterilizzazione, esso deve essere controllato al fine di verificarne la pulizia,
l’integrità e il funzionamento. A un controllo visivo macroscopico gli strumenti non devono presentare
residui. D’altra parte, maggiore accuratezza richiedono i controlli di impugnature, snodi, dentature e altre
zone critiche. Il trattamento di pulizia andrà ripetuto in tutti gli altri casi in cui non si siano riscontrate
condizioni soddisfacenti.
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Il sistema di tracciabilità
La tracciabilità dello strumentario è parte integrante di un
sistema gestionale volto alla qualità totale e in linea con le
norme legislative. Si configura come un indicatore fondamentale
per il paziente, garanzia di sicurezza e qualità delle prestazioni
ricevute. Attraverso la tracciabilità è infatti possibile seguire
l’intero ciclo di uno strumento dal momento della sua
acquisizione fino al suo utilizzo, così come gli interventi di
manutenzione o di riparazione.
Il sistema di tracciabilità deve essere esteso alla gestione di tutti
i processi ad esso collegati. In ognuna delle fasi è possibile
risalire all’operatore che è intervenuto sul kit: in tal modo, tutte
le procedure possono essere effettuate in maniera documentata
e in trasparenza e si è in grado di offrire al paziente un servizio di
qualità e in sicurezza. Un aspetto da non sottovalutare è
l’opportunità, che tale sistema offre alla struttura sanitaria che lo ha adottato, di dimostrare, in caso di
contenzioso, di aver operato in conformità con la normativa e di supportare una linea di difesa. Un
programma di tracciabilità può essere quello di avvalersi di un sistema manuale con un supporto meccanico
costituito da una etichettatrice che consente di inserire i dati in maniera automatica e di applicare le
etichette in modo rapido e agevole.
I dati essenziali che devono essere tracciati sono:
• l’operatore che ha effettuato il ciclo di sterilizzazione;
• il codice identificativo dell’autoclave;
• il numero di carico/lotto;
• il ciclo di sterilizzazione;
• la data e la scadenza;
• l’unità operativa.
Infine, ciò da cui non si può prescindere è la corretta e sistematica raccolta e conservazione di tutta la
documentazione riguardante i grafici o le stampe dei cicli di lavaggio, dei cicli di sterilizzazione, dei cicli di
convalida e delle prove biologiche effettuate sulle sterilizzatrici.
Il processo di sanificazione nel contesto del piano di qualità
Il processo di sanificazione deve essere inserito in un piano di qualità definito e articolato. Il piano deve
contenere un inquadramento generale e specifici progetti atti a realizzare le diverse attività ricomprese nel
servizio di pulizia secondo le specifiche necessità dell’organizzazione. Il servizio deve articolarsi in:
• programmazione e progettazione;
• esecuzione;
• monitoraggio e controllo dei risultati.
Per ognuno di questi programmi, il piano della qualità deve individuare le responsabilità, le procedure, i
moduli, le istruzioni operative, le tecniche di esecuzione e i programmi per i controlli. Oggi, con
l’aziendalizzazione sanitaria nazionale, è sempre più forte l’esigenza di definire un protocollo di gestione dei
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servizi di sanificazione, specie delle sale operatorie, che derivi dalle linee guida per l’attività di pulizia e
disinfezione degli ospedali e che comprenda le procedure di erogazione e di controllo. Queste devono
stabilire un insieme di indicazioni, prescrizioni, metodi su come un sistema di erogazione di servizi di
sanificazione debba essere gestito e controllato, al fine di garantire il miglior rapporto possibile tra livello di
servizio erogato e costi complessivi sostenuti, con piena soddisfazione di tutti.
Le pratiche di sanificazione così come precedentemente trattate possono essere organizzate in forma di
procedure di erogazione in cui si correlino tutti i diversi aspetti che li caratterizzano. A seconda che
l’ambiente sia considerato a basso, medio o alto rischio infettivo, vengono diversificati i tipi di intervento, la
loro sequenza e la loro frequenza (settimanale/mensile/annuale). La scelta delle procedure di erogazione
da utilizzare dipende, oltre che dalle tipologie dell’area di intervento, anche da una serie di fattori
variamente combinati: programmazione temporale degli interventi, dimensione dei locali, caratteristiche
strutturali delle singole aree, natura dei materiali e delle superfici da trattare, addestramento del
personale, attrezzature e materiali impiegati e loro gestione. Le informazioni ricavabili sono utili data la
sempre maggiore tendenza ad appaltare a terzi i servizi collegati nell’ottica del risparmio e di una maggiore
efficienza. Il mantenimento di un buon livello di sanificazione dipende anche dalla stesura di procedure che
documentino e diano evidenza dei controlli e delle verifiche effettuate in accordo con quanto pianificato.
Questo sistema può comprendere:
• audit interni di miglioramento, con l’obiettivo di verificare costantemente che le metodologie e i
processi vengano attuati correttamente nella fase operativa di erogazione del servizio;
• audit programmatici di risultato, il cui obiettivo è verificare che il livello di qualità del servizio
erogato corrisponda agli standard qualitativi prefissati. I controlli di risultato identificano i punti
critici su cui occorre intervenire; pertanto, si aggiunge valore ai servizi erogati. Oggetto del
controllo sono le prestazioni basate sui risultati della sanificazione dell’insieme delle strutture, delle
infrastrutture e degli arredi utilizzando appositi strumenti (glossometro, scala di Bacharach,
bassometro, bioluminometro);
• audit autoreferenziale verso verifica esterna, con lo scopo di verificare la corrispondenza dei
risultati ottenuti con gli audit di miglioramento programmatici mediante la verifica a campione da
parte di un organismo esterno.
Le procedure operative descritte, a vario titolo, hanno compreso diversi aspetti della sanificazione degli
ambienti strettamente correlati alla sala operatoria (area di sterilizzazione, zona filtro, area di transito,
deposito puliti, ecc.) e di tutti i possibili componenti che vi agiscono interponendosi con il paziente e che
possono essere pertanto veicoli di infezione.
La sala operatoria in senso stretto e la zona induzione e risveglio dovrebbero avere una procedura specifica
di sanificazione con programmazione di interventi sia giornaliera che periodica. Le operazioni di seguito
descritte devono ritenersi indicative, in quanto la loro tipologia e frequenza possono variare a seconda
delle attività delle sale operatorie, in considerazione delle urgenze e delle attività notturne o del verificarsi
di particolari circostanze di contaminazione.
Ad inizio di giornata si devono spolverare a umido superfici orizzontali e verticali ad altezza d’uomo.
Successivamente, tra un intervento e l’altro, allontanare i rifiuti e la biancheria sporca, pulire a umido i
pavimenti con detersione e disinfezione, detergere e disinfettare il letto operatorio, detergere e
disinfettare le superfici compresa lampada scialitica, la postazione dell’anestesista ed eventuali pedane,
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detergere e disinfettare attrezzature non sostituibili compresi gli idrosanitari, detergere, disinfettare e
rifornire i dispenser. Alla fine della giornata, eseguire possibilmente la stessa procedura.
Tra le azioni da eseguire negli interventi di pulizia periodica è opportuno comprendere indicativamente:
• la rimozione di tutte le attrezzature portatili dall’ambiente e la loro pulizia a fondo e disinfezione;
• la pulizia a fondo e disinfezione delle attrezzature fisse e degli arredi;
• la detersione e disinfezione di tutte le lampade, le porte e gli armadi;
• la detersione a fondo e la disinfezione delle pareti e dei pavimenti;
• l’aspirazione di polvere da tutte le bocchette di aerazione, insieme all’aspirazione di polvere da
termoconvettori e apparecchi di condizionamento.
L’avvenuta esecuzione di queste attività deve essere documentata attraverso la registrazione su report con
schede di rilevazione che permettano una sicura rintracciabilità degli interventi effettuati.
Bibliografia
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20
Questionario ECM
1
a)
b)
c)
d)
“Il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere e asportare rifiuti, polveri e sporco
di qualsiasi natura esso sia dalle superfici di ambienti confinati e non confinati” è una possibile
definizione di:
pulizia
sanificazione
ricontaminazione
nessuna delle risposte indicate
a)
b)
c)
d)
Le procedure di pulizia sono:
preliminari rispetto alle operazioni di disinfezione
successive alla sanificazione
successive alla disinfezione
nessuna delle risposte indicate
a)
b)
c)
d)
Quante aree di rischio infettivo sono individuate nel contesto di un ospedale?
3
2
4
8
a)
b)
c)
d)
Per il medico o l’infermiere, le infezioni ospedaliere possono:
invalidare l’efficacia del trattamento effettuato
mettere in discussione la loro professionalità
renderli responsabili di un’aumentata morbosità o mortalità nei pazienti trattati
tutte le risposte indicate
a)
b)
c)
d)
Dall’analisi dell’epidemiologia delle infezioni in ambiente ospedaliero emerge che l’aspetto che
richiede una sorveglianza particolarmente attenta è:
la patologia neonatale
l’oncologia
la cardio-neurochirurgia
tutte le risposte indicate
a)
b)
c)
d)
Il ruolo della tricotomia, la procedura di rimozione dei peli nella zona cutanea interessata
dall’intervento chirurgico, nella prevenzione delle infezioni post-operatorie:
è fondamentale
è irrilevante
è solo presunto ma non provato
nessuna delle risposte indicate
2
3
4
5
6
7
a)
b)
c)
d)
Come ci si dovrebbe comportare con i pazienti affetti da malattie infettive trasmissibili?
dovranno essere di volta in volta adottate precauzioni atte a evitare il contagio
dovrà essere istituita una commissione che decida, a seconda del caso, se sottoporre il paziente
all’intervento chirurgico
dovrebbe essere prevista la presenza di un infettivologo in sala operatoria
tutte le risposte indicate
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21
8
a)
b)
c)
d)
"La presenza di uno o più agenti infettivi su superficie corporea, indumenti, effetti letterecci,
strumenti o altre sostanze alimentari" è una possibile definizione di:
contaminazione
pulizia
sanificazione
lavaggio manuale
a)
b)
c)
d)
Quali sono i detergenti più utilizzati in sala operatoria?
detergenti neutri
detergenti sgrassanti
detergenti acidi disincrostanti
tutte le risposte indicate
9
10
d)
Tutte le macchine per la pulizia degli ambienti (aspirapolvere, aspiraliquidi, lavasciuga,
lucidatrici, idropulitrice) devono:
essere conformi alle normative vigenti
essere fornite di schede tecniche e di sicurezza
essere adeguatamente lavate, disinfettate e depositate in ambienti dedicati puliti al termine
del loro utilizzo
tutte le risposte indicate
a)
b)
c)
d)
La disinfezione dei pavimenti del comparto operatorio:
viene di norma eseguita manualmente, con l’ausilio della mop
deve obbligatoriamente essere eseguita con macchinari appositi
viene eseguita procedendo dall’interno verso l’esterno della stanza
prevede l’uso della sola acqua, in quanto i detergenti potrebbero corrodere le superfici
a)
b)
c)
11
12
c)
d)
I rifiuti pericolosi a rischio infettivo:
sono quelli che presentano un rischio biologico, nonché gli oggetti e i materiali venuti a
contatto con sangue oppure materiale biologico infetto o presunto tale
sono bende, gessi, teleria monouso o inutilizzabile a causa della scadenza o della perdita di
sterilità per danneggiamento
sono rifiuti assimilabili a quelli urbani
non necessitano di alcun trattamento speciale
a)
b)
c)
d)
Tra i disinfettanti, gli sporicidi:
sono efficaci su tutto lo spettro microbico, comprese le spore batteriche
sono efficaci solo su batteri vegetativi, virus, funghi e batterio della tubercolosi
sono efficaci solo su forme vegetative di batteri e alcuni funghi
sono anche definiti di basso livello
a)
b)
c)
d)
Il lavaggio meccanico con ultrasuoni:
rappresenta un superamento delle procedure di lavaggio dello strumentario
è una procedura di lavaggio ormai obsoleta
fa parte delle procedure di lavaggio dello strumentario chirurgico
nessuna delle risposte indicate
a)
b)
13
14
15
Quale dei seguenti è un importante vantaggio del sistema di tracciabilità dello strumentario?
a) consente di seguire l’intero ciclo di uno strumento dal momento della sua acquisizione fino al
suo utilizzo, così come gli interventi di manutenzione o di riparazione
b) consente di individuare e punire immediatamente i responsabili di eventuali omissioni o errori
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Le procedure di sanificazione delle sale operatorie al fine di prevenire le infezioni del sito chirurgico
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c) permette di mantenere tutti i dati su carta, eludendo così il rischio che eventuali errori del
sistema informatico comportino la perdita di dati importanti
d) nessuna delle risposte indicate
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