LA NUTRIZIONE CLINICA NELLA PANCREATITE ACUTA

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LA NUTRIZIONE CLINICA NELLA PANCREATITE ACUTA:
LA RIPRESA DELL’ALIMENTAZIONE
Simona Bodecchi
Ospedale Civile di Guastalla - Azienda Unità Sanitaria Locale - Reggio Emilia
La terapia nutrizionale della pancreatite acuta si basava classicamente sul principio
del riposo d’organo, non veniva quindi somministrato nessun alimento per os in quanto ciò
comportava ileo duodenale e disfunzioni gastrointestinali per cui l’assorbimento dei cibi
risultava inadeguato e per giunta essi stimolavano la secrezione pancreatica. Le recenti
acquisizioni hanno portato però a una rivalutazione dell’impostazione nutrizionale e delle
sue finalità. Gli attuali obiettivi dell’intervento nutrizionale sono di evitare che un
iponutrizione interferisca con il decorso della patologia, riduca la risposta immunitaria,
aumenti le complicanze post- chirurgiche e allunghi l’ospedalizzazione; inoltre è importante
preservare l’integrità morfofunzionale dell’intestino allo scopo di prevenire la traslocazione
batterica e il conseguente verificarsi di complicanze settiche.
Nel caso di pancreatiti acute lievi e moderate, in cui si prevede la ripresa della
nutrizione orale entro una settimana e quando lo stato nutrizionale iniziale del paziente è
soddisfacente, non è necessario l’uso della nutrizione artificiale.
Le raccomandazioni nutrizionali prevedono il digiuno e la somministrazione di
liquidi per via endovenosa sino a ripresa dell’alimentazione che avviene usualmente quando
diminuisce o scompare il dolore addominale, è riferito appetito da parte del paziente e vi è
miglioramento di un’eventuale disfunzione d’organo. L’aumento della amilasi/lipasi o la
persistenza di alterazioni di tipo infiammatorio alla TC non dovrebbe scoraggiare
l’alimentazione per via orale nel paziente che riferisce appetito. Infatti l’aumento di
amilasi/lipasi e le alterazioni radiologiche possono persistere per alcune settimane o
addirittura mesi.
In 3ª-6ª giornata viene, in genere, somministrata una dieta liquida blanda (caffè
d’orzo, tè, camomilla, brodo vegetale) e in 5ª-7ª giornata progressivamente si passa a cibi di
consistenza più solida fino ad un graduale ripristino di una dieta normale. È, invece, ritenuta
necessaria la nutrizione artificiale precoce (< 48 ore dall’esordio) nelle pancreatiti acute
severe dove si prevede una maggiore durata e gravità clinica della patologia.
Studi clinici prospettici randomizzati indicano come prima scelta la nutrizione
enterale digiunale, che stimolando in modo molto limitato la secrezione pancreatica e
favorendo il mantenimento dell’integrità di barriera intestinale, influisce significativamente
su parametri infiammatori e di prognosi.
Tale effetto di protezione sul lume intestinale è raggiunto anche con una quantità
ridotta di miscela enterale; qualora non sia raggiunta la copertura dei fabbisogni energetici
sarà necessario l’integrazione tramite la via parenterale.
Le formule enterali elementari, contenenti piccoli peptidi e una ridotta percentuale di
acidi grassi a lunga catena, sono consigliabili rispetto alle miscele polimeriche in quanto
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minimizzano la risposta secretoria pancreatica e quella neuroumorale della mucosa
intestinale. La nutrizione parenterale, un tempo ritenuta la scelta più idonea, è indicata come
possibilità alternativa, qualora insorga intolleranza alla nutrizione enterale, o come supporto
a questa.
A maggiore ragione per gli individui, sottoposti ad intervento chirurgico, la
nutrizione artificiale diviene ancor più necessaria per mantenere l’equilibrio nutritivo e
biochimico dell’organismo. In questi soggetti vi sarà, infatti, un più lungo intervallo prima
della ripresa dell’alimentazione orale e la prescrizione nutrizionale dovrà tenere conto delle
condizioni funzionali che si sono determinate in seguito all’intervento.
Prima di intraprendere la fase di ripresa dell’alimentazione orale, che dovrà
prevedere vari steps di durata variabile a seconda del miglioramento della sintomatologia,
andrà effettuata una accurata valutazione dello stato nutrizionale del soggetto. La
valutazione dello stato nutrizionale prevede la rilevazione di parametri antropometrici,
l’analisi di parametri biochimici e il calcolo dei fabbisogni calorici e di nutrienti.
La quota calorica consigliata è data dalla spesa energetica basale (basal energy
expenditure, BEE) moltiplicata per un fattore di correzione (in genere 1,3-1,5), che
considera la risposta ipermetabolica allo stress (25-30 kcal/kg/die). È sconsigliato superare
la capacità di utilizzazione metabolica del paziente considerata, in fase acuta, di 35
kcal/kg/die. L’energia (calcolata come non proteica) deve essere suddivisa tra glucidi (4060%) e lipidi (20-30%). L’apporto proteico raccomandato è di 1-1,5 g/kg/die. L’introito
idrico suggerito è di 30-35 ml/kg/die più l’integrazione di eventuali perdite.
Dopo l’attuazione di un breve approccio di tipo liquido, si inizieranno le vari fasi atte
alla rialimentazione.
I Fase:
Si inizierà con una somministrazione molto graduale di una dieta, frazionata in più
pasti giornalieri (6-7 al dì), molto ricca in glucidi e principalmente miele, zucchero,
marmellata, ma anche semolino, crema di riso. Una maggiore componente glucidica della
dieta (70%) sembra infatti avere un effetto inibitorio sulla secrezione pancreatica. Nel caso
di pazienti in cui, come spesso accade, è presente il diabete o la diarrea andrà moderato il
quantitativo di carboidrati solubili. Questa dieta dovrà essere somministrata per un breve
periodo di tempo.
II Fase:
Si introdurranno proteine di origine animale, sempre in modo molto graduale, sotto
forma di liofilizzati o omogeneizzati di carne. La dieta andrà sempre frazionata in più pasti
giornalieri e somministrata per breve periodo.
III Fase:
Vi sarà un ulteriore incremento della quota proteica e l’inserimento dei lipidi, i
nutrienti andranno ripartiti come segue:
ƒ Proteine 50-55 g (15%)
ƒ Lipidi 30-35 g (22%)
ƒ Glucidi 250-300 g (63%)
La dieta in questa fase comprenderà anche carni frullate, pesce, pane tostato, patate,
grassi vegetali. I pasti dovranno essere piccoli e frequenti per facilitare la digestione. Nei
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pazienti con sostenuta steatorrea è indicato l’uso dell’olio MCT (medium-chain
triglycerides), in sostituzione del comune olio extra vergine d’oliva, in quanto i trigliceridi a
catena media, sono parzialmente idrosolubili, vengono con più facilità idrolizzati dalle
lipasi, sono assorbiti senza processo digestivo e seguono il percorso della vena porta invece
che quello dei linfatici quindi assorbiti attraverso la stessa via dei carboidrati e delle
proteine. Il vantaggio degli MCT è un migliore assorbimento che contrasta quindi la
condizione di maldigestione e malassorbimento dei grassi evitando la conseguente
steatorrea, un inadeguato recupero ponderale e i deficit di vitamine liposolubili. Lo
svantaggio degli MCT è il sapore cattivo e l’induzione di nausea che ne limitano
frequentemente l’uso, oltre che anche il minore potere calorico rispetto agli LCL (long-chain
triglycerides) in quanto 100 g di olio MCT forniscono 830 kcal. Il quantitativo ottimale di
MCT non dovrebbe superare i 40 g/die, con qualche riserva per i soggetti diabetici non
perfettamente compensati nei quali potrebbe esservi un peggioramento dello stato
chetoacidosico.
IV Fase:
Si riprenderà una alimentazione con cibi di consistenza normale, si introdurranno
ortaggi cotti passati, si continuerà una dieta suddivisa in più pasti giornalieri, colazione,
pranzo, cena con tre spuntini intermedi, leggermente iperproteica per compensare il
malassorbimento proteico (1-1.5 g/kg/die) e con apporto lipidico limitato per non favorire
steatorrea e disturbi addominali (20-30% delle calorie totali della dieta con presenza di acidi
grassi saturi <10%). Si ritiene utile, durante il passaggio da una fase all’altra del percorso di
ripresa della nutrizione per os, il monitoraggio degli introiti di cibo tramite la compilazione
di un diario alimentare. Nel caso in cui lo stato nutrizionale del paziente non sia adeguato, è
indicato continuare il supporto artificiale, se già in atto, fino al raggiungimento dei corretti
apporti calorici/proteici per os oppure occorrerà integrare la dieta tramite supplementi
nutrizionali orali. Elementi preferenziali per la scelta di questi preparati sono una quota
lipidica controllata, un buon apporto proteico, la bassa osmolarità e l’assenza di fibre e
lattosio. La somministrazione di enzimi pancreatici sintetici per os è raccomandata come
trattamento del malassorbimento di origine pancreatica. La sintomatologia diarroica viene
in genere migliorata significativamente con terapia a base di enzimi pancreatici esogeni
(circa 30.000-32.000 U di lipasi per ogni pasto), tuttavia una completa correzione della
steatorrea in alcuni pazienti risulta estremamente difficile. La quota in fibre (soprattutto
solubili) dovrà essere razionalizzata poiché queste interferiscono con l’attività degli enzimi
pancreatici integrativi/sostitutivi ostacolandone il contatto diretto, limitandone e soprattutto
ritardandone i tempi della digestione. L’integrazione di vitamina B12 e oligoelementi, in
particolare lo zinco, oltre all’incremento dell’apporto di calcio (la somministrazione di latte
scremato dipenderà dalla tolleranza del soggetto) è ritenuto utile nelle forme di pancreatite
che tendono alla cronicizzazione. L’astinenza dall’alcool è auspicabile e deve essere
fortemente raccomandata in quanto gli alcolici possono riacutizzare la pancreatite. La
prevenzione delle recidive delle pancreatiti si basa essenzialmente nella asportazione degli
eventuali calcoli biliari, nell’abolizione di alcool, nella correzione di eventuale
ipertrigliceridemia e di abitudini dietetiche incongrue.
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