Pancreatic adenocarcinoma, at the diagnosis, in the majority of patients, is a systemic or locally advanced disease. Up today, we lack a clear therapeutic strategies in presence of a locally advanced or borderline resectable disease. This article reviews the current definitions of locally advanced pancreatic cancer, how it is diagnosed and staged, the current multidisciplinary strategies, the benefits of neoadjuvant chemoradiotherapy, radiofrequency ablation, brachytherapy, cryosurgical techniques. After all, we considered tumor response rate, role of surgical resection after tumor downstaging and survival rate. Parole chiave: tumore del pancreas localmente avanzato, potenzialmente resecabile o borderline resectable, radiochemioterapia, ablazione con radiofrequenza, brachiterapia, criochirurgia, downstaging di malattia Key words: locally advanced pancreatic cancer, borderline resectable pancreatic cancer, chemoradiation therapy, radiofrequency ablation, brachytherapy, cryosurgery, pancreatic cancer downstaging CS - Roberto Salvia Isabella Frigerio Federico Selvaggi Paolo Innocenti Claudio Bassi Paolo Pederzoli - Dipartimento di Chirurgia Ospedale "G.B. Rossi" Università di Verona Dipartimento di Chirurgia Casa di Cura "P. Pederzoli" di Peschiera del Garda (VR) Dipartimento di Scienze Chirurgiche, "G. d'Annunzio" di Chieti Introduzione Il carcinoma pancreatico è la quarta causa di morte per neoplasia ed è associata ad una prognosi infausta (1). Solo il 10-20% dei casi è candidabile all’intervento chirurgico con intento resettivo al momento della diagnosi (2-6), mentre il restante 80% dei casi presenta malattia metastatica o localmente avanzata (3,7). L’intervento chirurgico oncologicamente radicale (R0) non è sufficiente, da solo, a migliorare la prognosi di questi pazienti: l’insorgenza di recidiva locale, metastasi epatiche o entrambi può avvenire entro 1-2 anni (2). Sono stati ampiamente dimostrati gli effetti del trattamento adiuvante sulla sopravvivenza nei pazienti con tumore del pancreas resecabili: la chemioterapia offre un vantaggio significativo di sopravvivenza, mentre l’associazione di chemio e radioterapia postoperatoria è stato dimostrato avere l’effetto contrario (8). Il gold standard del trattamento per i pazienti affetti da tumore pancreatico resecabile è ormai ben definito e si compone di chirurgia radicale seguita da chemioterapia adiuvante sistemica (8) Giorn Ital End Dig 2011;34:177-182 La maggior parte dei pazienti affetti da adenocarcinoma del pancreas presenta, alla diagnosi, uno stadio avanzato di malattia. Ad oggi, le strategie terapeutiche, in presenza di malattia localmente avanzata o borderline resectable restano controverse. In questo lavoro abbiamo analizzato le definizioni correnti di tumore del pancreas localmente avanzato, la necessità di approcci terapeutici multidisciplinari, il ruolo della radio-chemioterapia, dell’ablazione con radiofrequenza, la brachiterapia, le tecniche di criochirurgia. Infine, abbiamo valutato la possibilità di resezione chirurgica dopo downstaging di malattia e i dati sulla sopravvivenza. Comunicazione Scientifica Approccio terapeutico dei tumori solidi del pancreas non operabili alla prima diagnosi 177 CS Comunicazione Scientifica Per i pazienti affetti da tumore del pancreas localmente avanzato non esiste attualmente uno schema terapeutico universalmente accettato. Nonostante la disponibilità di molti trattamenti, nessun consenso è stato raggiunto sulla loro combinazione e i dati attuali sono ancora discordanti. A fini palliativi, sono stati proposte diverse strategie come chemioterapia, radioterapia esterna o intraoperatoria, brachiterapia con iodio-125, criochirurgia e ablazione con radiofrequenza. L’obiettivo di questa analisi è valutare, nei pazienti con tumore localmente avanzato del pancreas, gli attuali risultati della chemio-radioterapia adiuvante e dei diversi trattamenti chirurgici, ablativi invasivi e non, con particolare attenzione a: • risposta locale • percentuale di downstaging • benefici clinici • tossicità • sopravvivenza. Il ruolo della chemioradioterapia (CRT) nel downstaging della neoplasia non resecabile: una strada verso la chirurgia Roberto Salvia et al > Tumori solidi del pancreas non operabili alla prima diagnosi 178 Nella patologia oncologica gastrointestinale, è ampiamente dimostrato il beneficio della chemio-radioterapia preoperatoria finalizzata a raggiungere i criteri di resecabilità laddove non vi fossero al momento della diagnosi. L’effetto atteso dalla CRT è quello di ridurre il volume della neoplasia, la sua componente perivascolare e la percentuale di interessamento linfonodale (9). I risultati dell’associazione di chemio e radioterapia sono stati superiori a quelli della sola chemioterapia o radioterapia in termini di mediana di sopravvivenza, senza tuttavia migliorare la prognosi a lungo termine dei pazienti affetti da neoplasia del pancreas (10). Dagli anni ’90 ad ora diversi gruppi oncologici hanno proposto varie associazioni di terapia, e i benefici in termini di downstaging e di riduzione del rischio di recidiva locale sono stati dimostrati dai gruppi del Massachusetts General Hospital, Fox Chase Cancer Center, MD Anderson Cancer Center, Roger Williams Center e Mount Sinai Hospital (9, 10). Nelle loro casistiche la morbidità e mortalità postoperatoria non differivano da quella dei pazienti che non avevano ricevuto terapie preoperatorie. L’effetto della terapia preoperatoria è evidente anche nei referti istologici: la completa scomparsa della neoplasia è tuttavia evento eccezionale e il riscontro di una macroscopica riduzione del tumore con le tecniche di imaging spesso non è soddisfacente (11). Non c’è differenza, al momento, nella prognosi dei pazienti trattati con CRT preoperatoria o postoperatoria anche se la grande eterogeneità degli studi riportati rende difficile confrontare le varie casistiche: motivo di questa eterogeneità è, in primis, l’assenza di una definizione universalmente accettata di tumore del pancreas localmente avanzato e dei criteri di resecabilità. Manca anche una classificazione oggettiva degli effetti del trattamento preoperatorio che sia basato su aspetti radiologici e, eventualmente, anatomopatologici. È difficile perciò interpretare in modo univoco i risultati che emergono dall’analisi di queste casistiche. L’individuazione dei pazienti affetti da carcinoma localmente avanzato rimane di cruciale importanza: la TAC spirale è attualmente l’esame considerato da molti come il più affidabile nello stadiare localmente i rapporti vascolari della neoplasia. Considerando l’infiltrazione vascolare come parametro discriminante, la classificazione è la seguente: non resecabile, borderline, resecabile (4,12). Viene definito localmente avanzato un tumore coinvolgente o infiltrante il tripode celiaco, l’arteria mesenterica superiore e la confluenza mesenterico-portale; anche il riscontro radiologico o intraoperatorio di coinvolgimento linfonodale peritumorale in un’area compatibile con l’area di irradiazione esterna classifica la neoplasia come localmente avanzata (4,11). Questa suddivisione è fondamentale per indirizzare il paziente al percorso terapeutico da cui ci si aspetta i benefici maggiori. L’esperienza riportata da un centro italiano dimostra che un terzo dei pazienti affetti da tumore borderline trattato con CRT viene sottoposto a resezione radicale (4). Una neoplasia pancreatica viene definita da Varadhachary borderline resectable qualora c’è il riscontro di infiltrazione di un breve tratto di arteria epatica comune con risparmio del tronco celiaco, coinvolgimento dell’arteria mesenterica superiore interessante meno della metà della circonferenza del vaso (<180°) e occlusione completa di un breve tratto della confluenza mesenterico portale (10). La classificazione proposta da Katz nel 2008 (13) suddivide i pazienti borderline in tre categorie: • pazienti con caratteristiche anatomiche simili a quelle proposte da Varadhachary (tipo A); • pazienti borderline all’imaging o al riscontro intraoperatorio ma con ragionevole sospetto di malattia sistemica, per elevati valori di Ca19.9 o linfoadenopatie macroscopiche (tipo B); • pazienti con malattia borderline ma non candidabili all’intervento chirurgico per un basso performance status (tipo C) (13,14). Altri Autori, avvalendosi della classificazione proposta da Ishikawa nel 1992 (15) che propone invece quattro gradi di coinvolgimento della confluenza mesentericoportale da parte della neoplasia: CS • Stadio I: il tumore disloca l’asse venoso senza riduzione del lume vasale; • Stadio II: compressione vasale unilaterale da parte del tumore; • Stadio III: compressione vasale bilaterale; • Stadio IV: compressione bilaterale vasale con riscontro di circoli vascolari collaterali), considerano i pazienti con dislocamento o compressione della vena mesenterica superiore o della confluenza mesenterico portale come borderline e quindi candidati a terapia neoadiuvante in previsione della chirurgia (16). In conclusione, come indicato dal gruppo di studio costituito dal Fox Chase Cancer Center e dall’American Hepato Pancreato Biliary (AHBA) - Society of Surgical Oncology (SSO) - Society for Surgery of the Alimentary Tract (SSAT), i pazienti con malattia borderline devono essere sottoposti a chemioterapia di induzione prima dell’intervento chirurgico (14). In altri studi lo status di localmente avanzato è riferito al coinvolgimento della circonferenza vasale che sia superiore o inferiore al 50% per un’estensione maggiore o minore di 2 cm (17). La risposta alla CRT viene valutata secondo i criteri RECIST (criteri di valutazione di risposta nei tumori solidi) con TAC spirale 6-8 settimane dopo la CRT (4,12). Se la neoplasia non è più radiologicamente visibile si parla di risposta completa, mentre una riduzione di almeno il 30% del volume viene intesa come risposta parziale. Una riduzione < 30% o un incremento volumetrico < 20% della lesione viene intesa come stabilità di malattia mentre una progressione è presente qualora la neoplasia sia aumentata di > 20%. In uno studio su 25 pazienti con neoplasia localmente avanzata, il 64% presentava stabilità o riduzione di malattia dopo terapia neoadiuvante che consisteva in radioterapia esterna (RT) frazionata in dosi giornaliere di 180cGry per un totale di 4500cGry, associata a 5-FU (11). La percentuale di dowstaging riportata da Jessup et al in uno studio su 16 pazienti raggiunge il 13% dopo CRT con un intervallo libero di malattia di 22.5 mesi (18). Uno studio prospettico del Memorial Sloan-Kettering Center documenta il 3% di risposta parziale alla CRT tale da indicare l’esplorazione chirurgica. Altri studi hanno dimostrato che il 33% dei pazienti con malattia borderline e il 6% di quelli con neoplasia non resecabile sono stati sottoposti a chirurgia resettiva dopo un trattamento CRT con gemcitabina (1000mg|m2|settimana) associata a RT (24-42 Gy, 1,6-2,8 Gy per dose) (10). Sa Cunha et al riportano un tasso di risposta parziale del 30% del gruppo studiato e sottoposto a CRT: il 21% di questi è andato incontro a demolizione con resezione vascolare maggiore (vena porta o vena mesenterica superiore). Non è mai stata documentata una completa risposta alla terapia (12). Lind et al hanno portato alla chirurgia resettiva radicale (R0) il 47% dei pazienti trattati con CRT (17). Il vantaggio supposto della CRT neoadiuvante era quello di raggiungere una completa radicalità oncologica con la resezione (R0), tuttavia la percentuale di pazienti sottoposti a chirurgia come primo trattamento e nei quali si è ottenuta una resezione R0 sale fino a raggiungere il 75% come riportato da Lind. Le differenze negli schemi di terapia neoadiuvante adottati nei diversi studi e la diverse modalità di stadiazione dei pazienti considerati porta ad una disomogeneità nei risultati in termini di risposta alla terapia e di percentuale di resezioni R0. Nell’esperienza del Memorial Sloan Kettering venivano candidati all’intervento chirurgico solo quei pazienti con risposta parziale alla re-stadiazione, mentre il gruppo della Duke University definisce la trombosi portale o l’infiltrazione arteriosa come una controindicazione alla chirurgia. Altri autori considerano passibili di chirurgia resettiva quei pazienti con risposta parziale o con stabilità di malattia e normalizzazione dei markers oncologici (4). La resezione dopo terapia neoadiuvante porta a significativi vantaggi in termini di sopravvivenza se confrontata con i pazienti non sottoposti a CRT (4). La mediana di sopravvivenza nelle recenti casistiche è 15.4 mesi nel localmente avanzato e 14 mesi dopo chirurgia dei tumori resecabili alla diagnosi senza terapia preoperatoria (con o senza terapia adiuvante). Una sopravvivenza libera da malattia maggiore di 24 mesi è possibile solo in presenza di chirurgia R0. Lo studio di Wanebo et al sull’efficacia della CRT neoadiuvante riporta quanto segue: di 14 pazienti con neoplasia localmente avanzata, tutti stadiati chirurgicamente prima di iniziare il trattamento, 8 sono andati incontro a resezione e in 6 casi è stata dimostrata una risposta istologica al trattamento. Un’elevata morbidità e la mancanza di vantaggi in termini di sopravvivenza sono i principali punti critici di questo studio: la mediana di sopravvivenza nei pazienti resecati dopo CRT era di 19 mesi versus i 9 mesi dei pazienti non operati (9,11). È importante sottolineare che la CRT preoperatoria non aumenta il tasso di complicanze chirurgiche e, come riportato da altri autori, si può raggiungere una mediana di sopravvivenza di 28-29 mesi dopo CRT neoadiuvante e resezione (7,12,17). La maggior parte dei pazienti è in grado di completare il ciclo di terapia neoadiuvante con accettabile livello di tossicità neurologica e gastrointestinale (12). L’esame istologico dei pazienti sottoposti a resezione dimostra che, nonostante ci sia stata una risposta alla terapia, tuttavia persistono, alla periferia della neoplasia, cellule neoplastiche vitali raggruppate in isolati foci circondati da fibrosi (11). Anche se in presenza di nega- Giorn Ital End Dig 2011;34:177-182 Comunicazione Scientifica 179 CS Comunicazione Scientifica Roberto Salvia et al > Tumori solidi del pancreas non operabili alla prima diagnosi 180 tività linfonodale e dei margini di resezione, l’esperienza del MD Anderson Cancer Center conferma l’impossibilità di una remissione patologica completa nei pazienti trattati con CRT preoperatoria. Lo studio presentato da Reni con una combinazione di 4 farmaci seguiti da RT ha riportato risultati importanti (6): la chemioterapia veniva eseguita per 6 mesi con cisplatino, epirubicina, 5-fluorouracil/capecitabine, gemcitabina o docetaxel al posto dell’epirubicina, e completata dalla radioterapia. Il 14% della popolazione studiata è andato incontro a resezione e la mediana di sopravvivenza è stata di 16.2 mesi (6). In questo studio, la sopravvivenza dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico resettivo è stata maggiore rispetto a quelli non candidabili a resezione per remissione solo parziale della neoplasia, e inoltre, i primi hanno avuto una più lunga sopravvivenza libera da malattia. Questi risultati sono ancora più importanti se si considera che la definizione di malattia localmente avanzata è stata rigorosa e che solo i pazienti in stadio III sono stati inclusi. L’associazione dei diversi farmaci chemioterapici seguita dalla radioterapia non ha aumentato in modo significativo la tossicità del trattamento (6). Un concetto che gli autori hanno voluto sottolineare è che la chemioterapia sistemica è uno strumento per eliminare le micro metastasi e per selezionare un sottogruppo di pazienti che potrebbero trarre beneficio da trattamenti locoregionali. La chemioterapia di induzione può aumentare la percentuale di soggetti responsivi alla chemio-radioterapia, riducendo il volume della neoplasia e la successiva chemio-radioterapia può aumentare il numero di pazienti candidabili a resezione chirurgica anche se non tutti gli studi sono concordi nelle percentuali di guadagno della resecabilità. Le questioni irrisolte riguardano la capacità di valutazione obiettiva all’imaging di risposta alla terapia e la percentuale di pazienti che vengono esclusi dall’intervento per la difficoltà tecnica della resezione vascolare. Una recente revisione sistematica ha analizzato il tasso di resezione e la sopravvivenza dopo terapia neoadiuvante di diverse casistiche: viene riportato un tasso di resezione dell’8.3-64.2% incluso il 8.3-57.1% dei pazienti con resezione R0. I pazienti con neoplasia non resecabile alla diagnosi avevano una sopravvivenza mediana dopo l’intervento che variava da 16.4 a 32 mesi. La mediana della sopravvivenza è di 23.6 mesi rispetto ai 14 mesi dei pazienti affetti da neoplasia in stadio precoce operati al momento della diagnosi (7). Il livello di evidenza sull’utilità della CRT neoadiuvante nei pazienti con carcinoma pancreatico localmente avanzato è a tutt’oggi basso: sono necessari ulteriori studi per trarre conclusioni definitive. Il ruolo della CRT neoadiuvante deve essere chiarito anche nel gruppo di pazienti con malattia borderline in quanto a rischio di resezione chirurgica non radicale. Ablazione con radiofrequenza (RFA) La radiofrequenza è un trattamento ablativo ampiamente utilizzato nella terapia palliativa di diverse neoplasie solide primitive e metastatiche. È recentemente divenuta un’interessante opzione di terapia anche per il carcinoma del pancreas localmente avanzato. La letteratura tuttavia, non offre grandi esperienze sull’applicazione della RFA nel carcinoma pancreatico. Sono candidabili al trattamento quei pazienti che presentano malattia localmente avanzata in assenza di metastasi o ascite (5). La RFA viene eseguita in corso di laparotomia e sotto guida ecografica, entrambi fattori che garantiscono un controllo diretto e quindi più sicuro delle strutture vascolari e digestive peripancreatiche. Un recente studio ha dimostrato, in un gruppo di 50 pazienti con carcinoma pancreatico in stadio III, la fattibilità e la sicurezza della procedura, associata nel 60% dei casi a chirurgia palliativa e al 24% di morbidità (19). Alcuni autori hanno dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza quando la RFA è associata a chirurgia palliativa (20): la sopravvivenza nei pazienti con malattia in stadio III trattati con RFA è stata di 38 mesi, contro i 14 mesi dei pazienti in stadio IV che avevano ricevuto lo stesso trattamento. Si tratta di una delle più interessanti esperienze cliniche riportate in letteratura che dimostra un beneficio della RFA in termini di sopravvivenza per quei pazienti sottoposti a chirurgia palliativa (20). È stata confrontata la fattibilità, efficacia e sicurezza della RFA associata alla brachiterapia con Iodio125 dove l’ablazione termica viene concentrata sulla porzione di neoplasia responsabile dell’infiltrazione vascolare, mentre i reperi vengono impiantati nel tessuto pancreatico sano e nel duodeno. Nella serie riportata da Zou YP et al è stata dimostrata una miglior risposta locale, una significativa riduzione dei markers tumorali e del pain score, associati ad un minor tasso di complicanze. Altri studi hanno documentato il vantaggio nella qualità di vita raggiunto grazie ad un ottimale controllo del dolore (3,5,19). L’associazione fra RFA e il trattamento con Iodio125 sembra quindi migliorare la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma in stadio III: serviranno ulteriori studi per confermare l’efficacia della RFA integrata con altri trattamenti sperimentali. Brachiterapia La brachiterapia con Iodio125 analizzata in un ristretto numero di casi sembra offrire risultati promettenti (21). La tecnica prevede di raggiungere, nella sede della neoplasia, una dose cumulativa di 160 Gy irradiata in mo- CS Comunicazione Scientifica do continuativo e omogeneo al fine di provocare morte cellulare (22). Dieci pazienti sui 31 studiati hanno ricevuto gemcitabina e 5-FU dopo l’impianto dei reperi: in tre casi viene descritta una risposta completa alla terapia, in 16 casi una risposta parziale e stabilità di malattia in 9 pazienti. La sopravvivenza mediana è stata di 7 e 11 mesi rispettivamente con il solo trattamento brachiterapico o con l’associazione di chemioterapia (differenza significativa). In conclusione la brachiterapia con Iodio 125 è una metodica sicura, efficace e riproducibile per ottenere un controllo locale della malattia e provvedere ad un ottima palliazione dei sintomi (21,23). È riportato un controllo locale nell’80% dei pazienti trattati, con sopravvivenza a 1-2-3 anni rispettivamente del 33.9%, 16.9% e 7.8% con sopravvivenza mediana di 10 mesi (23). programmare i tempi e le dosi dei trattamenti chemioradioterapici neoadiuvanti. In terzo luogo, dopo aver chiarito i benefici citoriduttivi della terapia neoadiuvante, occorre definire le indicazioni alla chirurgia resettiva che può differire a seconda dei casi, o meglio, a seconda dei gruppi chirurgici di riferimento. In altre parole, l'esclusione dei pazienti dalla chirurgia con intento radicale potrebbe essere dettata anche dall’abilità chirurgica personale. L'impatto reale della resezione curativa dopo chemioradioterapia è per queste ragioni ancora discussa. Risultati incoraggianti sembrano provenire dai nuovi trattamenti ablativi locali, come la radiofrequenza, la brachiterapia e la criochirurgia. Sono necessari studi prospettici per definire il miglior protocollo terapeutico individuale e aumentare il numero di pazienti candidati alla resezione chirurgica curativa. Crioablazione Conclusioni I dati provenienti dalla letteratura confermano che la chemio-radioterapia neoadiuvante rappresenta una valida opzione per i pazienti affetti da carcinoma del pancreas localmente avanzato. In un terzo dei casi si ottiene un downstaging della neoplasia che diventa passibile di intervento resettivo. Alcuni aspetti rimangono comunque irrisolti: la stadiazione preoperatoria delle neoplasie non resecabili non è uniforme. È necessario standardizzare dei criteri oggettivi al momento della diagnosi per definire se un tumore è resecabile, localmente avanzato e borderline. Inoltre, è indispensabile Corrispondenza Roberto Salvia Dipartimento di Chirurgia Ospedale "G.B. Rossi" P.le L. A. Scuro, 10 - 37134 Verona Tel. + 39 0458 124816 Fax + 39 0458 124622 e-mail: [email protected] Bibliografia 1.Gillen S, Schuster T, Meyer Zum Büschenfelde C, Friess H, Kleeff J. Preoperative/neoadjuvant therapy in pancreatic cancer: a systematic review and meta-analysis of response and resection percentages. PLoS Med 2010 Apr 20;7(4):e1000267. 2.Neoptolemos JP, Dunn JA, Stocken DD, Almond J, Link K, Beger H, Bassi C, Falconi M, Pederzoli P, Dervenis C, Fernandez-Cruz L, Lacaine F, Pap A, Spooner D, Kerr DJ, Friess H, Büchler MW; European Study Group for Pancreatic Cancer. Adjuvant chemoradiotherapy and chemotherapy in resectable pancreatic cancer: a randomised controlled trial. Lancet 2001 Nov 10;358(9293):1576-85. 3.Zou YP, Li WM, Zheng F, Li FC, Huang H, Du JD, Liu HR. 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Giorn Ital End Dig 2011;34:177-182 Vengono riportati dati incoraggianti sulla criochirurgia nel trattamento del tumore del pancreas non operabile (24). L’applicazione può essere percutanea o intraoperatoria: un numero variabile di criosonde (raffreddate a -160 °C) viene collocato direttamente sul pancreas in base al diametro della neoplasia con lo scopo di raggiungere una temperatura di congelamento (22). I risultati di uno studio di fase I su 10 pazienti affetti da carcinoma pancreatico non resecabile dimostrano la sicurezza della procedura nella pratica clinica. Non viene riportata alcuna morbilità nè mortalità intra-operatoria. Non viene segnalato alcun vantaggio sulla sopravvivenza ma un buon effetto di controllo del dolore (24). Gli eventuali benefici in termini di risultati oncologici legati alla crioterapia devono essere indagati con ulteriori studi. L'effetto complementare della criochirurgia e dello Iodio125 è stato valutato in 49 pazienti (22). Questo studio ha reclutato anche pazienti in stadio IV di malattia ma i risultati suggeriscono un potenziale vantaggio solo per le neoplasie localmente avanzate (22). 181 CS Comunicazione Scientifica Roberto Salvia et al > Tumori solidi del pancreas non operabili alla prima diagnosi 182 7.Morganti AG, Massaccesi M, La Torre G, Caravatta L, Piscopo A, Tambaro R, Sofo L, Sallustio G, Ingrosso M, Macchia G, Deodato F, Picardi V, Ippolito E, Cellini N, Valentini V. A systematic review of resectability and survival after concurrent chemoradiation in primarily unresectable pancreatic cancer. Ann Surg Oncol 2010 Jan;17(1):194-205. 8.Neoptolemos JP, Stocken DD, Friess H, Bassi C, Dunn JA, Hickey H, Beger H, Fernandez-Cruz L, Dervenis C, Lacaine F, Falconi M, Pederzoli P, Pap A, Spooner D, Kerr DJ, Büchler MW; European Study Group for Pancreatic Cancer. A randomized trial of chemoradiotherapy and chemotherapy after resection of pancreatic cancer. 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