Primo spiraglio nel mistero Colpa del gene “spazzino”?

SALUTE LA RICERCA
MARTEDÌ 14 DICEMBRE 2010
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Al congresso mondiale in Florida sulla malattia illustrata la scoperta
della parte di Dna che controlla lo smaltimento dei rifiuti del metabolismo,
tossici per le cellule nervose che comandano i movimenti
Ma la Sla continua a mietere vittime tra gli sportivi, soprattutto calciatori
✑
Sclerosi
Laterale
Amiotrofica
Le lettere
Nutrizione
LA DIETA ZONA?
NESSUNA SCIENTIFICITÀ
Voglio augurarmi che, nel vasto
florilegio delle Diete truffa,
comprendiate anche
la cosiddetta Dieta Zona, perché
dall’intervista a Barry Sears,
ciò non risulta abbastanza chiaro
Sicché non vorrei
che tra i lettori si ingenerasse
la convinzione che la Zona possa
avere una qualche valenza
scientifica e possa esser seguita
senza rischi
Giovanni B. Panatta,
Nutrizionista clinico, specialista
in Scienza dell’alimentazione
Primo spiraglio nel mistero
Colpa del gene “spazzino”?
Psichiatria
CASSANO, DIVERSITÀ
E MALEDUCAZIONE
Gentile dottor Cornaglia, il suo
pezzo “Quel ribelle di Cassano
Ma la diversità è una risorsa”
mi ha lasciato davvero
sconcertata. Quello che si evince
dal suo scritto è che uno può
essere altamente maleducato,
insultare e strepitare (per una
semplice richiesta del suo datore
di lavoro, Garrone) perché tanto
è giustificabile la sua rabbia
incontenibile, perché Cassano
ha difficoltà di relazioni sociali
Allora dovremmo lasciare che
faccia il bello e il cattivo tempo,
strepiti, urli, insulti e la sua
diversità sarebbe da accogliere
e accettare? Ma via, stiamo
perdendo il senso della misura,
io vorrei vivere in un consesso
di gente civile ed educata
e non dover subire
le sceneggiate di un isterico
dichiarandoli comportamenti
diversi “che sono una risorsa”
Ma stiamo scherzando?
Flavia De Petri
------Grazie per il commento, del tutto
legittimo per chi non ha
conoscenze psichiatriche
Esistono persone condizionate
dalla propria funzione cerebrale,
che hanno un controllo scarso
delle proprie emozioni;
tra queste ci sono quelli affetti
da patologiche espressioni
di rabbia, compulsive
e incontenibili, delle quali
non conservano memoria anche
a breve distanza. Cassano
potrebbe essere una di queste,
anche se non so se abbia fatto
un percorso diagnostico
adeguato. Se queste persone
sono educate in ambienti violenti,
il loro recupero è difficile. Ci sono
persone Asperger, dentro
lo spettro autistico, che passano
per maleducate e invece sono
solo diverse; capire di chi si tratti
diventa molto importante
per una società che voglia definirsi
civile e che sarà sempre più sfidata
ad accogliere diversi per censo,
religione, etnia, educazione
(pcf)
e abitudini sessuali
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DAL NOSTRO INVIATO
EMANUELA AUDISIO
S
ORLANDO
tudiano un killer invisibile che
toglie la vita in maniera crudele: non ti fa più respirare, deglutire, muovere. Ti lascia lì solo,
ferito come Giulio Cesare da
tante troppe coltellate, senza
farti capire qual è la mano che
uccide. Hai male dappertutto,
ma l’aggressore resta nascosto
nel buio, ti toglie fiato e dignità,
e da vigliacco non firma il suo
delitto. Ci vuole un anno per
dare un nome alle tue ferite, e in
dodici mesi sei diventato un
malato senza speranza. Ti devono imboccare, soffiare il naso, un vecchio neonato bisognoso di tutto, causa la progressiva degenerazione dei
motoneuroni nel midollo spinale e nel cervello. Non c’è cura, se non cercare di difenderti,
e rallentare la brutalità. Ma co-
Il presidente dell’Aisla
quando scoprì la malattia
si mise in lista per il suicidio
assistito. Poi cambiò idea
e iniziò a combattere
me fai: se non puoi nemmeno
alzare le braccia?
La Sla, sclerosi laterale amiotrofica, in Europa si chiama anche malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che
la descrisse per primo nel 1860,
nei paesi anglosassoni è conosciuta come morbo di Lou Gehrig, giocatore americano di baseball. Un killer con identità diverse che uccide persone diverse: Charlie Mingus, Mao, David
Niven, un jazzista, un uomo
politico, un attore. In Italia la
Sla è famosa perché viaggia con
il pallone, falcia i calciatori, ne
ha colpiti più di 40, da Signorini a Adriano Lombardi, a Borgonovo, ma anche tennisti come Roberto Lombardi. In Italia
ci sono 5 mila malati, 1.500
nuovi casi all’anno, tre al giorno. E una ricerca che s’impegna. Perchè come dice il neuro-
CHI
SONO
STEPHEN
HAWKING
Astrofisico,
“padre” dei
buchi neri
LUCA
COSCIONI
Economista
Morto nel
2006. Radicale
FULVIO
BERNARDINI
Calciatore
Deceduto
nel 1984
NARCISO
SOLDAN
Calciatore
Deceduto
nel 1987
GIANLUCA
SIGNORINI
Calciatore
Deceduto
nel 2002
LAURO
MINGHELLI
Calciatore
Deceduto
nel 2004
ADRIANO
LOMBARDI
Calciatore
Deceduto
nel 2007
logo Gabriele Mora, direttore
dell’unità Sla, fondazione
Maugeri di Milano: «L’atteggiamento è cambiato da quando il dottore diceva al malato:
vai a casa e aspetta di morire.
Grazie soprattutto alla diversa
attenzione di Forbes Norris,
professore americano, morto
nel ’93. La Sla è brutale anche
per il medico che la segue, si
sente impotente, ad ogni controllo c’è un peggioramento, è
lo specchio della morte. Ma oggi io non potrei seguire altri pazienti perché i malati sviluppano una profondità e un amore
per la vita che noi nemmeno ci
sogniamo e ci danno la spinta
per scoprire qualcosa di più».
E al 21esimo congresso mondiale sulla Sla, appena chiuso
ad Orlando, una novità importante è arrivata appunto dall’Italia. Da uno studio compiuto
fra Torino e Orlando, in Florida.
La scoperta di un gene contenuto nel cromosoma 9, Vcp
(Valosin Containing Protein)
che accende o spegne i meccanismi patogeni: se alterato, il
gene favorisce nelle cellule nervose l’accumulo di rifiuti cellulari che in condizioni normali
dovrebbero essere “smaltiti”. I
rifiuti intossicano e uccidono i
neuroni motori, portando gradualmente alla paralisi. Spiega
uno degli autori della ricerca, il
professor Adriano Chiò, del
Centro Sla del dipartimento di
neuroscienze dell’università di
Torino presso le Molinette: «È
un altro passo avanti. Ci siamo
arrivati grazie al sequenziamento degli esoni, quelle parti
del Dna che codificano le proteine, grazie ad una tecnica che
ora ha costi accessibili, da un
milione di euro a persona a
duemila. Questo non significa
che domani o dopodomani ci
sarà una cura, ma che forse tra
dieci anni riusciremo ad individuare subito la malattia, ad aggredirla, a impedire che avanzi.
Abbiamo analizzato tutto il
Dna codificante di varie famiglie italiane e americane, e proprio l’analisi dell’ereditarietà
in una nostro gruppo con 4 malati di Sla in sette generazioni ha
dato la svolta alla ricerca. Il gene scoperto è responsabile di
circa il 2 per cento dei casi di Sla.
Non ci arrendiamo, grazie anche ai pazienti che ci stimolano
a non rassegnarci. Putroppo ci
vuole tempo, presto partirà la
sperimentazione, ma chi muore ha fretta di vivere».
A qualcuno sembrerà una
moderna Armata Brancaleone,
ma ai congressi Sla i malati arrivano con le loro carrozzelle e
organizzazioni a mostrare i loro corpi, come a dire alla scienza: guardate come siamo ridotti, sbrigatevi a trovare un rimedio. Viaggiano, non stanno a
casa, non si nascondono. C’è
l’importante uomo giapponese che arriva assistito da cinque
persone (chi gli massaggia i
piedi, chi le mani, chi si occupa
del computer) e c’è Mario Melazzini, 52 anni, globe trotter di
questa malattia, presidente nazionale dell’Aisla (associazione italiana sclerosi laterale
amiotrofica) che non si risparmia fatiche. Primario di oncologia presso l’ospedale di Pavia, sposato, tre figli, Michele,
Federica, Niccolò, si accorge di
avere il fiato corto, fatica a sali-
Repubblica Nazionale
@
PER SAPERNE DI PIÙ
www.mndassociation.org
www.aisla.it
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INFOGRAFICA PAULA SIMONETTI
MARTEDÌ 14 DICEMBRE 2010
re le scale. Nel 2002 la diagnosi:
Sla. Melazzini si separa, si isola,
è medico, sa che la sua è una
condanna, si rivolge ad una clinica in Svizzera per chiedere il
suicidio assistito. La trafila è
lunga, alla fine arriva il consen-
so. Ma Mario a quel punto non
vuole più morire come un numero. Guarda le sue montagne,
scopre altri malati, li ascolta,
anche se il loro è un sussurro
straziato, se ne fa portavoce,
sperimenta su se stesso, co-
mincia a vedere le cose “dall’altra parte”, viaggia, combatte,
con un nuovo gusto per la vita.
E ora dice: «Anche se hanno
scritto che la finanziaria ha
stanziato 100 milioni di euro
per la Sla non è così, siamo figli
di un dio minore, ci tengo a ribadire che non è solo la malattia dei calciatori, anche se il fatto che abbia colpito molti campioni l’ha resa più visibile e conosciuta. La Figc e la Lega calcio sono partner generosi men-
tre il sindacato italiano calciatori è spaventato e si nasconde,
stanzia appena 30 mila euro.
Fossi un giocatore io sarei più
generoso e ci terrei a sapere che
cosa uccide in maniera così terribile a molti miei colleghi. A
IL PERSONAGGIO
FRANCESCO, DAL BASKET ALLA MARATONA DI PALM BEACH SPINTO DA QUATTRO AMICI
“IL MIO GRIDO PER LA RICERCA E I DIRITTI DI NOI MALATI: ABITUATO A NON ARRENDERMI”
ORLANDO — Per il mondo è il maratoneta « from Italy» . Quello che
comunque corre, su una carrozzella. Spinto da quattro amici che si
alternano. Perché lui non muove, né gambe né braccia. Gli altri
applaudono questo ragazzo testardo che continua a sognare ad occhi
aperti. A fare quello che faceva prima, prima di scoprire di avere la Sla.
Francesco Canali, 43 anni, di Parma, è sposato con Antonella, ha due figlie,
Laura e Martina, di 9 e 6 anni, e una famiglia di amici molto allargata che è
volata con lui in America. Per correre a Palm Beach, per tagliare il
traguardo, per urlare al congresso mondiale della Sla che lui non si arrende.
«Voglio continuare a fare sport, a condividere emozioni, visto che per 25
anni ho giocato a basket. E voglio che si parli di questa malattia, che si
raccolgano fondi. Non mi va di fare l’eroe, ma non ho altra scelta, se si
vuole attenzione bisogna gridare, fare notizia. Per la società posso
l’eccezionale, ma non il normale». Francesco è tecnico di laboratorio
informatico in un istituto superiore di Parma mentre la moglie è impiegata in
un’azienda farmaceutica. «Ho bisogno di essere trasportato al lavoro, a tre
chilometri da casa. E ho anche bisogno di essere portato a fare fisioterapia.
Il servizio del comune provvedeva solo all’andata, non al ritorno. Ho dovuto
protestare con il sindaco: ma come, io riesco ad organizzarmi per correre
42 chilometri e mezzo dall’altra parte dell’oceano e voi non ci riuscite per
tre? Per ora la faccenda si è risolta. Ma mi chiedo: se non fossi stato il
personaggio del momento? Non possono esserci malati di seria A e di
serie B. Altra cosa: dovrei avere diritto ad un servizio a casa, no?».
Francesco Canali è arrivato fino in America perché crede nella ricerca. «La
nostra è una malattia rara, non solo dei calciatori, ci vogliono finanziamenti,
studio e impegno delle case farmeutiche. Ma per le cure tutto dipende
dalla Regione: ognuna ha i suoi parametri, un integratore che a Novara è
gratis, in Emila-Romagna non lo è. Senza la mia voglia sarei rimasto un
malato qualunque, lo sport mi ha insegnato a non darmi per vinto, fino a
quando non suona la sirena la partita non è finita». Francesco non si ferma,
prossima corsa a Padova. «Fino a quando ce la faccio. La malattia può
farmi prigioniero, ma non l’indifferenza».
(e. aud.)
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Orlando si è parlato di cure palliative, della ricerca sulla genetica e di marcatori specifici della malattia. Se riuscissimo a dimezzare il tempo per individuare la Sla, diciamo a sei mesi,
potremmo giocare in attacco e
non in difesa».
L’olandese Van den Berg, responsabile del consorzio europeo, aggiunge: «Non ci diamo
per vinti, oggi scoperta viene
messa in rete, condividiamo
ogni informazione, l’Italia ha
ottimi gruppi di ricerca. L’importante è che ognuno si concentri su un aspetto diverso,
perché la Sla va aggredita da più
parti. I prossimi dieci anni saranno decisivi per arrivare ad
una cura». L’americana Merit
Cudkowicz che si occupa di
sperimentazione su cavie (topi
nani) spiega che forse bisognerà cambiare animale e che il
futuro è in un trattamento multipo. «In un insieme di cocktail
che potranno fermare la malattia, ma non farla tornare indietro». La Sla resta un brutto avversario, ma da Orlando invece
di abbassare gli occhi, si prova
a fare gioco.
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