La rivoluzione francese e l`età napoleonica

La rivoluzione francese e l’età napoleonica
Un paese prevalentemente agricolo
Nel 1774, all’età di vent’anni, Luigi XVI divenne re di Francia. Intorno al 1780, la Francia era in piena
espansione economica e l’80% della popolazione era composto di contadini. I grandi proprietari terrieri,
soprattutto nobili, erano gli unici che riuscivano a trarre ricchezza dalla campagna, con la vendita dei loro
prodotti; la maggior parte della popolazione, invece, non produceva per il mercato, ma per il consumo
personale.
I contadini francesi
Consistenza numerica
Costituiscono
l’80%
popolazione globale
Accesso alla proprietà terriera
Capacità produttiva
della Possiedono poderi di piccole Producono per la propria
dimensioni
sussistenza, non per il mercato
Una società basata sul privilegio
Il regno di Francia era una monarchia assoluta: il sovrano non divideva il potere con nessuna istituzione.
L’Assemblea degli Stati Generali, che veniva convocata solo per approvare l’introduzione di nuove tasse,
non funzionava più dal 1614. L’espressione Assemblea degli Stati Generali derivava dal fatto che essa
radunava i rappresentanti dei tre ordini o stati: il clero, la nobiltà e il Terzo stato (coloro che lavorano). Si
trattava di una società piramidale, organizzata in modo diseguale e gerarchico, dove due gruppi godevano
di grandi privilegi, mentre la larga base formata dal Terzo stato era priva di qualsiasi vantaggio.
La società contemporanea è articolata in classi sociali e non in stati. Sotto questo profilo essa è figlia della
Rivoluzione francese, il cui lascito più duraturo è proprio la cancellazione della società strutturata per ordini
e la sua sostituzione con una società articolati per classi sociali. Una classe sociale è, in effetti, un gruppo
della società i cui membri hanno in comune un determinato livello, più o meno elevato, di ricchezza, che
può aumentare o diminuire. Uno stato, al contrario, è una categoria che raggruppa individui caratterizzati
dal fatto di possedere (clero e nobiltà), oppure di non possedere (Terzo stato) determinati privilegi. Così il
grande mercante e il povero contadino appartenevano entrambi al Terzo stato, mentre l’arcivescovo di una
grande città e il semplice sacerdote all’ordine del clero.
Ancien Régime e società moderna a confronto
Ancien Régime (società strutturata per ordini)
Società moderna (società strutturata per classi)
Alcuni sudditi godono di privilegi specifici, negati Tra i cittadini esistono notevoli differenze quanto
agli altri
alla ricchezza posseduta
I sudditi sono trattati dallo stato in modi diversi, a I cittadini sono tutti uguali davanti allo stato:
seconda dell’ordine in cui si trovano
possiedono uguali diritti ed uguali doveri
Ogni ordine comprende individui diversissimi tra Una classe sociale comprende individui che
loro quanto a ricchezza posseduta
possiedono un’analoga quantità di richezza
I gruppi privilegiati
La popolazione intorno al 1780
Stati
Numero di persone
Clero
150 000
Nobiltà
350 000
Terzo Stato
24 500 000
Il principale privilegio del clero era l’esonero dal pagamento di imposte sulle proprietà fondiarie; inoltre
ogni francese doveva versare ogni anno al proprio parroco una parte del proprio reddito (decima).
Anche la nobiltà aveva il privilegio di non pagare imposte sulla terra1. Un secondo privilegio era legato alla
modalità di trasmissione ereditaria dei patrimoni: per evitare che le grandi tenute fossero spezzate la
proprietà era trasferita integralmente al maschio primogenito, il quale a sua volta si impegnava a non
venderne nessuna porzione. Si poneva il problema per i figli che restavano privi di eredità (cadetti), ai quali
erano quindi riservate importanti carriere nel servizio militare (o amministrazione dello stato) o nel
mondo ecclesiastico: tutti i vescovi e abati dei principali monasteri francesi (alto clero) erano di origine
nobiliare, così come tutte le più alte cariche dell’esercito e dello stato. L’aristocrazia godeva di un altro
notevole vantaggio (anche questo di origine medievale): la signoria bannale. Si trattava di un potere
giurisdizionale esercitato da grandi possessori terrieri anche su persone e beni non appartenenti al
proprio patrimonio fondiario. In pratica tutti i contadini della zona finivano per essere servitori del nobile
ed erano obbligati a versare tributi in denaro, in cambio dei quali potevano utilizzare alcuni strumenti
essenziali di cui il signore deteneva il monopolio (torchio per il vino, forno, mulino). Nessuno poi poteva
vendere il vino se prima il signore non aveva venduto tutto il proprio, o far figliare animali senza ricorrere al
toro o al verro (maiale da riproduzione) del signore. Infine il signore, in casi eccezionali, poteva anche
richiedere una tassa straordinaria (detta taglia).
Nel Settecento, però, questi privilegi dei nobili trovano un certo limite nella monarchia assoluta, la quale si
arroga tutti i poteri politici e giudiziari, pertanto il re era una figura amatissima dai sudditi, che
guardavano al sovrano come al loro protettore dagli abusi dei signori locali.
Gli ordini privilegiati
Privilegi del clero
Sacerdoti e religiosi non pagano imposte sulla proprietà fondiaria e
percepiscono decimi dai fedeli
Privilegi della nobiltà
I nobili non pagano imposte sulla proprietà fondiaria, hanno il monopolio delle
cariche più prestigiose (civili, militari, ecclesiastiche) e percepiscono tributi dai
1
Tale privilegio aveva la sua origine nella cavalleria feudale medievale: il feudo non era di proprietà del cavaliere, ma
concesso per armarsi e servire il padrone. In seguito il feudo divenne a pieno titolo proprietà del cavaliere che poteva
trasmetterlo in eredità
contadini
La convocazione degli Stati Generali
Nel 1786 gravava sulla Francia un pesantissimo deficit economico dovuto al dispendio di risorse per
l’appoggio alle colonie americane nella loro guerra di indipendenza contro l’Inghilterra. Per colmare il
pesantissimo deficit era necessario procedere ad una riforma fiscale che colpisse tutte le terre senza
eccezione (anche quelle dei ceti privilegiati). Con l’obiettivo di opporsi a questi tentativi di riforma (tra il
1774 e il 1788 quattro ministri delle finanze vi si cimentarono: Turgot, Necker, Calonne, Lomenie de
Brienne), gli aristocratici pretesero e ottennero che il sovrano convocasse gli Stati Generali. L’8 agosto
1788, il re accettò di convocare gli Stati Generali. Benché questa convocazione fosse richiesta dalla nobiltà,
ben presto il processo le sfuggì di mano e l’iniziativa passò alla borghesia, che faceva parte del Terzo stato.
Il Terzo stato
Il Terzo stato comprendeva l’insieme di tutti coloro che non erano né sacerdoti, né aristocratici, ovvero il
98% della popolazione. La grande maggioranza era composta da contadini più o meno poveri, ma vi erano
anche grandi mercanti, imprenditori e artigiani, liberi professionisti colti (avvocati, notai, medici…) e
semplici garzoni di bottega. Tutti accomunati dal non godere alcun privilegio, ovvero dal dover versare
tutte le imposte che lo stato chiedeva loro e pertanto nutriti da un certo rancore nei confronti dei gruppi
privilegiati.
Non appena il sovrano ebbe convocato gli Stati Generali, nelle principali città francesi sorse un grande
movimento d’opinione, per chiedere che il numero dei delegati del Terzo stato fosse doppio rispetto a
quello dei nobili e del clero (fino al 1641 ogni gruppo mandava a Parigi un egual numero di delegati). Luigi
XVI accolse la richiesta di raddoppiamento, pensando così di limitare la forza dell’aristocrazia.
L’Assemblea nazionale
Nella fase preparatoria, durante la quale dovevano essere eletti i rappresentanti del Terzo stato, si tennero
animati dibattiti nel corso dei quali i francesi potevano elencare i motivi del loro malcontento ed esporre al
re le loro rimostranze nei cahiers de doléances.
Il 5 maggio 1789, Luigi XVI aprì i lavori degli Stati Generali a Versailles: vi erano 561 deputati del Primo
(291) e Secondo stato (270), contro i 578 del Terzo stato. Tra i deputati del Terzo stato non c’era alcun
rappresentate dei contadini, artigiani e operai; vi erano invece banchieri, ricchi commercianti, imprenditori,
grossi proprietari terrieri e avvocati (il gruppo più numeroso). Una simile situazione non garantiva ancora
un vantaggio politico del Terzo stato, perché le votazioni erano tradizionalmente effettuate per ordine, e
in genere nobili e clero votavano congiuntamente, visto che avevano interessi comuni. I deputati del Terzo
stato (ispirati da Sieyès, autore del libro Che cos’è il Terzo stato?) richiesero allora che la votazione
avvenisse per testa, in un’unica camera. Il re tuttavia non acconsentì e anche i nobili rifiutarono
nettamente di discutere la questione. I deputati del Terzo stato allora decisero di passare all’offensiva: il
17 giugno 1789 dichiararono che, da soli, essi rappresentavano l’intera nazione (anche qui ispirati dalle
idee di Sieyès) e decisero di definire se stessi “Assemblea nazionale”. La sala in cui questa Assemblea
nazionale doveva riunirsi venne subito chiusa, così il giorno 20 giugno i deputati del Terzo stato si riunirono
in una palestra in cui si giocava un gioco simile al tennis, la pallacorda, e pronunciarono un solenne
giuramento: non limitandosi più a chiedere il voto per testa, si impegnarono a non separarsi fino a quando
non fossero riusciti a dare alla Francia una nuova Costituzione. Le rivendicazioni del Terzo stato furono
appoggiate anche da alcuni membri degli altri due ordini: la maggioranza dei deputati del clero e una
cinquantina di nobili si unirono all’Assemblea nazionale. Il 27 giugno, Luigi XVI decise di scendere a patti e
invitò tutti i delegati ad unirsi al Terzo stato, per deliberare in seduta congiunta.
La presa della Bastiglia e la rivolta contadina
Il re, tuttavia, non aveva ancora accettato pienamente la sconfitta e il 14 luglio ordinò ad alcuni
reggimenti fedeli di marciare su Parigi per restaurare l’ordine, dopo che nella capitale la popolazione
affamate si era ribellata per protestare contro l’aumento del prezzo del pane. Quando si diffuse la voce
che truppe fedeli al re stavano marciando su Parigi, la città esplose in un grande tumulto e una folla di
manifestanti diede l’assalto alla Bastiglia, la grande fortezza-prigione in cui venivano rinchiusi i nemici del
re. La folla irruppe nella fortezza, uccise il comandante e ne portò la testa in giro per Parigi.
Negli stessi giorni, anche nelle campagne scoppiarono gravi disordini: gli insorti attaccavano i castelli dei
nobili e bruciavano gli archivi in cui i signori conservavano memoria dei diritti feudali. In altre regioni si
diffuse il fenomeno della “Grande Paura”: i contadini si armavano per respingere dei briganti immaginari,
ritenendo che vi fosse in atto una congiura dei nobili con la complicità di poveri e vagabondi, e se la
prendevano con gli intendenti, gli esattori, i funzionari reali, ecc., oppure assaltavano e bruciavano i castelli,
spesso uccidendo gli occupati.
Nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1789 l’Assemblea nazionale decise di venire incontro ad alcune delle
rivendicazioni dei contadini: i diritti sulle persone e sulle decime vennero soppressi senza riscatto, i diritti
reali (cioè sulle cose) vennero aboliti con riscatto; inoltre gli impieghi pubblici furono aperti a tutti i
cittadini. Questi provvedimenti significavano la fine dell’Ancien Régime, ovvero la cancellazione della
tradizionale società trinitaria basata sul privilegio.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
Il 26 agosto 1789, l’Assemblea nazionale, incaricata di stendere la nuova Costituzione, ne approvò il
prologo, ovvero la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, in cui venivano espressi i concetti di
libertà e di uguaglianza. L’Art. 1 afferma che gli uomini nascono liberi e uguali nei diritti; l’Art. 6 afferma
che tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alla Legge; l’Art. 17 definisce la proprietà un diritto
inalienabile2.
L’attività legislativa dell’Assemblea costituente
Il 6 ottobre 1789, un’immensa folla di popolani parigini obbligò il re a trasferirsi da Versailles a Parigi;
anche l’Assemblea nazionale si trasferì nella capitale. Il principale problema che l’Assemblea doveva
affrontare era quello finanziario (che aveva causato la convocazione degli Stati Generali). Il 2 novembre
1789 venne presa la decisione di confiscare e nazionalizzare tutte le terre del clero; il 13 febbraio 1790 si
ordinò lo scioglimento di tutti gli ordini religiosi non dediti all’assistenza o all’insegnamento e il 12 luglio
fu approvata la Costituzione civile del clero, che sottoponeva l’attività dei sacerdoti al controllo statale e
istituiva l’elezione dei parroci e vescovi. I membri del clero furono obbligati a giurare fedeltà a tale
Costituzione. Il papa si pronunciò pubblicamente contro i nuovi provvedimenti. Solo sette vescovi giurarono
2
Avvenimenti, Dichiarazioni e opere che hanno preceduto e ispirato la Dichiarazione francese: la Seconda Rivoluzione
inglese (1688-89); il Trattato sul governo di Locke (1690); la Dichiarazone di indipendenza degli Stati Uniti d’America
(1776).
fedeltà al nuovo stato rivoluzionario, mentre nel basso clero circa la metà dei sacerdoti aderirono e furono
chiamati preti giurati o costituzionali, gli altri vennero detti preti refrattari.
La Costituzione del 1791 e la nascita della monarchia costituzionale
Nel giugno 1791, il re cercò di fuggire all’estero, ma non vi riuscì e Il 13 settembre fu costretto ad
accettare la nuova Costituzione elaborata dall’Assemblea. Essa prevedeva tra le altre cose: 1) la
separazione dei poteri (dottrina ispirata da Locke e Montesquieu), il potere legislativo ad un’unica Camera,
quello esecutivo al re e al governo, quello giudiziario a un corpo di magistrati eletti dal popolo; 2)
l’abolizione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle minoranze religiose. Nonostante questi
elementi di continuità con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, vi erano anche elementi di
contraddizione, come la negazione del diritto di voto ai non abbienti (sistema elettorale basato sul censo)
e il mantenimento della condizione di schiavitù nelle colonie francesi.
Per contrastare questa impostazione non democratica (sistema censitario) a Parigi sorsero numerose
associazioni politiche (club), come i giacobini di Maximilien Robespierre e i cordiglieri di Georges Danton e
Jean-Paul Marat. Inoltre la nuova Costituzione trovò l’opposizione di alcune donne colte, sostenitrici
dell’eguaglianza fra i sessi, fra le quali si distinse soprattutto Olympe de Gouges (poi ghigliottinata).
L’inizio della guerra
Gli eventi della Rivoluzione francese misero in apprensione i sovrani europei. Fu, tuttavia, la Francia stessa
ad aprire le ostilità con l’imperatore d’Austria, presso il quale si era rifugiata la maggio parte dei nobili
emigrati (i più accesi sostenitori della guerra erano i girondini, mentre Robespierre e i giacobini tentarono
inutilmente di opporvisi). La dichiarazione di guerra fu approvata il 20 aprile 1792. Il re, fin dal luglio 1791,
in una lettera indirizzata a suo cognato, l’imperatore d’Austria Leopoldo II, aveva dichiarato che si
considerava “prigioniero a Parigi” e sperava in una pesante sconfitta militare che avrebbe riportato
l’ordine in Francia, schiacciando definitivamente la Rivoluzione.
Il colpo di stato del 10 agosto 1792
Il 10 agosto 1792, al municipio di Parigi, la vecchia amministrazione venne sostituita da una nuova
municipalità, denominata Comune. Si trattava di un organismo istituzionale finalizzato a difendere Parigi
da ogni pericolo controrivoluzionario (dei nobili, del re o dei nemici stranieri). La Comune era sostenuta
soprattutto dai sanculotti (sans culottes, senza brache), ovvero popolani così chiamati perché non
indossavano i raffinati pantaloni e le pregiate calze di seta, tipiche dell’abbigliamento di ricchi e nobili. La
maggioranza dei sanculotti era formata da bottegai, artigiani e commercianti, che non erano poveri, ma
erano esclusi dal pieno godimento dei diritti elettorali e quindi erano scontenti della Costituzione del 1791.
Il 10 agosto 1792 i sanculotti diedero l’assalto al palazzo delle Tuileries, dove risiedeva la famiglia reale3.
Luigi XVI fu catturato e portato di fronte all’Assemblea legislativa, la quale decretò la sospensione della
monarchia e indisse nuove elezioni a suffragio universale maschile: la Francia divenne una Repubblica.
Al fronte, intanto, la situazione si fece drammatica dopo la caduta di Verdun (nella Francia nord-orientale),
l’ultima piazzaforte che separava i prussiani da Parigi. La Comune fu costretta a organizzare in fretta
un’armata di 30 000 parigini. Il 20 settembre, l’esercito francese si scontrò con i prussiani a Valmy,
riuscendo a bloccare il nemico e a scongiurare l’offensiva su Parigi.
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All’assalto si associò anche un reparto di volontari venuti da Marsiglia, i quali diffusero un nuovo inno militare, la
Marsigliese, destinato a diventare il simbolo della resistenza rivoluzionaria
Il 21 settembre 1792 si riunì un’assemblea di deputati eletti a suffragio universale; il nuovo organismo fu
chiamato Convenzione e aveva l’incarico di stabilire una nuova Costituzione (dopo la deposizione del re e
la proclamazione della Repubblica).
Il processo e l’esecuzione del re
Alla Convenzione si formarono tre schieramenti: 1) i girondini, che condannavano l’assolutismo
monarchico, ma diffidavano anche dei sanculotti e volevano trasformare la Francia in un paese moderno;
2) i giacobini, guidati da Robespierre e da Louis Antoine de Saint-Just, i quali ritenevano indispensabile il
contributo dei sanculotti per la causa rivoluzionaria; questi insieme ad altri deputati ancora più vicini ai
sanculotti sedevano nelle tribune più alte e per questo vennero detti montagnardi; 3) il terzo
raggruppamento, la maggioranza dei parlamentari, era detto la Pianura o la Palude, poiché non era
apertamente schierato né coi girondini né coi giacobini.
Robespierre e Saint-Just ritenevano che Luigi XVI dovesse essere immediatamente giustiziato; invece la
maggioranza dei parlamentari ritenne di dover procedere ad un processo, che servisse anche come
insegnamento solenne al popolo francese. Il 14 gennaio 1793 venne emessa la sentenza di morte, eseguita
il 21 gennaio. L’esecuzione di Luigi XVI destò grande scalpore in tutta Europa.
La rivolta della Vandea
Dopo il successo di Valmy, la situazione militare era completamente mutata: i francesi erano riusciti ad
invadere il Belgio e la Savoia, che vennero annessi alla Repubblica. A quel punto l’Inghilterra decise di
aderire alla grande coalizione anti-francese e dichiarò guerra alla Francia il 1° febbraio 1793, insieme a
Olanda e Spagna. Ciò costrinse la Francia a decretare la leva di 300 000 uomini, provocando proteste e
tumulti (rivolta della Vandea)4.
La costituzione democratica
Nella primavera del 1793, la situazione militare divenne difficile e a Parigi i sanculotti accusarono i
girondini di non appoggiare con sufficiente energia la guerra contro i nemici della nazione, per questo
chiesero e ottennero l’arresto dei deputati della Gironda (l’iniziativa era partita dai sanculotti e non da
Robespierre).
Il 24 giugno 1793 venne approvata la nuova Costituzione. Essa introduceva il suffragio universale, fissava il
principio dell’istruzione e dell’occupazione per tutti e promuoveva l’assistenza per gli anziani. La proprietà
non era messa in discussione.
Il maximum e il Terrore
I sanculotti più radicali non erano pienamente soddisfatti dalla Costituzione del giugno 1793. Questi
chiedevano il cosiddetto maximum, cioè la fissazione di un tetto massimo dei prezzi. Tale provvedimento
venne effettivamente approvato il 29 settembre 1793.
A partire dal settembre 1793 in Francia prese avvio il periodo del cosiddetto Terrore, che trovò i suoi
principali strumenti nel Comitato di salute pubblica e nel Tribunale rivoluzionario, che intentò processi
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Il 10 marzo 1793 seicento paesi della Vandea insorsero contro le truppe della Repubblica e diedero vita a un tragico
periodo di guerra civile che durò alcuni anni. La repressione dell’esercito repubblicano fu durissima e provocò la morte
di 250 000 vandeani (un terzo dell’intera popolazione).
sommari e rapide esecuzioni per tutti coloro che venivano giudicati, a toro o a ragione, nemici della
Rivoluzione e cospiratori.
Uno dei principali capi della rivolta dei sanculotti che provocò la sconfitta dei girondini e che sfociò in una
brutale violenza nei mesi successivi era il giornalista Jean-Paul Marat. Il 13 luglio 1793, Marat venne
assassinato (pugnalato nel suo bagno da una giovane donna di nome Charlotte Corday). Il suo posto alla
guida dei cordiglieri e dei sanculotti venne assunto da René Hébert. Nel marzo del 1794 Robespierre e gli
altri membri del Comitato di salute pubblica decisero di arrestare e processare Hébert e altri capi dei
sanculotti (finiva così il dualismo dei poteri tra Comune e Convenzione). Nella primavera-estate del 1794 il
Terrore raggiunse il suo culmine (1285 condanne). A tale situazione di Terrore si oppose Danton, ma fu
accusato, dal Comitato, di complotto controrivoluzionario, e ucciso nell’aprile 17945.
La politica di scristianizzazione
Prima di sciogliersi ed essere sostituita dalla Convenzione, l’Assemblea legislativa approvò, il 20 settembre
1792, una legge che istituiva il matrimonio civile ed un’altra che ammetteva il divorzio. In seguito, la
Convenzione vietò le processioni, chiuse gli edifici adibiti al culto e rimosse le campane. Il 5 ottobre 1793, la
Convenzione approvò la sostituzione del calendario cristiano con un altro in cui l’evento del 22 settembre
1792 (la proclamazione della Repubblica) segnava l’inizio di una nuova era.
Robespierre era convinto che senza credere in una ricompensa ultraterrena gli uomini non avrebbero
perseguito la virtù e non sarebbero stati disposti a sacrificare la propria vita per la nazione. Pertanto
ottenne che la Convenzione approvasse un decreto nel quale riconosceva l’esistenza dell’Essere Supremo e
dell’immortalità dell’anima. L’8 giugno 1794, insieme al pittore Jacques-Louis David, Robespierre organizzò
a Parigi una grande festa nazionale per rendere solenne omaggio all’Essere Supremo.
La costituzione moderata del 1795
Nel momento in cui celebrava la festa dell’Essere Supremo, Robespierre sembrò toccare il massimo del
proprio potere. In realtà, la sua situazione era già molto difficile, in quanto i giacobini nell’estate del 1794
erano isolati. Da un lato, la repressione nei confronti dei cordiglieri (marzo 1794) aveva privato
Robespierre del sostegno dei sanculotti e del popolo di Parigi; dall’altro i deputati di estrazione borghese
della Pianura ritenevano che l’emergenza fosse superata e che il Terrore potesse essere attenuato. Il 27
luglio (9 Termidoro), Robespierre, Saint-Just e altri giacobini furono arrestati e il giorno seguente, senza
processo, giustiziati. Il 5 agosto iniziò la liberazione dei detenuti arrestati a causa del Terrore. Parigi
abbandonò la pesante atmosfera che gravava su di lei all’epoca del governo giacobino e riaprirono i teatri, i
salotti, i balli e l’abbigliamento stesso torno ad essere più raffinato. Inoltre, riapparvero la libertà di stampa
e la discussione politica.
Il 22 agosto 1795 venne promulgata una nuova Costituzione (la terza, dopo quelle del 1791 e 1793). Essa
stabiliva che il potere esecutivo fosse affidato ad un Direttorio, un collegio di 5 membri, mentre il potere
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La ghigliottina era lo strumento simbolo del Terrore. Essa prese il nome del deputato Guillotin che propose che la
pena capitale avvenisse in modo uguale per tutti per mezzo della decapitazione ed entrò ufficialmente in funzione nel
1792. Si trattava di una pena capitale illuminista per eccellenza, in quanto otteneva il proprio scopo nel modo più
razionale, senza infliggere al condannato inutili e prolungate sofferenze. Inoltre si trattava anche di una esecuzione
spettacolare, capace di intimorire e impressionare il pubblico e allo stesso tempo di entusiasmarlo (tali sentimenti
raggiungevano il climax quando il boia sollevava la testa e la mostrava al pubblico).
legislativo era assegnato a due Camere (Consiglio dei Cinquecento e Consiglio degli Anziani), elette a
suffragio censitario.
Fasi della Rivoluzione
1791-1792: fase monarchica e Assemblea
legislativa. Suffragio censitario
moderata
Costituzione del 1791
1792-1794: fase repubblicana e Convenzione. Costituzione del Suffragio universale
democratica
1793
1794-1799: fase repubblicana e Direttorio. Costituzione del 1795
moderata
Suffragio censitario
Difficoltà economiche e tumulti sociali
Con il nuovo clima politico, furono riaperte al culto le chiese e fu abolito il maximum, ovvero la
regolamentazione dei prezzi, i quali, a differenza di quanto si credesse, presero di nuovo ad aumentare
notevolmente. Il popolo di Parigi, nella primavera 1795, insorse chiedendo “Pane e Costituzione del 1793”,
ma i tumulti furono repressi facilmente dalle truppe governative (neppure la Congiura degli Eguali
capeggiata da Gracco Babeuf ottenne alcun risultato).
La campagna d’Italia
Nel 1796 il paese era in ginocchio, sull’orlo della bancarotta. Il Direttorio si convinse che l’unica soluzione
era continuare la guerra, con l’obiettivo di trasferire ricchezze dalle regioni conquistate. Il piano del
Direttorio prevedeva un’offensiva su due fronti: sul Reno, che doveva essere l’attacco principale, e in Italia
Settentrionale, guidata dal giovane generale Napoleone Bonaparte (1769-1821). Nel corso dell’estate del
1796, l’offensiva sul Reno venne bloccata dagli austriaci; mentre in Italia Bonaparte riuscì a sconfiggere
l’esercito nemico e ad entrare trionfalmente a Milano il 15 maggio. Napoleone stipulò, inoltre, con gli
austriaci una pace molto vantaggiosa, chiamata Trattato di Campoformio, in base alla quale la Francia
acquisì i Paesi Bassi austriaci (cioè il Belgio) e le terre della riva sinistra del Reno; l’Austria fu costretta a
ritirarsi anche dalla Lombardia, ma in cambio Bonaparte le concesse di occupare la Repubblica di Venezia,
che perse la sua millenaria indipendenza6.
L’ampliamento del conflitto e l’espansione territoriale della Francia
Dopo la pace con l’Austria, solo l’Inghilterra continuava a combattere contro la Francia rivoluzionaria.
L’esercito francese maturò allora l’idea di disturbare gli inglesi nei loro possedimenti coloniali in India, ma
per questo era prima indispensabile conquistare l’Egitto. Il comando della spedizione d’Egitto (nel corso
della quale fu rinvenuta la famosa stele di Rosetta) venne assegnato a Bonaparte. Giunto in Egitto,
Napoleone sconfisse l’esercito dei mamelucchi (mercenari al servizio del sultano); tuttavia, la flotta
francese incaricata di rifornire l’esercito, venne distrutta da quella inglese (comandata da Horace Nelson)
nella rada di Abukir, con il risultato che l’esercito di Napoleone si trovò isolato e lontano dalla Patria.
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Il Trattato di Campoformio destò lo sdegno di numerosi intellettuali italiani che avevano accolto Napoleone come un
liberatore, ma che rimasero delusi quando capirono che la Francia rivoluzionaria aveva trattato il popolo italiano e le
sue terre nello stesso modo in cui, in passato, avevano fatto Austria e Spagna.
In Italia, dopo la partenza di Napoleone, l’esercito francese procedette ad ulteriori conquiste e
all’istituzione di varie repubbliche (le “Repubbliche sorelle”), formalmente indipendenti, ma di fatto
protettorati francesi: la Repubblica Cisalpina (con capitale Milano e comprendente la Lombardia insieme a
Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia); la Repubblica Ligure; la Repubblica Romana; la Repubblica
Partenopea. Sfuggivano al dominio napoleonico solo la Sicilia e la Sardegna (a causa della presenza della
potente flotta inglese nel Mediterraneo). Le Repubbliche sorelle decaddero nel 1799, ma i francesi
riconquistarono l’Italia nel 1800-1801. In quel momento l’ex Repubblica Cisalpina prenderà il nome di
Repubblica Italiana e nel 1805 di Regno d’Italia.
Bonaparte al potere
Sconfitta su tutti i fronti, la Repubblica francese dovette affrontare, nell’estate 1799, una crisi militare.
Bonaparte, che all’inizio di ottobre abbandonò l’esercito bloccato in Egitto e ritornò in Francia, mise in atto
un colpo di stato, che si realizzò il 18 brumaio 1799 (10 novembre). Il Direttorio fu soppresso e il potere
passò completamente nelle mani di Napoleone, che assunse il titolo di Primo console. Formalmente la
Repubblica continuava ad esistere anche se di fatto si era in presenza di una dittatura militare. Nel
dicembre 1799 fu varata una nuova Costituzione (la quarta, dell’anno VIII), che stabiliva la concentrazione
del potere esecutivo nelle mani del Primo console (Napoleone). Sul piano amministrativo una riforma
destinata a durare per 150 anni introdusse un forte accentramento del potere: dipartimenti, cantoni e
comuni vennero affidati rispettivamente a prefetti, sottoprefetti e sindaci, nominati dal governo e
responsabili di fronte ad esso. I magistrati inoltre divennero funzionari nominati dal Primo console.
Le prime preoccupazioni di Napoleone furono di natura militare: occorreva riconquistare l’Italia e imporre
di nuovo l’egemonia francese in Europa. Il primo obiettivo fu raggiunto con la vittoria di Marengo (14
giugno 1800); il secondo grazie alla battaglia di Hohenlinden, in Baviera, che aprì all’esercito francese la
strada per Vienna e obbligò l’imperatore d’Austria e lo zar a porre fine alla guerra (pace di Luneville, 9
febbraio 1801). Un anno più tardi anche l’Inghilterra accettò di venire a patti con la Francia e firmò la pace
di Amiens (25 marzo 1802).
Finalmente libero da preoccupazioni militari, Napoleone poté riorganizzare la società francese. Il 21 marzo
1804 fu promulgato il Codice civile, che fu il risultato più duraturo del regime napoleonico. Il Codice
Napoleonico è uno dei più celebri codici civili del mondo. Creato da una commissione con il compito di
raccogliere in un unico corpus giuridico la tradizione giuridica francese. Il Codice Napoleonico è ricordato
ancora oggi per essere stato il primo codice moderno, introducendo chiarezza e semplicità delle norme e
soprattutto riducendo ad unità il soggetto giuridico. Esso ruotava attorno a due elementi fondamentali:
l’interesse dello stato e il diritto di proprietà. Il regime napoleonico è uno stato fortemente accentrato, in
cui tutte le decisioni vengono prese dalla capitale; in periferia, l’autorità principale era il prefetto,
nominato dal governo e incaricato di far eseguire tutte le direttive emanate dal centro. La proprietà era
considerata un diritto inviolabile e veniva liberata da ogni vincolo che ne limitasse la circolazione,
l’acquisto o la vendita (in pratica significava l’abolizione di tutte le usanze giuridiche tipiche dell’ancien
régime, finalizzate a impedire la divisione in lotti delle vaste tenute nobiliari). Altri aspetti del Codice: tutti i
cittadini venivano considerati uguali di fronte alla legge; venne introdotto il matrimonio puramente civile
e il divorzio; venne proclamata la laicità dell’istruzione pubblica e si assegnò particolare importanza alle
scuole superiori (chiamate licei), finalizzate a fornire validi funzionari all’apparato militare e civile dello
stato.
L’Impero
Il 2 dicembre 1804, alla presenza del pontefice Pio VII, nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi,
Napoleone cinse la corona di imperatore dei francesi e si incoronò personalmente.
Nel 1805, l’Inghilterra riprese la guerra contro la Francia e ricevette subito l’appoggio dell’Austria e della
Russia. L’esercito dei due imperatori venne però sbaragliato ad Austerlitz (2 dicembre 1805). La Francia,
invece, non riuscì mai a battere l’Inghilterra sul mare: la flotta inglese, anzi, nell’ottobre 1805 riuscì ad
annientare quella francese nella grande battaglia di Trafalgar, nel corso della quale perse la vita
l’ammiraglio Nelson. La resistenza inglese spronò gli altri paesi nemici della Francia a dar vita a una nuova
coalizione, capeggiata questa volta dalla Prussia. Ma anche l’esercito prussiano fu annientato, nel 1806,
con il risultato che Napoleone controllava ormai l’intero continente europeo. Non riuscendo a sconfiggere
la flotta inglese, Bonaparte organizzò un blocco economico: impose a tutti i paesi europei di non
commerciare con l’Inghilterra. Nel 1807-1808, Napoleone procedette all’invasione del Portogallo e della
Spagna, ma alcune truppe inglesi guidate dal duca di Wellington riuscirono a conservare il controllo
britannico del Portogallo.
Nel frattempo l’embargo nei confronti dell’Inghilterra non diede i frutti sperati, in quanto gli inglesi
salvarono la propria economia intensificando i commerci con l’America, mentre tutti i porti sotto egemonia
francese subirono danni gravissimi dal blocco dei commerci con l’Inghilterra.
La sconfitta di Napoleone
Quando lo zar decise di non rispettare più il blocco commerciale con l’Inghilterra imposto dalla Francia,
Napoleone organizzò una grandiosa spedizione contro la Russia (600 000 uomini reclutati non solo in
Francia, ma anche in Germania e in Italia). L’invasione ebbe inizio il 24 giugno 1812 e fu caratterizzata in un
primo tempo da un grande successo, al punto che il 14 settembre Napoleone riuscì ad entrare a Mosca. A
quel punto però divenne drammatico il problema dei rifornimenti, anche perché i russi avevano adottato
la tattica della terra bruciata, per cui distrussero i raccolti ed ogni altro bene che potesse tornare utile agli
invasori (arrivando addirittura ad appiccare il fuoco a Mosca). L’incalzare dell’inverno rese del tutto
impossibile un’ulteriore permanenza in territorio russo dell’esercito napoleonico, che fu costretto a
ritirarsi in mezzo alla neve. Già decimate dal freddo e dalla fame, le truppe francesi dovettero sostenere i
continui attacchi dei russi (soprattutto nel momento in cui dovettero varcare il fiume Beresina). La Grande
Armata aveva perso circa 400 000 soldati. Tutti gli avversari di Napoleone (primi fra tutti i prussiani e gli
austriaci) unirono le proprie forze e riuscirono a infliggere all’imperatore la gravissima sconfitta di Lipsia
(16-18 ottobre 1813). Dopo che il territorio francese fu invaso e la stessa Parigi assediata, Napoleone
accettò di abdicare e di ritirarsi sull’isola d’Elba. Nel 1815, tornò a Parigi e fece un ultimo tentativo di
riprendere il potere; la sua avventura tuttavia si concluse definitivamente a Waterloo (15 giugno 1815),
per opera dell’esercito inglese e di quello prussiano. Catturato dagli inglesi e obbligato a risiedere nella
piccola isola di Sant’Elena, sperduta nell’Atlantico, Napoleone morì di cancro il 5 maggio 1821.