la rivoluzione francese - i nostri tempi supplementari

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LA RIVOLUZIONE FRANCESE
Un paese prevalentemente agricolo
Nel 1774, all’età di vent’anni, Luigi XVI divenne re di Francia.
Intorno al 1780, la Francia era in piena espansione economica e l’80%
della popolazione era composto di contadini.
I grandi proprietari terrieri, soprattutto nobili, erano gli unici che riuscivano
a trarre ricchezza dalla campagna, con la vendita dei loro prodotti; la
maggior parte della popolazione, invece, non produceva per il mercato, ma
per il consumo personale.
I contadini francesi
Consistenza numerica:Costituiscono l’80% della popolazione globale
Accesso alla proprietà terriera: Possiedono poderi di piccole dimensioni
Capacità produttiva: Producono per la propria sussistenza, non per il
mercato
Una società basata sul privilegio
Il regno di Francia era una monarchia assoluta: il sovrano non divideva il
potere con nessuna istituzione.
L’Assemblea degli Stati Generali, che veniva convocata solo per approvare
l’introduzione di nuove tasse, non funzionava più dal 1614. L’espressione
Assemblea degli Stati Generali derivava dal fatto che essa radunava i
rappresentanti dei tre ordini o stati: il clero, la nobiltà e il Terzo Stato
(coloro che lavorano).
Si trattava di una società piramidale, organizzata in modo diseguale e
gerarchico, dove due gruppi godevano di grandi privilegi, mentre la larga
base formata dal Terzo Stato era priva di qualsiasi vantaggio.
La società contemporanea è articolata in classi sociali e non in stati. Sotto
questo profilo essa è figlia della Rivoluzione francese, il cui lascito più duraturo
è proprio la cancellazione della società strutturata per ordini e la sua
sostituzione con una società articolati per classi sociali. Una classe sociale è, in
effetti, un gruppo della società i cui membri hanno in comune un determinato
livello, più o meno elevato, di ricchezza, che può aumentare o diminuire. Uno
stato, al contrario, è una categoria che raggruppa individui caratterizzati
dal fatto di possedere (clero e nobiltà), oppure di non possedere
(Terzo stato) determinati privilegi. Così il grande mercante e il povero
contadino appartenevano entrambi al Terzo stato, mentre l’arcivescovo di una
grande città e il semplice sacerdote all’ordine del clero.
Ancien Régime e società moderna a confronto
Ancien Régime (società strutturata per ordini)
Alcuni sudditi godono di privilegi specifici, negati agli altri.
I sudditi sono trattati dallo Stato in modi diversi, a seconda dell’ordine in cui si
trovano.
Ogni ordine comprende individui diversissimi tra loro quanto a ricchezza
posseduta.
Società moderna (società strutturata per classi)
Tra i cittadini esistono notevoli differenze quanto alla ricchezza posseduta.
I cittadini sono tutti uguali davanti allo stato: possiedono uguali diritti ed uguali
doveri.
Una classe sociale comprende individui che possiedono un’analoga quantità di
ricchezza.
I gruppi privilegiati
La popolazione intorno al 1780:
Clero: 150 000
Nobiltà: 350 000
Terzo Stato: 24 500 000
Il principale privilegio del clero era l’esonero dal pagamento di
imposte sulle proprietà fondiarie; inoltre ogni francese doveva versare
ogni anno al proprio parroco una parte del proprio reddito (decima).
Anche la nobiltà aveva il privilegio di non pagare imposte sulla terra. Un
secondo privilegio era legato alla modalità di trasmissione ereditaria dei
patrimoni: per evitare che le grandi tenute fossero spezzate la proprietà
era trasferita integralmente al maschio primogenito, il quale a sua
volta si impegnava a non venderne nessuna porzione. Si poneva il
problema per i figli che restavano privi di eredità (cadetti), ai quali erano
q u i n d i r i s e r va t e i m p o r t a n t i c a r r i e r e n e l s e r v i z i o m i l i t a r e ( o
amministrazione dello stato) o nel mondo ecclesiastico: tutti i vescovi
e abati dei principali monasteri francesi (alto clero) erano di origine
nobiliare, così come tutte le più alte cariche dell’esercito e dello stato.
L’aristocrazia godeva di un altro notevole vantaggio (anche questo di origine
medievale): la signoria bannale. Si trattava di un potere giurisdizionale
esercitato da grandi possessori terrieri anche su persone e beni non
appartenenti al proprio patrimonio fondiario. In pratica tutti i contadini
della zona finivano per essere servitori del nobile ed erano obbligati a
versare tributi in denaro, in cambio dei quali potevano utilizzare alcuni
strumenti essenziali di cui il signore deteneva il monopolio (torchio per
il vino, forno, mulino). Nessuno poi poteva vendere il vino se prima il
signore non aveva venduto tutto il proprio, o far figliare animali senza
ricorrere al toro o al verro (maiale da riproduzione) del signore. Infine
il signore, in casi eccezionali, poteva anche richiedere una tassa
straordinaria (detta taglia).
Nel Settecento, però, questi privilegi dei nobili trovano un certo limite
nella monarchia assoluta, la quale si arroga tutti i poteri politici e
giudiziari, pertanto il re era una figura amatissima dai sudditi, che
guardavano al sovrano come al loro protettore dagli abusi dei signori
locali.
Gli ordini privilegiati
Privilegi del clero
Sacerdoti e religiosi non pagano imposte sulla proprietà fondiaria e
percepiscono decime dai fedeli.
Privilegi della nobiltà
I nobili non pagano imposte sulla proprietà fondiaria, hanno il monopolio delle
cariche più prestigiose (civili, militari, ecclesiastiche) e percepiscono tributi dai
contadini.
La convocazione degli Stati Generali
Nel 1786 gravava sulla Francia un pesantissimo deficit economico dovuto al
dispendio di risorse per l’appoggio alle colonie americane nella loro
guerra di indipendenza contro l’Inghilterra.
Per colmare il pesantissimo deficit era necessario procedere a una riforma
fiscale che colpisse tutte le terre senza eccezione (anche quelle dei
ceti privilegiati).
Con l’obiettivo di opporsi a questi tentativi di riforma, gli aristocratici
pretesero e ottennero che il sovrano convocasse gli Stati Generali.
L’8 agosto 1788, il re accettò di convocare gli Stati Generali. Benché
questa convocazione fosse richiesta dalla nobiltà, ben presto il processo le
sfuggì di mano e l’iniziativa passò alla borghesia, che faceva parte del
Terzo Stato.
Il Terzo Stato
Il Terzo Stato comprendeva l’insieme di tutti coloro che non erano né
sacerdoti, né aristocratici, ovvero il 98% della popolazione.
La grande maggioranza era composta da contadini più o meno poveri, ma vi
erano anche grandi mercanti, imprenditori e artigiani, liberi
professionisti colti (avvocati, notai, medici…) e semplici garzoni di
bottega.
Tutti accomunati dal non godere alcun privilegio, ovvero dal dover
versare tutte le imposte che lo stato chiedeva loro e pertanto nutriti da un
certo rancore nei confronti dei gruppi privilegiati.
Non appena il sovrano ebbe convocato gli Stati Generali, nelle
principali città francesi sorse un grande movimento d’opinione, per
chiedere che il numero dei delegati del Terzo stato fosse doppio
rispetto a quello dei nobili e del clero (fino al 1641 ogni gruppo
mandava a Parigi un egual numero di delegati).
Luigi XVI accolse la richiesta di raddoppiamento, pensando così di
limitare la forza dell’aristocrazia.
L’Assemblea nazionale
Nella fase preparatoria, durante la quale dovevano essere eletti i
rappresentanti del Terzo stato, si tennero animati dibattiti nel corso dei quali i
francesi potevano elencare i motivi del loro malcontento ed esporre al re le loro
rimostranze nei cahiers de doléances.
Il 5 maggio 1789, Luigi XVI aprì i lavori degli Stati Generali a
Versailles: vi erano 561 deputati del Primo (291) e Secondo stato
(270), contro i 578 del Terzo stato.
Tra i deputati del Terzo stato non c’era alcun rappresentate dei
contadini, artigiani e operai; vi erano invece banchieri, ricchi
commercianti, imprenditori, grossi proprietari terrieri e avvocati (il
gruppo più numeroso).
Una simile situazione non garantiva ancora un vantaggio politico del
Terzo stato, perché le votazioni erano tradizionalmente effettuate per
ordine, e in genere nobili e clero votavano congiuntamente, visto che
avevano interessi comuni.
I deputati del Terzo Stato richiesero allora che la votazione avvenisse
per testa, in un’unica camera.
Il re tuttavia non acconsentì e anche i nobili rifiutarono nettamente di
discutere la questione.
I deputati del Terzo Stato allora decisero di passare all’offensiva: il 17
giugno 1789 dichiararono che, da soli, essi rappresentavano l’intera
nazione e decisero di definire se stessi “Assemblea nazionale”.
La sala in cui questa Assemblea nazionale doveva riunirsi venne subito
chiusa, così il giorno 20 giugno i deputati del Terzo stato si riunirono in
una palestra in cui si giocava un gioco simile al tennis, la pallacorda, e
pronunciarono un solenne giuramento: non limitandosi più a chiedere
il voto per testa, si impegnarono a non separarsi fino a quando non
fossero riusciti a dare alla Francia una nuova Costituzione.
Le rivendicazioni del Terzo stato furono appoggiate anche da alcuni
membri degli altri due ordini: la maggioranza dei deputati del clero e
una cinquantina di nobili si unirono all’Assemblea nazionale.
Il 27 giugno, Luigi XVI decise di scendere a patti e invitò tutti i
delegati a unirsi al Terzo stato, per deliberare in seduta congiunta.
La presa della Bastiglia e la rivolta contadina
Il re, tuttavia, non aveva ancora accettato pienamente la sconfitta e il
14 luglio ordinò ad alcuni reggimenti fedeli di marciare su Parigi per
restaurare l’ordine, dopo che nella capitale la popolazione affamata si era
ribellata per protestare contro l’aumento del prezzo del pane.
Quando si diffuse la voce che truppe fedeli al re stavano marciando su Parigi, la
città esplose in un grande tumulto e una folla di manifestanti diede
l’assalto alla Bastiglia, la grande fortezza-prigione in cui venivano
rinchiusi i nemici del re. La folla irruppe nella fortezza, uccise il comandante
e ne portò la testa in giro per Parigi.
Negli stessi giorni, anche nelle campagne scoppiarono gravi disordini:
gli insorti attaccavano i castelli dei nobili e bruciavano gli archivi in cui
i signori conservavano memoria dei diritti feudali. In altre regioni si
diffuse il fenomeno della “Grande Paura”: i contadini si armavano per
respingere dei briganti immaginari, ritenendo che vi fosse in atto una congiura
dei nobili con la complicità di poveri e vagabondi, e se la prendevano con gli
intendenti, gli esattori, i funzionari reali, oppure assaltavano e
bruciavano i castelli, spesso uccidendo gli occupati.
Nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1789 l’Assemblea nazionale decise di
venire incontro ad alcune delle rivendicazioni dei contadini: i diritti
sulle persone e sulle decime vennero soppressi senza riscatto, i diritti
reali (cioè sulle cose) vennero aboliti con riscatto; inoltre gli impieghi
pubblici furono aperti a tutti i cittadini.
Questi provvedimenti significavano la fine dell’Ancien Régime, ovvero la
cancellazione della tradizionale società trinitaria basata sul privilegio.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
Il 26 agosto 1789, l’Assemblea nazionale, incaricata di stendere la nuova
Costituzione, ne approvò il prologo, ovvero la Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino, in cui venivano espressi i concetti di libertà e
di uguaglianza. L’Art. 1 afferma che gli uomini nascono liberi e uguali nei
diritti; l’Art. 6 afferma che tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alla
Legge; l’Art. 17 definisce la proprietà un diritto inalienabile.
L’attività legislativa dell’Assemblea costituente
Il 6 ottobre 1789, un’immensa folla di popolani parigini obbligò il re a
trasferirsi da Versailles a Parigi; anche l’Assemblea nazionale si trasferì
nella capitale.
Il principale problema che l’Assemblea doveva affrontare era quello
finanziario (che aveva causato la convocazione degli Stati Generali).
Il 2 novembre 1789 venne presa la decisione di confiscare e
nazionalizzare tutte le terre del clero; il 13 febbraio 1790 si ordinò lo
scioglimento di tutti gli ordini religiosi non dediti all’assistenza o
all’insegnamento e il 12 luglio fu approvata la Costituzione civile del
clero, che sottoponeva l’attività dei sacerdoti al controllo statale e
istituiva l’elezione dei parroci e vescovi. I membri del clero furono
obbligati a giurare fedeltà a tale Costituzione.
Il papa si pronunciò pubblicamente contro i nuovi provvedimenti.
Solo sette vescovi giurarono fedeltà al nuovo stato rivoluzionario,
mentre nel basso clero circa la metà dei sacerdoti aderirono e furono
chiamati preti giurati o costituzionali, gli altri vennero detti preti
refrattari.
La Costituzione del 1791 e la nascita della monarchia costituzionale
Nel giugno 1791, il re cercò di fuggire all’estero, ma non vi riuscì e Il 13
settembre fu costretto ad accettare la nuova Costituzione elaborata
dall’Assemblea.
Essa prevedeva tra le altre cose: 1) la separazione dei poteri (dottrina
ispirata da Locke e Montesquieu), il potere legislativo ad un’unica
Camera, quello esecutivo al re e al governo, quello giudiziario a un corpo
di magistrati eletti dal popolo; 2) l’abolizione di ogni forma di
discriminazione nei confronti delle minoranze religiose.
Nonostante questi elementi di continuità con la Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino, vi erano anche elementi di contraddizione, come la
negazione del diritto di voto ai non abbienti (sistema elettorale basato
sul censo) e il mantenimento della condizione di schiavitù nelle colonie
francesi.
Per contrastare questa impostazione non democratica a Parigi sorsero
numerose associazioni politiche (club), come i giacobini di Maximilien
Robespierre e i cordiglieri di Georges Danton e Jean-Paul Marat. Inoltre
la nuova Costituzione trovò l’opposizione di alcune donne colte, sostenitrici
dell’eguaglianza fra i sessi, fra le quali si distinse soprattutto Olympe de
Gouges (poi ghigliottinata).
L’inizio della guerra
Gli eventi della Rivoluzione francese misero in apprensione i sovrani
europei.
Fu, tuttavia, la Francia stessa ad aprire le ostilità con l’imperatore
d’Austria, presso il quale si era rifugiata la maggior parte dei nobili
emigrati (i più accesi sostenitori della guerra erano i girondini, mentre
Robespierre e i giacobini tentarono inutilmente di opporvisi).
La dichiarazione di guerra fu approvata il 20 aprile 1792.
Il re, fin dal luglio 1791, in una lettera indirizzata a suo cognato, l’imperatore
d’Austria Leopoldo II, aveva dichiarato che si considerava “prigioniero a
Parigi” e sperava in una pesante sconfitta militare che avrebbe riportato
l’ordine in Francia, schiacciando definitivamente la Rivoluzione.
Il colpo di stato del 10 agosto 1792
Il 10 agosto 1792, al municipio di Parigi, la vecchia amministrazione venne
sostituita da una nuova municipalità, denominata Comune. Si trattava di
un organismo istituzionale finalizzato a difendere Parigi da ogni
pericolo controrivoluzionario (dei nobili, del re o dei nemici stranieri).
La Comune era sostenuta soprattutto dai sanculotti (sans culottes, senza
brache), ovvero popolani così chiamati perché non indossavano i
raffinati pantaloni e le pregiate calze di seta, tipiche dell’abbigliamento
di ricchi e nobili. La maggioranza dei sanculotti era formata da bottegai,
artigiani e commercianti, che non erano poveri, ma erano esclusi dal
pieno godimento dei diritti elettorali e quindi erano scontenti della
Costituzione del 1791.
Il 10 agosto 1792 i sanculotti diedero l’assalto al palazzo delle Tuileries,
dove risiedeva la famiglia reale.
Luigi XVI fu catturato e portato di fronte all’Assemblea legislativa, la
quale decretò la sospensione della monarchia e indisse nuove elezioni
a suffragio universale maschile: la Francia divenne una Repubblica.
Al fronte, intanto, la situazione si fece drammatica dopo la caduta di
Verdun (nella Francia nord-orientale), l’ultima piazzaforte che separava i
prussiani da Parigi.
La Comune fu costretta a organizzare in fretta un’armata di 30 000 parigini. Il
20 settembre, l’esercito francese si scontrò con i prussiani a Valmy,
riuscendo a bloccare il nemico e a scongiurare l’offensiva su Parigi.
Il 21 settembre 1792 si riunì un’assemblea di deputati eletti a
suffragio universale; il nuovo organismo fu chiamato Convenzione e
aveva l’incarico di stabilire una nuova Costituzione (dopo la
deposizione del re e la proclamazione della Repubblica).
Il processo e l’esecuzione del re
Alla Convenzione si formarono tre schieramenti: 1) i girondini, che
condannavano l’assolutismo monarchico, ma diffidavano anche dei
sanculotti e volevano trasformare la Francia in un paese moderno; 2) i
giacobini, guidati da Robespierre e da Louis Antoine de Saint-Just, i quali
ritenevano indispensabile il contributo dei sanculotti per la causa
rivoluzionaria; questi insieme ad altri deputati ancora più vicini ai sanculotti
sedevano nelle tribune più alte e per questo vennero detti
montagnardi; 3) il terzo raggruppamento, la maggioranza dei
parlamentari, era detto la Pianura o la Palude, poiché non era
apertamente schierato né coi girondini né coi giacobini.
Robespierre e Saint-Just ritenevano che Luigi XVI dovesse essere
immediatamente giustiziato; invece la maggioranza dei parlamentari ritenne di
dover procedere ad un processo, che servisse anche come insegnamento
solenne al popolo francese.
Il 14 gennaio 1793 venne emessa la sentenza di morte, eseguita il 21
gennaio. L’esecuzione di Luigi XVI destò grande scalpore in tutta Europa.
La rivolta della Vandea
Dopo il successo di Valmy, la situazione militare era completamente mutata: i
francesi erano riusciti ad invadere il Belgio e la Savoia, che vennero
annessi alla Repubblica.
A quel punto l’Inghilterra decise di aderire alla grande coalizione antifrancese e dichiarò guerra alla Francia il 1° febbraio 1793, insieme a
Olanda e Spagna.
Ciò costrinse la Francia a decretare la leva di 300 000 uomini, provocando
proteste e tumulti (rivolta della Vandea) .
La costituzione democratica
Nella primavera del 1793, la situazione militare divenne difficile e a Parigi i
sanculotti accusarono i girondini di non appoggiare con sufficiente
energia la guerra contro i nemici della nazione, per questo chiesero e
ottennero l’arresto dei deputati della Gironda (l’iniziativa era partita dai
sanculotti e non da Robespierre).
Il 24 giugno 1793 venne approvata la nuova Costituzione. Essa
introduceva il suffragio universale, fissava il principio dell’istruzione e
dell’occupazione per tutti e promuoveva l’assistenza per gli anziani. La
proprietà non era messa in discussione.
Il maximum e il Terrore
I sanculotti più radicali non erano pienamente soddisfatti dalla
Costituzione del giugno 1793. Questi chiedevano il cosiddetto
maximum, cioè la fissazione di un tetto massimo dei prezzi. Tale
provvedimento venne effettivamente approvato il 29 settembre 1793.
A partire dal settembre 1793 in Francia prese avvio il periodo del
cosiddetto Terrore, che trovò i suoi principali strumenti nel Comitato di
salute pubblica e nel Tribunale rivoluzionario, che intentò processi
sommari e rapide esecuzioni per tutti coloro che venivano giudicati, a
torto o a ragione, nemici della Rivoluzione e cospiratori.
Uno dei principali capi della rivolta dei sanculotti che provocò la
sconfitta dei girondini e che sfociò in una brutale violenza nei mesi
successivi era il giornalista Jean-Paul Marat. Il 13 luglio 1793, Marat
venne assassinato (pugnalato nel suo bagno da una giovane donna di
nome Charlotte Corday).
Il suo posto alla guida dei cordiglieri e dei sanculotti venne assunto da
René Hébert.
Nel marzo del 1794 Robespierre e gli altri membri del Comitato di
salute pubblica decisero di arrestare e processare Hébert e altri capi
dei sanculotti (finiva così il dualismo dei poteri tra Comune e Convenzione).
Nella primavera-estate del 1794 il Terrore raggiunse il suo culmine
(1285 condanne).
A tale situazione di Terrore si oppose Danton, ma fu accusato, dal
Comitato, di complotto controrivoluzionario, e ucciso nell’aprile 1794.
La politica di scristianizzazione
Prima di sciogliersi ed essere sostituita dalla Convenzione, l’Assemblea
legislativa approvò, il 20 settembre 1792, una legge che istituiva il
matrimonio civile ed un’altra che ammetteva il divorzio.
In seguito, la Convenzione vietò le processioni, chiuse gli edifici adibiti
al culto e rimosse le campane.
Il 5 ottobre 1793, la Convenzione approvò la sostituzione del calendario
cristiano con un altro in cui l’evento del 22 settembre 1792 (la
proclamazione della Repubblica) segnava l’inizio di una nuova era.
Robespierre era convinto che senza credere in una ricompensa
ultraterrena gli uomini non avrebbero perseguito la virtù e non
sarebbero stati disposti a sacrificare la propria vita per la nazione.
Pertanto ottenne che la Convenzione approvasse un decreto nel quale
riconosceva l’esistenza dell’Essere Supremo e dell’immortalità
dell’anima. L’8 giugno 1794, insieme al pittore Jacques-Louis David,
Robespierre organizzò a Parigi una grande festa nazionale per rendere solenne
omaggio all’Essere Supremo.
La costituzione moderata del 1795
Nel momento in cui celebrava la festa dell’Essere Supremo, Robespierre
sembrò toccare il massimo del proprio potere. In realtà, la sua situazione
era già molto difficile, in quanto i giacobini nell’estate del 1794 erano
isolati. Da un lato, la repressione nei confronti dei cordiglieri (marzo
1794) aveva privato Robespierre del sostegno dei sanculotti e del
popolo di Parigi; dall’altro i deputati di estrazione borghese della
Pianura ritenevano che l’emergenza fosse superata e che il Terrore
potesse essere attenuato.
Il 27 luglio (9 Termidoro), Robespierre, Saint-Just e altri giacobini
furono arrestati e il giorno seguente, senza processo, giustiziati.
Il 5 agosto iniziò la liberazione dei detenuti arrestati a causa del Terrore.
Parigi abbandonò la pesante atmosfera che gravava su di lei all’epoca
del governo giacobino e riaprirono i teatri, i salotti, i balli e
l’abbigliamento stesso tornò ad essere più raffinato. Inoltre,
riapparvero la libertà di stampa e la discussione politica.
Il 22 agosto 1795 venne promulgata una nuova Costituzione (la terza,
dopo quelle del 1791 e 1793). Essa stabiliva che il potere esecutivo fosse
affidato ad un Direttorio, un collegio di 5 membri, mentre il potere
legislativo era assegnato a due Camere (Consiglio dei Cinquecento e
Consiglio degli Anziani), elette a suffragio censitario.
Fasi della Rivoluzione
1791-1792: fase monarchica e moderata; Assemblea legislativa. Costituzione
del 1791; Suffragio censitario
1792-1794: fase repubblicana e democratica; Convenzione. Costituzione del
1793; Suffragio universale
1794-1799: fase repubblicana e moderata; Direttorio. Costituzione del 1795;
Suffragio censitario
Difficoltà economiche e tumulti sociali
Con il nuovo clima politico, furono riaperte al culto le chiese e fu abolito il
maximum, ovvero la regolamentazione dei prezzi, i quali, a differenza di
quanto si credesse, presero di nuovo ad aumentare notevolmente.
Il popolo di Parigi, nella primavera 1795, insorse chiedendo “Pane e
Costituzione del 1793”, ma i tumulti furono repressi facilmente dalle
truppe governative (neppure la Congiura degli Eguali capeggiata da Gracco
Babeuf ottenne alcun risultato).
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