INTOSSICAZIONI ALIMENTARI Vibrioni Clostridium botulinum Stafilococcus aureus VIBRIONI PATOGENI Le Vibrionaceae La Famiglia delle Vibrionaceae comprende i generi: Vibro, Aeromonas, Pseudomonas, e alcuni generi meno noti nell’ambito della microbiologia degli alimenti come Catenococcus, Listonella, Moritella, Photobacter e Photobacterium. Il genere Vibro comprende bacilli: Gram- di forma ricurva (0,5-0,8 µm di larghezza e 2-3 µm di lunghezza) Flagello polare monotrico Metabolismo sia fermentativo che respiratorio e non producono spore Ossidasi+ e glucosio fermentanti Buona crescita in terreni alcalini (pH 99.6) Sono parte della flora batterica acquatica autoctona Le infezioni sono trasmesse per contatto diretto con l’ambiente acquatico o indirettamente attraverso cibo o acqua contaminata Vibrioni: sopravvivenza nell’ambiente marino Essendo autoctoni ambientali, i vibrioni sono costretti a subire profonde e frequenti modificazioni dell’ambiente circostante (temperatura, concentrazione dei nutrienti, salinità, pressione osmotica, pH, ecc…). I vibrioni contrastano tali cambiamenti mediante una serie di adattamenti di carattere fisiologico e biochimico. L’adattamento più interessante è l’ingresso in una fase di quiescenza (i vibrioni restano vitali ma non sono coltivabili, e pur mantenendo la loro patogenicità, subiscono modificazioni morfologiche e fisiologiche, quali dimensione, metabolismo e cicli di divisione) Sopravvivenza nell’ambiente marino: fattori interferenti L’isolamento di pressoché tutte le specie diventa piuttosto raro quando la temperatura dell’acqua <10°C (frequente >17°C); Le specie delle acque estuarie e fluviali (V. cholerae) tollerano salinità comprese tra 0-3%, mentre i vibrioni tipici degli ambienti costali risentono maggiormente delle concentrazioni di Na+ e crescono più rapidamente con salinità ≥3%; I vibrioni sono molto sensibili alle condizioni acide (la clorazione è usata come mezzo di prevenzione per il colera); L’associazione con zoo e fitoplancton (copecodi, alghe verdi, cianoficee) e con macrofite (alghe brune) permette ai vibrioni sopravvivenza più lunga rispetto alle cellule freeliving. Vibrionaceae associate con malattie dell’uomo Frequenza delle sindromi indotte da Vibrionaceae V. cholerae È l’agente eziologico del colera Riveste un ruolo fondamentale per la salute pubblica a causa della sua rapida diffusione in aree con scarsa igiene e improprio trattamento delle acque di scarico, e per le severe conseguenze quando l’accesso alle cure sanitarie è limitato La storia moderna caratterizzata da 7 pandemie è V. cholerae - Tassonomia V. cholerae è diviso in oltre 130 sierogruppi (Ag. somatico O) Il sierogruppo O1 include i ceppi responsabili dell colera epidemico ed è suddiviso in 2 biotipi (Classico ed El Tor) I biotipi non hanno significato tassonomico, ma epidemiologico perché correlano con la severità clinica dell’infezione (El Tor è meno severo e con un maggior numero di casi asintomatici rispetto al Classico) I ceppi dei sierogruppi diversi da O1 (V. cholerae non-O1) sono associati con casi sporadici di gastroenterite e lievi forme simili al colera Recenti epidemie, in India e Bangladesh, di una nuova specie (V. cholerae O139 o V. cholerae Bengala) V. cholerae – La malattia (I) È una diarrea secretoria causata dai ceppi tossigenici di V. cholerae O1 e O139 La trasmissione avviene di solito per ingestione di cibo o acqua contaminata (nelle persone sane la dose infettiva e alta, 108 batteri) Dopo un periodo di incubazione di 12-72 ore si hanno i sintomi clinici (diarrea acquosa profusa, nausea, crampi addominali e febbre) In assenza di una adeguata terapia reidratante, la perdita di fluidi può portare rapidamente ad acidosi metabolica (perdita di HCO3-), ipocaliemia, shock ipovolemico (perdita di K+), aritmia cardiaca e morte Solo una piccola % sviluppa la malattia, nella maggior parte è asintomatica o si manifesta con sintomi lievi V. cholerae – La malattia (II) La modalità primaria di trasmissione è la via orofecale attraverso acqua contaminata I pazienti nella fase acuta della malattia possono espellere fino a 1013 batteri al giorno, per cui possono determinare un sostanziale inquinamento dell’ambiente. In questi casi il cibo contaminato con acqua o feci è una importante via di trasmissione secondaria. • Paesi endemici • Paesi non endemici Il V. cholerae O1 può essere presente in riserve naturali (autoctono) è causare casi sporadici privi di contaminazione fecale. V. cholerae – Patogenesi La patogenesi è determinata da un insieme di fattori di virulenza prodotti dai ceppi tossigenici di V. cholerae O1 e O139: - Enterotossina colerica (CT): che lega i recettori gangliosidici GM1 - Pilo coregolato con la tossina (TCP): tossina connessa al pilo importante fattore di colonizzazione Enterotossina colerica (CT) V. parahaemolyticus Distribuzione e concentrazione è influenzata da fattori ambientali (salinità, temperatura) e dall’interazione con forme di vita superiori dell’ambiente marino. Vista la scarsa correlazione di questi batteri con l’inquinamento fecale, la contaminazione dei prodotti della pesca freschi (crostacei, molluschi, pesce) è strettamente legata alla presenza naturale nell’ambiente (concentrazione in genere intorno a 103/gr). Negli adulti sani la dose infettante è >105 unità; Epidemie e casi singoli sono associati a consumo di cibo crudo o parzialmente cotto (crostacei cotti, molluschi crudi, pesce) in quanto il batterio è molto sensibile al calore. Fa parte della flora batterica autoctona nell’ambiente marino costale nelle regioni tropicali e temperate di tutto il mondo. V. parahaemolyticus Causa gastroenterite acuta; Periodo di incubazione di 4-92 h (media 24 h); I sintomi clinici comprendono diarrea (talora sanguinolenta), dolore addominale, nausea, vomito, possono essere intensi ma le morti sono rare; I ceppi di V. parahaemolyticus sono classificati come Kanagawa-positivi o Kanagawa-negativi in base alla capacità di produrre TDH, una emolisina termostabile diretta; Producono varie sostanze emolitiche (emolisine, citotossine, fattori di adesione). V. vulnificus A differenza di V. parahaemolyticus, è in grado di dimorare anche in acque fredde; Le infezioni da V. vulnificus sono sporadiche ed associate con il consumo di ostriche; La dose infettante è molto bassa in alcuni gruppi con patologie predisponenti (malattie epatiche, diabete, immunodepressione) o con comportamenti a rischio (abuso di alcool) Fa parte della flora batterica autoctona nell’ambiente marino ed è comunemente isolato dai molluschi; Presente in concentrazione inferiore rispetto a V. parahaemolyticus, anche se può raggiungere concentrazioni di 105 cellule/gr in acque molto calde. V. vulnificus I sintomi delle infezioni alimentari si manifestano principalmente al di fuori dell’intestino (febbre, brividi e nausea, setticemia, lesioni cutanee alle estremità del corpo); Il periodo di incubazione (in media di 38 h) è seguito da un rapido deterioramento delle condizioni del paziente fino eventualmente alla morte; La grande invasività è legata a una notevole varietà di fattori di virulenza che gli permettono di evadere le difese dell’ospite: - strato superficiale simile alla capsula (resistenza alla fagocitosi) - siderofori, in grado di strappare il Fe alle sieroproteine (transferrina e lattoferrina) - citolisina V. vulnificus A causa della grande invasività nei soggetti ad alto rischio e della gravità dell’infezione che ne consegue è difficile stabilire dei livelli di contaminazione accettabili; Pertanto piccole concentrazioni sono già considerate rischiose e alcune autorità alimentari richiedono che ristoratori e rivenditori di ostriche crude provenienti da zone note per essere naturalmente contaminate con V. vulnificus pongano sul prodotto un avviso sanitario che notifichi il rischio per certi individui; Misure addizionali mirano a limitarne la concentrazione nelle ostriche dopo la raccolta; In alcuni stati le ostriche devono essere refrigerate entro uno specifico tempo dalla raccolta, che è in funzione della temperatura mensile media delle acque di crescita delle ostriche (14h con T° H2O 18-23°C, 12h 23-28°C e 6 h >28°C) Trasmissione attraverso gli alimenti La trasmissione è nota solo per il V. cholerae, perchè soggetta a notifica obbligatoria (Classe I), e può avvenire attraverso: Acqua potabile contaminata; Vegetali provenienti da coltivazioni irrigate con acque reflue contaminate; Piatti di carne, pesce e cereali cotti e poi consumati freddi (dovuta a contaminazione secondaria dei cibi, ovvero al trasporto dei microrganismi attraverso la manipolazione dei cibi dopo la cottura); Bevande analcoliche non gassate (succhi di frutta, latte di cocco) dovuta a contaminazione al momento della preparazione per uso di acqua contaminata o per scorretta manipolazione del prodotto. Trasmissione attraverso gli alimenti Escludendo le modalità di trasmissione del V. cholerae, tutti i vibrioni indistintamente hanno mostrato di avere un veicolo primario di trasmissione nei prodotti della pesca (pesce, granchi, gamberi, ecc…) e nei molluschi (soprattutto ostriche e cozze); La normativa che regola la commercializzazione dei molluschi (D. Lgs. 530/92) basa il giudizio di idoneità solo sulla presenza di E. coli e Salmonelle, rappresentativi di contaminazione fecale; I vibrioni sono batteri autoctoni dell’ambiente per cui non vi è corrispondenza tra le concentrazioni di tali batteri e quelli degli indicatori di contaminazione fecale. Epidemiologia delle tossinfezioni da vibrioni Infezioni da V. cholerae È al 3° posto come responsabile per numero di casi di malattia collegati al consumo di molluschi; L’ultima epidemia in Italia è stata nel 1973 con 278 casi di cui 28 letali; A causa delle riserve ambientali all’interno dei pesci, molluschi e plancton, c’è il potenziale per tali ceppi patogeni di colonizzare nuove regioni; Esiste anche il pericolo della mutazione di tali ceppi. Epidemiologia delle tossinfezioni da vibrioni Infezioni da V. parahaemolyticus I molluschi notevolmente consumati crudi; rischiosi, spt. se È particolarmente pericoloso nel corso dei mesi estivi, durante i quali l’aumento della temperatura delle acque di raccolta favorisce la sua proliferazione; L’assenza dell’obbligo di denuncia per tossinfezioni diverse da quelle coinvolte da V. cholerae rende difficile appurare il reale impatto di tali patogeni sulla popolazione. Epidemiologia delle tossinfezioni da vibrioni Infezioni da V. vulnificus Non provoca di regola epidemie ma solo episodi sporadici; Non sono mai stati riportati casi di infezione collegabili alla medesima sorgente alimentare (probabilmente perché risulta particolarmente infettivo nei confronti di individui con particolare suscettibilità); L’incidenza totale delle infezioni da non è chiaramente determinata (nel 1997-1998 negli USA su un totale di 937 casi di infezioni da vibrioni, 141 erano causate da V. vulnificus, con 41 decessi). Tossinfezioni in Italia Gli studi condotti sui molluschi hanno evidenziato un’incidenza variabile dal 9,6% al 48,4% (con completa assenza di Salmonelle e coliformi) Prevenzione Cottura a fondo degli alimenti di origine marina; Separazione degli ambienti adibiti alla manipolazione di cibi crudi da quelli utilizzati per cibi cotti; Preparazione del personale addetto alla manipolazione di cibi crudi e cotti; Rapido consumo dei prodotti ittici cotti. CARATTERISTICHE BIOCHIMICHE DELLE VIBRIONACEAE CARATTERISTICHE DI V. PARAHAEMOLYTICUS E DI V. VULNIFICUS CARATTERISTICHE DI V. PARAHAEMOLYTICUS E DI V. VULNIFICUS Colonie di V. cholerae (gialle) su TCBS (tiosolfato-citrato-sali biliari-saccarosio) V. cholerae Fig.1. Cellule di V. cholerae 01 (ATCC 14035) colorate con acridina orange Fig.2. Cellule di V. cholerae 01 (ATCC 14035) colorate con acridina orange dopo 6 ore di incubazione con acido nalidixico (metodo di Kogure’s) Fig.3. Cellule di V. cholerae 01 (ATCC 14035) colorate con isotiocianato di fluorosceina coniugato con Ab fluorescenti Ricerca mediante metodi molecolari PCR: V. cholerae: -Operone ctx, responsabile della produzione della tossina colerica, -gene tcpA, codificante per il pilo coregolatorio con la tossina -gene sto codificante per una enterotossina termostabile V. parahaemolyticus -geni tdh e trh codificanti per le tossine V. Vulnificus -gene cth codificante per l’emolisina-citolisina Uno dei limiti della PCR e che non è in grado di evidenziare la vitalità di un microrganismo. Poiché solo i batteri vitali sono in grado di dare tossinfezioni, un alimento contenente microrgnismi non vitali potrebbe essere erroneamente dichiarato pericoloso dopo analisi con PCR, tuttavia un campione con una concentrazione (104 cfu/g) è estremamente improbabile. I Clostridi FAMIGLIA: Bacillaceae Comprende microrganismi sporigeni; Comprende numerosi “generi”, tra cui 2 importanti per la patologia umana: Clostridium Bacillus GENERE: Clostridium BACILLI, GRAM +, SPORIGENI, RELATIVAMENTE GRANDI, ANAEROBI OBBLIGATI: i) non producono enzimi in grado di inattivare i prodotti tossici dell’azoto e dell’ossigeno (catalasi, perossidasi, superossido dismutasi ecc.); ii) hanno enzimi che operano bene solo allo stato ridotto. UBIQUITARI: si moltiplicano nel lume intestinale degli erbivori e le spore, emesse con le feci, contaminano l’ambiente sopravvivendo a lungo (possono essere sparse con il vento e sono presenti nella polvere) ALCUNE SPECIE ELABORANO POTENTI ESOTOSSINE C. tetani: Agente eziologico del TETANO; Tossina tetanica (tetanospasmina) C. botulinum: Agente eziologico del BOTULISMO, una grave intossicazione alimentare; Tossina botulinica C. perfringens: Agente eziologico della GANGRENA GASSOSA, una grave patologia che si sviluppa in seguito all'infezione di ferite con spore. I microrganismi producono gas in seguito ai processi di fermentazione ed elaborano numerose tossine ad azione necrotizzante (es. tossina alfa) C. difficile: Responsabile di una SINDROME DIARROICA associata all'uso prolungato di antibiotici I clostridi: batteri sporigeni Clostridium tetani Clostridium botulinum Clostridium perfrigens Clostridium difficile anaerobi Attecchimento e moltiplicazione favorita da: 1. necrosi del tessuto e quindi diminuito afflusso di sangue e quindi di O2 2. presenza contemporanea di batteri aerobi 3. Acatalasemia (diminuita concentrazione ematica di catalasi, enzima che converte il perossido di idrogeno in acqua e ossigeno) I clostridi: batteri sporigeni bacilli Gram positivi di 3-8 mm di lunghezza Sono In gran parte mobili per la presenza di flagelli peritrichi Raramente capsulati Producono terminale spore a localizzazione somatica Clostridi Vivono come saprofiti nel suolo o nell’intestino di alcuni animali Le infezioni introduzione profondi dei all’assunzione nell’uomo sono dovute ad accidentale nei tessuti clostridi o delle spore o con alimenti di tossine Clostriudium botulinum Mortale nel 60% dei casi Intossicazione dovuta ad ingestione di cibi (carni non cotte: la tossina viene distrutta ad 80°C per 30 min.) contaminati e nei quali il batterio si moltiplica producendo tossina. Raramente nelle infezioni da ferite superficiali. Sono stati identificati otto sierotipi del microrganismo (A, B, C1, C2, D, E , F, G).I vari sierotipi hanno caratteristiche diverse di patogenicità per gli uomini e gli animali, ciascuno di essi elabora una tossina antigeneticamente distinta. Può trovarsi anche nell’intestino di animali infettati attraverso soluzioni di continuo della mucosa orale dell’animale a causa dell’ingestione di foraggio contaminato Clostriudium botulinum Gli alimenti epidemiologicamente più importanti sono le conserve alimentari artigianali, carni conservate non cotte Il batterio si moltiplica a livello intestinale e libera la tossina. Il micro-ambiente intestinale (basso potenziale di ossidoriduazione) permette il processo germinativo. Tossina: viene assorbita a livello intestinale (non è inattivata dagli enzimi proteolitici) e agisce a livello della giunzione neuromuscolare Impedisce la conseguente trasmissione dell’impulso paralisi flaccida nervoso, con (BoNT) Le neurotossine botuliniche sono i più potenti veleni noti e sono la causa di tutti i sintomi di una malattia neuroparalitica, nota come botulismo. Un milligrammo di tossina purificata è sufficiente per uccidere oltre un milione di cavie ! (BoNT) La tossina botulinica è rappresentata da una serie di 8 tossine A-B tra loro correlate. La produzione di tossina in alcuni ceppi dipende da geni localizzati su specifici batteriofagi lisogeni La tossina principale è una proteina con un peso molecolare di circa 150 000 che forma complessi con proteine botuliniche non tossiche per dare una tossina bioattiva di peso molecolare di circa 106 (BoNT) • Viene sintetizzata sottoforma di un polipeptide monocatenario • Viene intaccata dalle proteasi endogene (o dalla tripsina nell’intestino) e convertita in un polipeptide a doppia catena (H=pesante ed L=leggera) diventando attiva Sito di legame: porzione carbossi-terminale catena H Dominio formante canale: porzione amino-terminale catena H Dominio tossico: catena L Vescicole contenenti acetil-colina B A A Fibra muscolare La tossina impedisce il rilascio dell’acetilcolina dalle vescicole Stimolazione muscolare BLOCCATA PARALISI FLACCIDA Morte per paralisi della muscolatura respiratoria Clostriudium botulinum Botulismo del lattante: morte improvvisa del neonato (a causa della peculiare popolazione batterica nei primi giorni dopo la nascita) Botulismo da ferita Negli Stati Uniti si osservano 110 casi di botulismo per anno (dei quali il 25% sono dovuti ad ingestione di cibo, 72% sono infezioni del neonato (miele, polvere, sporcizia) e il rimanente sono dovute a ferite) Clostriudium botulinum Sintomi: da 6 ore a 2 settimane (in media 12- 36 ore) dopo l ‘ ingestione del cibo. Diplopia, difficoltà di linguaggio e di deglutizione, debolezza muscolare dalle spalle, al tronco fino agli arti inferiori. Paralisi respiratoria Le alterazioni a livello respiratorio e la successiva paralisi possono richiedere la necessità della terapia intensiva per settimane Diagnosi: Ricerca della tossina nell’alimento (inoculazione in topi) Terapia: Sieroprofilassi Se diagnosticata presto, i casi vengono trattati con anatossina in grado di bloccare la tossina circolante Possono essere usati anche degli emetici per l’eliminazione meccanica del cibo. Clostridium perfrigens • Gangrena gassosa • Intossicazioni alimentari Clostridium perfrigens Intossicazioni alimentari Ingestione di cibi in cui sia presente la tossina (p.i. 8 a 24 ore, mediamente 12 ore) Sintomatologia: diarrea e vomito Alcuni stipiti di C. perfrigens sono in grado di elaborare una tossina enterotossica che si produce solo in condizioni in cui sia possibile la sporulazione. Questa tossina è infatti associata alla tunica sporale con caratteristica di superantigene. Intossicazioni alimentari da C. perfrigens Ceppi enterotossici di C.perfrigens con tossina enterotossica associata alla tunica sporale Ingestione cibi contaminati (carni) dalle forme vegetative o dalle spore Sporulazione e localizzazione all’intestino tenue e produzione tossina Aumento permeabilità capillari con diarrea, dolore e vomito Lo stafilococco patogeno Staphylococcus aureus. Electron micrograph from Visuals Unlimited, with permission. Nomenclatura Esistono oltre 20 specie diStaphylococcus Staphylococcus aureus PATOGENI Staphylococcus epidermidis Colorazione di Gram di Staphylococcus aureus in essudato E’un batterio Gram+, asporigeno, della famiglia delle Staphylococcaceae, compreso nel Genere Staphylococcus. fermenta glucosio e mannitolo catalasi positivo coagulasi positivo colonie giallo oro su agar Staphylococcus aureus • Crescono bene in comuni terreni di coltura. • Sono aerobi-anaerobi facoltativi, con la possibilità d'utilizzo del sistema dei citocromi in presenza di ossigeno e della fermentazione in anaerobiosi. • Presentano una notevole alofilia sviluppo anche in ambienti che vedono un'elevata concentrazione (7,5%) di NaCl Determinanti di virulenza Gli strumenti dell'azione patogena di S. aureus sono vari • (1) proteine di superficie che promuovono la colonizzazione dei tessuti dell’ospite (proteine leganti la laminina e la fibronectina) • (2) invasine che promuovono la diffusione dei batteri (leukocidin, kinases, hyaluronidase); • (3) fattori di superficie che inibiscono la fagocitosi (capsule, Protein A); • (4) proprietà biochimiche che favoriscono la sopravvivenza nei fagociti (carotenoids, catalase); • (5) fattori che determinano alterazioni immunologiche (Protein A, coagulase, clumping factor); • (6) esotossine capaci di danneggiare le cellule eucariotiche favorendo la diffusione ai tessuti limitrofi (ma anche distanti) al luogo dell'infezione primaria. (hemolysins, leukotoxin, leukocidin, SEA-G, TSST, ET) • (7) resistenza agli agenti antimicrobici (MRSA Methicillin resistant Staphylococcus aureus). Virulence determinants of Staphylococcus aureus La capsula La capsula polisaccaridica è fondamentalmente composta da un polimero di acidi uronici. Il suo potere antifagocitario protegge i batteri dall'azione dei neutrofili. Sono almeno 13 i polisaccaridi distinguibili, dei quali i tipi capsulari 5 e 8 sono posseduti dalla maggioranza (85%) dei batteri isolati nell'uomo. clumping factor Alla superficie della cellula batterica sono presenti diverse proteine. Esse possiedono la capacità di interagire con altre strutture proteiche dell'organismo umano (per esempio il fibrinogeno, il plasminogeno, la laminina ecc.). Queste proteine, proprio per la capacità posseduta, fungono da adesine. Tra queste va ricordata una proteina denominata clumping factor che interagisce con il fibrinogeno, legandolo e inducendone la precipitazione sulla superficie della cellula batterica. Sul vetrino, in conseguenza di ciò è possibile notare ammassi di cellule batteriche (da cui deriva il termine clump ). Per osservarli si deve mescolare su un apposito vetrino una goccia di plasma con un'altra goccia di una sospensione densa di stafilococchi. La proteina A Situata nella parete cellulare, può legare la porzione (Fc) di alcune immunoglobuline provocando diverse conseguenze: 1. Inibizione della fagocitosi del batterio, 2. Attivazione del sistema del complemento 3. Reazioni di stimolazione della moltiplicazione linfocitaria. Patogenesi S. aureus è responsabile di infezioni suppurative acute che possono essere dislocate in diversi distretti dell'organismo. cute apparato scheletrico apparato respiratorio apparato urinario sistema nervoso centrale Alcuni stipiti batterici possono provocare inoltre intossicazioni e manifestazioni morbose di vario tipo a causa di alcune caratteristiche esotossine che sono in grado di produrre. Siti di infezione e malattie causate da Staphylococcus aureus Le tossine di S. aureus Le citolisine o emolisine α (la più diffusamente prodotta), β, γ e δ e la leucocidina-PV: prodotte nelle infezioni suppurative La tossina epidermolitica (ET detta anche esfoliatina stafilococcica A o B). Essa provoca la <<sindrome della cute ustionata da stafilococco>> o malattia di Lyell (prima infanzia) o malattia di Ritter (neonato). L'enterotossina, che provoca delle gastroenteriti in seguito ad una intossicazione di tipo alimentare causata da assunzione di cibi, ricchi di lipidi (come crema o panna, favorenti la crescita dei batteri) nei quali sia stata prodotta una certa quantità di enterotossina. La tossina dello shock tossico, causa del cosiddetto shock tossico da stafilococco che vede la comparsa di sintomi gravi generalizzati, manifestazioni eritematose e sintomi da shock emodinamico. La mortalità è molto elevata. Superantigeni: enterotossina e tossina della sindrome da shock tossico • enterotossina, di cui esistono 6 tipi antigenici (SE-A, B, C, D, E e G): sono termostabili • toxic shock syndrome toxin (TSST-1). Stimolazione non specifica delle cellule T da parte dei Superantigeni Superantigens bind directly to class II major histocompatibility complexes (MHC II) of antigen-presenting cells. The T cells may be activated. Cytokines are released in large amounts, causing the symptoms of toxic shock. Gli enzimi di S. aureus la coagulasi stafilococcica che agisce sul fibrinogeno trasformandolo in fibrina (senza calcio). Significato ancora incerto, ma prodotta praticamente sempre nelle infezioni in atto. la stafilochinasi che trasforma plasminogeno in plasmina. Il significato è di aumentare la capacità invasiva (superamento di ostruzioni meccaniche come coaguli nei capillari). le lipasi che consentono l'utilizzo di lipidi e le nucleasi per l'idrolisi di acidi nucleici. la jaluronato-liasi (aumenta l'invasività del batterio). Abbatte, infatti, le barriere di jaluronati del tessuto connettivo. ureasi e serino-proteasi. Metodi di identificazione Esame colturale. 24-48 ore alla temperatura di 37 °C. Cresce bene nei normali terreni. Tuttavia è meglio utilizzare piastre di agar-sangue di coniglio che evidenziano aloni di emolisi intorno alle colonie di stafilococco. In alternativa, sfruttando l'alofilia del batterio, si utilizzano piastre di agar in cui NaCl sia concentrato al 7.5% in modo da inibire la maggioranza degli altri batteri. Si può poi aggiungere uno zucchero e un indicatore di pH ottenendo così il viraggio dell'indicatore in seguito alla produzione di acidi a causa della fermentazione dello zucchero operata dallo stafilococco. Con la colorazione di Gram si potrà osservare, in caso di colonie di S. aureus, la classica disposizione a grappolo e la colorazione Gram positiva. AGAR MS (salato al mannitolo) Utilizzato per isolare Stafilococchi patogeni. E’ selettivo perché presenta una elevata concentrazione di NaCl che inibisce la maggior parte dei batteri tranne quelli sale-tolleranti come gli Stafilococchi. Il mannitolo rende il terreno differenziale: questo zucchero infatti viene fermentato dagli Stafilococchi che daranno origine a colonie giallastre L’acido prodotto dalla fermentazione del mannitolo determina il viraggio dell’indicatore di pH (rosso fenolo ) da rosso (alcalino ) a giallo (acido). Gli stafilococchi non patogeni sono capaci di crescere sul mezzo ma non producono acido. Stafilococchi su AGAR SALE MANNITE terreno utilizzato per l’isolamento di Stafilococchi patogeni CONTIENE: 7.5% NaCl che inibisce la crescita della maggior parte degli altri microrganismi e LA MANNITE COME UNICA FONTE DI CARBONIO TOLLERANO ELEVATE CONCENTRAZIONI DI NaCl (germi ALOFILI) LA MAGGIOR PARTE DEI CEPPI PATOGENI FERMENTA LA MANNITE S. epidermidis: colonie alcaline (rosa) non fermentanti la mannite S. aureus: colonie acidificanti per fermentazione della mannite e viraggio al giallo dell’indicatore rosso fenolo Metodi di identificazione La differenziazione è richiesta rispetto agli stafilococchi non patogeni, agli streptococchi ed ai micrococchi. S. aureus si differenza delle altre specie non patogene (S. epidermidis) in quanto positivo al test per la coaugulasi, e per l’emolisi su blood agar S. aureus si distingue dagli streptococchi per la produzione di catalasi. Si distingue dai micrococchi, poiché questi ultimi non sono in grado di fermentare zuccheri, essendo aerobi obbligati. Metodi di identificazione Altre prove utilizzabili sono quelle di agglutinazione passiva mirate verso la proteina A e il clumping factor. Infine è possibile anche l'identificazione precisa degli stipiti produttori di una determinata tossina, ricercando appunto la stessa nel liquido di coltura del campione in esame. Per fare ciò si utilizzano tecniche di agglutinazione passiva (con l'impiego di piccole particelle di lattice la cui superficie viene ricoperta previamente di anticorpi anti-tossina) ma anche attraverso l'impiego di tecniche immunoenzimatiche. Terapia L'antibiotico-resistenza è una caratteristica spesso frequente di questi batteri, specie nelle cosiddette infezioni nosocomiali, costituendo un problema da non sottovalutare. Il fenomeno della resistenza è sempre più diffuso e in rapida ascesa. Cefalosporine e penicilline non sono più efficaci. Ceppi resistenti a Vancomicina e Meticillinoresistenti sono frequenti. La determinazione della corretta scelta terapeutica deve basarsi necessariamente sull'antibiogramma.