La dislessia e la disgrafia: un problema per medici e non

5º CONVEGNO PEDIATRICO (2000)
La dislessia e la disgrafia: un problema per
medici e non
Claudia Simonetti
Neuropsichiatra infantile, Firenze
I disturbi dell’apprendimento scolastico sono presenti nella popolazione scolastica con una elevata frequenza tanto da
poter affermare che in ogni classe uno o più bambini manifesta difficoltà di questo tipo. Ne sono ben consapevoli gli
insegnanti che si trovano a gestire ritmi e tipi diversi d’apprendimento nello stesso tempo. Lo sono di meno i genitori che
vedono deluse le loro aspettative sul successo scolastico del proprio figlio senza riuscire a darsene una spiegazione. Si
tratta infatti di difficoltà presenti in bambini per altri aspetti nella norma, che non presentano insufficienza mentale o
disturbi relazionali degni di nota, con esame neurologico negativo. La letteratura li considera disturbi sulla base di una
disfunzione neurologica imprecisata a base costituzionale per la quale i bambini implicati esposti all’ insegnamento della
lettura, scrittura e calcolo non rispondono secondo le attese.
Il disturbo più studiato in questi ultimi venti anni, per quanto già noto nella forma acquisita in età adulta, è la dislessia.
Di cosa si tratta ? Secondo la nosografia ufficiale la dislessia dell’età evolutiva è definita “un disturbo che si manifesta
nell’apprendimento della lettura nonostante una istruzione adeguata, in assenza di deficit intellettivi, neurologici o
sensoriali e con adeguate condizioni socioculturali” (DSM IV) altrimenti definita in termini neuropsicologici come “
difficoltà nell’automatizzazione della identificazione di parole scritte, che si sviluppa con grande difficoltà ed avviene in
modo incompleto.”
La dislessia è stata studiata in particolare in soggetti di lingua anglosassone che, a causa di una ortografia irregolare,
offre un grado di difficoltà superiore a quello della lingua italiana che e lingua trasparente. E’ presente anche in bambini
italiani dove assume linee si sviluppo e caratteristiche sue proprie.
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La frequenza con cui compare è molto elevata, valutata dal 2% al 10% con una prevalenza nel sesso maschile.
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Le cause non sono note, anche se è generalmente riconosciuta una familiarità ; alcuni autori hanno cercato ed
individuato un locus genetico in un tratto del cromosoma 6 che sarebbe sede di competenze d’analisi
fonologica, ma sono necessarie ulteriori conferme.
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Descrizione clinica : la dislessia nei bambini di lingua italiana è caratterizzata da un ritardo nell’apprendimento
della lettura e nella sua automatizzazione che avviene con deviazione dalla norma secondo due parametri
principali: la velocità di lettura e gli errori nella decodifica ovvero i bambini leggono più lentamente dei coetanei
compiendo numerosi errori tra i quali sono tipici: sostituzioni tra suoni simili (t/d, p/b, f/v...), impercezione di
doppie ed accenti, inversioni, omissioni di fonemi o parti della parola ed altri errori. La comprensione è
relativamente adeguata quando la decodifica raggiunge livelli sufficienti, ma a costo di un notevole
affaticamento del bambino per cui la lettura non risulta uno strumento utile per apprendere.
Sono identificati vari gradi d’espressività del disturbo, da forme lievi a casi di elevata gravità, ma tutti interferiscono con
il percorso scolastico dei bambini, creando un notevole disagio psicologico con disadattamento scolastico e
demotivazione allo studio, depressione, irritabilità spesso scambiati come cause del disturbo d’apprendimento, mentre
per lo più, ne sono la conseguenza.
Il quadro clinico si modifica nel corso dello sviluppo con miglioramento della abilità di lettura e riduzione della frequenza
e del tipo degli errori, ma non si risolve completamente neppure in età adulta oppure, soprattutto nel passaggio dalle
scuole elementari alle scuole medie, può modificarsi venendo a prevalere sulla dislessia la disortografia o la discalculia .
La dislessia è preceduta in epoca prescolare con elevata frequenza da un ritardo di linguaggio e soggetti affetti
presentano spesso, ma non sempre, una difficoltà di tipo metafonologico. Possono essere presenti anche/o disturbi
visuo-spaziali, della lateralizzazione, ciascuno dei quali è stato vagliato come possibile causa e/o indicatore precoce del
disturbo. Vari studi concordano nel definire che la presenza di queste alterazioni nello sviluppo del bambino rappresenta
un elemento di rischio ma non di patologia.
La dislessia come disturbo specifico d’apprendimento va differenziato dal ritardo nella lettura che può presentarsi in
alcuni bambini e che si risolve spontaneamente nel corso del primo biennio della scuola elementare: per la diagnosi di
dislessia la letteratura internazionale indica una discrepanza di almeno 2DS tra l’abilità nel leggere, valutata con test
standardizzati, e il QI, comunque con questo criterio rimane un margine d’errore per cui una diagnosi definitiva di
disturbo neuropsicologico tiene presente della modificabilità del bambino fino alla fine della seconda elementare.
5º CONVEGNO PEDIATRICO (2000)
I soggetti con scarse capacità di lettura coerenti con il proprio QI vengono detti “cattivi lettori”.
Esistono sottotipi del disturbo individuati secondo modelli di funzionamento del sistema di lettura che sono oggetto di
ricerca nell’ambito della neuropsicologia cognitiva. Il più utilizzato per la lingua italiana è ancora il "modello a due vie" di
U. Frith (1985) che ipotizza una modalità diretta di lettura o via lessicale ed una indiretta o via fonologica. Nella dislessia
può essere compromesso prevalentemente l’una o l’altra via. Nella realtà clinica della dislessia evolutiva sono sempre
intressate entrambe le modalità.
La riabilitazione
L’associazione italiana dislessia fornisce alcuni criteri orientativi, mentre sono in corso di sperimentazione metodologie
d’intervento.
Alcuni punti accettati dalla maggior parte degli autori sono che non esiste il metodo che risolva definitivamente la
dislessia, pertanto il primo obiettivo è incidere sull’ambiente educativo (scuola e famiglia) perché aiuti il bambino nello
sviluppo cognitivo cercando di fornire contenuti con modalità che riducano la lettura come strumento di conoscenza (ad
es. privilegiare le modalità verbali per l’apprendimento, uso del registratore in classe ed a casa per lo studio, tempi più
lunghi per i compiti in classe, evitare verifiche con protocolli scritti, eseguire interrogazioni orali, fornire testi scritti a
caratteri facilitanti la lettura per i testi dei problemi matematici e così via). Il riconoscimento nell’ambiente del valore
intellettivo e della possibilità di seguire i programmi scolastici pur con facilitazioni sugli strumenti da usare, rappresenta
l’aiuto più significativo per questi bambini. E’ importante che vengano valorizzati nel lavoro con i coetanei nel rispetto di
autentiche capacità presenti.
Per gli aspetti specifici del disturbo la riabilitazione sulle abilità di lettura ha efficacia se non altro nell’attenuarne gli
effetti se si interviene precocemente in epoca prescolare e/o nel primo ciclo della scuola elementare.
L’intervento prima dei 6 anni è sulle componenti prerequisite alla lettura per le quali si sia verificata una inadeguatezza.
Vale la pena correre il “rischio” di trattare bambini che avrebbero realizzato solo un ritardo di lettura. e nel primo biennio
della scuola elementare quando si stabilizzano certe abilità di base. Non sono risultati utili metodi che utilizzino una
modalità di intervento su singole abilità (ad es psico-motoria, uditiva, sulla lateralizzazione ecc...).
La psicologia cognitiva distingue tra abilità e processi :le abilità (percezione visiva, riconoscimento visivo, conversione
fonema grafema, fusione di suoni ecc.) possono essere oggetto di “addestramento” con la riabilitazione almeno fino alla
fine del primo ciclo elementare, mentre successivamente si interviene soprattutto sui processi (comprensione del testo,
processi inferenziali, processi di controllo ecc.) in un ambito educativo
La disgrafia
La scrittura è frutto di apprendimento e dipende dunque in parte da caratteristiche dell’individuo, ma anche dalle
esperienze educative cui è stato sottoposto. E’ una funzione complessa che modelli tratti dalla psicologia cognitiva
suddividono in varie componenti, l’analisi delle quali è necessaria per una diagnostica e per la formulazione di un corretto
progetto riabilitativo in caso di difficoltà.
La diagnosi: secondo la psicologia cognitiva trattasi di disgrafia quando la prestazione grafica del soggetto è di almeno
una DS inferiore alla norma.
Forme cliniche Sartori e Tressoldi riportano la distinzione in una disgrafia superficiale caratterizzata da errori collegati alla
rappresentazione ortografica di una parola , che comporta errori nelle parole irregolari dove non è rispettata la regolarità
di conversione fonema-grafema e si evidenzia nelle parole omofone non omografe (es. l’etto-letto, cuore-quadro, ecc...)
e una disgrafia fonologica caratterizzata da errori nella scelta e nella sequenza dei fonemi che compongono una parola
ed una disgrafia collegata alle prassie della scrittura per disturbo delle componenti effettrice della scrittura (grafomotorie e di coordinazione oculo-manuale). Nella disgrafia-disortografia dell’età evolutiva sono presenti spesso tutte le
componenti su esposte.
La riabilitazione: il progetto riabilitativo prevede una analisi delle componenti della scrittura che risultano compromesse
ed è tanto più efficace quanto più è precoce e cioè prima che le componenti difettuali entrino negli automatismi: nel
primo ciclo elementare si interviene sulle singole abilità compromesse, dopo l’orientamento riabilitativo va verso la scelta
di mezzi alternativi di scrittura, utilizzando un codice facilitante (es. carattere stampato) o strumenti alternativi come una
tastiera.