lastre di rame - Copperconcept.org

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MATERIALI
LASTRE DI RAME
passivazione e rilascio:
durata nel tempo e resistenza
Il rame è apprezzato per la
sua capacità di resistere
alla corrosione ed è quindi
molto usato in applicazioni
edili. Ecco i processi che
portano all’inverdimento
per l’esposizione agli
agenti atmosferici, nonché
i fattori che influenzano il
rilascio dei suoi sali
Fig. 1
Un tetto ondulato di
rame preinverdito.
A corrugated pregreened copper roof.
MARCO CRESPI
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Forse non esiste un metallo così severamente e
lungamente testato nella sua resistenza alla
corrosione quanto il rame. La sua durata nel
corso dei secoli è nota: basta pensare
all’impianto per il trasporto dell’acqua potabile
risalente al tempo degli antichi Egizi, una serie
di tubi ottenuti aggraffando una sottile lastra
di rame. Conservato al Museo Statale di
Berlino, l’impianto risale addirittura al 2750
a.C. e sarebbe in grado di funzionare anche
oggi, pur nella sua rudimentalità.
Si può pensare anche all’ascia perfettamente
conservata che portava con sé l’uomo di
Similaun, vissuto intorno al 3200 a.C.: la sua
lama è stata realizzata con una colata di rame
praticamente puro (99,7%).
La resistenza del rame è dovuta alla sua
nobiltà, o parlando in termini elettrochimici, al
fatto che il suo potenziale elettrochimico E0 è
alto: ponendo per convenzione il valore E0 =
0,0 V per H+ + e- → 1/2 H2, per la reazione di
ossidazione del rame Cu++ + 2e- → Cu si ha E0
= +0,34 V; si noti che il segno positivo di E0 è
caratteristica di pochi altri metalli, tra cui l’oro
l’argento e il platino. Il fatto che il rame abbia
un potenziale superiore a quello dell’idrogeno ci
suggerisce che il “metallo rosso” non è
attaccabile dagli acidi, se non quelli fortemente
ossidanti. Non solo: se messo a contatto con
altri metalli aventi un potenziale elettrochimico
inferiore (cioè la maggior parte) non si corrode
per contatto galvanico.
Ai fini della nostra trattazione, c’è un altro
aspetto da tenere presente: gli ossidi di rame,
che si formano per contatto con l’ossigeno
dell’aria o quello disciolto nell’acqua, sono
estremamente resistenti e protettivi; in altre
parole, il rame non si comporta come il ferro
(il cui composto con l’ossigeno, cioè la ruggine,
è poroso e debolmente legato al metallo
sottostante), ma come l’acciaio inossidabile
(che, nonostante il nome, in realtà si ossida, per
formare un ossido di cromo, resistente e
protettivo).
Questa ampia introduzione aiuta a capire
perché il rame resiste alle ingiurie del tempo e
degli agenti atmosferici. Quindi comprendiamo
bene che i suoi impieghi in edilizia non sono
dovuti solo alla piegabilità e ai pregi estetici (il
rame è l’unico metallo colorato insieme all’oro,
e nel corso del tempo muta anche il colore,
come vedremo), ma soprattutto alla durata.
COPPER PLATES
passivation and salt release: life and resistance
Copper is appreciated for its high degree of corrosion proofness and
consequently it is widely used in building applications. Here are the
processes leading to its greening owing to the exposure to atmospheric
agents and the factors influencing the release of its salts.
Fig. 2
Un bancale di lastre
speciali pronte per
essere posate.
A pallet of special
plates ready to be
laid down.
Non è un caso quindi che il rame sia un
elemento d’elezione per le coperture e le facciate
di molti edifici adibiti a funzioni religiose:
proprio perché bisogna dare l’idea di “eternità”;
eccolo quindi sui tetti di numerose chiese
cattoliche, ma anche la Sinagoga di Firenze, la
Moschea di Lambrate a Milano o la Basilica
serbo-ortodossa di Trieste.
TAB. 1 DATI E CARATTERISTICHE DELLE PROVE
Lega
Composizione (%)
C11000
C23000
C26000
C52100
C61000
Cu 99,90; O 0,04
Cu 85; Zn 15
Cu 70; Zn 30
Cu 92; Sn 8; P
Cu 92; Al 8
Perdita di spessore (micrometri/anno)
Atmosfera
Industriale
Industr. marina
Marina
1,40
1,38
0,56 - 1,27
1,88
1,88
0,33 - 0,56
3,05
2,41
0,15 - 0,20
2,24
2,54
0,71 - 2.31
1,63
1,60
0,10 - 0,15
Rurale
0,13 - 043
0,10 - 0,46
0,10 - 0,46
0,13 - 0,33
0,25 - 0,51
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Analizziamo ora il comportamento di una
lastra di rame esposta agli agenti atmosferici.
Dapprima si avrà la formazione di una
pellicola superficiale d’ossido, la cuprite Cu2O,
che inizialmente opacizza (“tarnishing”) il
rosso metallico e poi produce una colorazione
marrone scura, tipo testa di moro.
Gradualmente questo ossido reagisce con gli
altri sali contenuti nell’atmosfera sviluppando
uno stato protettivo di colore verde-azzurro,
chiamato comunemente “patina”.
La composizione chimica della patina varia a
seconda dell’atmosfera a cui il metallo viene
L’INVERDIMENTO ARTIFICIALE (O PRE-INVERDIMENTO)
In numerose occasioni è stata avanzata da architetti e utenti finali la richiesta
di avere il rame già verde senza aspettare il naturale formarsi della patina che,
come abbiamo visto, richiede anni o decenni. Per questo, l’industria e i lattonieri
hanno cercato le maniere per ottenere un prodotto comunemente indicato come
rame preinverdito. Alcuni metodi sono piuttosto “artigianali” e non risultano
sempre affidabili poiché non garantiscono un risultato accettabile o ripetibile.
Infatti il colore è verde è facilmente ottenibile, ma l’adesione della patina al
rame sottostante non è “automatica” e varia fortemente in funzione delle
condizioni di applicazione (ad esempio: temperatura, umidità atmosferica e così
via) oltre che dalla concentrazione della soluzione: per questa ragione i risultati
potrebbero essere anche molto scadenti: c’è il rischio che i sali verdi possano
dilavarsi alla prima pioggia…
Inoltre c’è la questione della sicurezza e della salute: anche se la letteratura
tecnica mette a disposizione alcune formule affidabili, sconsigliamo il fai-da-te;
bisogna innanzitutto rispettare il D.Lgs. 626/94 sulla sicurezza sul posto di
lavoro e il D.Lgs. 494/96 sulla sicurezza nei cantieri edili: soluzioni di questo
genere devono essere preparate in spazi e luoghi con determinati requisiti da
personale qualificato; inoltre bisogna tenere conto dello smaltimento delle
quantità in eccesso. Per questo consigliamo di operare con prodotti già
preparati piuttosto che fare gli apprendisti chimici.
Il preinverdimento più affidabile viene effettuato a livello industriale, attraverso
un procedimento meccanico-chimico; il risultato è più sicuro e queste lastre,
con un colore verde molto simile a quello “naturale” e una patina stabilmente
ancorata al metallo, sono impiegate per opere firmate da grandi architetti: in
ordine di tempo, una delle più importanti è senz’altro l’Aula Liturgica di Padre
Pio a S. Giovanni Rotondo (FO), progettata da Renzo Piano, in cui sono stati
utilizzati per la copertura 6000 m2 di rame preinverdito Tecu“ Patina.
La copertura in rame dell’Aula Liturgica nella Basilica di Padre Pio.
esposto: in un clima marino avremo un sale
basico con prevalenza di ioni cloruro, in un
clima montano un sale basico con prevalenza
di ioni carbonato, in atmosfera urbana e
industriale un sale basico con prevalenza di ioni
solfato (come Cu4(OH)6SO4 * H2O) a causa delle
rilevanti concentrazioni di SOx.
Qualunque sia l’ambiente, il colore presenta
sempre sfumature verdi-azzurre, dal momento
che numerosi sali di rame idrati hanno queste
tonalità. A volte questa patina viene indicata
come “verderame”, ma in realtà il termine è
improprio, perché il verderame è un acetato di
rame ed è solubile in acqua.
Un fattore che influenza la velocità di
formazione della patina è l’inclinazione della
lastra: tanto più è inclinata rispetto
all’orizzontale, tanto più lentamente avviene
l’inverdimento. Ciò è dovuto al fatto che
l’acqua scorre via più velocemente su una
lastra inclinata e quindi c’è meno tempo per le
reazioni di formazione dei sali, che possono
avvenire solo in presenza di una fase liquida
(quindi anche l’umidità).
Il parametro più importante per la velocità di
formazione della patina è però la “qualità”
dell’aria o, in altre parole, la sua l’umidità e la
salinità: in atmosfera marina la patina
compare in 5-6 anni o anche meno; in
atmosfera urbana in 2-3 decenni, in atmosfera
alpina 30-50 anni: per rendere meglio l’idea,
posso affermare che un ipotetico tetto di rame
posato nel mezzo del Sahara non inverdirà
mai, se non in tempi “geologici”.
È utile riportare anche l’esperienza di un
collega, specialista e autore di pubblicazioni
sulle coperture in rame: mi ha detto che negli
anni Settanta, quando l’atmosfera a Milano era
molto più inquinata di oggi, un tetto inverdiva
in una decina d’anni, mentre oggi, ché l’aria
contiene meno ossidi di zolfo, l’inverdimento è
valutabile sui 25 anni. Analoghe considerazioni
qualitative sulla relazione inquinamentovelocità di inverdimento sono reperibili anche
nella letteratura tecnica; è doveroso segnalare
che possono travarsi altre cifre sui tempi di
inverdimento, a conferma di quanto sia
complesso il processo di inverdimento e delle
tante variabili che lo governano.
Lo stato fisico del rame (ricotto, semiduro o
duro) non influisce sulla velocità di formazione
della patina.
A ben vedere, la patina, essendo una
interazione tra metallo e ambiente circostante,
è in realtà un prodotto della corrosione; ma dal
momento che i prodotti di questa corrosione
impediscono l’ulteriore avanzamento della
reazione con il metallo sottostante, allora
bisogna parlare più correttamente di
“passivazione”. La passivazione è quindi una
corrosione “positiva” perché protettiva e, nel
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Fig. 4
Fig. 3
Una lastra di rame
appena posata
su un tetto.
A copper plate just
laid down on a roof.
Fig. 3
nostro caso, da vedere di buon occhio. Per
misurare l’efficacia di questa protezione, sono
state effettuate delle prove compiute in un
periodo di 20 anni (quindi in “tempo reale”)
sotto la supervisione dell’American Society for
Testing and Material (ASTM). In queste prove
campioni di rame e leghe di rame sono stati
esposti a differenti tipi di atmosfera: marina,
industriale, rurale e così via.
Il grado di protezione è stato espresso come
perdita di spessore del metallo o della lega.
Come si può facilmente vedere dalla tab. 1,
siamo nell’ordine di grandezza dei micron, vale
a dire millesimi di millimetro: dal momento che
le lastre più usate per la posa dei tetti, delle
gronde e pluviali e delle varie opere di lattoneria
hanno uno spessore che supera i 6 decimi di
millimetro, si può facilmente intuire quanto
può durare una copertura in rame.
La stessa ricerca ha evidenziato come la perdita
di spessore tende a diminuire con il passare del
tempo, seguendo leggi matematiche
di questo tipo:
d = 0,1 t(2/3) per le leghe ad alto contenuto di
rame, i bronzi al silicio e allo stagno;
d = 0,1 t(1/3) per gli ottoni, i bronzi
all’alluminio e i cupronichel
(con d spessore del metallo espresso in micron e
t il tempo di esposizione espresso in anni).
La ricerca ha evidenziato che la velocità di
perdita di metallo viene accelerata ad alcuni
Fig. 5
parametri quali la alta temperatura, l’elevata
umidità, la prossimità al mare e la presenza di
sostanze inquinanti nell’aria.
Arrivati a questo punto, bisogna distinguere
tra corrosione e rilascio: la corrosione è un
processo elettrochimico e può essere considerata
come la quantità di metallo che viene ossidata
(mi perdonino i corrosionisti per la rozzezza
della definizione, spero solo di avere reso l’idea),
mentre il rilascio è invece la quantità di metallo
che viene perduta all’interfaccia tra i prodotti di
corrosione / passivazione e l’atmosfera: per
esempio a causa del dilavamento dovuto alla
pioggia.
Abbiamo un esempio di rilascio quando l’acqua
piovana, dopo essere passata sopra una
superficie in rame, ne trascina con se una certa
quantità: se questa acqua cola lungo una
parete, dopo un po’ di tempo ne vediamo le
tracce verdi, che sono sali di rame “persi” o, per
meglio dire, rilasciati dal tetto.
Una misura del rilascio (run-off) è stata
condotta dal Corrosion Science del Royal
Institute of Technology di Stoccolma: sono stati
combinati dati di laboratorio con altri raccolti
“sul campo” per determinare il rilascio di rame
proveniente da strutture esterne, come per
esempio i tetti. La conclusione di questo studio
è che i processi che maggiormente governano il
rilascio sono l’acidità della pioggia, la quantità
di pioggia e l’inclinazione del tetto. La quantità
Fig. 4
Una copertura di
rame a Foppolo che
ricorda una pista
d’atletica.
A copper covering
at Foppolo reminding
an athletics tracks.
Fig. 5
Un’immagine
suggestiva di rame
allo stato nativo.
A suggestive image
of copper at the
native state.
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Fig. 6
Colore che assume
il rame esposto in
ambiente
industriale a tempi
diversi.
Colour of the copper
after its exposure in
industrial
environment at
different times
PROTEGGERE IL METALLO DALL’OSSIDAZIONE
Una delle richieste più comuni riguardo alle lastre di rame è quella del
mantenimento della lucentezza metallica nel corso degli anni.
Bisogna premettere che ci sono tecniche che possono proteggere il rame
dall’azione degli agenti atmosferici, ma la loro durata è purtroppo limitata.
L’esperienza insegna che queste soluzioni, spesso vernici bicomponenti, quando
vengono applicate su una struttura esterna subiscono nel corso del tempo
l’azione dei raggi UV, degli agenti atmosferici e degli sbalzi di temperatura e si
infragiliscono. Quindi andrebbero riapplicate regolarmente dopo un certo
numero di anni. Invece all’interno dell’edificio, dove le condizioni sono meno
gravose, queste soluzioni possono applicarsi bene a rivestimenti di caminetti e
di pareti, portavasi, fioriere e così via.
Prima dell’applicazione è necessario effettuare uno sgrassaggio per avere una
buona uniformità del trattamento: è possibile lavare la superficie con detergenti
alcalini (evitando detergenti ammoniacali).
Successivamente, si risciacqua e si effettua una spazzolatura con panni abrasivi
per mascherare o eliminare eventuali difetti superficiali, a cui segue un ulteriore
lavaggio. L’essicazione deve esser rapida (per piccoli oggetti si può passare
sulla superficie un panno imbevuto di alcol etilico e poi essiccare con un
asciugacapelli).
Compiuti questi trattamenti preliminari, si può effettuare l’inibizione vera e
propria cioè stendere la soluzione chimica, composta da 2 g/l di benzotriazolo
(BTA-M o 1-4 benzotriazolo) in alcol etilico (non denaturato) al 95%.
La soluzione va applicata a tampone sulla superficie e lasciata agire per 2-3
minuti. Poi si asciuga con un aria calda; per incrementare la durata del
trattamento protettivo, è consigliabile mettere una vernice trasparente (la più
nota è l’Incralac).
di cloruri o solfati in atmosfera hanno un
effetto trascurabile, mentre i nitrati hanno un
lieve effetto inibente la dissoluzione. È stata
trovata una correlazione tra il pH e il rilascio:
maggiore è l’acidità della pioggia, maggiore è il
rilascio. Le singole precipitazioni danno rilasci
più o meno abbondanti, anche se cade la stessa
quantità di acqua; però se misurato nel lungo
periodo (un anno), il rilascio è proporzionale
alla quantità di pioggia. Si noti che il rilascio è
più intenso nelle prime fasi della precipitazione,
poiché l’acidità è più alta. Come c’era da
aspettarsi, una bassa inclinazione del tetto
rispetto all’orizzontale aumenta la quantità di
acqua a parità di superficie colpita e il tempo di
contatto durante il deflusso: quindi si ha un
rilascio maggiore. I dati a disposizione
mostrano il rilascio è valutabile intorno a
qualche grammo per metro quadrato di
superficie; per esempio si assume che 1,35-1,5
g/m2 anno sia un valore rappresentativo medio
per i tetti della città di Stoccolma, mentre per la
città di Singapore si ha 5,6-8,6 g/m2 anno; si
noti che nella città asiatica i dati si riferiscono a
un solo anno di misurazioni e che le
precipitazioni so sono superiori ai 3000 mm di
acqua, mentre per la capitale svedese le
precipitazioni si aggirano sui 400-500 mm
d’acqua. Per dare un idea di quanto lentamente
si “consuma” una lastra di rame, basta pensare
che se misura 1 m2 con uno spessore
di 0,8 mm, allora pesa oltre 7 kg.
Gli studi sul rilascio dai tetti, dai pluviali e dalle
altre opere di lattoneria nasce dalla necessità di
sapere se la presenza di rame possa comportare
effetti collaterali non desiderati sull’ambiente
circostante, nonostante le basse quantità in
gioco. Alcuni studi hanno dimostrato che più
del 95% del rame trasportato dalle acque
piovane è sotto forma di composti insolubili e
non sotto forma di ioni.
I composti insolubili non sono bio-disponibili e
quindi sono, per rendere l’idea, “inerti”;
oltretutto si diluiscono ulteriormente nei canali
e nei corsi d’acqua, finche non ritornano al
suolo, insieme agli altri minerali di rame già
naturalmente presenti. La stessa sorte tocca al
rame restante, quello bio-disponibile sotto
forma di ione Cu(H2O)6++, che può venire
assimilato dal materiale organico presente nel
terreno, senza che vi sia accumulo. L
Bibliografia
La stazione della metropolitana parigina “Art et metiers”, con pareti interamente di
rame, protetto con una vernice per evitare l’ossidazione.
[1] ASTM Metals Handbook, vol. 13, 9a edizione,
pp. 616-621.
[2] Inger Odnevall Wallinder, Sofia Bertling, Xueyuan
Zhang, Christofer Leygraf, Predictive models of copper
runoff from external structures, Royal Institute
of Technology, Stoccolma.
[3] Lars Landner, Lennart Lindeström, Copper in society
and environment, 1999.
[4] AA. VV., Colorazione del rame (patina),
“Rame Notizie” n.6, pp. 24-26.
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