Proposte di quesiti di BIOLOGIA per l’ammissione alla Scuola Galileiana di Studi Superiori
Anno 2009-10
1. Il candidato illustri le principali differenze nell’organizzazione e nell’espressione dei
geni nei procarioti e negli eucarioti
1. RISPOSTA
Organizzazione dei geni
Nei procarioti:
• il DNA genomico in forma corcolare è libero nel citoplasma della cellula batterica e non è rivestito da
proteine. I geni sono pertanto liberamente accessibili all’apparato trascrizionale;
• i promotori dei geni sono identificabili da sequenze consenso (TATA boxes) riconoscibili dalla RNA
polimerasi procariotica, enzima unico per la trascrizione di tutti i geni;
• le regioni regolatrici di un gene tipico sono brevi sequenze riconosciute da fattori proteici specifici, presenti
in numero ridotto e relativamente vicine al sito d’inizio della trascrizione;
• i geni sono costituiti da sequenze di lettura aperte, vale a dire continue dal codone d’inizio (ATG) al codone
di stop (TAA, TAG, TGA);
• sul cromosoma batterico, i geni sono organizzati singolarmente oppure in operoni, ovvero raggruppamenti
di geni coinvolti nella stessa funzione metabolica, adiacenti uno all’altro e trascritti a partire da un unico
promotore (a dare un unico RNA messaggero detto policistronico).
Negli eucarioti:
• il DNA genomico è organizzato in cromosomi il cui numero e forma sono caratteristici per ogni singola
specie. Diversamente dai procarioti, la maggior parte delle cellule eucariotiche contengono due copie di
ciascun cromosoma (cromosomi omologhi). I cromosomi, nei quali la condensazione del DNA è permessa
dall’associazione con proteine istoniche e non istoniche (aventi funzione regolativa per l’espressione
genica), sono contenuti nel nucleo;
• i promotori dei geni eucariotici sono sequenze espanse, diversificate e piuttosto lunghe, contenenti un
maggior numero di siti specifici per il legame con proteine regolatrici, siti che possono essere posizionati
anche molto distalmente dal punto d’inizio della trascrizione. L’apparato trascrizionale è pertanto un
complesso costituito da numerose proteine (o fattori) trascrizionali e da una delle tre RNA polimerasi
eucariotiche [Pol I per i geni codificanti i grandi RNA, Pol II per i geni codificanti proteine, Pol III per RNA
ribosomali, RNA transfer e piccoli RNA nucleari];
• la gran parte dei geni sono interrotti, costituiti cioè da sequenze codificanti (esoni) alle quali sono interposte
sequenze non codificanti (introni), oltre che da una regione 5’ (detta leader) ed una al 3’ anch’esse trascritte
ma non tradotte;
• negli organismi eucariotici pluricellulari, la regolazione dei geni coinvolti in un particolare processo
metabolico avviene mediante espressione di tipi diversi di geni in cellule diverse, ovvero differenziate [cioè
“istruite” in maniera diversa mediante tre meccanismi principali: la localizzazione dell’RNA messaggero, il
contatto cellula-cellula e la trasduzione del segnale mediata da molecole segnale].
Espressione dei geni
Nei procarioti:
• l’espressione genica dipende da molecole segnale che interagiscono direttamente o indirettamente con
proteine regolatrici (attivatori o repressori);
• trascrizione e traduzione (sintesi proteica) hanno luogo nello stesso compartimento, il citoplasma;
• l’RNA polimerasi inizia la polimerizzazione dell’RNA mesaggero a partire dal promotore sul DNA; non
appena il promotore si libera, diventa accessibile ad un altro enzima RNA polimerasi, il che significa che
numerose RNA polimerasi trascrivono contemporaneamente uno stesso gene o uno stesso operone;
• quando l’RNA messaggero emerge dall’RNA polimerasi nel citoplasma, i ribosomi procariotici riconoscono
e si agganciano al sito di legame per i ribosomi (sequenza Shine-Dalgarno, immediatamente precedente il
codone ATG d’inizio) e la traduzione ha inizio prima ancora che la trascrizione abbia avuto termine;
• il primo amminoacido ad essere incorporato nelle proteine è la formil-metionina;
Negli eucarioti:
• la regolazione dell'espressione genica dipende fondamentalmente dal grado di condensazione del DNA nei
cromosomi, oltre che dai fattori proteici specifici del tipo cellulare;
• trascrizione e traduzione si verificano in compartimenti cellulari distinti, rispettivamente nucleo e
citoplasma, separati dalla membrana nucleare;
• i geni eucariotici sono sempre trascritti singolarmente, a dare RNA messaggeri monocistronici;
• nel nucleo, prima di attraversare la membrana nucleare per essere liberato nel citoplasma, l’RNA
messaggero subisce un processo di maturazione che implica tre distinti eventi di modificazione: rivestimento
(capping) dell’estremità 5’ dell’RNA, rimozione delle sequenze introniche ed assemblaggio delle sequenze
esoniche (splicing), ed aggiunta di molti residui A all’estremità 3’ del trascritto (poliadenilazione);
• il primo amminoacido ad essere incorporato dai ribosomi eucariotici è la metionina.
2. La respirazione e la fotosintesi ossigenica sono processi in qualche modo opposti e
complementari. Il candidato commenti il loro significato nell’ambito della
bioenergetica cellulare e le principali differenze a livello molecolare tra le due vie
metaboliche
2. RISPOSTA
La fotosintesi è la fonte della maggior parte dell'energia della biosfera, determina
l'organicazione del carbonio attraverso la fissazione della CO2 atmosferica e la produzione
della quasi totalità dell'ossigeno atmosferico. Il processo complessivo può essere suddiviso in
una fase luminosa e in una fase oscura. La prima (fase luminosa) utilizza l'energia della
radiazione solare visibile per estrarre elettroni dall'acqua producendo ossigeno e un
riducente (NADPH) che verrà utilizzato nella fase oscura per la riduzione dell'anidride
carbonica e la sintesi di glucosio. Nella fase luminosa si attiva una catena di trasporto
elettronico che genera un gradiente di protoni attraverso la membrana tilacoidale del
cloroplasto. Il gradiente di protoni viene utilizzato dal complesso di membrana ATP sintasi
per la sintesi dell'ATP (fotofosforilazione).
Negli organismi fotosintetici ossigenici (piante, alghe e cianobatteri), la catena di trasporto
elettronico dall'acqua al NADP+ si avvale di due fotosistemi che, assorbendo la radiazione
solare, trasformano la sua energia nell' energia chimica necessaria ad alimentare il
trasferimento di elettroni, contro gradiente di potenziale, dall'acqua al NADP+. I due
fotosistemi (PSI e PSII), contenuti nella membrana tilacoidale del cloroplasto, collaborano
lavorando in serie: il PSII estrae gli elettroni dall'acqua e li cede al pool di plastochinone (PQ)
della mebrana tilacoidale. Dal PQ gli elettroni fluiscono, secondo gradiente di potenziale, alla
plastocianina attraverso il complesso del citocromo b6f. L'energia rilasciata in questo
trasferimento viene utilizzata dal citocromo b6f per pompare protoni attraverso la membrana
producendo il gradiente protonico necessario alla sintesi di ATP. Il PSI, in fine, nuovamente
utilizzando l'energia della radiazione luminosa, riporta l'elettrone cedutogli dalla
plastocianina ad un livello di potenziale redox sufficientemente negativo per ridurre il NADP+.
La respirazione è un processo attraverso il quale l'energia che la cellula deriva dalle
ossidazioni cataboliche viene utilizzata per la sintesi di ATP (fosforilazione ossidativa) a
livello della membrana mitocondriale interna. Trasportatori ridotti di elettroni, NADH e
FADH2, trasferiscono con un meccanismo navetta i loro equivalenti di riduzione nella matrice
mitocondriale. Complessi enzimatici della membrana mitocondriale interna trasferiscono
questi elettroni attraverso una catena di trasporto (catena respiratoria), costituita da una
serie di trasportatori di elettroni di potenziale redox crescente. I complessi I (NADH
deidrogenasi), II (succinato deidrogenasi), III (Citocromo bc1) e IV (citocromo ossidasi)
catalizzano il trasferimento di elettroni dai trasportatori ridotti NADH e FADH2 all'accettore
finale O2 che viene ridotto ad acqua.
Il complesso III (citocromo b1c) accetta elettroni dal pool chinonico della membrana
(coenzima Q) e li cede alla proteina solubile citocromo c. L'energia di questa reazione
esoergonica viene utilizzata dal complesso per pompare protoni attraverso la membrana
(ciclo Q) instaurando un gradiente protonico che verrà utilizzato dal complesso V della
membrana (ATP sintasi) per la sintesi di ATP.
I due processi, la fotosintesi e la respirazione, sono evidentemente complementari nel senso
che il primo rende disponibile la radiazione solare come energia primaria per l'intera
biosfera, il secondo utilizza l'energia chimica immagazzinata dal primo sotto forma di
composti organici ridotti per soddisfare le necessità degli organismi fotosinteci ma anche di
quelli eterotrofi che non sono in grado di sfruttare direttamente l'energia solare.
I due processi sono opposti nel senso che prevedono processi che si configurano globalmente
come uno l'inverso dell'altro: il primo, la fotosintesi, ossida l'acqua ad ossigeno molecolare e
utilizza gli equivalenti di riduzione (elettroni) per ridurre l'anidride carbonica a prodotti
organici (carboidrati). Il secondo, la respirazione, ossida prodotti organici ridotti (nutrienti)
ad anidride carbonica restituendo gli equivalenti di riduzione all'ossigeno moleclare
riducendolo ad acqua.
I due processi sono simili nel senso che le catene di trasporto elettronico sono entrambe
processi di membrana (la membrana tilacoidale dell'apparato fotosintetico e quella
mitocondriale interna per la respirazione), inoltre, il processo fondamentale per la
trasduzione energetica che porta alla sintesi di ATP è in entrambe i casi basata sulla teoria
chemiosmotica introdotta da Peter Mitchell nel 1960 che prevede il gradiente transmenbrana
di protoni come forma intermedia di energia. Il meccanismo di formazione del gradiente di
protoni è sostanzialmente identico nei due casi e molto simili sono i due complessi di
membrana (citocromo b6f nella membrana fotosintetica e citocromo bc1 in quella
mitocondriale) che funziano da pompa protonica.
La differenza fondamentale tra i due processi, oltre naturalmente la localizzazione cellulare e i
dettagli della catena di trasporto elettronico, consiste nel tipo di energia utilizzata per
alimentarli.
L'utilizzazione dell'energia luminosa nel processo fotosintetico richiede come componenti
essenziali del processo i complessi clorofilla-proteina detti fotosistemi che non sono presenti
nella membrana mitocondriale. Inoltre i complessi che realizzano l'ossidazione dell'acqua
nella membrana fotosintetica e il suo contrario, cioè la riduzione dell'ossigeno nella
membrana mitocondriale sono molto diversi. Il primo, detto complesso che evolve l'ossigeno
(OEC) fa parte del PSII ed è basato su un complesso contenente quattro ioni Mn ed uno ione
Ca che formano una struttura che costituisco il sito attivo dell'OEC. Il secondo, la citocromo
ossidasi, che catalizza il trasferimento di elettroni dal citocromo c all'ossigeno, contiene nel
sito attivo due ioni Cu e due gruppi eme.
3. Un genetista dell’Università di Tucson scopre un topo obeso tra i topi che alleva nel
proprio laboratorio per condurre le sue ricerche. Decide quindi di incrociare questo
topo obeso con un topo normale (…ovviamente di sesso diverso). Tutta la progenie (F1)
di questo incrocio risulta avere dimensioni normali. Quando poi incrocia tra loro due
topi della generazione F1, ottiene una progenie (F2) formata da otto topi normali e due
obesi. Il genetista incrocia quindi due dei suoi topi obesi e trova che tutta la progenie di
questo incrocio è costituita da topi obesi. L’insieme dei risultati ottenuti suggerisce al
genetista che l’obesità nei topi è dovuta ad un allele recessivo.
Una collega genetista di un’altra Università scopre anch’essa un topo obeso tra i topi
della sua colonia di laboratorio. La genetista allestisce quindi gli stessi incroci fatti dal
suo collega genetista di Tucson ed ottiene gli stessi risultati. Anch’essa conclude che
l’obesità nei topi è dovuta all’azione di un allele recessivo.
Un giorno i due genetisti si incontrano ad un congresso di genetica, si raccontano l’un
l’altro i loro esperimenti e decidono di scambiarsi le loro linee di topi obesi. Entrambi
scoprono che quando incrociano tra loro due topi obesi provenienti dai due diversi
laboratori tutta la progenie di questi incroci è sempre normale, mentre incroci tra due
topi obesi provenienti dallo stesso laboratorio producono sempre e solo topi obesi.
Come si possono spiegare questi risultati?
3. RISPOSTA
L'ipotesi avanzata dal genetista di Tucson è corretta e compatibile con i risultati ottenuti dai
suoi esperimenti. Infatti, è possibile ipotizzare che il topo "obeso" scoperto tra i suoi topi di
laboratorio fosse omozigote per un allele recessivo che causa in omozigosi il fenotipo "obeso".
Se indichiamo con a l'allele recessivo per distinguerlo dalla forma allelica dominante A, ci si
aspetta che da un incrocio tra un topo "obeso" (con genotipo a/a) con un topo con fenotipo
"normale" (con genotipo A/A) nasca una progenie (prima generazione figliale o F1) costituita
tutta da topi di dimensioni normali (fenotipo "normale") con genotipo eterozigote A/a (il
fenotipo corrispondente è determinato quindi dall'allele dominante). Quando poi vengono
incrociati tra loro due individui della F1 (A/a x A/a) si ottiene una progenie (F2) costituita da
individui con genotipi A/A, A/a e a/a nel rapporto 1:2:1. Il fenotipo di questi individui sarà
"normale" (nel caso dei genotipi A/A, A/a) od "obeso" (nel caso del genotipo a/a) in
proporzione 3:1 (a causa delle relazioni di dominanza-recessività degli alleleli coinvolti). Il
numero di fenotipi normali ed obesi osservati dal genetista di Tucson nella F2 (8 topi normali
e 2 obesi) non si discosta in modo significativo dai valori attesi sulla base dell'ipotesi che il
fenotipo sia dovuto ad un allele recessivo (come si può facilmente dimostrare applicando il
test statistico del X2). Lo stesso ragionamento può essere fatto per spiegare i risultati ottenuti
dalla Collega genetista che aveva isolato un'altra linea di topi obesi, in modo indipendente,
presso un'altra Università.
Il fatto che l'incrocio tra topi obesi provenienti dai due laboratori produca sempre progenie di
dimensioni normali si spiega con il fatto che gli alleli recessivi che determinano l'obesità nelle
due linee provenienti da Università diverse non sono tra loro alleli ma sono varianti alleliche a
due loci genici diversi, entrambi coinvolti nella genesi del fenotipo obeso o normale.
Se indichiamo quindi con b l'allele recessivo che causa in omozigosi l'obesità dei topi scoperti
dalla Collega del genetista di Tucson (e con B la sua forma allelica dominante) l'incrocio tra
due topi obesi provenienti dai due laboratori può essere rappresentato come a/a ; B/B x
A/A ; b/b. Tutti gli individui della F1 di questo incrocio avranno fenotipo normale poichè
possiedono un allele dominante per entrambi i loci coinvolti.
In conclusione, i risultati osservati dai due genetisti sono compatibili con l'ipotesi che il
fenotipo obesità sia in questo caso dovuto ad interazione genica del tipo della epistasi doppia
recessiva.