1 PERSONA – COPPIA - FIGLIO: LA GENITORIALITA` OGGI PIU

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PERSONA – COPPIA - FIGLIO: LA GENITORIALITA’ OGGI PIU’ DIFFICILE?
Contributo di riflessione di Elisabetta Donati,
docente di Sociologia della Famiglia, Università di Torino.
Ideale della famiglia con figli (si pensa di averne almeno due e poi se ne fanno molti meno) e della
generazione come dimensione importante del fare famiglia.
Come sapete in diverse culture non avere figli diviene una causa di scioglimento del matrimonio e
anche da noi il matrimonio, secondo la dottrina cattolica, è stato definito strumentale alla
procreazione.
Bisogna arrivare al concilio Vaticano II, alla metà degli anni ’60 perché anche il benessere e le
relazioni di reciprocità nella coppia diventino fini del matrimonio altrettanto degni come la
procreazione.
Affermazione negli anni ’70, sul piano giuridico che su quello sociale e culturale, di principi
dell’universo familiare diventano la soddisfazione personale, la crescita, l’affermazione di sé, la
reciprocità come forma di regolazione dei rapporti.
Sia le leggi che le politiche sociali hanno rafforzato la centralità della scelta , della libertà personale,
della responsabilità individuale in tutti gli ambiti della vita privata.
La coppia è regolata dalla reciprocità con due presupposti: l’assoluta libertà di ciascuno rispetto al
dono di sé; il riconoscimento di distinzioni tra le sfere della vita individuale dei due partner ed il
loro mondo comune. Il legame amoroso: non più come istituzione, ma come espressione del
desiderio. E del desiderio la vita di coppia rivela la vitalità, ma anche l' instabilità.
Anche la genitorialità, il mettere al mondo figli si disegna entro un percorso che cerca di tenere in
equilibrio il sé della vita intima ed il noi degli scambi. Dove il principio redistributivo delle risorse
viene legittimato da quello della reciprocità.
E’ tutto molto recente e denso di vischiosità.
Convenzionalmente le aspettative verso le relazioni interpersonali vengono modellate dal
principio di reciprocità1 (fai agli altri ciò che desideri venga fatto a te) mentre le attese dei
cittadini verso la sfera pubblica sono regolate dal principio della giustizia redistributiva (dare
a ciascuno il suo).
Questa distinzione è coerente con la tradizionale divisione fra la sfera pubblica e quella privata:
in quella pubblica si compete per i meriti e le capacità in un contesto di eguaglianza formale e di
parità di trattamento: mentre nelle sfere private come la famiglia le persone si riconoscono più
simili. La reciprocità trasforma l’eguaglianza formale in eguaglianza intrinseca. Tuttavia questo
principio di reciprocità è convissuto con la definizione naturale delle capacità femminili e con
la sottomissione giuridica di donne e bambini al diritto del capofamiglia.
Quindi: vi erano dei limiti alla reciprocità.
Nel tempo si è affermata l’interpretazione secondo la quale la famiglia avrebbe come scopo se non
come regola la reciprocità e non la giustizia distributiva.
Questo è avvenuto grazie a mutamenti che hanno delegittimato la disuguaglianza politica delle
donne e dei bambini e si sono perse le costruzioni naturalistiche delle differenze di genere e di età
(due costrutti su cui si davano le gerarchie).
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Presidenza del Consiglio dei ministri: Un volto o una maschera? I percorsi di costruzione dell’identità, Rapporto 1997
sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, Istituto degli Innocenti di Firenze, 1998
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Ma la famiglia comprende entrambe la funzioni2: la reciprocità dei rapporti e la ridistribuzione
delle risorse sociali, nell’intreccio fra solidarietà e realizzazione del singolo.
L’interiorizzazione dei modelli di giustizia appare centrale nel definire le identità di genere: di
donna, di madre, di uomo, di padre.
Nel passato:
reciprocità significava rispetto del rapporto sociale stabilito fra i diritti e i doveri derivanti
dalle differenze considerate naturali, di capacità e di funzioni sociali. La reciprocità appariva
come dipendente dalla giustizia redistributiva che definiva per le donne capacità differenti e ruoli
ascritti che rendevano lontana l’assimilazione della moglie madre in relazioni di parità con il
marito-padre.
Alle donne era chiesto l’etica del dono del proprio corpo come capacità di procreazione, e
dipendevano da un uomo, agli uomini la responsabilità rispetto alla famiglia e alla vita pubblica. Il
modello patriarcale definiva la reciprocità all’interno della dipendenza della donna dall’uomo.
Reciprocità: doveri reciproci nel rispetto delle gerarchie.
Fino agli anni ’60 le famiglie distribuiscono denaro, proprietà, investimenti di istruzione in maniera
gerarchica, prioritariamente a favore dei maschi e degli individui più anziani.
Le ragazze cresciute negli anni ’70 opereranno una fuga più o meno consapevole da modelli
materni, forti ma tradizionali (le donne di Nuto Revelli nell’Anello forte)o dalla debolezza delle
madri casalinghe, esclusivamente orientate alla famiglia. Le fughe sono verso il femminismo ed i
movimenti di protesta, prolungamento della scolarizzazione, diminuzione della natalità che porta al
modello della “doppia presenza”.
I ragazzi hanno un’esperienza più drammatica perché al rifiuto del principio formale di autorità ha
corrisposto per loro la scoperta del padre assente nelle relazioni e di conseguenza la difficoltà di
ridefinire l’identità maschile attorno ad un nucleo di autorevolezza paterna.
Quella che è stata definita una lenta transizione dal patriarcato comporta che una generazione di
genitori cresce i propri figli, i giovani attuali presupponendo nessuna norma esterna quanto il
principio della responsabilità individuale, dove il principio di giustizia è quello di un rapporto fra
felicità personale e reciprocità e riconoscimento degli altri bisogni.
Nel mestiere di genitori padri e madri non hanno a disposizione un principio di autorità già definito
che li renda autorevoli una volta per tutte nell’affrontare i molti passaggi anche conflittuali nella
relazione con i figli.
La ragionevolezza delle richieste e la vicinanza emotiva dei figli risultano riferimenti pedagogici
per il mestiere dei genitori.
Anche le politiche e le culture sociali concorrono ad esempio a definire i diritti dell’infanzia e la
preminenza del principio di reciprocità nei loro confronti: trattare gli altri come altrettanti se stessi.
E nel campo dei diritti dei bambini, della qualità della vita infantile dei diritti della vita quotidiana
si è reso possibile, anche con le politiche sociali erga omnes (e non solo per i poveri e i bisognosi),
superare una logica solo redistributiva delle risorse.
Per la reciprocità di genere la sfera pubblica pare meno sensibile: dato il recente accesso delle
donne ai diritti dell’eguaglianza formale ( la costituzione ed il relativo diritto di voto alle donne ha
poco più di ventanni), i criteri redistributivi paiono sufficienti. Anzi per queste generazioni giovani
pare raggiunta sia la piena parità dei diritti che la corrispettiva reciprocità nei rapporti.
La velocissima scolarizzazione femminile pare il segnale più eloquente del riequilibrio della
giustizia redistributiva, la libertà affettiva e sessuale delle ragazze il segnale certo
2
Le concezioni di giustizia nei rapporti di genere e tra le generazioni, in Un volto o una mschera?, op. cit.
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dell’autoconsapevolezza. Tuttavia la parità data come acquisita e la reciprocità considerata come
ovvia a livello delle rappresentazioni contrasta con le pratiche sociali.
Ne sono un segno le politiche di pari opportunità che costituiscono tuttora un segmento segregato
e isolato di intervento pubblico e non una prospettiva trasversale (mainstreaming); colpisce che sui
temi della maternità, fecondazione assistita, aborto le culture del femminismo siano tenute ai
margini di interventi in cui entra il corpo femminile.
Perdura una retorica del materno a fronte di pesanti discriminazioni della maternità nei luoghi
lavorativi. Lo stesso tema della violenza non viene letto come una difficoltà maschile di
riconoscere e fare proprio il principio di reciprocità verso le donne.
Tuttora, è del mese di febbraio l’indagine multiscopo Istat che segnala come le ragazze ricevano
meno risorse dei coetanei, in soldi e tempo per sé: la paghetta per i maschi è un flusso continuo,
stabilito con regolarità, per le ragazze un premio.
Sul tema prostituzione è emersa la forte disponibilità degli attuali giovani maschi a ricorrere a
prestazioni sessuali a pagamento, come avveniva per i loro nonni. Coinvolgono ragazzi mediamente
scolarizzati che abitano nelle zone più evolute del paese anche nel campo delle relazioni uomodonna: una spia dei limiti della reciprocità tra i sessi.
La famiglia è oggi un ambito di negoziazione tra genitori e figli tra donne e uomini più egualitario,
trasparente e democratico di quel che ne fosse in passato, realizza il principio della redistribuzione
delle risorse, secondo i moderni principi della cittadinanza, ma non appare ancora in grado di
costruire modelli di reciprocità tra i generi.
La reciprocità resta il problema più rilevante su cui poi le scelte del materno e del paterno
fanno i conti.
Come sappiamo non esiste la famiglia ma tipologie differenti. Ma al centro della famiglia
contemporanea troviamo soprattutto il valore della realizzazione del singolo che si gioca fra modelli
di patriarcato e culture di parità.
La coppia moderna si rappresenta come paritaria, ma le ricerche ci segnalano asimmetrie reali dei
ruoli familiari, idealmente delegittimate.
Dall’angolatura della maternità:
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consapevolezza e responsabilità3 sono le nuove dimensioni della maternità, ma a chi si
riferiscono: a se stesse e alla propria vita, alle esigenze della famiglia, della società, o dei
figli?
una cosa è fare figli sulla base della valutazione degli altri membri della famiglia,
imperativi di ordine demografico, valutazione di costi e benefici per la propria vita, sulla
base del desiderio di un progetto di vita. I livelli di consapevolezza, il fine, i gradi di
controllo variano e la consapevolezza di questi molteplici piani è alla base della scelte ed
esperienze di maternità e di paternità.
La rilevanza sociale della dimensione del desiderio femminile4 rispetto alla maternità appare
un mutamento antropologico, quasi una ridefinizione delle strategie riproduttive della
specie. Tempi biologici (inscrizione della biologia nelle definizioni culturali), tempi sociali,
tempi interni, tempi del desiderio.; vedere la natura nella cultura e viceversa, questa è la
forza della prospettiva di genere
Secondo il modello culturale il bambino è un valore in sé ed il figlio va scelto. Ma non
sempre un figlio è scelto e voluto e soprattutto l’esito della sua vicenda dipenderà da molte
circostanze. Tanto più è esplicita la consapevolezza e la responsabilità nella decisione tanto
più alta è la responsabilità di ciò che succede a loro.
C. Saraceno: Pluralità e mutamento, F. Angeli, 1987
F. Bimbi, G. Castellano, Madri e padri. Transizioni dal patriarcato e cultura dei servizi, F. Angeli, 1990.
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Alle donne si chiede di essere autosufficienti, non possono più contare su un partner
maschile per un supporto economico, è aumentata la svalutazione del lavoro domestico a
tempo pieno.
Mai come ora per molte donne la maternità si presenta come un progetto di vita da elaborare
consapevolmente, meno destino femminile, e quindi le donne giovani si trovano di fronte
alla possibilità di valutare se e quando diventare madri, in rapporto a ciò che vogliono fare
di se stesse. Un intreccio esplicito fra responsabilità verso se stesse e responsabilità verso gli
altri.
Con un contesto che esalta la maternità come valore astorico, come retorica ma molto ostile
verso chi ha responsabilità di cura5.
Dall’angolatura della paternità:
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se l’essere genitori appare definito come centro dell’intimità familiare e della condivisione
delle responsabilità educativa nei confronti del bambino, in un’intimità che esclude la
gerarchia, lo stile paterno sembra procedere per ora attraverso analogie con quello materno.
Con una evidente asimmetria del lavoro domestico e familiare. Il patriarcato senza
legittimazione? Nelle immagini del passato il patriarcato sono grandi cucine, con molte
persone: molti uomini seduti a tavola e le donne in piedi con il piatto in mano. Gerarchie
immutabili per sesso e generazioni. I giovani padri del dopoguerra sono gli ultimi che
utilizzano la costruzione sociale del patriarcato come referente per la propria identità
sociale.
Piano piano il potere monetario del capo famiglia lascia posto anche alle esigenze di
autonomia della moglie, i figli e le figlie avranno un consistente capitale di istruzione
rispetto ai padri e appena le casalinghe diventano le donne della doppia presenza il mito del
patriarcato risulta insostenibile.
Il padre padrone sarà rappresentato dai figli come debole e autoritario e non forte e
autorevole. L’unica cosa che governa in famiglia nelle immagini dei bimbi di oggi è il
telecomando. (Tilde Giani Gallino)
Gli uomini hanno meno possibilità di costringere le donne a mantenere una relazione o a
confinarle in casa. Meno obblighi a sostenere economicamente donne e bambini, ma nuove
pressioni per essere più coinvolti nella cura di altri.
Un tempo gli uomini erano indotti alla paternità dalla società che pretendeva, attraverso il
figlio maschio, la continuità del casato e del nome6. Erano spronati a generare per dare
evidenza della virilità. Ora le ingiunzioni esterne non ci sono più e gli uomini da soli
stentano a riconoscere e gestire il desiderio di paternità. ( Il tempo materno del fantasticare
non esiste un analogo tempo paterno). Il nuovo padre è anche un po’ mamma. Preferisce
instaurare una competizione con la madre piuttosto che sedurla e alla debolezza paterna fa
da riscontro una maggiore presenza del figlio e della figlia sulla scena familiare.
Il contesto esterno ancora non aiuta: vedi utilizzo congedi di paternità e virus di
inaffidabilità. Problemi a conciliare lavoro e famiglia.
Le società moderne hanno riconciliato il dilemma fra interessi personali e cura per gli altri
dividendo uomini e donne in due differenti categorie morali7. Dalle donne ci si aspetta che
cerchino il proprio sviluppo personale occupandosi degli altri, mentre gli uomini si occupano degli
altri dividendo il risultato dei loro guadagni del lavoro.
5
E. Donati, La maternità in Lombardia fra valori e politiche, Rapporto di ricerca, 2006
Le relazioni fra genitori e figli, in Un volto o una maschera?, op. cit
7
K. Gerson, Moral Choices and Gender Transformations, Gender and Society, vol. 16, n. 1, febbraio 2002, New York
University
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I cambiamenti nel lavoro e nella vita familiare hanno indebolito questa cornice, ma non sono riusciti
ad offrire una chiara strada per creare nuove soluzioni. Qui spesso si annidano le ambiguità fra le
rappresentazioni ed i comportamenti.
E si creano nuovi dilemmi morali. Ad esempio le donne devono cercare di essere economicamente
autosufficienti anche se devono continuare a sopportare il peso delle responsabilità di cura per gli
altri.
Gli uomini possono rifiutare l’obbligo di provvedere agli altri, ma sono di fronte ad una maggiore
richiesta di diventare padri e partners più coinvolti.
Di fronte a questi dilemmi i giovani uomini e donne devono rinegoziare i conflitti derivanti dalla
tradizionale divisione in un clima istituzionale che pare disinteressato alle loro aspirazioni di
equilibrare le loro esigenze di autonomia ed il prendersi cura di altri.
I giovani si trovano di fronte rischi e pericoli (pensiamo alla flessibilità del mdl) ma hanno anche la
possibilità di forgiare nuove e più egualitarie vie per coniugare indipendenza e responsabilità, e non
possono fare affidamento su inflessibili categorie di genere per risolvere questo conflitto fra
autonomia e cura. Il patriarcato è senza legittimazione e le donne non partoriscono per destino.
I cambiamenti sociali creano conflitti che richiedono risposte innovative.
Le voci morali interiori sono socialmente costruite: ogni visione di dicotomie distinte per genere
giustifica diseguaglianze,
ma trasgredire queste regole continua a portare al rischio di
disapprovazione sociale. Fare e disfare genere.
Un divario fra emergenti aspirazioni egualitarie e limitate opportunità per realizzarle.
Ricerca americana: Il sacrificio della loro madre può evocare sentimenti ambigui ed i padri che
procurano il sostentamento possono suscitare anche loro ambiguità, un buon padre lavora ma offre
supporto emozionale.
Identità mediante l’amore e identità mediante il lavoro. 9 su 10 vorrebbero coniugare ma
sembra sempre più difficile: l’ideale di un sé equilibrato, condizione di una sana genitorialità entra
in collisione con un mondo sociale intransigente.
Anche se stanno sviluppando ideali simili, si stano preparando per diverse realizzazioni. I giovani
uomini per un tradizionalismo modificato, con loro principali anche se non unici percettori di
reddito e le mogli che provvedono alla maggior parte delle cure domestiche: Le donne vedono
l’autonomia come preferibile ad ogni forma di tradizionalismo che potrebbe lasciare loro e i loro
figli economicamente dipendenti da qualcun altro.
Le donne cercano l’autonomia e gli uomini qualche privilegio sociale. Posporre le decisioni
definitive diventa un modo per risolvere i conflitti. L’autonomia è un pre- requisito per prendersi
cura di altri: e quindi si spostano nel tempo le scelte di relazione. Molto dipende dai supporti
sociali, per aumentare l’equità tra i generi e un miglior equilibrio fra famiglia e lavoro.
Bibliografia di riferimento:
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Presidenza del Consiglio dei ministri: Un volto o una maschera? I percorsi di costruzione
dell’identità, Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia,
Istituto degli Innocenti di Firenze, 1998
F. Bimbi, G. Castellano, Madri e padri. Transizioni dal patriarcato e cultura dei servizi, F.
Angeli, 1990
C. Saraceno, Pluralità e mutamento, F. Angeli, 1987
S. Piccone Stella, C. Saraceno, Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile,
Il Mulino, 1996
T. Giani Gallino, L’altra adolescenza, Handicap, divorzio, genere e ruolo sessuale. Quali
modelli?, Bollati e Boringhieri, 2001
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