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Le equazioni di grado superiore al secondo
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COMPETENZA: MATEMATICA NELLA STORIA
Le equazioni di grado superiore al secondo
A cura di Annamaria Manenti Calvi
matematico Diofanto, che affrontò numerosi problemi
anche di secondo o di terzo grado, limitandosi tuttavia all’esame di casi particolari.
Il lungo cammino verso il simbolismo algebrico
Si conoscono reperti, sia risalenti all’antico periodo
babilonese sia al periodo dell’antico Egitto, che testimoniano come fin da allora fossero noti alcuni metodi per risolvere particolari equazioni di primo grado.
Nell’antichità gli esempi di risoluzione di equazioni,
trovati su tavolette o papiri, riguardava casi particolari, legati alla necessità di risolvere problemi concreti;
va inoltre sottolineato che la formulazione delle
equazioni era espressa mediante il linguaggio naturale del tipo ‘‘trovare una quantità che sommata con
la sua metà diventa 16’’ e la loro risoluzione procedeva con metodi empirici, senza utilizzare la simbologia
e i metodi che oggi conosciamo.
Anche presso gli antichi Greci venne affrontata la risoluzione di particolari equazioni, ma il problema non
venne risolto algebricamente, bensı̀ attraverso un’interpretazione geometrica. Negli Elementi di Euclide
(365-300 a.C.), ad esempio, la risoluzione di equazioni
che oggi scriveremmo nella forma ax ¼ b, viene affrontata ricercando la misura del secondo lato di un
rettangolo avente un lato lungo a e area uguale a b.
Il primo ad introdurre il simbolo x per indicare un’incognita sembra essere stato, nel terzo secolo d.C., il
Nel Papiro di Rhind si possono leggere metodi di
risoluzione di equazioni di primo grado.
Un importante contributo al passaggio dal linguaggio
naturale alla traduzione simbolica viene dato molto
più tardi da Leonardo Pisano (1170-1250), detto Fibonacci, che impiega le lettere per indicare i dati e le
incognite di un problema e introduce delle abbreviazioni per le incognite, giungendo a coniare per il linguaggio algebrico una sorta di scrittura stenografica,
detta algebra sincopata.
I grandi matematici del Cinquecento
Alcuni dei loro nomi appaiono ancor oggi sui testi di
scuola perché legati a qualche importante risultato;
certamente è noto, fin dai primi anni della scuola superiore, il matematico Tartaglia (1506-1557), il cui nome è stato dato al triangolo dei coefficienti dello sviluppo della potenza n-esima di un binomio.
Il Cinquecento è il secolo che vede il fiorire di numerosi nuovi studi di matematica e che si può dire vede
la nascita dell’algebra come la conosciamo oggi.
Tra i personaggi più noti citiamo Luca Pacioli, Gerolamo Cardano, Niccolò Fontana, detto Tartaglia, Raffaele Bombelli, Francois Viète.
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Nel triangolo di Tartaglia ciascun numero è la somma di due numeri immediatamente sovrastanti.
Formule risolutive, molto laboriose, contenenti operazioni razionali ed estrazioni di radici vennero trovate
anche per le equazioni di quarto grado e, grazie ai risultati raggiunti per le equazioni di terzo e quarto gado, si susseguirono in seguito numerosi tentativi per la
risoluzione di equazioni di grado superiore al quarto.
L’algebra troverà intanto la formulazione della sua
espressione simbolica, grazie agli studi del matematico francese François Viète (1540-1603), che descrive
i suoi risultati in un’opera pubblicata nel 1591.
Nicolò Tartaglia in una incisione tratta dal frontespizio
della sua opera Quesiti ed invenzioni diverse. Nell’opera
sono esposte molte dispute, fra cui quella celebre con
Cardano, relativa a chi dei due avesse per primo
formulato la risoluzione dell’equazione di terzo grado.
Il nome di Tartaglia, insieme a quello di Cardano
(1501-1576), è anche legato alle formule per risolvere
equazioni di terzo grado, oggetto di gare e aspre dispute fra i due matematici.
Robert Recorde, matematico e astronomo gallese,
inventore del segno ‘‘¼’’.
È curioso inoltre ricordare come persino il segno
‘‘¼’’, per noi cosı̀ usuale, sia stato ‘‘inventato’’ solo
nel 1557, dall’astronomo e matematico gallese Robert
Recorde (1510-1558) che scelse due trattini paralleli,
in sostituzione del termine aequalis fino ad allora
usato, spiegando che ‘‘non possono esserci due cose
più uguali’’.
Ecco come il matematico e scrittore contemporaneo
Denis Guedj immagina l’invenzione del simbolo ‘‘¼’’.
Girolamo Cardano matematico, medico, filosofo.
Nel suo studio, arredato in modo spartano e illuminato solo dalla luce di una candela, Robert Recorde era
chino su un foglio fitto di cifre e di lettere, con la penna d’oca in mano sospesa a mezz’aria, pronto a scri-
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Le equazioni di grado superiore al secondo
vere. Stava riflettendo. Dopo aver preso una decisione, immerse risoluto la penna nel calamaio e disegnò
un piccolo tratto orizzontale.
Proprio al di sotto appose con diligenza un secondo
tratto della stessa lunghezza, rigorosamente parallelo
al precedente. Posata la penna, prese il foglio, tenendolo a braccio teso. Socchiudendo gli occhi, esaminò
a lungo il segno che aveva appena tracciato, prima
di posare il foglio, soddisfatto. Aveva buoni motivi per
esserlo: sotto gli occhi aveva quello che sarebbe divenuto il segno più celebre della matematica, il segno di uguale.
(Denis Guedj, Il Teorema Del Pappagallo)
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JeanleRond d’Alembert, scienziato francese, fondatore,
con Diderot, dell’Enciclopedia
Le equazioni algebriche
Le ‘equazioni’ cui ci siamo finora riferiti sono le equazioni, dette algebriche, che si possono scrivere nella
forma:
f ðxÞ ¼ 0
dove f ðxÞ è un polinomio avente come coefficienti dei
numeri reali; per grado n di un’equazione algebrica si
intende il grado del polinomio stesso. Risolvere un’equazione vuol dire trovare tutti quei valori (reali o complessi) che, sostituiti alla x, annullano il polinomio f ðxÞ.
Le equazioni algebriche di primo e secondo grado e
alcuni tipi di equazioni di grado superiore al secondo,
si studiano fin dai primi anni della scuola superiore;
dalla loro risoluzione nascono spontanee alcune domande: Tutte le equazioni algebriche ad un’incognita,
di qualsiasi grado, ammettono radici? Quante sono le
eventuali radici? I matematici sono riusciti a trovare
delle formule risolutive per equazioni algebriche di
ogni grado? Cioè sono riusciti a trovare, come per
quelle di 1o e 2o grado, delle espressioni nei coefficienti dell’equazione stessa, che permettano mediante un numero finito di operazioni razionali e di estrazioni di radice, di determinare tutte le soluzioni di
un’equazione di qualunque grado?
La risposta alle prime due domande è data da un celebre teorema, detto teorema fondamentale dell’algebra, dimostrato dallo scienziato francese d’Alembert
(1717-1783). In base a questo teorema viene stabilito
che: ogni equazione algebrica in un’incognita ha nel
campo complesso tante radici (non necessariamente
distinte) quant’è il suo grado.
E siamo ora di fronte a uno degli aspetti sorprendenti
della matematica: un conto è sapere che esistono
soluzioni per ogni equazione di grado n, un conto è
trovarle. Formule, pur se laboriose sono state trovate,
come abbiamo detto, per la risoluzione di equazioni
di terzo e quarto grado, ma ne esistono anche per
equazioni di grado superiore al quarto?
La risoluzione delle equazioni di grado superiore al
quarto: un problema impossibile?
I tentativi di risoluzione delle equazioni di grado superiore al quarto continuarono a lungo, finché nel
1799 il matematico italiano Paolo Ruffini pubblicò un
lavoro molto importante nel quale dimostrò che è impossibile risolvere, mediante un numero finito di operazioni razionali e di estrazioni di radice, (operate sui
coefficienti), le equazioni generali di grado superiore
al quarto.
Paolo Ruffini (1765-1822) laureato in filosofia, medicina
e matematica; asserı̀ per primo la non risolubilità con
radicali delle equazioni generali di grado superiore al
quarto. Il suo nome è legato anche alla regola che
consente di trovare il resto della divisione di un
polinomio nella variabile x per un binomio del tipo
x þ a.
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Le equazioni di grado superiore al secondo
E un altro matematico, N. H. Abel (1802 1829), uno dei
più brillanti del diciannovesimo secolo, conferma,
con una dimostrazione più soddisfacente e completa,
le conclusioni esposte da Ruffini. Gli studi di Abel
danno anche l’avvio a un più vasto programma di ricerca, che viene ripreso dal matematico francese
Evariste Galois (1811-1832), ed è grazie alle ricerche
sulle equazioni algebriche di questo geniale matematico che nasce una nuova algebra, detta algebra
astratta, basata sulla parte della matematica detta
teoria dei gruppi.
Francobollo emesso in Norvegia in onore del
matematico N.H. Abel.
Il matematico francese Evariste Galois (1811-1832) morı̀ appena ventenne in un duello. Secondo la leggenda il
giovane matematico avrebbe formulato la teoria dei gruppi nella notte precedente il tragico duello, ma ricerche più
recenti dimostrano che la sua geniale idea era invece nata da lunghi studi effettuati nel tempo.
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