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La differenziazione delle azioni in classi AA Amm & Fin 10-2017

annuncio pubblicitario
Le differenziazione in classi delle
azioni come strumento di funding e
pianificazione strategica
di Andrea Angelelli (*)
(*) Partner CPI Corporate Finance www.cpi-pe.com
Introduzione
E’ innanzitutto necessario premettere
che l’estensore dell’articolo non possiede
un background specifico di natura legale.
L’obiettivo quindi non è quello di trattare
i
profili
giuridici
derivanti
dall’introduzione di questi dispositivi nel
Codice Civile, bensì di illustrare i possibili utilizzi di tali strumenti in particolari
situazioni di discontinuità societaria o
strategica.
Le fattispecie descritte di seguito derivano, in effetti, dall’esperienza diretta
dell’autore in contesti di operazioni di finanza straordinaria o di passaggio generazionale.
In generale non è possibile costruire una
tassonomia esaustiva degli utilizzi dei dispositivi trattati poiché, come si vedrà in
seguito, non esistono limiti autentici alla
configurazione dello strumento se non
quelli legati ad una tutela generale di alcuni diritti che la legge considera presupposti imprescindibili della figura
dell’azionista di una società anonima.
La chiave per un efficace utilizzo del
“tranching” 1 (inteso in questa sede come
suddivisione del capitale in strumenti
con caratteristiche diverse) pertanto sta,
non tanto nello studio delle caratteristiche dello strumento (troppo ampie e indefinite, quanto nell’analisi e nel riconoscimento dei differenti interessi ed obiettivi di medio-lungo termine degli azionisti
che partecipano (o parteciperanno) al ca-
pitale di un’azienda specifica.
Tali interessi sono parzialmente coincidenti fra tutti gli stakeholders (la partecipazione alla vita sociale) e in altra misura
potenzialmente divergenti (ruolo, obiettivi, durata della partecipazione, propensione al rischio, ecc.) e devono quindi “affluire” nello strumento attraverso un
processo di analisi, razionalizzazione e
semplificazione degli stessi, al fine di costruire “tranches” coerenti con gli obiettivi fondamentali, quelli imprescindibili,
tralasciando tutto ciò che non è realmente essenziale al perseguimento degli scopi
principali dei diversi stakeholders, al fine
di evitare indeterminatezze o complessità
che potrebbero limitare fortemente i vantaggi offerti dagli strumenti descritti di
seguito.
Quadro normativo sintetico
Le azioni sono strumenti finanziari che
cartolarizzano alcuni diritti, ovvero attribuiscono questi diritti ad uno dei soci in
quanto possessore delle azioni stesse. I
diritti collegati alle azioni sono cosiddetti
diritti “reali”.
Il diritto reale è un diritto che conferisce, al ti-
tolare, un potere assoluto ed immediato su una
cosa.
Due sono le caratteristiche del possesso di un
diritto reale rilevanti ai nostri fini:
-
1
In realtà il termine “tranching” è usualmente utilizzato
nelle operazioni di cartolarizzazione ed indica la segmentazione delle notes in classi di rischio differenti. Qui
viene esteso, per sintesi e praticità, alla generica segmentazione delle azioni in classi diverse.
-
l’immediatezza. Il titolare può soddisfare il proprio interesse in maniera diretta e
non mediata sul bene (a differenza ad esempio di ciò che accade per i diritti di credito
dove il titolare per soddisfarsi dovrà avvalersi della cooperazione del debitore).
l’assolutezza. Il titolare può fare valere
il proprio diritto erga omnes ovverosia nei
1
confronti di chiunque e non solo (ad esempio) di chi ha firmato un accordo specifico.
Il Governo Italiano, in attuazione della
delega ottenuta nel 2001 dal parlamento
in tema di riforme del diritto societario,
ha emanato due decreti legislativi che
hanno ridisegnato, (dopo circa sessant'anni) la materia.
La riforma è entrata in vigore dal 1 gennaio 2004.
In particolare, la riforma sancisce
espressamente la possibilità di emettere categorie speciali di azioni cosiddette “atipiche”.
Nell’art. 2348 è previsto che “la società, nei limiti imposti dalla legge, può
liberamente determinare il contenuto
delle azioni delle varie categorie”.
Il primo problema pertanto appare quello di individuare i “limiti” della libertà
attribuita ai privati nel determinare il
contenuto delle azioni delle varie categorie. Le caratteristiche “insopprimibili”
dello strumento perché possa essere definito capitale.
Tralasciando considerazioni banali quali
l’ imputazione a capitale dell’apporto nei
libri contabili,
sono diritti inerenti
all’azione il diritto di partecipazione agli
utili 2 e il correlato obbligo di partecipazione alle perdite, ivi incluso ovviamente il diritto a suddividere ciò che resta a
seguito di un processo di cessione di tutti
gli attivi dello stato patrimoniale e pagamento di tutti i debiti (liquidazione).
Altri aspetti non modificabili sono il diritto di recesso (art. 2437 del Codice
Civile) il diritto di ispezione dei libri
sociali e di chiedere il risarcimento
del danno derivante da delibere illegittime.
A parte quanto sora esposto gli altri diritti propri dell’azionista sembrano oggi pienamente disponibili da parte dei
privati, ivi incluso il diritto di voto.
A ben vedere alcuni di questi aspetti potevano essere introdotti anche in precedenza facendo riferimento alla promulgazione nel 1998 della legge sulla cosiddetta classe delle “Azioni di risparmio”, ma
tuttavia con evidenti limiti, in primis legate al fatto che tale facoltà era riservata al-
le aziende quotate.
A parere di chi scrive 3, inoltre, non sussistono impedimenti ad applicare la normativa relativa alla possibilità di differenziare le classi di azioni anche alle quote
delle Società a Responsabilità Limitata,
estendendo la possibilità di utilizzo di
questi strumenti anche ad una fascia
importante delle aziende italiane di dimensione generalmente più contenuta
senza che sia necessario la trasformazione da S.r.L. ad S.p.A, con conseguenti
vantaggi sui costi di realizzazione e sui
possibili vincoli legati al quantum
dell’apporto di capitale necessario.
Obiettivi e caratteristiche fondamentali
La realtà economica in cui le aziende sono costrette ad operare diventa sempre
più complessa e sfaccettata. Negli ultimi
quindici anni si sono affacciati alla competizione nazionale ed internazionale un
numero sempre crescente di nazioni ed
operatori.
Ognuno di essi ha scopi, modus operandi, strutture fiscali, strutture proprietarie
e manageriali (oltre che culturali) differenti.
Una parte del mondo (segnatamente
l’Europa continentale - Germania a parte) sta inoltre attraversando un prolungato periodo di recessione-stagnazione non
più riscontrato dai tempi della Grande
Crisi del 1929.
Durante questo periodo il credito alle imprese si è significativamente contratto 4.
Questa contrazione di domanda interna e
di mezzi finanziari a disposizione delle
azienda ha comportato la necessità di
trovare dei mezzi alternativi di possibile
crescita e/o di supporto finanziario.
Il tranching è uno strumento che se correttamente usato può contribuire ad aiutare le aziende nazionali a crescere (o
quantomeno a sopravvivere) in questa
congiuntura.
L’obiettivo generale della trattazione è
proprio quello di illustrare, soprattutto
attraverso esempi concreti, come sia possibile utilizzare efficacemente lo strumento al fine di attirare nuovi stakeholders
3
2
Questa fattispecie è legata all’art. 2265 del Codice Civile che recita “È nullo il patto con il quale uno o più soci
sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Il cosiddetto divieto del “Patto Leonino”.
In tal senso, si ricorda nuovamente che l’autore di questo articolo non ha una specifica formazione di natura
giuridica.
4
Circa il 15% in meno nel periodo 2011-2016 sulla base
di una ricerca del Sole 24Ore.
2
nella compagine sociale evitando alla radice potenziali conflitti e ottenendo potenziali vantaggi competitivi e/o nuove
risorse finanziarie.
Il concetto fondamentale è quello di passare da un’idea di compagine sociale con
caratteristiche univoche a quello più generale di “partnership” con soggetti che
non necessariamente devono essere posizionati nello stesso punto della catena
del valore ma possono essere anche fornitori, distributori, altri operatori dello
stesso settore, oppure, in ultima analisi,
dei semplici finanziatori.
In linea generale questo è ovviamente
possibile anche senza utilizzare il tranching azionario ma lo strumento offre innegabili vantaggi legati principalmente al
fatto che le diverse prerogative degli azionisti sono “incorporate” nel titolo stesso,
costituiscono, per l’appunto, un diritto
reale, opponibile erga omnes.
La differenza non è di poco conto se si
pensa alle possibili alternative quali ad
esempio i Patti Parasociali, la cui durata
è limitata nel tempo e il cui rispetto, in
caso di violazione, è legato ad una azione
civile (o anche penale) della parte lesa.
Nel caso delle classi i diritti sono iscritti
nel titolo e pertanto la tutela è estremamente efficace.
Basti pensare, per fornire un esempio
molto semplice, all’ipotesi di un voto assembleare contrario ad alcune delle caratteristiche delle azioni dei partecipanti
al voto.
La delibera assembleare sarebbe di fatto
nulla, contravvenendo a norme iscritte
nello statuto stesso della società.
La stratificazione delle classi azionarie
inoltre consente di stratificare anche gli
organi di governo stessi, nel senso che,
ad esempio, è possibile pensare di istituire differenti assemblee per i detentori
delle diverse classi di azioni, ognuna delle quali ha prerogative specifiche, quali
ad esempio eleggere un numero prefissato di Consiglieri di Amministrazione i
quali, a loro volta, possono vantare diritti
particolari (coincidenti con la natura e gli
obiettivi degli azionisti che li hanno indicati), quali ad esempio diritti di veto su
alcune delibere inerenti argomenti “sensibili” per la classe di azionisti che essi
rappresentano.
Il punto essenziale è che il tranching delle azioni istituzionalizza le diverse caratteristiche ed obiettivi dei diversi azionisti
dando atto, nella architettura stessa del-
la società, che esistono, nella compagine
sociale, stakeholders con esigenze differenti, risolvendo, alla radice alcuni dei
potenziali conflitti che potrebbero emergere dalla coesistenza di una compagine
eterogenea.
Questo non vuol ovviamente dire che non
possano emergere dei conflitti o che i diversi stakeholders debbano obbligatoriamente convivere in modo proattivo per
gli interessi della società ma che le regole fissate ab origine (e cristallizzate nel titolo di cui sono in possesso) sono molto
più complesse da infrangere, costringendo ognuno degli stakeholders ad un atteggiamento più istituzionale che personalistico.
Viene riconosciuta l’eterogeneità dei partecipanti
alla
compagine
sociale
nell’essenza stessa della società anonima: il titolo di possesso.
Il funding e la propensione al rischio
L’aspetto soggettivo più semplicemente
incorporabile nei titoli attraverso il tranching è quello della propensione al rischio.
Non tutti gli azionisti devono avere necessariamente la stessa propensione al
rischio e attraverso la diversificazione
delle classi si può dare atto di questo in
modo piuttosto semplice.
La suddivisione classica della capital
structure di un’ azienda è esemplificata
nel grafico 1.
Sul lato sinistro è rappresentato il valore
dell’ azienda (che sia contabile o di mercato) sul lato destro le fonti di finanziamento dello stesso (a valori contabili o di
mercato 5.
Grafico 1. Capital structure “classica”
5
La discrepanza maggiore fra la Capital Structure a valori contabili e a valori di mercato è in genera quella relativa al valore del capitale. Il cui valore economico può essere significativamente diverso da quello iscritto nei libri.
3
Bond
Mezzanino
Debito Junior
RISCHIO
Equity
Debito Senior
Enterprise Value
CAPITAL STRUCTURE
Grafico 2. Capital structure con il tranching
Equity ordinario
Azioni di Classe A
Azioni di classe C
---Bond
Mezzanino
RISCHIO
Azioni di Classe B
Debito Junior
Debito Senior
Enterprise Value
CAPITAL STRUCTURE
Nel grafico 2 invece è rappresentata la
capital structure con una differenziazione
in diverse classi dell’equity.
In sostanza esistono classi di azioni che
sono (o possono essere) meno rischiose di
altre (nell’esempio la meno rischiosa è la
classe C) perché antergate nella catena di
rimborso.
Sono azioni “privilegiate” rispetto a quello
che con termine anglosassone viene comunemente definito “Common Equity”
(tradotto in italiano come “Equity Ordinario” nel grafico 2).
Le azioni di Classe C iniziano ad essere
“intaccate” nel loro potenziale valore
quando il valore dell’equity ordinario e
delle Azioni di Classe A e B si sono azzerati.
Maggiore è il potenziale valore (in questo
caso di mercato) dell’Equity ordinario
maggiore è la protezione per gli azionisti
delle Classi A, B e C.
E’ possibile anche spingersi oltre nella
stratificazione del rischio, prevedendo
che determinate Classi di azioni siano
postergate nelle perdite (art 2348 del Codice Civile).
Le azioni di Classe “x” subiranno le perdite solo dopo che tali perdite abbiano
colpito, in tutto o in parte (ad esempio al
di sopra di un determinato ammontare
espresso in valore assoluto: “..perdite oltre x Milioni di Euro”), le altre classi di
azioni.
Si noti che i “privilegi” delle classi antergate possono anche non essere legate
esclusivamente alla waterfall di rimborso
in caso di default o procedure in genere
ma anche (ad esempio) in caso di operazioni straordinarie quali ad esempio la
cessione dell’azienda stessa.
E’ possibile prevedere (ad esempio) che in
caso di cessione le azioni di classe diversa rispetto a quelle ordinarie siano le
prime ad incassare il prezzo corrisposto
dall’acquirente per l’equity fino alla concorrenza di una cifra preordinata (valore
nominale, nominale maggiorato di un
certo tasso di interesse, etc.).
In tal modo gli azionisti “privilegiati” non
soltanto riducono il rischio salendo di
gradino nella catena di rimborso ma ottengono una tutela maggiore anche nel
caso di realizzazione di determinate operazioni di finanza straordinaria.
Tutto quanto descritto fa sì che il rischio
connesso all’investimento in azioni di
questo tipo risulti inferiore a quello in
azioni “comuni” consentendo all’azienda
di attrarre nella compagine sociale operatori istituzionali o privati disposti a rinunciare (ad esempio) ad alcuni dei diritti legati alla gestione aziendale in cambio
di un profilo di rischio più contenuto. Il
tutto attraverso uno strumento di capitale a tutti gli effetti e pertanto senza ricorrere ad ulteriore indebitamento.
Lo strumento si presta ad essere utilizzato sia in aziende consolidate che (a maggior ragione) in aziende in fase di startup o early stage.
Tipicamente i finanziatori delle aziende
“neonate” (o che devono ancora nascere)
intervengono in fasi successive del processo di nascita/crescita (i cosiddetti
“round” di finanziamento) a seconda delle
esigenze di capitale connesse alla congiuntura aziendale e alle decisioni strategiche (nuovi prodotti, nuovi mercati, etc.).
A ogni fase può tranquillamente corrisponde l’emissione di una nuova classe
di azioni con caratteristiche differenti,
che rispecchino le mutate condizioni
4
dell’andamento aziendale.
In genere infatti le diverse classi vengono
emesse a prezzi crescenti (in funzione
della ipotetica crescita del business)
E’ tuttavia plausibile che le previsioni
vengano disattese e le emissioni successive avvengano a prezzi inferiori.
In tal caso è anche possibile prevedere
che i possessori di azioni di round precedenti abbiano delle salvaguardie specifiche (anti-dilution, con il diritto di ottenere altre azioni a prezzo scontato o addirittura gratuito 6).
Una stratificazione preventiva dell’equity
di una start-up o early stage company
fornisce anche un indubbio vantaggio di
immagine e credibilità, legato al fatto che
trasmette una volontà di istituzionalizzare i diversi ruoli degli stakeholders sulla
base di una attenta pianificazione preliminare, pianificazione che costituisce
uno dei fattori chiave per il successo di
un’azienda che non possiede una storia.
Le stesse considerazioni sono applicabili
per alcune categorie di processi di raccolta fondi che si stanno progressivamente
sviluppando.
Nel caso specifico ci si riferisce all’equity
crowdfunding 7, ovverosia a una modalità
di raccolta di capitale attraverso apposite
piattaforme web (in genere autorizzate
dalle autorità di vigilanza).
Strutturare apposite categorie di azioni
per una platea di investitori indistinta
precostituisce la possibilità di attrarre investitori con caratteristiche diverse aumentando la probabilità di successo del
crowdfunding.
In linea generale (non solo per le startup), il tranching offre un ulteriore vantaggio per le aziende che intendono attrarre capitali: una migliore gestibilità e
possibilità di crescita del mercato secondario dei titoli azionari.
Per mercato secondario si intende (in
questa sede) il trasferimento dei titoli fra
soggetti diversi dopo l’emissione e la sot6
Ad esempio: l’azienda Alfa ha emesso, durante il primo
round, azioni di Classe A ad un prezzo di 100. In un
round successivo, il prezzo di emissione di azioni di
Classe B, è di 50, l’investitore di Classe A avrà diritto ad
ottenere gratuitamente tante azioni (di Classe A) quante
ne avrebbe avute se il prezzo del round precedente fosse
stato di 50.
7
Secondo la definizione adottata da Consob: nel 2013
«Si parla di equity-based crowdfunding quando tramite
l'investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo
di partecipazione in una società”:
toscrizione, in sintesi l’acquisto/cessione
di azioni di un’azienda su mercati non
regolamentati.
Il fatto che le caratteristiche dell’”essere
azionista” di una determinata azienda
siano pienamente incorporate (“embedded”) nel titolo che viene potenzialmente
scambiato costituisce una enorme semplificazione per lo sviluppo di un mercato
secondario delle azioni.
Chi compra un’azione di Classe B (ad
esempio) sa che i propri diritti non sono
legati a pattuizioni private ma sono iscritti nel titolo stesso che acquista, a maggior ragione se questi titoli sono “privilegiati” nel senso illustrato in precedenza.
Il titolo sarà quindi molto più appetibile
per un investitore finanziario che non ricerca prevalentemente diritti di natura
gestionale pura ma piuttosto diritti “difensivi” e, per le stesse ragioni, la più
agevole trasferibilità del titolo in una fase
successiva all’emissione favorisce la costruzione (per i gestori patrimoniali e/o
per gli investitori istituzionali) di un portafoglio flessibile, che può evolversi nel
tempo in base a strategie di investimento
che possono mutare nel tempo a seconda
della congiuntura, dell’andamento di alcuni indici macroeconomici, ecc.
Si badi che quanto ricordato sopra è vero
sia per gli investitori istituzionali che per
quelli privati, che possono (ad esempio)
avere in alcuni momenti esigenze, anche
impellenti, di liquidità. La possibilità di
rivolgersi al mercato secondario per liquidare il proprio investimento anche in
anticipo rispetto ai tempi previsti può
quindi rappresentare un fattore chiave
per il successo della raccolta.
Gli stessi gestori/fondatori della start-up
(ammesso che le categorie coincidano) ne
possono trarre degli innegabili vantaggi,
legati al fatto che, più che avvicendarsi
soci individualmente diversi, si avvicenda
la composizione di individui (o persone
giuridiche) appartenenti alla stessa categoria predeterminata (classe).
In altre parole, invece che trovarsi (al
netto di eventuali clausole di prelazione o
gradimento) dei soci “nuovi”, con caratteristiche non conosciute e con la possibilità che la loro presenza danneggi la vita
sociale avranno, in caso di trasferimento
dei titoli, una nuova composizione di
una classe di azionisti con caratteristiche
omogenee e predeterminate in fatto di diritti di tutela, di partecipazione al governo aziendale, ecc.
5
Il coinvolgimento dei key people
Il caso tradizionalmente più diffuso è
quello delle società di investimento, dove
ai managers/promotori/gestori vengono
quasi sempre concesse azioni di classe
“speciale” che incorporano diritti economici da quantificare ex-post, vale a dire
sulla base dei risultati economici della
società una volta che tutti gli asset su cui
si è investito sono stati dismessi.
Il tranching tuttavia può costituire uno
strumento efficace anche per fidelizzare
gli individui ritenuti fondamentali per la
gestione e la crescita aziendale delle
aziende industriali o commerciali in genere.
L’utilizzo dello strumento è in genere appannaggio soprattutto delle aziende di
dimensioni maggiori 8 ma può costituire
una alternativa importante anche per le
PMI (Piccole e medie aziende).
Per quanto riguarda le variabili di natura
puramente economica (incentivi e bonus
di natura azionaria) la differenziazione in
classi può non costituire uno strumento
essenziale.
La devoluzione/sottoscrizione di un determinato pacchetto azionario a condizioni economiche favorevoli per i managers può avvenire anche attraverso titoli
azionari “ordinari”.
Diversa è la situazione in cui il management sia sensibile anche ad aspetti di
natura non strettamente economica ma
anche di tutela personale o di approccio
gestionale.
Nel primo caso (tutela) è possibile ad
esempio prevedere che nel caso in cui il
rapporto di lavoro si interrompa per motivi non legati alla volontà del manager o
ad atti dolosi/colpevoli le azioni ordinarie
vengano convertite automaticamente in
una classe di azioni speciali con particolari diritti difensivi (privilegi nella catena
di rimborso, nella distribuzione di dividendi, ecc.). Parimenti è possibile ipotizzare in ipotesi di trasferimento dei titoli
agli eventuali eredi non direttamente
coinvolti nella gestione.
Un caso piuttosto raro è invece quello in
cui a un manager (o più facilmente a un
team di manager) vengano concesse
azioni speciali che godono di alcuni diritti
8
Soprattutto in Italia dove generalmente la figura
dell’imprenditore e del manager nelle piccole e medie
aziende coincidono.
(in genere “negativi”, vale a dire di controllo o di blocco) in particolari circostanze. Ci si riferisce, in particolare, ad operazioni che possono avere un impatto rilevante sulla vita aziendale presente o futura quali acquisizioni oltre determinati
importi, accensione di finanziamenti oltre
determinati importi, distribuzione di dividendi straordinari, ecc.
Tale tipologia di classi di azioni è usualmente concessa solo a manager di livello
internazionale da aziende private di
grandi dimensioni.
In ogni caso le caratteristiche di flessibilità e assoluta certezza dei diritti che il
tranching consente di ottenere ne fanno
uno strumento ideale per la strutturazione di accordi azionari con privati.
Il tranching nelle operazioni strategiche
L’aspetto meno noto (ed anche meno utilizzato) della diversificazione in classi del
capitale è quello relativo alle operazioni
industriali con orizzonte di lungo periodo.
Anche in questo caso in realtà le possibilità sono di fatto illimitate. La chiave di
un utilizzo efficace sta nell’analisi preliminare delle caratteristiche e delle esigenze di medio-lungo termine degli operatori convolti.
Per fornire un’idea di quello che è possibile costruire con il tranching nelle operazioni di aggregazione (scambio azionario, joint ventures, fusioni, cessione di
parte del capitale, ecc.) verranno illustrati
due
casi
concreti
derivanti
dall’esperienza diretta dell’autore.
Il primo, per certi versi più semplice, almeno nell’architettura di fondo, riguarda
un’azienda
operante
nel
settore
dell’abbigliamento (“Beta”). I proprietari/manager sono stati contattati, nel corso del 2014, da un’azienda asiatica operante nello stesso settore ma di dimensioni molto superiori (“Gamma”).
Gli azionisti di Gamma erano interessati
ad acquisire una partecipazione in Beta
per utilizzare il know-how dell’azienda in
materia di realizzazioni di sportswear con
tessuti tecnici innovativi mentre gli azionisti di Beta erano fortemente attratti
dalla possibilità di espandere il proprio
business nei mercati orientali attraverso
una struttura distributiva (di Gamma)
solida e ramificata.
La necessità di Gamma tuttavia non era
6
semplicemente di realizzare una joint
venture azionaria, ma di acquisire anche
la maggioranza assoluta del capitale di
Beta per poter consolidare i risultati
dell’azienda italiana in vista di un prospettato IPO.
La proprietà di Gamma tuttavia intendeva mantenere la gestione diretta
dell’azienda per sfruttare al massimo la
possibile crescita di valore della propria
quota ed evitare possibili conflitti di interesse in merito ai rapporti economici che
sarebbero intercorsi con il nuovo socio e
derivanti dall’utilizzo della struttura distributiva di quest’ultimo (transfer prices
dei beni prodotti da Beta verso la catena
distributiva di Gamma).
La soluzione è stata quella di suddividere
le azioni di Beta in due classi (A e B), gli
azionisti originari di Beta detengono le
azioni di classe A e gli azionisti di Gamma le B.
Le B rappresentano la maggioranza del
capitale (70%) con benefici patrimoniali e
reddituali proporzionali, ma le azioni di
classe A detengono il diritto di nominare
due amministratori (su cinque) nel Consiglio di Amministrazione fra cui deve essere scelto l’Amministratore Delegato
dell’azienda con poteri di ordinaria gestione.
Il diritto delle A decade nel caso in cui
vengano conseguite perdite che riducano
di oltre il 70% il valore del capitale di Beta.
In tal modo i fondatori di Beta si sono assicurati il diritto di gestire l’azienda anche con una quota di minoranza del capitale, e gli azionisti di Gamma hanno ottenuto il loro obiettivo di consolidare i risultati economici di Beta nel bilancio del
proprio gruppo con adeguate tutele.
Il secondo esempio è più articolato e riguarda il caso di un’azienda (Alfa) che
per lo svolgimento della propria attività
utilizza un numero consistente di concessionari di zona, sia in Itala che
all’estero.
Alfa aveva la necessità strategica di fidelizzare la rete di concessionari del proprio
network, sancendo quello che nei fatti già
era evidente, ovverosia il ruolo di partners più che di fornitori di servizi a livello
locale e coinvolgendoli nella vita aziendale senza perdere il governo delle decisioni
fondamentali.
La soluzione scelta è la seguente.
I concessionari sono stati suddivisi in
due gruppi sulla base delle dimensioni.
Il primo gruppo (“Partners”) è quello
composto dai concessionari più rilevanti
in termini di giro d’affari e considerati
strategici.
Il secondo gruppo (che definiremo “SC –
Soci Collaboratori”) è composto dai concessionari “minori” e considerati non
strategici (almeno non per il momento).
L’operazione è basata sui seguenti criteri
generali:
-
Massima trasparenza nei confronti
di tutti i soci;
-
Meccanismi di governance semplici basati su criteri verificabili e
(ove possibile) incentrati su algoritmi quantitativi predeterminati;
-
I fondatori di Alfa devono comunque mantenere il ruolo di “lead”;
-
Qualsiasi transazione sulle azioni
deve in ogni caso transitare da Alfa che agisce de facto da “market
maker”;
L’obiettivo, come detto, è quello di fidelizzare nel lungo termine i Partners e i
SC, per consentire ad Alfa di mantenere
un livello di servizio e giro d’affari stabile,
ponendo le basi per una ulteriore crescita.
Nella “nuova” Alfa sono quindi presenti
tre classi di azioni: ordinarie , A (Partners)e B (SC).
Le A costituiranno al massimo il 30% del
capitale complessivo, le B al massimo il
15%.
Gli azionisti ordinari di Alfa mantengono
il possesso di un 5% delle azioni A ed un
2% delle azioni B in vista di un possibile
ingresso di futuri Partners o SC.
I soci A e B potranno liberamente scambiare le azioni in loro possesso con altri
azionisti della stessa classe 9.
Il diritto di ogni soggetto (Partners ed SC)
a detenere azioni di Alfa è legato al rispetto di alcune clausole contenute nel
contratto commerciale di concessione a
suo tempo sottoscritto (ad esempio: “divieto di esercitare attività in concorrenza
con Alfa).
Al fine di verificare il rispetto delle regole
di trasferimento (essenziali per un alli9
Il prezzo di scambio è in ogni caso predeterminato sulla
base di un algoritmo che si applica ai risultati economicofinanziari medi di Alfa dell’ultimo biennio sulla base dei
bilanci effettivamente approvati e depositati.
7
neamento di interessi di tutti gli azionisti)
Alfa agisce da acquirente/rivenditore di
tutte le azioni A e B scambiate (in pratica
da agente di trasferimento, da “mercato”).
Agli azionisti A e B è riservata
un’assemblea dove possono eleggere due
membri del Consiglio di Amministrazione
(uno per A e uno per B). Gli azionisti di
classe A possono inoltre eleggere uno dei
membri del Collegio Sindacale e hanno il
diritto di nominare e due membri di un
Comitato Tecnico (che si riunisce periodicamente e che verbalizza le proprie sedute) con parere consultivo sulle decisioni
di natura strategica sul business (investimenti rilevanti, ingresso in nuove aree,
partnership strategiche, andamento del
mercato e decisioni conseguenti, etc.).
La sigla e l’implementazione dell’accordo
hanno avuto effetti molto positivi su Alfa
per i seguenti ordini di motivi:
-
Coinvolgimento diretto dei concessionari (pur con i limiti fissati dalla
rispettiva classe di azioni) nelle
scelte dell’azienda con conseguente passaggio dalla mentalità “acquirente/fornitore/controparte a
quella “socio” anche se non di controllo;
-
Allineamento informativo di tutti
gli stakeholders sulle scelte aziendali. Quest’ultimo è forse l’aspetto
più importante. Alfa non può concedere “favoritismi” sottobanco a
qualcuno dei concessionari a discapito degli altri. Anche se la cosa, di fatto, avveniva anche in
precedenza ora i concessionari ne
possono essere del tutto sicuri e
questo ha creato un clima di fiducia reciproca. La fiducia reciproca
è l’essenza stessa di qualsiasi
partnership;
-
Poiché i soci di Classe A e B partecipano ai profitti aziendali (e quindi anche alla crescita di valore del
proprio investimento in Alfa) hanno assunto un atteggiamento
proattivo nella risoluzione dei problemi che emergono nella gestione
di Alfa stessa.
Il business di Alfa si prestava in modo
specifico (grazie alla struttura della catena del valore del settore) ad una soluzione come quella illustrata in precedenza,
che non è ovviamente replicabile in tutti i
settori.
Tuttavia, è possibile utilizzare strumenti
come quelli analizzati in qualsiasi situazione in cui sia necessario creare una
joint-venture (anche temporanea) per sviluppare nuovi prodotti o mercati.
Si cita ad esempio la recente costituzione
di una partnership nel settore del fashion10 fra un’azienda produttrice, una
azienda che gestisce licensing di brand
conosciuti e un team di manager con
esperienza internazionale nel settore
specifico.
I soggetti hanno messo a fattor comune i
propri rispettivi asset (produzione, distribuzione e gestione dei brand, gestione di
piattaforme complesse nel settore) per
realizzare una vera e propria società che
gestirà nei prossimi anni alcuni specifici
mercati. Appare significativo, in questo
senso, che sia stata scelta come “veicolo”
una società di diritto italiano nonostante
gli attori coinvolti siano in larga maggioranza basati all’estero e nonostante il nostro paese non offra certo un trattamento
fiscale vantaggioso rispetto ad altre nazioni. Il legislatore italiano con la libertà
concessa nella creazione dei contenuti
delle classi di azioni è stato (una volta
tanto verrebbe spontaneo sottolineare)
lungimirante.
Forse perché l’articolo di legge sancisce
un principio (fate quel che volete purchè
non violiate altre normative, tutte le classi di azioni che vi pare con i contenuti
che vi pare) e consta di due semplici righe invece che di decreti e regolamenti
attuativi di qualche decina (se non centinaia) che tentano di prevedere anche
l’imprevedibile, poco confidando nella capacità dei cittadini di discernere da soli
quali siano i propri interessi e di tutelarsi
(sempre motu proprio) di conseguenza.
Le società quotate
A parte la già citata possibilità di emettere azioni di risparmio, già prevista da
quasi vent’anni nel nostro ordinamento
ed utilizzata in pochi casi, l’applicazione
del tranching non si è, per ora, diffusa
fra le società quotate su un mercato regolamentato, anche in ragione della com10
I cui dettagli, per ovvie ragioni, non possono essere divulgati.
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posizione del listino
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italiano.
rebbero la società ad aumentare
sensibilmente la propria esposizione debitoria;
In realtà. anche in questo caso le possibili applicazioni, volte a creare una governance che allinei pienamente gli interessi
di tutti i soggetti partecipanti ad
un’operazione finanziaria possono essere
numerose ed efficaci.
Ci si riferisce in particolare alla possibilità (con conseguenze di natura quasi
esclusivamente finanziaria) di emettere
azioni privilegiate con un rendimento
cash su base annuale o semestrale (a
condizione o meno che l’azienda mostri
adeguati profitti). Negli Stati Uniti esistono addirittura degli ETF che raggruppano
le preferred-cash shares che sono presenti sul mercato. La stratificazione (lungo la waterfall di rimborso - vedi quanto
illustrato in precedenza) può ovviamente
essere pressoché illimitata, agevolando
l’azienda nella raccolta di capitali. Il possibile vantaggio rispetto alla emissione di
un bond è che si tratterebbe di capitale a
tutti gli effetti, con una distribuzione di
dividendi-interessi legata situazioni in
cui l’equilibrio finanziario non sia a rischio e con privilegi collegati a particolari
eventi (acquisizioni, cessioni, discesa del
titolo sotto particolari livelli di prezzo,
ecc.). Si pensi, a titolo puramente esemplificativo, ad un azienda quotata che
consenta agli azionisti privilegiati di ottenere azioni gratuite in caso di mancato
rispetto del piano finanziario fornito in
sede di quotazione, fino a consentire ai
privilegiati di ottenere la maggioranza del
capitale. La diluzione sarebbe solo a
danno del common equity. Un meccanismo che potrebbe consentire di:
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-
veicolare al mercato un fortissimo
messaggio di fiducia da parte del
management e degli azionisti collocatori;
-
facilitare enormemente la sottoscrizione in sede di IPO delle azioni (privilegiate) in ragione della forte protezione sul downside;
-
reperire fondi (di capitale) che in
caso di mancato rispetto degli
obiettivi strategici non costringe-
La larga maggioranza del valore di capitalizzazione
della Borsa Italiana è rappresentato da banche, soggette a
una regolamentazione separata ed estremamente complessa e che poco si concilia con la see la flessibilità mplicità
dello strumento.
-
sostenere anche il corso del common equity, perché, in caso di
mancato rispetto degli obiettivi del
piano, la società diventerebbe, di
fatto, contendibile e quindi il valore del common equity sarebbe incrementato rispetto a una situazione in cui il flottante è (ad esempio) pari al 30% del capitale.
Il passaggio generazionale
Il tranching può costituire uno strumento molto efficiente anche per la soluzione
di alcune problematiche connesse al cosiddetti “passaggi generazionali” ovverosia all’avvicendamento dei fondatori (o
comunque degli attuali proprietari/gestori, per ragioni di età e/o di salute) nell’azionariato e nella gestione operativa di un’azienda 12.
E’ abbastanza usuale infatti che fra i potenziali eredi, a volte anche appartenenti
a famiglie diverse, ve ne siano alcuni interessati alla gestione (o ad alcuni aspetti
della gestione) aziendale ed altri più propensi ad assumere in futuro un ruolo più
vicino a quello dell’azionista/investitore
puro.
La differenziazione in classi differenti del
capitale aziendale può consentire di dare
atto di tali differenti attitudini e obiettivi
in modo semplice e “sicuro” utilizzando
strumenti sociali invece che para-sociali
(con tutti i limiti connessi alle possibili
violazioni di accordi diretti fra i soci la cui
tutela sia lasciata direttamente ai firmatari o alla azione di un terzo appositamente demandato a questo ruolo, ad
esempio un trustee).
Alcuni degli eredi non coinvolti né interessati alla gestione possono, ad esempio, trasformare le proprie azioni ordina12
Secondo Assolombarda (dati 2016) quasi un’azienda
italiana familiare su quattro dovrà affrontare un problema
di passaggio generazionale nei prossimi cinque anni. Secondo questa ricerca il 23% dei leader di aziende familiari ha più di 70. Sempre secondo la stessa ricerca solo il
30% delle aziende sopravvive al proprio fondatore e solo
il 13% arriva alla terza generazione”. In Italia il 65% delle aziende con fatturato superiore ai 20 milioni di euro è
costituito da aziende familiari.
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rie in privilegiate, riducendo il proprio
profilo di rischio e rinunciando al contempo ad alcuni privilegi degli altri azionisti (ad esempio nominare membri del
Consiglio di Amministrazione).
Questo in ogni caso (se desiderato) non
comporterebbe necessariamente assumere un ruolo di “blind investors” poiché è
possibile prevedere alcuni eventi che riattivino automaticamente tali diritti, addirittura potenziandoli. E’ possibile per
esempio prevedere che in caso di perdite
rilevanti, o di indebitamento finanziario
che superi certe soglie, o di altri eventi
oggettivamente pregiudizievoli (protesti,
ingiunzioni, etc.) agli azionisti privilegiati
sia consentito nominare dei manager terzi che possano “curare” il problema manifestatosi a causa delle azioni dei gestori
attuali (nonché azionisti ordinari).
Il tutto può anche essere stemperato o
sfumato attraverso procedure di consensualità (ad esempio proporre una lista di
due/tre amministratori delegati fra cui
l’azionista ordinario può scegliere il candidato ideale).
Nel caso del passaggio generazionale,
una delle problematiche esposte nel paragrafo seguente viene addirittura capovolta. I costi di realizzazione di un sistema come quello descritto sono infatti nettamente inferiori a gran parte di quelli
spesso utilizzati (come, ad esempio, il
Trust) e ne fanno quindi un’alternativa
particolarmente indicata per gestire tali
problematiche nelle aziende mediopiccole.
Limiti dello strumento
Data la flessibilità dello strumento 13, non
esistono, de facto, limiti intrinseci rilevanti all’utilizzo del tranching.
I possibili limiti sono di altra natura e
sono relativi principalmente al costo puro
di realizzazione di una stratificazione in
classi dell’equity e a problemi di natura
organizzativa.
Realizzare un’operazione di tranching richiede la presenza ed il supporto attivo di
consulenti specializzati che possono an13
“…..la società, nei limiti imposti dalla legge, può
liberamente determinare il contenuto delle azioni delle
varie categorie” - ’art. 2348 CC.
che non limitarsi solo a quelli di natura
legale (indicativamente quantificabili
nell’ordine minimo di qualche decina di
migliaia di Euro) ma anche di consulenti
con una adeguata esperienza specifica
nella strutturazione di operazioni di finanza straordinaria, che supportino gli
azionisti ed il management nella realizzazione di una struttura funzionale (nella
sostanza e non solo nella forma) ai diversi interessi ed alle diverse caratteristiche
strutturali delle parti coinvolte (aziende
anche di settori diversi, investitori istituzionali, management, etc.).
Il
costo
vivo
di
strutturazione
dell’operazione (soprattutto per una
azienda di piccole dimensioni) potrebbe
quindi risultare non trascurabile, anche
se, in genere, le operazioni di aggregazione/JV delle PMI non necessitano di
strutture estremamente sofisticate.
Il secondo aspetto potenzialmente “problematico” è legato necessità di gestire
un maggior volume di attività di backoffice societario.
La presenza di azionisti di diverse classi
può incrementare gli adempimenti di segreteria societaria (convocazioni, tenuta
dei consigli e delle assemblee, verbali,
comunicazioni, etc.). Anche in questo caso le società che possono risentire maggiormente di questa necessità (organizzativa) sono le PMI, che non hanno (in genere) l’abitudine a gestire un flusso consistente di adempimenti interni di natura
societaria e non vantano nel proprio organigramma personale già formato per
l’espletamento delle necessarie procedure. E’ possibile ovviamente gestire gli
adempimenti societarie in outsourcing
senza costi elevati (anche se tutto è relativo) oppure istruire il personale addetto
attraverso un percorso di formazione
specifico.
Conclusioni
Non esiste strumento tecnico-formale che
possa di per sé risolvere un problema
(sostanziale) legato ad aspetti concreti
della situazione economico-finanziaria di
un’azienda, di un settore o di un intero
sistema-nazione.
E’ possibile tuttavia sfruttare le possibilità che la normativa concede per realizzare delle strutture societarie ed organizza10
tive che consentano di:
-
Dare certezza alle regole di gestione fra i “partners”;
-
Contemperare le diverse esigenze
degli stakeholder al fine di allineare il più possibile gli interessi,
dandosi atto “ufficialmente”, nel
contempo, delle differenze esistenti in termini di obiettivi di medio-lungo termine;
-
Fissare un obiettivo temporale
(anche soggetto al verificarsi di alcuni eventi) entro cui darsi atto
del raggiungimento degli obiettivi
che ci si erano prefissati.
Il passaggio della governance da strumenti di natura para-sociale a strumenti
di natura sociale inoltre può generare
anche
positive
conseguenze
sull’atteggiamento e sulla mentalità degli
azionisti (in particolare nelle aziende medio-piccole). La vita sociale ed il ruolo di
tutti gli stakeholders viene infatti “istituzionalizzata” e non più lasciata ad uno
sviluppo estemporaneo della forza negoziale delle parti in gioco.
L’azienda diventa una piccola istituzione,
dove ad ogni parte è affidato un ruolo
preciso ed i possibili conflitti, legati ai diversi obiettivi degli stakeholders, tendono
ad essere depotenziati ab origine. Con
ovvie positive conseguenze sull’azienda
stessa. Il tranching può inoltre rappresentare, per una PMI, il primo passo verso una managerializzazione ed una ordinata separazione fra i diritti e doveri dei
gestori e quelli degli azionisti, presupposto imprescindibile per la sopravvivenza
delle aziende nel lungo periodo.
Una adeguata capacità gestionale che si
trasmetta per più di due-tre generazioni
è infatti un’ipotesi che ha probabilità di
accadimento quasi nulle.
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