Le differenziazione in classi delle azioni come strumento di funding e pianificazione strategica di Andrea Angelelli (*) (*) Partner CPI Corporate Finance www.cpi-pe.com Introduzione E’ innanzitutto necessario premettere che l’estensore dell’articolo non possiede un background specifico di natura legale. L’obiettivo quindi non è quello di trattare i profili giuridici derivanti dall’introduzione di questi dispositivi nel Codice Civile, bensì di illustrare i possibili utilizzi di tali strumenti in particolari situazioni di discontinuità societaria o strategica. Le fattispecie descritte di seguito derivano, in effetti, dall’esperienza diretta dell’autore in contesti di operazioni di finanza straordinaria o di passaggio generazionale. In generale non è possibile costruire una tassonomia esaustiva degli utilizzi dei dispositivi trattati poiché, come si vedrà in seguito, non esistono limiti autentici alla configurazione dello strumento se non quelli legati ad una tutela generale di alcuni diritti che la legge considera presupposti imprescindibili della figura dell’azionista di una società anonima. La chiave per un efficace utilizzo del “tranching” 1 (inteso in questa sede come suddivisione del capitale in strumenti con caratteristiche diverse) pertanto sta, non tanto nello studio delle caratteristiche dello strumento (troppo ampie e indefinite, quanto nell’analisi e nel riconoscimento dei differenti interessi ed obiettivi di medio-lungo termine degli azionisti che partecipano (o parteciperanno) al ca- pitale di un’azienda specifica. Tali interessi sono parzialmente coincidenti fra tutti gli stakeholders (la partecipazione alla vita sociale) e in altra misura potenzialmente divergenti (ruolo, obiettivi, durata della partecipazione, propensione al rischio, ecc.) e devono quindi “affluire” nello strumento attraverso un processo di analisi, razionalizzazione e semplificazione degli stessi, al fine di costruire “tranches” coerenti con gli obiettivi fondamentali, quelli imprescindibili, tralasciando tutto ciò che non è realmente essenziale al perseguimento degli scopi principali dei diversi stakeholders, al fine di evitare indeterminatezze o complessità che potrebbero limitare fortemente i vantaggi offerti dagli strumenti descritti di seguito. Quadro normativo sintetico Le azioni sono strumenti finanziari che cartolarizzano alcuni diritti, ovvero attribuiscono questi diritti ad uno dei soci in quanto possessore delle azioni stesse. I diritti collegati alle azioni sono cosiddetti diritti “reali”. Il diritto reale è un diritto che conferisce, al ti- tolare, un potere assoluto ed immediato su una cosa. Due sono le caratteristiche del possesso di un diritto reale rilevanti ai nostri fini: - 1 In realtà il termine “tranching” è usualmente utilizzato nelle operazioni di cartolarizzazione ed indica la segmentazione delle notes in classi di rischio differenti. Qui viene esteso, per sintesi e praticità, alla generica segmentazione delle azioni in classi diverse. - l’immediatezza. Il titolare può soddisfare il proprio interesse in maniera diretta e non mediata sul bene (a differenza ad esempio di ciò che accade per i diritti di credito dove il titolare per soddisfarsi dovrà avvalersi della cooperazione del debitore). l’assolutezza. Il titolare può fare valere il proprio diritto erga omnes ovverosia nei 1 confronti di chiunque e non solo (ad esempio) di chi ha firmato un accordo specifico. Il Governo Italiano, in attuazione della delega ottenuta nel 2001 dal parlamento in tema di riforme del diritto societario, ha emanato due decreti legislativi che hanno ridisegnato, (dopo circa sessant'anni) la materia. La riforma è entrata in vigore dal 1 gennaio 2004. In particolare, la riforma sancisce espressamente la possibilità di emettere categorie speciali di azioni cosiddette “atipiche”. Nell’art. 2348 è previsto che “la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie”. Il primo problema pertanto appare quello di individuare i “limiti” della libertà attribuita ai privati nel determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. Le caratteristiche “insopprimibili” dello strumento perché possa essere definito capitale. Tralasciando considerazioni banali quali l’ imputazione a capitale dell’apporto nei libri contabili, sono diritti inerenti all’azione il diritto di partecipazione agli utili 2 e il correlato obbligo di partecipazione alle perdite, ivi incluso ovviamente il diritto a suddividere ciò che resta a seguito di un processo di cessione di tutti gli attivi dello stato patrimoniale e pagamento di tutti i debiti (liquidazione). Altri aspetti non modificabili sono il diritto di recesso (art. 2437 del Codice Civile) il diritto di ispezione dei libri sociali e di chiedere il risarcimento del danno derivante da delibere illegittime. A parte quanto sora esposto gli altri diritti propri dell’azionista sembrano oggi pienamente disponibili da parte dei privati, ivi incluso il diritto di voto. A ben vedere alcuni di questi aspetti potevano essere introdotti anche in precedenza facendo riferimento alla promulgazione nel 1998 della legge sulla cosiddetta classe delle “Azioni di risparmio”, ma tuttavia con evidenti limiti, in primis legate al fatto che tale facoltà era riservata al- le aziende quotate. A parere di chi scrive 3, inoltre, non sussistono impedimenti ad applicare la normativa relativa alla possibilità di differenziare le classi di azioni anche alle quote delle Società a Responsabilità Limitata, estendendo la possibilità di utilizzo di questi strumenti anche ad una fascia importante delle aziende italiane di dimensione generalmente più contenuta senza che sia necessario la trasformazione da S.r.L. ad S.p.A, con conseguenti vantaggi sui costi di realizzazione e sui possibili vincoli legati al quantum dell’apporto di capitale necessario. Obiettivi e caratteristiche fondamentali La realtà economica in cui le aziende sono costrette ad operare diventa sempre più complessa e sfaccettata. Negli ultimi quindici anni si sono affacciati alla competizione nazionale ed internazionale un numero sempre crescente di nazioni ed operatori. Ognuno di essi ha scopi, modus operandi, strutture fiscali, strutture proprietarie e manageriali (oltre che culturali) differenti. Una parte del mondo (segnatamente l’Europa continentale - Germania a parte) sta inoltre attraversando un prolungato periodo di recessione-stagnazione non più riscontrato dai tempi della Grande Crisi del 1929. Durante questo periodo il credito alle imprese si è significativamente contratto 4. Questa contrazione di domanda interna e di mezzi finanziari a disposizione delle azienda ha comportato la necessità di trovare dei mezzi alternativi di possibile crescita e/o di supporto finanziario. Il tranching è uno strumento che se correttamente usato può contribuire ad aiutare le aziende nazionali a crescere (o quantomeno a sopravvivere) in questa congiuntura. L’obiettivo generale della trattazione è proprio quello di illustrare, soprattutto attraverso esempi concreti, come sia possibile utilizzare efficacemente lo strumento al fine di attirare nuovi stakeholders 3 2 Questa fattispecie è legata all’art. 2265 del Codice Civile che recita “È nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite”. Il cosiddetto divieto del “Patto Leonino”. In tal senso, si ricorda nuovamente che l’autore di questo articolo non ha una specifica formazione di natura giuridica. 4 Circa il 15% in meno nel periodo 2011-2016 sulla base di una ricerca del Sole 24Ore. 2 nella compagine sociale evitando alla radice potenziali conflitti e ottenendo potenziali vantaggi competitivi e/o nuove risorse finanziarie. Il concetto fondamentale è quello di passare da un’idea di compagine sociale con caratteristiche univoche a quello più generale di “partnership” con soggetti che non necessariamente devono essere posizionati nello stesso punto della catena del valore ma possono essere anche fornitori, distributori, altri operatori dello stesso settore, oppure, in ultima analisi, dei semplici finanziatori. In linea generale questo è ovviamente possibile anche senza utilizzare il tranching azionario ma lo strumento offre innegabili vantaggi legati principalmente al fatto che le diverse prerogative degli azionisti sono “incorporate” nel titolo stesso, costituiscono, per l’appunto, un diritto reale, opponibile erga omnes. La differenza non è di poco conto se si pensa alle possibili alternative quali ad esempio i Patti Parasociali, la cui durata è limitata nel tempo e il cui rispetto, in caso di violazione, è legato ad una azione civile (o anche penale) della parte lesa. Nel caso delle classi i diritti sono iscritti nel titolo e pertanto la tutela è estremamente efficace. Basti pensare, per fornire un esempio molto semplice, all’ipotesi di un voto assembleare contrario ad alcune delle caratteristiche delle azioni dei partecipanti al voto. La delibera assembleare sarebbe di fatto nulla, contravvenendo a norme iscritte nello statuto stesso della società. La stratificazione delle classi azionarie inoltre consente di stratificare anche gli organi di governo stessi, nel senso che, ad esempio, è possibile pensare di istituire differenti assemblee per i detentori delle diverse classi di azioni, ognuna delle quali ha prerogative specifiche, quali ad esempio eleggere un numero prefissato di Consiglieri di Amministrazione i quali, a loro volta, possono vantare diritti particolari (coincidenti con la natura e gli obiettivi degli azionisti che li hanno indicati), quali ad esempio diritti di veto su alcune delibere inerenti argomenti “sensibili” per la classe di azionisti che essi rappresentano. Il punto essenziale è che il tranching delle azioni istituzionalizza le diverse caratteristiche ed obiettivi dei diversi azionisti dando atto, nella architettura stessa del- la società, che esistono, nella compagine sociale, stakeholders con esigenze differenti, risolvendo, alla radice alcuni dei potenziali conflitti che potrebbero emergere dalla coesistenza di una compagine eterogenea. Questo non vuol ovviamente dire che non possano emergere dei conflitti o che i diversi stakeholders debbano obbligatoriamente convivere in modo proattivo per gli interessi della società ma che le regole fissate ab origine (e cristallizzate nel titolo di cui sono in possesso) sono molto più complesse da infrangere, costringendo ognuno degli stakeholders ad un atteggiamento più istituzionale che personalistico. Viene riconosciuta l’eterogeneità dei partecipanti alla compagine sociale nell’essenza stessa della società anonima: il titolo di possesso. Il funding e la propensione al rischio L’aspetto soggettivo più semplicemente incorporabile nei titoli attraverso il tranching è quello della propensione al rischio. Non tutti gli azionisti devono avere necessariamente la stessa propensione al rischio e attraverso la diversificazione delle classi si può dare atto di questo in modo piuttosto semplice. La suddivisione classica della capital structure di un’ azienda è esemplificata nel grafico 1. Sul lato sinistro è rappresentato il valore dell’ azienda (che sia contabile o di mercato) sul lato destro le fonti di finanziamento dello stesso (a valori contabili o di mercato 5. Grafico 1. Capital structure “classica” 5 La discrepanza maggiore fra la Capital Structure a valori contabili e a valori di mercato è in genera quella relativa al valore del capitale. Il cui valore economico può essere significativamente diverso da quello iscritto nei libri. 3 Bond Mezzanino Debito Junior RISCHIO Equity Debito Senior Enterprise Value CAPITAL STRUCTURE Grafico 2. Capital structure con il tranching Equity ordinario Azioni di Classe A Azioni di classe C ---Bond Mezzanino RISCHIO Azioni di Classe B Debito Junior Debito Senior Enterprise Value CAPITAL STRUCTURE Nel grafico 2 invece è rappresentata la capital structure con una differenziazione in diverse classi dell’equity. In sostanza esistono classi di azioni che sono (o possono essere) meno rischiose di altre (nell’esempio la meno rischiosa è la classe C) perché antergate nella catena di rimborso. Sono azioni “privilegiate” rispetto a quello che con termine anglosassone viene comunemente definito “Common Equity” (tradotto in italiano come “Equity Ordinario” nel grafico 2). Le azioni di Classe C iniziano ad essere “intaccate” nel loro potenziale valore quando il valore dell’equity ordinario e delle Azioni di Classe A e B si sono azzerati. Maggiore è il potenziale valore (in questo caso di mercato) dell’Equity ordinario maggiore è la protezione per gli azionisti delle Classi A, B e C. E’ possibile anche spingersi oltre nella stratificazione del rischio, prevedendo che determinate Classi di azioni siano postergate nelle perdite (art 2348 del Codice Civile). Le azioni di Classe “x” subiranno le perdite solo dopo che tali perdite abbiano colpito, in tutto o in parte (ad esempio al di sopra di un determinato ammontare espresso in valore assoluto: “..perdite oltre x Milioni di Euro”), le altre classi di azioni. Si noti che i “privilegi” delle classi antergate possono anche non essere legate esclusivamente alla waterfall di rimborso in caso di default o procedure in genere ma anche (ad esempio) in caso di operazioni straordinarie quali ad esempio la cessione dell’azienda stessa. E’ possibile prevedere (ad esempio) che in caso di cessione le azioni di classe diversa rispetto a quelle ordinarie siano le prime ad incassare il prezzo corrisposto dall’acquirente per l’equity fino alla concorrenza di una cifra preordinata (valore nominale, nominale maggiorato di un certo tasso di interesse, etc.). In tal modo gli azionisti “privilegiati” non soltanto riducono il rischio salendo di gradino nella catena di rimborso ma ottengono una tutela maggiore anche nel caso di realizzazione di determinate operazioni di finanza straordinaria. Tutto quanto descritto fa sì che il rischio connesso all’investimento in azioni di questo tipo risulti inferiore a quello in azioni “comuni” consentendo all’azienda di attrarre nella compagine sociale operatori istituzionali o privati disposti a rinunciare (ad esempio) ad alcuni dei diritti legati alla gestione aziendale in cambio di un profilo di rischio più contenuto. Il tutto attraverso uno strumento di capitale a tutti gli effetti e pertanto senza ricorrere ad ulteriore indebitamento. Lo strumento si presta ad essere utilizzato sia in aziende consolidate che (a maggior ragione) in aziende in fase di startup o early stage. Tipicamente i finanziatori delle aziende “neonate” (o che devono ancora nascere) intervengono in fasi successive del processo di nascita/crescita (i cosiddetti “round” di finanziamento) a seconda delle esigenze di capitale connesse alla congiuntura aziendale e alle decisioni strategiche (nuovi prodotti, nuovi mercati, etc.). A ogni fase può tranquillamente corrisponde l’emissione di una nuova classe di azioni con caratteristiche differenti, che rispecchino le mutate condizioni 4 dell’andamento aziendale. In genere infatti le diverse classi vengono emesse a prezzi crescenti (in funzione della ipotetica crescita del business) E’ tuttavia plausibile che le previsioni vengano disattese e le emissioni successive avvengano a prezzi inferiori. In tal caso è anche possibile prevedere che i possessori di azioni di round precedenti abbiano delle salvaguardie specifiche (anti-dilution, con il diritto di ottenere altre azioni a prezzo scontato o addirittura gratuito 6). Una stratificazione preventiva dell’equity di una start-up o early stage company fornisce anche un indubbio vantaggio di immagine e credibilità, legato al fatto che trasmette una volontà di istituzionalizzare i diversi ruoli degli stakeholders sulla base di una attenta pianificazione preliminare, pianificazione che costituisce uno dei fattori chiave per il successo di un’azienda che non possiede una storia. Le stesse considerazioni sono applicabili per alcune categorie di processi di raccolta fondi che si stanno progressivamente sviluppando. Nel caso specifico ci si riferisce all’equity crowdfunding 7, ovverosia a una modalità di raccolta di capitale attraverso apposite piattaforme web (in genere autorizzate dalle autorità di vigilanza). Strutturare apposite categorie di azioni per una platea di investitori indistinta precostituisce la possibilità di attrarre investitori con caratteristiche diverse aumentando la probabilità di successo del crowdfunding. In linea generale (non solo per le startup), il tranching offre un ulteriore vantaggio per le aziende che intendono attrarre capitali: una migliore gestibilità e possibilità di crescita del mercato secondario dei titoli azionari. Per mercato secondario si intende (in questa sede) il trasferimento dei titoli fra soggetti diversi dopo l’emissione e la sot6 Ad esempio: l’azienda Alfa ha emesso, durante il primo round, azioni di Classe A ad un prezzo di 100. In un round successivo, il prezzo di emissione di azioni di Classe B, è di 50, l’investitore di Classe A avrà diritto ad ottenere gratuitamente tante azioni (di Classe A) quante ne avrebbe avute se il prezzo del round precedente fosse stato di 50. 7 Secondo la definizione adottata da Consob: nel 2013 «Si parla di equity-based crowdfunding quando tramite l'investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società”: toscrizione, in sintesi l’acquisto/cessione di azioni di un’azienda su mercati non regolamentati. Il fatto che le caratteristiche dell’”essere azionista” di una determinata azienda siano pienamente incorporate (“embedded”) nel titolo che viene potenzialmente scambiato costituisce una enorme semplificazione per lo sviluppo di un mercato secondario delle azioni. Chi compra un’azione di Classe B (ad esempio) sa che i propri diritti non sono legati a pattuizioni private ma sono iscritti nel titolo stesso che acquista, a maggior ragione se questi titoli sono “privilegiati” nel senso illustrato in precedenza. Il titolo sarà quindi molto più appetibile per un investitore finanziario che non ricerca prevalentemente diritti di natura gestionale pura ma piuttosto diritti “difensivi” e, per le stesse ragioni, la più agevole trasferibilità del titolo in una fase successiva all’emissione favorisce la costruzione (per i gestori patrimoniali e/o per gli investitori istituzionali) di un portafoglio flessibile, che può evolversi nel tempo in base a strategie di investimento che possono mutare nel tempo a seconda della congiuntura, dell’andamento di alcuni indici macroeconomici, ecc. Si badi che quanto ricordato sopra è vero sia per gli investitori istituzionali che per quelli privati, che possono (ad esempio) avere in alcuni momenti esigenze, anche impellenti, di liquidità. La possibilità di rivolgersi al mercato secondario per liquidare il proprio investimento anche in anticipo rispetto ai tempi previsti può quindi rappresentare un fattore chiave per il successo della raccolta. Gli stessi gestori/fondatori della start-up (ammesso che le categorie coincidano) ne possono trarre degli innegabili vantaggi, legati al fatto che, più che avvicendarsi soci individualmente diversi, si avvicenda la composizione di individui (o persone giuridiche) appartenenti alla stessa categoria predeterminata (classe). In altre parole, invece che trovarsi (al netto di eventuali clausole di prelazione o gradimento) dei soci “nuovi”, con caratteristiche non conosciute e con la possibilità che la loro presenza danneggi la vita sociale avranno, in caso di trasferimento dei titoli, una nuova composizione di una classe di azionisti con caratteristiche omogenee e predeterminate in fatto di diritti di tutela, di partecipazione al governo aziendale, ecc. 5 Il coinvolgimento dei key people Il caso tradizionalmente più diffuso è quello delle società di investimento, dove ai managers/promotori/gestori vengono quasi sempre concesse azioni di classe “speciale” che incorporano diritti economici da quantificare ex-post, vale a dire sulla base dei risultati economici della società una volta che tutti gli asset su cui si è investito sono stati dismessi. Il tranching tuttavia può costituire uno strumento efficace anche per fidelizzare gli individui ritenuti fondamentali per la gestione e la crescita aziendale delle aziende industriali o commerciali in genere. L’utilizzo dello strumento è in genere appannaggio soprattutto delle aziende di dimensioni maggiori 8 ma può costituire una alternativa importante anche per le PMI (Piccole e medie aziende). Per quanto riguarda le variabili di natura puramente economica (incentivi e bonus di natura azionaria) la differenziazione in classi può non costituire uno strumento essenziale. La devoluzione/sottoscrizione di un determinato pacchetto azionario a condizioni economiche favorevoli per i managers può avvenire anche attraverso titoli azionari “ordinari”. Diversa è la situazione in cui il management sia sensibile anche ad aspetti di natura non strettamente economica ma anche di tutela personale o di approccio gestionale. Nel primo caso (tutela) è possibile ad esempio prevedere che nel caso in cui il rapporto di lavoro si interrompa per motivi non legati alla volontà del manager o ad atti dolosi/colpevoli le azioni ordinarie vengano convertite automaticamente in una classe di azioni speciali con particolari diritti difensivi (privilegi nella catena di rimborso, nella distribuzione di dividendi, ecc.). Parimenti è possibile ipotizzare in ipotesi di trasferimento dei titoli agli eventuali eredi non direttamente coinvolti nella gestione. Un caso piuttosto raro è invece quello in cui a un manager (o più facilmente a un team di manager) vengano concesse azioni speciali che godono di alcuni diritti 8 Soprattutto in Italia dove generalmente la figura dell’imprenditore e del manager nelle piccole e medie aziende coincidono. (in genere “negativi”, vale a dire di controllo o di blocco) in particolari circostanze. Ci si riferisce, in particolare, ad operazioni che possono avere un impatto rilevante sulla vita aziendale presente o futura quali acquisizioni oltre determinati importi, accensione di finanziamenti oltre determinati importi, distribuzione di dividendi straordinari, ecc. Tale tipologia di classi di azioni è usualmente concessa solo a manager di livello internazionale da aziende private di grandi dimensioni. In ogni caso le caratteristiche di flessibilità e assoluta certezza dei diritti che il tranching consente di ottenere ne fanno uno strumento ideale per la strutturazione di accordi azionari con privati. Il tranching nelle operazioni strategiche L’aspetto meno noto (ed anche meno utilizzato) della diversificazione in classi del capitale è quello relativo alle operazioni industriali con orizzonte di lungo periodo. Anche in questo caso in realtà le possibilità sono di fatto illimitate. La chiave di un utilizzo efficace sta nell’analisi preliminare delle caratteristiche e delle esigenze di medio-lungo termine degli operatori convolti. Per fornire un’idea di quello che è possibile costruire con il tranching nelle operazioni di aggregazione (scambio azionario, joint ventures, fusioni, cessione di parte del capitale, ecc.) verranno illustrati due casi concreti derivanti dall’esperienza diretta dell’autore. Il primo, per certi versi più semplice, almeno nell’architettura di fondo, riguarda un’azienda operante nel settore dell’abbigliamento (“Beta”). I proprietari/manager sono stati contattati, nel corso del 2014, da un’azienda asiatica operante nello stesso settore ma di dimensioni molto superiori (“Gamma”). Gli azionisti di Gamma erano interessati ad acquisire una partecipazione in Beta per utilizzare il know-how dell’azienda in materia di realizzazioni di sportswear con tessuti tecnici innovativi mentre gli azionisti di Beta erano fortemente attratti dalla possibilità di espandere il proprio business nei mercati orientali attraverso una struttura distributiva (di Gamma) solida e ramificata. La necessità di Gamma tuttavia non era 6 semplicemente di realizzare una joint venture azionaria, ma di acquisire anche la maggioranza assoluta del capitale di Beta per poter consolidare i risultati dell’azienda italiana in vista di un prospettato IPO. La proprietà di Gamma tuttavia intendeva mantenere la gestione diretta dell’azienda per sfruttare al massimo la possibile crescita di valore della propria quota ed evitare possibili conflitti di interesse in merito ai rapporti economici che sarebbero intercorsi con il nuovo socio e derivanti dall’utilizzo della struttura distributiva di quest’ultimo (transfer prices dei beni prodotti da Beta verso la catena distributiva di Gamma). La soluzione è stata quella di suddividere le azioni di Beta in due classi (A e B), gli azionisti originari di Beta detengono le azioni di classe A e gli azionisti di Gamma le B. Le B rappresentano la maggioranza del capitale (70%) con benefici patrimoniali e reddituali proporzionali, ma le azioni di classe A detengono il diritto di nominare due amministratori (su cinque) nel Consiglio di Amministrazione fra cui deve essere scelto l’Amministratore Delegato dell’azienda con poteri di ordinaria gestione. Il diritto delle A decade nel caso in cui vengano conseguite perdite che riducano di oltre il 70% il valore del capitale di Beta. In tal modo i fondatori di Beta si sono assicurati il diritto di gestire l’azienda anche con una quota di minoranza del capitale, e gli azionisti di Gamma hanno ottenuto il loro obiettivo di consolidare i risultati economici di Beta nel bilancio del proprio gruppo con adeguate tutele. Il secondo esempio è più articolato e riguarda il caso di un’azienda (Alfa) che per lo svolgimento della propria attività utilizza un numero consistente di concessionari di zona, sia in Itala che all’estero. Alfa aveva la necessità strategica di fidelizzare la rete di concessionari del proprio network, sancendo quello che nei fatti già era evidente, ovverosia il ruolo di partners più che di fornitori di servizi a livello locale e coinvolgendoli nella vita aziendale senza perdere il governo delle decisioni fondamentali. La soluzione scelta è la seguente. I concessionari sono stati suddivisi in due gruppi sulla base delle dimensioni. Il primo gruppo (“Partners”) è quello composto dai concessionari più rilevanti in termini di giro d’affari e considerati strategici. Il secondo gruppo (che definiremo “SC – Soci Collaboratori”) è composto dai concessionari “minori” e considerati non strategici (almeno non per il momento). L’operazione è basata sui seguenti criteri generali: - Massima trasparenza nei confronti di tutti i soci; - Meccanismi di governance semplici basati su criteri verificabili e (ove possibile) incentrati su algoritmi quantitativi predeterminati; - I fondatori di Alfa devono comunque mantenere il ruolo di “lead”; - Qualsiasi transazione sulle azioni deve in ogni caso transitare da Alfa che agisce de facto da “market maker”; L’obiettivo, come detto, è quello di fidelizzare nel lungo termine i Partners e i SC, per consentire ad Alfa di mantenere un livello di servizio e giro d’affari stabile, ponendo le basi per una ulteriore crescita. Nella “nuova” Alfa sono quindi presenti tre classi di azioni: ordinarie , A (Partners)e B (SC). Le A costituiranno al massimo il 30% del capitale complessivo, le B al massimo il 15%. Gli azionisti ordinari di Alfa mantengono il possesso di un 5% delle azioni A ed un 2% delle azioni B in vista di un possibile ingresso di futuri Partners o SC. I soci A e B potranno liberamente scambiare le azioni in loro possesso con altri azionisti della stessa classe 9. Il diritto di ogni soggetto (Partners ed SC) a detenere azioni di Alfa è legato al rispetto di alcune clausole contenute nel contratto commerciale di concessione a suo tempo sottoscritto (ad esempio: “divieto di esercitare attività in concorrenza con Alfa). Al fine di verificare il rispetto delle regole di trasferimento (essenziali per un alli9 Il prezzo di scambio è in ogni caso predeterminato sulla base di un algoritmo che si applica ai risultati economicofinanziari medi di Alfa dell’ultimo biennio sulla base dei bilanci effettivamente approvati e depositati. 7 neamento di interessi di tutti gli azionisti) Alfa agisce da acquirente/rivenditore di tutte le azioni A e B scambiate (in pratica da agente di trasferimento, da “mercato”). Agli azionisti A e B è riservata un’assemblea dove possono eleggere due membri del Consiglio di Amministrazione (uno per A e uno per B). Gli azionisti di classe A possono inoltre eleggere uno dei membri del Collegio Sindacale e hanno il diritto di nominare e due membri di un Comitato Tecnico (che si riunisce periodicamente e che verbalizza le proprie sedute) con parere consultivo sulle decisioni di natura strategica sul business (investimenti rilevanti, ingresso in nuove aree, partnership strategiche, andamento del mercato e decisioni conseguenti, etc.). La sigla e l’implementazione dell’accordo hanno avuto effetti molto positivi su Alfa per i seguenti ordini di motivi: - Coinvolgimento diretto dei concessionari (pur con i limiti fissati dalla rispettiva classe di azioni) nelle scelte dell’azienda con conseguente passaggio dalla mentalità “acquirente/fornitore/controparte a quella “socio” anche se non di controllo; - Allineamento informativo di tutti gli stakeholders sulle scelte aziendali. Quest’ultimo è forse l’aspetto più importante. Alfa non può concedere “favoritismi” sottobanco a qualcuno dei concessionari a discapito degli altri. Anche se la cosa, di fatto, avveniva anche in precedenza ora i concessionari ne possono essere del tutto sicuri e questo ha creato un clima di fiducia reciproca. La fiducia reciproca è l’essenza stessa di qualsiasi partnership; - Poiché i soci di Classe A e B partecipano ai profitti aziendali (e quindi anche alla crescita di valore del proprio investimento in Alfa) hanno assunto un atteggiamento proattivo nella risoluzione dei problemi che emergono nella gestione di Alfa stessa. Il business di Alfa si prestava in modo specifico (grazie alla struttura della catena del valore del settore) ad una soluzione come quella illustrata in precedenza, che non è ovviamente replicabile in tutti i settori. Tuttavia, è possibile utilizzare strumenti come quelli analizzati in qualsiasi situazione in cui sia necessario creare una joint-venture (anche temporanea) per sviluppare nuovi prodotti o mercati. Si cita ad esempio la recente costituzione di una partnership nel settore del fashion10 fra un’azienda produttrice, una azienda che gestisce licensing di brand conosciuti e un team di manager con esperienza internazionale nel settore specifico. I soggetti hanno messo a fattor comune i propri rispettivi asset (produzione, distribuzione e gestione dei brand, gestione di piattaforme complesse nel settore) per realizzare una vera e propria società che gestirà nei prossimi anni alcuni specifici mercati. Appare significativo, in questo senso, che sia stata scelta come “veicolo” una società di diritto italiano nonostante gli attori coinvolti siano in larga maggioranza basati all’estero e nonostante il nostro paese non offra certo un trattamento fiscale vantaggioso rispetto ad altre nazioni. Il legislatore italiano con la libertà concessa nella creazione dei contenuti delle classi di azioni è stato (una volta tanto verrebbe spontaneo sottolineare) lungimirante. Forse perché l’articolo di legge sancisce un principio (fate quel che volete purchè non violiate altre normative, tutte le classi di azioni che vi pare con i contenuti che vi pare) e consta di due semplici righe invece che di decreti e regolamenti attuativi di qualche decina (se non centinaia) che tentano di prevedere anche l’imprevedibile, poco confidando nella capacità dei cittadini di discernere da soli quali siano i propri interessi e di tutelarsi (sempre motu proprio) di conseguenza. Le società quotate A parte la già citata possibilità di emettere azioni di risparmio, già prevista da quasi vent’anni nel nostro ordinamento ed utilizzata in pochi casi, l’applicazione del tranching non si è, per ora, diffusa fra le società quotate su un mercato regolamentato, anche in ragione della com10 I cui dettagli, per ovvie ragioni, non possono essere divulgati. 8 posizione del listino 11 italiano. rebbero la società ad aumentare sensibilmente la propria esposizione debitoria; In realtà. anche in questo caso le possibili applicazioni, volte a creare una governance che allinei pienamente gli interessi di tutti i soggetti partecipanti ad un’operazione finanziaria possono essere numerose ed efficaci. Ci si riferisce in particolare alla possibilità (con conseguenze di natura quasi esclusivamente finanziaria) di emettere azioni privilegiate con un rendimento cash su base annuale o semestrale (a condizione o meno che l’azienda mostri adeguati profitti). Negli Stati Uniti esistono addirittura degli ETF che raggruppano le preferred-cash shares che sono presenti sul mercato. La stratificazione (lungo la waterfall di rimborso - vedi quanto illustrato in precedenza) può ovviamente essere pressoché illimitata, agevolando l’azienda nella raccolta di capitali. Il possibile vantaggio rispetto alla emissione di un bond è che si tratterebbe di capitale a tutti gli effetti, con una distribuzione di dividendi-interessi legata situazioni in cui l’equilibrio finanziario non sia a rischio e con privilegi collegati a particolari eventi (acquisizioni, cessioni, discesa del titolo sotto particolari livelli di prezzo, ecc.). Si pensi, a titolo puramente esemplificativo, ad un azienda quotata che consenta agli azionisti privilegiati di ottenere azioni gratuite in caso di mancato rispetto del piano finanziario fornito in sede di quotazione, fino a consentire ai privilegiati di ottenere la maggioranza del capitale. La diluzione sarebbe solo a danno del common equity. Un meccanismo che potrebbe consentire di: 11 - veicolare al mercato un fortissimo messaggio di fiducia da parte del management e degli azionisti collocatori; - facilitare enormemente la sottoscrizione in sede di IPO delle azioni (privilegiate) in ragione della forte protezione sul downside; - reperire fondi (di capitale) che in caso di mancato rispetto degli obiettivi strategici non costringe- La larga maggioranza del valore di capitalizzazione della Borsa Italiana è rappresentato da banche, soggette a una regolamentazione separata ed estremamente complessa e che poco si concilia con la see la flessibilità mplicità dello strumento. - sostenere anche il corso del common equity, perché, in caso di mancato rispetto degli obiettivi del piano, la società diventerebbe, di fatto, contendibile e quindi il valore del common equity sarebbe incrementato rispetto a una situazione in cui il flottante è (ad esempio) pari al 30% del capitale. Il passaggio generazionale Il tranching può costituire uno strumento molto efficiente anche per la soluzione di alcune problematiche connesse al cosiddetti “passaggi generazionali” ovverosia all’avvicendamento dei fondatori (o comunque degli attuali proprietari/gestori, per ragioni di età e/o di salute) nell’azionariato e nella gestione operativa di un’azienda 12. E’ abbastanza usuale infatti che fra i potenziali eredi, a volte anche appartenenti a famiglie diverse, ve ne siano alcuni interessati alla gestione (o ad alcuni aspetti della gestione) aziendale ed altri più propensi ad assumere in futuro un ruolo più vicino a quello dell’azionista/investitore puro. La differenziazione in classi differenti del capitale aziendale può consentire di dare atto di tali differenti attitudini e obiettivi in modo semplice e “sicuro” utilizzando strumenti sociali invece che para-sociali (con tutti i limiti connessi alle possibili violazioni di accordi diretti fra i soci la cui tutela sia lasciata direttamente ai firmatari o alla azione di un terzo appositamente demandato a questo ruolo, ad esempio un trustee). Alcuni degli eredi non coinvolti né interessati alla gestione possono, ad esempio, trasformare le proprie azioni ordina12 Secondo Assolombarda (dati 2016) quasi un’azienda italiana familiare su quattro dovrà affrontare un problema di passaggio generazionale nei prossimi cinque anni. Secondo questa ricerca il 23% dei leader di aziende familiari ha più di 70. Sempre secondo la stessa ricerca solo il 30% delle aziende sopravvive al proprio fondatore e solo il 13% arriva alla terza generazione”. In Italia il 65% delle aziende con fatturato superiore ai 20 milioni di euro è costituito da aziende familiari. 9 rie in privilegiate, riducendo il proprio profilo di rischio e rinunciando al contempo ad alcuni privilegi degli altri azionisti (ad esempio nominare membri del Consiglio di Amministrazione). Questo in ogni caso (se desiderato) non comporterebbe necessariamente assumere un ruolo di “blind investors” poiché è possibile prevedere alcuni eventi che riattivino automaticamente tali diritti, addirittura potenziandoli. E’ possibile per esempio prevedere che in caso di perdite rilevanti, o di indebitamento finanziario che superi certe soglie, o di altri eventi oggettivamente pregiudizievoli (protesti, ingiunzioni, etc.) agli azionisti privilegiati sia consentito nominare dei manager terzi che possano “curare” il problema manifestatosi a causa delle azioni dei gestori attuali (nonché azionisti ordinari). Il tutto può anche essere stemperato o sfumato attraverso procedure di consensualità (ad esempio proporre una lista di due/tre amministratori delegati fra cui l’azionista ordinario può scegliere il candidato ideale). Nel caso del passaggio generazionale, una delle problematiche esposte nel paragrafo seguente viene addirittura capovolta. I costi di realizzazione di un sistema come quello descritto sono infatti nettamente inferiori a gran parte di quelli spesso utilizzati (come, ad esempio, il Trust) e ne fanno quindi un’alternativa particolarmente indicata per gestire tali problematiche nelle aziende mediopiccole. Limiti dello strumento Data la flessibilità dello strumento 13, non esistono, de facto, limiti intrinseci rilevanti all’utilizzo del tranching. I possibili limiti sono di altra natura e sono relativi principalmente al costo puro di realizzazione di una stratificazione in classi dell’equity e a problemi di natura organizzativa. Realizzare un’operazione di tranching richiede la presenza ed il supporto attivo di consulenti specializzati che possono an13 “…..la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie” - ’art. 2348 CC. che non limitarsi solo a quelli di natura legale (indicativamente quantificabili nell’ordine minimo di qualche decina di migliaia di Euro) ma anche di consulenti con una adeguata esperienza specifica nella strutturazione di operazioni di finanza straordinaria, che supportino gli azionisti ed il management nella realizzazione di una struttura funzionale (nella sostanza e non solo nella forma) ai diversi interessi ed alle diverse caratteristiche strutturali delle parti coinvolte (aziende anche di settori diversi, investitori istituzionali, management, etc.). Il costo vivo di strutturazione dell’operazione (soprattutto per una azienda di piccole dimensioni) potrebbe quindi risultare non trascurabile, anche se, in genere, le operazioni di aggregazione/JV delle PMI non necessitano di strutture estremamente sofisticate. Il secondo aspetto potenzialmente “problematico” è legato necessità di gestire un maggior volume di attività di backoffice societario. La presenza di azionisti di diverse classi può incrementare gli adempimenti di segreteria societaria (convocazioni, tenuta dei consigli e delle assemblee, verbali, comunicazioni, etc.). Anche in questo caso le società che possono risentire maggiormente di questa necessità (organizzativa) sono le PMI, che non hanno (in genere) l’abitudine a gestire un flusso consistente di adempimenti interni di natura societaria e non vantano nel proprio organigramma personale già formato per l’espletamento delle necessarie procedure. E’ possibile ovviamente gestire gli adempimenti societarie in outsourcing senza costi elevati (anche se tutto è relativo) oppure istruire il personale addetto attraverso un percorso di formazione specifico. Conclusioni Non esiste strumento tecnico-formale che possa di per sé risolvere un problema (sostanziale) legato ad aspetti concreti della situazione economico-finanziaria di un’azienda, di un settore o di un intero sistema-nazione. E’ possibile tuttavia sfruttare le possibilità che la normativa concede per realizzare delle strutture societarie ed organizza10 tive che consentano di: - Dare certezza alle regole di gestione fra i “partners”; - Contemperare le diverse esigenze degli stakeholder al fine di allineare il più possibile gli interessi, dandosi atto “ufficialmente”, nel contempo, delle differenze esistenti in termini di obiettivi di medio-lungo termine; - Fissare un obiettivo temporale (anche soggetto al verificarsi di alcuni eventi) entro cui darsi atto del raggiungimento degli obiettivi che ci si erano prefissati. Il passaggio della governance da strumenti di natura para-sociale a strumenti di natura sociale inoltre può generare anche positive conseguenze sull’atteggiamento e sulla mentalità degli azionisti (in particolare nelle aziende medio-piccole). La vita sociale ed il ruolo di tutti gli stakeholders viene infatti “istituzionalizzata” e non più lasciata ad uno sviluppo estemporaneo della forza negoziale delle parti in gioco. L’azienda diventa una piccola istituzione, dove ad ogni parte è affidato un ruolo preciso ed i possibili conflitti, legati ai diversi obiettivi degli stakeholders, tendono ad essere depotenziati ab origine. Con ovvie positive conseguenze sull’azienda stessa. Il tranching può inoltre rappresentare, per una PMI, il primo passo verso una managerializzazione ed una ordinata separazione fra i diritti e doveri dei gestori e quelli degli azionisti, presupposto imprescindibile per la sopravvivenza delle aziende nel lungo periodo. Una adeguata capacità gestionale che si trasmetta per più di due-tre generazioni è infatti un’ipotesi che ha probabilità di accadimento quasi nulle. 11 12