11BIS. L’ETÀ DELLE CROCIATE GERUSALEMME. IL GRANDE VIAGGIO. RELIQUIE, MIRACOLI E RICORDI DI VIAGGIO. LA RECONQUISTA DI SPAGNA. L’IDEA DI CROCIATA. LA CROCIATA DEI POVERI DI CRISTO (1096). I CRISTIANI A GERUSALEMME (1099). MONACI E CAVALIERI TRA GERUSALEMME E L’EUROPA. LA SECONDA E LA TERZA CROCIATA. GLI STORICI E LE CROCIATE. CROCIATE E ANTISEMITISMO. Gerusalemme. Il grande viaggio. Reliquie, miracoli e ricordi di viaggio Gerusalemme, la Città Santa delle tre religioni monoteiste, rappresentò un simbolo per l’intera cristianità medievale, sempre presente nell’immaginario collettivo, rappresentata e raffigurata in tutte le chiese cristiane dell’Occidente, meta di pellegrinaggi che, praticati sin dai primi anni della diffusione del cristianesimo (a partire dall’editto di tolleranza del 313), e dopo una stasi nell’età delle invasioni tra VII e X secolo, si incrementarono tra X e XI secolo, alimentati dal dilagante risveglio devozionale. Un forte impulso religioso, d’altra parte, aveva motivato nei secoli precedenti anche il pellegrinaggio alla volta di Costantinopoli e Roma, quindi verso Santiago de Compostela ed altri santuari che, spesso, erano costruiti su imitazione del Santo Sepolcro e custodivano una reliquia della Terrasanta (il traffico di reliquie fu un fenomeno che intorno al Mille si estese a dismisura, stimolando le mistificazioni). Nel continente Europeo, lungo il percorso di questi itinerari religiosi, spesso collegati alla via Francigena, che percorreva l’Europa dal mar del Nord a Roma, si moltiplicarono mercati e villaggi, e in ognuno di questi santuari nacquero ospizi e strutture logistiche per accogliere gruppi di pellegrini. La Reconquista di Spagna Tra le fonti narrative più preziose, figurano numerosi resoconti di pellegrinaggi in Terrasanta e a Santiago de Compostela, ai margini del califfato di Cordova e dell’emirato di Granada. E proprio la diffusione del culto di Santiago alimentò lo spirito di reconquista, cioè quel processo di recupero cristiano dell’Andalusia che era stato avviato nell’VIII secolo contro l’emirato di Cordova (Poitiers 732) e si sarebbe concluso con la conquista di Granada nel 1492. Nell’XI secolo i re cristiani di Spagna propagandarono abilmente il pellegrinaggio a Santiago per ottenere l’impegno delle altre potenze occidentali nella lotta contro i mori e, nel 1063, papa Alessandro II si impegnò attivamente nella campagna intrapresa da Ferdinando I e Alfonso VI di Castiglia, impresa 1 militare che fu assimilata a una crociata (nasce in questa occasione il mito del Cid Campeador, celebrato nel poema epico Cantar del mio Cid del 1207). L’idea di crociata Nel Medioevo, come si è detto, l’Europa tende a identificarsi con la cristianità, ponendo le basi di un’identità storica distinta da quella musulmana, ma con essa espressione di una grande civiltà mediterranea. Tra X e XI secolo l’Islam si divise tra sunniti, con a capo il califfo abbaside di Baghdad, e sciiti, che facevano capo al califfo fatimida del Cairo, mentre in Medioriente avanzavano i turchi selgiuchidi, soprattutto dopo la sconfitta subita dai Bizantini a Manzikert (1071). Proprio la conquista della Palestina ad opera dei turchi è stata tradizionalmente indicata come motivo ufficiale delle crociate, ma in effetti le cause furono molteplici, tutte legate a trasformazioni interne alla cristianità occidentale, e oggi si dibatte ancora sull’essenza stessa della crociata, se sia stata azione di difesa o deliberato attacco all’Islam che entrava allora in piena crisi, spedizione cristiana a tutela dei pellegrini o esplosione dell’idea di guerra agli infedeli che da tempo era radicata in Europa. I turchi c’entravano poco, in effetti, considerando peraltro che l’ordine di chiudere alcune chiese latine a Gerusalemme, nel 1054, era partito dal patriarcato bizantino in concomitanza con lo scisma della Chiesa d’Oriente. Inoltre, quando i crociati conquistarono Gerusalemme, nel 1099, la città non era più in mano ai turchi, ma era tornata sotto gli arabi. Nel 1088 divenne papa Urbano II, monaco cluniacense riformista, che dalla Francia dovette lottare contro l’antipapa Clemente III, insediato a Roma da Enrico IV come successore di Gregorio VII. Interessato quindi al riavvicinamento alla Chiesa d’Oriente, nel 1095 il papa cluniacense bandì la crociata al concilio di Clermond-Ferrand, invitando espressamente i cristiani d’Occidente a soccorrere i cristiani bizantini contro gli infedeli, ma sostenendo pure di volere così liberare l’Occidente dai litigiosi signori che lo laceravano con guerre fratricide. Era un appello destinato ad avere vasta eco nella cristianità, perché partito da un papa; e la Chiesa si trovò sempre in difficoltà a conciliare il comandamento “non uccidere” con le spedizioni crociate, scontrandosi peraltro in questo campo con un filone di pensiero rappresentato tra gli altri da Pier Damiani, secondo cui “in nessuna circostanza è consentito prendere le armi per la difesa della fede della Chiesa universale”. 2 La crociata dei poveri di Cristo (1096) L’incidenza dell’appello di Clermont nella rapida organizzazione di una spedizione armata fu senza dubbio determinante, ma la tradizione attribuisce un ruolo determinante nella polarizzazione dello spirito crociato in Occidente al predicatore di Amiens Pietro l’Eremita. La sua predicazione a Colonia, nella Pasqua del 1096 pare infiammasse il cavaliere Gualtieri Senza Averi, ed attorno ai due si raccolse un gruppo eterogeneo, composto da alcune migliaia tra predicatori, cadetti di nobili famiglie, contadini senza terra, pellegrini, avventurieri, vecchi e malati. Questa folla improvvisata e confusa diede corpo alla cosiddetta crociata dei poveri di Cristo, che attraversò l’Europa orientale compiendo razzie e stragi di ebrei, prima di essere dispersa dal re cristiano d’Ungheria e definitivamente annientata dai turchi prima di giungere in Terrasanta, verso Nicea. I cristiani a Gerusalemme (1099) La prima vera e propria crociata si organizzò attorno ad alcuni prestigiosi esponenti della feudalità europea, come Ugo di Vermandois, Goffredo di Buglione, Boemondo d’Altavilla, Raimondo di Tolosa, Baldovino di Fiandra ed altri, che, dopo aver radunato le rispettive armate a Costantinopoli tra il 1096 e il 1097, dopo due anni di feroci massacri di musulmani ed ebrei in Medioriente, il 15 luglio 1099 conquistarono Gerusalemme. Dopo questa impresa, celebrata da Torquato Tasso ne La Gerusalemme liberata del 1580 e tramandata con toni eroici dalla produzione romantica dell’Ottocento, Goffredo di Buglione fu eletto defensor del Santo Sepolcro e si posero le basi di un regno latino di Gerusalemme sotto l’egida del papa, a cui solo, come stabilito nel codex giustinianeo, spettava il titolo regio sulle res sanctae. Il territorio conquistato fu organizzato feudalmente e furono create tre grandi signorie feudali, il principato di Antiochia, quello di Edessa e la contea di Tripoli, che Goffredo di Buglione concesse rispettivamente a Boemondo d’Altavilla, al proprio fratello Baldovino di Borgogna ed a Raimondo di Tolosa. I vantaggi concreti, tuttavia, li avrebbero tratti i mercanti italiani, soprattutto pisani e genovesi, che avevano trasportato le armate crociate sulle loro navi; nel corso del XII secolo, consolati e fondaci veneziani, pisani e genovesi furono presenti in ogni piazza commerciale del nuovo regno latino, come Antiochia, Tripoli, Tiro, Giaffa, Acri. 3 Monaci e cavalieri tra Gerusalemme e l’Europa Un effetto di lunga durata prodotto dalla crociata, fu la nascita in Terrasanta degli ordini monastico-militari, gruppi di religiosi guerrieri fedeli al papa e votati alla difesa dei pellegrini che accedevano al Santo Sepolcro. Il teorico della figura ibrida del monaco cavaliere fu il cistercense francese Bernardo di Clairvaux (1090-1153), che tra il 1132 ed il 1136 trattò l’argomento nel De laude novae militiate. Nel 1113 nacque l’ordine di San Giovanni di Gerusalemme (oggi Cavalieri di Malta), quindi quello dei Cavalieri del Santo Sepolcro, nel 1119 l’ordine dei Cavalieri del Tempio, nel 1198 l’ordine dei Cavalieri teutonici. Nel corso di pochi decenni, si moltiplicarono i monasteri-fortezza e le precettorie in Terrasanta ed in Europa e questi ordini divennero potenti economicamente e politicamente, soprattutto quello dei Teutonici, che sarebbero stati impegnati nella conversione delle popolazioni pagane di area slava, e l’ordine dei Templari, che sino alla loro estinzione nel 1312, orchestrata da Filippo il Bello con la complicità del papa avignonese Clemente V, avrebbero rappresentato una delle massime potenze economiche dell’Occidente. La seconda e la terza crociata La seconda crociata fu motivata dalla conquista del principato di Edessa da parte dei turchi nel 1144 e nel 1146, e maturò mentre l’Occidente era attraversato da una grave crisi economica. Bernardo di Chiaravalle predicò con veemenza la necessità di tornare a liberare il Santo Sepolcro dalla minaccia turca e nel 1147-1148 Eugenio III bandiva la crociata cui presero parte il re di Francia Luigi VII e quello di Germania Corrado III. La spedizione fu un fallimento militare, avversata persino dai cristiani che da circa mezzo secolo ormai vivevano a Gerusalemme, perfettamente integrati con le comunità musulmana ed ebraica. Nel trentennio che seguì, il sultano curdo Salah-ad-din (il Saladino) assorbì gli ultimi stati crociati, creò un sultanato tra Egitto e Siria, conquistò quindi Gerusalemme nel 1187 ed istaurò un governo tollerante nei confronti dei cristiani greci e latini e verso le attività dei mercanti italiani. Ma in Occidente, intanto, veniva bandita la terza crociata (1190-1192), per la quale si mobilitarono dell’imperatore Federico Barbarossa, del re di Francia Filippo II Augusto, 4 del sovrano inglese Riccardo Cuor di Leone e del re normanno di Sicilia Guglielmo II d’Altavilla. Anche questa spedizione fu un insuccesso militare e portò solo alla vittoria di Konya ad opera del Barbarossa (che sarebbe morto annegato poco tempo dopo) ed a quella presso San Giovanni d’Acri, attorno alla cui rocca si sarebbe spostato il superstite regno latino di Gerusalemme. Altre motivazioni ed esiti ben diversi avrebbero avuto le crociate successive, maturate in Occidente in un particolare momento di fervore religioso e di rafforzamento della teocrazia papale, a partire dagli anni di Innocenzo III, che sin dal 1197 avrebbe promosso la crociata condotta dai veneziani nel 1202 e, in occasione del IV Concilio lateranense del 1215, avrebbe lanciato l’appello per la quinta, la crociata di Federico II. Gli storici e le crociate Il fenomeno delle crociate ha prodotto un dibattito storiografico particolarmente intenso, e d’altra parte molteplici sono le motivazioni delle spedizioni crociate, collegate direttamente alle complesse vicende della società occidentale dopo il Mille, come peraltro si può facilmente desumere da una lettura “tra le righe” della crociata popolare del 1096. Alla base del fenomeno vi fu senza dubbio la crescita demografica ed il conseguente esodo dal nucleo familiare dei figli più giovani, popolari in cerca di pane, cadetti senza beni di famiglie signorili a caccia di feudi e onori, pellegrini pronti a nuovi percorsi spirituali, mercanti in cerca di più allettanti spazi commerciali. Ma, sebbene non sia improprio parlare di migrazione da Occidente a Oriente, il fenomeno crociato fu anche espressione della crescita della Chiesa e di altri poteri politici; non a caso due testimoni rappresentativi del XII secolo, la bizantina Anna Comnena e lo storico musulmano Ibn Al-Athir, indicavano le crociate come il prodotto delle mire espansionistiche dell’Occidente. Le due tesi della crociata come pellegrinaggio o come operazione coloniale per occupare militarmente l’Oriente sono rappresentate dagli storici dei nostri tempi, che peraltro hanno anche messo in rilievo come l’idea della crociata sia maturata progressivamente nella cultura europea ed abbia avuto un preciso modello nella conversione forzosa delle popolazioni pagane dell’Est al tempo dei regni romano-barbarici. La crociata può essere anche vista come espressione dell’antico e sempre attuale conflitto tra cultura Occidentale e civiltà asiatica, che fu alle base delle guerre persiane come anche dello scontro tra le superpotenze mondiali del XX secolo; ed è indicativa 5 l’accesa polemica che negli anni Sessanta oppose storici arabi e israeliani, i quali, approfondendo i temi delle crociate, spostarono la polemica sulla legittimità dello stato d’Israele, di cui il regno di Gerusalemme era indicato come modello storico, e sulla nascita dell’antisemitismo. Crociate e antisemitismo Sulle vicende degli ebrei in Europa siamo ancora poco documentati, perché la storia delle comunità ebraiche in Occidente è stata ignorata sino all’Ottocento, sebbene la loro presenza in Europa risalga alla tarda età ellenistica. L’imposizione del cristianesimo come religione di Stato produsse in effetti nei loro confronti una legislazione restrittiva che sarebbe stata adottata dai regni latino-germanici, come quello visigoto di Spagna. Nei secoli centrali del Medioevo, tuttavia, si registra una rinascita delle comunità e della cultura ebraica, soprattutto nella Spagna musulmana, non a torto considerata il centro della civiltà ebraica medievale. E’ proprio nell’età delle crociate che esplode l’antigiudaismo, e le cause sono state indicate nella preoccupazioni delle comunità mercantili europee per la crescente ricchezza degli ebrei e per il loro ruolo concorrenziale nel mondo economico, sebbene Henry Pirenne contesti tale tesi sostenendo la marginalità della loro incidenza nell’economia del XII e XIII secolo, dominata in maniera netta dai mercanti italiani, soprattutto veneziani e amalfitani. Tra le cause dell’antisemitismo medievale, peraltro, vi sono evidenti discriminazioni religiose e culturali: i cristiani del tempo ritenevano gli ebrei diretti responsabili della crocifissione di Gesù, ma sapevano anche che essi rientravano nel disegno divino, perché dalla Passione di Cristo era derivato il riscatto dell’umanità dal peccato originale, e quindi gli ebrei non dovevano essere eliminati, come gli eretici e gli infedeli, ma piuttosto discriminati e umiliati, destinati ad attività legate al denaro ed al sangue, che avrebbero sporcato il corpo e, simbolicamente, anche l’anima di ogni buon cristiano. 6