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2.NORMATIVA SULL INCLUSIONE

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MODULO 2
NORMATIVA
SULL’
INCLUSIONE
126
CAPITOLO 1: STORIA DELLA NORMATIVA SULL’
INCLUSIONE
1.1: I PRIMI TENTATIVI DI INTEGRAZIONE DEI DISABILI
L’inserimento scolastico dei disabili è stato a lungo condizionato da un pregiudizio. Sin dall’antichità
la menomazione fisica è stato un fattore discriminante per l’integrazione e un motivo di
emarginazione sociale.
IPPOCRATE (460-377 a.C.) fu uno dei primi filosofi che considerando le malattie mentali il risultato
di un’alterazione dei fluidi corporei, respinse le credenze circa le cause dei disturbi del comportamento
individuabili nei demoni capaci di impossessarsi dei corpi.
Alla fine del Medioevo furono realizzati i primi manicomi luoghi di crudele reclusione e Solamente
nel XVIII sec furono migliorate le disumane modalità di trattamento dei pazienti con disturbi psichici. È
solamente alla metà del XX sec che si comprende che ciò che bisognava esorcizzare con una cura era
il pregiudizio.
Nel 1784 in Francia i bambini con disabilità vennero accolti in varie istituzioni ma erano
sempre visti come un male da nascondere e da rimuovere.
I primi tentativi di integrazione dei soggetti disabili risalgono alla Francia dell'Illuminismo in cui con
la lente dei valori del progresso e della scienza l’anormalità fu vista come una condizione umana che
non pregiudicava la dignità dell’individuo, questi valori trovano terreno fertile nella rivoluzione
francese quando venne sancito il diritto di uguaglianza per tutti gli uomini. Risale a questo periodo
l’istituzione delle prime case di cura in Francia e in Inghilterra per l’assistenza ai disabili.
In Italia bisognerà attendere la fine del XIX sec per l’apertura dei primi centri specializzati:
● Nel 1898 De Sanctis fondò a Roma un centro per la cura e la riabilitazione dei bambini affetti da
deficit psicofisici
● a Roma grazie a Maria Montessori sorse la prima scuola magistrale
● furono istituite le prime scuole speciale per iniziative comunali o di enti assistenziali per garantire
assistenza ai bambini con deficit.
1.2: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEL
REGIME FASCISTA
Il regime fascista trascurò l’educazione dei disabili, la RIFORMA GENTILE estendeva l’obbligo
scolastico solo ai ciechi e ai sordomuti che non presentassero altre anormalità, in apposite classi
differenziali o in speciali istituti tramite una serie di regi decreti:
● RD 653/1925 si attribuiva al preside la facoltà di allontanare dall’istituto gli alunni affetti
da malattie contagiose o ripugnanti.
● RD 577/1928 si sanciva l’obbligatorietà dell’istruzione fino al quattordicesimo anno e ne
confermava l’estensione per ciechi e sordomuti.
● RD 1297/1928 dispose l’istituzione di scuole speciali per sordomuti e per ciechi, classi
differenziali per ritardati e/o indisciplinati. Disponeva infine che quando gli atti di
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permanente indisciplina potessero derivare da anomalità psichiche il maestro poteva
proporre l’allontanamento nelle classi differenziali.
Nel 1933 vennero introdotte le scuole speciali per i ragazzi affetti da malattie contagiose, fanciulli
anormali e minorati fisici. Quella della scuola fascista era un’istituzione rigida in cui non viene tenuto
conto dei bisogni e delle possibilità degli studenti.
1.3: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEL
SECONDO DOPOGUERRA
Con l’instaurazione della Repubblica , la Costituzione Italiana sancisce alcuni principi fondamentali:
● quelli di solidarietà politica, economica e sociale
● quello di uguaglianza e pari dignità sociale di tutti i cittadini
Per garantire tale uguaglianza si individua come strada la rimozione degli ostacoli di ordine economico e
sociale e si crea i presupposti per creare una società nuova fondata sulla differenza come valore.
Con la CM 1771-12 del 1953 si dà la definizione di scuole speciali e si chiarisce la differenza tra:
● CLASSI SPECIALI PER MINORATI: dove si impartisce l’insegnamento elementare ai
fanciulli aventi determinate minorazioni fisiche o psichiche
● CLASSI DIFFERENZIALI: funzionano presso le scuole comuni e accolgono alunni
nervosi, tardivi, instabili i quali rivelano l’inadattabilità alla disciplina comune.
1.3.1: LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO
La Dichiarazione dei diritti del fanciullo propriamente detta è stata stilata e firmata dalla Società delle
Nazioni nel 1924. In seguito ai disastrosi avvenimenti della prima guerra mondiale, il mondo intero sentì
il bisogno di sancire quelli che dovevano essere i diritti inalienabili anche dei bambini e degli
adolescenti. Con l’istituzione dell’Onu, la dichiarazione fu approvata il 20 novembre 1959.
La Dichiarazione dei diritti del bambino, comunemente nota come Dichiarazione di Ginevra si compone
di dieci principi. Il più importante e significativo è sicuramente il primo: a tutti i bambini devono essere
riconosciuti tutti i diritti elencati nel documento, come protezione, amore e comprensione. Questo
documento è vincolante, se non dal punto di vista giuridico, sicuramente da quello morale.
Con questo documento gli uomini e le donne di tutte le Nazioni, riconoscendo che l'umanità deve al
bambino quanto di meglio possiede, dichiarano e accettano come loro dovere che, oltre e prima di ogni
considerazione di razza, nazionalità o credo:
● Al bambino si devono dare i mezzi necessari per il suo normale sviluppo, sia materiale che
spirituale;
● Il bambino che ha fame deve essere nutrito; il bambino malato deve essere curato; il bambino
arretrato deve essere stimolato; il bambino delinquente deve essere recuperato; l'orfano e il
trovatello devono essere ospitati e soccorsi;
● Il bambino deve essere il primo a ricevere soccorso in tempo di difficoltà;
● Il bambino deve essere messo in condizione di guadagnarsi da vivere e deve essere protetto
contro ogni forma di sfruttamento;
● Il bambino deve essere allevato nella consapevolezza che le sue migliori qualità devono
essere messi al servizio dei suoi fratelli.
1.4: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEGLI
ANNI ‘60
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La L. 1073/1962 istituisce la scuola media unica obbligatoria e gratuita e reca in sé i primi interventi
dello stato in favore delle scuole speciali sotto forma di stanziamento dei fondi, si assiste così a un
progressivo incremento delle classi differenziali e delle scuole speciali.
La L. 1859/1962 prevede la possibilità di istituire classi differenziali per alunni disadattati scolastici
con: calendario speciale, appositi programmi e orari di insegnamento, tali classi non possono avere più di
15 alunni.
Con il DPR 1518/1967 si stabilisce che i soggetti con anomalie o anormalità somatopsichiche che non
consentono la regolare frequenze nelle scuole comuni devono essere indirizzati alle scuole speciali,
nell’eventualità di più di un’alterazione insieme si invierà alla scuola per la minorazione che consente una
maggior possibilità di trattamento.
Arriva poi il 1968, l’anno della contestazione giovanile nel nostro paese il primo obiettivo di questa
protesta era proprio la scuola, un’istituzione che rifletteva le profonde differenze sociali della società e del
mondo borghese e sull’onda della polemica contro le classi differenziali si comincia a parlare di
inserimento dei disabili nella scuola comune, si afferma che le persone sono tutte uguali proprio
perché sono diverse l’una dall’altra.
1.5: L’INSERIMENTO DEI DISABILI NELLA SCUOLA ORDINARIA
(L. 118/1971)
La prima legge a codificare la logica dell’inserimento dei disabili è la L. 118/1971 che reca una
disposizione per garantire ai minori invalidi civili la frequenza delle scuole comuni salvi casi di gravi
deficienze intellettuali o menomazioni fisiche.
Anche se riguardava solo i mutilati e gli invalidi civili questa legge fu utilizzata come pretesto per
l’integrazione degli alunni portatori di qualsiasi handicap sia nella scuola elementare che nella scuola
media. L’applicazione di tale norma, si estende anche alle scuole superiori e universitarie. Questa legge
contiene anche delle misure per garantire la frequenza scolastica degli alunni non autosufficienti:
● trasporto gratuito da casa a scuola e viceversa
● l’accesso a scuola facilitato mediante alcuni accorgimenti per il superamento delle barriere
architettoniche
● l’assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi
Si assicura inoltre il diritto all’istruzione anche ai minori portatori di handicap ricoverati nei centri
di degenza o recupero, tali sezioni possono essere aperte anche ad altri alunni ricoverati non disabili e
proporre i normali programmi di studio. Si prevedono corsi di studio per gli adulti per eliminare
l’analfabetismo e per terminare l’obbligo di istruzione e si prevede l’esenzione delle tasse scolastiche e
universitarie in casi di svantaggio economico.
Con la L. 820/1971 viene istituita la scuola a tempo pieno con condizioni tali da poter includere anche
gli alunni disabili.
1.6: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEGLI
ANNI ‘70
1.6.1: LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEI DISABILI
MENTALI
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Nel 1971, l’assemblea generale delle Nazioni Unite promulga la DICHIARAZIONE DEI DIRITTI
DEI DISABILI MENTALI, il quale riconosce il diritto alle persone disabili di avere le stesse
prerogative fondamentali degli altri cittadini e tra le altre il diritto all'istruzione e alla formazione
professionale. I diritti enunciati in questa dichiarazione sono:
● diritto alla dignità umana nonostante la sua disabilità
● gli stessi diritti civili e politici di tutti i cittadini
● diritto alle misure destinate a consentirgli la più ampia autonomia possibile
● diritto a trattamenti medici, psicologici e funzionali
● diritto alla sicurezza economica e sociale
● diritto che i suoi bisogni siano presi in considerazione a tutti gli stadi della pianificazione
economica e sociale
● diritto di vivere in seno alla propria famiglia
● diritto di partecipare a tutte le attività sociali e creative o ricreative
● diritto di essere protetto contro ogni sfruttamento, normativa o trattamento discriminatorio,
abusivo o degradante
● diritto di beneficiare di un’assistenza legale qualificata
1.6.2: IL DOCUMENTO FALCUCCI
Verso la metà degli anni 70, viene dato alla senatrice FRANCA FALCUCCI il compito di fare il punto
sui problemi degli alunni handicappati in Italia e di formulare suggerimenti per il loro recupero
scolastico e sociale. Nel 1975, viene pubblicato il resoconto sotto il nome di DOCUMENTO FALCUCCI
il quale traccia gli elementi fondamentali della filosofia dell’integrazione e i suoi principi. Secondo
questo documento i soggetti con difficoltà:
● devono essere considerati protagonisti della propria crescita
● possiedono potenzialità spesso bloccate
L’alunno disabile, viene visto dunque sotto un nuovo punto di vista, cioè come un soggetto che pur
trovandosi in una situazione di deficit ha il diritto di non essere discriminato sul piano umano e
sociale.
La scuola deve favorire i processi di socializzazione; lo stesso documento dice di privilegiare la scuola
a tempo pieno, intesa come una successione organica ed unitaria di diversi momenti educativi programmati
unitariamente dal gruppo di operatori scolastici. Si precisa inoltre che la frequenza di scuole comuni non
implica per i disabili il raggiungimento di mete culturali minime comuni, la valutazione deve essere bensì
riferita al grado di maturazione raggiunto superando il concetto rigido di voto.
La realizzazione di questa nuova concezione, passa attraverso la determinazione degli obiettivi e la
valutazione dei risultati.
Molto importante sarà anche la preparazione e l’aggiornamento permanente dei docenti, altro punto
decisivo sarà l’assicurazione di insegnanti di ruolo essendo la continuità didattica un obiettivo
fondamentale per l’azione scolastica.
Infatti il pieno sviluppo delle potenzialità dell'alunno disabile è possibile soltanto se:
● gli operatori scolastici hanno una visione organica delle dimensione psicologiche e
relazionali degli allievi
● l’azione dei docenti è integrata da altri operatori che possano offrire specifiche competenze
Si parla per la prima volta di lavoro in equipe per l’attuazione degli obiettivi desiderati.
1.6.3: LA CIRCOLARE MINISTERIALE 227 DEL 1975
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Partendo dalla L.118/1971 a beneficio dei mutilati e degli invalidi civili con la L. 227/1975 si adotta il
principio della massima integrazione nelle classi normali di queste due categorie, di seguito le
principali disposizioni contenute nella circolare:
● Individuazione in ciascuna provincia di una o due gruppi di scuole costituiti da una scuola
materna, una elementare e una media, esse devono disporre di:
■ aule in più per le attività extracurricolari
■ una palestra e un salone
■ un apposito locale per il servizio medico
■ sufficiente spazio all’aperto
■ gli accessi agli edifici non deve presentare impedimenti.
● gli allievi da reperire e inserire sono quelli con disturbi o difetti fisici, psichici o sensoriali
compresi nella giurisdizione delle scuole.
● Le scuole dovranno poter disporre di una o più equipe per il reperimento degli allievi, per
l’esame dei casi e per l’assistenza psico-socio-pedagogica.
● In tutte e tre le scuole può essere consentita una maggiore flessibilità organizzativa sia in
termini di orario giornaliero, sia in termini di raggruppamenti degli alunni in classi aperte o
per livelli di apprendimento
● Le scuole devono avere dirigenti e docenti adeguatamente preparati e il ministero può
disporre gli interventi richiesti o ritenuti utili e necessari in termini di organizzazione di
tempo pieno e di disponibilità di sussidi didattici.
Presso i provveditorati, viene costituito un gruppo di lavoro per affrontare i problemi connessi con
l’attuazione della proposta.
Alla CM 227 del 1975 ne seguono altre tra il 1976 e il 1977 che affrontano tali problematiche in modo
sempre più sistematico e dettagliato.
Dal documento Falcucci nasce la L. 517/1977 che introduce la figura dell’insegnante di sostegno nella
scuola elementare e nella scuola media abolendo le classi differenziali e recepisce anche il principio di
individualizzazione dell'insegnamento.
● le classi in cui vengono inseriti alunni disabili non possono avere più di 20 alunni
● deve essere assicurata l’assistenza dei servizi socio-psico-pedagogici
● alle attività di classe, si aggiungono le attività di gruppo per la realizzazione di attività
didattiche adeguate alle necessità dei singoli
le scuole devono dotarsi di un’organizzazione flessibile. In questa legge, tali principi trovano posto grazie
all’istituzione della programmazione educativa collegiale.
Con la CM 199/1979 si è cercato di fare chiarezza sulle forme di sostegno della L. 517 del 1977 e viene
precisato che l’integrazione scolastica viene raggiunta quando all’alunno viene garantita una
partecipazione attiva alle attività didattiche, inoltre definisce ed identifica la figura dell'insegnante di
sostegno e delinea gli indirizzi di carattere organizzativo.
1.7: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEGLI
ANNI ‘80
Con la L. 270/1982 si apportano delle correzioni rispetto alla legge del 1977 in merito a:
● la quantificazione delle ore di sostegno da assegnare all’alunno con disabilità
● la normativa del sostegno per quanto riguarda la scuola materna che rappresentava una
lacuna normativa
● si prosegue anche sulla strada dell’integrazione scolastica imponendo il rapporto di un
insegnante di sostegno ogni 4 alunni con disabilità.
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● si stabilisce che i posti del sostegno sono di ruolo come i posti comuni e come tali si
ricoprono con concorsi e con graduatorie e titoli specifici.
Con la L. 326/1984 si riconosce che:
● ai docenti la validità delle abilitazioni speciali per l’insegnamento ai minorati della vista e
dell’udito
● si dispone che nei diplomi di licenza di scuola media non si faccia menzione delle prove
differenziate.
Un passo decisivo per l'inclusione scolastica è la SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
215/1987 che dichiara il diritto pieno degli alunni disabili a frequentare ogni ordine di scuola
compresa quella superiore.
In ottemperanza alla sentenza della corte costituzionale il ministero emana la CM 262/1988 i cui cardini
sono:
● capacità e merito vanno valutati secondo parametri adeguati alle rispettive situazioni dei
disabili
● devono essere assicurate le adeguate intese scuola-sanità-enti locali
● devono essere garantite le necessarie certificazioni e diagnosi funzionali
● nelle iscrizioni occorre dare la precedenza ai disabili
● devono essere previsti i necessari corsi di aggiornamento per i docenti e non docenti
● occorre curare la continuità scolastica tra i vari ordini
● devono essere garantite i necessari ausili per lo svolgimento delle prove scritte e pratiche
● il consiglio di classe deve predisporre il PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO
(PEI) per eventuali prove differenziate
● viene inoltre razionalizzato il tempo e le modalità di tirocinio diretto con i minorati di vista
e udito
1.8: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEGLI
ANNI ‘90
1.8.1: LA LEGGE QUADRO IN MATERIA DI HANDICAP (L.
104/1992)
La LEGGE QUADRO PER L’ASSISTENZA, L’INTEGRAZIONE SOCIALE E I DIRITTI DELLE
PERSONE HANDICAPPATE 104/1992 costituisce in materia di handicap il primo intervento
legislativo di carattere organico e raccoglie e integra i vari interventi legislativi divenendo un punto
di riferimento normativo. I principali obiettivi sono:
● rimozione delle cause invalidanti
● promozione dell’autonomia
● realizzazione dell’integrazione sociale
L’integrazione scolastica viene supportata da una serie di strumenti didattico-organizzativi, ma la
novità di maggior interesse è una più stretta collaborazione tra tutti gli attori presenti nel territorio.
L’integrazione deve avvenire per tutti e per ogni ciclo compresi asili nido e università.
L’alunno viene individuato come disabile attraverso alcuni documenti che devono essere redatti:
● la DIAGNOSI FUNZIONALE (DF)
● il PROFILO DINAMICO FUNZIONALE (PDF)
● il PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (PEI)
Ai minori impediti per motivi di salute a frequentare la scuola viene garantita l’istruzione. Nelle scuole
sono garantite l’assegnazione di docenti di sostegno specializzati con una specifica formazione
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universitaria, l'uso di docenti privi di titolo di specializzazione è consentito solo quando non ci sono
sufficienti docenti specializzati.
Il docente di sostegno individua i bisogni speciali e insieme al gruppo di lavoro per l'inclusione (GLI)
redige il PEI. La scuola che emerge è quindi caratterizzata come un ambiente educativo e di
apprendimento, una scuola capace di garantire agli alunni diversi opportunità reali.
Le norme contenute nella legge quadro sono riprese poi dalla L. 297/1994 che raccoglie in un TESTO
UNICO l’intera legislazione scolastica precedente che sancisce:
● il diritto all’educazione e all’istruzione della persona disabile nelle scuole di ogni ordine e
grado
● l'obiettivo dell’integrazione dello sviluppo delle potenzialità della persona disabile
● l’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione che non può essere impedito da
difficoltà di ogni sorta
● l’educazione garantita ai disabili ospedalizzati di ricevere un’istruzione
1.8.2: LA DICHIARAZIONE DI SALAMANCA DEL 1994
Questa dichiarazione sancisce il diritto all'educazione di tutti i bambini nel rispetto delle diversità di
cui ognuno è portatore, per diversità si intendono:
● diversità personali
● diversità sociali e ambientali di provenienza
● diversità di background culturale ed etnico
Il diritto all’educazione viene assicurato attraverso la costruzione di un sistema educativo incentrato
sull’inclusione, perciò è necessario attivare percorsi di insegnamento che siano centrati sugli alunni
che tengano conto allo stesso tempo dei singoli e della collettività, oggi questa dichiarazione è considerata
la bandiera della scuola dell’inclusione.
1.9: LE RIFORME SULL’INTEGRAZIONE DEI DISABILI NEL
NUOVO MILLENNIO
Nella SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 226/2001 si afferma il diritto all’istruzione
dei disabili che sussiste anche nel periodo successivo a quello della scuola dell’obbligo.
La L. 67/2006 sulla tutela giurisdizionale dei disabili vittime di discriminazioni espande la tutela
accordata nel contesto lavorativo a tutte le altre situazioni in cui il disabile venga discriminato.
Con la L. 18/2009 viene ratificata la convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità che
impone agli Stati sottoscrittori di riconoscere il diritto all’istruzione ai disabili, per avverarsi si stabilisce
che il sistema educativo debba prevedere l’integrazione scolastica ai disabili a tutti i livelli e offrire loro
possibilità di istruzione per tutto l’arco della vita finalizzata al:
● pieno sviluppo del potenziale umano del senso di dignità e dell’autostima
● sviluppo da parte dei disabili della propria personalità dei talenti e della creatività
● mettere in grado le persone con disabilità di partecipare effettivamente a una società libera
● mettere in grado i disabili di acquisire le competenze pratiche e sociali (braille, lingua dei
segni)
● adottare misure appropriate per impiegare insegnanti compresi quelli di sostegno
● assicurare ai disabili l’istruzione post-secondaria
Il ministero dell'istruzione con la NOTA MINISTERIALE 4274/2009 emana le linee guida per
l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità e il testo si articola in tre parti:
1. Una panoramica sui principi generali e sull’ordinamento passato in tema di disabilità
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2. Ci si addentra nelle pratiche scolastiche individuando problemi e proposte di intervento sotto
vari aspetti
3. Scende in dettaglio sui compiti organizzativi del DS, su quelli didattici dei docenti e su quelli
operativi degli ATA
1.9.1:
LE
LEGGE
DELL’APPRENDIMENTO (DSA)
SUI
DISTURBI
SPECIFICI
Il quadro normativo italiano viene completato da alcune norme che riguardano gli studenti affetti da
disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) che finora non avevano ancora avuto un riferimento
normativo, i documenti fondamentali su questo tema sono:
La L. 170/2010 che garantisce il diritto allo studio degli alunni con DSA e regola la materia in soli 7
brevi articoli:
● riconosce la condizione di DSA dando definizione della sindrome
● dichiara le proprie finalità
● stabilisce le condizioni per la diagnosi e pone l’impegno all’individualizzazione precoce
● prevede la specifica formazione dei docenti e dei DS
● definisce obblighi e possibilità per le misure educative e didattiche per la valutazione
● introduce il diritto dei familiari a misure che permettano la loro azione di aiuto all’alunno
● pone i termini per successive disposizioni attuative
La legge ricorda inoltre alcuni punti molto importanti:
● i DSA non sono in alcun modo associati a problemi cognitivi ma si manifestano in presenza
di capacità cognitive perfettamente normali.
● le quattro forme di DSA possono sussistere separatamente o insieme
● i DSA possono inoltre presentarsi in associazione con altri disturbi in particolare con
l’ADHD, con i disturbi del linguaggio, con i disturbi della coordinazione motoria, con i
disturbi dell’emotività e con i disturbi del comportamento
Le principali finalità di questa legge sono:
● il diritto allo studio dei DSA a cui deve essere garantito il successo scolastico, una
formazione adeguata
● ridurre i disagi relazionali ed emozionali che costituiscono un problema per i DSA
● realizzare una diagnosi precoce e la connessa formazione specifica dei docenti per la
conoscenza di questi disturbi
● assicurare forme di verifica e valutazione adeguate alla particolare situazione di difficoltà
Il DM 12 luglio 2011 che pone a carico delle scuole l’obbligo di attuare i necessari interventi
pedagogico-didattici per il successo formativo degli alunni DSA attivando percorsi di didattica
individualizzata e personalizzata attraverso la redazione di PIANI DIDATTICI PERSONALIZZATI
(PDP) ricorrendo a strumenti compensativi e misure dispensative.
Il DM del 27 dicembre 2012 rivolta agli studenti con BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES) che
intende portare a compimento la vocazione italiana di creare una scuola realmente inclusiva.Questa
direttiva, estende il riconoscimento di BES dalle condizioni di disabilità e DSA a tutte le possibili
situazioni di particolare difficoltà che possono insorgere per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche
per motivi psicologici e sociali rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata risposta.
Le linee guida per l'individuazione precoce dei DSA emanate con DM 17 aprile 2013
1.9.2: L’INTEGRAZIONE
SCUOLA (L. 107/2015)
DEI
134
DISABILI
NELLA
BUONA
L’ultimo degli otto decreti attuativi della Buona Scuola Ovvero il D.LGS 66/2017 norme per la
promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, va a costituire una sorta di nuovo
Testo unico per l’integrazione scolastica dei soggetti con disabilità va tuttavia rilevato che:
● L’entrata in vigore delle innovazioni del decreto è prorogata al 1 settembre 2019
● dalla stessa data viene soppresso il DPR del 24 febbraio 1994 ovvero l’atto di raccordo tra
scuole e istituzioni sanitarie
● dal 1 settembre 2017 entrano in funzione il GRUPPO DI LAVORO
INTERISTITUZIONALE REGIONALE (GLIR) e il GRUPPO DI LAVORO PER
L’INCLUSIONE (GLI) a livello di scuola
● dal 1 settembre 2019 entra in funzione il GRUPPO PER L’INCLUSIONE
TERRITORIALE (GIT) che ha competenze tecniche sull’organico di sostegno.
CAPITOLO 2: LA FORMAZIONE DEL DOCENTE DI
SOSTEGNO
2.1: LA FORMAZIONE MONOVALENTE
Il percorso storico della formazione dei docenti di sostegno è stato lungo e complesso. Il RD 129 del 1928
aveva previsto l’istituzione di scuole magistrali ortofreniche e corsi sullafisiopatologia dello sviluppo
fisico e psichico aperti grazie a istituti superiori di istruzione con l’approvazione del Ministeroper il
conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nelle scuole aventi finalità particolari. Tale formazione,
sarebbe servita a specifiche patologie e rispondeva all’esigenza di fare dell’insegnante un tecnico della
riabilitazione che lavorava in orario scolastico o un insegnante preposto ad interventi individualizzati
per specifiche patologie. I corsi erano annuali, ma le lezioni venivano compattate in periodi più brevi.
Con il DPR 970 del 1975 i corsi diventarono biennali e sisubordinò l’apertura all’autorizzazione del
ministero. Questo decreto, disponeva che tali istituti dovesse disporre di personale direttivo e docente
fornito di apposito titolo di specializzazione, i programmi venivano approvati con decreto
ministeriale ed erano ammessi coloro in possesso dei requisiti specifici e generali descritti all'interno del
DPR 417 del 1974:
● una formazione universitaria completa
● i requisiti previsti per l’ammissione ai concorsi di accesso agli impieghi civili dello stato
Si aboliscono i corsi di fisiopatologia ma venivano fatti salvi i diritti e le specializzazioni acquisite dai
docenti in servizio alla data di entrata in vigore delle nuove norme, essi erano valide anche per il
primo concorso che sarebbe uscito.
Il corso era unitario sia sul piano organizzativo che didattico, ma era diviso in sezioni a seconda
dell’ordine di scuola ed era diviso in due aree:
● AREA INFORMATIVA: di 300 ore di lezioni comuni a tutte le sezioni
● AREA FORMATIVA: di 350 ore di tirocinio nell’ordine di scuola
Il totale ammontava a 1300 ore per due anni di corso. L’accesso ai posti di ruolo avveniva mediante
concorso speciale nelle classi di ciechi e sordomuti. si mette in rilievo la natura polivalente della
specializzazione del docente, anche se in realtà i corsi erano ancora strutturati per specializzarsi in un solo
indirizzo:
● disabili psicofisici
● minorati della vista
● minorati dell’udito
135
Con la L. 517/1977 viene riconosciuta la figura dell’insegnante di sostegno nella scuola, fu da quel
momento che il docente si trasformò in un operatore dotato di competenze specialistiche, un soggetto
culturale la cui preparazione venne affidata ad appositi corsi di specializzazione. I programmi del 1977,
perseguono uno stretto collegamento tra le lezioni e l’area formativa che prevedeva esperienze di gruppo
e tirocini guidati.
2.2: LA FORMAZIONE POLIVALENTE
Dopo quasi 10 anni di esperienza i corsi monovalenti sembrarono inadeguati a rispondere ai bisogni
dell’integrazione generalizzata, dal momento che non era semplice creare per i minorati della vista e
dell’udito posti per attività di sostegno, con un docente, di regola, ogni quattro alunni con la stessa
minorazione.
Fu nel 1984 che il ministro istituì una commissione di studio che aveva il compito di elaborare
proposte per il riordino dei corsi di specializzazione. Con il DM 24 aprile 1986 furono pubblicati i nuovi
programmi, la scelta cadde su di una formazione polivalente strutturata su tre aree:
● AREA DISCIPLINARE
● DIMENSIONE OPERATIVA
● DIDATTICA CURRICOLARE
Tali programmi, sempre della durata globale di 1300 ore di lezioni teoriche e attività di tirocinio, erano
ridotti per la parte sanitaria, dominante nei precedenti programmi e nelle singole specificità per le tre
minorazioni. Venivano in essi ampliate le tematiche generali di carattere metodologico e didattico, in
modo da consentire agli specializzati di concentrare i loro interventi solo in campo didattico, ma
ampliandoli a qualsiasi tipologia di minorazione di cui gli alunni fossero portatori.
Si prevedevano anche due forme di tirocinio:
● uno diretto guidato di 150 ore annue
● uno indiretto guidato di 100 ore annue
il superamento del corso prevedeva 18 esami e la discussione di una tesi finale.
2.3: GLI ANNI ‘90 E I NUOVI CORSI DI SPECIALIZZAZIONE
Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 215/87 che apriva anche le scuole superiori agli alunni
in situazione di handicap, si provvide ad un ulteriore riforma dei contenuti dei programmi dei corsi
di specializzazione, si decise quindi di sospenderli dal 1992
Per la riapertura si dovette attendere il 1995 con il DM 226 e le cui modalità organizzative sono state
regolate con OM n. 169 del 1996, i nuovi programmi rispondevano all’esigenza:
● di garantire l’acquisizione di competenze relazionali, disciplinari e metodologiche
● di far emergere con chiarezza il legame tra contenuti e metodo
Questi programmi sono frutto di una riflessione più attenta alle caratteristiche dell’integrazione fra gli
alunni in situazione di handicap e i loro compagni. L’insegnante specializzato viene visto sempre più
come un mediatore dell’integrazione e su questo aspetto si concentra l’attività formativa dei corsi,
che puntano ad evidenziare gli aspetti di professionalità non tanto con interventi didattici per specifiche
minorazioni, quanto con interventi didattici con tutta la classe e di consulenza a tutti i colleghi
curricolari.
Questi nuovi programmi prediligono quindi una formazione metodologica più che specifica e attività
seminariali più che lezioni frontali. Essi possono considerarsi anche il frutto di una più attenta lettura
136
della L. 104/92, che prevede una formazione universitaria completa dei docenti specializzati per
sostenere con nuova professionalità il loro ruolo di mediatori dell’integrazione.
Il percorso doveva porre i docenti nelle condizioni di saper riconoscere, affrontare e risolvere i più
comuni problemi di insegnamento. La durata era biennale e il monte ore complessivo per i due anni
era di 1150 ore, tuttavia un limite di tali programmi stava proprio nell’assenza delle didattiche speciali
fatte oggetto di corsi di aggiornamento riservate ai docenti in servizio.
2.4: I CORSI INTENSIVI DI SPECIALIZZAZIONE
Con la legge 662 del 1996 collegata alla Finanziaria del 1997, si prevede che per il personale in esubero
rispetto alle dotazioni organiche provinciali con rapporto di lavoro a tempo indeterminato saranno
istituiti corsi intensivi di durata non superiori all’anno finalizzati al conseguimento del titolo di
specializzazione prescritto per l’attività di sostegno e all’integrazione scolastica degli alunni
handicappati.
Fu così che con il DM 16 giugno 1997 si istituirono corsi intensivi di specializzazione, il monte ore venne
ridotto a 450 ore e i programmi furono notevolmente ridimensionati, il titolo di specializzazione
ritornava ad essere di tipo monovalente perchè interessava solamente il deficit psicofisico e non anche
quello sensoriale.
Avviati in diverse province italiane, i corsi intensivi furono molto contestati da docenti ed associazioni
varie che più volte ne chiesero la soppressione o per lo meno la non equiparazione in tutto e per tutto ai
corsi biennali per quel che riguardava l’assegnazione delle cattedre. Tali corsi si tennero comunque fino
al 2001.
2.5: LE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE ALL’INSEGNAMENTO
SECONDARIO (SSIS)
I corsi intensivi cessarono quando la formazione dei docenti di sostegno venne affidata ad:
● un semestre aggiuntivo di 400 ore dopo la laurea di scienze della formazione primaria per la
scuola materna ed elementare
● un biennio presso le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SSIS) per le
scuole medie e superiori.
Le SSIS partirono dal 2002/2003 con il DM 20 febbraio 2002 il ministero autorizzò le università ad
attivare corsi di specializzazione con moduli di almeno 800 ore da espletare in due semestri o su un periodo
più lungo per allievi non a tempo pieno, erano riservati ai docenti già in possesso di abilitazione. Esse
comprendevano laboratori e almeno 200 ore di tirocinio.
Gli obiettivi del modulo sono finalizzati al conseguimento di competenze relative alla:
●
●
●
●
●
●
●
consapevolezza della diversità dei bisogni formativi
conoscenza dell’alunno in situazione di handicap
creazione di ambienti di apprendimento e comunità di relazioni
conoscenza di strategie didattiche integrate
conoscenza di metodologia, metodi e materiali specifici
capacità di accompagnare il progetto scolastico e di vita
capacità relazionale con colleghi, operatori, personale e famiglia
Con La RIFORMA MORATTI, si sancì che la formazione iniziale dovesse svolgersi per tutti i docenti
nelle università e la laurea in scienze della formazione primaria fu riconosciuta come abilitante
137
all’insegnamento per la scuola materna ed elementare, per gli altri gradi il percorso formativo restava
agganciata alla specializzazione presso le SSIS e al semestre aggiuntivo di 400 ore per il sostegno.
L'attività delle SSIS fu svolta in nove cicli biennali nel periodo compreso tra gli anni accademici 19992000 e 2008-2009. Gli ultimi esami di stato si svolsero nella primavera 2010.
2.6: IL TIROCINIO FORMATIVO ATTIVO (TFA)
Il Tirocinio Formativo Attivo (TFA) è un corso universitario annuale finalizzato all'abilitazione
all'insegnamento nelle scuole secondarie italiane. Il TFA costituì il superamento delle scuole di
specializzazione all'insegnamento secondario(SSIS) e fu introdotto dal DM 249 del 2010.
● Il I ciclo fu bandito nell'a.a. 2011-2012, furono anche ammessi in sovrannumero, esonerati
dalle prove selettive, gli ex specializzandi SSIS.
● Il II ciclo fu bandito nell'a.a. 2014-2015.
● Il III ciclo fu bandito nell'a.a. 2016-2017.
L'accesso ai corsi TFA è regolato da tre prove:
● un test preliminare predisposto dal Ministero e comune a tutte le università, composto da
60 quesiti con quattro opzioni di risposta ciascuno di cui una sola esatta
● una prova scritta predisposta da ciascuna università
● una prova orale
Dopo la fase di test veniva stilata una graduatoria dei candidati che avevano superato le tre prove. A
ciascuno veniva attribuito un punteggio derivante dalla somma del punteggio della prova scritta e di quella
orale. Potevano accedere quindi al corso i primi candidati in graduatoria fino al raggiungimento del numero
di posti disponibili indicato dal bando emanato dall'università.
Il corso si svolge presso le università è annuale e prevede l’acquisizione di 60 CFU e 300 ore di
tirocinio. A conclusione del tirocinio formativo attivo, previo superamento di un esame finale, si
consegue il titolo di abilitazione all'insegnamento.
Il governo Gentiloni, con il DL n. 59 del 2017 attuativo della Legge sulla buona scuola, stabilì la
soppressione dei TFA prevedendo la sostituzione con i percorsi di Formazione, Inserimento e Tirocinio
(FIT).
Con il DM 92 del 2019 si va a regolamentare altri 3 cicli per il TFA per la specializzazione nelle attività
di sostegno:
● Il IV ciclo bandito nell'a.a. 2018-2019
● Il V ciclo bandito nell'a.a. 2019-2020.
● Il VI ciclo che dovrebbe essere bandito nell'a.a. 2020-2021.
Questo decreto modifica alcune parti del regolamento del 2011che resta comunque ancora valido per le
restanti parti. La necessità di bandire tre cicli consecutivi, sta nella grave carenza di insegnanti specializzati
nel sostegno e del crescente aumento di ragazzi con disabilità certificata.
2.6.1: PERCORSI
TIROCINIO (FIT)
DI
FORMAZIONE,
INSERIMENTO
E
Dopo la soppressione dei TFA nel 2017 l'abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie si sarebbe
dovuta conseguire attraverso il percorso triennale di Formazione, Inserimento e Tirocinio (FIT), che
prevedeva l'integrazione tra il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento ed un percorso di
tirocinio progressivamente retribuito fino all'immissione in ruolo. In particolare nel terzo ed ultimo
anno del FIT il docente avrebbe sottoscritto un contratto di supplenza annuale in una scuola che
138
avrebbe avuto anche valore di periodo di prova, al termine del quale, in caso di esito positivo, sarebbe
seguita la sottoscrizione del contratto a tempo indeterminato.
Il FIT fu svolto esclusivamente nell'a.s. 2018-2019 da parte dei vincitori di un concorso riservato a
docenti già abilitati e che per questo furono ammessi direttamente al terzo anno. Con la Legge di
Bilancio 2019 il governo Conte I abolì anche il FIT stabilendo che l'abilitazione all'insegnamento
dovesse conseguire esclusivamente tramite concorsi periodici.
CAPITOLO 3: CENTRI E GRUPPI DI LAVORO PER LA
DISABILITÀ
3.1: LA RETE DI SUPPORTO TERRITORIALE PER L’INCLUSIONE
La scuola italiana è basata sul principio dell'inclusività, questo per garantire a tutti gli alunni un
ambiente accogliente in cui realizzare il proprio percorso formativo e didattico a prescindere dalle
diversità funzionali e da bisogni specificie deve accompagnare gli studenti nella loro crescita personale,
sociale e formativa.
Le istituzioni scolastiche, per realizzare una efficiente inclusione, hanno a disposizione una rete di
supporto territoriale che ha lo scopo di condividere le problematiche e gestire le risorse disponibili.
La rete di supporto territoriale si propone come punto di riferimento per i Bisogni Educativi Speciali, a fare
da raccordo tra questi organismi sono gli Uffici Scolastici Regionali e, a livello nazionale, il
Coordinamento nazionale dei CTS, istituito presso il Miur.
3.2: I CENTRI TERRITORIALI DI SUPPORTO (CTS)
Il Progetto "Nuove tecnologie e disabilità" del 2005 elaborato dal Dipartimento per l’Innovazione
Tecnologica del Ministero della Pubblica Istruzione, ha istituito la prima rete pubblica di Centri per gli
ausili denominati CENTRI TERRITORIALI DI SUPPORTO (CTS).
I CENTRI TERRITORIALI DI SUPPORTO (CTS) sono stati istituiti dagli USR in accordo con il
MIUR e a livello provinciale sono diventati dei punti di riferimento per le scuole, sono collocati presso
scuole polo e coordinano la propria attività con gli enti locali, tale rete, distribuita uniformemente su tutto
il territorio italiano, offre consulenze e formazione a insegnanti, genitori e alunni sul tema delle tecnologie
applicate a favore degli alunni con disabilità.
I loro compiti sono quelli di:
● informano i docenti, le famiglie, gli alunni delle risorse tecnologiche disponibili sia
gratuite sia commerciali
● organizzano iniziative di formazione sui temi dell’inclusione scolastica e sui BES
● organizzano la formazione per quanto riguarda l’ambito delle tecnologie per l’integrazione
● danno consulenze su ogni singola situazione e riguarda anche le modalità didattiche da
attuare per l’apprendimento
● gestiscono gli ausili e il comodato d’uso
● eseguono la raccolta della buona pratica per l’inclusione
La consulenza dei CTS si estende poi a tutto l’ambito della disabilità e dei disturbi evolutivi specifici. In
tutto il territorio Italiano ce ne sono più di 90.
139
3.2.1: LE SCUOLE POLO PER L’INCLUSIONE
Nell'ambito di massima collaborazione sono infine state istituite le scuole polo quali luogo di confronto e
partecipazione che svolgono azioni di supporto e consulenza con le reti del territorio per promuovere la
ricerca, la sperimentazione e lo sviluppo di metodologie e strumenti per l’inclusione. Esse rappresentano
un importante riferimento nel processo di crescita di tutte le istituzioni scolastiche presenti in ciascun
ambito territoriale.
E’ prevista l’istituzione di una scuola Polo per ogni ambito territoriale, individuata dalle scuole del
medesimo ambito, in rete o individualmente, in continuità con quanto stabilito in merito alle scuole polo
per la formazione e operano in sinergia con tutte le altre istituzioni scolastiche dell’ambito, in presenza
o meno di una rete formalizzata.
le azioni che le scuole polo possono attivare sono:
● orientamento scolastico
● individuazione e diffusione modelli didattici e organizzativi considerati efficaci per
l’inclusione
● attività di formazione/informazione rivolte sia al personale scolastico sia agli stakeholder,
in collaborazione con la scuola Polo per la formazione
● consulenza e supporto nei percorsi di alternanza scuola-lavoro
● istituzione di gruppi di ricerca e sperimentazione tra docenti e/o con personale di altre
amministrazioni
● proposte di ampliamento dell’offerta formativa per l’ambito territoriale anche in orario
extracurricolare
● rilevazione dei bisogni formativi di ambito e valorizzazione delle professionalità anche in
un’ottica di utilizzo in rete
3.3: I CENTRI TERRITORIALI PER L’INCLUSIONE (CTI)
I CENTRI TERRITORIALI PER L’INCLUSIONE (CTI) operano a livello territoriale anche se meno
esteso dei centri territoriali di supporto (CTS) al fine di assicurare la massima ricaduta possibile delle
azioni di consulenza, formazione, monitoraggio e raccolta di buone pratiche perseguendo l'obiettivo di
un sempre maggior coinvolgimento degli insegnanti.
I Centri Territoriali per l’Inclusione scolastica sono composti da docenti con specifiche competenze,
come indicato dalla CM 8/2013, al fine di poter supportare concretamente le scuole e i colleghi con
interventi di consulenza e formazione mirata.
3.4: I NUOVI GRUPPI DI LAVORO PER LA DISABILITÀ NEL D.
LGS. 66/2017
Il decreto di revisione del D.LGS. 66 del 2017, recante norme per la promozione dell’inclusione
scolastica degli studenti con disabilità, riguarda anche i gruppi per l’inclusione e ha ridefinito l’intero
quadro dei gruppi di lavoro coinvolti nell’azione dell’inclusione degli alunni con disabilità:
I nuovi gruppi per l’inclusione scolastica prevedono:
● il GRUPPO DI LAVORO INTERISTITUZIONALE REGIONALE (GLIR) che opera
a livello regionale;
● il GRUPPO PER L'INCLUSIONE TERRITORIALE (GIT) che opera a livello
provinciale
140
● il GRUPPO DI LAVORO PER L'INCLUSIONE (GLI) che opera a livello di singola
istituzione scolastica
● il GRUPPO DI LAVORO SULL'HANDICAP OPERATIVO (GLHO) che opera a
livello di singola istituzione scolastica
3.4.1:
GRUPPO
REGIONALE (GLIR)
DI
LAVORO
INTERISTITUZIONALE
vengono istituiti a livello regionale presso gli uffici scolastici regionali, e sono stati istituiti per la prima
volta nel 2009, svolge un’ampia azione di supporto in relazione:
●
●
●
●
ai diversi accordi di programma
all’orientamento e ai percorsi integrati scuola-territorio-lavoro
all’attività del gruppo per l'inclusione territoriale (GIT)
alle reti di scuole per la progettazione e la realizzazione dei Piani di formazione in servizio
del personale.
Il GLIR è presieduto dal dirigente regionale preposto all’USR o da un suo delegato, mentre gli altri
membri: un rappresentante della regione, un rappresentante degli enti locali e un rappresentante delle
associazioni delle persone con disabilità sono individuati tramite un apposito decreto del Miur che ne
definisce anche l’articolazione, le modalità di funzionamento, la sede, la durata e l’assegnazione di altre
funzioni per il supporto all’inclusione.
3.4.2: GRUPPO PER L’INCLUSIONE TERRITORIALE (GIT)
I gruppi per l’inclusione territoriale (GIT) sono istituiti a livello di ambito territoriale provinciale o
a livello delle città metropolitane maggiori. è chiamato a sostituire il vecchio gruppo di lavoro
interistituzionale provinciale (GLIP)
Il GIT è composto da docenti e DS esperti nell’ambito dell’inclusione: tre DS nell’ambito territoriale,
due docenti per il primo ciclo e uno per il secondo ciclo di istruzione, è nominato con decreto del direttore
generale dell’ufficio scolastico regionale, è coordinato da un dirigente tecnico o da un dirigente
scolastico che lo presiede.
I compiti del GIT sono:
● formulare le proposte all’USR di quantificazione delle risorse di sostegno sulla base delle
richieste dei DS
● svolgere ulteriori compiti di consultazione e programmazione delle attività
● supporta le scuole in tema di inclusione: nella definizione dei PEI sulla base della
classificazione ICF, nell’uso ottimale dei molteplici sostegni disponibili, previsti nel Piano
per l’Inclusione della singola scuola, nel potenziamento della corresponsabilità educativa e
delle attività di didattica inclusiva
Il GIT è integrato dalle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità
all'inclusione scolastica e dagli Enti locali e dalle Aziende sanitarie locali.
Le modalità di funzionamento del GIT, la sua composizione, gli ulteriori compiti attribuiti, le forme di
monitoraggio del suo funzionamento, la sede, la durata e l’assegnazione di ulteriori funzioni per il supporto
all’inclusione scolastica, sono definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro
dell’Economia e delle Finanze nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, sentito
l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica.
3.4.3: GRUPPO DI LAVORO PER L’INCLUSIONE (GLI)
141
I gruppi di lavoro per l’inclusione (GLI) sono istituiti presso ciascuna istituzione scolastica. Sono stati
istituiti per l prima volta con il DM 27 dicembre del 2012 e ha sostituito il vecchio GLH d'istituto. Il
GLI è composto da:
●
●
●
●
●
Dirigente Scolastico che lo nomina e lo presiede
docenti curricolari
docenti di sostegno
eventualmente da personale ATA
da specialisti della Azienda sanitaria locale
Il GLI ha il compito di:
● supportare il collegio docenti nella definizione e realizzazione del Piano per l’inclusione:
avvalendosi della consulenza e del supporto di: studenti, genitori ed eventualmente della
consulenza dei rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente
rappresentative del territorio nell’ambito dell’inclusione scolastica.
● rilevazione dei bisogni educativi speciali presenti nella scuola incluso tutte le tipologie di
BES
● supportare i docenti contitolari e i consigli di classe nell’attuazione dei PEI.
Per la realizzazione del Piano di inclusione e dei PEI, il GLI collabora con il GIT e con le istituzioni
pubbliche e private presenti sul territorio.
3.4.4: GRUPPO DI LAVORO SULL’ HANDICAP OPERATIVO
(GLHO)
I Gruppi di Lavoro Operativo (GLHO) per l’inclusione dei singoli alunni con disabilità sono costituiti
a livello di istituzione scolastica.
IL GLHO è composto da:
●
●
●
●
gruppo dei docenti di sostegno della classe
dal consiglio di classe
dai genitori dell’alunno o chi ne esercita la responsabilità genitorial
da figure professionali specifiche, interne ed esterne alla scuola che interagiscono con la
classe
e può avere il supporto di:
● unità di valutazione multidisciplinare
● un rappresentante designato dall’Ente Locale
All’interno del Gruppo di Lavoro Operativo, inoltre, è assicurata la partecipazione attiva degli studenti con
disabilità in età evolutiva, ai fini dell’inclusione scolastica, nel rispetto del principio di autodeterminazione.
Il GLHO, tenuto conto del profilo di funzionamento ha i seguenti compiti:
●
●
●
●
definizione del PEI;
verifica del processo di inclusione;
quantificazione delle ore di sostegno;
quantificazione delle altre misure di sostegno.
Ai componenti del GLHO non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o
qualsiasi altro emolumento. Dall’attivazione dei Gruppi di lavoro operativo non devono derivare, anche in
maniera indiretta, maggiori oneri di personale.
142
3.5: I VECCHI GRUPPI DI LAVORO PREVISTI NELLA L. 104/1992
La legge 104/92 prevedeva nell'ottica dell'inclusione scolastica i gruppi di lavoro per l’integrazione
GLH (gruppi di lavoro handicap).
3.5.1:
GRUPPI
PROVINCIALE (GLIP)
DI
LAVORO
INTERISTITUZIONALE
presso ogni USR si istituiscono i GLIP (gruppi di lavoro interistituzionale provinciale) che hanno
compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi di consulenza alle singole scuole, di
collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell’esecuzione
degli accordi di programma per l’impostazione e l’attuazione dei PEI nonché per qualsiasi attività inerente
all’integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.
3.5.2: GRUPPI
D'ISTITUTO)
DI
LAVORO
SULL'HANDICAP
(GLH
presso ogni scuola vengono istituiti i GLH D’ISTITUTO che sono costituiti da gruppi di studio e di lavoro
composti da insegnanti, operatori dei servizi familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative
educative e di integrazione predisposte dal piano educative. Si riunisce in media due volte l’anno e la sua
costituzione rientra tra gli obblighi del DS, presiede alla programmazione generale dell’integrazione della
scuola. Tra i suoi compiti abbiamo:
●
●
●
●
●
analizzare la situazione complessiva degli alunni con disabilità
analizzare le risorse d’istituto
predisporre un calendario per gli incontri
verificare periodicamente gli interventi
formulare proposte per la formazione e l’aggiornamento
I GLH d’istituto si dividono in:
GLHI (gruppi di lavoro e di studio d’istituto), hanno il compito di favorire l’integrazione a livello
d’istituto hanno competenze organizzative e progettuali essi hanno funzione di:
● gestione delle risorse umane
● modalità di accoglienza dei minori disabili
● gestione e reperimento delle risorse materiali
● gestire continuità tra i vari ordini di scuola
● formulare progetti per i disabili, per la formazione e l’aggiornamento dei docenti e relativi
all’organico
GLHO (gruppi di lavoro per l’integrazione operativa)hanno il compito di favorire l’integrazione del
singolo alunno con disabilità insieme alle famiglie, è composto da: DS, consiglio di classe, referente e
personale dell’ASL genitori dell’alunno, si riunisce in situazione ordinaria tre volte l’anno e svolge le
seguenti funzioni:
● presiede alla stesura e all’aggiornamento del bilancio diagnostico e prognostico del profilo
dinamico funzionale
● interviene nella progettazione e verifica del PEI
● indica al GLH d’istituto le ore e le aree di sostegno necessario
Entrambi i gruppi devono essere convocati, riuniti e verbalizzati.
143
3.6: OSSERVATORIO
SCOLASTICA
PERMANENTE
PER
L’INCLUSIONE
L’OSSERVATORIO PERMANENTE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA è stato istituito presso
il MIUR con cui si raccorda è composto da:
●
●
●
●
ministro dell'istruzione che lo presiede
dai rappresentanti delle associazioni disabili
da studenti
da altri soggetti pubblici e privati comprese le scuole.
Svolge i compiti di analizzare e studiare le tematiche dell’inclusione e monitorare le azioni per l’inclusione
scolastica, proporre accordi inter-istituzionali per la realizzazione del progetto individuale e proporre le
sperimentazioni in materia di inclusione. L'osservatorio viene portato in causa in vista di determinate
decisioni tra cui l’INVALSI che lo sente per la predisposizione degli indicatori per l’autovalutazione
d'istituto in tema di inclusione.
CAPITOLO 4: LE CERTIFICAZIONI E I DOCUMENTI
SULLA DISABILITÀ
4.1: L’ITER PER L’ACCERTAMENTO DELLA DISABILITÀ
Il D.LGS. 66 del 2017 è il testo di riferimento per il nuovo iter per l'accertamento della disabilità sia
in età evolutiva che non. Le fasi che compongono questo processo sono:
● I genitori tramite il medico di famiglia e la procedura informatica dell'INPS, fanno
richiesta per la visita di accertamento della disabilità all'INPS
● Entro 30 giorni l'INPS comunica la data della visita
● viene redatta la certificazione medica dalle commissioni medico-legali
● La famiglia trasmette ai vari enti la certificazione di disabilità, redatta sulla base
dell'ICD
4.1.1: COMMISSIONI MEDICO-LEGALI INPS PER LE PERSONE
IN ETÀ EVOLUTIVA
Quando l'accertamento di disabilità riguarda persone in età evolutiva (cioè minori), le
commissioni medico-legali sono così costituite da:
● un medico legale che le presiede;
● due medici specialisti scelti tra pediatra, neuropsichiatra infantile o specialista della
condizione di salute del richiedente
● un assistente specialistico o un operatore sociale individuati dall'ente locale
● un medico dell'INPS
● un esperto per ciascuna delle associazioni ANMIC, UIC, ENS e ANFFAS
4.1.2: CERTIFICAZIONE MEDICA
144
La certificazione medica per l'accertamento della disabilità può essere redatta non solo da un medico
della struttura pubblica ma anche da uno privato.
Per certificazione si intende un documento con valore legale rilasciato da un medico che attesta il
diritto dell’interessato ad avvalersi delle misure previste daprecise disposizioni di legge:
● L. 104/92
● L. 170/210
le cui procedure di rilascio e i conseguenti diritti che ne derivano sono disciplinati dalle suddette leggi della
normativa di riferimento.
La famiglia una volta ottenuta la certificazione medica dalla commissione medico-legale dell'INPS dovrà
avere cura di inviarla ai seguenti enti:
● all'Unità di Valutazione Multidisciplinare dell'ASL di residenza, per la redazione del
Profilo di Funzionamento secondo l'ICF
● al Comune di residenza, per la predisposizione del Progetto individuale
● alla Scuola, per la redazione del PEI.
4.2: IL D. LGS. 66/2017 E IL NUOVO PROFILO DI FUNZIONAMENTO
La normativa riguardante i modelli per gli alunni disabili è destinata a cambiare dal primo settembre
2019 ad opera del D.LGS. 66/2017 attuativo della Buona Scuola che dispone diverse novità. la nuova
impostazione è quella di parlare di disabilità in relazione all’ambiente di vita cosa che prima non si
faceva.
Successivamente all'accertamento della condizione di disabilità, viene redatto un PROFILO DI
FUNZIONAMENTO secondo i criteri del modello bio‐psico‐sociale della Classificazione
Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF). E' lo strumento che
definisce le principali caratteristiche del funzionamento dell’alunno, in relazione ai diversi contesti
di vita. È il primo elemento su cui si costituisce il progetto di vita individuale che si declinerà negli
interventi di potenziamento delle capacità e funzioni in ambito scolastico ed extrascolastico con la
realizzazione del PDF e del PEI.
Le caratteristiche del profilo di funzionamento sono:
● è il documento propedeutico e necessario alla predisposizione del Progetto
Individuale e del PEI;
● definisce anche le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle
risorse strutturali necessarie per l'inclusione scolastica;
● è redatto con la collaborazione dei genitori del bambino con disabilità, nonché con
la partecipazione di un rappresentante dell'amministrazione scolastica, individuato
preferibilmente tra i docenti della scuola frequentata
● è aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione, a partire dalla scuola
dell'infanzia, nonché in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di
funzionamento della persona
Il profilo di funzionamento, comprende i seguenti documenti:
4.2.1: LA DIAGNOSI FUNZIONALE (DF)
Una volta avuta la certificazione medica ai sensi della L. 104/1992 va redatta la DIAGNOSI
FUNZIONALE (DF) che contiene la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato
145
psicofisico dell’alunno, questa permette di evidenziare il tipo di deficit, le potenzialità, le previsioni
degli obbiettivi da raggiungere a medio e lungo termine.
La diagnosi deriva dall’acquisizione di elementi clinici e psico-sociali ed evidenziare potenzialità e
difficoltà dell’alunno, è rivolta ad accertare due elementi:
● anamnesi familiare
● aspetti clinici (anamnesi fisiologica e patologica e diagnosi clinica)
● aspetti psicosociali relativi all’area cognitiva, affettivo-relazionale, linguistica, sensoriale,
motorio-prassica e neurologica
Essendo finalizzata al recupero del soggetto deve tener conto delle potenzialità registrabili sotto tutti i
vari aspetti della persona.
è redatto dall'UNITA' DI VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE (UVM) dell'ASL di riferimento
composta da:
●
●
●
●
un medico specialista o un esperto della condizione di salute della persona
uno specialista in neuropsichiatria infantile
un terapista della riabilitazione
un assistente sociale o un rappresentante dell'Ente locale di competenza che ha in carico il
soggetto
La diagnosi non rimane sempre la stessa ma deve essere aggiornata in relazione all’evoluzione
dell’alunno.
4.2.2: IL PROFILO DINAMICO FUNZIONALE (PDF)
Il profilo dinamico funzionale (PDF) è formulato sulla base della diagnosi funzionale e sulla conoscenza
che gli operatori scolastici hanno del soggetto, documentata dal fascicolo personale. è la descrizione
funzionale e l’analisi dello sviluppo potenziale, sulla base di parametri, dell’alunno con certificazione.
Deve riportare la descrizione delle difficoltà e dello sviluppo potenziale del disabile nei:
● TEMPI BREVI (sei mesi)
● TEMPI MEDI (due anni)
L’aspetto diagnostico funzionale si estende a formulare un profilo complessivo della situazione
dell’alunno che indica dopo un primo periodo di inserimento scolastico il prevedibile livello di
sviluppo che l’alunno dimostra di possedere sia nei tempi brevi che nei tempi medi, costituisce il
quadro di riferimento del recupero e comprende:
● la descrizione funzionale, ovvero ciò che funziona dell’alunno nei vari settori
● l’analisi dello sviluppo potenziale tenendo conto di vari parametri
esso viene redatto dall’unità multidisciplinare composta da:
●
●
●
●
Insegnante di sostegno
I docenti curricolari
Gli operatori ASL
La famiglia
Le fonti per la redazione di questo documento sono:
● diagnosi funzionale
146
●
●
●
●
fascicolo personale dell’alunno
informazioni della scuola precedente
informazioni della famiglia
osservazioni dei docenti.
viene redatto nei primi mesi scolastici (in caso di una nuova certificazione) è soggetto a verifiche in
media ad ogni biennio, va aggiornato invece:
● alla fine dei ogni ordine di scuola fino alla SECONDARIA DI PRIMO GRADO
● durante la scuola SECONDARIA DI SECONDO GRADO
4.3: IL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (PEI)
L’azione diagnostica del profilo di funzionamento è finalizzata alla predisposizione del PIANO
EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (PEI) a cura della scuola, documento nel quale vengono descritti
gli interventi predisposti per l’alunno disabile in un determinato periodo di tempo ai fini della realizzazione
dei suoi diritti. È il progetto di vita scolastico di ogni alunno disabile, il documento nel quale vengono
descritti gli interventi che hanno come scopo la piena realizzazione del diritto all’integrazione,
all’educazione e all’istruzione.
È redatto dal GLHO del singolo allievo che definiscono gli obiettivi del PEI e decidono la tipologia di
programmazione che il disabile dovrà seguire, la famiglia partecipa alla stesura del PEI perché
coinvolta in prima persona, infatti sottoscrivono il PEI e ne ricevono una copia.
Viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico dopo un periodo di osservazione e analisi della
situazione di partenza. l’insegnante di sostegno raccoglie tutte le informazioni e compila. la parte didattica
del PEI, esso deve tenere conto di tutti i progetti in cui l’alunno è coinvolto. Ad assumere il coordinamento
della stesura del documento è l’insegnante di sostegno che dovrà fare osservazioni e interessare varie
aree. Il suo contenuto deve:
● tenere conto della certificazione di disabilità e del profilo di funzionamento
● individuare strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento
● esplicitare le modalità didattiche e di valutazione in relazione alla programmazione
individualizzata
● definire gli strumenti per l’effettivo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro
● indicare le modalità di coordinamento degli interventi e la loro interazione con il progetto
individua
Nella stesura finale del PEI si utilizza un modello che si compone di 5 sezioni:
●
●
●
●
●
storia clinica e familiare del ragazzo
valutazione aree fondamentali dello sviluppo
valutazione della dimensione psicologico-emotiva
progetto educativo
verifica finale e in itinere
Il PEI si definisce entro il secondo mese dell’anno scolastico e si verifica con frequenza trimestrale,
possono essere effettuate verifiche straordinarie per casi di particolare difficoltà. Nel caso di un passaggio
da un ordine a un altro di scuola bisogna garantire la continuità grazie anche alla stesura del PEI con i
docenti dei due ordini di scuola coinvolti.
4.3.1: LA PROGRAMMAZIONE NEL PEI
147
La programmazione è un complesso di operazioni elaborate nell’ambito delle attività scolastiche per
la buona riuscita dell’azione formativa. Può avere due tipi di obiettivi:
● EDUCATIVI: trasversali a tutte le discipline e sono formativi per l’uomo e il cittadino
● DIDATTICI: specifici a una o più discipline e devono tradursi in conoscenze, competenze
e capacità
Fanno parte della programmazione: contenuti, tempi, metodi, strumenti, verifiche e valutazioni. Il PEI si
inserisce all’interno della programmazione della classe con la differenza che è rivolto al singolo
alunno, ma coinvolge tutto il consiglio di classe.
La programmazione può essere di due tipologie:
● PROGRAMMAZIONE CURRICOLARE: ovvero riferita agli obiettivi della classe e
seguire gli obiettivi minimi
● PROGRAMMAZIONE NON CURRICOLARE: ovvero perseguire obiettivi
differenziati rispetto al gruppo classe determinati dagli insegnanti di sostegno
Dopo aver deciso quale percorso scegliere, il consiglio di classe ne da comunicazione alla famiglia che
può accettare o meno il tipo di programmazione scelta. In caso di programmazione non curricolare
se rifiutano si procede per una programmazione curricolare su scelta della famiglia.
I PEI con programmazione non curricolare non sono riconducibili ai programmi ministeriali e si può
applicare solo nella secondaria di secondo grado, in tal caso l’alunno a fine percorso sarà sottoposto
all’esame di maturità con prove differenziate e non consegue un diploma ma un certificato di
competenze.
4.3.2: LA RELAZIONE FINALE DEL PEI
La relazione finale si basa sulla verifica del Piano Educativo Individualizzato (PEI). La scuola fissa
un incontro con esperti di neuropsichiatria infantile ai quali devono partecipare anche i docenti della classe,
i genitori e gli educatori. L’incontro ha il compito di verificare se gli obiettivi formativi contenuti nel
PEI siano stati raggiunti o meno in modo parziale o totale.
Si valutano le situazioni residue, da questo incontro si gettano le basi per la stesura della relazione
finale da allegare chiaramente al PEI che sarà firmato dai docenti della classe, dal Dirigente scolastico,
dal docente di sostegno e dai genitori.
La relazione finale da allegare al PEI ha inizio con profilo descrittivo dell’alunno disabile cui segue il
lavoro svolto dal docente di sostegno e dagli altri insegnanti della classe. Va specificato in maniera
chiara quali strumenti sono stati adottati, viene riassunto l’intero anno scolastico: le attività svolte, la
partecipazioni a progetti esterni alla scuola, si evidenzia il tipo di programmazione seguita e vanno
indicate eventuali strategie per il prossimo anno scolastico.
4.4: IL PIANO ANNUALE PER L’INCLUSIONE (PAI)
Ciascuna scuola nell’ambito della definizione del PTOF, predispone il PIANO ANNUALE PER
L'INCLUSIONE (PAI) che definisce le modalità per l’utilizzo coordinato delle risorse, compresi il
superamento delle barriere e l’individuazione dei facilitatori del contesto di riferimento nonché per
progettare e programmare gli interventi di miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica. Esso
viene riferito alla situazione complessiva della scuola e ha lo scopo di:
● garantire l’unitarietà dell’approccio educativo e didattico della comunità scolastica;
148
● garantire la continuità dell’azione educativa e didattica anche in caso di variazione dei
docenti e del dirigente scolastico;
● consentire una riflessione collegiale sulle modalità educative e sui metodi di insegnamento
adottati nella scuola.
● Garantire il diritto all’istruzione e i necessari supporti agli alunni
● Favorire il successo scolastico e prevenire le barriere all'apprendimento, agevolando la piena
integrazione sociale e culturale
● Ridurre i disagi formativi ed emozionali
● Assicurare una formazione adeguata e lo sviluppo delle potenzialità
● Adottare forme di verifica e di valutazione adeguate
● Sensibilizzare e preparare docenti e genitori nei confronti delle problematiche specifiche.
Scopo del Piano è anche quello di far emergere criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei
diversi bisogni educativi speciali e
le risorse impiegabili, l’insieme
delle difficoltà e dei disturbi
riscontrati, l’importanza degli
interventi educativi e delle strategie
didattiche in direzione inclusiva.
La redazione del PAI, come pure
la sua realizzazione e valutazione,
è l’assunzione collegiale di
responsabilità
da
parte
dell’intera comunità scolastica
sulle modalità educative e i
metodi
di
insegnamento
adottati nella scuola per
garantire l’apprendimento di tutti i suoi alunni. Il PAI deve essere visto come integrazione del
Piano dell’offerta formativa, di cui è parte sostanziale.
La redazione è a cura del collegio dei docenti con il supporto del GLI.
4.5: IL PROGETTO INDIVIDUALE DI VITA DEL DISABILE
Il D.LGS. 66/2017 approva in via definitiva il PROGETTO INDIVIDUALE per gli alunni con
disabilità, esso costituisce uno degli strumenti per realizzare la piena integrazione delle persone con
disabilità nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell’istruzione scolastica o
professionale e del lavoro. È una più ampia prospettiva della vita del disabile perché include più ambiti
rispetto a quello scolastico,
E' redatto dal competente Ente locale d’intesa con l'ASL sulla base del Profilo di funzionamento; va
redatto su richiesta e con la collaborazione dei genitori o di chi ne esercita la responsabilità; le prestazioni,
i servizi e le misure, in esso previste, sono definite anche con la partecipazione di un rappresentante
dell’istituzione scolastica interessata.
Il Progetto individuale comprende:
● il Profilo di Funzionamento;
● le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale;
● il Piano educativo individualizzato a cura delle scuole;
149
● i servizi alla persona cui provvede il Comune in forma diretta o accreditata, con particolare
riferimento al recupero e all’integrazione sociale;
● le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione
ed esclusione sociale;
● le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare
4.5.1: IL PROGETTO DI VITA
Questo documento, può essere nei primi anni di scuola una dimensione all’interno del PEI ma deve poi
acquistare progressivamente sempre più indipendenza da quest’ultimo avvicinandosi alla fine del
percorso scolastico.
Si svolge secondo due ambiti:
● l’inserimento nel mondo del lavoro
● l’autorealizzazione relazionale e della socialità della persona
CAPITOLO 5: I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI NELLA
SCUOLA DELL’ INCLUSIONE
5.1: I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES)
La conoscenza specifica della condizione esistenziale e della situazione psicosociale di una persona
con disturbi del neurosviluppo risulta assolutamente fondamentale al fine di determinare il percorso
didattico più adatto al raggiungimento degli obiettivi fissati.
L'inclusione, si riferisce al riconoscimento dell'individualità di ciascuno e sul diritto di tutti alla
partecipazione piena e attiva della vita scolastica, grazie alla capacità da parte dei docenti e degli
educatori di fornire adeguate opportunità e di valorizzare ciascun alunno.
L’attenzione verso i BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES) si è sviluppata all’indomani del DM
27 dicembre 2012, quando la scuola italiana ha recepito l’apporto fornito dal modello diagnostico ICF
dell’OMS che ha permesso di individuare i cosiddetti BES. Quest’area dello svantaggio scolastico, che
include problematiche diverse, viene indicata come area dei bisogni educativi speciali che comprende
tre grandi sottocategorie:
5.1.1: LA DISABILITÀ (alunni H)
Gli alunni con disabilità, che deve essere accertata ai sensi della legge 104/92, necessitano della
redazione da parte dell'istituzione scolastica di un PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO
(PEI) che rappresenta il progetto di vita scolastica di ogni alunno con disabilità. In fase di didattica, dunque,
è importante tenere conto di questo documento per predisporre delle adeguate metodologie o strategie di
insegnamento: il tutto sempre mantenendosi nell’ottica di inclusività di cui sopra, per individuare quei
denominatori comuni tra gli studenti su cui lavorare per non lasciare indietro nessuno.
5.1.2: I DISTURBI EVOLUTIVI SPECIFICI (alunni DSA)
Per disturbi evolutivi specifici s’intendono:
● disturbi specifici dell'apprendimento (DSA)
150
●
●
●
●
deficit del linguaggio
deficit delle attività non verbali
deficit della coordinazione motoria
deficit dell’attenzione e dell’iperattività (DDAI)
mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e
il disturbo specifico. Si tratta spesso di problematiche che, non certificabili dalla legge 104/92,
normalmente non prevedono per lo studente il diritto all’insegnante di sostegno, anche se grazie alla L.
170/2010, le scuole possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti
compensativi e delle misure previste dalla normativa appena menzionata, predisponendo un PIANO
DIDATTICO PERSONALIZZATO (PDP). Normalmente nelle scuole vengono indicati con la sigla
DSA.
5.1.3: GLI SVANTAGGI SOCIO-ECONOMICI, LINGUISTICI E
CULTURALI (alunni BES)
Questa è sicuramente una categoria di svantaggio a parte rispetto alle altre, poiché pur non
contemplando nessun deficit cognitivo o corporeo di base, né disturbi riconducibili alla sfera
psicologica, può essere fonte di disagio per gli studenti in questione: la difficoltà ad esprimersi in un’altra
lingua o in un altro contesto con diverse abitudini e/o in un contesto socio-economico che non sia il proprio
può portare a chiusure psicologiche importanti del ragazzo. Anche in questi casi è infatti prevista la
redazione di un PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO (PDP) su richiesta del consiglio di classe.
A differenza delle altre due categorie, questa è di tipo transitorio, può cioè sussistere per un
determinato periodo e poi scomparire.
Normalmente nelle scuole vengono indicati con la sigla BES.
I bisogni speciali, non sono quindi necessariamente relativi a condizioni permanenti più o meno
invalidanti, ma sono spesso conseguenze di stati che un alunno attraversa con continuità o per brevi
periodi, per varie ragioni e che richiedono una risposta adeguata e personalizzata.
5.1.4: GLI ALUNNI PLUSDOTATI
Tra i BES vengono annoverati anche gli alunni ad alto potenziale intellettivo, sebbene parte della
pedagogia non sia d’accordo nel definirli PLUSDOTATI, non è raro imbattersi in casi di formazione di
alunni dalle spiccate doti e talenti in alcuni settori e connotati da processi di apprendimento accelerati.
I modelli didattici inclusivi indirizzati agli alunni gifted si caratterizzano per il ruolo fondamentale del
docente che dovrà predisporre l’offerta formativa attorno a una serie di proposte stimolanti e
dimostrare un'elevata padronanza delle materie trattate. Si rivelano particolarmente indicati:
151
● i collegamenti interdisciplinari
● le estensioni formative che consentono di andare oltre i classici obiettivi formativi
5.2: LA NORMATIVA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEI DSA (L.
170/2010)
La legge 170/2010 è la legge di riferimento per i Disturbi Specifici dell’Apprendimento e per il loro
diritto allo studio. Obiettivo della legge è tutelare gli alunni e gli studenti con disturbi specifici
dell’apprendimento e il loro diritto all’istruzione e favorire il successo scolastico grazie a:
● formare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori sui temi legati ai disturbi specifici
dell’apprendimento
● favorire la comunicazione tra scuola, famiglia e servizi sanitari
● adeguare le verifiche e le valutazioni in base alle necessità dello studente con DSA
● ridurre i disagi relazionali ed emozionali
● lavorare per assicurare a tutti gli studenti, DSA compresi, pari opportunità di sviluppare le
capacità “in ambito sociale e professionale”
Quattro sono gli aspetti fondamentali che permettono di realizzare un intervento didattico efficace e
orientato al successo scolastico di studenti e alunni che hanno un disturbo specifico
dell’apprendimento:
5.2.1: IDENTIFICAZIONE PRECOCE DEI DSA
Sono le fasi che precedono e che possono anticipare una diagnosi di DSA: osservazione, test di screening
e potenziamento possono intercettare e lavorare su difficoltà legate alle abilità di letto-scrittura e di calcolo
emerse durante il ciclo scolastico.
L’identificazione precoce passa da un processo di screening con prove individuali nelle aree
interessate(lettura, scrittura, calcolo), e i risultati collocano l’alunno in una fascia di prestazione che
può segnalare la necessità di avviare il potenziamento.
Il potenziamento comprende attività mirate per stimolare le abilità nelle quali lo studente ha delle difficoltà:
al termine del percorso, di durata variabile, lo screening viene ripetuto e se le difficoltà permangono la
scuola può suggerire alla famiglia di avviare un percorso di valutazione.
5.2.2: DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA E PERSONALIZZATA
Le linee guida sottolineano la pari importanza e la differenza tra apprendimento individualizzato e
personalizzato, sottolineando che i due termini non devono essere considerati sinonimi e offrendo le
definizioni per la creazione di un vocabolario comune:
● La DIDATTICA INDIVIDUALIZZATA si riferisce alle attività di recupero individuale,
in classe o in momenti definiti, che aiutano lo studente a potenziare abilità e acquisire o
migliorare le sue competenze
● La DIDATTICA PERSONALIZZATA fa riferimento ai metodi e alle strategie didattiche
che aiutano lo studente a esprimere le sue potenzialità
5.2.3: STRUMENTI COMPENSATIVI E MISURE DISPENSATIVE
152
Le legge contiene indicazioni per l’uso degli strumenti compensativi e delle misure dispensative da
utilizzare per il raggiungimento del successo formativo degli alunni con DSA.
STRUMENTI COMPENSATIVI: Sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la
prestazione richiesta nell’abilità deficitaria, sia essa la scrittura, la lettura o il calcolo. Questi strumenti
sollevano l’alunno con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il
compito dal punto di vista cognitivo. Gli strumenti compensativi possono comprendere:
● sintesi vocale e strumenti che trasformano i testi per renderli leggibili dalla sintesi vocale, e
i
testi
digitali
il computer e il tablet
● programmi di videoscrittura con correttore ortografico
● calcolatrice e altri programmi per la scrittura dei calcoli matematici
● mappe concettuali, immagini e altri strumenti, anche in versione software per l’uso con il
computer o tablet
● Le misure dispensative permettono allo studente di evitare le prestazioni per lui più
difficoltose a causa del suo disturbo:
● verifiche orali o in formato digitale al posto delle verifiche scritte
● evitare la lettura ad alta voce, l’uso del corsivo o stampatello minuscolo
● evitare di copiare dalla lavagna, scrivere sotto dettatura, prendere appunti a mano
● non eseguire prove a tempo o avere più tempo a disposizione rispetto ai compagni
● evitare le interrogazioni a sorpresa, programmandole
MISURE DISPENSATIVE: sono quegli interventi che consentono allo studente di non svolgere
alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non
migliorano l’apprendimento.
5.3: IL PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO (PDP)
Il PDP riporta nei dettagli il progetto educativo dedicato allo studente con difficoltà di
apprendimento: preparato dagli insegnanti che ricevono una diagnosi di DSA o altro disturbo
dell’apprendimento, è il riferimento e l’alleato che indica a tutte le figure coinvolte nel percorso educativo
i passi e gli strumenti necessari per favorire l’apprendimento e il successo scolastico dello studente con
DSA.
Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) è lo strumento che riporta il progetto educativo dedicato allo
studente che ha difficoltà di apprendimento: è un documento dettagliato preparato dagli insegnanti
che ricevono una diagnosi di DSA o altro disturbo dell’apprendimento fatta da uno specialista del
Servizio Sanitario Nazionale o di una struttura accreditata, oppure da uno specialista privato.
Il PDP definisce il rapporto tra la scuola, i genitori e le figure che seguono lo studente nelle attività di
recupero e riabilitazione indicando tutti gli interventi necessari, in particolare gli strumenti compensativi e
le misure dispensative, per arrivare al successo scolastico, cioè agli stessi obiettivi di apprendimento dei
suoi compagni. Il PDP è un documento che negli anni viene aggiornato e rivisto alla luce dei progressi
e del cambiamento dei bisogni del singolo studente.
Il primo responsabile della redazione del PDP è il consiglio di classe che può anche chiedere il supporto
del referente DSA d’istituto. Anche la famiglia e gli esperti esterni sono coinvolti nella redazione del
PDP per fornire tutte le informazioni e gli elementi necessari a renderlo più completo e utile possibile.
Anche lo studente stesso deve conoscere e capire cosa può fare la scuola per le sue necessità e fornire
anche il suo punto di vista: lo studente ha un ruolo attivo anche nella decisione di adottare uno strumento
compensativo del quale capisce e conosce l’importanza.
153
Le famiglie o gli studenti maggiorenni devono essere ESPLICITAMENTE AVVERTITI e sono tenuti a
firmare uno specifico documento dove esprimono l’eventuale consenso all’attuazione del PDP. Una copia
originale viene conservata agli atti della scuola e una copia va alla famiglia.
La famiglia partecipa alla presentazione del PDP , lo firma e lo usa per collaborare con la scuola e
per condividerlo con tutti gli specialisti esterni, sempre in ottica di collaborazione e condivisione per
sostenere l’apprendimento dello studente. Il momento della presentazione avviene in genere in orario
extrascolastico e può essere di durata variabile e dipende anche dal grado di partecipazione attiva della
famiglia alla redazione del PDP: più il contenuto è già noto e condiviso, più semplice e breve sarà il
momento riservato alla presentazione del documento per arrivare alla firma e quindi a convalidarlo.
Il PDP firmato è dunque il documento che consente di attivare tutte le misure previste e indicate al suo
interno: per questo motivo, la famiglia deve leggerlo con cura per approvare il contenuto, e può chiedere
alla scuola di modificarlo prima di firmarlo mettendo per iscritto le modifiche e le integrazioni richieste.
Gli insegnanti preparano il PDP all’inizio di ogni anno scolastico, entro il primo trimestre, o nel corso
dell’anno, non appena la famiglia consegna la diagnosi alla scuola. Se la diagnosi non c’è, i docenti possono
comunque preparare il PDP motivando la loro decisione di personalizzare la didattica. Nel corso dell’anno
scolastico, insegnanti e famiglia possono rivedere e modificare il PDP in qualsiasi momento ce ne sia
bisogno per adeguarlo alle necessità dello studente, tenendo conto dei suoi miglioramenti e identificando
di volta in volta la strategia e gli strumenti più adatti a lui. Scuola e famiglia, se vogliono, possono anche
concordare a inizio anno degli incontri per il controllo e l’eventuale revisione del PEI, in funzione delle
esigenze personali.
Il PDP deve essere personalizzato per:
●
●
●
●
●
metodologie
tempi
strategie didattiche
strumenti compensativi
misure dispensative
ma non per obiettivi che devono essere gli stessi del gruppo classe.
5.3.1: IL PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO PER GLI
ALUNNI BES
Questo documento oltre ad essere redatto per gli alunni DSA, può anche essere redatto per i casi di
svantaggio di vario tipo (alunni BES),
Dal momento che a differenza delle prime che sono documentate da diagnosi medica, queste saranno di
tipo transitorio e volte a colmare il disagio in un certo periodo, ci sono alcune differenze anche quando si
redige il PDP.
Qualora la stesura di un PDP sia rivolta a un alunno che non abbia una certificazione, il Consiglio di classe
deve fornire valide motivazioni della necessità di una personalizzazione dell’apprendimento. Il
Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico
Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione.
Discorso diverso dobbiamo farlo per gli alunni stranieri e per i NAI (neoarrivati in Italia), i quali
necessitano di interventi mirati a potenziare l’apprendimento della lingua italiana e quindi il PDP va
redatto solo in casi particolari.
È opportuno ricordare, che anche in assenza di tali piani di lavoro mirati ai diversi Bisogni Educativi
Speciali è sempre possibile attivare percorsi di individualizzazione e personalizzazione.
154
Il PDP in questo caso avrà una validità annuale e dovrà essere redatto all'inizio di ogni anno scolastico,
proprio per il carattere transitorio dei BES.
5.4: IL DOCENTE REFERENTE PER GLI STUDENTI CON DSA
La funzione strumentale DSA è prevista dalla Legge 170/2010, dal DM del 12/07/2011 e dalle Linee
Guida DSA. La Funzione Strumentale è un riferimento per genitori ed insegnanti in materia di Disturbi
Specifici dell’Apprendimento.
le scuole grazie a questa funzione hanno la facoltà di nominare un docente referente per le
problematiche relative agli studenti DSA. Le funzioni del referente riguardano la sensibilizzazione e
l’approfondimento delle tematiche, nonché il supporto vero e proprio ai colleghi insegnanti direttamente
coinvolti nell’applicazione didattica.
Il referente deve aver acquisito una specifica formazione e aver maturato esperienza nell’ambito dei
Disturbi Specifici di Apprendimento deve essere stato eletto dal Collegio dei Docenti. Le funzioni del
referente sono stabilite dalla Legge e sono le seguenti:
● Fornire informazioni circa le disposizioni normative vigenti
● Fornire indicazioni in merito alle misure compensative e dispensative, in vista dell
individualizzazione e personalizzazione della didattica
● Collaborare all’individuazione di strategie volte al superamento dei problemi esistenti nella
classe con alunni DSA
● Offrire supporto ai colleghi insegnanti riguardo agli strumenti per la didattica e per la
valutazione degli apprendimenti
● Curare la dotazione di ausili e di materiale bibliografico all’interno dell’Istituto
● Diffondere le notizie riguardanti l’aggiornamento e la formazione nel settore
● Fornire informazioni riguardanti Enti, Associazioni, Istituzioni, Università di riferimento
● Fornire informazioni riguardo a strumenti web per la condivisione di buone pratiche
● Fare da mediatore tra famiglia, studente (se maggiorenne) e strutture del territorio
● Informare gli insegnanti che effettuano supplenze nelle classi, della presenza di eventuali
casi DSA.
Il referente promuove comunque l’autonomia dei colleghi nella gestione degli alunni DSA, operando
perché ciascun insegnante “senta” pienamente proprio l’incarico di rendere possibile per tutti gli studenti
un pieno e soddisfacente apprendimento in classe. Infine, il referente può promuovere Progetti approvati
dal Collegio dei Docenti nell’ambito dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
CAPITOLO 6: LA SCUOLA DELL’INTEGRAZIONE
MULTICULTURALE
6.1: INTERCULTURALITA’ E MULTICULTURALITA’
I termini multiculturale e interculturale sono ormai entrati stabilmente nel lessico delle scienze
dell’educazione. Non sempre, tuttavia, essi sono usati in modo appropriato: ritenuti erroneamente
intercambiabili, sono impiegati spesso come sinonimi. Al contrario, questi due termini non sono affatto
equivalenti ma fanno riferimento a situazioni e pratiche diverse e sottendono concezioni sociali ed
educative differenti. Una distinzione precisa tra questi due termini è quindi utile:
155
● MULTICULTURALITÀ’: con questo termine si descrive la presenza di diverse culture nello
stesso spazio, si tratta quindi di un processo statico.
● INTERCULTURALITÀ’: con questo termine si indica invece uno scambio tra culture che ha
come risultato un arricchimento reciproco, si tratta quindi di un processo dinamico.
Il mondo globalizzato di oggi implica l’interculturalità a cui segue uno scambio che aggiunge
arricchimento. Quando si parla di un'educazione interculturale ci si riferisce a un progetto pedagogico
basato sul confronto e sullo scambio tra culture diverse che si sviluppa nella prospettiva del principio
della convivenza democratica e implica un arricchimento reciproco.
La pedagogia interculturale si sviluppa quindi come una pedagogia compensativa volta a facilitare il
recupero di abilità e capacità da parte di un individuo per rendere più rapido il suo percorso di
inserimento. Questa è dunque ritenuta un approccio da realizzare analizzando singolarmente le situazioni.
Il termine educazione interculturale compare per la prima volta nella scuola con la CM 205/1990 che
trattava anche l’inserimento dei minori stranieri nella scuola fornendo indicazioni per l’accoglienza e
l’integrazione degli alunni immigrati. Oggi le coordinate di politica educativa si fondano sul
riconoscimento della valorizzazione della diversità, la sfida è quella di educare alla comprensione e per
farlo si agisce su due piani:
● un PIANO COGNITIVO costituito dalla conoscenza e dalle informazioni sul mondo e sugli altri
● un PIANO AFFETTIVO centrato sull’attenzione alla relazione, alle interazioni, alla storia di tutti
e di ciascuno.
6.1.1: PROGETTI DI EDUCAZIONE INTERCULTURALE NELLE
SCUOLE
Il fenomeno della presenza di alunni stranieri nelle scuole determina concrete esigenze di confronto
con altre culture:
●
●
●
●
l’inserimento nelle classi
l’accoglienza con strategie sia individualizzate che di gruppo
il clima relazionale
l’elaborazione di progetti specifici
costituiscono condizioni preliminari per l’integrazione scolastica; essa si realizza maggiormente
attraverso attività integrative e specifiche per valorizzare la lingua e la cultura d'origine rendendo
partecipe anche tutto il gruppo classe. Nella scuola tale dimensione di apertura si caratterizza sempre
più diffusamente come ricerca didattica, gli stessi libri di testo si vanno sempre di più aprendo ai motivi
interculturali e alla valorizzazione della diversità.
La complessità del problema del razzismo nella società richiede da parte delle scuole uno sforzo di
acquisizione di competenze, di capacità di osservazione e soprattutto di responsabilità che a partire dalla
conoscenza personale si concretizza in progetti, le strategie devono porsi come obiettivo prioritario la
ricerca dell'inclusione.
L’educazione interculturale diviene così un approccio diverso ai curricoli formativi, agli stili
comunicativi e alla gestione educativa delle differenze. Nelle scuole questi progetti possono assumere
diverse forme e articolazioni:
■ la realizzazione di un evento interculturale circoscritto
■ intercultura praticata attraverso la didattica di una disciplina
■ rifondare i curricolo formativi sulla base dell’intercultura
■ prevedere attività aggiuntive all’offerta formativa della scuola
156
6.2: LA NORMATIVA ITALIANA PER GLI STUDENTI STRANIERI
La Costituzione Italiana riconosce come fondamentale il diritto allo studio e all'istruzione per tutti.
Dall'inizio degli anni '90 la normativa scolastica ha preso più volte in esame gli studenti stranieri nell'ambito
della scuola dell'inclusione:
● Con la CM 205/1990 si introduce per la prima volta il concetto di educazione
interculturale intesa come la forma più alta e globale di prevenzione e contrasto del
razzismo e di ogni forma di intolleranza.
● Con il D. LGS. 286/1998 si stabilisce che i minori stranieri presenti sul territorio
nazionale sono soggetti all'obbligo scolastico e che ad essi si applicano tutte le
disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di
partecipazione alla vita della comunità scolastica.
● Con il DPR 394/1999 i minori stranieri hanno diritto all'istruzione indipendentemente
dalla regolarità della propria posizione, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini
italiani. L'iscrizione può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. Per
quanto concerne l'inserimento si prevede che i minori sono iscritti alla classe corrispondente
all'età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa,
tenendo conto dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza, del corso di studi
seguito, del livello di preparazione raggiunto. Sempre il collegio dei docenti definisce il
necessario adattamento dei programmi di insegnamento. Allo scopo, possono essere adottati
specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni per facilitare l'apprendimento della
lingua italiana. Il consolidamento della conoscenza della lingua italiana può essere realizzato
anche mediante l'attivazione di corsi intensivi sulla base di specifici progetti.
● Con la CM 160/2001 viene prevista l’attivazione di corsi e iniziative di formazione per
minori stranieri e per le loro famiglie, accogliendo le differenze linguistiche e culturali
come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco e dello scambio tra le culture.
● Con la CM 24/2006 vengono pubblicate le linee guida per l’accoglienza e l’integrazione
degli alunni stranieri.
● Nel 2014 vengono emanate delle nuove linee guida che ribadiscono la necessità di
un’educazione interculturale centrata sul dialogo e sul reciproco riconoscimento e
arrichimento che rifiuti sia la logica dell’assimilazione sia quella della convivenza tra
comunità etniche chiuse.
● Sempre nel 2014, il MIUR ha istituito L’OSSERVATORIO NAZIONALE PER
L’INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI E PER L’INTERCULTURA ,
l’osservatorio è stato rinnovato anche con il decreto del 31 agosto 2017.
● Con la L. 107/2015 (art. 1, co. 7, lett. r) ha inserito fra gli obiettivi del potenziamento
dell'offerta formativa l'alfabetizzazione e il perfezionamento dell'italiano come lingua
seconda attraverso corsi e laboratori per studenti di cittadinanza o di lingua non italiana.
● Con il DM 197/2016, con il quale è stato adottato il Piano nazionale 2016/2019 per la
formazione in servizio dei docenti ha individuato tra le priorità nazionali "L'integrazione,
le competenze di cittadinanza e di cittadinanza globale".
● Con il DPR 19/2016 si istituisce la nuova classe di concorso A-23, Lingua italiana per
discenti di lingua straniera.
6.2.1: LINEE GUIDA ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE DEGLI
STRANIERI 2014
Emanate nel 2014 hanno sostituito quelle precedenti del 2006 e regolamentano le attività di
accoglienza e integrazione degli alunni stranieri. Il presupposto è che l’esperienza scolastica di uno
studente che è stato scolarizzato in Italia è diversa dalla loro che lo sono stati in paesi molto diversi dal
nostro. Le situazioni che possono verificarsi sono:
157
●
●
●
●
●
●
alunni con cittadinanza non italiana
alunni con ambiente familiare non italofono
alunni minori non accompagnati
alunni figli di coppie miste
alunni arrivati tramite adozione internazionale
alunni rom, sinti e camminanti i tre principali gruppi di origine nomade
Le LINEE GUIDA 2014 hanno previsto per loro:
● stanziamento di apposite risorse finanziarie per l’inserimento degli stranieri
● creare accordi di rete tra scuole e enti locali al fine di evitare concentrazioni di stranieri
presso un singolo istituto. Gli USR potranno definire autonomamente quanti bambini
stranieri per scuola si potranno iscrivere ma in accordo con la CM 2/2010 non si deve
superare il 30% degli iscritti totali.
● l’assegnazione degli stranieri alle classe è a discrezione del DS che procederà prima
all’individuazione del livello di partenza e che potrà essere anche inferiore alla classe
corrispondente all’età anagrafica. si deve comunque favorirel’eterogeneità delle classi,
piuttosto che formare classi omogenee per provenienza territoriale o religiosa degli stranieri.
È stato richiamato, inoltre, il limite massimo di presenza di studenti stranieri nelle
singole classi, fissato, di norma, nel 30% del totale degli iscritti
● per migliorare la conoscenza della lingua italiana vanno previsti corsi di perfezionamento
● in fase di valutazione essi sono valutati secondo i criteri , le forme e i modi previsti per i
minori italiani
6.2.2: GLI ALUNNI STRANIERI ADOTTATI
Una particolare categoria di alunni stranieri è rappresentata da bambini adottati con adozione
internazionale cioè adottati da una coppia italiana, questa categoria è oggetto di un apposito documento
ministeriale ovvero la NM 7443/2014. Questa norma parte dal presupposto che:
● spesso derivano da esperienze particolarmente sfavorevoli prima dell’adozione
● subiscono un distacco dalla cultura d’origine più traumatico rispetto ad altri stranieri
Le aree di intervento critiche per le adozioni internazionali individuate sono le seguenti:
●
●
●
●
●
●
●
bambini che presentano difficoltà di apprendimento
bambini che presentano difficoltà psico-emotive
scolarizzazione insufficiente effettuata nei rispettivi paesi di origine
bambini con bisogni speciali o disabilità
età diversa da quella reale
arrivo in Italia durante l’adolescenza
alunni che a differenza degli altri stranieri devono sostituire l’Italiano alla propria lingua
madre
● necessità di integrazione della cultura italiana alla propria di appartenenza
Per ovviare a tutte queste criticità, si individuano perciò tre aree di intervento:
● AMBITO AMMINISTRATIVO-BUROCRATICO:cioè facilitazioni per le famiglie
interessate nella fase dell’iscrizione
● AMBITO COMUNICATIVO-RELAZIONALE: cioè la scelta delle pratiche adeguate
di prima accoglienza
● CONTINUITÀ’: cioè il percorso formativo individualizzato deve continuare per tutta la
carriera scolastica
158
Nell’infanzia e nella primaria è auspicabile inserire questo tipo di studenti non prima di 12 settimane
dall'arrivo in Italia mentre nella secondaria non prima di 4/6 settimane.
6.3: ISCRIZIONE A SCUOLA DEGLI ALUNNI STRANIERI
Gli alunni stranieri possono essere inseriti nella grande categoria degli alunni con BES, queste sono
difficoltà che possono insorgere in qualsiasi fase del ciclo scolastico e hanno carattere transitorio,
questo richiede una particolare attenzione da parte della scuola, prevedendo interventi differenziati
che investono i docenti di tutte le discipline.
I ragazzi con cittadinanza non italiana come gli altri hanno il diritto allo studio e pertanto hanno
l’obbligo dell'iscrizione a scuola, essa può avvenire in qualsiasi momento dell’anno scolastico.
Il DPR 394/1999 regolamento sull’immigrazione fornisce criteri e indicazioni per l’iscrizione e
l’inserimento dei minori stranieri rimettendo al CONSIGLIO DI ISTITUTO e al COLLEGIO
DOCENTI la responsabilità per un corretto inserimento.
Normalmente gli alunni stranieri soggetti all’obbligo di istruzione sono iscritti d’ufficio alla classe
corrispondente alla loro età anagrafica. I collegi dei docenti possono definire, comunque, le modalità
generali dell’assegnazione dell’alunno straniero alla classe inferiore o superiore a quella corrispondente
all’età, tenendo conto dei seguenti criteri:
●
●
●
●
ordinamento scolastico del Paese di provenienza;
accertamento delle competenze, abilità e livelli di preparazione possedute;
corso di studi eventualmente seguito;
titolo di studio eventualmente posseduto, accompagnato da traduzione in lingua italiana,
ecc..
I collegi dei docenti possono valutare altresì la possibilità che l’assegnazione definitiva alla classe sia
preceduta da una fase di alfabetizzazione strumentale e di conoscenza linguistica finalizzata a favorire
un efficace inserimento.
L’alunno proveniente da scuole estere deve presentare alla scuola italiana il titolo o certificato di studio
originale, dal quale risultino l’esito favorevole della classe frequentata all'estero, le materie studiate
e le valutazioni riportate. I titoli devono essere accompagnati dalla traduzione in lingua italiana e da
certificato di conformità rilasciato dall’autorità diplomatica o consolare italiana.
Le linee guida del 2014 prevedono per coloro che sperimentano difficoltà derivanti dalla non conoscenza
della lingua italiana di attivare percorsi individualizzati e personalizzati oltre che adottare strumenti
compensativi e misure dispensative.
La CM 8/2013 ha chiarito che gli alunni con cittadinanza non italiana necessitano di interventi didattici
relativi all’apprendimento della lingua ma solo in via eccezionale di un PDP.
La L. 107/2015 ha previsto che nelle aree con una forte componente di alunni stranieri siano realizzati
dei PIANI DI INTEGRAZIONE oltre a laboratori linguistici per perfezionare l’italiano come seconda
lingua e laboratori di lingue non comunitarie.
6.4: LINEE DI AZIONE PER L’INTEGRAZIONE CULTURALE
Queste strategie vedono come destinatari gli alunni stranieri e le loro famiglie per garantire loro il diritto
allo studio, bisogna sempre partire dalla consapevolezza che l’integrazione si costruisce insieme dentro e
fuori alla scuola:
159
6.4.1: L’ORIENTAMENTO
Per le famiglie immigrate il problema nasce già con la scuola dell'infanzia, infatti per molte di loro la
frequenza di questo ordine di scuola non è considerata importante, invece riveste un ruolo decisivo per
la formazione della personalità dello studente.
Al passaggio della scuola secondaria di primo grado l'orientamento deve iniziare almeno dall’inizio
dell’ultimo anno del ciclo precedente sia dal punto di vista formativo che da quello della conoscenza
di sé e delle proprie prospettive future. La maggioranza degli studenti stranieri si indirizza verso
l’istruzione tecnica e professionale, questo fenomeno prende il nome di segregazione scolastica.
Strettamente collegato all’orientamento è il tema dei ritardi scolastici da parte degli alunni stranieri,
questo è solo l’inizio di quello che poi potrebbe sfociare nell’abbandono scolastico
6.4.2: PRATICHE DI ACCOGLIENZA E INSERIMENTO
Sono due momenti cruciali ai fini del processo di integrazione perché pongono le basi per un percorso
positivo, in genere accade ad inizio anno scolastico, ma per una parte può avvenire anche durante lo
svolgimento dell’anno. Una scuola che accoglie in maniera efficace deve avere:
●
●
●
●
una conoscenza aggiornata della normativa in materia di inserimento scolastico
disponibilità di materiali informativi e di modulistica in più lingue
risorse interne formate sull’accoglienza degli alunni stranieri
procedure di accoglienza condivise
Assume notevole importanza la relazione con le famiglie degli alunni, in questo percorso la scuola
può avvalersi anche della figura di un mediatore culturale e di interpreti, può essere utile la redazione
di un foglio informativo tradotto in varie lingue che spiega l’organizzazione e l’offerta formativa della
scuola.
6.4.3: DISCRIMINAZIONI E PREGIUDIZI
La presenza di immigrati può rendere più evidenti alcuni meccanismi naturali in tutte le persone
relativi all'etnocentrismo quali pregiudizi, opinioni, atteggiamenti e preconcetti in genere su base
emozionale da un gruppo di persone verso un altro, queste possono fare da innesco a situazioni di
xenofobia o vero e proprio razzismo. La scuola deve affrontare questi problemi senza negarli o
sottovalutarli, qua sono comprese anche tutte le strategie messe in atto per contrastare fenomeni come:
antisemitismo, islamofobia e antiziganismo.
6.4.4:
APPRENDIMENTO
VALORIZZAZIONE PLURILINGUISMO
DELL’ITALIANO
E
Componente essenziale del processo di integrazione è l’apprendimento della lingua italiana che
costituisce la base per capire ed essere capiti, si sta comunque diffondendo sempre di più nelle scuole
la valorizzazione del plurilinguismo, il quale rappresenta un arricchimento per tutti gli studenti, questo
riguarda sia:
● il PLURILINGUISMO DI SISTEMA cioè lo stato attuale dell’insegnamento delle
lingue straniere in cui si insegna due lingue comunitarie tra inglese, francese, tedesco e
spagnolo più il russo
● il PLURILINGUISMO INDIVIDUALE che prevede il mantenimento della lingua
d’origine da parte di un individuo come un diritto oltre che uno strumento fondamentale
160
per la crescita cognitiva, questo può essere organizzato anche grazie associazioni esterne
alla scuola.
6.4.5: PROTOCOLLO DI ACCOGLIENZA PER GLI ALUNNI
STRANIERI
Da tempo le scuole si dotano di un PROTOCOLLO DI ACCOGLIENZA PER GLI ALUNNI
STRANIERI, diretto a rispondere alle esigenze di integrazione degli alunni e facilitare l’applicazione
delle regole di accoglienza, con tale strumento di individuano, i ruoli e le mansioni ma anche le
modalità per effettuare al meglio l’integrazione definendo pratiche condivise all’interno del contesto
scolastico e promuovendo anche la collaborazione di enti sul territorio. Viene fatto da tutto il
personale della scuola e deliberato dal collegio docenti, viene poi inserito nel PTOF. Questo documento
coordina le seguenti fasi della vita scolastica dell’alunno straniero:
●
●
●
●
●
●
iscrizione e accoglienza
assegnazione alla classe e inserimento
definizione del curricolo con eventuale PDP
valutazione
orientamento e continuità tra i vari ordini di scuola
rapporti con le famiglie
All’interno della scuola vi è inoltre la possibilità di creare una COMMISSIONE DI ACCOGLIENZA
composta da docenti e personale di Segreteria a anche DS e operatori socio-culturali che abbia i seguenti
compiti:
●
●
●
●
●
Vigilare sull’attuazione del protocollo di accoglienza
esaminare la documentazione all’atto dell’iscrizione
effettuare un colloquio con la famiglia
effettuare un colloquio con lo studente per la valutazione delle competenze in entrata
stabilire la classe di inserimento che può essere alla pari dell’età anagrafica oppure una
classe inferiore
● fornisce le informazioni raccolte ai vari docenti
● individua con i docenti i percorsi di facilitazione migliori.
6.5: LE FASI DI APPRENDIMENTO DEGLI ALUNNI STRANIERI
È possibile suddividere il percorso di apprendimento degli alunni stranieri in tre fasi:
La fase iniziale di apprendimento dell’italiano L2 per comunicare: che prevede uno studio intensivo
nei primi due o tre mesi e il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
●
●
●
●
sviluppo delle capacità di ascolto e comprensione dei messaggi orali;
acquisizione del lessico;
acquisizione e riflessione sulle strutture grammaticali basilari;
perfezionamento delle tecniche di scrittura e di lettura
La fase Ponte o di accesso all’italiano dello studio:rappresenta la fase più delicata e complessa in quanto
lo studente comincia a consolidare le conoscenze della lingua italiana, a studiare e comprendere anche le
altre discipline. Gli obiettivi principali sono :
● migliorare l'apprendimento della lingua italiana;
● fornire competenze necessarie per poter partecipare all'apprendimento comune in classe.
161
La fase degli apprendimenti comuni: rappresenta un percorso veramente importante di formazione
didattica e pedagogica in quanto sia per l’alunno italiano che straniero e anche per la comunità scolastica,
è un modo di incontro e confronto di culture diverse.
6.5.1: L’ITALIANO COME SECONDA LINGUA
Le scuole hanno cercato di mettere a punto delle modalità organizzative per gli studenti che avevano
bisogno di imparare l’italiano come seconda lingua, soprattutto nella scuola secondaria di secondo
grado. Per rispondere ai bisogni linguistici sono necessari docenti specializzati, proprio per questo dal
2016 è stata prevista una classe di concorso specifica per ITALIANO L2. Un intervento efficace
dovrebbe prevedere nella prima fase 8-10 ore settimanali per circa quattro mesi dove possono essere
raggruppati studenti di diverse classi, preferibile è un insegnamento mirato per piccoli gruppi.
Gli obiettivi di questa fase sono:
● acquisire capacità di ascolto e produzione orale
● acquisire strutture linguistiche di base
● acquisire capacità tecnica di letto/scrittura
Il modello prevalente in Europa è quello integrato, gli alunni acquisiscono la lingua in maniera rapida
per confrontarsi con i pari quotidianamente, inoltre una gran parte di stranieri con una
scolarizzazione base del paese di origine riescono a seguire materie del curricolo comune se proposte
su supporto non verbale.
CAPITOLO 7: LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI BES
7.1: LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI STRANIERI
La valutazione degli alunni stranieri va pensata nel contesto del percorso delineato dal protocollo di
accoglienza in uso e deve avere carattere orientativo e formativo, puntando alla promozione della
globalità della persona.
La valutazione iniziale coincide, per gli alunni stranieri neo-arrivati, con la prima fase dell'accoglienza
che vede i docenti impegnati nella rilevazione delle competenze in ingresso per mezzo di diverse
azioni:
● colloqui con familiari e alunno
● esame documentazione scolastica del paese di origine
● somministrazione prove oggettive di ingresso
Valutato il livello scolastico e formativo di partenza, sia per gli alunni neo arrivati sia per quelli immigrati
da più tempo o nati in Italia con particolari bisogni linguistici e di apprendimento, ove ritenuto necessario
dai docenti dell’equipe pedagogica o del consiglio di classe, viene predisposto un piano di studio
personalizzato o richiedere l’intervento di un mediatore linguistico-culturale. Tutto allo scopo di
valutare gli studenti stranieri uguale agli italiani.
La famiglia va informata sulle scelte dei docenti, necessarie per l’inserimento nel nuovo contesto scolastico,
per l’acquisizione della lingua italiana e per il successo formativo dell’allievo.
Nell’ottica formativa della valutazione, è opportuno considerare alcuni indicatori comuni:
● il percorso scolastico pregresso;
162
●
●
●
●
●
gli obiettivi possibili, rispetto alla situazione di partenza;
la motivazione ad apprendere;
la regolarità della frequenza;
l’impegno e la partecipazione alle diverse attività scolastiche;
la progressione e le potenzialità di sviluppo nel percorso di apprendimento.
Inoltre è indispensabile tener conto:
● dei risultati e delle abilità raggiunte nei corsi di alfabetizzazione di italiano L2 che
costituiscono parte integrante della valutazione di italiano, intesa come materia curricolare
● delle conoscenze e competenze raggiunte in base alla personalizzazione dei percorsi,
relativamente ai contenuti essenziali disciplinari previsti per la classe
Tra gli strumenti utili ci possono essere:
●
●
●
●
●
●
●
Dispensa dalla lettura ad alta voce
Dispensa dalla scrittura sotto dettatura
Concessione nell’uso del vocabolario
Utilizzo testi facilitati e dispense
Adozione di tempi più lunghi
Interrogazioni programmate
Prove con più peso al contenuto che alla forma
7.2: LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI CON PDP
Il PDP è obbligatorio per gli alunni con DSA mentre è a discrezione del consiglio di classe per i ragazzi
con BES. Gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti dispensativi
e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi
universitari.
I ragazzi con disturbi specifici di apprendimento (DSA), di cui alla legge 170/10, possono utilizzare per
le prove scritte gli strumenti compensativi previsti dal piano didattico personalizzato (PDP)
In casi di particolare gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o
patologie, risultanti dal certificato diagnostico, gli alunni, su richiesta della famiglia e conseguente
approvazione del consiglio di classe, sono esonerati dall'insegnamento delle lingue straniere e seguono
un percorso didattico personalizzato.
Per gli esami del secondo ciclo dell'istruzione:
● se hanno seguito un percorso didattico ordinario con la sola dispensa dalle prove scritte
ordinarie di lingua/e straniera/e, la Commissione, nel caso in cui la lingua straniera sia
oggetto di seconda prova scritta, dovrà sottoporre i candidati medesimi a prova orale
sostitutiva della prova scritta. Se superano l'esame di stato, conseguono il titolo valido
per l'iscrizione all'università.
● se hanno seguito un percorso didattico differenziato, con esonero dall'insegnamento
della/e lingua/e straniera/e, e che sono stati valutati dal consiglio di classe con l'attribuzione
di voti e di un credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano, possono
sostenere prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio
dell'attestazione
Gli alunni con PDP, devono partecipare alle prove INVALSI come gli altri con strumenti compensativi,
tra questi possiamo avere:
163
● Misure compensative e/o dispensative
● Scansione temporale differenziata
● Prove in MP3 per ascolto individuale
Gli obiettivi che devono raggiungere sono quelli minimi previsti per la classe, anche alla maturità non
sono dispensati da nessuna materia.
7.3: LA VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI DISABILI
Secondo la L. 104/1992 la valutazione dei disabili deve essere effettuata da tutti i docenti sulla base
del PEI. Alla secondaria ai disabili sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi. I docenti
hanno come obbiettivo lo sviluppo delle potenzialità nell’apprendimento, nella comunicazione e nelle
relazioni.
Ai disabili gravi, va fatta una valutazione su PIANI DIDATTICI DIFFERENZIATI che non fanno
riferimento agli obbiettivi minimi della classe. Questi obiettivi differenziati sono tutti riferiti al PEI e
vanno valutati con voti da tutti i docenti. L’ammissione all’esame è come tutti, agli studenti differenziati,
viene rilasciato un CERTIFICATO DI COMPETENZE.
Agli allievi disabili, la scuola può decidere o meno di far frequentare gli INVALSI, nel caso le facciano,
possono avere tempi aggiuntivi, se la prova è fatta in un luogo diverso dagli altri è possibile:
● La lettura ad alta voce
● La presenza dell’insegnante di sostegno
È previsto che le prove dei disabili non siano incluse nei dati della classe ad eccezione dei disabili
sensoriali, durante gli INVALSI qualunque disabilità va segnalata nella maschera informatica prima
del test.
CAPITOLO 8: GLI STRUMENTI TECNOLOGICI PER
FAVORIRE L’INCLUSIONE
8.1: GLI STRUMENTI COMPENSATIVI
La normativa 170/2010 obbliga le scuole a garantire l’introduzione di strumenti compensativi
compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche. È il consiglio di classe a
individuare gli strumenti più idonei all’apprendimento per gli studenti, ma è buona regola concordare
il loro utilizzo con la famiglia e con lo studente quando è maggiorenne
Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici o tecnologici che facilitano o sostituiscono la
prestazione richiesta nell’abilità deficitaria. Tali strumenti sollevano l’alunno dalla prestazione resa
difficile dal disturbo permettendogli di focalizzare l’attenzione su compiti cognitivi più complessi. Il
contenuto della prestazione non si modifica ma si migliora la velocità e l’esecuzione.
8.2: COMPUTER E DIVERSABILITÀ
Il computer oltre a consentire l’istruzione individualizzata è l'elaboratore che permette l’utilizzo di
software riabilitativi specifici in virtù dei quali la tastiera e il video diventano gli equivalenti di penna
164
e carta su cui scrivere, calcolare e disegnare. Il docente assume quindi il ruolo di mediatore tra lo
studente e il computer, cioè un osservatore del processo educativo.
8.2.1: I WORD PROCESSOR
I word processor sono un tipo di software specializzato nella videoscrittura. A questa categoria di
software appartengono: gli editor di testo o elaboratori di testo. Essi consentono la stesura, la modifica,
l'archiviazione e la stampa di documenti in formato elettronico. Nascono per soddisfare l'esigenza della
digitazione dei testi e dell'archiviazione in formato elettronico. A funzione essenziale si aggiungono
successivamente molte funzionalità aggiuntive come:
●
●
●
●
il controllo ortografico
la formattazione del testo
l'aggiunta di foto e immagini
inserimento di tabelle e formule matematiche
La sua funzionalità può essere incrementata con l’abbinamento alla sintesi vocale. Stimola la curiosità,
agisce sull’autodeterminazione della scrittura, sulle metacompetenze e aiuta l’autorevisione e l’auto
correzione.
Nella categoria dei programmi di videoscrittura sono compresi word processor di ogni tipo, da quelli più
semplici a quelli professionali dotati di funzionalità avanzate di formattazione. I software di word processor
più conosciuti e diffusi sono: Microsoft Word, Openoffice Writer e Google Documenti che è un word
processor online della suite Google.
8.2.2: LA SINTESI VOCALE
La sintesi vocale è la trasformazione del testo scritto in testo parlato grazie ai software TTS (text-tospeech). La sintesi accompagna il lettore a seguire il segno durante l’ascolto del brano attraverso
l’evidenziazione della parola letta che cambia colore. Presenta però il limite che richiede come
prerequisito la capacità di cogliere adeguatamente il contenuto del testo, è legata all’affiancamento
di altre strategie come le mappe concettuali che consentono una sintesi e una semplificazione prima
dell’ascolto.
La sintesi vocale è utile e preziosa per bambini e ragazzi con disturbo di lettura di grado medio o grave.
Si tratta di bambini e ragazzi che:
● leggono così lentamente o commettendo talmente tanti errori da pervenire a una
comprensione solo parziale e spesso frammentata di quanto letto. Con ovvie ripercussioni
per lo studio.
● non sono in grado di comprendere il testo di un libro e/o studiare senza la lettura da parte di
un adulto.
VANTAGGI DELLA SINTESI VOCALE
● Autonomia nella lettura e, soprattutto, nello studio. Naturalmente, se la si utilizza in modo
adeguato.
● Miglioramento dell’autostima: la possibilità di gestire il disturbo di lettura in autonomia
rinforza il senso di autoefficacia dei ragazzi.
SVANTAGGI DELLA SINTESI VOCALE
165
● La sintesi vocale non capisce ciò che legge e, quindi, commette errori: facendo o omettendo
pause, oppure sbagliando la lettura di parole quindi, per capire quanto si ascolta, occorre la
capacità di ricostruire il significato di quanto ascoltato.
● Leggere con le orecchie richiede buone capacità attentive e di comprensione da ascolto. In
mancanza di queste, potrebbe essere più utile servirsi di strumenti compensativi di altro tipo
per lo studio
● L’uso efficace della sintesi vocale richiede un periodo di addestramento più o meno lungo
da parte di un adulto competente che sappia usare adeguatamente questi programmi in modo
da trarne il massimo beneficio possibile.
Considerati gli svantaggi della sintesi vocale, è chiaro perché possa essere poco indicata per bambini e
ragazzi con un disturbo di lettura lieve: la fatica richiesta per imparare ad usarli in modo efficace non è
commisurata ai benefici che ne riceverebbero.
8.2.3: GLI AUDIOLIBRI
Presentano diverse potenzialità a costi contenuti, si tratta di libri di tipo digitale letti integralmente da
una voce narrante che generalmente da anche un’intonazione significativa alla lettura. Gli audiolibri,
oltre a permettere la lettura dei libri mentre si è occupati in altre attività, possono essere anche un valido
aiuto per molte persone affette da particolari handicap visivi o motori.
Esistono anche formati più specifici, come ad esempio il DTB (Digital Talking Book), che consentono di
sincronizzare la visualizzazione del testo a schermo con l'audio.
8.2.4: GLI AUDIOLIBRI
La calcolatrice è sicuramente tra gli strumenti tecnologici più comuni ed utilizzati da tutti, sia nel
mondo scolastico che extrascolastico. Ormai abbiamo la disponibilità della calcolatrice ovunque. In
qualsiasi momento possiamo “compensare” le nostre abilità legate al calcolo a mente, al recupero dei fatti
numerici, alla capacità di fare conversioni, rapporti e proporzioni, avvalendosi della calcolatrice. Essa ci
viene in aiuto proprio nella fase esecutiva del calcolo.
Per i bambini ed i ragazzi con difficoltà specifiche legate alle abilità numeriche e
aritmetiche(discalculia), anche l’uso della calcolatrice può diventare complicato. L’uso della
calcolatrice, infatti può essere poco efficace in quanto questi ragazzi possono incontrare difficoltà nel
riconoscimento dei numeri digitati, negli operatori matematici utilizzati e spesso incappano in errori
di trascrizione e ricopiatura dei dati. Questi errori sono tutti riconducibili ai meccanismi lessicali e
sintattici legati alla transcodifica dall’etichetta numerica alla numerazione araba e viceversa.
La soluzione potrebbe essere l’uso di una calcolatrice con sintesi vocale integrata disponibile in alcuni
software compensativi, sfruttare la sintesi vocale nei processi esecutivi del calcolo con la calcolatrice
permette di evitare i classici errori di digitazione dei numeri sulla tastiera, errori di inversione delle
cifre, riconoscere il giusto valore posizionale degli zeri, ecc.
La sintesi vocale disponibile nelle calcolatrici parlanti permette infatti di avere il ritorno in voce di ogni
singola cifra digitata e, ancor più importante, dell’intero numero. In questo modo quindi è possibile
monitorare non solo con gli “occhi” ma anche con le “orecchie” se abbiamo digitato i dati desiderati. Inoltre,
avvalendosi del display è possibile visualizzare non solo l’ultimo numero inserito ma l’intera
operazione. Questo permette di avere sempre il controllo dei dati immessi e dell’operazione digitata. La
particolarità è che i numeri risultano già perfettamente incolonnati, con l’evidente vantaggio di una corretta
organizzazione degli elementi dell’operazione, mostrando contestualmente le dimensioni dei numeri stessi
e favorendo altresì la comprensione dei meccanismi semantici.
8.2.5: SOFTWARE OCR
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La tecnologia OCR (Optical Character Recognition) altro non è che il riconoscimento ottico dei
caratteri. Utilizzare dei software che la supportano consente di trasformare immagini e scansioni in
testi modificabili in maniera rapidissima e, soprattutto, senza fatica, come se si trattasse di documenti
di Word o del Blocco Note.
8.2.6: DIZIONARI E TRADUTTORI ONLINE
Per i DSA possono essere molto utili dizionari e traduttori online che spesso oltre alla traduzione e alla
corretta grafia permettono l’ascolto della parola o della frase e quindi di apprendere la corretta pronuncia.
8.2.7: MAPPE MULTIMEDIALI
Consentono di integrare nelle mappe immagini, video, audio e si possono fruire su LIM, tablet, schermi
tradizionali o touch screen. Le mappe sono importanti strategie didattiche definite visual learning che
aiutano a migliorare l’apprendimento sia nella comprensione del testo che nel ricordo di informazioni
come pure nell’organizzazione del pensiero e dell’apprendimento. Sono maggiormente efficaci
quando vengono rappresentate con colori, forme e strutture riducendo al minimo la possibilità di
frasi e periodi.
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