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Katharina Rutschky
PEDAGOGIA NERA
Fonti storiche dell’educazione civile
A cura di Paolo Perticari
Mimesis / Impronte
“La pedagogia nera è il tentativo tendenzioso di documentare le conseguenze e i fenomeni collaterali
derivanti dall’attenzione cui sono stati esposti bambini a partire dal XCIII secolo. Ho analizzato e selezionato
soltanto testi conosciuti, stampati e accessibili, interni alla storia dell’educazione. Tuttavia, per rendere
percepibili i conflitti rimossi e nascosti che contribuiscono a determinare questa storia, ho dovuto procedere
senza scrupoli, in un certo senso contro le esplicite intenzioni degli autori.” K.R
INTRODUZIONE ALLA PEDAGOGIA NERA
Il grande merito di K.R. è stato quello di aver dato, per prima, un nome a tutta questa zona opaca e
impenetrabile in cui la violenza perpetrata sui bambini incontra la vita dei vivi riguardando anche i morti, e
con ciò il nesso tra le vicende sofferte nell’infanzia e le conseguenze gravi che essa lascia sugli individui, e
sulle generazioni future: “pedagogia nera”. In fin dei conti, quest’espressione nomina un tradimento o una
deviazione dei propri ideali non facilmente dimostrabile: cioè in tutto e per tutto, in questo caso,
l’educazione come ideale pervertito. Il fatto che il trattamento inumano e la violenza grave possa cominciare
già nella prima infanzia e talvolta anche fin dal concepimento nella vita fetale con conseguenze patologiche
imponderabili a livello cerebrale e cardiaco, e poi durare tutta la vita sotto forma di aggressività, distruttività
e autodistruttività, genera un tipo di condizionamento che viene assunto dal bambino per poi durare tutta la
vita. La pedagogia nera non è altro che un certo modo di parlare, un certo modo di essere calmi o agitati, un
certo adattamento alla vita che giustifica l’abuso emozionale in nome dell’esercizio di un potere esacerbato.
La pedagogia nera è come la coscienza: non la vediamo né l’ascoltiamo. Non ha né sapore né odore. Eppure
se ne ha il presentimento come nel caso del veleno, come nel caso di un vino inquinato che si è costretti a
bere. Pedagogia nera o pedagogia velenosa è certamente un modo, idoneo, per dare un nome a questa zona
della coscienza che altrimenti un nome neppure avrebbe, né potrebbe avere. Forse è per questa ragione che la
fonte misteriosa di ogni pedagogia nera è mentale, è neuronale e può essere annunciata solamente in prima
persona in cui tutto ciò che non è autobiografico è plagio.
Ci sono due tipi di ascolto dei traumi infantili molto diversi tra loro:
•
Indiscreto
•
Della resilienza che da un punto di vista religioso si potrebbe anche definire mariana della bambina,
fa si che la verità trovi il suo cammino verso la giustizia e richiede un testimone leale, incorruttibile e capace
di combattere in favore dell’emancipazione della bambina o del bambino nella società umana cominciando a
proteggere una verità guadagnata dolorosamente che non è stata guadagnata per un “progresso storico”, ma
solamente per la “bambina”.
Solo questo secondo ascolto è in grado di comprendere il fenomeno della pedagogia nera, perché fa uso più
consapevole della parola di quella bambina rispettandola e non banalizzandola, ma ponendola davanti alla
questione di sapere scegliere se essa sarà ascoltata in modo indiscreto o testimoniale e profondo. E questo è
decisivo, soprattutto per la bambina, poiché ascoltare indiscretamente o ascoltare resterà per lei un’attitudine
di tutto il suo corpo per tutta la vita, in ogni situazione.
La scoperta dei meccanismi profondi della pedagogia nera che crea anche il link tra il Fuhrer e il campo di
sterminio da una parte e la storia condivisa del sistemico e sistematico abuso infantile sofferto dai bambini
della Germania di inizio secolo, dall’altra parte gettando la turpe ombra del campo di sterminio fino ai giorni
nostri è il più grande contributo al pensiero del male e del potere offerto dalla ex psicoanalista, in realtà
decisiva pensatrice delle conseguenze del male fatto ai bambini.
Freud si rifiutò di credere che l’abuso sessuale vissuto nell’infanzia, di cui tutte le pazienti continuavano a
raccontare, fosse mai veramente avvenuto. Egli si ritrasse spaventato di fronte alla realtà che gli si
dispiegava dinnanzi, e a partire da quel momento si mostrò solidale con la società patriarcale. Fondò la
scuola psicoanalitica: colpevolizza il bambino inerme e prende sotto la sua protezione i potenti genitori.
Quando una paziente, che da bambina è stata oggetto di abuso sessuale, entra in trattamento analitico, dovrà
sentirsi dire che ciò che essa racconta sono fantasie e desideri, perché in fondo essa sognava, nella sua
infanzia, di sedurre sessualmente il padre.
Queste donne hanno iniziato a raccontare le loro esperienze oralmente e per scritto: hanno così perduto le
loro depressioni, e acquistato sempre maggior forza, rispetto di sé e coraggio. La componente patogena, dei
traumi infantili, consisteva proprio nel totale divieto di parlare con chiunque di ciò che era accaduto. Tale
tabù è generativo di sensi di colpa che condizionano il sentire e la coscienza per l’intera vita. A partire da ciò
che è accaduto al soggetto nella scena della famiglia, si arriva a comprendere l’abuso infantile non come
singolo episodio più o meno grave, ma come prodotto intrinseco e come condizione originaria del soggetto.
Ciò che distrugge la psiche di una persona è la proibizione di parlare dell’abuso subito in famiglia.
La paressia che è il coraggio della verità di colui che parla e si assume il rischio di esprimere, malgrado
tutto, l’intera verità che lo riguarda, è anche allo stesso tempo il coraggio di accogliere come vera la verità
oltraggiata della vittima. Proprio la formazione del soggetto nel vivo del rapporto con l’altro è il punto di
incontro tra la pedagogia nera con le sue seduzioni e costrizioni di potere che conducono a forme totalitarie
di obbedienza e di violenza, e l’educazione moderna, là dove l’obbedienza è la liberta e la liberta non è altro
che obbedienza. Le fonti dell’educazione moderna sono nella loro essenza state inquinate e intorbidite dalla
pedagogia nera fino a confondere continuamente libertà e obbedienza. Qui si apre una certa qual possibilità
di riformulare il problema tra relazioni di potere e pratiche di libertà indicando tra gli obiettivi politici e
educativi la ribellione contro l’asservimento e il maltrattamento delle coscienze fin dalla prima infanzia. La
pedagogia nera ci aiuta a seguire il filo del rapporto costitutivo fra la vita del bambino e il potere sovrano del
genitore.
Né Foucault né i suoi seguaci vedono nella struttura della pedagogia nera e nei suoi molteplici intrecci tra
potere sovrano e potere disciplinare o tra educazione, psicopatologia e vita inerme, il turning point di una
riflessione e di una volontà politica diffusa in tutte le famiglie europee e occidentali che resta sullo sfondo,
indeterminata. La Rutschky non vede o non vuole vedere la ricerca di Foucault. La sua prossimità agli studi
sulla pedagogia nera in cui la famiglia è il soggetto di questo paradosso e il bambino ne è l’oggetto critico
insieme a ogni suo eccesso. E insieme ne è il bersaglio. Si parla di quel tipo di sovranità, di soggettività e di
verità di cui ha bisogno il mercato.
Si tratterrebbe di sapere quali lotte reali e quali rapporti di potere siano ingaggiati dalla volontà e di
condizionamento del potere fin dalla primissima infanzia nella vita con i genitori e con chi si prende cura del
bambino. La paressia è il coraggio della verità di colui che parla e si assume il rischio di esprimere,
malgrado tutto, l’intera verità che lo riguarda. Proprio la formazione del soggetto nel vivo del rapporto con
l’altro è il punto di incontro tra la pedagogia nera con le sue seduzioni e costrizioni di potere che conducono
a forme totalitarie di obbedienza e di violenza, e l’educazione moderna, là dove l’obbedienza è la libertà e la
libertà altro non è che obbedienza.
Alice Miller dice di non accorgerti di quello che ti è stato fatto in nome dell’educazione e di tacere sulla
presenza genitoriale e parentale che ti ha formato come soggetto. Puer nell’antichità è l’homo sacer per
antonomasia; chiunque poteva uccidere se si ribellava al pater familiae senza commettere omicidio e che non
doveva essere messo a morte nella forma prevista dal rito. La pedagogia nera ci aiuta a seguire il filo del
rapporto costitutivo fra la vita del bambino e il potere sovrano del genitore, dalla aristotelica distinzione tra
vita naturale ed esistenza politica, fino ad Auschwitz oggi ascrivibile, senza particolari forzature, agli esiti
della pedagogia nera. La pedagogia nera è la cifra della sovranità per eccellenza. La pedagogia nera esiga
una solitudine, una intimità, una storia naturale dell’educazione civile che impone la sua verità del potere
sovrano e solo quella è vera. La verità è sempre legata a delle azioni sulla verità che sono quelle che
cominciano a imporsi sulla natura del bambino e sul modo in cui egli “fa” e percepisce il mondo.
ORIGINE DELL’ABUSO = se al bambino viene imposto di non accorgersi di ciò che gli viene fatto e di
tacere il cammino della verità da dire nel suo rapporto con la vita infantile, svilupperà una ambivalenza e la
sua esistenza sarà segnata da questa compiacenza e da questa vitalità spezzata a cui sarà imposto nei fatti di
fare e dire ciò viene a lui ordinato.
Non appena però il silenzio venga infranto, le nostre figlie non dovranno più temere le loro madri, ma
potranno porsi sotto la loro protezione e raccontare liberamente e in tutta franchezza il torto che hanno
subito e che, se dovesse essere continuato in segreto, rischierebbe di distruggere la loro vita stessa.
Distruggere il proprio figlio o la propria figlia non può guarire la malattia dell’adulto, ma soltanto
mascherarla.
Miller A. “Il bambino inascoltato”
Katharina Rutschky ha avuto la capacità non solo di aver definito per prima e in modo tanto inascoltato da
filosofi, teorici e studiosi di ogni disciplina questa area, nell’epoca in cui si è pienamente dispiegata, cioè
dall’Illuminismo ai primi del 900; ma da sociologa tedesca, ci consente oggi di cogliere l’anello primordiale
mancante tra il potere e il male. In una sola parola l’EDUCAZIONE.
Quando viviamo l’esperienza dell’educazione anche inconsapevolmente, senza sapere di esserci di mezzo,
sappiamo però almeno di essere esposti al contatto con la malattia, con il male, con il rapporto umano come
legame di potere al culmine del suo stato critico.
Importanza dell’educazione oggi:
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La storia dell’educazione in quanto tale
La nascita dell’educazione moderna
Il contributo delle scienze dell’educazione di tipo nuovo e progressista al fine pedagogico nero
L’educazione nel più ampio rapporto che intrattiene con il processo di civilizzazione
La famiglia e la rete parentale che prende in carico la responsabilità e la cura del bambino così come
l’insegnante e la scuola che promuove la formazione dell’educazione e dell’istruzione
Il più ampio rapporto che connette l’educazione del bambino e la sua istruzione con la storia non
solo del bambino e della sua vita familiare, ma con la storia intesa come estrinsecazione concreta dei
rapporti di forza, di sovranità e di potere
Le conseguenze di un’educazione cattiva sono gravi e irrimediabili nella maggior parte dei casi. Il vero
problema, parlando chiaramente, è la recidiva transgenerazione nella ripetizione del male.
TRAUMA TRANSGENERAZIONALE (TT): esito derivato di forme acquisite di pedagogia praticata al fine
di migliorare il bambino con metodi violenti e controproducenti attraverso l’invisibile, il non detto, il
nascosto, il latente.
La pedagogia nera emerge dalla zona opaca che collega il modo in cui sono trattati in famiglia molti bambini
nel periodo in cui si forma il loro cuore, il loro sistema nervoso, il loro apparato circolatorio e sanguigno, e la
violenza, la distruttività, il massacro perpetrato da genitori e parenti con la scusa di prendersene cura.
Korczak ha creato il tribunale dei bambini. Montessori vede nel bambino maltrattato il più importante
impedimento alla pace.
Lorenzo Milani è consapevolissimo dei gravi rischi della educazione all’obbedienza così come della
violenza gratuita della scuola. C’è urgenza di sviluppare una sensibilità nuova sul fatto educativo. La ricerca
sulla pedagogia nera può e deve diventare la nuova frontiera del rispetto del bambino. La Convenzione dei
diritti dell’infanzia è di fondamentale importanza e di grande speranza perché precisa con chiarezza che gli
Stati membri devono prendere misure per vietare non solo i maltrattamenti e gli abusi infantili punibili dai
tribunali, ma anche le punizioni corporali più banali come sculacciate, sberle, ceffoni, poiché anche un
ricorso limitato alla forza fisica come una sculacciata, per esempio, o l’urlo violento nello stato di rabbia
fuori di testa, può essere il primo passo sul cammino di un vero e proprio maltrattamento distruttivo.
2. Estetica dei bambini abusati
Film di Michael Haneke “Il nastro bianco”. L’idea di fondo è che i bambini assolutizzano l’ideale dei
genitori. I bambini che crescono sono più contagiati dal male misterioso da cui scaturiscono strani incidenti e
episodi traumatici, non hanno dubbio alcuno: essere buoni cristiani significa vivere in prima persona
l’assenza di ogni slancio affettivo, di ogni desiderio, di ogni libertà.
Perché a suo modo il libro pedagogia nera della Rutschky può essere considerato come una eccellente
introduzione all’educazione che fa da sfondo al non detto del film Il nastro bianco di Haneke. La Rutschky
pone al centro del suo lavoro la violenza e i sensi di colpa riconducibili alle fonti stesse dell’educazione
moderna scaturita dall’Illuminismo nei 200 anni che separano il sorgere della pedagogia nera dal sorgere di
tutti i tentativi di creare un nuovo umanismo. Famiglia, chiesa e scuola in quanto luoghi di educazione,
promuovono ancora oggi meccanismi e logiche di pedagogia nera con cui i bambini entrano a far parte del
teatro sociale che amplifica, giustifica e complica le aberrazioni e i rigurgiti irrazionali già pregni d’odio
pregiudiziale nei confronti del diverso, giustificando l’orrore necessario della violenza sul bambino può
emergere finalmente la domanda essenziale sul potere e il male: quali bambini state allevando?
Le punizioni corporali, le violenze, gli abusi sessuali, le umiliazioni pubbliche che i bambini subiscono in un
clima di severa educazione e di responsabilità acclamata, fanno emergere il fenomeno nuovo di una
propagazione orizzontale del male. Non solo il controllo del potere viene preso in maniera criminale
attraverso una violenza subdola e brutale che annichilisce mortiferamente i bambini e le bambine che
assumono per contagio le posizioni mentali degli adulti.
Se i rapporti educativi sono anche e soprattutto rapporti di sovranità e di potere, i bambini vengono condotti
molto precocemente ad essere violati nella propria anima dalla sovranità malata che contagia molto
precocemente chi subisce la sua norma. Ma la pedagogia nera non ha solo a che vedere con la biogenesi del
fascismo tedesco così come Il nastro bianco non riguarda solo il nazismo che sta nascendo dall’avvenuta
assolutizzazione degli ordini dei genitori da parte dei bambini. Si riferisce a tutte le persone che
assolutizzano le regole dalla quali sono state oppresse, tanto da non potersene più sottrarre fino a
radicalizzarle come meccanismi impliciti della propria vita e della relazione con il prossimo.
L’educazione come vita reale. La violenza, l’abuso sessuale dei bambini è effettivamente un problema
interno alla famiglia, alla Chiesa, alla scuola, un problema interno a qualunque forma di istituzione
educativa, prodotto intrinseco della sua organizzazione simbolica. In nome dell’educazione viene commesso
il male. La pedagogia nera rovina l’anima attraverso la quotidianità educativa in cui i genitori danno ordini e
i bambini ricevono ordini e devono obbedire. Per questo l’educazione passa sempre dal dolore perché ha
come obiettivi limitare la libertà del bambino.
3. Nascita della pedagogia moderna. Educare e obbedire
Nell’opera La persecuzione del bambino, Alice Miller colloca l’intero problema della violazione del
bambino nell’educazione di stampo illuminista. Secondo questa prospettiva l’educazione e, si vuole dire,
l’educazione in famiglia, è il luogo cruciale del pensiero per cui è la pedagogia nera che spiega la filosofia
politica e non è dato il contrario.
Conoscere il meccanismo e la logica della pedagogia nera è il primo passo per prevenire il condizionamento
violento del potere che si fa sistema. Certo un approccio scientifico e aperto ai temi dell’educazione può
costituire un deterrente alla pedagogia nera. Molti dei mali che affliggono i bambini e adulti, depressione,
delinquenza, tendenza ad avere incidenti, sono connessi al modo in cui sono stati trattati fin dal periodo in
cui si sviluppava il loro sistema nervoso e il loro cuore in nome dell’obbedienza, dell’esecuzione degli ordini
ricevuti, della risoluzione dei capricci, della riduzione dell’imprevedibilità e della correzione degli errori.
La pedagogia nera è un insieme di rapporti, supporti e tecnologie di sé orientate al miglioramento del
bambino, non al suo peggioramento. Katharina Rutschky ha avuto il grande merito, inventando il concetto di
“pedagogia nera”, di connettere tutto questo insieme di teorie, di fantasie e di utopie pedagogiche e educative
nonché implicitamente e inammissibilmente, di conseguenze più o meno controproduttive e patologie,
mostrando i reali processi che alimentano il discorso pedagogico. La pedagogia nera lavora come macchina e
come meccanismo in almeno tre direzioni: la prima, con una logica, un’intenzione e una finalità che è sociale
e anche politica; la seconda lavora sul piano delle scienze, fa parte della storia della scienza pedagogica in
particolare e sul piano conoscitivo influenza tanto l’epistemologia della pedagogia e delle scienze
dell’educazione quanto l’antropologia pedagogica e filosofica in modo implicito dal 700 a oggi. Nella terza
direzione, quella collegata all’implicazione psicologica del metodo pedagogico nero, ci si avvicina di più alla
psicologia, alla psicoanalisi, alla psichiatra, alla criminologia, alla zona del sé profondo ossia quell’insieme
di obiettivi, metodi, orientamenti contenuti nel meccanismo della pedagogia nera che genera specifiche
forme di condizionamento mentale che vanno dall’ambivalenza psicopatologica fino alla sindrome di
Stendhal e a forti valenze neurodepressive, autodistruttive, distruttive.
Altro grande studioso di pedagogia nera è Morton Schatzman. Egli apre nuovi orizzonti per una
comprensione dei comportamenti definiti paranoici e schizofrenici, rileggendo il caso del presidente di
tribunale Daniel Paul Schreber, dell’ambiente familiare in cui egli visse, e soprattutto ai rapporti tra padre e
figlio resi possibili da una comparazione del diario “Memorie di un malato di nervi” di Schreber figlio agli
albori del 900, con gli scritti del padre, Paul Gottlieb Moritz Schreber della seconda metà dell’800 ancora
oggi reperibili, dai quali emerge una figura paterna dispotica e tirannica.
Katharina Rutschky si chiede che cosa spinga un educatore a scegliere questo mestiere, ad occuparsi
professionalmente o genitorialmente di bambini arrivando alla conclusione che dietro a un educatore c’è la
propria infanzia disgraziata e un inconscio desiderio di vendetta.
Dobbiamo imparare a vedere il nero contenuto in ogni istruzione e educazione moderna, per creare una
nuova sensibilità condivisa sul condizionamento violento, cioè sulla pedagogia nera che si nasconde dietro
qualunque pedagogia bianca e dietro qualunque “educazione in quanto tale”, mettendo il suo uovo di male
nella relazione con il bambino all’interno delle famiglie e della società. È necessario agire con urgenza
affinché il pianeta non cada tutto dentro pedagogia nera. Mario Praz analizza il Romanticismo letterario
inglese, mostrando come i tratti oscuri e tenebrosi siano fondamentali per comprendere la letteratura
romantica.
Ascoltare molto più intimamente d quanto non si sia fatto fino ad ora le parole e il lamento del bambino nella
tempesta della crisi, vuole dire dirigere l’attenzione su quei processi nascosti, sottili, sotterranei, subdoli, che
al di là di una repressione fisica e psichica palese, brutale coartano la natura infantile e addomesticano
l’essere umano a sottomettersi al meccanismo di produzione del crimine mostruoso che attanaglia l’uomo di
questo tempo. L’opera della Rutschky è fondamentale perché dando un nome a un insieme di cose che prima
non ce l’avevano e erano slegate tra loro, attraverso tale concetto, è riuscita a portare alla luce un male a cui
noi adesso possiamo riferirci come fenomeno semplicemente chiamandolo pedagogia nera. Hebert Marcuse
introduce il concetto di pedagogia nera nella scuola di Francoforte attraverso il concetto di dimensione
estetica. La pedagogia nera è precisamente un tipo di dimensione estetica maligna che persiste su qualunque
forma di educazione.
L’educazione progressiva avviene al prezzo di un enorme sacrificio. Il sacrificio del bambino. E l’Europa è
stata devastata a sua volta da un certo tipo di bambino manipolato e abusato che una volta divenuto adulto è
stato disponibile ad obbedire agli ordini del fascismo. La civilizzazione del singolo avviene all’interno di
una civilizzazione più ampia; il processo di civilizzazione personale ricapitola un processo di civilizzazione
durato secoli da parte della società. L’educazione come disciplina scientifica nasce nell’illuminismo ed è un
prodotto della società borghese; è una pratica millenaria che trova una formulazione nuova a partire dal 1762
con determinati parametri che la Rutschky incornicia nella dialettica dell’Illuminismo e nel processo di
civilizzazione.
Molto spesso, dice la Rutschky, le prospettive educative della pedagogia nera sono sviluppate da pedagogisti,
intellettuali, medici, teologi, sacerdoti, che hanno scarsissima pratica con i bambini. Quindi denuncia uno dei
tratti tipici dell’Illuminismo, ovvero l’ASTRAZIONE. Inizia qui ad applicarsi all’infanzia il processo di
civilizzazione tramite l’educazione. Quindi la scienza dell’educazione è le traduzione del processo di
civilizzazione nei confronti del bambino e degli altri popoli considerati non civilizzati o di altre culture. Il
bambino è una cultura altra che l’adulto deve civilizzare imponendogli le regole dell’obbedienza della
propria cultura. Nell’amore in famiglia poteva penetrare il seme dell’odio e l’odio venire dichiarato come
amore ancora più grande perché destinato a fare obbedire i figli per il loro bene. A fianco della famiglia si
sviluppa il sistema scolastico, si ha la percezione che l’educazione in sé sia un valore. Nella scuola maturerà
il senso dell’educazione come pratica didattica; l’università non deve solo insegnare, ma anche educare ed è
nell’università medioevale che l’insegnamento si trasforma in educazione e l’educazione equivale a
disciplina. Lo scopo principale dell’educazione non è l’insegnamento scolastico, ma l’educazione e la
formazione a 360 gradi. Dal 1762 a oggi l’educazione ha sempre di più una pretesa totalizzante. E ciò la dice
lunga su cosa emerge nella mente di un bambino quando famiglia e scuola si uniscono e si alleano per il bene
della sua educazione. La pretesa degli educatori è quella di fare una educazione anche fuori dalle scuole,
dentro le famiglie, colonizzando anche il tempo libero dei bambini.
Tra le tematiche analizzate consideriamo la sessualità, per disciplinare un bambino bisogna disciplinare la
spontanea sessualità; la guerra all’onanismo come distorsione della sessualità; la regolamentazione del
cibo, anche perché la tavola è quel luogo dove si riunisce la famiglia e in cui si manifestano più chiaramente
le gerarchie e la disciplina.
L’obbiettivo principale è l’OBBEDIENZA. Deve essere stroncata non solo a scuola, anche e soprattutto in
famiglia la disobbedienza che produce soltanto galeotti. Per riuscire a sopportare tutte le avversità della vita,
il bambino deve abituarsi sin da lattante a mangiare, a dormire, a fare i propri bisogni a comando e fa parte in
un certo modo dell’imparare a sopportare la durezza della vita.
4. Ontologia dell’indecifrabile
Questo libro squarcia il velo di una cosa indecifrabile che nessuno vede e che troppi, quasi tutti, fanno:
l’educazione (violenta) del bambino o della bambina in famiglia e nelle reti parentali e sociali. I bambini che
sono fisicamente incapaci di resistere all’aggressione erano e sono vittime di forze sulle quali non hanno
nessun controllo. I bambini devono sottomettersi completamente agli adulti abbandonando più velocemente
possibile “il paradiso dell’infanzia” per diventare adulti e meritare più rispetto. Per questo il vero rispetto del
bambino è ancora un obiettivo da raggiungere non solo in paesi di mondi e culture lontane, ma nel cuore
delle democrazie occidentali europee.
E continuerà inesorabilmente la catena invisibile del trauma transgenerazionale (TT) che porta chi picchia
a picchiare a sua volta e chi subisce un reato precoce o un abuso a compierne a sua volta. Questo circolo
vizioso di seduzione del potere e di violenza costrittiva sui bambini non può essere interrotto e diventa nel
tempo una addiction, una coazione a ripetere, come comperare un pacchetto di sigarette ecc …
Le punizioni e i maltrattamenti infantili all’interno della famiglia restano un tabù transgenerazionale: non se
ne deve parlare. L’indecifrabile deve rimanere indecifrabile. Contro la famiglia non si deve andare.
5. La mano intrusiva di Dio nei nervi e l’omicidio dell’anima
Il grande contributo di Schatzman alla problematica dei bambini vittime di traumatiche esperienze di
violenza e di abuso col pretesto dell’educazione, involontarie vittime di parenti o adulti dalla fantasia malata
che hanno condizionato la loro vita attraverso pratiche nocive, è un fatto decisivo per comprendere che cosa
sia la pedagogia nera e quali possano essere le sue gravi conseguenze per l’intera vita di chi subisce un simile
trattamento. Abbiamo la possibilità di riaprire il dossier Schreber per vedere in dettaglio che cosa succede
quando un genitore si sente la mano di Dio nella vita dei suoi figli e applica i suoi meccanismi condizionanti
all’educazione degli stessi con conseguenze nefaste autodistruttive perché i figli, o diventano anch’essi la
mano intrusiva di Dio oppure, da adulti, impazziscono. Per contrastare la crescita di un figlio polentone, o la
paura di un figlio criminale o malato si propone di salvare per tempo tutti i bambini immettendo nella loro
anima pensieri, sentimenti, azioni, ideali buoni, nobili, elevati, giusti e raffinati.
Spezzare la volontà del bambino per ottenere effetti di obbedienza e uccidere la sua anima con ogni mezzo,
anche illecito, pur di fare trionfare Dio in lui anche esponendolo a forme di seduzione fino all’abuso o alla
intrusività sessuale, pur di mantenerlo fedele all’ideale educativo del genitore onnipotente e al bisogno
spirituale assoluto di procedere con religiosa intima obbedienza sulla retta via segnata dalla famiglia. Il
paradiso è il vero traguardo di chi obbedisce e il luogo in cui ci si riunirà con chi si è amato, per sempre. La
santa messa e la liturgia funzionano come garanzia di tutto questo. Dopo l’abuso in nome di Dio il bambino
subisce la pressione di tutto l’ambiente e l’assalto alla verità impostogli dalla famiglia. “I genitori sono
coloro che devono insegnare Dio ai loro figli”; il bambino che non obbedisce è cattivo. I desideri legittimi
dei bambini possono essere esauditi solo se accompagnati da sottomissione o da ringraziamento a genitori.
Quando si parla di UCCISIONE DELL’ANIMA si fa riferimento al momento in cui i genitori toglieranno
tirannicamente la consapevolezza della loro esperienza vissuta, se ciò infastidisce l’ideazione e la
glorificazione programmata dell’adulto che lo educa in vece di Dio. La sopraffazione divina del bambino
serve per imporre un clima di dittatura famigliare in cui la pace diviene la guerra e la guerra la sola
condizione per la pace. Dopo essere stato maltrattato, il bambino che lamenta il trauma subito viene
perdonato. La richiesta di perdono dell’adulto al bambino serve eventualmente solo in senso strategico e per
reiterare in forma più grave l’abuso compiuto qualora il bambino si accontenti della richiesta di scuse
dell’adulto. Dopo che questo condizionamento si è verificato alcune volte, il bambino sente come un dovere
di avvicinarsi spontaneamente a chi lo ha offeso, punito, umiliato. Il sentimento di colpa che solo il bambino
deve intimamente veramente provare e mai l’adulto, conduce al benefit e al sovrappiù di offrire al bambino
la salutare impressione di essere ancora debitore di qualcosa, se non altro della vita stessa, a chi l’ha abusato,
maltrattato, punito. Il figlio cerca di nascondere che considera la persecuzione del genitore come cattiveria o
come pazzia e persecuzione e, col nascondere questo, nasconde tutto e inizia una finzione che durerà tutta la
vita.
La pedagogia nera è un ponte per qualunque indagine sull’origine psicologica del nazismo e sulla serie di atti
violenti e di conflitti apparentemente inspiegabili che in questo tempo di ora hanno preso il nome di
terrorismo.
6. Linee, Metodi e Conseguenze dei Meccanismi pedagogici neri
Le tre categorie basiche dell’educazione sono: obbiettivi, metodi e valutazione. Definiamo il termine
CONDIZIONAMENTO: una persona posta in una situazione o in un sistema a cui non può non obbedire o
che le conferisce un potere assoluto sopra un’altra persona, comandabile o punibile a suo piacimento, non
tanto o non solo con l’aggressività, ma in termini di modifiche del comportamento in presenza di ordini a cui
obbedire che sfociano in forme di distruttività, aggressività e rabbia.
La sottomissione ai genitori: il quarto comandamento
“Onora il padre e la madre”. La sottomissione del bambino è l’obbiettivo principale della pedagogia nera; i
bambini devono abituarsi sin dall’inizio alla sottomissione nei confronti degli adulti. A rendere possibile
l’attuazione della pedagogia nera non è soltanto una sottomissione completa del bambino ai genitori.
L’obbedienza totale a qualunque forma di autorità ne faccia le veci è la conseguenza del quarto
comandamento e il suo meccanismo principe.
L’educazione alle virtù borghesi
Il quarto comandamento si salda con l’educazione ai valori e alle virtù borghesi e, in molti casi, con
l’osservanza delle virtù cristiane, costituisce una componente rilevante degli obbiettivi educativi. Per morale,
per moralità, per etica si intende la totalità delle norme che sono state prodotte e modificate nel corso della
storia. Bisogna educare il bambino ad essere un buon cittadino, socialmente accettabile. I bambini devono
stare con i bambini. La socializzazione è un processo che dura per tutta la vita e l’educazione è la
socializzazione della socializzazione. L’uomo deve diventare un soggetto capace di agire socialmente. I
bambini devono imparare come funziona la cultura, l’ambiente e la società del proprio tempo, per potervisi
adeguare. Il proposito principale è sempre quello di rendere i bambini delle persone giuste e virtuose, e i
genitori devono pensare a questo proposito tutte le volte che vedono i propri figli. Da qui la necessità di
un’educazione tesa a spezzare la volontà del bambino e a fare di lui un suddito obbediente, esercitando tanto
in modo palese, quanto in modo occulto, il potere, la manipolazione e il ricatto.
Ordine
Il concetto include sia l’ordine esteriore di una persona che quello interiore. I genitori devono iniziare molto
presto con l’educazione all’ordine; in alcuni momenti possono scappare urla, grida, botte per riportare i
propri figli all’ordine. L’ordine comprende anche le virtù della puntualità e della pulizia.
Gratitudine incondizionata e soldi
L’adulto pretende dai bambini una riconoscenza incondizionata per tutte le sue azioni, in particolare per i
soldi spesi e per i provvedimenti alimentari, educativi o medici adottati. Tutti i sacrifici fatti per i figli sono
abitualmente ricordati e nei momenti di crisi rinfacciati. Dall’altro lato si prende riconoscenza anche per
l’educazione ricevuta. Ai bambini viene messo in testa indelebilmente che i loro genitori hanno corso un
brutto rischio e fatto enormi sacrifici per il loro bene e che tutto ciò che hanno è merito loro e per questo
motivo il figlio è in debito con loro per sempre.
Onestà
I bambini vanno educati ad essere persone migliori e l’onestà è una caratteristica tenuta molto in
considerazione nella società. L’onestà dei bambini agevola ai genitori l’attuazione dei loro metodi educativi.
Le bugie non sono ammesse e rovinano indelebilmente la reputazione dentro la casa.
Obbedienza
L’obbedienza è considerata una virtù borghese e va correlata all’obbiettivo della sottomissione del bambino
agli adulti. I bambini devono obbedire ad ogni comando, soddisfare qualunque desiderio dell’adulto,
eseguire gli ordini, per il loro bene. L’apprendimento dell’ubbidienza è molto rilevante per la famiglia e per
la società, poiché un bambino ubbidiente diventerà un cittadino obbediente al potere sovrano che è
rappresentato in famiglia dal genitore e nella società dello stato.
Diligenza e lavoro fatto bene
L’educazione alla diligenza è molto importante, in particolare nell’epoca dell’illuminismo. La diligenza si
accompagna con il culto del lavoro fatto bene.
Umiltà opposta a nobiltà
I bambini devono essere educati all’umiltà sin da piccoli; lo stile di vita umile avrebbe dovuto sottolineare
l’appartenenza alla borghesia e a prendere le distanze dalla nobiltà nullafacente.
Castità
Per molti il rapporto castità/sesso è l’argomento più segreto. L’obbiettivo era di educare i bambini
all’ignoranza, all’astinenza e al disinteresse sessuale. I bambini veniva educati al pudore assoluto.
L’educazione ha il compito di preservare il più possibile l’innocenza infantile impedendo ai bambini di
toccare i propri genitali e di praticare la masturbazione. Qualunque trasgressione grave del principio di
castità dentro la famiglia deve rimanere un segreto assoluto e inconfessabile. Il tabù del segreto sessuale non
rivelabile all’esterno compatta la famiglia al principio di obbedienza all’autorità.
Tu non devi accorgerti
I genitori attribuivano grande valore al fatto che i loro figli non si accorgessero di ciò che gli veniva fatto. Ci
sono precise cose che la mamma chiede al bambino di non dire al padre e che, viceversa il padre chiede al
bambino di non dire alla madre. Siccome i bambini dalla nascita amano immensamente i propri genitori, non
mettono in dubbio nessuna delle loro azioni. La colpa dell’abuso sessuale subìto è sempre dei bambini
perché si sono messi da soli in una data circostanza, oppure perché hanno istigato loro l’adulto. La colpa è
sempre e solo della vittima sottomessa o di chi cerca di proteggerla. I bambini difatti spesso non ricordano o
rimuovono parti della loro infanzia.
Negazione, idealizzazione, divieto di parlare
Con la sua educazione, l’educatore vorrebbe provocare la formazione del carattere in conformità con il
proprio carattere. Far fare al bambino quello che si vuole far fare a lui affinché il bambino voglia quello che
l’adulto vuole che voglia. Quando un bambino lamenta un abuso è importante far scattare un clima di
pressione psicologica e di forte negazione dell’accaduto per imporre nella mente del bambino il “non è
successo niente” del potere familiare. In questo modo la vittima viene indotta con la violenza psicologica alla
negazione o alla minimizzazione dell’accaduto anche nel profondo di se stessa.
Metodi
I metodi della pedagogia nera sono un mezzo per raggiungere le mete e gli obbiettivi appena descritti. I
metodi educativi sono delle procedure con cui le persone tentano di favorire in modo più o meno pianificato
l’apprendimento di altre persone. I bambini crescendo diventano più difficili da controllare e da plasmare.
“ Il fine giustifica i mezzi” è applicata ancora oggi da molti genitori che continuano a perseguire il bambino
il più possibile senza domandare mai quali conseguenze possano lasciare tali metodi sulla sua vita.
Violenza fisica: sculacciate, botte e schiaffoni
La percossa è un’azione energica che accompagna la parola e ne rafforza l’effetto. L’educazione alle virtù e
ai valori era, come già visto, una delle priorità più elevate nell’educazione di un bambino. Per raggiungere
questo scopo educativo, l’uso della violenza è legittimo. In primis la sculacciata, poi lo schiaffo e la sberla.
I genitori o gli educatori, punendo i bambini, adempiono a un ordine naturale e sono pertanto obbligati a
punire se vogliono svolgere bene la loro funzione. Il compito della violenza è dunque quello di favorire
l’educazione del bambino e renderlo un uomo per bene. Vengono date esclusivamente per il bene del
bambino. Veniva consigliato soprattutto di darle ai bambini più piccoli; l’uso della bacchetta è simbolo della
disciplina paterna. La violenza fisica non avviene soltanto come punizione ma anche come prevenzione.
Violenza psicologica: umiliare, spaventare, angosciare
Un ulteriore metodo della pedagogia nera, è quello di umiliare, spaventare e angosciare i bambini. Assistere
alle pene o alle esecuzioni capitali avrebbe dovuto fare una salutare impressione ai bambini e condurli verso
il mettere giudizio attraverso l’ubbidienza. La forte morale sessuale doveva fare del corpo umano un tabù. Il
corpo appartiene alla famiglia. I genitori si approfittano dell’ingenuità infantile per creare uno sfondo
terrorizzante o umiliante che consentisse loro di aver meno lavoro da fare in casa.
Mentire
Per impedire che i bambini dicano bugie agli adulti, vengono spesso raccontate loro delle menzogne. Mentire
al bambino non viene considerata una cosa sbagliata ma necessaria a una educazione autorevole e
all’ipocrisia che parte dal presupposto che i genitori sono già stati educati così e che in fin dei conti sono
diventate brave persone con una loro vita di potere. Il mentire è dunque utilizzato sistematicamente come un
mezzo per raggiungere lo scopo di educare i bambini all’onestà nei confronti dell’adulto sovrano.
Punizioni, incidenti, ricompense
La logica della punizione non prevede necessariamente la violenza. Un’altra forma di punizione è il
rimprovero continuo. Il trend di qualsiasi forma di punizione prevede tre dimensioni: umiliare, manipolare
e ammonire.
Rifiutare i bisogni fondamentali del bambino e temprare la sua vita
Temprare i bambini era visto come una componente importante dell’educazione volta ad abituare i bambini
alle condizioni umili e a prepararli alla vita e alle sue durezze; soffrire la fame, la sete, il caldo e il freddo
nonché fare le corvée del duro lavoro familiare tempra il bambino per gli obblighi della vita. L’attività fisica
serve per temprare il corpo e la mente.
Ritiro dell’effetto/ritorno dell’effetto
Il bambino è dipendente dai genitori anche a livello emotivo e quando il livello economico si somma a quello
emotivo, si consolida anche la dipendenza dei figli ai genitori e il senso di colpa cresce con l’aumento della
distanza o del conflitto.
Manipolazione
Agli occhi dei bambini, i genitori devono rimanere degli operatori di bene, anche quando si comportano
come mascalzoni; i bambini devono essere grati per tutte le punizioni ricevute, perché quello che i genitori
fanno lo fanno certamente per il loro bene.
Controllo, sorveglianza, potere paternalista
Per poter utilizzare il metodo della manipolazione, è necessario essere informati sempre di più sulle attività,
sulle preferenze, sui gusti, sui disgusti e sulle intenzioni del bambino o di chi possa intromettersi nella
relazione tra l’adulto e il bambino.
Conseguenze
Proprio l’educazione ricevuta può portare a una estrema dipendenza dalle droghe o all’inserimento della
propria vicenda umana in varie forme di attività distruttiva e autodistruttiva. Forse, veramente, la più grade
sfida per la pace e la sicurezza nel mondo è quella di arrivare al giorno in cui smettere di picchiare i bambini
e di urlare contro di loro
7. Il bambino maltrattato e la catena invisibile del male
Facendo riferimento ad Auschwitz, noi oggi abbiamo un’occasione per sapere di più di questa terrificante
diseducazione. Capire che basta poco a un bambino per prendere una cattiva strada e diventare anch’egli un
criminale. Proteggere il bambino e impedire che il danno si ripeta anche attraverso il suo silenzio o la sua
buina fede in questo caso complice, anche dopo molto tempo.
Domanda: Esiste un ponte tra il bambino maltrattato e Auschwitz?
Qualunque persona normale, anche un bambino, sotto la spinta di una civiltà violenta, può diventare uno dei
peggiori criminali della storia attraverso compiti e umiliazioni che distruggono la sua anima.
Le parole di Stanley Milgram hanno un valore paradigmatico:
Non c’è alcun bisogno di evocare Auschwitz con il suo male, basta andare in alcune case e in alcune famiglie
ricche e per bene del Nord Italia o anche del Sud, che restano nell’ombra inosservate, per vedere bambini
inclusi nell’ingranaggio di un’istituzione totale violenta. Un “Io” non demoralizzato cioè non rassegnato alla
menzogna e all’ipocrisia può diventare testimone e testimonianza di una vita migliore. Proprio la cecità
acquisita dal bambino maltrattato e disprezzato che deve ad ogni costo risparmiare i suoi genitori
idealizzandoli e aumentandone a dismisura la gloria, e che necessita perciò sempre di nuove vittime
innocenti su cui sfogare la propria rabbia e la violenza per il male ricevuto ingiustamente, è la cifra del male
che ogni generazione prepara per quella successiva. Alice Miller parla del “dramma del bambino dotato”
ossia il dramma del bambino obbediente.
La catena invisibile del male può essere spezzata. Il muro del silenzio, del tabù di non parlare di quel che
succede dentro la famiglia dovrà essere abbattuto. Bisogna avere il coraggio di dire la verità ai bambini. C’è
un ponte di male invisibile che collega la sculacciata e l’abuso infantile con Auschwitz.
AVVERTENZA PER IL LETTORE
La pedagogia nera è il tentativo tendenzioso di documentare le conseguenze e i fenomeno collaterali
derivanti dall’attenzione cui sono stati esposti i bambini a partire da XVIII secolo.
INTRODUZIONE
1. Esiste una storia dell’educazione?
Senza un concetto della cosa stessa è però impensabile una storia dell’educazione e l’interesse per essa
rimane privo di contenuto. L’educazione è una storia di lotte di classe.
Frobel dice che il GIOCO è il mezzo tipico e più importante per lo sviluppo delle energie spirituali, etiche e
corporee del bambino piccolo. Friedrich Frobel fu uno dei primi a richiedere una formazione pianificata
degli educatori per i bambini in età prescolare e vi si dedicò in prima persona con impegno esemplare.
L’istruzione universale rappresenta la forma adeguata per integrare gli individui di una società nella forma di
socializzazione tipica del capitalismo sviluppato. L’educazione viene definita come un singolare fenomeno
dell’età moderna.
2. Nella scienza dell’educazione di tipo “nuovo” la “vecchia” pedagogia perviene a se
stessa
Scientificizzare significa:


Distruzione dei processi di socializzazione naturali e tradizionali, dati per scontati e non pianificati
Professionalizzazione, ossia crescente specializzazione dell’attività educativa.
La professionalizzazione, che è iniziata con l’insegnante in quanto responsabile dell’insegnamento conduce:

Estensione degli ambiti per i quali l’educazione si sente responsabile e che per i bambini si trovano
prima, accanto e dopo l’insegnamento scolastico.
3. L’educazione nel “processo di civilizzazione”
È stato affermato che non esiste ancora una “storia dell’educazione”, perché :



in una storia pedagogica universale il concetto di educazione viene interpretato in modo troppo
ampio
nella storiografia materialistica l’educazione viene riferita in termini funzionalistici allo sviluppo
economico e alle lotte di classe, il che esclude un’autentica storia dell’educazione
la scienza dell’educazione oggi, non diversamente dalla pedagogia prescientifica del XVIII e XIX
secolo, soggiace alla stessa “coazione alla ragione” di matrice illuministica, sicché la distanza che
potrebbe consentire una riflessione critica su un’idea di educazione impostasi storicamente è quasi
impossibile da ottenere a causa della deformazione professionale dei suoi protagonisti.
La persona socialmente più potente è sottoposta a una minore coazione alla progressiva civilizzazione
rispetto a colui che lotta per la propria posizione.
Enorme fu la reputazione internazionale della scuola elementare tedesca o del Kindergarten proposto da
Frobel. Nel 1865 l’autore di una “Enciclopedia della pedagogia” scrive addirittura che “la formazione
continua dei pedagoghi spetta soprattutto ai tedeschi”. L’uomo educherà bene soltanto fino a quando
continuerà a formare se stesso, non appena si pietrifica l’energia per formare se stessi, l’attività educativa
diventa un’opera meramente esteriore, priva di vita. Qualunque individuo che non voglia educare riduce la
propria formazione a un’opera egoistica. I popoli avanzati hanno il dovere di occuparsi di quelli più rozzi, no
però in modo tale da asservirli. L’educatore stesso deve essere educato!
C’è la tendenza di dire ai bambini quello che devono fare e non devono fare o come devono o non devono
comportarsi. Qui sta la differenza. Questa differenza consente l’educazione.
Il processo di civilizzazione individuale, come quello sociale, si compie ancora oggi in gran parte
ciecamente.
4. La famiglia scopre il bambino, l’insegnante scopre l’educazione
Se Elias rende comprensibile la progressiva trasformazione della coazione esteriore, sociale, in
“autocoercizione” in quanto psicogenesi dell’habitus dell’adulto nel quadro del processo di civilizzazione,
Philippe Ariès integra questa indagine riflettendo sul processo, parimenti ambiguo, che ha permesso la
“scoperta dell’infanzia”.
Come apprendeva il bambino? Non diversamente dagli adulti, attraverso osservazione, imitazione e
partecipazione. Ariès esamina due istituzioni: la FAMIGLIA e il SISTEMA SCOLASTICO. Entrambe
emergono dalla “Socialità” in rovina del Medioevo e ne accelerano il tramonto.


Il Medioevo conosceva certo la famiglia, ma era privo di un “senso della famiglia”. Il senso della
famiglia si formò a partire dal XV scolo nelle benestanti famiglie aristocratiche e borghesi. La
socialità della società tradizionale è in contrasto con il senso della famiglia: l’importanza della
famiglia aumenta al calare della socialità.
L’insegnamento pubblico è il luogo nel quale viene scoperta la necessità dell’educazione
Se i movimenti religiosi di riforma del XVI e XVII secolo, centrati su un Dio personale e autoritario,
crearono le premesse psichiche individuali per la figura dell’educatore, questa spiegazione tuttavia non è
sufficiente per comprendere lo specifico sguardo dell’educatore sui suoi oggetti, cos’ diverso dalla visione
del bambino vigente nelle famiglie.
È stupefacente che l’atteggiamento educativo non si sia sviluppato funzionalmente secondo il compito
assegnato della trasmissione del sapere, ma sia piuttosto scaturito dal bisogno delle famiglie e degli
insegnanti di controllare la condotta di vita degli allievi al di fuori della lezione. Lo dimostra l’evoluzione del
collegio francese nel XIV e XV secolo.
All’origine del collegio vi sono due istituzioni: da un lato il ricovero per studenti o scolari poveri, che,
diretto da uno studente modello e progredito, costituiva una sorta di comunità residenziale; dall’altro gli
istituti fondati dagli ordini mendicanti per i propri affiliati nei pressi delle università. All’insegnante viene
inculcata la responsabilità morale nei confronti degli allievi, che egli deve non solo istruire, ma anche
educare. L’insegnante doveva presentarsi come capo, doveva cioè imporsi agli allievi come condiviso ideale
dell’Io. Il bambino innocente e debole è uno spazio vuoto, una tabula rasa, che ogni educatore si augura di
avere di fronte per potervi scrivere in maniera tanto più agevole.
Il semplice insegnamento non basta dunque per garantire la trasmissione del sapere. In questa insufficienza si
annida l’educazione, che alla fine soffoca l’insegnamento.
5. Un’educazione priva di esperienza
Per poter perfezionare la pedagogia bisogna fondarla sull’esperienza. Herbart rifiuta di porre l’esperienza a
fondamento dell’educazione. Anche in Herbart, le emozioni dell’educatore sono risposte giuste, che
sanzionano il comportamento del bambino. Nella pedagogia generale l’esperienza di Herbart circa il potere
seduttivo del bambino viene convertita nel suo contrario: le emozioni in quanto motore dell’educazione
vengono negate e svalutate.
La de-individualizzazione è dunque, già nell’insegnamento individuale, ossia l’esperienza alla quale può
essere ricondotta la pedagogia di Herbart, un meccanismo di salvaguardia e difesa dell’educatore, il quale
aspira ormai a lasciare l’insegnamento individuale e dedicarsi all’insegnamento massificato della scuola. La
pretesa di Herbart di educare mediante insegnamento significa che l’incontro dell’adulto con il bambino ha
luogo su un terreno apparentemente neutro ossia le materie d’insegnamento. La cosa più difficile spetta
comunque all’insegnante: trovare l’argomento assolutamente singolo, scomporre le proprie idee su
quell’argomento in fattori elementari. L’educazione può essere interpretata come una prosecuzione del
processo di civilizzazione. L’essere umano è destinato ad essere educato. Frobel sottolinea l’idea di come
il bambino non sia maschio né femmina ma soltanto bambino. Freud nel suo scritto “ disagio nella civiltà”,
da importanza all’istanza che scaturisce nella conversazione della violenza esterna in violenza interna,
censura e punisce non solo il comportamento effettivo, ma anche tutti i desideri che non riescono a
realizzarsi. Freud chiama disagio la conseguenza psichica derivante dalla limitazione della felicità, ossia una
indeterminata sensazione d’infelicità e angoscia, che può aumentare fino ad assumere le sembianze di
fantasie distruttive e regressive o di ostilità nei confronti della civiltà. L’educatore riesce a dislocare la lotta
tra super io e io all’esterno, nella relazione con il bambino, sperimentandovi quelle angosce che sorgono alla
base della socializzazione individuale e che egli stesso è riuscito a controllare in modo particolarmente
mediocre.
INIZIAZIONE PEDAGOGICA
Il rito di iniziazione ha la funzione di consolidare nella psiche un fattore positivo di civilizzazione: il tabù
dell’incesto e il tabù dell’omicidio. Esemplare è il mito biblico di Abramo che sacrifica il suo unico figlio.
1. Friedrich Eberhard von Rochow, Invito alla sottomissione (1772)
C’era una volta in un villaggio un ragazzo che non voleva studiare, perché non aveva interesse per nulla.
Nemmeno a scuola andava volentieri. Non aveva rispetto e non prestava attenzione alle spiegazioni del
maestro. All’inizio il maestro lo ammoniva con grande bontà ma ben presto inizia per punirlo con castighi. Il
bambino in seguito ebbe problemi anche a livello lavorativo, si rivolse contro il padrone e lo uccise. Il
ragazzino venne messo in carcere dalle autorità e fu presto massacrato.
Cari bambini, se in gioventù questa persona non avesse dato tanti dispiaceri ai genitori e gli insegnanti,
costoro non avrebbero sospirato nei suoi confronti e non lo avrebbero maledetto.
Promettete quindi tutti insieme con un “Si” che a scuola vorrete comportarvi come bambini attenti e
desiderosi di imparare.
2. Christian Felix Weisse, Il valore educativo di un’esecuzione capitale (1791)
Un maschio non deve essere rammollito. Qualunque posizione egli voglia occupare nella vita, corre
comunque il rischio non solo di vedere scene sanguinose, ma di parteciparvi come persona coinvolta. Se
nell’infanzia ci si abitua a vedere un essere dilaniato e si fa violenza al proprio cuore per assistere con una
certa fermezza a un simile spettacolo, sicuramente più avanti nella vita ci si potrà risparmiare qualche
tormento. Tocca a noi quindi evitare tutto ciò che possa turbare la nostra quiete e il nostro piacere. Una
educazione attraverso la quale imparare precocemente a distinguere il bene e il male e a conoscere le leggi
divine e umane, con incoraggiamenti e premi, ammonimenti e dottrina; e dall’altro lato, essere distanti non
solo dalla povertà estrema, ma anche dall’opulenza; ricevere un insegnamento ampio e dettagliato, nonché
cortesia e benevolenza da parte di tutti coloro che vi circondano!
3. Johann Gottlieb Schummel, La gratitudine (1776)
Poesia dedicata alla mamma, alla madre che ti mette al mondo e alla quale dobbiamo tutto. La nostra vita
deve essere un continuo ringraziamento a lei e tutto quello che ha fatto e fa per noi.
4. Johann Friedrich Herbart, Due preghiere per bambini (1796)
Vorrei diventare giusto e buono, giudizioso e capace. Vorrei riempire di gioia i miei buoni genitori, ai quali
devo tutto. Il bambino ringrazia i propri genitori per tutto ciò che gli hanno dato e che gli danno, un letto
dove dormire, da mangiare e da bere. Il bambino vuole essere un vanto per loro, vuole che loro siano fieri di
lui!
5. Friedrich Eberhard von Rochow, Conseguenze mortali della disobbedienza (1772)
Cari bambini, se siete diligenti a scuola è come se seminaste in voi stessi buona semente o buon grano.
Quando diverrete più grandi e più vecchi, allora raccoglierete i bei frutti di questa semina. Diventerete cioè
intelligenti e giudiziosi. Il bambino voleva l’effetto, perché avrebbe voluto guarire; ma rifiutava la causa,
ossia prendere la medicina al momento giusto, e per questa stolta e folle ostinazione finì per morire.
6. Gustav Frolich, Spiegazione della poesia: “Come mi sono svegliato allegro” (1899)
Ai bambini bisogna spiegare anche le preghiere affinché non le recitino distrattamente e senza sentimento. I
bambini recitano una preghiera la mattina e una la sera prima di dormire; i bambini dormono inquieti solo se
si è malati, quando si sogna profondamente, quando vengono i ladri e vogliono derubarci. Il buon Dio
protegge tutti noi durante il sonno; se di prima mattina ci si sveglia bravi e devoti il merito e di Dio e Dio va
ringraziato con la preghiera. L’idea di fondo della preghiera implica dunque un ringraziamento e una
richiesta. Una educazione nel timore di Dio a proteggere e a curare nel caso la corruzione si fosse già
insinuata.
7. Christian Heinrich Wolke, Utilità della lezione anatomica (1805)
È molto importante che il bambino conosca il corpo umano se possibile dissezionando un cadavere. Questa
conoscenza avrà un beneficio influsso sulla cura della loro salute, sul loro intelletto e sui loro sentimenti.
AMORE PAZZESCO
Con la formula “amore pazzesco”, l’educatore finisce per parlare della problematica segnalata da Freud,
risolvendola però a vantaggio della civiltà e a sfavore della felicità dei bambini. Il concetto di “amore cieco”
nasce da un’interpretazione arbitraria di due testi di Plinio e Brehm. È soprattutto l’educatore, protagonista
della civiltà del Super-Io, a cedere vittima di quella stessa civiltà.
1. “Viziare, coccolare, diseducare: una triade problematica” (Manuale, 1887)
Il vero amore deriva dal cuore di Dio. Fin dall’inizio perciò questo amore si preoccupa che il bambino impari
a rinunciare, a superare e a dominare sé stesso, a non seguire ciecamente gli istinti della carne e dei sensi, ma
la volontà e l’istinto superiori dello spirito. Nonostante tutta la fermezza, il vero amore è libero e sa sempre
che cosa sta facendo e perché.
La diseducazione ha luogo perché si vizia e si coccola:


VIZIARE: Si tratta di una educazione sbagliata, un’abitudine scorretta
COCCOLARE: Il coccolare è l’eccesso di affettuosità. Trattare delicatamente e coccolare sono cose
diverse; coccolare è un trattare teneramente nel luogo sbagliato, nel momento sbagliato, nel modo
sbagliato. Viziare attraverso le coccole è un comportamento che sgorga già con il latte materno.
L’amore affettuoso può viziare il bambino anche attraverso l’esagerata premura rispetto al caldo e al freddo.
Si può annoverare tra i vantaggi della povertà il fatto che i bambini poveri siano meno esposti ai pericoli
derivanti dall’essere coccolati e protetti con apprensione, dal gelo e dalla calura rispetto ai bambini di
famiglie benestanti e ricche. Un modo particolare di viziare può essere indotto dall’eccesso di strumenti di
istruzione e svago, che i ricchi mettono a disposizione dei loro figli.
Le energie spirituali intrattengono un intimo legame con le energie della coscienza morale. Il bambino viene
viziato quando non si prende sul serio l’adempimento dei suoi doveri infantili, per esempio non pretendendo
da lui obbedienza incondizionata e tempestiva; quando si negozia con lui, anziché esigere fede e fiducia. È
importante sottolineare come possa essere anche l’insegnante però a viziare gli allievi affidatagli; per alcuni
nuovi insegnanti una classe diseducata è un’eredità davvero gravosa.
“Le buone madri allevano figli miserabili”, dice il proverbio popolare. Viziando attraverso le coccole si
crede di far felici i figli e non di rado si crescono persone profondamente infelici.
2. Carl Friedrich Pockerls, Donare il giusto, lodare il giusto (1811)
Per spronare i bambini all’azione sono necessari i DONI e la LODE. I bambini sono egoisti per natura. Non
possono essere diversamente e con grande facilità prendono le cortesie dei loro educatori e ne fanno un
diritto, che non può essere loro negato. Il bambino mai dovrebbe essere premiato per l’obbligo e il dovere,
ma soltanto per i suoi sforzi straordinari, per la qualità del suo impegno.
Non fare doni ai bambini, nemmeno quando sarebbero meritati, che possano eccitare la loro passionalità,
blandire i loro capricci, la loro caparbietà, o renderli schiavi della loro boria e in generale produrre
presunzione. Credendo di far loro del bene, non si fa che corromperli moralmente. A maggior ragione
bisogna evitare di fare ai bambini regali che stimolino la loro ambizione e la loro vanità, e lusinghino il loro
amor proprio. Alla fine, i bambini viziati dalle lodi fanno il loro dovere soltanto per riceverne e quando non
lo ottengono trascurano i loro obblighi.
Nell’educazione è inevitabile e assai antipatica la circostanza per cui i bambini capaci di esprimersi con una
certa grazia o che mostrano precocemente di avere un intelletto sveglio vengano spesso lodati da persone
estranee, laddove i genitori e gli educatori non avvertano alcuna necessità di adottare un tono del genere. Il
bambino finisce per credere, dinnanzi a questa lode estranea, che i genitori ignorino i suoi tratti positivi.
Ogni volta sembra che una lode del genere arrivi nel momento sbagliato. Ma ancora più incomprensibile è
vedere gli estranei intromettersi tra genitori e figli.
3. Johann Bernhard Basedow, Una buona regola nel parlare (1783)
È piacevole giocare con i neonati. In sintesi, ogni gioco, ogni scherzo con i neonati, o con bambini di poco
più grandi, deve essere finalizzato alla conoscenza degli oggetti e dei loro nomi, e preceduto da esercizi
preliminari con l’apparato fonatorio e altre parti del corpo.
4. Johann Christian August Grohmann, “Sul tono imperativo dell’educazione” (1812)
E a cos’altro mai bisogna abituare il bambino, il prima possibile e il più possibile, se non ad ascoltare il
dovere! C’è un tono dell’educazione che rammollisce e indebolisce le energie dell’anima: il tono
supplichevole, riconoscente, riguardoso.
5. “Amore pazzesco” (Manuale, 1874)
“Amore pazzesco” è, alla lettera, il tipo di amore mostrato dalle scimmie nei confronti dei propri cuccioli e
dei piccoli loro affidati. Per via del loro immenso amore, le femmine stringono a sé i piccoli così forte da
farli morire. Quando gli esseri umani mostrano un analogo grado di amore naturale, spesso irrazionale, nei
confronti dei propri figli, si parla anche in questo caso di amore pazzesco. Davanti agli sbagli dei figli si
chiudono gli occhi, anziché ratificarli; la bugia e l’inganno vengono chiamati astuzia, mentre orgoglio e
superbia sono visti come consapevolezza di sé; chiacchiere saccenti sono considerate idee geniali e altre cose
simili. Gli individui viziati finiscono solitamente vittime delle loro brame e passioni.
6. Peter Villaume, La sofferenza come educazione naturale (1785)
Le brame e i desideri dei bambini, così come le loro passioni, sono fenomeni tanto violenti e fragorosi,
quanto effimeri. Non sono così forti né così permanenti come negli adulti. I dolori dei bambini sono
insignificanti al pari delle forze nelle persone sofferenti.
Perché infatti un bambino deve soffrire così tanto al suo ingresso nel mondo e durante i suoi primi anni di
vita?
Queste sofferenze siano determinanti dall’evoluzione dell’uomo e forse del sentimento morale, e che esse
costituiscano la prima educazione naturale dell’uomo. Per le sofferenze non si può fare niente, quanto meno
nell’immediato; ogni carezza, ogni sforzo profuso, ogni domanda posta per capire cos’ha il bambino, ogni
canzone ecc… è inutile e non cancella certo il dolore. La commiserazione, l’apprensione indebolisce. Un
bambino che è stato corrotto in questa maniera non riuscirà a sopportare niente, né da bambino né da adulto,
poiché quando il senso della sofferenza è stato eliminato, quando il coraggio è stato fiaccato, a quel punto
nessun accorgimento serve più per generare un coraggio nuovo, imposto.
Non voglio dire che non si debba soccorrere il bambino sofferente, ma che bisogna negare l’aiuto quando
potrebbe essere non necessario, superfluo o inefficiente. Mettiamo che un bambino abbia preso una leggera
botta: che cosa posso fare? Niente, perché la sofferenza è così tenue che può sopportarla.
7. Hermann F.Kahle, Le punizioni sono naturali, le ricompense artificiali (1890)
Veniamo all’opposto delle punizioni ossia le RICOMPENSE. I figli devono crescere con l’idea che il bene
ha il proprio valore in se stesso e nel gradimento di Dio.
8. Joachim Heinrich Campe, Un esempio di amore materno sbagliato (1778)
Se all’interno di una famiglia il bambino fa i capricci, è importante che entrambe i genitori cerchino di avere
lo stesso comportamento nei suoi confronti, senza che uno prevalga sull’altro. Se il bambino lamenta di
avere dolori fisici e il padre non gli dà attenzioni, è normale vada a cercarle dalla madre; quest’ultima però
deve assumere un atteggiamento che non vada del tutto ad opporsi alla risposta del padre. Se no il bambino
crede di aver subito un torto da parte del padre, ritenendo dunque il padre un tiranno e la madre il suo angelo
custode.
9. Daniel Gottlob Moritz Schreber, La negativa costrizione a essere morali dal 2° al 7°
anno di vita (1858)
Il bambino si abitua a volere e a fare il bene soltanto per via delle stimolazioni esterne. L’unica ricompensa
delle buone intenzioni e azioni del bambino che sia conforme agli obbiettivi educativi è una parola di
approvazione, un elevato grado di contentezza e gentilezza dei genitori, talvolta anche giocare e scherzare
insieme affettuosamente. Bisogna essere cauti perfino con l’elogio e non dispensarne troppo.
Spetta unicamente all’educatore provocare nel bambino repulsione per gli istinti immortali, che all’inizio, in
virtù della sua naturalezza ancora grezza, sono sempre prevalenti, allo scopo di consentire al bambino stesso
di innalzarsi sempre più, nei periodi successivi, fino alla piena libertà morale.
10. Adolf Matthias, Degenerazioni dell’amore genitoriale (1902)
Non siamo in presenza di un amore cieco quando, già nella culla, il bambino viene coccolato e viziato in
ogni modo?
Se il ragazzo è tonto, sprovveduto, pigro, se riceve un brutto voto, l’amore cieco trova sempre ogni specie di
attenuanti giustificatorie. Ma l’amore cieco inizia a lamentarsi che il caro ragazzo non ha imparato quelle
cose a casa, che le ha sicuramente apprese dai compagni di scuola e che l’insegnante non fa a sufficienza il
proprio dovere e non tutela i bambini incorrotti da simili influssi corruttori. L’amore cieco non riesce a
essere duro, a rifiutare, a dire di no per il vero bene del bambino, ma dice solo sì a suo detrimento. Si fa
dominare dalla bontà cieca come fosse un istinto naturale; permette quando dovrebbe vietare, è indulgente
quando dovrebbe punire, lascia correre quando dovrebbe mettere un limite.
ALCUNE FANTASIE SULL’EDUCAZIONE E LA PROFESSIONE DI
EDUCATORE
La somiglianza dell’educatore a Dio si attenua sul fine del XIX secolo, quando si esorta a prendere a
modello Gesù.
1. Johann Balthasar Schupp, Nel giro di vent’anni un mondo nuovo grazie
all’educazione (1667)
I mezzi da utilizzare per abolire un abuso devono essere tali da poter essere facilmente impiegati, da poter
essere utilizzati anche rapidamente, in privato e senza tumulto, e gli individui da riformare devono accettarli
liberamente e senza costrizione.
2. Immanuel Kant, Attraverso l’educazione la natura fa un passo avanti verso la
perfezione (1803)
L’essere umano può diventare tale soltanto attraverso l’educazione. Egli è ciò che l’educazione fa di lui.
Bisogna considerare che l’essere umano viene educato soltanto da altri esseri umani, i quali sono stati a loro
volta educati. Forse l’educazione migliorerà sempre più e ogni nuova generazione compirà un ulteriore passo
avanti verso il perfezionamento dell’umanità: dietro l’educazione, infatti, si cela il grande mistero della
perfezione della natura umana. La prospettiva davanti a noi è quella di un essere umano che in un futuro
potrà essere più felice. Con l’educazione attuale l’essere umano non raggiunge pienamente lo scopo
dell’esistenza.
3. Johann Berhard Basedow e Joachim Heinrich Campe: “Il vero obbiettivo di un
Filantropino” (1777)
Il miglioramento dell’umanità deve prendere avvio dagli adulti, ma dai giovani. Per prima cosa, i bambini
devono tornare a essere bambini, perché gli uomini tornino a essere umani. Ora però fateci dire tutto quel che
pretenderemmo dalle scuole materne, dalle quali dovrebbero scaturire i migliori metodi educativi e didattici,
per poi propagarsi in un intero Paese, in vari Paesi, in tutta Europa; e poi fateci applicare questi metodi a
tutte le altre scuole, al fine di constatare se una sola di queste è in grado di guadagnarsi la stessa reputazione
della scuola materna.
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Questi presidi non dovrebbero dipendere da alcun potere legislativo
Il numero di questi docenti dovrebbe quasi eguagliare, all’inizio, quello degli allievi, affinché
ciascun docente sia occupato solo quel tanto che basta e possa impiegare la gran parte del tempo nel
perfezionamento di se stesso attraverso la lettura, la ricerca, gli esperimenti, le osservazioni e
attraverso le riflessioni e le discussioni su ciò che ha osservato
Realizzazione di una biblioteca scolastica
Introduzioni di buone innovazioni
Per poter realizzare tutto questo è necessario un capitale sufficiente
4. Berhard Heinrich Blasche, L’educatore è un organo della divinità (1828)
La storia di un individuo come quella di un popolo è l’illustrazione della sua educazione, ossia della sua
istruzione in divenire ovvero del corso del suo sviluppo. Chi nella storia vede soltanto gli accadimenti, senza
riferimenti al carattere e alla formazione di un popolo o di un individuo, ne coglie soltanto la superficie. Lo
spirito di Dio, che si rivela nella storia, è uno spirito educativo. Lo spirito della storia è sacro, rivolto
all’educazione universale. In esso vi è la luce sovrana dalla quale provengono e dipendono tutti i gradi e i
livelli dell’istruzione. Lo spirito della stori è come una luce per lo spirito dell’individuo; si tratta di
provvidenza naturale, di un principio divino nella natura, che tutto educa (stimola, sviluppa, regge).
5. L’esperienza e la storia dimostrano che l’educazione è necessaria (Manuale, 1872)
Si deve e si può sostenere che la natura e la vita aiutino a educare e che influenzino l’essere umano
ininterrottamente. Il suo educatore è stato Dio, che ha operato in termini educativi già in quanto creatore,
conferendo generosamente agli esseri umani non solo un’ottima costituzione e l’istinto a svilupparsi, ma
altresì predisponendo il mondo fisico in maniera tale da agevolare questo sviluppo. Al contempo Dio ha
portato il seme spirituale dell’istruzione a raggiungere un vero sviluppo e una crescita in costante progresso.
Grazie all’insegnamento, l’individuo deve imparare a rapportare quanto v’è di educativo nella natura e nella
vita allo scopo ultimo e supremo della propria esistenza. Dio educa la volontà dell’essere umano in vista
della libertà, poiché si aspetta da lui il dominio dei desideri peccaminosi; ridesta nell’animo l’amor proprio,
chiamando l’essere umano sua immagine somigliante e conferendogli il dominio sulla Terra. Dopo che Dio
ha educato una famiglia a lui gradita, la sua attività pedagogica si rivolge a un nuovo compito: fare di questa
famiglia un popolo, per poi trasformarlo, in epoca cristiana, in una famiglia universale ovvero in una
famiglia di popoli, affinché si raccolga sotto di lui, unico Pastore, un solo gregge.
La volontà di Dio prevede che l’essere umano domini la Terra, in altri termini, che con la forza dello spirito
la renda utile allo scopo della sua esistenza. La natura può certamente insegnare e istruire, ma può educare ne
vero senso della parola soltanto in qualità di vassallo dello spirito cristiano.
6. Johann Heinrich Pestalozzi, La notte della chiamata (1819/1820)
Un sogno ad occhi aperti. Il protagonista di questo brano è determinato, vuole realizzare il suo sogno ossia
diventare un’insegnante. Si ripete “devo farcela, posso farcela”. Credeva in se stesso e all’aiuto di colui che
aveva posto questa decisione nella sua anima.
7. Heinrich Grafe e Johann Christoph Gottlob Schumann, L’educatore come seguace
di Gesù (1878)
I modelli offerti dagli eccellenti educatori costituiscono la migliore scuola di formazione per l’educatore.
Soltanto osservando e studiando questi modelli la teoria educativa può diventare un oggetto posseduto
intimamente dallo spirito. L’educatore cercherà sempre invano tra gli individui normali un modello perfetto.
Gesù cercò di ammaestrare gli ignoranti e di educare, in vista del regno dei cieli, anzitutto i suoi discepoli e
poi l’intera umanità. Il suo medo di insegnare era adatto a persuadere la ragione e a conquistare il cuore.
Gesù si servì di esempi ossia di immagini ma soprattutto di PARABOLE.
Solo chi vi anela incessantemente, chi, come lui, educa i giovani nel suo spirito, chi come lui rimprovera in
modo instancabilmente mansueto, solo costui merita il nome di educatore nel senso più compiuto del
termine.
8. “Le gioie del ceto docente” (Manuale, 1851)
Per natura l’essere umano è nulla; ma grazie alle circostanze, alle condizioni e ai legami in cui si trova a
vivere può diventare qualsiasi cosa. L’individuo somiglia a un germoglio delicato, che può svilupparsi
diventando un albero fertile o sterile, frondoso o privo di rami e foglie, nutriente o velenoso. Chi sviluppa
questo germoglio indeterminante? L’educazione. Che cos’è l’uomo senza educazione, senza insegnamento?
Si estinguerà il lume della scienza, perché non ci sarà più nessuno a tenerlo accesso, nessuno ad averne
bisogno. Ma viva l’educatore, viva l’insegnante che avverte il proprio valore; viva lui, quando capisce di
essere un elemento necessario nella catena della società umana, quando possiede il nobile orgoglio che ogni
uomo deve possedere, a prescindere dal nome che porta, giacché è l’uomo che deve essere; l’orgoglio di non
disprezzare nessun ceto, di non guardare nessuno con disdegno o compassione, di non definire nessuno
inutile.
9. Berhard Heinrich Blasche, Perché solitamente l’educatore è un uomo e non una
donna (1828)
L’educazione è finalizzata a generare cultura dove essa ancora non c’è; è il mezzo per riprodurre la cultura
umana. Ma per ogni riproduzione, spirituale o fisica che sia, è necessaria un’azione fecondativa e questa
azione si chiama PROCREAZIONE. L’educazione è una procreazione spirituale per la riproduzione della
cultura umana. L’educazione è una trasmissione di cultura da persone istruite a persone ancora non istruite.
L’educazione immette qualcosa, ma questa immissione significa: stimolare la predisposizione (il germoglio)
allo sviluppo autonomo. Mediante la procreazione fisica viene riprodotto non solo ogni organismo materiale,
ma anche l’essere umano, ossia il corpo umano con la predisposizione alla formazione dello spirito.
Mediante la procreazione spirituale, lo spirito istruito viene riprodotto, la cultura dell’umanità propagata e la
specie conservata in una condizione istruita. L’individuo istruito sta a quello non istruito (al bambino) come
l’uomo alla donna. Grazie all’influsso dell’educazione il germoglio dell’individuo spirituale, in grado di
ricevere una cultura, viene animato, stimolato, attivato, affinché, tramite una stimolazione continua, possa
svilupparsi grazie alle proprie forze e crescere guidato dal suo educatore.
L’istruzione è la luce dell’umanità, la virilità razionalmente istruita è lo scopo supremo della natura, il
destino ultimo dell’umanità. L’educatore è dunque solitamente maschio, mentre la femmina è nutrice,
tutrice; l’umo infatti e rappresentante dello spirito (creativo), mentre la donna rappresentante della natura
(passiva). L’educatore (istruito) è il sole per lo spirito dei giovani, l’insegnamento (ma anche l’esempio) è la
luce che da esso promana.
10. L’abnegazione, virtù dell’educatore (Manuale, 1874)
L’educatore ha sempre a che fare con minorenni, verso i quali deve abbassarsi; con soggetti deboli, ai quali
deve accostarsi in modo soccorrevole ma con infinita indulgenza e pazienza; con ragazzi fragili, che deve
sostenere prodigandosi; e magari anche con bambini cattivi, da curare con l’impiego di tutte le sue energie.
Nessun individuo è incline all’abnegazione. Un mezzo per formare la virtù dell’abnegazione è la
regolamentazione degli istituti e delle inclinazioni secondo i principi di una visione del mondo superiore, in
accordo con le sublimi dottrine del cristianesimo. Il modello più nobile di un educatore è offerto dalla
biografia di Gesù Cristo.
11. Joachim Heinrich Campe, Indispensabile arbitrio del padre terreno in quanto
rappresentante del padre celeste (1779)
Bambini, ciò che oggi avete sperimentato ricorrerà ancora e molto spesso nella vostra vita futura. Aspetterete
ora questa ora quella felicità terrena; la vostra speranza sembrerà molto ben fondata e il desiderio si farà
quindi insolitamente ardente. Ma nel momento in cui penserete di afferrare quella presunta felicità, spesso la
saggia provvidenza divina tirerà d’un tratto una riga sui vostri bei calcoli e vi ritroverete miserevolmente
defraudati della vostra speranza. Nessuno infatti è invecchiato sulla terra potendo affermare che tutte le cose
sono andate esattamente come se le era aspettate.
12. Hermann F. Kahle, Che cosa sogna un insegnante? (1890)
Oggi tutti gli occhi sono puntati sull’insegnante. I bambini “sono presenti”, tutte le loro energie spirituali
sono rivolte all’argomento trattato, sono attenti, nessuno di loro è distratto. Ognuno è concentrato su ste
stesso. Vuole riprodurre autonomamente quel che ha compreso da solo. L’insegnante ha saputo stimolare
l’interesse e l’autonomia degli allievi. La conoscenza della materia d’insegnamento è ottenuta perché
l’insegnante sa stimolare e mantenere l’interesse e l’autonomia degli allievi.
13. “Scuola e vita” (Manuale, 1899)
Quali e quanti compiti deve considerare e svolgere la scuola che intende fungere da modello di vita?
Alla scuola intesa come modello di vita bisogna porre i seguenti compiti:
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Deve formare i suoi allievi conferendo loro caratteri moralmente maturi e affidabili
Farli diventare uomini devoti e compassionevoli, nei quali i giudizi morali corretti risultino
accentuati dalla saldezza caratteriale che si esprime nella moralità del comportamento nei confronti
delle diverse collettività come la famiglia, la comunità locale, lo Stato e il popolo, e la devozione si
riveli nell’atteggiamento interiore complessivo
Deve fornire un sapere che non sia solo conforme alla vita pratica e ai suoi molteplici compiti, ma
che nobiliti e affranchi anche l’individuo interiore, e lo conduca inoltre a svilupparsi pensieri e
giudizi autonomi
Deve guidare alla comprensione del bello, a gioirne, a produrlo e ad averne cura, affinché venga
ingentilita la natura sensibile e stimolata l’idealità
La scuola deve inoltre promuovere in ogni modo la salute e il rendimento del corpo, rendendo così la
vita fisica uno strumento totalmente al servizio della vita psichica
La scuola deve formare i giovani che le vengono affidati trasformandoli in esponenti di una generazione in
perfezionamento continuo e su vari versanti. Il comune desiderio dei padri, anche di quelli non istruiti, che ai
propri figli spetta qualcosa di meglio e di più elevato di quanto non sia toccato a loro stessi.
Viene definita la vita nemica della scuola. Definire la vita in generale come scuola non ha quasi bisogno di
giustificazione, poiché e proprio alla vita multiforme, che si manifesta con innumerevoli fenomeni, che
spetta un effetto pedagogico incessante, più o meno radicale a seconda delle individualità e delle circostanze.
Mentre a scuola i giovani vengono obbligati a rispettare la semplicità, la sobrietà, la moderazione e
l’autocontrollo, nella vita pubblica e domestica si fa largo il lusso smodato e una ricerca del piacere quasi
inappagabile. La vita come ammonitrice della scuola.
14. Johann Bernhard Basedow, La conseguenza dell’educazione è la dittatura
dell’educazione (1773)
La virtù pubblica dipende dalla più normale educazione di tutti e dall’istruzione di coloro che
determineranno. L’essenza delle scuole e degli studi è uno degli strumenti più utili e sicuri per rendere o
mantenere felice l’intero Stato secondo la sua peculiare conformazione. Questo auspicabile concilio per
l’educazione morale dovrebbe dunque occuparsi della moralità della nazione e in questo ambito suggerire le
necessarie riforme delle leggi. Ma possiamo forse escludere in maniera assoluta che, nonostante una
popolazione e un’industria in crescita, diminuisca la qualità complessiva di felicità umana, la quale mi
sembra essere lo scopo ultimo di un governo saggio?
Sarebbe importante che la polizia morale escogitasse dappertutto degli antidoti contro la miseria e la pigrizia.
Nelle case di assistenza ai poveri, per alleviare il compito di questi istituti, si lavora quanto basta a non far
accumulare la miseria? Gli orfanotrofi sono utili?
Adesso ci sono sole le Chiese a preoccuparsi dell’insegnamento morale, specie della gioventù delle grandi
masse.
LA PRODUZIONE PEDAGOGICA DEL BAMBINO
L’educazione va anche interpretata come un processo nel quale vengono definite l’infanzia e l’adolescenza.
A tal fine l’educatore non prende le mosse dall’esperienza. È soprattutto la scuola a dover definire il
bambino come ignorante.
1. Johann Michael Sailer, La puerilità gradevole (1809)
Per puerilità gradevole intendo:
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Il vivace sentimento di fiducia e fedeltà, di affetto e di gratitudine
La limpida, trasparente sincerità, freschezza, cordialità
L’obbedienza spontanea e la volontaria dipendenza
Non appena infatti un ragazzo si mostra diffidente, cerebrale, poco propenso a dare, grezzo nel prendere,
chiuso, capriccioso, indipendente, autonomo: da quel momento porta l’inferno nel mondo infantile; dunque
quest’inferno deve essere innato, deve averlo già dentro di sé.
2. Hermann F. Kahle, Tirar fuori e tirar su il bambino (1890)
Educare significa, secondo l’etimologia della parola, “tirar fuori” e “tirar su”. Presuppone dunque una
condizione dalla quale qualcuno debba essere tirato fuori e un obbiettivo in vista del quale debba essere tirato
su. Definiamo scopo dell’educazione, il pervenire a Cristo, la comunione con Cristo e, a differenza dei
cattolici, la libera comunione con lui. Il completo raggiungimento di questo scopo dura per l’eternità.
3. J.H. Pestalozzi, Chi sta ancora imparando non può giudicare (1801)
Penso che il periodo dell’apprendimento non sia il momento per giudicare; il momento per giudicare si
accompagna alla maturazione delle motivazioni in virtù.
4. Johann Michael Sailer, Il bambino è come una pianta (1809)
Il bambino (una pianta umana) deve diventare un essere umano e lo diventerà grazie alla mano che lo guida,
che possiamo chiamare educazione: questo è il compito.
5. Friedrich Philipp Wilmsen, Il voto degli scolari (1888)
Deve gratitudine e obbedienza al mio insegnante. Il bravo scolaro è colui che è attento. Un bravo scolaro
viene volentieri a scuola.
6. Joachim Heinrich Campe, “Indispensabile ricordare che i bambini sono bambini e
vanno trattati in quanto tali” (1778)
Io amo i bambini solo in quanto bambini. Se non sono tali, il mio amore si converte in compassione; allora
vedo per loro un triste avvenire e finisco per indignarmi nei confronti di genitori e insegnanti, che riservano
loro questo triste avvenire. Trovo gran copia di giovanotti e signorine in abiti da bambini e con una mente
puerile! Bambini infelici, che non sono mai stati davvero bambini, che non sono mai stati trattati fino in
fondo come bambini, che comandano e hanno imparato a comandare imperiosamente prima di saper
obbedire!
Si sbaglia, perché da un lato si concede troppo ai bambini, e questo avviene in vario modo. Un rispetto che
contrasta eccessivamente con la loro tenera età. Si permette ai bambini di abbandonare troppo
prematuramente i segni esteriori dell’infanzia, vestendoli, pettinandoli e lustrandoli da adulti alla moda,
facendoli sedere a tavola e in società insieme ai grandi e consentendo loro di discutere e giudicare ogni cosa.
I bambini diventano sicuri si sé, li si copre di coccole, si chiede loro di esibire le loro piccole abilità; li si
elogia e ammira. L’errore più grosso è rendere i bambini signori e padroni degli altri adulti della famiglia, ai
quali impartiscono ordini e dai quali pretendono obbedienza e venerazione. Altrettanto si sbaglia, sull’altro
versante, a richiedere loro più di quanto la natura ha previsto che debbano dare. Il figlio di eccellenti genitori
non fa in tempo a uscire dalla culla che la cosa più urgente cui si riesca a pensare, in riferimento al bambino
stesso, è inculcargli dall’esterno, più velocemente possibile, le buone maniere. I bambini prima di essere
diventati uomini devono essere cortigiani. Bisogna riempire l’animo dei bambini piccoli di conoscenze
troppo PREMATURE.
7.
“Saputello. Precoce. Borioso. Saccente” (Manuale, 1895)
SAPUTELLO, come spiega Sanders, significa più intelligente di quanto ci si potrebbe aspettare in base
all’età. PRECOCE e PREMATURO significa maturato anzitempo e appunto perciò non pervenuto al pieno
sviluppo e alla piena maturazione. Essere BORIOSI significa rendersi insensibili per via della
sovraeccitazione. SACCENTE è un individuo esageratamente intelligente, ma che in tal modo trascura
proprio le cose più semplici ed evidenti.
Essere saputello e borioso sono difettii che, di norma, devono la loro comparsa a un’educazione sbagliata
(solitaria o esuberante). Ancor peggio è se i bambini vengono sommersi precocemente dai piaceri della vita
come l’arte, la scienza o i divertimenti sensibili; non c’è poi da meravigliarsi se risultano abitualmente
sovreccitati e insensibili.
Soltanto nel lavoro, nella dieta spirituale, vi è la salvezza. I bambini precoci hanno bisogno di un’educazione
particolarmente attenta.
8. Johann Bernhard Basedow, Misure per distinguere bambini e adulti (1773)
Una cosa importante va detta sul positivo rapporto dei giovani con i loro genitori, sorveglianti e altre persone
adulte. È bene che partecipiate ai giochi e ai divertimenti dei vostri figli e scherziate con loro, ma, nel
momento in cui dimostreranno tramite parole, gesti e altre azioni, di aver dimenticato la deferenza esteriore
nei vostri confronti, dovrete tornare subito seri. Fate in modo però che ogni vostro favore nei confronti dei
figli non diventi un’abitudine, affinché essi non cessino di ricavarne gioia nonché un ricordo della vostra
intenzionale bontà.
9. Friedrich Gabriel Resewitz, Incentivi per il progresso morale degli allievi (1783)
Per la condotta morale e il modo di esprimersi abbiamo infatti stabilito determinati “ordinamenti”, ai quali
gli allievi vengono assegnati dopo un attento esame e una scrupolosa osservazione su come si sviluppano la
loro mente, il loro carattere e i loro costumi, e attraverso una decisione generale da parte di tutti i loro
superiori. Nell’ordinamento morale più basso, il quarto, vengono poi spostati coloro che sono ancora
totalmente immaturi e che non sanno ancora esprimersi con un linguaggio che potrebbe procurare loro
rispetto e fiducia. Nella terza classe invece arrivano subito coloro che mostrano di possedere un po’ di
amore per l’ordine, una mentalità positiva e comportamenti decorosi, e che generano la speranza di poter
diventare, con un intelletto più maturo, seri e intelligenti. Nella seconda classe morale arrivano coloro che,
rispetto agli altri giovani, ottengono la fiducia, in quanto non amano i vizi e le cattive abitudini, ma vogliono
piuttosto distinguersi per la mente vispa, nobile e decorosa. Nella prima classe infine si inseriscono gli
affidabili, coloro che hanno ottenuto la fiducia generale per via del loro carattere serio e del loro
comportamento controllato, giudizioso e costumato; coloro che hanno dimostrato di essere saldi e
raccomandabili, e che sanno da soli cos’è decente e che cosa si addice agli uomini adulti.
10. Gerarchizzazione dei gruppi scolastici (Manuale, 1885)
Si può dire che in ogni classe scolastica esista davvero una gerarchia. Secondo il giudizio degli scolari,
soltanto l’effettiva dimostrazione di bravura legittima a far avanzare gli uni e a far scalare gli altri. Nella
gerarchia dovrebbero rispecchiarsi soltanto le prestazioni conformi alle esigenze dell’insegnamento, la
bravura acclarata dello scolaro dotato di nozioni e in grado di applicarle.
11. Christian Felix Weisse, Sul paragone tra educazione e arboricoltura (1791)
La natura ci mette al mondo come gli alberelli; germogliamo e cresciamo. Ma che cosa saremmo se i
genitori ci lasciassero semplicemente crescere senza cure e insegnamenti?
Devono essere potati anche tutti i rami morti o secchi, perché attirano elementi nocivi nell’aria e contagiano
tutta la linfa. Le vostre inclinazioni e i vostri desideri, che voi lasciate crescere liberi senza potare o
sopprimere, potrebbero facilmente diventare le escrescenze più grosse, che corrompono la vostra bellezza
morale senza produrre alcun frutto o producendone di cattivi. Ma quando viene impedita la loro crescita
forsennata e vengono tenuti entro certi limiti, diventano sovente le virtù più meravigliose.
12. Carl Gottfried Scheibert, La vita infantile: un continuo chiedere per favore (1883)
Il bambino deve presentarsi ed è bene che si presenti solamente chiedendo un favore. È una regola
fondamentale. Che il bambino chieda per favore in modo desideroso, timidamente insistente o dimesso,
insolente o umile, queste parole imparate e imposte vengono dette, come l’esperienza ci insegna, sempre
senza la benché minima intonazione.
13. Forme di relazione tra i bambini ed educatori (Manuale, 1872)
L’educazione deve indiscutibilmente una parte della sua efficacia alla fiducia che l’allievo ripone nel suo
educatore. Questa fiducia tutta via non sorge perché l’educatore familiarizza troppo con l’allievo e si pone al
suo stesso livello, ma soltanto perché l’allievo vede in lui il suo benefattore. Dare del tu è una prassi ormai
così diffusa, che spesso l’appellativo è associato a insulti o viene utilizzato nelle liti per sminuire una persona
alla quale altrimenti ci si sarebbe rivolti con la forma di cortesia. Gli allievi si rivolgono con il “tu” ai loro
educatori. Nessun bambino si rivolgeva al padre usando il “tu” e i genitori non lo avrebbero mai e poi mai
tollerato. Allora dominava ancora l’autorità paterna.
I bambini devono essere abituati a salutare cordialmente le altre persone, sia quando le incontrano per la
strada sia quando entrano in una casa. Si faccia in modo che i bambini ringrazino per tutto ciò che è loro
fatto e dato; questo esercizio rafforzerà in loro il sentimento di gratitudine nei confronti di Dio. Bisogna
inoltre abituarli a chiedere per favore per ogni cosa che vogliono. I bambini devono essere obbligati a
chiedere scusa per le marachelle combinate.
14. Tuiskon Ziller, Sul disordine infantile, il disordine sociale e la formazione del carattere
(1857)
Anche i bambini, come gli adulti, devono avvertire la pressione sociale, anch’essi devono restare entro i
limiti loro assegnati, anch’essi devono far fronte interamente ai riguardi sociali. Fanno parte infatti della
società e vi crescono. Non esiste un essere più debole, più bisognoso d’aiuto e di per sé più inerme del
bambino. Il bambino infatti non è ancora in grado di avere una volontà autentica, libera, ossia prodotta da
una riflessione razionale, o quanto meno a una volontà ampia, complessiva; minore è la sua età, tanto meno
né è capace. E se il bambino non viene domato, i desideri irrazionali cui dà impavidamente sfogo si
intensificano e moltiplicano durante la crescita.
Grazie a una violenza che tiene i bambini entro i limiti assegnati e li abitua alle debite restrizioni, i loro animi
selvaggi devono essere domati, affinché non sorga un’abilità da un prolungato esercizio di istinti sfrenati.
15. I bambini snob (Manuale, 1874)
Lo snobismo è solitamente preceduto dal sentimento di dolore universale, di partecipazione alla decadenza
del mondo. Noi definiamo “snob” chi è insensibile non soltanto alle gioie, ma anche ai dolori della vita, e per
giunta si immagina di aver così raggiunto un punto di vista superiore, dal quale può guardare gli altri
dall’alto in basso. L’educazione dovrebbe evitare prima di tutto qualunque cosa possa provocare snobismo,
dovrebbe badare a procurare piaceri misurati e corrispondenti allo stadio di sviluppo raggiunto dal bambino,
nonché fargli frequentare una compagnia adeguata e mantenerlo sufficientemente occupato. L’amore
dell’educatore e dei compagni di scuola alla fine viene ricambiato anche dal cuore dello snob. Invece l’amore
e lo snobismo si escludono a vicenda.
16. Ludwig Strumpell, L’infanzia come malattia (1890)
Il materiale che la patologia pedagogica deve osservare e indagare in base alla sua natura e alle sue cause
deve essere, prima di tutto, conosciuto in ogni dettaglio.
Difetti degli adulti (che derivano dall’infanzia):
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ABIETTO: il massimo grado è la mascalzonata
ATTEGGIARSI: il bambino si mette in testa di non riuscire a fare qualcosa che invece sarebbe alla
sua portata
AVARIZIA
CAPRICCIOSO
CIVETTERIA
CRUDELTA’: piacere nel torturare gli animali
DIFETTI MOTORI
FARE LE SMORFIE: fare le boccacce
INGORDIGIA: il grado estremo dell’appetito. Mangiare con avidità cose di per sé non commentabili
INSENSIBILITA’
IRRESPONSABILITA’
LOGORROICO: chiacchierone
MASCALZONATA
MEMORIA CORTA
ATTUSITA’ MENTALE
PAURA DEI FANTASMI: superstizione
RIDACCHIARE: tendenza di certi bambini a ridere e ridacchiare in continuazione quando non c’è
alcun motivo per farlo
RUDEZZA: mancanza di garbo, cortesia
SBADATAGGINE: semplice distrazione
SBADIGLIARE
SEGRETEZZA: misteriosità (Forse lo sono più le femminucce)
SESSUALITA’: abitudini viziose
SETE DI PROFITTO: soprattutto nei giochi a premi infantili
SPACCONE: diventare capi e seduttori degli altri
STIZZOSITA’
TENDENZA: al pianto/ allo spavento/alla paura/all’andare presto in escandescenza/ alla collera/
all’irascibilità/ a passare rapidamente alle mani/ al comportamento frettoloso/ al riso e alla baldoria/
alla crudeltà/ alla fantasia/ alle illusioni/ alle allucinazioni/ alle trovate facete e buffe/ alla
distrazione/ all’inganno e al raggiro/ alla solitudine, a starsene nascosti, al silenzio, a occultarsi/ a
criticare/ a calunniare e sospettare gli altri/ al pettegolezzo/ all’imitazione degli altri/ all’invidia/ a
canzonare/ a fare dispetti stupidi/ toccare oggetti estranei, a occuparsene, a indagare, a utilizzarli per
esperimenti e come passatempi ecc…
TROVAR PIACERE A GUARDARE A BOCCA APERTA
VANITA’
VOLGARITA’
CURIOSITA’
NERVOSO
SONNAMBULISMO: rientra solo indirettamente nella patologia pedagogica
L’EDUCAZIONE COME ISTITUZIONE TOTALE
Il sociologo francese Durkheim paragonò una volta la funzione dell’insegnante a quella del sacerdote.
All’interno della scuola prosegue la lotta contro la vita e l’individualità dei bambini. Nel XIX secolo la
scuola impara dal mondo militare a condurre la sua battaglia per la quiete, la concentrazione e la disciplina.
L’educazione conosce due peccati capitali: la disobbedienza e la menzogna del bambino.
1. Johann Michael Sailer, L’educazione: una guerra perenne, per quanto sacra (1809)
Non solo si possono sedurre i bambini a compiere il male, ma, in base alla loro predisposizione, possono
facilmente traviarsi da soli, se non ci si oppone con forza a questo fenomeno. Presupponendo una corruzione
innata e l’allontanamento dell’umanità primigenia da Dio, soltanto la dottrina cristiana rende dunque
possibile l’educazione. Chi vuole formare bene l’allievo deve partire dal principio che l’educazione morale:
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Non è altro che una guerra difensiva e offensiva contro ogni male e per il bene
Una guerra difensiva in favore del germe del bene e in favore di ogni cosa che ne favorisca la
diffusione
2. Ernst Christian Trapp, Illustrazione del totalitarismo pedagogico (1784)
L’educazione fallisce se:
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Non si hanno totalmente in pugno gli allievi e non si ha carta bianca nei loro confronti
Non si dedica a loro l’intera vita, ma ci si distrae per via di altri affari
Non si ha la libertà di ricevere bambini puri, rifiutando chi abbia già compiuto 12 anni
Non si riproduce pienamente con gli allievi il rapporto tra genitori e figli
Bisogna educare in una città e non si ha la fortuna di poter vivere con i bambini affidatici in
campagna, ma pur sempre nelle vicinanze di una città
Per me l’insegnamento è sempre e soltanto un parte, seppure importante, dell’educazione, ma non coincide
interamente con essa. L’educazione deve inoltre dare all’attività giovanile libero gioco nonché occasione di
potersi esprimere; deve formare anche il cuore; deve anche abituare.
Sono pochi i genitori che pensano, parlano e agiscono concordando con l’educatore sui principi pedagogici. I
genitori non hanno solitamente tempo, alcuni nemmeno la voglia, per occuparsi dei propri figli. Bisogna
vivere interamente per i propri ragazzi se si vuole che l’educazione riesca. Bisogna vivere con i propri allievi
in campagna. In città le insidie e le distrazioni sono troppo numerose; in città i bambini non possono vivere
in maniera sufficientemente naturale e non possono beneficiare della necessaria attività motoria come accade
invece in campagna.
3. Christian Gotthilf Salzmann, La “scena primaria” della pedagogia (1796)
I bambini normalmente si preoccupano poco delle percosse ricevute dalle madri, perché queste non hanno il
coraggio di battere duramente. Ecco la ragione per cui ci sono bambini talmente ostinati che nemmeno le
percosse più intense riescono ormai a raddrizzarli.
4. August Hermann Francke, La vigilanza è il nerbo dell’educazione (1722)
I bambini devono essere tenuti ogni istante sotto accurata ispezione, e se non c’è un’urgenza non vanno
lasciati soli nemmeno per un breve istante. Se un precettore è in classe, ha il compito di controllare non solo
che tutti siano presenti, ma anche cosa stanno facendo.
5. Il dovere dell’obbedienza e il suo esercizio (Manuale, 1878)
La scienza dell’educazione ha anzitutto a che fare con l’obbedienza che gli allievi devono all’educatore e alla
quale ciascuno di essi deve essere tenuto e condotto. Due punti importantissimi sono: il DOVERE e
L’ESERCIZIO DELL’OBBEDIENZA. L’obbedienza dell’allievo è gratitudine effettiva per le opere buone e
gli vengono impartite per mano dell’educatore; la sua disobbedienza è un ostacolo per l’efficacia di queste
opere buone. L’obbedienza va esercitata fin dalla tenera età perché è un’abitudine e una capacità. “Onora tuo
padre e tua madre”: questo comandamento implica il dovere più semplice che va rispettato. Il bambino inizia
a essere libero quando obbedisce ai genitori e agli insegnanti: questo paradosso di Roth è assolutamente
vero. La libertà formale viene ottenuta attraverso l’obbedienza.
Il male non arriva unicamente dall’ambiente che circonda il bambino, ma l’essere umano porta con sé lo
stimolo e l’impulso al male quando viene al mondo. Roth sottolinea quale benedizione comporti
l’obbedienza per l’apprendimento, poiché affina l’attenzione e dunque corrobora l’intelletto così come
nobilita e purifica la volontà; perciò anche i talenti più deboli sfruttano l’obbedienza per salire verso l’alto.
L’obbedienza serve all’allievo per orientarsi e per partecipare attivamente agli interessi nutriti negli ambienti
quotidiani nei quali cresce.
Non è facile stimolare i bambini nel primissimo periodo attraverso intenzionali maltrattamenti; molto più
spesso accade invece che una affettuosità irrazionale ceda ai loro capricci, li riempia di cibi prelibati, li
subissi di giocattoli, e per vederli sempre contenti faccia di tutto, anche più di quanto essi richiedano,
rendendoli in questo modo esigenti e incontentabili.
Amore e paura sono, dentro il bambino, i primi alleati della disciplina. La paura scaturisce inizialmente dal
senso di superiorità fisica dell’educatore; è la sensazione di debolezza nei confronti del forte; le tenerezze dei
genitori, il bisogno del bambino di stringersi a loro. Mentre dunque mediante le dimostrazioni d’affetto si
conquista la fiducia del bambino, questa stessa fiducia serve a renderlo più ricettivo alla disciplina. Abbiamo
definito l’obbedienza come la sottomissione della volontà a una legittima volontà altrui. Tuttavia, una
volontà è legittima non semplicemente perché ha diritto di farsi valere, ma perché fa valere quel suo diritto in
modo giusto, ossia non passionale, ma razionale. L’ira non ottiene ciò che agli occhi di Dio è giusto.
6. Johann Gottlob Kruger, Quando sono necessarie le percosse? (1752)
Secondo la mia opinione, non bisogna mai percuotere i bambini a causa di errori commessi per debolezza.
L’unico vizio che merita le percosse è l’ostinazione. Tuttavia dovete badare a non lasciarvi sopraffare
dall’ira durante il castigo. Il perdono, come osserva assai giustamente Locke, non dovete negarglielo del
tutto, ma renderglielo un po’ brusco e non dimostragli pienamente il vostro affetto prima che egli abbia
emendato nella più totale obbedienza la sua precedente malefatta e dimostrato di esser deciso a rimanere un
fedele suddito dei propri genitori.
7. Lorenz Kellner, Obbedienza significa timore reverenziale davanti a un’intelligenza
superiore (1852)
Per poter obbedire con gioia è necessario conoscere i motivi del comando e che ogni obbedienza cieca sia
un’offesa alla dignità umana. Chi, crede di riuscire a ottenere amore solo chiedendo un’obbedienza fondata
sulla spiegazione delle ragioni del comando si illude amaramente, perché non conosce la natura del bambino
e il suo bisogno di sottomettersi alla forza. È perciò la madre a venire di preferenza tiranneggiata dai suoi
piccoli, mentre al padre si porta più rispetto e per questo motivo infine è il padre il capo della casa.
8. Johann Georg Sulzer, I due compiti principali spettanti all’educazione dei bambini
piccoli (1748)
Tutti coloro che devono educare dei bambini è importante di dedichino subito, quale compito precipuo, a
eliminare l’ostinazione e la cattiveria e ad impegnarsi sinché non siano pervenuti alla meta. Se si vuole porre
delle buone basi per l’educazione è opportuno non desistere sinché non si veda che l’ostinazione è
scomparsa. È necessario anzitutto porre buone fondamenta. Non appena si potrà parlare con il bambino,
occorrerà presentagli in ogni occasione l’ordine come qualcosa di sacro e di inviolabile. L’obbedienza rende
l’uomo adatto a osservare le leggi, il che costituisce la prima qualità di un governante.
L’obbedienza consiste in tre punti:
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Facciamo di buon grado ciò che viene loro ingiunto
Si astengano di buon grado da ciò che viene loro proibito
Siano contenti delle disposizioni che vengono prese nei loro confronti
9. Lo spirito di contrapposizione (Manuale, 1883)
L’esperienza mostra innegabilmente l’esistenza di “spiriti negatori”; ce li mostra già in tenera età. Vi sono
bimbi ai quali non va bene niente. L’orgoglio naturale comporta che il bambino non voglia farsi governare
da chiunque. Perfino l’insegnante odiato e temuto gli apparirà più degno della sua obbedienza che un docente
alle prime armi.
10. Joachim Heinrich Campe, Come accerchiare un bambino che sbaglia (1788)
Per quanto le ricompense o le punizioni, specie queste ultime, appaiano spesso necessarie, il padre in casa, o
il preside nel suo istinto educativo, dovrebbero prima di tutto chiamare a raccolta tutti i famigliari o
collaboratori, affinché agiscano armoniosamente, affinché parlino tutti con una sola voce e possano
comportarsi tutti nella stessa maniera nei confronti del bambino.
Dare importanza alle riunioni dell’intero corpo insegnante, nella quale ogni docente comunicherebbe un
accordo comune sulle modalità con cui intendono trattarlo, specie in futuro.
11. August Hermann Francke, Necessità di censurare la posta per gli allievi degli istituti
Bisogna prestare la massima attenzione alla corrispondenza dei bambini e leggere le lettere che essi scrivono
o ricevono.
12. Christian Felix Weisse, Il diario come strumento educativo (1791)
Il bambino tiene un DIARIO di tutte le loro attività e azioni. L’idea di ordine nell’organizzare il proprio
tempo; gli eccessivi elogi fanno si che le buone azioni superino quasi sempre e di gran lunga le cattive
azioni.
13. Johann Georg Sulzer, L’utilità di una esatta investigazione dei bambini (1748)
Quanto più si conosce un bambino, tanto più utilmente è possibile lavorare su di lui. Per conoscere i bambini
con tanta maggiore sicurezza, bisogna tuttavia abituarli alla già nota e nobile onestà nei confronti di se stessi
e degli altri. Bisogna esortarli a confessare apertamente le loro DEBOLEZZE e i loro SBAGLI.
Se ci si atteggia con loro in modo duro, imperativo, come con degli schiavi, finiscono per diventare ipocriti,
per simulare e per ingannare i propri genitori. Ma i genitori e gli insegnanti devono soprattutto far sì che i
loro figli e i loro discenti diventino loro amici, affinché siano nei loro confronti tanto sinceri e aperti quanto
nei confronti dei loro coetanei.
14. Johann Michael Sailer, Il codice dell’istruzione infantile contiene soltanto due regole
(1809)
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Colui che si occupa dei bambini deve enunciare POCHE REGOLE
Affermerà la regola enunciata con una serietà intransigente
Cercherà di sbarrare al bambino tutte le scappatoie per indebolire la regola
Cercherà di instaurare la massima armonia con tutti coloro che possono avere un influsso sul suo
sviluppo
Perciò l’educatore, almeno all’inizio:
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Allontanerà per quanto possibile tutto ciò che possa intralciare l’obbedienza, specie ciò che spinge
alla trasgressione
Non ragionerà molto con il bambino e insisterà nella pretesa
15. Johann Heinrich Gottlieb Heusinger, Come va trattato il vizio di mentire (1800)
La menzogna è un atto spregevole. Ma chi non rispetta se stesso non porta neppure rispetto agli altri. Ne
consegue che occorre trattare il piccolo bugiardo con la massima delicatezza. L’educatore farà bene a
mostrarsi più stupito e meravigliato per il fatto che il bambino abbia detto una cosa non vera, piuttosto che
indignato perché lui ha mentito.
16. Christoph Johann Rudolph Christiani, Leggi e disposizioni per l’ordinamento della
vita degli allievi negli istituti (1802)
Appena svegli tutti dovranno: alzarsi prontamente, vestirsi senza il minimo rumore, riassettare il letto e
riporre la camicia da notte nel luogo indicato. Assolti questi compiti, ciascuno dovrà recarsi al suo tavolo,
pettinarsi, lavarsi il viso, il collo, il petto e le mani, sciacquarsi la bocca e spazzolarsi i denti. Quanto tutti
saranno completamente vestiti, dovranno avviarsi in aula. D’estate ci si recherà dall’aula all’aperto e ci si
occuperà di giardinaggio. Successivamente ci si reca verso il refettorio e si consuma la colazione. Nel
determinare l’orario del risveglio, bisognerà prendere in considerazione le peculiarità delle stagioni. Alle
dieci tutti gli allievi dovranno riunirsi nel refettorio, ognuno siederà al proprio posto. All’una gli allievi si
raccoglieranno nell’area gioco esterna. Dopo che il gruppo sarà rientrato nell’edificio, ciascuno dovrà
pettinarsi nuovamente i capelli in sartoria, levarsi nuovamente e cambiarsi scarpe o stivali. Durante il pasto
nessuno avrà il permesso di uscire senza informare il padre o l’educatore di turno e senza la loro
autorizzazione. Ogni giorno alle sei, sempre che sopraggiungi impedimenti non esigano un’eccezione,
quattro allievi si recheranno dal padre e dalla sua famiglia, per discorrere con loro sorbendo un tè. Gli altri si
riuniranno nel refettorio alle sei per consumare la merenda secondo il medesimo ordine che si osserva per la
colazione del mattino. Finita la merenda, si recheranno in aula, e qui si cimenteranno nelle ripetizioni e di
altri lavori assegnati. In primavera, autunno e inverno, una parte degli allievi rimarrà dopocena nel refettorio,
dove saranno intrattenuti dal sorvegliante di turno grazie a racconti adeguati, a lezioni o a ogni tipo di
innocente gioco di società. In estate, in presenza di clima gradevole e serate miti, tutti gli allievi, dopo aver
ricevuto la cena fino all’ora di coricarsi, controllati dall’insegnante cui spetta la vigilanza, si divertiranno
nell’area gioco all’aperto o nei loro orticelli. Al suono della campana in cortile, dopo le dieci di sera, sia
d’estate sia d’inverno, ciascuno si avvierà a letto in religioso silenzio. Dopo essersi augurati reciprocamente
la buona notte, nessuno potrà più parlare.
17. Anton Heilingbrunner, Le norme scolastiche (1828)
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Per nessuno allievo è lecito saltare la scuola senza una causa legittima; e se è malato deve avvisare
immediatamente l’insegnante
Al suono della campana i bambini devono presentarsi a scuola senza ritardo
Nessun bambino può presentarsi a scuola non lavato e non pettinato, né con abiti sporchi o trasandati
Ogni scolaro venga dotato di libri e di tutto il materiale necessario
In caso di maltempo, ogni scolaro scuota le scarpe dal fango o dalla neve sull’uscio della scuola
Tutti i bambini recitino la preghiera che precede e chiude la scuola
A scuola tutti gli allievi devono essere silenziosi e tranquilli
Obbedienza, rispetto e amore della verità
Ogni scolaro si applichi con la massima diligenza
I bambini parlino il tedesco evitando i dialetti
Tutti gli allievi devono tenere puliti i libri e i quaderni
Ogni bambino deve rivolgersi ad ogni compagno in maniera cordiale
Uno scolaro non può prendere nulla dal compagno di banco. È importante che ognuno abbia il
materiale necessario
Se un allievo viene punito, non si opponga alla pena. Nessun bambino può inoltre deridere l’altro,
godendo per via della punizione inflitta
Ogni allievo dimostri ai direttori scolastici, alle autorità ecclesiastiche e secolari e alle altre persone
che risultano onorevoli per via del loro ceto, sentimenti di rispetto, amore e gratitudine
Durante la scuola nessun allievo esca ed entri senza necessità. I bambini devono uscire uno per volta
Finita la scuola ogni bambino si dirige verso l’uscita silenziosamente
Non appena rintoccano le campane della sera, ognuno deve essere già a casa e non uscire più
18. La disciplina, condizione vitale della scuola (Manuale, 1908)
Una sana disciplina è la prima vitale condizione di ogni scuola. La disciplina scolastica e una certa severità
poliziesca sono indispensabili. In determinate circostanze, può risultare difficile mantenerla, ma le difficoltà
non sono insuperabili, a condizione che tutti gli insegnanti collaborino in armonia con il preside della scuola,
anziché opporvisi in segreto. L’ordine della scuola è sia interiore che esteriore. L’ordine esteriore
comprende: la frequenza regolare della scuola, il comportamento tranquillo e decoroso degli allievi nella
scuola sia durante le lezioni sia negli intervalli, il comportamento regolare all’esterno della scuola. L’ordine
interiore comprende: la viva attenzione a scuola, la collaborazione degli allievi grazie alla diligenza a casa.
Se l’insegnante agisce con coerenza, nella scuola si formerà un ambito di consuetudine che non può che
prendere piede sempre più. La consuetudine scolastica include i seguenti punti: puntualità nell’arrivare e
nell’andarsene, decoro nella condotta e negli spostamenti, rispetto dei posti assegnati, tranquillità e silenzio
durante la lezione, pulizia del corpo e dell’abbigliamento, nel parlare e agire collettivamente subordinazione
all’organo di comando o al ritmo da esso imposto. Per il mantenimento della disciplina scolastica durante e
oltre le ore di lezione servono gli abituali strumenti disciplinari, in particolare le ricompense e le punizioni.
L’allievo deve nondimeno osservare tutte le regole che una società civilizzata prescrive ai suoi membri con
riguardo a pulizia e cortesia, decoro e costumi esteriori, e i locali scolastici non devono essere rispettati
semplicemente in quanto proprietà altrui, ma vanno assolutamente considerati come un luogo utile alla
comunità, da non utilizzare dunque per scopi privati estranei al loro scopo generale.
I due-tre mesi di scuola dovrebbero essere dedicati al disciplinamento del bambino.
19. Tuiskon Ziller, Provvedimenti amministrativi per insegnanti e allievi (1886)
L’amministrazione ha il compito di far sviluppare nella vita scolastica abitudini occorrenti a tal fine;
l’osservanza rigorosa e puntuale dei suoi provvedimenti. Quando si allontanano da scuola, gli allievi non
possono lasciare effetti personali né nei banchi né in aula. Gli allievi sono tenuti a rispettare la giusta
funzione e il corretto utilizzo del materiale didattico, in particolare: tutti i materiali e i quaderno devono
essere dotati di copertina e le pagine del quaderno devono essere numerate; leggendo non bisogna ma seguire
con il dito le righe ma utilizzare sempre uno stilo o un bastoncino; le lavagne devono essere sempre pulite,
così come le mani, le unghie, i visi e gli abiti; gesso e penna non possono essere presi in mano prima che di
cominciare a scrivere e devono subito essere riposti non appena si è terminato; il buono stato dei materiali
didattici e dell’inventario deve essere controllato ogni giorno dagli insegnanti; è dovere degli allievi
assegnatari di qualche incarico preoccuparsi che il materiale didattico in uso sia sempre a disposizione della
classe; all’inizio di ogni lezione si controlla che tutto sia al proprio posto.
L’orario scolastico inizia nel semestre invernale il mattino alle 8 e il pomeriggio alle 2; nel semestre estivo il
mattino alle 7 e il pomeriggio alle 3. I pomeriggi liberi sono mercoledì e sabato. La lezione ha inizio 15
minuti dopo la campana. 10 minuti dopo la campana, al primo rintocco, ogni bambino dev’essere in aula; 15
minuti dopo la campana, al secondo rintocco, l’insegnante entra in classe; questi va atteso in completo
silenzio. Quando entra un insegnante o un altro ospite i bambini devono alzarsi dai loro posti, ugualmente
quando esce. L’insegnante deve rimuovere tutto ciò che può nuocere alla salute dei bambini! Ogni bambino
si deve presentare pulito e ordinato; durante la lezione l’insegnante deve controllare che gli allievi siedano
decorosamente e deve prendere una posizione fissa, dalla quale poter controllare tutti i bambini. Tutte le
domande e le spiegazioni dell’insegnante vanno sempre rivolte all’intera classe. I bambini che desiderano
rispondere a una domanda dell’insegnante daranno un cenno alzando la mano destra. L’insegnante ha il
compiuto di dare il segnale quando la lezione è terminata. Negli intervalli tra un’ora e l’altra del mattino o
del pomeriggio ai bambini è concesso di muoversi liberamente.
PUNIZIONI DURANTE LA LEZIONE:
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Arrestarsi e assumere un’espressione di riprovazione
Un gesto con la mano, un tocco o un colpo sulla cattedra
Un’esclamazione ammonitrice
Biasimo con minaccia seria e generica
Far uscire dal banco, far rimanere a lato del banco o in fondo alla classe, in generale isolare, specie
far sedere in un posto distante
Segnalazione del soggetto punito all’insegnante benemerito o al direttore
Chi non è stato in grado di ripetere ciò che è stato dato da leggere a casa deve recuperarlo sotto gli occhi
dell’insegnante e nessuno può esserne esentato. Non è ammessa la punizione disciplinare corporea; quando
lo scolaro reitera gravi infrazioni disciplinari viene annotato nel libro dei casi individuali. Le domande
sconvenienti e inopportune e le esternazioni di dubbio devono essere respinte, in conformità allo spirito
dell’amministrazione, senza essere ulteriormente discusse.
20. Heinrich Grafe – Johann Christoph Gottlob Schumann, La quiete a lezione (1878)
La quiete è il primo dovere dello scolaro ancor più del cittadino. I bambini, specie i più piccoli, devono
essere vivaci e turbolenti ovunque sia lecito esserlo. L’infanzia trascorre davvero in fretta; perciò lasciate che
i giovani siano allegri e felici. Ma deve esserci anche la quiete, assolutamente durante le ore di lezione. Qui
ogni rumore, ogni mormorio deve cessare. Il silenzio è la quiete, così fertili, non devono però derivare dalla
paura delle punizioni, ma dall’interesse degli allievi per la lezione dell’insegnante, chiara e vivace.
21. Johann Ignatz Felbinger, Vantaggi della lezione frontale (1768)
I bambini devono avere gli stessi sillabari e libri di lettura; quando leggono o riportano qualcosa che hanno
imparato a memoria, devono essere abituati a esporlo. L’insegnante deve a volte fornire un altro tono e in
esso far compitare, leggere o rispondere tutti i bambini. Quando si richiamano singoli allievi li si richiama
per nome; quando scolari interrogati singolarmente sbagliano, gli altri alunni devono fare notare l’errore
alzando la mano, solo a quel punto l’insegnante indicherà chi potrà provare a rispondere. Importanza della
lezione corale e degli esercizi di lettura. Nella lezione corale, ogni bambino impara davvero per tutto il
tempo di permanenza a scuola. i bambini sono costretti a rimanere costantemente attenti per via di due ordini
di fattori: in primo luogo, perché nessuno è mai sicuro di non essere chiamato singolarmente e di non essere
obbligato a proseguire dove gli altri si sono arrestati; in secondo luogo, per correggere il compagno
interrogato e mostragli così come uno scolaro diligente e attento.
22. “Il posto dell’insegnante davanti alla classe” (Manuale, 1908)
L’insegnante deve tenere in ogni momento sott’occhio la classe assumendo una posizione frontale. La
cattedra sopraelevata facilita inoltre la visione complessiva oltre le teste degli scolari. Durante le prove
scritte, attraverso le quali gli allievi sono tenuti a dimostrare autonomamente il livello delle loro conoscenze
e del loro sapere.
23. L’attenzione (Manuale, 1876)
L’attenzione a scuola è la condizione nella quale tutte le forze dell’anima sono rivolte verso la materia
trattata a lezione. L’obbedienza presuppone l’attenzione, e l’attenzione è già obbedienza. L’attenzione è il
raccoglimento dell’individuo interiore; la volontà che si esercita nell’autocontrollo. L’attenzione è
obbedienza e venerazione; la disattenzione è insubordinazione e frivolezza, una sfasatura del carattere che
trapassa ben presto dall’ambito intellettuale a quello morale. Grube ritiene l’abitudine a usare un linguaggio
pulito, chiaro e fluente un importante strumento per educare all’attenzione.
24. Il rapporto tra gli allievi degli istituti e i loro insegnanti (Anonimo, 1796/1808)
Nei confronti degli insegnanti, che fanno le veci dei padri e che dopo Dio sono i più grandi benefattori, gli
scolari devono dimostrare amore e rispetto, e rivolgersi loro con infantile devozione e freschezza. Devono
sempre tenere presente che l’insegnante possiede più conoscenze e più esperienze. Nessuno deve perdere una
lezione che l’insegnante lo sappia e lo approvi. Il primo dovere di ogni scolaro è dimostrare gratitudine nei
confronti degli insegnanti e dei superiori, e non solo a parole, ma anche nei fatti. Specie all’uscita da scuola
l’allievo non deve trasgredire quest’obbligo, congedandosi dunque da ogni singolo docente e collaboratore.
Chi trascura l’osservanza di questa regola deve attendersi di essere segnalato ai massimi responsabili in
quanto soggetto insensibile e ingrato.
25. Heinrich Grafe – Johann Christoph Gottlob Schumann, Scuola e famiglia (1878)
Proprio perché i giovani devono essere educati per l’avvenire, essi devono essere educati per il presente e
quando vengono educati per il presente sono educati anche per l’avvenire. Oggetto di disciplina scolastica
non dovrebbe essere soltanto il comportamento degli allievi prima, durante e dopo la lezione o sulla via per
la scuola o nello svolgere i compiti a casa, ma anche tutto il resto della loro vita, la loro condotta in famiglia,
nel gioco ecc… Lo scopo della disciplina scolastica deve essere ottenuto anzitutto e soprattutto nella vita a
scuola, ma concerne lo scolaro intero, la sua vita intera.
26. L’allievo è tale sempre e ovunque (Sentenza, 1882)
Segnalato un episodio di maltrattamento di un alunno da parte di un insegnante. L’insegnante N. lo avrebbe
preso per il bavero e scaraventato sulla legnaia giacente lì davanti. Sebbene S. non avesse riconosciuto
l’insegnante N., egli passò davanti senza salutarlo, guardando verso il lato opposto della strada. Richiamato
più volte, S. si fermò e, informato che avrebbe dovuto levarsi il cappello, ne sollevò giusto un poco la testa e
proseguì il suo cammino. L’insegnante N. lo sollecitò altre tre volte a togliersi il cappello, ma S. lo ignorò.
L’insegnante lo seguì, lo afferrò con forza per un braccio e lo scosse.
L’imputato è membro del corpo docenti della scuola frequentata dal ragazzo e dunque gli spetta il diritto di
esercitare il disciplinamento scolastico. La disciplina scolastica implica il diritto di educare. In virtù di
quest’ultimo, l’insegnante ha il dovere di vigilare sul comportamento morale degli scolari anche al di fuori
dall’orario scolastico e dell’aula. Ai sensi della Suprema Legislazione del 14 maggio 1825, dunque gli si
sarebbe potuta attribuire una responsabilità legale unicamente se avesse proseguito l’esercizio del
disciplinamento scolastico fino a commettere maltrattamenti che avessero potuto anche minimamente
compromettere la salute del ragazzo Karl S.
27. La scuola, un istituto chiuso (Reale collegio scolastico provinciale, 1899)
Pare che spesso persone non affiliate all’istituto cerchino di ottenere il permesso di assistere a singole
lezioni, in particolare per conoscere la condotta degli insegnanti da scegliere per gli istituti della città.
28. Tuiskon Ziller, L’allievo davanti all’autorità (1857)
Ovviamente non possiamo negare che l’esclusione di determinate punizioni impedisca un pieno governo del
bambino. Non c’è nulla di più sbagliato che avviare un’indagine e indire un procedimento quasi giudiziario
su denuncia di uno scolaro nei confronti di un insegnante o cautelare un allievo. Naturalmente ogni
insegnante è responsabile di ogni sua azione dinnanzi a un potere superiore e deve sempre tenere a mente che
il potere concesso dai genitori sui loro figli a un educatore estraneo, nonché tutta l’attività di cui si fa carico
nello svolgimento del suo incarico per raggiungere determinati scopi grazie al suo aiuto, sono subordinati
alla fiducia risosta nei suoi confronti, purché i genitori non siano limitati da particolari restrizioni
nell’esercizio della potestà sui figli.
29. Johann Ignatz Felbinger, L’insegnante educa anche il corpo alla creanza (1768)
È fondamentale segnalare:
 Quando i bambini trascinano o strisciano i piedi
 Alcuni avanzano sulle punte incrociando i piedi
 Altri barcollano o procedono con le ginocchia piegate
 Molti inclinano la testa e il corpo in avanti
 Alcuni camminano con pesantezza e con irruenza
L’insegnante non deve tollerare niente di tutto ciò!
ATTENZIONE:
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L’insegnante non manchi di informare gli allievi sui loro difetti. Esiga il MIGLIORAMENTO
Abituarsi a tenere i piedi leggermente puntati all’infuori. Di non fare falcate troppo lunghe. Di
camminare alzando i piedi quel tanto e basta a impedire di trascinarli a terra. Per prima deve
poggiare per terra la punta e non il tallone; devono sempre tenere il ginocchio steso, le cosce e le
tibie diritte quando stanno in piedi o camminano, il corpo e il capo eretto, non incassato nelle spalle.
Venga insegnato loro a fare un lieve inchino con la testa, nel caso di persone in vista anche con il
corpo. Venga insegnato loro inoltre, a inginocchiarsi con riverenza e decoro in Chiesa davanti al
Sommo Bene.
I bambini devono stare in piedi eretti, con le ginocchia rigide e unite, i piedi non troppo distanti tra
loro, leggermente orientati all’esterno, la testa fuori dalle spalle, gli occhi rivolti con ossequio verso
di lui. Devono rispondere con decoro, a voce alta e in maniera comprensibile.
Coloro che vengono trovati spettinati, con le mani sporche e il viso non lavato devono ricevere una
NOTA
I bambini devono mantenere lo sguardo rivolto verso il crocefisso quando si trovano in chiesa
Il bambino non deve tenere il libro troppo vicino a sé se no rischia di cadere in danni alla vista
Se il bambino sbadiglia va messa la mano davanti alla bocca
Non utilizzare parole grossolane e volgari
Alla fine della scuola, un maestro deve prestare attenzione all’uscita dei bambini. I bambini usciranno due a
due in fila, formando le coppie in base alla vicinanza.
30. Hermann Eulenberg e Theodor Bach, “Regole posturali nell’atto di scrivere” (1891)
Decreti del Wurttemberg del 27 marzo 1868
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Non è bene che il corpo si schiacci contro il banco ma bisogna che disti un paio di centimetri da esso
La testa si abbassa lievemente in avanti di quel tanto che è necessario per ottenere un’inclinazione
idonea dello sguardo sul piano del banco
La struttura del banco deve essere adeguata all’altezza del bambino
Sul piano del banco poggiamo solamente gli avambracci
I piedi restano poggiati a terra
Le righe devono essere dritte. L’avambraccio procura lo slittamento verso destra necessario a
produrre righe diritte. Le righe piccole sono altamente sconsigliate agli allievi alle prime armi.
31. J.H. Schone, Preferenza per il metodo della scrittura ritmica (1855)
Ogni esecuzione della scrittura ritmica è compenetrata da legge e ordine. Tutto funziona secondo il ritmo:
stare seduti diritti, afferrare la penna, cominciare, produrre forme di scrittura, fare interruzioni, terminare,
riporre la penna, pulire il banco ecc… Vengono disciplinati l’occhio, l’orecchio, il braccio, l’intero corpo e
insieme anche lo spirito. Ma nella lezione di scrittura ritmata nessuno può chiacchierare o dare aria alla
bocca.
32. Regole perché gli scolari si esprimano come esseri umani (Anonimo, 1796/1808)
I dialoghi devono concernere materie che risultino importanti per l’allievo e riguardare la formazione
dell’intelletto oppure la nobilitazione del cuore. L’allievo deve astenersi da tutti i discorsi osceni e dalle
espressioni sconce, e disprezzare dal profondo del cuore coloro dalla cui bocca le sente pronunciare.
33. Hermann F. Kahle, La militarizzazione della lingua scolastica (1890)
Guardando al militare impariamo: gli ordini devono essere precisi; gli ordini devono essere concisi; gli ordini
devono essere dati oggi come ieri e domani come oggi. Per la scuola elementare distinguiamo gli ordini
imperativi, ordini di rassegna, ordini didattici, ordini che precedono l’uscita dall’aula.
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L’ordine imperativo principale si chiama “Ordine!” paragonabile all’attenti
L’ordine di rassegna viene utilizzato per vedere se le matite sono state appuntite, le lavagnette pulite,
le mani lavate e i quaderni vergati
L’ordine dialettico è quando, all’inizio della lezione, l’insegnante sollecita di tirare fuori i libri,
pronti per scrivere
L’ordine che precede l’uscita dell’aula negli intervalli nonché alla fine dell’orario scolastico è il
seguente: “Via i libri” oppure “Raccogliete i libri”. Per chiamare a raccolta gli allievi all’inizio
dell’orario scolastico, alla fine degli intervalli ecc… ci si serve della CAMPANELLA
ADDESTRAMENTO PER LA CATASTROFE
Importanza della VACCINAZIONE. Essa deve anticipare a piccole dosi tutte le catastrofi o le disgrazie che
l’educatore teme possano colpire il bambino, immunizzandolo.
1. Temprare: una retrospettiva storica (Manuale, 1874)
TEMPRARE: rendere duri e insensibili rispetto a ogni specie di influsso esterno capace di ingenerare
sensazioni sgradevoli o addirittura disturbi dell’organismo. Sotto la direzione di Salzmann, Schnepfenthal
divenne presto il centro della ginnastica praticata secondo l’antico uso greco. In seguito, Jahn aggiunse agli
esercizi ginnici, come ulteriore metodo per temprare, anche le gite ginniche, le quali offrivano ottime
occasioni per abituarsi a sopportare la fame e la sete, il gelo e la calura, ad accontentarsi dei piatti più
semplici, spesso addirittura miseri ecc … a partire da quel periodo la volontà di temprare è stata annoverata
tra i metodi educativi.
2. Christian Felix Weisse, Imparare a possedere tutti i beni come se non li si possedesse
(1791)
Non bisogna fare troppo affidamento sulle ricchezze e sui beni materiali, dato che possono esserci
rapidamente tolti. Imparare a possedere tutte le cose terrene come se non le possedesse affatto, utilizzarle
come se non le avesse.
Carissimi bambini, è assolutamente necessario, per rendere felice il nostro animo, imparare precocemente a
perdere questi beni che la sventura in un attimo può strapparci. Altrimenti correremmo sempre il rischio di
essere preda del cruccio e della disperazione.
3. Isaak Iselin, Non abituarsi a nulla è l’abitudine migliore (1780)
Basta un minimo di riflessione per convincersi che anche i bambini di condizione più agiata debbano essere
educati, in età precoce, a un modo di vivere duro. La cosa migliore è non arrivare impreparati. Ma poiché
non è possibile prevedere la sorte, credo allora che l’intelligenza richieda di abituarsi a essere contenti in
ogni situazione voluta dal cielo. Se alla fine si è imparato a sopportarla, perfino la povertà non avrà più nulla
di tremendo.
4. Tuiskon Ziller, “Varietà d’interessi come ancora di salvezza di fronte ai rovesci del
destino” (1884)
L’essere umano è portato a cambiare le sue occupazioni e finalità se gli si offrono le circostanze per farlo.
Una vita caratterizzata da fortune altalenanti e da destini avversi, quale in effetti è la nostra vita terrena, in
una vita cioè che impone tanto spesso di esercitare la virtù della rinuncia e dell’autoprivazione. Che il
potente possa diventare umile, il principe mendicante e fuggiasco e il ricco povero. Semplicemente uscire
dalla situazione vecchia ed entrare in una situazione nuova, accompagnato su tutte le vie che il destino gli fa
imboccare da leggerezza e piacere, serenità d’animo e letizia, tratti impliciti in qualsiasi interesse personale.
E questa condizione gli permette di realizzare con sicurezza le proprie decisioni, perfettamente adatte alle
nuove circostanze.
5. Christian Felix Weisse, “L’uomo dal piede di legno” (1791)
L’uomo, nonostante la situazione fisica, è ancora in grado di godersi la vita con allegria e gioia. Per chiunque
subisca una perdita, sarebbe una fortuna saper trarre, dalla brutta condizione di malcapitato, motivazioni e
ragioni per rasserenarsi. Povertà e ricchezza, altezza e bassezza, tutto nel mondo ha un ruolo buono e uno
cattivo, vantaggi e svantaggi, e senza dubbio dipende moltissimo da noi stessi il modo in cui, in ogni
circostanza, sapremo comportarci perché nulla ci risulti insopportabile.
6. Johann Bernhard Basedow, Alcune riflessioni sul modo per temprare i bambini piccoli
(1773)
Una certa moderazione delle bramosie sensibili, un certo controllo della necessaria ripugnanza, un po' di
pazienza di fronte alle avversità e alle sofferenze, e una certa fermezza dinnanzi ai pericoli sono
caratteristiche utili già ai bambini piccoli e possono essere pretese, attraverso un determinato metodo, da
genitori e tutori. Anche quando avete intenzione di fare ciò che desiderano, abituateli talvolta ad aspettare, ad
accontentarsi solamente d’una parte delle cose domandate e ad accettare con riconoscenza anche un
beneficio diverso da quello richiesto. Cercate spesso d’acquietare i fanciulli con un FORSE. Le difficoltà
aumentano se poi i genitori o altre persone della famiglia non sanno vincere le proprie ripugnanze o le
manifestano senza alcun riguardo. Quando i bambini hanno paura delle tenebre è sempre colpa nostra;
dobbiamo quindi abituarli. Una volta che sono viziati, bisogna a poco a poco guarirli dalla malattia. La stessa
cosa dico per la paura e il terrore del tuono e del lampo, e dell’aspetto e del verso di alcune bestie.
7. Daniel Gottlob Moritz Schreber, Aria fresca e vita spartana: una buona abitudine per
ragazzi e ragazze (1858)
Un individuo che ha ricevuto una normale istruzione deve essere superiore a quelle migliaia di scrupoli
insignificanti e angoscianti che opprimono la vita delle persone viziate ed effeminate. Ogni sentimento di
mollezza nonché ogni inopportuno amore per le comodità e ogni fiacchezza devono essere considerati
quanto meno come disprezzabili caratteristiche di gente debole. Vivi morigerato, arzillo e contento: è la
regola universale di base che ci prescrive la filosofia salutista. Bisogna imparare ad arrangiarsi sempre.
8. Gerhard Ulrich Anton Vieth, Cosa possiamo imparare dai selvaggi (1795)
L’esperienza dimostra che i selvaggi, nelle regioni più torride e gelide del pianeta, vivono ora nudi ora vestiti
con abiti poco protettivi e sono sani. È richiesta molta cautela al fine di non fare né troppo né troppo poco, e
per dare all’individuo la giusta misura di durezza di cui ha bisogno per non diventare infelice.
9. Jean Paul, In favore dei calvari in senso stoico (1811)
Bisognerebbe piuttosto escogitare degli esercizi che abituassero a sopportare il dolore, dei calvari nel senso
stoico. Non mostrate mai pietà per il dolore, ma scherzateci sopra.
10. Christoph Rudolph Christiani, Conversazioni in occasione di un incendio a
Copenaghen (1796)
Normalmente i bambini d’età inferiore a dieci e dodici anni pensano sempre molto poco gli avvenimenti
della vita umana, anche ai più rilevanti, perché non ne conoscono l’importanza. Tuttavia le loro vedute si
ampliano di fronte alla miseria altrui; essa infatti li spinge a paragonare la condizione altrui alla propria; essa
infatti li spinge a paragonare la condizione altrui alla propria; anch’essi diventano allora consapevoli, con
una certa vividezza, dei vantaggi che altrimenti avvertono poco.
La gente sana potrà sopportare la sciagura che l’ha colpita molto meglio delle persone deboli e malate. I sani
possono darsi da fare, dopo la sciagura patita, con molta più facilità dei malati. Entrambe cose vere, a patto
che la gente sana non sia sana solo nel corpo e malata nella mente. È buona norma cercare di procurare al
proprio corpo, fin dalla gioventù, agilità e forza. Chi ha un corpo agile si salverà più facilmente in caso di
pericolo e chi possiede davvero tanta forza fisica può contribuire molto di più alla salvezza di se stesso e
degli altri rispetto a colui che non è abituato a lavorare per molte ore di seguito, sotto enorme sforzo e senza
nemmeno mangiare qualcosa. Coloro che riescono a essere felici anche quando non possiedono tutto ciò che
è annoverato tra le comodità e gli agi della vita.
11. Vincenz Eduard Milde, Prepararsi ai pericoli della vita (1811/1813)
È necessario che l’allievo conosca i pericoli esteriori della sua vita, sappia con quali mezzi prevenirli o come
salvarsi quando si manifestano e acquisisca le capacità necessarie a mettersi in salvo sul piano sia fisico sia
mentale. In simili situazioni eccezionali: nessuna capacità è più indispensabile della presenza di spirito e
dell’accortezza; si mostrino agli allievi i metodi con i quali evitare o stornare i pericoli: istruire l’allievo su
quali siano, in caso di effettivo pericolo, le modalità e i metodi con cui mettersi in salvo nel modo più facile e
sicuro, mettendolo in guardia degli errori comuni. Attraverso le istruzioni che l’educatore suggerisce perché
il corpo assecondi la sua volontà, l’allievo acquisirà quella scioltezza e quell’abilità indispensabili in
presenza di determinati pericoli e senza le quali l’individuo è, nella maggior parte dei casi, perduto.
12. Kajetan von Weiller, L’abitudine agli effetti dell’aria aperta (1805)
Abituare l’allievo al grandissimo influsso del clima. L’educazione deve badare affinché l’aria, per quanto
possibile, investa tutto il corpo (e perfino lo spirito). Deve dunque abituare il suo allievo a tutti i tipi di aria
respirabile per esempio a quello freddo-umido o caldo e freddo. L’educazione deve badare all’aria aperta.
L’educazione infine deve badare affinché l’allievo raggiunga anche un certo livello di indipendenza.
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