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02 La struttura dell'atomo

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LA STRUTTURA DELL’ATOMO:
PARTICELLE ELEMENTARI, UN NUMERO ATOMICO E NUMERO DI
MASSA:
L'atomo non è una particella indivisibile e compatta, bensì è costituito da tre
tipi di particelle subatomiche dotate di massa e denominate: protoni, elettroni e
neutroni. L'atomo così strutturato diventa atomo nucleare, ovvero costituito da
un nucleo centrale formato da nucleoni estremamente pesanti e da una nube di
particelle molto più leggere che si muovono attorno al nucleo, conosciute come
elettroni. I nucleoni sono di due tipi: i protoni, carichi positivamente, ed i neutroni
che sono elettricamente neutri. I protoni e i neutroni, nel loro insieme, costituiscono
sostanzialmente la totalità della massa atomica. Gli elettroni invece sono carichi
negativamente, si muovono attorno al nucleo e la loro massa è 1837 volte inferiore a
quella dei nucleoni.
Gli atomi, nel loro complesso, sono elettricamente neutri e ciò è dovuto al fatto
che, all'interno di un atomo, il numero di elettroni è uguale al numero di protoni.
Gli atomi di ogni elemento sono costituiti da un preciso numero di protoni, e
quindi da un egual numero di elettroni, che ne determina le caratteristiche
chimiche. Ad esempio tutti gli atomi di idrogeno hanno un protone, quelli di azoto ne
hanno sette, gli atomi di ossigeno otto.
Il
numero dei protoni presenti in un atomo (che coincide con il numero di elettroni) è
detto numero atomico (Z).
Siccome le proprietà chimiche dipendono dal numero di protoni ed elettroni,
tutti gli atomi con lo stesso numero atomico sono classificati come atomi dello
stesso elemento chimico e presentano quindi le stesse proprietà chimiche.
Le reazioni chimiche coinvolgono esclusivamente gli elettroni, mentre protoni e
neutroni partecipano solo nelle reazioni nucleari.
La massa di un atomo, tuttavia, dipende sia dal numero di protoni che da quello
di neutroni (gli elettroni possono essere sostanzialmente trascurati in quanto, come
già accennato, la loro massa è 1837 volte più piccola di quella dei nucleoni), di
conseguenza è necessario introdurre il concetto di numero di massa (A).
Il numero di massa (A) è dato dalla somma algebrica del numero di protoni (Z) e
del numero di neutroni (N) presenti nel nucleo di un atomo di un elemento.
A = N + Z.
E’ tuttavia possibile che due atomi presentino lo stesso numero di protoni (e
quindi di elettroni) ma un numero diverso di neutroni: in questo caso si parla di
isotopi, ovvero di atomi che presentano lo stesso numero atomico (Z) ma un
diverso numero di massa (A). Essendo costituiti dallo stesso numero di protoni, gli
isotopi sono classificati come atomi di uno stesso elemento.
Tutti gli isotopi di uno stesso elemento hanno lo stesso nome, la stessa posizione
nella tavola periodica e le stesse caratteristiche chimiche ma presentano masse
diverse. La maggior parte degli elementi che si trovano in Natura sono presenti in
miscela
isotopica, ovvero hanno due o più isotopi che possono essere stabili o instabili. Gli
isotopi instabili tendono ad emettere radioattività per stabilizzarsi.
PESO ATOMICO E PESO MOLECOLARE:
Quando protoni e neutroni si uniscono per formare il nucleo di un atomo serve
energia così che la sua massa viene distrutta causando il difetto di massa. Il
difetto di massa serve per far si che la massa di un atomo sia più piccola rispetto
alla massa delle particelle che lo costituiscono.
Il peso atomico di un elemento è dato dal rapporto tra la massa dell’atomo e una
massa di riferimento, ed è conosciuto anche come peso atomico relativo (PA).
La massa di riferimento è l’unità di massa atomica (u.m.a) che corrisponde alla
dodicesima parte della massa dell’isotopo carbonio 12 (12C) purissimo a cui è stata
attribuita una massa pari a 12 u.m.a
1 u.m.a = 1,67 x 10-27 Kg.
Ad ogni elemento presente sulla tavola periodica è associato un peso atomico
relativo dato dal rapporto tra la massa assoluta dell’atomo preso in
considerazione e l’u.m.a. La massa riportata sulla tavola periodica è espressa da
numeri non interi con 4 o 5 cifre significative in quanto tiene conto, per ogni
elemento, dell’abbondanza isotopica presente in Natura.
Il peso atomico riportato in tavola periodica del carbonio è ottenuto dalla media
ponderata delle masse dei suoi isotopi sulla base dell’abbondanza percentuale in cui
è presente in natura ed è pari a 12,011 u.m.a.
Il peso di una molecola è dato dalla somma dei pesi atomici degli atomi che la
costituiscono e viene definito peso molecolare (PM) o massa molecolare (MM).
Nel caso di composti che non sono costituiti da singole molecole ma sono presenti in
un reticolo (composti ionici) non si parla di peso molecolare, ma di peso formula
(PF) o massa formula (MF), ovvero il peso di queste sostanze è quello riferito alla
loro formula minima.
Per formula minima si intende la formula che rappresenta in quale rapporto
sono presenti gli elementi in una sostanza. Tale rapporto è dato dal numero
intero più piccolo. La formula minima è solitamente impiegata per indicare
quelle sostanze che sono formate da una combinazione di atomi che si ripetono
infinite volte nello spazio, come ad esempio i reticoli cristallini (NaCl, KBr,
MgCl2). Per le sostanze costituite da molecole si parla invece di formula
molecolare, che è ottenuta indicando, per ciascun elemento, il numero di atomi
effettivamente presenti in una molecola (H2O, H2SO4, CH3OH).
LA MOLE ED IL NUMERO DI AVOGADRO:
La mole è un'unità di misura riconosciuta dal Sistema Internazionale (SI) ed è
impiegata per indicare la quantità di materia che contiene un numero di entità
elementari pari al Numero di Avogadro (NA).
Con una mole indichiamo la presenza di 6,022 x 1023 unità elementari.
Possiamo dire che la mole è la “dozzina” del chimico ovvero è semplicemente
un'unità di conteggio. Il valore indicato,
conosciuto come Numero di Avogadro NA (6,022 x 1023), non è casuale ed è una delle
costanti fondamentali della chimica e fu determinato dallo scienziato italiano Amedeo
Avogadro da cui prende il nome.
Il Numero di Avogadro, determinato sperimentalmente, indica il numero di atomi di
isotopo carbonio-12 (12C) presenti in 12,000 g esatti di isotopo 12C purissimo e
corrisponde a 6,022 x 1023 atomi di isotopo carbonio-12.
Definiamo mole (mol) la quantità di sostanza che contiene un numero di entità
pari al Numero di Avogadro NA ovvero pari al numero di atomi di 12C presenti in
12,000 g esatti di isotopo 12C purissimo. Una mole corrisponde quindi ad un
Numero di Avogadro di unità elementari (atomi, molecole, scarpe, uova, biglie o
quello che preferiamo).
Pesando 12,000 g esatti di carbonio-12 purissimo, corrispondenti per definizione a
12,000 u.m.a, si ha la certezza di avere
6,022 x 1023 atomi di carbonio-12, ovvero di in presenza di una mole di atomi di
carbonio-12. Poichè i pesi atomici sono tutti espressi come rapporto tra la massa
dell'elemento in considerazione e l'u.m.a., sono pesi relativi, è possibile affermare che
per una qualsiasi sostanza la mole è data dal peso espresso in grammi che coincide
numericamente con il suo peso atomico o molecolare.
Una mole di acqua (H2O, PM = 18) pesa 18 g e contiene
6,022 x 1023 molecole d'acqua.
Una mole di monossido di carbonio (CO;PM = 28) pesa 28 g e contiene 6;022 x 1023
molecole di CO.
Allo stesso modo posso affermare che: se 18 g di acqua contengono 6,022 x 10 23
molecole d'acqua, allora 36 g di acqua ne contengono il doppio ovvero 2 x 6,022 x
1023.
E’ possibile inoltre affermare che 9 g di acqua contengono la metà delle molecole
presenti in 18 g ed un quarto di quelle contenute in 36 g. In 9 g d'acqua sono quindi
presenti (6,022 x 1023) = 1/2 molecole d'acqua.
Queste considerazioni ci permettono di determinare il numero di moli presenti
in una certa massa di sostanza (espressa in grammi) semplicemente dividendo
tale massa per il Peso Molare (espresso in g/mol e coincidente numericamente
con il peso molecolare).
Ottenute le moli presenti nel campione è possibile determinare il numero esatto
di molecole in esso contenute moltiplicando le moli per il NA.
Allo stesso modo per calcolare la massa (in grammi) necessaria ad avere un certo
numero di moli di una qualsiasi sostanza è sufficiente moltiplicare il numero di
moli desiderato per il PM.
Per conoscere la quantità d'acqua necessaria per avere 3 moli d'acqua, è sufficiente
moltiplicare il numero di moli desiderate per il peso molecolare dell'acqua
il valore ottenuto 54 g è la quantità d'acqua che contiene esattamente 3 moli d'acqua
ovvero 3 x NA molecole d'acqua.
STRUTTURA ELETTRONICA DELL’ATOMO:
Il primo scienziato a proporre un sistema descrittivo dell'atomo fu il fisico
inglese Joseph J. Thomson
(1856-1940, Premio Nobel per la fisica 1906) durante la seconda metà dell'Ottocento.
Dopo aver scoperto l'esistenza dell'elettrone egli propose un modello conosciuto
come modello atomico a cariche diffuse (o modello a panettone). Egli riteneva
che l'atomo, elettricamente neutro, fosse costituito da una sfera carica
positivamente all'interno della quale si trovavano gli elettroni, disposti come i
canditi di un panettone, che si muovevano con un certo grado di libertà non ben
definito. Pochi anni dopo, nella prima metà del Novecento, Ernest Rutherford
(1871-1937, Premio Nobel per la chimica 1908) scoprì l'esistenza del nucleo
atomico,
anche grazie agli studi sulla radioattività effettuati pochi anni prima da Pierre
Curie. Rutherford propose così un nuovo modello conosciuto come modello
atomico planetario. Secondo tale modello l'atomo era costituito da un nucleo
centrale, contenente i protoni e dotato di carica positiva, e da un numero
equivalente di elettroni, carichi negativamente, che si muovevano attorno al
nucleo seguendo orbite circolari. Il sistema ricorda quello planetario, ovvero del
moto dei pianeti attorno al Sole, da cui prende il nome.
Il modello di Rutherford tuttavia non venne inizialmente accettato dalla comunità
scientifica in quanto non era in accordo con le leggi della sica classica note all'epoca.
Gli elettroni carichi negativamente infatti sarebbero
dovuti precipitare sul nucleo carico positivamente
emettendo energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche man mano che la
loro orbita si riduceva.
Tale fenomeno però non avviene altrimenti non esisterebbe la materia e di
conseguenza non esisterebbe l'intero Universo. Il dilemma fu superato quando nel
1913 Niels Bohr (1885-1962, Premio Nobel per la sica 1922) propose un nuovo
modello conosciuto come modello atomico quantistico o modello atomico di
Bohr. Egli, utilizzando le ricerche sulla Fisica quantistica di Max Planck (18581947, Premio Nobel per la fisica 1918) all'epoca non ancora completamente
accettate, gli esperimenti sull'effetto fotoelettrico di Albert Einstein (1879-1955,
per il quale lo scienziato riceverà il Nobel per la sica nel 1921) e gli spettri di
emissione per l'atomo di idrogeno ottenuti da Johannes Rydberg (1854-1919)
propose due postulati:
 CONDIZIONE DELLO STATO STAZIONARIO: gli elettroni che si
trovano attorno ad un atomo possono avere solo valori specifici di energia
definiti livelli energetici o orbite. Finchè l'elettrone rimane all'interno di queste
orbite esso può continuare a ruotare attorno al nucleo senza emettere energia
elettromagnetica.
 CONDIZIONE DI FREQUENZA:
l'elettrone può passare da un livello energetico ad un altro solamente emettendo
o assorbendo una quantità definita di energia, pari alla differenza energetica tra
le orbite coinvolte nel trasferimento.
Lo scambio di energia avviene attraverso l'assorbimento o l'emissione di
fotoni.
Bohr ipotizzò che se un elettrone possiede un valore di momento angolare (mvr)
corrispondente ad un multiplo intero positivo (n) di h/2π (con h = costante di
Planck),
allora l'elettrone appartiene ad un orbita stazionaria ovvero non cede energia
durante il suo moto di rotazione attorno al nucleo.
Il numero intero positivo (n) è chiamato numero quantico principale ed è
direttamente proporzionale all'energia dell'elettrone.
Maggiore è (n), maggiore è il valore del suo momento angolare (mvr) ovvero
maggiore è l'energia dell'elettrone. Gli elettroni a maggior energia sono quelli con
(n) maggiore e sono quindi quelli più lontani dal nucleo (l'orbita che descrivono
è più grande).
PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG E DEFINIZIONE
DEL CONCETTO DI ORBITALE:
Il modello atomico di Bohr, pur essendo in pieno accordo con gli esperimenti
condotti da Rydberg, risulta verificato solo per l'atomo di idrogeno e non è
applicabile ad atomi
poli-elettronici. Studi successivi a quelli condotti da Bohr rivelarono che gli
atomi non si muovono su orbite fisse come egli invece ipotizzò. Furono le
ricerche di Werner Heisenberg (1901-1976, Premio Nobel per la fisica 1932) e
Erwin Schrodinger (1887-1961, Premio Nobel per la fisica 1933) a sviluppare il
nuovo modello atomico oggi comunemente accettato e conosciuto come modello
atomico di Schrodinger.
Attraverso il famoso Principio di indeterminazione Werner Heisenberg enunciò
che: “è impossibile conoscere contemporaneamente sia la posizione che la velocità
(ovvero la quantità di moto) degli elettroni in un atomo, ed è quindi impossibile
descrivere delle orbite precise lungo le quali l'elettrone può muoversi". Ciò significa
che l'unica cosa possibile è calcolare la probabilità di trovare un elettrone in una certa
regione di spazio.
Fatta propria l'osservazione di Heisenberg, e considerati gli studi di De Broglie
(1892-1987) sul dualismo onda-corpuscolo, Erwin Schrodinger formulò un nuovo
modello atomico basato sugli orbitali atomici abbandonando definitivamente il
modello ad orbite stazionarie di Bohr.
L'orbitale atomico è definito tramite la funzione d'onda (indicata con la lettera greca
“psi”) che descrive il comportamento di un elettrone in un atomo ed è
qualitativamente descritto dalla regione di spazio dove la probabilità di trovare
l'elettrone è superiore al 90% (la densità di probabilità di trovare l'elettrone è definita
dal quadrato
della funzione “psi” ψ2).
La definizione di orbitale suggerisce immediatamente che non siamo in presenza
di orbite stazionarie ma di regioni di spazio nelle quali sussiste una certa
probabilità di trovare l'elettrone.
Tutto ciò viene graficamente rappresentato da delle superfici che delimitano una
regione di spazio all'interno della quale è massima la probabilità di trovare l'elettrone.
Nessuno tuttavia può essere assolutamente certo che l'elettrone si trovi
effettivamente all'interno di questo spazio.
Così Max Born (1882-1970, Premio Nobel per la fisica 1954), ispirandosi all'idea
di Heisenberg, descrisse il modo con cui dobbiamo approcciarci alla meccanica
quantistica:
“Se si decide di conoscere l'energia di un elettrone in un atomo con una piccola
incertezza, allora si deve accettare una incertezza molto elevata nella sua posizione
nello spazio attorno al nucleo".
Le funzioni d'onda, che descrivono il comportamento di un elettrone, possono
essere interpretate solo in termini di
probabilità.
LA FUNZIONE D’ONDA ψ “PSI” ED I NUMERI QUANTICI:
Ad ogni funzione d'onda, ovvero ad ogni orbitale atomico, sono associati tre
numeri quantici che ne determinano le caratteristiche.
Il numero quantico principale (n) identifica il livello energetico dell'orbitale e ne
descrive l'”ampiezza”.
Esso può assumere esclusivamente valori interi positivi (1,2,3, ecc.).
Al crescere di “n” cresce l'energia associata all'orbitale descritto e la sua
ampiezza.
Maggiore è l'estensione dell'orbitale rispetto al nucleo, maggiore è l'energia in gioco;
ovvero gli elettroni che presentano “n” elevato sono dotati di energia più elevata che
li rende particolarmente reattivi ed hanno una maggiore probabilità di trovarsi più
lontani dal nucleo.
I livelli energetici descritti da “n” comprendono più sottolivelli, ciascuno dei
quali può comprendere più orbitali. I sottolivelli vengono anche chiamati
sottostrati.
Il numero quantico secondario (o azimutale o del momento angolare) (l)
definisce la forma dell'orbitale ed identifica il sottolivello. All'interno di uno
stesso livello (identificato da “n”) avremo quindi più sottolivelli descritti da “l” e
caratterizzati a loro volta da forma ed energia proprie.
“l” può assumere valori compresi tra 0 e n - 1, estremi inclusi, ovvero per ogni
livello “n” avremo un numero di sottolivelli (cioè di “tipi di orbitali”) pari ad
“n”.
Ad esempio, quando n = 1 allora l = 0, il che significa che per il primo livello
energetico è associato un solo sottolivello (l = 0).
Nel secondo livello energetico (n = 2) avremo due sottolivelli energetici (l = 0 e l
= 1).
Nel terzo livello energetico (n = 3) avremo tre sottolivelli
(l = 0, l = 1 ed l = 2) e così via.
Ad ogni valore di “l” corrisponde quindi un sottolivello, ovvero un orbitale che
presenta una forma caratteristica e viene per consuetudine indicato con una
lettera:
 l = 0 corrisponde al sottolivello “s” (sharp);
 l = 1 corrisponde al sottolivello “p” (principal);
 l = 2 corrisponde al sottolivello “d” (diffuse);
 l = 3 corrisponde al sottolivello “f” (fundamental);
Gli orbitali di un certo sottolivello (es. px, py e pz) differiscono tra loro soltanto per
l'orientazione spaziale e non per la forma nè per l'energia. Per una corretta
descrizione dell'orbitale è necessario includere un numero quantico che specifichi in
quale orbitale, nell'ambito del sottolivello, ha sede l'elettrone.
Per questo motivo è stato introdotto il numero quantico magnetico (o terziario) (m
o ml) che indica l'orientazione degli orbitali degeneri nello spazio. “ml” suggerisce
quanti orbitali con la stessa energia e con la stessa forma (stessa “n” e stessa
“l”), ma con orientazione spaziale diversa, sono presenti in un certo sottolivello.
“m” può assumere solo valori interi compresi tra +l e -l, incluso lo zero. Ad
esempio se l = 1 (sottolivello p), “m” potrà assumere i valori -1, 0, +1, a cui
corrispondono tre orbitali degeneri con tre orientazioni spaziali: px, py e pz.
Quando l = 2 (sottolivello d), m potrà assumere i valori -2, -1, 0, +1, +2, a cui
corrispondono cinque orbitali degeneri con cinque orientazioni spaziali: dxy, dxz,
dyz, d2xy e d2z, e così via.
Il sottolivello “s” (l = 0) descritto da un solo orbitale di forma sferica, è possibile
una sola orientazione spaziale e di conseguenza esiste un solo valore accettabile
di numero quantico magnetico
(“m” = 0). Diversamente, al sottolivello “p” (l = 1) corrispondono 3 possibili “m”
(-1; 0; +1), ovvero 3 possibili orientazioni dell'orbitale nello spazio.
Al sottolivello “d” (l = 2) corrispondono 5 possibili “m” (-2;-1; 0; 1; 2), ovvero 5
possibili orientazioni spaziali dell'orbitale.
Al sottolivello “f” (l = 3) corrispondono 7 possibili “m”
(-3;-2;-1; 0; 1; 2; 3), ovvero 7 possibili orientazioni spaziali consentite.
Siccome l'orientazione spaziale dell'orbitale non influisce sulla sua energia, si può
affermare che orbitali con stesso “l” ed “n” ma con “m” diverso sono degeneri,
presentano cioè la stessa energia.
Il numero quantico di spin (o numero quantico magnetico
di spin elettronico) (ms) è associato al movimento rotazionale (spin) che un
elettrone assume all'interno di un orbitale. Se consideriamo l'elettrone come una
sfera carica rotante attorno al proprio asse, allora è necessario definire il senso di
rotazione che esso può assumere, occorre cioè specificare se la rotazione
dell'elettrone avviene in senso “orario” o “antiorario”.
Il numero quantico di spin “ms” può quindi assumere solo due valori, per
convenzione indicati con +1=2 e -1=2.
Fenomeni quali il paramagnetismo ed il ferromagnetismo, ovvero la caratteristica di
alcuni metalli di essere attratti da campi magnetici, derivano dalle proprietà di spin
degli elettroni. Un materiale si dice ferromagnetico quando gli spin dei suoi elettroni,
che si trovano in orbitali semipieni, si allineano nella medesima direzione. La
maggior parte delle sostanze tuttavia non presenta elettroni in orbitali semipieni e
dunque viene detta diamagnetica,
ovvero non risente in modo significativo del campo magnetico esterno.
RIASSUMENDO:
 Minore è il valore di “n”, minore è l'energia dell'elettrone. L'elettrone
avrà maggiore probabilità di trovarsi vicino al nucleo e sarà più stabile.
Maggiore è il valore di “n”, maggiore è l'energia dell'elettrone.
L'elettrone avrà maggiore probabilità di trovarsi lontano dal nucleo e sarà
più reattivo.
 Per ogni livello (strato) “n” esistono “n” tipi di sottolivelli (sottostrati),
ovvero di orbitali con diversa forma.
 Per ogni sottostrato “l” esistono 2l+1 orbitali totali (cioè uno s, tre p,
cinque d, sette f).
 Il numero totale di orbitali per un livello “n” è dato da n2. Posto che un
elettrone in ogni orbitale può assumere solo due valori di ms, il numero
massimo di elettroni che ogni livello può ospitare è dato da 2n2
CONFIGURAZIONI ELETTRONICHE E REGOLE DI RIEMPIMENTO
DEG LI ORBITALI:
Per descrivere la configurazione elettronica degli elettroni fra i vari sottostrati,
ovvero fra i vari sottostrati, ovvero fra i vari tipi di orbitali, si utilizza una
notazione internazionale denominata configurazione elettronica.
Essa è indicata dalla successione del numero quantico principale (n), dal numero
secondario quantico (l) espresso dalla lettera corrispondente (s, p, d, f), e dal
numero di elettroni presenti nell’orbitale indicati come esponente.
Per convenzione il numero quantico magnetico (ml) non viene indicato. Ad esempio
l’azoto ( Z = 7) ha configurazione elettronica 1s22s22p3.
Dei 7 elettroni dell’azoto quindi:
2 si trovano nel livello energetico 1, sottostrato s.
2 si trovano nel livello energetico 2, sottostrato s.
3 si trovano nel livello energetico 2, sottostrato p.
Per determinare l’ordine di riempimento degli orbitali atomici è fondamentale
considerare i seguenti principi:
 PRINCIPIO DI AUFBAU (DI MINIMA ENERGIA):
Ogni elettrone occupa preferenzialmente l’orbitale disponibile a più bassa
energia, ovvero quello con numero quantico n più basso, nel caso di orbitali
con lo stesso valore di n, si riempie preferenzialmente l’orbitale con l più
basso.
 PRINCIPIO DI HUND (O DELLA MASSIMA MOLTEPLICITÀ DI SPIN):
In presenza di orbitali degeneri, ovvero di orbitali con lo stesso valore di
energia, gli elettroni si distribuiscono sul maggior numero di orbitali
possibile e presentano spin paralleli.
 PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI:
In ogni orbitale possono trovarsi al massimo due elettroni che presentano
spin antiparallelo (+1/2 e -1/2).
Ciò significa che: “in un atomo non esistono due elettroni descritti dalla
stessa sequenza dei quattro numeri quantici (n, l, m, ms)”.
Ogni singolo elettrone in un atomo può essere quindi descritto in modo
univoco dalla quaterna di numeri quantici.
Gli orbitali atomici vengono rappresentati da dei quadrati all’interno dei quali si
pongono gli elettroni rappresentati da delle frecce, la cui orientazione indica lo stato
di spin dell’elettrone (+1/2 e -1/2). Ogni orbitale atomico può ospitare al massimo
due elettroni con spin opposto.
La configurazione elettronica ottenuta seguendo questi principi corrisponde allo stato
elettronico a più bassa energia noto come stato fondamentale. Fornendo energia al
sistema (riscaldando o irradiando il campione) la distribuzione elettronica cambia in
quanto gli elettroni eccitati tendono ad occupare orbitali ad energia più alta; l’atomo
si trova quindi in uno stato eccitato e quindi diventa meno stabile ovvero più reattivo.
Siccome la sequenza dei livelli energetici non dipende solo da n ma anche da l, è
fondamentale ricordare che orbitali dello stesso strato (stesso “n”) ma con forma
diversa (“l” diverso) presentano energie diverse, ovvero NON sono degeneri. Per
identificare la configurazione elettronica dello stato fondamentale è necessario quindi
considerare anche il numero quantico “l”.
Le energie degli orbitali crescono al crescere della somma
n + l;
nel caso in cui ci siano orbitali con uguale al valore n + l si riempie prima quello
con n minore.
L’ordine di riempimento degli orbitali è il seguente:
1s2s2p3s3p4s3d4p5s4d…
L’orbitale 4s ha
energia inferiore
rispetto all’orbitale 3d poiché per il 4s si ha anche n + l = 4 (n = 4, l = 0)
mentre per il 3d abbiamo n + l = 5 (n = 3, l = 2).
L’orbitale 4s viene quindi riempito prima del 3d e la stessa cosa accade per l’orbitale
5s rispetto al 4d e così via.
Per alcuni elementi della tavola periodica la distribuzione elettronica NON segue
le regole sopra elencate: si parla in questo caso di anomalie Aufbau. Ne fanno
parte, tra gli altri, il rame (Cu), il cromo (Cr), l’oro (Au), l’argento (Ag), il
palladio (Pd) ed il platino (Pt). Questi elementi preferiscono generalmente avere
sottolivelli pieni o pieni a metà a discapito dell’energia dell’orbitale.
REGOLE DI RIEMPIMENTO PER GLI IONI:
ATOMO → E’ la struttura nella quale la materia è organizzata in unità
fondamentali che costituiscono gli elementi chimici. Questi si aggregano
normalmente in unità stabili dette molecole che caratterizzano le sostanze
chimiche.
ELETTRONE → (e-), è una particella elementare che è la componente a carica
negativa della materia ordinaria; è la particella più leggera che sia dotata di
carica.
PROTONE → Corrisponde alla più piccola carica elettrica positiva esistente
libera in natura e rappresenta pertanto il quanto di elettricità positiva. Un solo
protone costituisce il nucleo di un atomo di idrogeno.
NEUTRONE → E’ una particella priva di carica elettrica e insieme al protone è
la particella fondamentale di ogni nucleo atomico
MOLECOLA → E’ la più piccola unità chimica di una sostanza (elemento o
composto) che, conservando le caratteristiche chimiche della sostanza stessa, sia
capace di esistenza indipendente. Le molecole sono raggruppamenti di atomi con
caratteristiche chimiche definite.
Le molecole delle sostanze semplici (elementi) sono formate da due o più atomi
uguali legati tra loro.
Le molecole delle sostanze composte (composti) sono formate da due o più atomi
di elementi diversi legati tra loro.
IONE → Si intende un atomo o un raggruppamento di atomi che ha assunto una
o più cariche elettriche mediante perdita (ioni positivi o cationi) o acquisto (ioni
negativi o anioni) di uno o più elettroni
CATIONE → E’ uno ione carico positivamente
ANIONE → E’ uno ione carico negativamente
Per scrivere la configurazione elettronica di uno ione è necessario fare le seguenti
considerazioni:
 Gli elettroni che vengono rimossi da un atomo per formare un catione
(ione carico positivamente), vengono rimossi sempre dagli orbitali con il
numero quantico n più alto.
 Se ci sono più sottolivelli occupati a parità di n, gli elettroni vengono
rimossi dall’orbitale con l maggiore.
 Quando un atomo acquista degli elettroni per formare un anione (ione
carico negativamente), questi vengono aggiunti ad un orbitale vuoto o
semipieno con il più alto valore di n e il più basso valore di l.
In chimica, data la configurazione elettronica di un elemento, è possibile distinguere
gli elettroni in due gruppi: quelli distribuiti nei livelli interni (elettroni del core)
e quelli presenti presenti nel livello energetico più alto, ovvero presenti nello
strato più esterno, detti elettroni di valenza. Solo gli elettroni di valenza
contribuiscono alle proprietà chimiche dell’elemento, poiché essi presentano energia
più elevata e sono quindi i più reattivi.
La configurazione elettronica può essere indicata in forma contratta mettendo
tra parentesi quadra il gas nobile che precede l’elemento nella tavola periodica
ed indicando quindi solo gli elettroni di valenza mancanti.
Ad esempio la configurazione elettronica del fluoro F può essere scritta 1s22s22p5 o
alternativamente [He] 2s22p5. La configurazione elettronica del ferro Fe può essere
scritta 1s22s22p63s23p64s23d6 o alternativamente [Ar] 4s23d6.
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