LA STRUTTURA DELL’ATOMO: PARTICELLE ELEMENTARI, UN NUMERO ATOMICO E NUMERO DI MASSA: L'atomo non è una particella indivisibile e compatta, bensì è costituito da tre tipi di particelle subatomiche dotate di massa e denominate: protoni, elettroni e neutroni. L'atomo così strutturato diventa atomo nucleare, ovvero costituito da un nucleo centrale formato da nucleoni estremamente pesanti e da una nube di particelle molto più leggere che si muovono attorno al nucleo, conosciute come elettroni. I nucleoni sono di due tipi: i protoni, carichi positivamente, ed i neutroni che sono elettricamente neutri. I protoni e i neutroni, nel loro insieme, costituiscono sostanzialmente la totalità della massa atomica. Gli elettroni invece sono carichi negativamente, si muovono attorno al nucleo e la loro massa è 1837 volte inferiore a quella dei nucleoni. Gli atomi, nel loro complesso, sono elettricamente neutri e ciò è dovuto al fatto che, all'interno di un atomo, il numero di elettroni è uguale al numero di protoni. Gli atomi di ogni elemento sono costituiti da un preciso numero di protoni, e quindi da un egual numero di elettroni, che ne determina le caratteristiche chimiche. Ad esempio tutti gli atomi di idrogeno hanno un protone, quelli di azoto ne hanno sette, gli atomi di ossigeno otto. Il numero dei protoni presenti in un atomo (che coincide con il numero di elettroni) è detto numero atomico (Z). Siccome le proprietà chimiche dipendono dal numero di protoni ed elettroni, tutti gli atomi con lo stesso numero atomico sono classificati come atomi dello stesso elemento chimico e presentano quindi le stesse proprietà chimiche. Le reazioni chimiche coinvolgono esclusivamente gli elettroni, mentre protoni e neutroni partecipano solo nelle reazioni nucleari. La massa di un atomo, tuttavia, dipende sia dal numero di protoni che da quello di neutroni (gli elettroni possono essere sostanzialmente trascurati in quanto, come già accennato, la loro massa è 1837 volte più piccola di quella dei nucleoni), di conseguenza è necessario introdurre il concetto di numero di massa (A). Il numero di massa (A) è dato dalla somma algebrica del numero di protoni (Z) e del numero di neutroni (N) presenti nel nucleo di un atomo di un elemento. A = N + Z. E’ tuttavia possibile che due atomi presentino lo stesso numero di protoni (e quindi di elettroni) ma un numero diverso di neutroni: in questo caso si parla di isotopi, ovvero di atomi che presentano lo stesso numero atomico (Z) ma un diverso numero di massa (A). Essendo costituiti dallo stesso numero di protoni, gli isotopi sono classificati come atomi di uno stesso elemento. Tutti gli isotopi di uno stesso elemento hanno lo stesso nome, la stessa posizione nella tavola periodica e le stesse caratteristiche chimiche ma presentano masse diverse. La maggior parte degli elementi che si trovano in Natura sono presenti in miscela isotopica, ovvero hanno due o più isotopi che possono essere stabili o instabili. Gli isotopi instabili tendono ad emettere radioattività per stabilizzarsi. PESO ATOMICO E PESO MOLECOLARE: Quando protoni e neutroni si uniscono per formare il nucleo di un atomo serve energia così che la sua massa viene distrutta causando il difetto di massa. Il difetto di massa serve per far si che la massa di un atomo sia più piccola rispetto alla massa delle particelle che lo costituiscono. Il peso atomico di un elemento è dato dal rapporto tra la massa dell’atomo e una massa di riferimento, ed è conosciuto anche come peso atomico relativo (PA). La massa di riferimento è l’unità di massa atomica (u.m.a) che corrisponde alla dodicesima parte della massa dell’isotopo carbonio 12 (12C) purissimo a cui è stata attribuita una massa pari a 12 u.m.a 1 u.m.a = 1,67 x 10-27 Kg. Ad ogni elemento presente sulla tavola periodica è associato un peso atomico relativo dato dal rapporto tra la massa assoluta dell’atomo preso in considerazione e l’u.m.a. La massa riportata sulla tavola periodica è espressa da numeri non interi con 4 o 5 cifre significative in quanto tiene conto, per ogni elemento, dell’abbondanza isotopica presente in Natura. Il peso atomico riportato in tavola periodica del carbonio è ottenuto dalla media ponderata delle masse dei suoi isotopi sulla base dell’abbondanza percentuale in cui è presente in natura ed è pari a 12,011 u.m.a. Il peso di una molecola è dato dalla somma dei pesi atomici degli atomi che la costituiscono e viene definito peso molecolare (PM) o massa molecolare (MM). Nel caso di composti che non sono costituiti da singole molecole ma sono presenti in un reticolo (composti ionici) non si parla di peso molecolare, ma di peso formula (PF) o massa formula (MF), ovvero il peso di queste sostanze è quello riferito alla loro formula minima. Per formula minima si intende la formula che rappresenta in quale rapporto sono presenti gli elementi in una sostanza. Tale rapporto è dato dal numero intero più piccolo. La formula minima è solitamente impiegata per indicare quelle sostanze che sono formate da una combinazione di atomi che si ripetono infinite volte nello spazio, come ad esempio i reticoli cristallini (NaCl, KBr, MgCl2). Per le sostanze costituite da molecole si parla invece di formula molecolare, che è ottenuta indicando, per ciascun elemento, il numero di atomi effettivamente presenti in una molecola (H2O, H2SO4, CH3OH). LA MOLE ED IL NUMERO DI AVOGADRO: La mole è un'unità di misura riconosciuta dal Sistema Internazionale (SI) ed è impiegata per indicare la quantità di materia che contiene un numero di entità elementari pari al Numero di Avogadro (NA). Con una mole indichiamo la presenza di 6,022 x 1023 unità elementari. Possiamo dire che la mole è la “dozzina” del chimico ovvero è semplicemente un'unità di conteggio. Il valore indicato, conosciuto come Numero di Avogadro NA (6,022 x 1023), non è casuale ed è una delle costanti fondamentali della chimica e fu determinato dallo scienziato italiano Amedeo Avogadro da cui prende il nome. Il Numero di Avogadro, determinato sperimentalmente, indica il numero di atomi di isotopo carbonio-12 (12C) presenti in 12,000 g esatti di isotopo 12C purissimo e corrisponde a 6,022 x 1023 atomi di isotopo carbonio-12. Definiamo mole (mol) la quantità di sostanza che contiene un numero di entità pari al Numero di Avogadro NA ovvero pari al numero di atomi di 12C presenti in 12,000 g esatti di isotopo 12C purissimo. Una mole corrisponde quindi ad un Numero di Avogadro di unità elementari (atomi, molecole, scarpe, uova, biglie o quello che preferiamo). Pesando 12,000 g esatti di carbonio-12 purissimo, corrispondenti per definizione a 12,000 u.m.a, si ha la certezza di avere 6,022 x 1023 atomi di carbonio-12, ovvero di in presenza di una mole di atomi di carbonio-12. Poichè i pesi atomici sono tutti espressi come rapporto tra la massa dell'elemento in considerazione e l'u.m.a., sono pesi relativi, è possibile affermare che per una qualsiasi sostanza la mole è data dal peso espresso in grammi che coincide numericamente con il suo peso atomico o molecolare. Una mole di acqua (H2O, PM = 18) pesa 18 g e contiene 6,022 x 1023 molecole d'acqua. Una mole di monossido di carbonio (CO;PM = 28) pesa 28 g e contiene 6;022 x 1023 molecole di CO. Allo stesso modo posso affermare che: se 18 g di acqua contengono 6,022 x 10 23 molecole d'acqua, allora 36 g di acqua ne contengono il doppio ovvero 2 x 6,022 x 1023. E’ possibile inoltre affermare che 9 g di acqua contengono la metà delle molecole presenti in 18 g ed un quarto di quelle contenute in 36 g. In 9 g d'acqua sono quindi presenti (6,022 x 1023) = 1/2 molecole d'acqua. Queste considerazioni ci permettono di determinare il numero di moli presenti in una certa massa di sostanza (espressa in grammi) semplicemente dividendo tale massa per il Peso Molare (espresso in g/mol e coincidente numericamente con il peso molecolare). Ottenute le moli presenti nel campione è possibile determinare il numero esatto di molecole in esso contenute moltiplicando le moli per il NA. Allo stesso modo per calcolare la massa (in grammi) necessaria ad avere un certo numero di moli di una qualsiasi sostanza è sufficiente moltiplicare il numero di moli desiderato per il PM. Per conoscere la quantità d'acqua necessaria per avere 3 moli d'acqua, è sufficiente moltiplicare il numero di moli desiderate per il peso molecolare dell'acqua il valore ottenuto 54 g è la quantità d'acqua che contiene esattamente 3 moli d'acqua ovvero 3 x NA molecole d'acqua. STRUTTURA ELETTRONICA DELL’ATOMO: Il primo scienziato a proporre un sistema descrittivo dell'atomo fu il fisico inglese Joseph J. Thomson (1856-1940, Premio Nobel per la fisica 1906) durante la seconda metà dell'Ottocento. Dopo aver scoperto l'esistenza dell'elettrone egli propose un modello conosciuto come modello atomico a cariche diffuse (o modello a panettone). Egli riteneva che l'atomo, elettricamente neutro, fosse costituito da una sfera carica positivamente all'interno della quale si trovavano gli elettroni, disposti come i canditi di un panettone, che si muovevano con un certo grado di libertà non ben definito. Pochi anni dopo, nella prima metà del Novecento, Ernest Rutherford (1871-1937, Premio Nobel per la chimica 1908) scoprì l'esistenza del nucleo atomico, anche grazie agli studi sulla radioattività effettuati pochi anni prima da Pierre Curie. Rutherford propose così un nuovo modello conosciuto come modello atomico planetario. Secondo tale modello l'atomo era costituito da un nucleo centrale, contenente i protoni e dotato di carica positiva, e da un numero equivalente di elettroni, carichi negativamente, che si muovevano attorno al nucleo seguendo orbite circolari. Il sistema ricorda quello planetario, ovvero del moto dei pianeti attorno al Sole, da cui prende il nome. Il modello di Rutherford tuttavia non venne inizialmente accettato dalla comunità scientifica in quanto non era in accordo con le leggi della sica classica note all'epoca. Gli elettroni carichi negativamente infatti sarebbero dovuti precipitare sul nucleo carico positivamente emettendo energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche man mano che la loro orbita si riduceva. Tale fenomeno però non avviene altrimenti non esisterebbe la materia e di conseguenza non esisterebbe l'intero Universo. Il dilemma fu superato quando nel 1913 Niels Bohr (1885-1962, Premio Nobel per la sica 1922) propose un nuovo modello conosciuto come modello atomico quantistico o modello atomico di Bohr. Egli, utilizzando le ricerche sulla Fisica quantistica di Max Planck (18581947, Premio Nobel per la fisica 1918) all'epoca non ancora completamente accettate, gli esperimenti sull'effetto fotoelettrico di Albert Einstein (1879-1955, per il quale lo scienziato riceverà il Nobel per la sica nel 1921) e gli spettri di emissione per l'atomo di idrogeno ottenuti da Johannes Rydberg (1854-1919) propose due postulati: CONDIZIONE DELLO STATO STAZIONARIO: gli elettroni che si trovano attorno ad un atomo possono avere solo valori specifici di energia definiti livelli energetici o orbite. Finchè l'elettrone rimane all'interno di queste orbite esso può continuare a ruotare attorno al nucleo senza emettere energia elettromagnetica. CONDIZIONE DI FREQUENZA: l'elettrone può passare da un livello energetico ad un altro solamente emettendo o assorbendo una quantità definita di energia, pari alla differenza energetica tra le orbite coinvolte nel trasferimento. Lo scambio di energia avviene attraverso l'assorbimento o l'emissione di fotoni. Bohr ipotizzò che se un elettrone possiede un valore di momento angolare (mvr) corrispondente ad un multiplo intero positivo (n) di h/2π (con h = costante di Planck), allora l'elettrone appartiene ad un orbita stazionaria ovvero non cede energia durante il suo moto di rotazione attorno al nucleo. Il numero intero positivo (n) è chiamato numero quantico principale ed è direttamente proporzionale all'energia dell'elettrone. Maggiore è (n), maggiore è il valore del suo momento angolare (mvr) ovvero maggiore è l'energia dell'elettrone. Gli elettroni a maggior energia sono quelli con (n) maggiore e sono quindi quelli più lontani dal nucleo (l'orbita che descrivono è più grande). PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI ORBITALE: Il modello atomico di Bohr, pur essendo in pieno accordo con gli esperimenti condotti da Rydberg, risulta verificato solo per l'atomo di idrogeno e non è applicabile ad atomi poli-elettronici. Studi successivi a quelli condotti da Bohr rivelarono che gli atomi non si muovono su orbite fisse come egli invece ipotizzò. Furono le ricerche di Werner Heisenberg (1901-1976, Premio Nobel per la fisica 1932) e Erwin Schrodinger (1887-1961, Premio Nobel per la fisica 1933) a sviluppare il nuovo modello atomico oggi comunemente accettato e conosciuto come modello atomico di Schrodinger. Attraverso il famoso Principio di indeterminazione Werner Heisenberg enunciò che: “è impossibile conoscere contemporaneamente sia la posizione che la velocità (ovvero la quantità di moto) degli elettroni in un atomo, ed è quindi impossibile descrivere delle orbite precise lungo le quali l'elettrone può muoversi". Ciò significa che l'unica cosa possibile è calcolare la probabilità di trovare un elettrone in una certa regione di spazio. Fatta propria l'osservazione di Heisenberg, e considerati gli studi di De Broglie (1892-1987) sul dualismo onda-corpuscolo, Erwin Schrodinger formulò un nuovo modello atomico basato sugli orbitali atomici abbandonando definitivamente il modello ad orbite stazionarie di Bohr. L'orbitale atomico è definito tramite la funzione d'onda (indicata con la lettera greca “psi”) che descrive il comportamento di un elettrone in un atomo ed è qualitativamente descritto dalla regione di spazio dove la probabilità di trovare l'elettrone è superiore al 90% (la densità di probabilità di trovare l'elettrone è definita dal quadrato della funzione “psi” ψ2). La definizione di orbitale suggerisce immediatamente che non siamo in presenza di orbite stazionarie ma di regioni di spazio nelle quali sussiste una certa probabilità di trovare l'elettrone. Tutto ciò viene graficamente rappresentato da delle superfici che delimitano una regione di spazio all'interno della quale è massima la probabilità di trovare l'elettrone. Nessuno tuttavia può essere assolutamente certo che l'elettrone si trovi effettivamente all'interno di questo spazio. Così Max Born (1882-1970, Premio Nobel per la fisica 1954), ispirandosi all'idea di Heisenberg, descrisse il modo con cui dobbiamo approcciarci alla meccanica quantistica: “Se si decide di conoscere l'energia di un elettrone in un atomo con una piccola incertezza, allora si deve accettare una incertezza molto elevata nella sua posizione nello spazio attorno al nucleo". Le funzioni d'onda, che descrivono il comportamento di un elettrone, possono essere interpretate solo in termini di probabilità. LA FUNZIONE D’ONDA ψ “PSI” ED I NUMERI QUANTICI: Ad ogni funzione d'onda, ovvero ad ogni orbitale atomico, sono associati tre numeri quantici che ne determinano le caratteristiche. Il numero quantico principale (n) identifica il livello energetico dell'orbitale e ne descrive l'”ampiezza”. Esso può assumere esclusivamente valori interi positivi (1,2,3, ecc.). Al crescere di “n” cresce l'energia associata all'orbitale descritto e la sua ampiezza. Maggiore è l'estensione dell'orbitale rispetto al nucleo, maggiore è l'energia in gioco; ovvero gli elettroni che presentano “n” elevato sono dotati di energia più elevata che li rende particolarmente reattivi ed hanno una maggiore probabilità di trovarsi più lontani dal nucleo. I livelli energetici descritti da “n” comprendono più sottolivelli, ciascuno dei quali può comprendere più orbitali. I sottolivelli vengono anche chiamati sottostrati. Il numero quantico secondario (o azimutale o del momento angolare) (l) definisce la forma dell'orbitale ed identifica il sottolivello. All'interno di uno stesso livello (identificato da “n”) avremo quindi più sottolivelli descritti da “l” e caratterizzati a loro volta da forma ed energia proprie. “l” può assumere valori compresi tra 0 e n - 1, estremi inclusi, ovvero per ogni livello “n” avremo un numero di sottolivelli (cioè di “tipi di orbitali”) pari ad “n”. Ad esempio, quando n = 1 allora l = 0, il che significa che per il primo livello energetico è associato un solo sottolivello (l = 0). Nel secondo livello energetico (n = 2) avremo due sottolivelli energetici (l = 0 e l = 1). Nel terzo livello energetico (n = 3) avremo tre sottolivelli (l = 0, l = 1 ed l = 2) e così via. Ad ogni valore di “l” corrisponde quindi un sottolivello, ovvero un orbitale che presenta una forma caratteristica e viene per consuetudine indicato con una lettera: l = 0 corrisponde al sottolivello “s” (sharp); l = 1 corrisponde al sottolivello “p” (principal); l = 2 corrisponde al sottolivello “d” (diffuse); l = 3 corrisponde al sottolivello “f” (fundamental); Gli orbitali di un certo sottolivello (es. px, py e pz) differiscono tra loro soltanto per l'orientazione spaziale e non per la forma nè per l'energia. Per una corretta descrizione dell'orbitale è necessario includere un numero quantico che specifichi in quale orbitale, nell'ambito del sottolivello, ha sede l'elettrone. Per questo motivo è stato introdotto il numero quantico magnetico (o terziario) (m o ml) che indica l'orientazione degli orbitali degeneri nello spazio. “ml” suggerisce quanti orbitali con la stessa energia e con la stessa forma (stessa “n” e stessa “l”), ma con orientazione spaziale diversa, sono presenti in un certo sottolivello. “m” può assumere solo valori interi compresi tra +l e -l, incluso lo zero. Ad esempio se l = 1 (sottolivello p), “m” potrà assumere i valori -1, 0, +1, a cui corrispondono tre orbitali degeneri con tre orientazioni spaziali: px, py e pz. Quando l = 2 (sottolivello d), m potrà assumere i valori -2, -1, 0, +1, +2, a cui corrispondono cinque orbitali degeneri con cinque orientazioni spaziali: dxy, dxz, dyz, d2xy e d2z, e così via. Il sottolivello “s” (l = 0) descritto da un solo orbitale di forma sferica, è possibile una sola orientazione spaziale e di conseguenza esiste un solo valore accettabile di numero quantico magnetico (“m” = 0). Diversamente, al sottolivello “p” (l = 1) corrispondono 3 possibili “m” (-1; 0; +1), ovvero 3 possibili orientazioni dell'orbitale nello spazio. Al sottolivello “d” (l = 2) corrispondono 5 possibili “m” (-2;-1; 0; 1; 2), ovvero 5 possibili orientazioni spaziali dell'orbitale. Al sottolivello “f” (l = 3) corrispondono 7 possibili “m” (-3;-2;-1; 0; 1; 2; 3), ovvero 7 possibili orientazioni spaziali consentite. Siccome l'orientazione spaziale dell'orbitale non influisce sulla sua energia, si può affermare che orbitali con stesso “l” ed “n” ma con “m” diverso sono degeneri, presentano cioè la stessa energia. Il numero quantico di spin (o numero quantico magnetico di spin elettronico) (ms) è associato al movimento rotazionale (spin) che un elettrone assume all'interno di un orbitale. Se consideriamo l'elettrone come una sfera carica rotante attorno al proprio asse, allora è necessario definire il senso di rotazione che esso può assumere, occorre cioè specificare se la rotazione dell'elettrone avviene in senso “orario” o “antiorario”. Il numero quantico di spin “ms” può quindi assumere solo due valori, per convenzione indicati con +1=2 e -1=2. Fenomeni quali il paramagnetismo ed il ferromagnetismo, ovvero la caratteristica di alcuni metalli di essere attratti da campi magnetici, derivano dalle proprietà di spin degli elettroni. Un materiale si dice ferromagnetico quando gli spin dei suoi elettroni, che si trovano in orbitali semipieni, si allineano nella medesima direzione. La maggior parte delle sostanze tuttavia non presenta elettroni in orbitali semipieni e dunque viene detta diamagnetica, ovvero non risente in modo significativo del campo magnetico esterno. RIASSUMENDO: Minore è il valore di “n”, minore è l'energia dell'elettrone. L'elettrone avrà maggiore probabilità di trovarsi vicino al nucleo e sarà più stabile. Maggiore è il valore di “n”, maggiore è l'energia dell'elettrone. L'elettrone avrà maggiore probabilità di trovarsi lontano dal nucleo e sarà più reattivo. Per ogni livello (strato) “n” esistono “n” tipi di sottolivelli (sottostrati), ovvero di orbitali con diversa forma. Per ogni sottostrato “l” esistono 2l+1 orbitali totali (cioè uno s, tre p, cinque d, sette f). Il numero totale di orbitali per un livello “n” è dato da n2. Posto che un elettrone in ogni orbitale può assumere solo due valori di ms, il numero massimo di elettroni che ogni livello può ospitare è dato da 2n2 CONFIGURAZIONI ELETTRONICHE E REGOLE DI RIEMPIMENTO DEG LI ORBITALI: Per descrivere la configurazione elettronica degli elettroni fra i vari sottostrati, ovvero fra i vari sottostrati, ovvero fra i vari tipi di orbitali, si utilizza una notazione internazionale denominata configurazione elettronica. Essa è indicata dalla successione del numero quantico principale (n), dal numero secondario quantico (l) espresso dalla lettera corrispondente (s, p, d, f), e dal numero di elettroni presenti nell’orbitale indicati come esponente. Per convenzione il numero quantico magnetico (ml) non viene indicato. Ad esempio l’azoto ( Z = 7) ha configurazione elettronica 1s22s22p3. Dei 7 elettroni dell’azoto quindi: 2 si trovano nel livello energetico 1, sottostrato s. 2 si trovano nel livello energetico 2, sottostrato s. 3 si trovano nel livello energetico 2, sottostrato p. Per determinare l’ordine di riempimento degli orbitali atomici è fondamentale considerare i seguenti principi: PRINCIPIO DI AUFBAU (DI MINIMA ENERGIA): Ogni elettrone occupa preferenzialmente l’orbitale disponibile a più bassa energia, ovvero quello con numero quantico n più basso, nel caso di orbitali con lo stesso valore di n, si riempie preferenzialmente l’orbitale con l più basso. PRINCIPIO DI HUND (O DELLA MASSIMA MOLTEPLICITÀ DI SPIN): In presenza di orbitali degeneri, ovvero di orbitali con lo stesso valore di energia, gli elettroni si distribuiscono sul maggior numero di orbitali possibile e presentano spin paralleli. PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI: In ogni orbitale possono trovarsi al massimo due elettroni che presentano spin antiparallelo (+1/2 e -1/2). Ciò significa che: “in un atomo non esistono due elettroni descritti dalla stessa sequenza dei quattro numeri quantici (n, l, m, ms)”. Ogni singolo elettrone in un atomo può essere quindi descritto in modo univoco dalla quaterna di numeri quantici. Gli orbitali atomici vengono rappresentati da dei quadrati all’interno dei quali si pongono gli elettroni rappresentati da delle frecce, la cui orientazione indica lo stato di spin dell’elettrone (+1/2 e -1/2). Ogni orbitale atomico può ospitare al massimo due elettroni con spin opposto. La configurazione elettronica ottenuta seguendo questi principi corrisponde allo stato elettronico a più bassa energia noto come stato fondamentale. Fornendo energia al sistema (riscaldando o irradiando il campione) la distribuzione elettronica cambia in quanto gli elettroni eccitati tendono ad occupare orbitali ad energia più alta; l’atomo si trova quindi in uno stato eccitato e quindi diventa meno stabile ovvero più reattivo. Siccome la sequenza dei livelli energetici non dipende solo da n ma anche da l, è fondamentale ricordare che orbitali dello stesso strato (stesso “n”) ma con forma diversa (“l” diverso) presentano energie diverse, ovvero NON sono degeneri. Per identificare la configurazione elettronica dello stato fondamentale è necessario quindi considerare anche il numero quantico “l”. Le energie degli orbitali crescono al crescere della somma n + l; nel caso in cui ci siano orbitali con uguale al valore n + l si riempie prima quello con n minore. L’ordine di riempimento degli orbitali è il seguente: 1s2s2p3s3p4s3d4p5s4d… L’orbitale 4s ha energia inferiore rispetto all’orbitale 3d poiché per il 4s si ha anche n + l = 4 (n = 4, l = 0) mentre per il 3d abbiamo n + l = 5 (n = 3, l = 2). L’orbitale 4s viene quindi riempito prima del 3d e la stessa cosa accade per l’orbitale 5s rispetto al 4d e così via. Per alcuni elementi della tavola periodica la distribuzione elettronica NON segue le regole sopra elencate: si parla in questo caso di anomalie Aufbau. Ne fanno parte, tra gli altri, il rame (Cu), il cromo (Cr), l’oro (Au), l’argento (Ag), il palladio (Pd) ed il platino (Pt). Questi elementi preferiscono generalmente avere sottolivelli pieni o pieni a metà a discapito dell’energia dell’orbitale. REGOLE DI RIEMPIMENTO PER GLI IONI: ATOMO → E’ la struttura nella quale la materia è organizzata in unità fondamentali che costituiscono gli elementi chimici. Questi si aggregano normalmente in unità stabili dette molecole che caratterizzano le sostanze chimiche. ELETTRONE → (e-), è una particella elementare che è la componente a carica negativa della materia ordinaria; è la particella più leggera che sia dotata di carica. PROTONE → Corrisponde alla più piccola carica elettrica positiva esistente libera in natura e rappresenta pertanto il quanto di elettricità positiva. Un solo protone costituisce il nucleo di un atomo di idrogeno. NEUTRONE → E’ una particella priva di carica elettrica e insieme al protone è la particella fondamentale di ogni nucleo atomico MOLECOLA → E’ la più piccola unità chimica di una sostanza (elemento o composto) che, conservando le caratteristiche chimiche della sostanza stessa, sia capace di esistenza indipendente. Le molecole sono raggruppamenti di atomi con caratteristiche chimiche definite. Le molecole delle sostanze semplici (elementi) sono formate da due o più atomi uguali legati tra loro. Le molecole delle sostanze composte (composti) sono formate da due o più atomi di elementi diversi legati tra loro. IONE → Si intende un atomo o un raggruppamento di atomi che ha assunto una o più cariche elettriche mediante perdita (ioni positivi o cationi) o acquisto (ioni negativi o anioni) di uno o più elettroni CATIONE → E’ uno ione carico positivamente ANIONE → E’ uno ione carico negativamente Per scrivere la configurazione elettronica di uno ione è necessario fare le seguenti considerazioni: Gli elettroni che vengono rimossi da un atomo per formare un catione (ione carico positivamente), vengono rimossi sempre dagli orbitali con il numero quantico n più alto. Se ci sono più sottolivelli occupati a parità di n, gli elettroni vengono rimossi dall’orbitale con l maggiore. Quando un atomo acquista degli elettroni per formare un anione (ione carico negativamente), questi vengono aggiunti ad un orbitale vuoto o semipieno con il più alto valore di n e il più basso valore di l. In chimica, data la configurazione elettronica di un elemento, è possibile distinguere gli elettroni in due gruppi: quelli distribuiti nei livelli interni (elettroni del core) e quelli presenti presenti nel livello energetico più alto, ovvero presenti nello strato più esterno, detti elettroni di valenza. Solo gli elettroni di valenza contribuiscono alle proprietà chimiche dell’elemento, poiché essi presentano energia più elevata e sono quindi i più reattivi. La configurazione elettronica può essere indicata in forma contratta mettendo tra parentesi quadra il gas nobile che precede l’elemento nella tavola periodica ed indicando quindi solo gli elettroni di valenza mancanti. Ad esempio la configurazione elettronica del fluoro F può essere scritta 1s22s22p5 o alternativamente [He] 2s22p5. La configurazione elettronica del ferro Fe può essere scritta 1s22s22p63s23p64s23d6 o alternativamente [Ar] 4s23d6.