Scrivi una relazione sull’inizio della Metafisica di Aristotele Aristotele indica nella vista il senso primario che alimenta la conoscenza, che nasce dalla osservazione: soltanto “vedendo” possiamo essere sollecitati, studiare e apprendere, che è poi il metodo di indagine che Aristotele applicherà anche nel campo della medicina. La curiosità della specie umana vive le sensazioni, che sono lo stimolo all’approfondimento e alla conoscenza, a differenza degli animali, i quali [almeno quelli dotati anche di udito (non l’ape!)] sanno anch’essi imparare, ma non ragionare. La vera differenza è che l’uomo “vive, invece, anche d’arte e di ragionamenti” e “acquista scienza e arte attraverso l’esperienza”, che cura il particolare, mentre l’arte ha una conoscenza universale, ed è l’esperienza, cioè la pratica il “saper fare” che ha successo nei confronti del solo “sapere”. Ma, nota Aristotele, è proprio al sapiente, proprio perché conosce l’origine e la causa degli accadimenti, che viene riconosciuto un ruolo sociale preminente, perché sa come vanno le cose del mondo, mentre l’artigiano ripete movimenti senza conoscerne il motivo. È, dunque, soltanto il sapiente in grado di insegnare, e questo perché l’arte è scienza, “gli empirici non sanno insegnare”. Il processo del sapere, dunque, nasce dalle sensazioni, che da sole ci segnalano che “accade qualcosa”. Ma è il contributo dell’arte ad aprire le porte al sapere “perché accade”. Come scrive Aristotele “è evidente, dunque, che la sapienza (sophìa) è una scienza (epistéme) che riguarda certi princìpi e certe cause”. In un percorso a ritroso, occorre allora comprendere quali sono questi princìpi e cause che la scienza deve esprimere per essere riconosciuta come sapienza. E a questo punto Aristotele sostanzialmente elenca i caratteri della scienza e del sapiente, il quale: • si occupa di questioni difficili (le facili appartengono alla sfera esperienziale), • i temi non sono mai tra loro separati (il sapere multidisciplinare), • conosce innanzitutto le cause • sa insegnare quello che sa Al massimo livello sta la scienza fine a se stessa (la ricerca non applicata) che non deve essere subordinata ad alcunché: ecco, nella visione di Aristotele il sapiente deve comandare. Come si struttura il vero sapere? Come è stato detto in precedenza, la visione universale è l’approccio che connota il sapiente, il quale d’altronde deve conoscere bene anche il particolare, per poi inserirlo nel contesto generale. E la scienza più esatta è quella che si basa su un numero esiguo di principi, come appunto l’aritmetica. Ma d’altronde qualsiasi scienza indaghi le cause è al medesimo livello delle altre. Aristotele cerca l’ordine delle cose, ed è per tale motivo che tutte le scienze, così come le ha connotate, confluiscono nella scienza che è unica, e dalle cause vede il fine, e il quale, vedendo la natura, non può che essere il bene. La scienza, che racchiude tutte le scienze, studia dunque il bene delle cose. La scienza non ha un obiettivo tangibile. La scienza è fine a se stessa. Lo studio non appartiene all’arte, che vive di sensazioni. Che tra i primi uomini, almeno in alcuni, sono state argomento di speculazioni, come per esempio i miti, che “destano meraviglia (una sensazione)” ma non dimostrano niente. A coloro che rivendicano per il sapere unicamente un carattere divino e che l’uomo non può gareggiare in questo campo con la divinità, che potrebbe rispondere con invidia, Aristotele argomenta dicendo che Dio è principio e fine, che sono esattamente gli elementi della scienza. Che deve condurre l’uomo ad allontanarsi dalle effimere sensazioni per guardare alle cose del mondo con occhio razionale e scientifico. Isabella Tokos 3A a.s. 2019-2020