Metti a confronto i pensieri di Eraclito e Parmenide riguardo al tema NEL DIVENIRE DEL MONDO ESISTE QUALCOSA CHE NON MUTA? poi dai una tua risposta soggettiva. Oltre all’interrogativo sulla nostra origine, sul Tutto, ce n’è ancora uno riguardo alla nostra identità, a chi siamo e a ciò che siamo; un problema che è stato ragionato non solo dalla maggior parte dei filosofi antichi ma addirittura, penso, da ogni persona che sia nata su questa terra. E, in effetti, che cos’è una persona? Uno dei (tanti) modi per indicare una persona, un individuo, è ‘essere vivente’, definizione poi che comprende gli umani e tutte le altre creature soggette al ciclo vitale; lo dice anche l’espressione stessa: essere vivente, esistere in vita. Ma questo verbo, che per noi mortali indica l’azione di vivere la nostra vita, può essere correlato anche al Tutto, al mondo in cui viviamo? Beh, noi ci siamo e dobbiamo per forza essere in un tempo o in un altro, in uno spazio, da qualcosa dobbiamo essere fatti, qualcosa ci sprona, ci dà una nostra forma distinta. E se noi siamo, ciò che ci circonda dovrebbe essere anch’esso, dovrebbe esistere. Quindi potremmo dire che il mondo, il Tutto, è fatto tra l’altro di tutti noi. Ma subisce gli stessi cambiamenti che subiamo noi? Insomma, gli esseri viventi nascono, respirano, ognuno a modo suo, vivono, invecchiano e poi muoiono, dunque sono in un perenne cambiamento, in un perenne divenire. Come diceva anche Buddha “L’unica costante della vita è il cambiamento.” Le risposte sono in linea di massima due: affermativo o negativo. In parole più povere Eraclito o Parmenide. Entrambi filosofi greci, viventi però a distanza di circa un secolo l’uno dall’altro, ebbero delle visioni sulla vita decisamente opposte. Il primo era del parere che il mondo sia in sé un cambiare, che niente rimanga uguale a niente altro e addirittura nemmeno a se stesso. Ma se noi siamo in un continuo cambiamento e anche il mondo è in un perenne divenire, esiste qualcosa che non muta? Per Eraclito, logicamente, è lo stesso cambiamento delle cose a non cambiare mai proprio perché il cambiamento è l’unico aspetto che persevera nel tempo. Al contrario, Parmenide era convinto che anche un minimo cambiamento implicasse la non-esistenza di ciò che è cambiato, perché un essere, cambiando, smette di essere ciò che è stato (diventando un altro essere). E dunque il cambiamento non esiste. Noi, esseri che siamo vittime della vita, entriamo in un ciclo che in realtà è un’illusione, in quanto il vero non cambia perché è, e cambiando non sarebbe più. E, citandolo, “l’essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere”. Insomma, Parmenide ed Eraclito sembrano essere così discordi fra loro che niente possa far avvicinare i loro due pensieri. Io sono convinta tuttavia che, paradossalmente, entrambi abbiano ragione: noi, e implicitamente anche il mondo di cui facciamo parte, cambiamo restando sempre uguali. Mi spiego meglio. Per come percepisco io me stessa e la vita intorno a me, mi sento di arrivare alla conclusione che ogni essere vivente, e con ogni intendo davvero tutti non solo umani, è fatto non soltanto di materia concreta, di un corpo, ma anche di un’essenza a nostro avviso astratta, l’anima. Il corpo cambia, e diventa testimone del tempo trascorso, delle esperienze vissute e non potrebbe essere altrimenti. E allo stesso tempo è l’anima a rimanere eterna, immutabile, giovane ma con più ricordi di sé acquisiti attraverso le esperienze. Perché in fondo, indipendentemente dalla nostra età, noi ci sentiamo uguali, percepiamo il nostro ‘io’ normale, come lo sentivamo anche a 6, 10, 14 anni e come forse lo sentiremo a 30, 50, 80, 100. E se non avessimo a disposizione uno specchio o comunque un qualsiasi nostro riflesso davanti agli occhi, la nostra anima, la nostra mente nemmeno si accorgerebbero dei cambiamenti del nostro corpo che intanto, al contrario della nostra anima, muta, invecchia, muore. FONTI: • “Con-filosofare - 1A Dalle origini ad Aristotele” (ISBN 9788839528025) Roma, 14/10/2019 Isabella Tokos, III A