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Approfondimento Legge 180 1978

LEGGE 180/1978
La legge 180, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, del 13 maggio 1978, meglio nota come legge
Basaglia (dal suo promotore in ambito psichiatrico, Franco Basaglia) è una nota e importante legge quadro che impose
la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale
pubblici. Successivamente la legge confluì nella legge 833/78 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario
Nazionale.
La legge fu una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata sulle nuove (e più "umane") concezioni
psichiatriche, promosse e sperimentate in Italia da Franco Basaglia.
Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di
contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante (che per alcuni casi viene
tuttora utilizzata). Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento
fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di
una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali. La legge 180 demandò l'attuazione alle
Regioni, le quali legiferarono in maniera eterogenea, producendo risultati diversificati nel territorio. Nel 1978 solo nel
55% delle province italiane vi era un ospedale psichiatrico pubblico, mentre nel resto del paese ci si avvaleva di
strutture private (18%) o delle strutture di altre province (27%). Di fatto solo dopo il 1994, con il Progetto Obiettivo e la
razionalizzazione delle strutture di assistenza psichiatrica da attivare a livello nazionale, si completò la chiusura
effettiva dei manicomi in Italia. Nonostante critiche e proposte di revisione,] la legge 180 è ancora la legge quadro che
regola l'assistenza psichiatrica in Italia. Oggi, i manicomi sono stati sostituiti da i centri di igiene mentale che dipendono
dalle ASL locali e sono dislocati su tutto il territorio. Questi centri si occupano di soggetti con disturbi psichici dando
loro oltre al supporto sanitario dovuto, degli spazi dove posso essere accuditi e al tempo stesso convivere. Si iniziò quel
giorno a prendere coscienza del fatto che il malato psichiatrico non è un mostro, non è l’incarnarsi di uno dei tanti
timori ancestrali della natura umana, ma una persona come tale dotata di diritti ed in quanto tale componente, pur nella
sua enorme difficoltà quotidiana, elemento costitutivo del tessuto sociale.
Cos'è il Trattamento Sanitario Obbligatorio
Il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio) è un provvedimento emanato dal Sindaco che dispone che una persona
sia sottoposta a cure psichiatriche contro la sua volontà, normalmente attraverso il ricovero presso i reparti di psichiatria
degli ospedali generali (SPDC - Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura).
In alcune zone del nostro paese è uso consolidato attuare il TSO, oltre che nei reparti psichiatrici, anche presso il
domicilio della persona. Ma in linea generale e nella stragrande maggioranza dei casi, il provvedimento di TSO si
risolve nell'accompagnamento coatto, tramite i vigili urbani, presso i reparti psichiatrici.
La legge regola due istituti di coercizione: l'A.S.O. (accertamento sanitario obbligatorio) e il T.S.O. (trattamento
sanitario obbligatorio).
Il Sindaco può emanare l'ordinanza di TSO nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di certificazioni mediche
che attestino che:
1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
2. gli interventi proposti vengono rifiutati;
3. non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.
Le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo
medico (che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi esercente la professione medica) e convalidate da
un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica. La legge non prevede che i due medici debbano essere
psichiatri.
Le certificazioni oltre a contenere l'attestazione delle condizioni che giustificano la proposta di TSO, devono essere
motivate nella situazione concreta. In altre parole non dovrebbero essere ammesse certificazioni che si limitano alla
mera enunciazione delle tre condizioni, né tantomeno prestampati. Così come non dovrebbero essere prese in
considerazione certificazioni che si limitano alla sola indicazione della diagnosi.
Ricevute le certificazioni mediche, il sindaco ha 48 ore per disporre, tramite un'ordinanza, il trattamento sanitario
obbligatorio facendo accompagnare la persona dai vigili urbani presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura
(SPDC). In genere il reparto è scelto secondo la disponibilità dei posti, ma in teoria la legge fornisce il diritto alla
persona di scegliere il reparto dove essere ricoverati. Va sottolineato comunque che il TSO può essere realizzato solo in
questi reparti. Qualsiasi altro ricovero in una qualsiasi altra struttura psichiatrica o sociale, indipendentemente dalle
modalità con cui avviene, è da considerarsi sempre ricovero volontario. Nessuno può essere trattenuto contro la sua
volontà presso nessuna di queste strutture e, in SPDC, ciò è possibile solo in presenza di un provvedimento di TSO.
Un capitolo importante in questa fase, non ancora approfondito e affrontato dal movimento antipsichiatrico, è quello
della notifica del TSO a chi vi è sottoposto. In altre parole, come fa un cittadino a difendersi legalmente rispetto ad un
atto di cui non è a conoscenza? E ancora, come si fa a sapere quando si è obbligati alle cure e quando invece abbiamo
ogni diritto legale di rifiutarle? In genere le persone si orientano a naso nelle situazioni. Se si è fuori, è la presenza dei
vigili urbani che ci fa supporre di essere in TSO; se si è già ricoverati, volontari o meno, ci si fa capire subito che non
abbiamo alcun diritto e dobbiamo sottostare alle cure senza avere possibilità di andarcene o di rifiutarle.
La notifica del provvedimento va richiesta nel momento in cui qualcuno ci impone di seguirlo, di assumere una terapia,
di entrare in un reparto. In assenza di tale provvedimento, infatti, ogni azione di coazione nei nostri confronti può essere
denunciata come reato penale. Restano fuori le situazioni in cui può essere invocato l'art. 56 del codice penale sullo
stato di necessità ("non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o d
altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti
evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo). Negli altri casi possono ravvisarsi gli estremi di violenza
privata, sequestro di persona...
Pur se la legge non dispone esplicitamente l'obbligo di tale notifica, lo stesso è connaturato alla natura stessa del
provvedimento. Il TSO infatti è un provvedimento di limitazione della libertà personale (necessita infatti, come
vedremo, della convalida dell'autorità giudiziaria) e ha la forma giuridica dell'ordinanza sindacale che, come sappiamo,
acquista efficacia in ragione della notifica ai soggetti interessati (si pensi alle ordinanze di sgombero....). Ciononostante
non ci risulta che tale obbligo venga soddisfatto da nessuno dei Sindaci italiani che emanano provvedimenti di TSO. Da
qui la campagna del Comitato d'Iniziativa Antipsichiatrica che rivendica, fra gli altri, il diritto alla notifica del TSO a
chi vi è sottoposto.
Una volta che il sindaco ha emanato il provvedimento di TSO, e esso ci è stato notificato, possiamo essere condotti
presso uno dei reparti di psichiatria (SPDC - servizio psichiatrico diagnosi e cura) funzionanti presso gli ospedali
generali. In nessun caso possiamo essere condotti contro la nostra volontà in altre strutture psichiatriche sia pubbliche
che private (reparti universitari, comunità alloggio, Comunità etc.).
Il Sindaco ha l'obbligo di inviare il provvedimento di TSO al Giudice Tutelare (entro le 48 ore successive al ricovero)
per la necessaria convalida. Il Giudice Tutelare, assunte le informazioni del caso, convalida il provvedimento entro le
48 ore successive. La mancata convalida da parte del Giudice Tutelare del provvedimento fa decadere automaticamente
il TSO.
Una volta ricoverati in TSO presso il servizio psichiatrico i nostri diritti (primo fra tutti quello alla libertà di movimento
e di scelta) vengono limitati e siamo obbligati a subire gli interventi degli operatori del reparto. Anche in questa
situazione di coazione manteniamo una serie di diritti inalienabili.
1) Possiamo fare ricorso al Sindaco contro il TSO. Questa possibilità, oltre che all'interessato, è allargata a "chiunque vi
abbia interesse" (quindi anche amici, familiari, associazioni...). Il Sindaco deve rispondere entro 10 giorni. Fatto
paradossale se si pensa che il TSO dura di norma 7 (sette) giorni, eventualmente prorogabili di 7 giorni in 7 giorni. Se
presentiamo ricorso entro le 48 ore successive al ricovero, è conveniente mandarne copia al Giudice Tutelare per
attivarne l'azione di controllo. In caso di risposta negativa, il ricoverato può presentare richiesta di revoca direttamente
al Tribunale, chiedendo al contempo la sospensione immediata del TSO e delegando una persona di sua fiducia per
rappresentarlo in giudizio davanti al Tribunale.
2) Seppure non possiamo rifiutare le cure, abbiamo senz’altro diritto di essere informati sulle terapie che ci sono
somministrate e di poter scegliere su un ventaglio di proposte diverse. In ogni caso, è conveniente, ove le terapie
somministrateci ci risultino particolarmente invasive, presentare al responsabile del reparto una dichiarazione di diffida
ai sanitari rispetto alla somministrazione di terapie che si ritengano lesive, chiedendo che venga inserita nella nostra
cartella clinica.
3) Anche se ci viene fatto credere il contrario, il TSO non giustifica la contenzione o la violenza fisica ai danni di chi vi
è sottoposto. L'uso della forza deve essere sempre legato alle esigenze terapeutiche e non travalicare il rispetto della
dignità e dell'integrità fisica della persona. Non è quindi legalmente ammissibile l'uso punitivo della contenzione, le
violenze fisiche e verbali degli infermieri, l'essere legati per un periodo superiore a quello necessario alla
somministrazione di una terapia... Queste situazioni vanno e possono essere denunciate alla magistratura.
4) Abbiamo diritto di comunicare con chi riteniamo opportuno. In questo senso non è ammissibile una selezione da
parte del personale dei soggetti autorizzati a entrare in contatto con noi. Ciò è molto importante perché gli operatori
tendono a limitare l'accesso a coloro che possono darci una mano a praticare i nostri diritti. In questo senso è importante
per coloro che sono a rischio di TSO rivolgersi alla sede di telefono viola più vicina e sottoscrivere la Procura contro i
trattamenti psichiatrici coatti e l'elettroshock. La procura è un atto con il quale affermiamo le nostre volontà rispetto alle
cure psichiatriche e diamo mandato ai soci del Telefono Viola di farle valere.
Il TSO, come abbiamo detto, ha la durata di 7 giorni. Alla scadenza il responsabile del reparto deve comunicare al
Sindaco se ritiene necessario prorogare il trattamento obbligatorio. In caso contrario la persona viene dimessa, oppure il
suo ricovero viene trasformato in 'volontario'.
La proroga del TSO avviene attraverso tutti i passaggi di cui abbiamo già parlato (ordinanza del sindaco, convalida del
giudice tutelare). Anche nel caso di proroga, va richiesta la notifica per evitare di rimanere rinchiusi in reparto pur
risultando formalmente volontari.
Aldilà di quello che ci lasciano a volte credere, nessuno 'firma' per la nostra scarcerazione, né è necessario che qualcuno
ci accompagni o si prenda la 'responsabilità' per noi. Chi viene ricoverato (o si ricovera) in psichiatria non è una persona
incapace e interdetta, per cui mantiene tutti i diritti e doveri di qualsiasi altro utente della struttura sanitaria. Una volta
venuto meno il TSO, per scadenza dei termini, revoca o altro, possiamo chiedere di essere dimessi in ogni momento e
tale richiesta non può essere disattesa senza integrare gli estremi di reato del sequestro di persona.
Per ulteriori approfondimenti si consiglia la visualizzazione del sito http://www.legge180.it/.