KARL MARX Cenni biografici Karl Marx nacque a Treviri nel 1818. Figlio di un brillante avvocato ebreo che, insieme con la famiglia, si era convertito al protestantesimo per motivi politici, nonostante fosse rimasto su posizioni sostanzialmente agnostiche, Marx ebbe un'educazione improntata al liberalismo ed in un primo momento pensò di seguire la carriera paterna iscrivendosi a Giurisprudenza. A Berlino, però, il contatto con il club dei Giovani Hegeliani (dei quali in seguito rinnegherà le posizioni) e con il pensiero di Hegel, lo portarono a maturare la decisione di abbandonare Legge e di iniziare a frequentare la facoltà di filosofia a Jena, dove si laureò con una tesi su Democrito ed Epicureo (superiorità della filosofia di Epicureo perché con l’introduzione del clinamen riesce a fondare il momento dell’autocoscienza individuale e quindi della critica all’esistente per un superamento). Data la politica reazionaria vigente in Prussia (diviene re di prussica Federico Guglielmo IV) , decise che le sue posizioni politiche non gli avrebbero permesso di intraprendere serenamente la carriera universitaria e così divenne caporedattore della Gazzetta Renana, che fu in seguito interdetta dal governo. Negli articoli della Gazzetta renana, di orientamento liberale, egli sostiene il principio della libertà di espressione, contro la censura governativa. Proprio a causa dello scioglimento forzato del giornale, Marx fu costretto a trasferirsi a Parigi (1843), dove terminò la stesura della Critica della filosofia del diritto di Hegel. Il 1844 fu l'anno in cui Marx abbracciò definitivamente l'ideologia comunista: ne sono testimoni i 2 saggi che pubblicò sul primo (e ultimo) numero degli Annali francotedeschi, redatto insieme con Ruge. Sempre nel '44 Marx strinse una profonda amicizia con Friedrich Engels e con lui cominciò ad interessarsi alle materie economiche, un interesse che sfociò nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 (pubblicati però solo nel 1932 in Russia). Il soggiorno francese non durò comunque oltre: sotto la pressione del governo prussiano, Marx fu costretto ad abbandonare Parigi e si stabilì a Bruxelles (1845). Qui, in collaborazione con Engels, scrisse La Sacra Famiglia (diretta contro Bauer ed i suoi discepoli) e maturò il definitivo distacco dalla filosofia tedesca con le Tesi su Feuerbach e, soprattutto, con l'Ideologia tedesca (anche quest’opera fu pubblicata per la prima volta solo nel 1932, in URSS). Nel 1848 la Lega dei comunisti, al cui primo congresso del 1847 Marx non aveva potuto partecipare, gli propose di stendere un documento teorico-programmatico: il frutto di questo lavoro fu il Manifesto del partito comunista, edito a Londra sempre in collaborazione con Engels. Durante la rivoluzione del ’48, marx si reca prima a Parigi, poi a Colonia, dove attacca la politica rinunciataria del Parlamento di Francoforte. La sua permanenza in Germania è però molto breve; Marx ne fu nuovamente espulso nel '49 e questa volta si trasferì a Londra, dove si ritirò dalla politica attiva dopo aver tentato di ricostituire la Lega dei comunisti. Per Marx, la moglie Jenny e la loro numerosa famiglia, il soggiorno inglese si presentò carico di problemi economici: il suo lavoro al British Museum e la sua collaborazione col New York Tribune non sarebbero stati sufficienti al sostentamento se non fossero arrivati aiuti da Engels. Ciò nonostante Marx non interruppe la sua attività di studio e, nel 1866, iniziò a comporre il I libro del Capitale, che, dopo la sua morte, fu redatto da Engels, il quale si basò sui suoi appunti. Nel frattempo (1864) era diventato la figura dominante dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (la Prima Internazionale), per la quale, nel 1870, scrisse due Indirizzi sulla guerra franco-prussiana. Segue con molto interesse le vicende della Comune di Parigi sulle quali scrive La guerra civile in Francia (1971). La Comune di Parigi gli appare come il primo governo operaio della storia e le forme politiche nuove che si è data (elezione a suffragio universale, revocabilità degli eletti, democrazia diretta) sembrano prefigurare una nuova forma di stato. Del 1875 sono gli Appunti sul programma di Bakunin 'Stato e Anarchia' e la Critica del programma di Gotha, una disanima nei confronti della decisione di unificazione dei socialisti tedeschi, per Marx poco rivoluzionaria. Nel 1881 gli morì la moglie Jenny e Marx la seguì 2 anni dopo, lasciando nello sconforto Engels e tutto il movimento operaio internazionale. CRITICA A HEGEL Critica al misticismo logico Critica all’ideologia come rovesciamento della dialettica hegeliana, filosofia dell’uomo concreto Hegel fa diventare i fatti storici manifestazioni dell’Assoluto e così giustifica l’esistente, è ideologia cioè pensiero capovolto, distorto Che mira a giustificare una situazione di fatto, è la legittimazione dell’esistente. Il capovolgimento consiste nello scambiare il soggetto (gli uomini) in predicato (dell’Idea, dell’Assoluto) Il misticismo logico di Hegel è fallace sul piano filosofico (perché appunto fa delle realtà empiriche , che esistono prima del concetto, dei momenti oggettivi dell’Idea) e conservatore sul piano politico poiché giustifica la realtà esistente trasformandola in manifestazione necessaria dello Spirito. Al contrario del modo hegeliano di spiegare la prassi storica partendo dall’Idea, il materialismo storico vuole spiegare la formazione delle idee partendo dalla prassi materiale, dalle condizioni cioè di produzione della vita materiale Hegel inoltre subordina la società civile allo stato così come subordina l’individuo all’Assoluto. Hegel ha colto perfettamente la contraddizione fra il particolarismo della società civile e la sfera universale dello stato, ma ha pensato che la contraddizione potesse trovare il suo superamento nello stato come momento supremo dello spirito oggettivo, attraverso gli ordini, in particolare grazie alla burocrazia che ha il compito di integrare il particolarismo borghese nell’unità superiore dello stato. Anche la rivoluzione francese non ha superato la scissione fra bourgeois e il citoyen: l’uguaglianza politica di tutti di fronte allo stato e al diritto non è sufficiente per liberare l’uomo da tutte le sue alienazioni. L’affermazione dei diritti dell’uomo non fa altro che sottolineare l’individualismo del singolo che vede nell’altro il limite alla propria libertà. Hegel ha però un grande merito, quello di aver colto la storia come una totalità storico-processuale, costituita da elementi fra loro concatenati e mossa dalle opposizioni. La filosofia però non può avere solo il compito di interpretare e comprendere la realtà ma di modificarla. Marx insiste sul ruolo critico e sulla funzione pratica della filosofia. “I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo (XI Tesi su Feuerbach) Per questa attività teorico-pratica esiste un interlocutore, prodotto dalla rivoluzione borghese: il proletariato. Al proletariato spetta il compito di riscattare l’intera società. Marx riconosce ancora all’Hegel della Fenomenologia di aver individuato nella dialettica il motore della storia, di aver colto l’alienazione del servo-lavoratore e nell’aver individuato nel lavoro il momento e lo strumento dell’autocoscienza e della liberazione. Però l’autocoscienza e la libertà del servo sono in Hegel solo momenti interiori, individuali, non storici né collettivi. In sostanza la libertà e l’autocoscienza raggiunte dal servo non modificano i rapporti socio-economici CRITICA A FEUERBACH FEUERBACH: l’uomo coglie la propria essenza come UMANITA’ per comprendersi si aliena nella oggettivazione religiosa: si proietta fuori di sé Dio è la somma degli attributi umani portati all’infinito Dio è l’umanità idealizzata La teologia è antropologia: tanto più dio è innalzato, tanto più l’uomo è umiliato (vedi la coscienza infelice di Hegel) Critica di Feuerbach a Hegel: La filosofia hegeliana è una mistica razionale: Idea e spirito svolgono il ruolo che nella filosofia precedente aveva svolto Dio. La filosofia di Hegel è pur sempre una teologia perché considera l’essere infinito. Feuerbach ammette con Hegel l’unità di finito e infinito ma quest’unità si realizza per lui non in Dio o nell’idea assoluta ma nell’uomo L’unica realtà sono gli uomini, finiti, empirici Feuerbach prende posizione contro la religione, interpretata come antropologia capovolta. L’essere assoluto, il Dio dell’uomo è l’essere stesso dell’uomo; la coscienza che l’uomo ha di Dio è la coscienza che egli ha di se stesso. L’idea di perfezione non è altro che il suo compito, il suo dover essere come uomo. Non Dio ha creato l’uomo ma l’uomo ha creato Dio. Alienazione: per Feuerbach è il processo col quale l'uomo crea Dio proiettando in lui i propri bisogni nell'illusione di liberarsi dei problemi che la condizione umana porta con sé; alienandosi l'uomo rinuncia ad essere se stesso e si sottopone al volere del Dio che lui stesso ha creato. Perché? Dio nasce dal bisogno, dalla frattura fra il desiderio infinito, senza limiti dell’uomo e il suo reale potere, nel volere l’uomo è illimitato ma nel potere, nella realtà è condizionato, dipendente, limitato. La natura è insensibile alle sofferenze dell’uomo e allora l’uomo trova consolazione nella religione Perciò quali sono i desideri degli uomini tali sono anche le loro divinità Umanesimo di Feuerbach: la felicità non si restringe in una sola persona, allo stesso modo in cui un individuo non vive nell’isolamento. La Trinità va ridotta alla antropologia: il Padre è l’io, il Figlio è il tu, lo Spirito è l’amore che deve unire gli uomini. La vera patria dell’uomo non è il paradiso ma la terra migliorata e redenta dal lavoro e dalla ragione umana. Homo homini deus est. In Feuerbach permane un vizio speculativo: l’essenza umana di Feuerbach è astratta. L’uomo è un prodotto sociale, non esiste l’Uomo astratto, l’essenza dell’uomo. Feuerbach ha perso di vista la storicità dell’uomo che è più società che natura. Marx sostiene che l’individuo è reso tale dalla società storica in cui vive per cui non esiste l’uomo in astratto ma l’uomo figlio e prodotto di una società determinata. L’uomo è un essere sociale sia nel senso classico che tende alla cooperazione con l’altro come completamente di sé, sia come prodotto della società in cui vive. E nella società ciò soprattutto condiziona l’essere stesso dell’uomo concreto sono i rapporti di produzione, cioè i rapporti economici. Marx rimprovera a Feuerbach e ai giovani hegeliani di limitarsi a voler modificare le coscienze. “Non è la coscienza che determina la vita ma è la vita che determina la coscienza”! La lotta contro la religione deve diventare trasformazione pratica dei rapporti sociali alienati che la producono. La critica al cielo si trasforma così in critica della terra Se la religione è il frutto malato di una società malata, l’unico modo per sradicarla è quello di distruggere le strutture che la producono Non solo la religione è prodotto dell'uomo ma bisogna chiedersi anche perchè l'uomo è costretto a cercare fuori di sé la sua realizzazione; Marx afferma che la religione è prodotto dell'uomo alienato; dell'uomo, cioè, che nel suo rapporto con gli altri uomini si trova a disagio, è infelice, perché costretto a vivere e a soddisfare i suoi bisogni mediante rapporti socio-economici nei quali egli non ritrova se stesso, anzi si perde. L’alienazione religiosa: La religione è l’oppio dei popoli, il sospiro della creatura oppressa, il prodotto di una società alienata e sofferente a causa delle ingiustizie sociali, che cerca nell’aldilà ciò che le è negato nell’al di qua. Se la religione è il sintomo di una condizione alienata e oppressa, l’unico modo per eliminarla non è la critica filosofica ma la modificazione dei rapporti socio-economici, distruggendo i rapporti socio-economici che la producono L’ALIENAZIONE Il primo problema teorico che Marx deve affrontare è quello di spiegare in che cosa consiste l’alienazione. Già nei Manoscritti economico-filosofici del ’44 collega strettamente l’alienazione con la concreta condizione operaia nelle fabbriche. Con l’Ideologia tedesca, Marx intende cogliere il movimento della storia al di là dell’ideologia. Che cosa intende Marx col termine “ideologia”? Ideologia è la falsa rappresentazione, la mistificazione della realtà, una deformazione che deriva da specifici interessi di classe. Compito del marxismo è quindi la demistificazione, la lotta contro l’ideologia, poiché il marxismo si presenta come il quadro oggettivo delle forze che muovono la società e la storia. La società è formata da individui che lottano per sopravvivere. Col lavoro l’uomo diviene tale, trasforma la natura, crea le civiltà Per lavoro si intende. 1. chi produce 2. come si produce 3. i mezzi che servono per produrre Tutto questo si intende con “rapporti di produzione” In conseguenza della divisione del lavoro, l’operaio è alienato, è merce nelle mani del capitalista. Il lavoro invece dovrebbe esprimere l’essenza dell’uomo stesso; all’interno di un contesto socio-economico ingiusto l’operaio col suo lavoro è uno strumento e quindi viene sminuito, dis-umanizzato, abbruttito. L’alienazione dell’operaio viene descritta da Marx sotto quattro aspetti fondamentali (vedi Abbagnano) 1. rispetto al prodotto: l’operaio produce col suo lavoro il capitale, che però non gli appartiene, anzi contribuisce ad aumentare la potenza di chi lo sfrutta. L’operaio non è nemmeno in grado di acquistare i beni prodotti dal suo lavoro 2. rispetto all’attività: è un lavoro costretto, per fini che sono stabiliti da altri e il fine del lavoro non è l’uomo ma l’aumento del capitale. L’uomo si sente bestia da soma quando lavora, e si sente uomo quando in realtà si comporta da bestia: ubriacandosi, mangiando, procreando 3. rispetto a se stesso. Il lavoro dovrebbe essere creativo, libero, esprimere la particolarità irripetibile di ognuno ed invece è ripetitivo, forzato 4. rispetto all’altro, cioè il capitalista che lo espropria del frutto del suo lavoro e lo costringe ad un rapporto conflittuale L’operaio è puro strumento, merce tra le merci. Come raggiungere la dis-alienazione? Superando la proprietà privata dei mezzi di produzione STRUTTURA E SOVRASTRUTTURA La religione, quindi, è un fenomeno derivato, non-autonomo. L’operaio è alienato durante il lavoro. Bisogna andare a cercare il terreno da cui nascono queste alienazioni. Ed ecco i vari 'approfondimenti di Marx alla ricerca del "nocciolo" della questione FILOSOFIA: anch'essa è un fenomeno derivato; anzi: troppo spesso si è tramutata in IDEOLOGIA che serve a giustificare con il pensiero un'alienata situazione esistente. POLITICA: non siamo ancora al centro del problema perchè anche l'organizzazione statale è conseguenza di un certo modo di vivere della società. SOCIETA' CIVILE: qui siamo abbastanza vicini al cuore del problema: in definitiva tutte le realtà di cui abbiamo fin qui parlato sono strettamente dipendenti da una situazione sociale in cui vivono, in contrasto, due CLASSI: borghesia e proletariato. Ma bisogna fare un altro passo. ECONOMIA: qui è la radice vera (la STRUTTURA) di tutti i fenomeni: tutto dipende dalla situazione economica; questo lo si vede particolarmente bene nella situazione. di ECONOMIA CAPITALISTICA. La struttura è per Marx l’insieme dei rapporti di produzione o, più in generale, la base economica, quale si esprime nel modo di produzione (la proprietà dei mezzi di produzione, il lavoro, la ripartizione del prodotto del lavoro ecc.) e nella relativa dialettica tra forze produttive (es. operai) e rapporti di produzione. Costituisce lo scheletro economico di una certa società. E’ quindi la realtà economico – lavorativa sulla quale si innescano tutti gli altri aspetti della realtà (che sono sovrastrutture: religione, diritto, filosofia, arte, letteratura ecc.) ed è il metro di misura che serve a valutare tutti gli aspetti della realtà La sovrastruttura consiste nel modo di pensare degli uomini, indica le istituzioni giuridiche, le leggi e la morale, la cultura e la politica, l’arte e la scienza di una determinata società Approfondimento sul tema del rapporto fra struttura e sovrastruttura: Lo stesso Engels in alcune lettere della vecchiaia precisa che il rapporto fra struttura e sovrastruttura non deve essere inteso in senso deterministico. Esiste una rapporto di reciprocità fra struttura e sovrastruttura, ma la struttura economica in ultima istanza prevale Labriola, che è stato in corrispondenza con Engels, scrive: “solo l’amore del paradosso […] può aver indotto alcuni nella credenza che tanto a scriver di storia bastasse mettere in evidenza il solo momento economico per poi buttar giù tutto il resto come un inutile fardello” La posizione di Gramsci (influenzata dal pensiero di Antonio Labriola). Gramsci sottolinea l’autonomia della storia dalla determinazione naturale: se la natura è governata da leggi necessarie, la storia è frutto della prassi dell’uomo che costantemente modifica le condizioni naturali, storicizzandole. La storia non può essere compresa secondo criteri basati sulle leggi naturali perché l’azione dell’uomo con la sua libertà e la sua volontà può sovvertire qualsiasi previsione e legge generale Le sovrastrutture non sono, a suo giudizio, mere apparenze ma anzi reagiscono dialetticamente sulla struttura e la modificano MATERIALISMO STORICO Per materialismo storico si intende la teoria, propria di Marx, secondo cui le vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale o coscienziale, bensì materiale o socio-economica: «non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza» (Ideologia tedesca, I). «Questa concezione della storia si fonda dunque su questi punti: spiegare il processo reale della produzione, e precisamente muovendo dalla produzione materiale della vita immediata, assumere come fondamento di tutta la storia la forma di relazioni che è connessa con quel modo di produzione e che da essa è generata, dunque la società civile nei suoi diversi stadi, e sia rappresentano nella sua azione come Stato, sia spiegare partendo da essa tutte le varie creazioni teoriche e le forme della coscienza, religione, filosofia, morale ecc. e seguire sulla base di queste il processo della sua origine. ciò che consente naturalmente anche di rappresentare la cosa nella sua totalità (e quindi anche la reciproca influenza di questi lati diversi l'uno sull'altro)» (ivi, I). Il rapporto fra teoria e prassi Il materialismo storico si presenta come una metodologia critica anti-ideologica: il suo compito essenziale consiste in un’opera di smascheramento. Non per nulla Marx viene inserito fra i maestri del sospetto da Paul Ricoeur. Dietro o al di sotto delle grandi narrazioni filosofiche o teologiche sta la struttura socio-economica. Il materialismo storico inaugura una comprensione della realtà non ideologica perché è consapevole della propria condizionatezza storica. È la prospettiva di una nuova impostazione del rapporto fra teoria e prassi: non più solo la critica speculativa ma la prassi rivoluzionaria che intende cambiare le cose. Il materialismo storico comprende i fenomeni sociali proprio perché si colloca al loro interno e ne promuove la trasformazione. Materialismo dialettico: il materialismo di Marx è materialismo storico: offre come filo conduttore per lo studio della storia la teoria per cui le idee giuridiche, morali, religiose dipendono, sono un riflesso, giustificano la struttura economica (vedi sopra). Ma il materialismo di Marx è anche e soprattutto un materialismo dialettico che ha le sue radici nel sistema hegeliano. Marx ha riconosciuto il merito di Hegel di aver individuato il motore della storia nella opposizione-contraddizione. Ma, come l’alienazione non è per Marx una figura speculativa bensì storica e sociale, così la dialettica deve essere capovolta. Rovesciando la dialettica hegeliana si scopre dentro il guscio mistico il suo nocciolo razionale. La dialettica permette di comprendere il movimento reale della storia e permette di comprendere il necessario tramonto dello stato di cose esistente. Ogni momento storico genera nel suo seno delle contraddizioni: sono queste la molla dello sviluppo storico. La dialettica è la legge dello sviluppo storico e tale legge esprime l’inevitabilità del passaggio dalla società capitalistica alla società comunista, con la conseguente fine della alienazione e dello sfruttamento DIAMAT: In genere il materialismo dialettico viene attribuito a Engels, che ne parla in effetti nell’opera “La dialettica della natura”. Solo che Engels ha definito la dialettica la scienze delle leggi generali del movimento della storia e della natura. E individua tre leggi: 1. la legge della conversione della quantità in qualità e viceversa 2. la legge della compenetrazione degli opposti 3. la legge della negazione della negazione Marx invece fa solo riferimento alla dialettica della storia. Qual è la legge che mette in movimento la storia? CONCEZIONE DELLA STORIA La legge della storia. Forze produttive e rapporti di produzione. oltre che rappresentare la chiave di lettura della statica della società. si configurano anche come lo strumento interpretativo della sua dinamica. ossia come la legge stessa della storia. Marx ritiene infatti che ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive tendano a corrispondere (corrispondenza) determinati rapporti di produzione e di proprietà. che si mantengono sino a quando favoriscono le forze produttive e vengono distrutti quando si convertono in ostacoli o catene per le medesime. Ora. poiché le forze produttive, in connessione con lo sviluppo tecnico, si sviluppano più rapidamente dei rapporti di produzione. che esprimendo delle relazioni di proprietà tendono a rimanere statici. ne segue periodicamente uno stato di frizione o di contraddizione fra i due elementi, che sfocia in una rivoluzione: «A un dato punto del loro sviluppo. le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti. da forme di sviluppo delle forze produttive. si convertono in catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura (...)» (Pref. a Per la critica ecc.). La pretesa superiorità della coscienza sulla storia e sulla materia è dovuta in realtà alla divisione del lavoro in lavoro manuale e lavoro intellettuale Questa divisione del lavoro si è prodotta quando si è passati dalla società tribale alla società schiavistica La divisione del lavoro ha prodotto anche la divisione in classi e quindi in una classe dominante e una classe dominata e sfruttata La struttura economica costituisce quindi la radice vera della produzione ideologica (intesa come filosofia, arte, religione, diritto, stato). La struttura economica (mezzi e modi di produzione e rapporti di produzione) costituisce il motore della storia sia nel campo della ideologia che nel campo della prassi sociale. IL CAPITALE: ANALISI CRITICA DEL CAPITALISMO Premessa: Il capitale consiste nell’analisi scientifica dei processi strutturali propri dell’economia borghese e all’interno della società capitalistica tutto è concepito come merce e tutto viene disumanizzato. Contro gli economisti classici: non esistono leggi universali dell’economia ma solo leggi storiche legate alle diverse formazioni sociali (età romana imperiale, feudalesimo ecc.) La merce e il suo valore: la merce è un prodotto che possiede un suo valore. Secondo Marx, il valore della merce può essere di due tipi: Valore d’uso: che consiste nella capacità della merce di soddisfare un determinato bisogno e corrisponde alla qualità della merce prodotta. Valore di scambio: è definito dalla quantità di tempo socialmente necessaria per poter produrre una determinata merce. Esso quantifica le qualità della merce. Il prezzo e il valore di una merce non possono essere identificabili in quanto dipendono da variabili contingenti, come la legge della domanda e dell’offerta. L’obbiettivo principale della società capitalistica non è quello di produrre merce finalizzandola al consumo, bensì di accumulare il capitale. Il capitale che viene investito nella forza lavoro (quindi nel salario degli operai) si chiama capitale variabile, mentre il capitale investito nei macchinari e materie prima prende il nome di capitale costante. Marx delinea due tipi di formule atte a descrivere la logica del profitto: M-D-M merce, denaro, merce: è la formula su cui si è fondata l’economia tradizionale (pre-borghese) in cui il denaro era utilizzato come mezzo di scambio tra le merci; D-M-D+ con questa formula Marx intende descrivere il capitalismo avanzato (borghese), secondo cui il denaro (D) viene utilizzato per comprare della merce (M) che verrà poi venduta in modo da ottenere più denaro (D+ o plusvalore). Per cui la merce funge da mezzo per incrementare il denaro. Da dove proviene il plusvalore? Il plusvalore ha origine dalla forza lavoro, la quale viene comprata, o pagata se preferiamo (con il salario), dal capitalista in base allo stretto necessario per garantire la sopravvivenza dell’operaio e della sua famiglia. Ciò che differenzia la forza lavoro dalla merce normale è il fatto che la prima produce un valore superiore di quello che le viene dato con il salario. Se infatti il capitalista desse al salariato l’intero prodotto del suo lavoro, non ne avrebbe per sé alcun profitto. Da ciò si origina il plusvalore, che è quella parte del valore prodotto dal lavoro salariato (pluslavoro) di cui il capitalista si appropria. Il saggio del plusvalore: Poiché il plusvalore nasce solo in relazione ai salari, ossia al capitale variabile, il saggio del plusvalore, ossia quant’è la percentuale del plusvalore, è dato dal rapporto tra il plusvalore e il capitale variabile. Il saggio del profitto: il capitalista investe non solo in salari ma anche in macchinari (il capitale costante), per cui il saggio del profitto, cioè quanto intasca il capitalista, deriva dal rapporto tra il plusvalore e il capitale variabile più quello costante. Di conseguenza il saggio di profitto sarà sempre minore rispetto al saggio del plusvalore. Le contraddizioni del capitalismo: E’ interessante notare quali ipotesi prese in considerazione il sistema capitalistico per raggiungere il suo obbiettivo principale: Una di queste fu quella relativa all’allungamento della giornata lavorativa dell’operaio, lasciando il salario invariato. L’aspetto negativo di questa ipotesi è che un operaio non può essere produttivo dopo un certo tot di ore. Per cui si passò ad un’altra ipotesi. Così l’imprenditore doveva fare in modo che le ore necessarie al lavoratore per guadagnare il suo salario venissero ridotte. Ad esempio, nelle 8 ore lavorative l’operaio deve essere messo nelle condizioni di poterne impiegare 6 per la produzione e 2 per produrre il plus valore. Ovviamente il lavoro doveva essere più produttivo, così si passò ad un’industria meccanizzata, che riduceva il tempo del lavoro e aumentava la quantità di merce prodotta. I problemi: Proprio l’aumento di produttività genera il fenomeno delle crisi cicliche di sovrapproduzione. Essa porta anche alla distruzione dei beni, in quanto il mercato non riesce ad assorbire la merce prodotta, e alla disoccupazione, in quanto le macchine prendono spesso il lavoro dell’uomo. Altro ulteriore problema generato dalla corsa al rinnovamento tecnologico è la caduta tendenziale del saggio di profitto. Con tale termine Marx intende quella legge per cui aumentando smisuratamente il capitale costante (macchine e materie prime) diminuisce il saggio di profitto cioè il guadagno del capitalista. La legge equivale ad un andamento decrescente dell’economia sociale ed essa corrisponde al "tallone d’Achille" del sistema capitalistico. MARX E LA FASI DELLA SOCIETÀ COMUNISTA (vedi Manifesto del Partito Comunista) Qual è la legge dello sviluppo storico? Come già detto sopra, la struttura economica comprende in sé due elementi fondamentali: le forze produttive (costituite dai condizionamenti posti dalla natura al lavoro umano, dallo sviluppo delle tecniche produttive, dal grado di organizzazione e divisione del lavoro) E i rapporti di produzione cioè i rapporti che intercorrono fra la classe che detiene la proprietà dei mezzi di produzione e la classe di coloro che forniscono il lavoro. Nella storia si creano delle contraddizioni fra forze produttive e rapporti di produzione: la storia è sempre storia di lotte di classe. È questa la grande verità che Marx ha appreso da Hegel: il mondo non è un insieme di cose compiute e perfette ma un insieme di processi nell’ambito dei quali attraverso alterazioni profonde e cambiamenti incessanti, a volte attraverso parziali regressi, si realizza un continuo e reale progresso 1. La proprietà tribale, il comunismo primitivo 2. La società asiatica 3. La comunità antica e lo stato 4. La proprietà feudale 5. La proprietà capitalistica 6. Il comunismo futuro Ogni forma di organizzazione sociale genera necessariamente quella successiva quando si raggiunge una contraddizione fra il mutarsi delle forze di produzione e i rapporti di produzione: le forze produttive progrediscono sempre mentre i rapporti di produzione tendono a mantenersi il più possibile. Quando la contraddizione raggiunge il punto massimo avviene la rottura rivoluzionaria. In questo senso la borghesia viene definita nel Manifesto la classe più rivoluzionaria che la storia abbia conosciuto La riconciliazione dell’uomo con se stesso e con la società non sarà pertanto il frutto di una critica intellettuale e filosofica ma di una prassi: cambiando le condizioni socio-economiche in cui l’uomo vive e si relazione con gli altri e con la natura si avrà una vera riconciliazione, una dis-alienazione Alle armi della critica bisogna sostituire la critica delle armi. Chi è il soggetto in grado di operare questa trasformazione nella prassi? Il proletariato Per quale motivo il proletariato è in grado di produrre il mutamento sociale ed economico? Marx, come Hegel, è critico nei confronti della concezione illuministica ed evoluzionistica della storia in quanto essa non riconosce la necessità e la fecondità di ogni momento storico e concepisce lo sviluppo storico come sviluppo per gradi anziché per salti ovvero negazioni Rottura dell’unità, per esempio della polis greca La società moderna destina l’uomo all’infelicità Libertà? Senza giustizia è illusoria Rappresentanza parlamentare? Democrazia formale, occorre rigettare il principio dir rappresentanza Prima una democrazia sostanziale nelle fabbriche 1. analisi della funzione storica della borghesia: la borghesia è la classe più rivoluzionaria. Essa esiste in quanto cambia in continuazione i rapporti di produzione e quindi modifica anche i rapporti sociali. La classe borghese ha spazzato via l’ ancien règime con le sue sovrastrutture ideologiche, ha dissolto il vecchio ordinamento e le sue sovrastrutture giuridiche, culturali, religiose. . Ha creato un mercato globale e ha posto le basi per un vero cosmopolitismo. Ma ha anche generato il suo antagonista: il proletariato che sta mettendo in opera una dura lotta di classe. Però la borghesia ha suscitato anche il suo antagonista. Produce una polarizzazione nella società, non più classi medie. Il proletariato attua necessariamente la lotta di classe per abbattere il duro dominio della borghesia. La lotta di classe è il vero motore della storia, il soggetto autentico che spiega l’evoluzione della società e della storia stessa 2. concetto della storia come lotta di classe e il rapporto fra proletari e comunisti. Contributo originale di Marx nel concetto di classe: le classi sono legate alle fasi storiche di sviluppo della produzione; le classi si definiscono in rapporto alla proprietà dei mezzi di produzione; la lotta di classe conduce necessariamente attraverso la dittatura del proletariato al comunismo 3. la critica ai socialismi non scientifici Critica il socialismo utopistico (Saint-Simon, Fourier e Owen) Non sa riconoscere il ruolo del proletariato e si perde nella descrizione di società ideali future Non basta una condanna morale del capitalismo, volontarismo, un nuovo vangelo sociale Occorre conoscere i meccanismi di produzione, le leggi che regolano i rapporti sociali Una dimostrazione scientifica dello sfruttamento. 4. Il comunismo non è un ideale ma “il movimento reale, immanente, che abolisce lo stato di cose presente” Non c’è bisogno di condannare il capitalismo perché esso produce da sé la propria negazione Il proletariato l’unico soggetto rivoluzionario, oggettivamente, non per scelta etica. La peculiarità del proletariato sta nella sua caratteristica di universalità poiché, non avendo una proprietà privata non rappresenta interessi particolari. Grazie all’azione rivoluzionaria del proletariato “alla vecchia società borghese con le sue classi e con i suoi antagonismi fra le classi subentra una associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti” . 5. La massa: critica al modello giacobino. Un piccolo gruppo con metodi settari e cospirativi (Blanqui) 6. Violenza? Non necessariamente, ci possono essere vie diverse a seconda dei contesti nazionali (vedi USA, Olanda, Inghilterra) La rivoluzione di Marx implica in qualche modo la violenza. Nella fase finale Marx era portato a pensare che fosse possibile una soluzione pacifica anche se la riteneva poco probabile nel superamento della società borghese. Marx si distingueva dagli anarchici perché riteneva che il proletariato doveva togliere il potere alla borghesia ma prima doveva abbattere lo stato e quindi il proletariato doveva impadronirsi della macchina statale borghese per distruggerla e riformarla, ma in una prima fase il proletariato avrebbe dovuto gestire lo stato per evitare il ritorno della borghesia che avrebbe potuto mettere in discussione le conquiste rivoluzionarie. Si doveva trattare comunque di una progressiva estinzione dello stato. 7. Lo stato è sovrastruttura: una uguaglianza astratta, una disuguaglianza reale contro Hegel: Lo stato deve essere riassorbito nella società civile, il vero luogo dei rapporti L’universalità astratta nasconde la reale scissione, il dominio Lo stato è sovrastruttura, il luogo della violenza concentrata (dispotismo – polizia), esprime gli interessi della classe dominante nella società civile Lo stato è espressione dell’interesse delle classi più forti L’uguaglianza e la fratellanza della Rivoluzione francese sono bugie Distruzione dello stato. Esempio della Comune di Parigi La comune di Parigi è l’unico modello storico concreto di Marx. La comune di Parigi avrebbe realizzato la dittatura del proletariato (aveva sostituito l’esercito con la milizia proletaria, aveva soppresso la burocrazia attraverso i comitati popolari, aveva eliminato la distinzione dei poteri, strumento di mistificazione dello stato, aveva stabilito che le cariche politiche erano transitorie.) Lo stato, nell'analisi di Marx, è lo strumento di cui si serve la borghesia per esercitare il suo potere e imporre la sua ideologia. Per Marx lo stato non è destinato a perfezionarsi, né va conquistato per usarlo a proprio vantaggio: se lo stato è uno strumento di dominio di una classe sull'altra, esso si estinguerà nella società senza classi. «In Marx c'era l'utopia della soppressione dello Stato e perciò della società che si amministra da sé, senza bisogno dello Stato - un'ispirazione per così dire finalistica di tipo anarchico - la realtà storica ha portato a una forma di esasperato statalismo o addirittura a doppioni dello Stato, come il partito. Questo ha prodotto società strangolate, nelle quali non c'era alcuna possibilità di inventiva. Con un sistema coercitivo di tipo maniacale per farle reggere in piedi, perché erano società che dubitavano della propria esistenza». Tito Perlini in Avvenire, 4.6.1999 8. La dittatura del proletariato Tra comunismo e capitalismo vi è una fase intermedia che è il socialismo che serve a preparare il comunismo in cui si realizza la socializzazione dei mezzi di produzione ed in cui si realizza la dittatura del proletariato. Ciò significa che all’opposto del controllo borghese vi è una dittatura della maggioranza sulla minoranza. La dittatura del proletariato è una fase temporanea per abbattere il potere borghese e per arrivare al comunismo Nel periodo di transizione rivoluzionaria dal capitalismo al comunismo le funzioni dello stato saranno esercitate dalla "dittatura del proletariato". Una dittatura della maggioranza sulla minoranza. Una fase transitoria per giungere al comunismo. I provvedimenti adottati durante la dittatura del proletariato potranno essere i seguenti: 1. espropriazione della proprietà fondiaria e impiego della rendita fondiaria per le spese dello stato 2. imposta fortemente progressiva 3. abolizione del diritto di successione 4. confisca delle proprietà di tutti gli emigrati e i ribelli 5. accentramento del credito in mano allo stato mediante una banca nazionale, con capitale e monopolio statale 6. accentramento dei mezzi di trasporto nelle mani dello stato 7. moltiplicazione delle fabbriche nazionali e coltivazione delle terre secondo un piano collettivo 8. uguale obbligo di lavoro per tutti 9. eliminazione graduale dell’antagonismo fra città e campagna unificando l’esercizio dell’agricoltura e dell’industria 10. istruzione obbligatoria e gratuita per tutti i fanciulli, eliminazione del lavoro minorile Il comunismo supera la scissione perché elimina la proprietà privata Abolendo la proprietà privata si abolisce la lotta di classe, cadono anche le sovrastrutture Società comunista = democrazia diretta, libero sviluppo di sé in armonia col libero sviluppo di tutti In realtà esistono pochi testi relativi alla società comunista futura. Perché? Marx ha in sospetto l’utopia 9. Marx rifiuta il “comunismo rozzo” che intende solo trasformare la proprietà privata in proprietà di tutti: la proprietà non viene soppressa ma viene nazionalizzata, cosicché tutti gli uomini-cittadini vengono ridotti a operai salariati. La comunità diventerà così un grande capitalista. In questa società comunista imperfetta permangono ancora i difetti della società capitalistica: non si tiene conto delle diversità individuali 10. Il vero comunismo superiore consiste in un diverso rapporto col mondo e con gli altri: non più il possesso e il consumo, non più l’uomo economico, ossessionato dall’avere ma un uomo nuovo, creativo. “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni abolizione della divisione del lavoro (manuale – intellettuale), lavoro come bisogno di vita, creativo, umanità onnilaterale, senza proprietà privata, quindi senza classi, senza sfruttamento, senza miseria, senza divisioni e senza stato. Esito anarchico del pensiero politico di Marx