Fitofarmaci e patologie del sistema digerente

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Fitofarmaci e patologie del sistema digerente
Gastroduodenite:
E’ un’infiammazione contemporanea dello stomaco e del duodeno, caratterizzata da turbe
dispeptiche e da una sintomatologia varia costituita da nausea, pirosi, meteorismo, alitosi,
eruttazione, dolore e crampi addominali. Si distinguono forme acute e forme croniche.
La forma acuta caratterizzata da sintomi quali bruciore, dolore, crampi, senso di pienezza che si
presentano generalmente a distanza dai pasti e sono spesso accompagnati da una sensazione di
costrizione epigastrica. I fattori che la causano sono farmaci come l’acido acetilsalicilico e altri
FANS, anticoagulanti e preparati a base di ferro, inoltre l’abuso di caffè e alcolici e il fumo di
sigarette.
La forma cronica ha una sintomatologia caratterizzata dalla dispepsia (gonfiore, nausea ed
eruttazioni) e molto spesso dalla presenza di Helicobacter pylori che si stabilisce sulla superficie
interna dello stomaco causando un processo infiammatorio delle cellule, attraverso la produzione di
tossine.
Rimedi fitoterapici sono la Mentha piperita, la Glycyrrizha glabra e la Matricaria recutita.
La menta o Mentha piperita appartenente alla famiglia delle Labiatae, presenta un olio essenziale
composto da mentolo, mentone, mentofurano, cienolo, limonene e d-pulegone; flavonoidi (diosmina
e mentoside); tannini, triterpeni, azuleni e acidi fenolici (caffeico, cloro genico e rosmarinico).
Foglie e olio contengono inoltre acetaldeide, alcool amilico, fellandrene, cadinene e solfuro di
dimetile. Costituenti in tracce includono alfa-pinene, sabinene, terpinolene, fenchene, citronellolo e
alfa e beta-tujone.
La menta ha un’azione spasmolitica gastrointestinale, secreto litica, eupeptica, antibatterica,
antiemetica, tonica e colesistocinetica. Trova utilizzo nella dispepsia gastrica e biliare, nelle
gastralgie, nell’alitosi, nell’ IBS (sindrome dell’intestino irritabile), nella nausea e nella flatulenza.
Studi clinici hanno constatato che la menta produce un’inibizione dell’attività spontanea
peristaltica, riduce il totale transito gastrointestinale o svuotamento gastrico, diminuisce il tono
basale nel tratto GI, riduce la frequenza dell’onda lenta nell’esofago e intestino tenue che rallenta i
movimenti peristaltici. Inoltre, è stato osservato che la menta rilassa lo sfintere esofageo inferiore e
che è utile come agente antispasmodico. E’ stato inoltre dimostrato che il mentolo presenta
un’attività antibatterica contro Clostridium sporogenes, Enterobacter, Klebsiella, Pseudomonas
aeruginosa, Stafilococchi e Streptococchi.
Le forme farmaceutiche utilizzate sono le sommità fiorite e le foglie, sottoforma di TM, di estratto
secco, di infuso e di olio essenziale. E’ controindicata nelle persone affette da reflusso
gastroesofageo, da una severa epatopatia, da un’occlusione delle vie biliari e inoltre, in gravidanza e
in pediatria. L’olio essenziale ad alte dosi può determinare ipereccitabilità (nelle ore serali) e gravi
disturbi renali (nefriti o grave insufficienza renale). Diversi effetti tossici sono stati associati
all’ingestione di olio di menta, come bruciore di stomaco, nausea, vomito, reazioni allergiche,
vampate di calore e mal di testa. A dosi elevate le foglie di menta usate per il tè possono essere
epatotossiche, possono abbassare i livelli di testosterone e diminuire la spermatogenesi nei maschi e
aumentare i livelli di FSH e LH. L’olio di menta può interagire con isoforme del citocromo P450
(CYP1A2, CYP2C19, CYP3A4) e quindi potrebbe modificare i livelli di farmaci metabolizzati da
tali citocromi.
La dose letale nell’uomo è di 3-8 g di mentolo. Il mentolo viene metabolizzato dal sistema
enzimatico G6PDH, deficitario nei soggetti affetti da favismo, pertanto è da sconsigliare in questi
casi.
Un fitoterapico utile nelle gastropatie acute e croniche, nelle ulcere peptiche e nella stipsi è la
liquirizia, costituita dalle radici o dai fusti sotterranei essiccati di Glycyrrhiza glabra appartenente
alla famiglia delle Leguminosae. E’ composta principalmente da saponine triterpeniche
(glicirrizina, acido glicuronico + acido glicirretico), flavonoidi (liquiritina, isoliquiritina), derivati
cumarinici, mannitolo, glucosio, resine, acido benzoico. La glicirrizina è 150 volte più dolce del
saccarosio e per idrolisi dà origine ad acido glicirretico e a due molecole di acido glicuronico.
L’acido glicirretinico inibisce a livello gastrico la 15-idrossi-prostaglandino-deidrogenasi e la Δ13 –
prostaglandino reduttasi, consentendo un accumulo di prostanoidi, sostanze citoprotettive. Inoltre
sembra inibire anche l’enzima 11-β-idrossi- steroido deidrogenasi, con aumento tessutale di
glucorticoidi.
La liquirizia entra come lenitivo nella composizione di prodotti impiegati per lenire i disturbi
gastrointestinali. La liquirizia è una pianta utile anche nella cura dell’ulcera duodenale, unico vero
antiulcera prima della scoperta della cimetidina. L’azione antigastrica e antiulcerosa è dovuta
all’acido glicerretico e ai flavonoidi. Ciò è dovuto ad un aumento della secrezione delle cellule
mucipare della parete gastrica e all’attività diretta sulla mucosa ulcerata o infiammata. La liquirizia
assunta insieme all’aspirina dimezza l’incidenza dell’ulcera gastrica indotta da questo farmaco nel
ratto, tendendo inoltre a ridurre la produzione di gastrina e di acido cloridrico da parte della mucosa
dello stomaco. L’azione antiulcerosa di questa droga è dovuta in buona parte all’inibizione degli
enzimi 15-OH- prostaglandino-deidrogenasi e delta-13-prostaglandino reduttasi.
La sua attività antinfiammatoria determina un potenziamento dell’attività corticosteroidea per
interferenza con il catabolismo del cortisolo e ciò è la causa della sua azione terapeutica ma anche
della sua tossicità. L’aumento del cortisolo a livello renale determina un potenziamento dell’attività
mineralcorticoide, con perdita renale di potassio e ritenzione di acqua e sodio. Gli effetti derivanti
sono ritenzione idrica, ipopotassemia e ipertensione.
La liquirizia è controindicata in persone affette da ipertensione arteriosa grave, epatopatia,
ipopotassemia, ridotta funzionale renale e cardiaca e in gravidanza, allattamento e pediatria.
Anche la camomilla o Matricaria recutita appartenente alla famiglia delle Compositae è un
fitoterapico utile per via dell’attività antiulcerosa gastroduodenale e spasmolitica, ma anche per la
sua azione battericida, antimicotica, sedativa e miorilassante.
La camomilla è composta da un olio essenziale (alfa-bisabololo, camazulene e cerulene), amine,
mucillagini, flavonoidi (apigenina, quercitina) e lattoni sesquiterpenici (matricarina, matricina).
L’alfa-bisabololo ha generato notevole interesse economico, poiché possiede un odore delicato
floreale e ha mostrato di avere attività anti-settica e anti-infiammatoria. Uno studio scientifico ha
valutato la sua azione gastroprotettiva nell’ulcera da etanolo e da indometacina indotta nei topi,
studiando i meccanismi farmacologici coinvolti in questa azione, ovvero soprattutto la capacità
dell’alfa-bisabololo nell’aumentare la biodisponibilità gastrica dei gruppi sulfidrilici portando ad
una riduzione del danno ossidativo gastrico indotto da etanolo e indometacina.
La camomilla, anche se ritenuta innocua, evidenzia invece possibili inconvenienti tra cui, reazioni
allergiche (lattoni sesquiterpenici) e interazioni farmacologiche negative, per inibizione di isoforme
del citocromo P450 (CYP1A2, CYP2C9, CYP2D6 e CYP3A4). In base a questo meccanismo
enzimatico, è stato infatti dimostrato che anche le semplici tisane di camomilla, interagiscono con il
warfarin causando sanguinamenti per aumento delle concentrazioni ematiche e inoltre, risulta
necessario monitorare l’indice INR nei cardiopatici con vasculopatie.
Stipsi:
Si definisce stipsi quando si hanno meno di tre evacuazioni alla settimana, associate ad una
maggiore consistenza delle feci e alla conseguente difficoltà di defecare. Diverse sono le cause,
sedentarietà e abitudini alimentari, condizioni che favoriscono lo spasmo dello sfintere anale
(emorroidi, stenosi, ragadi, patologie ginecologiche) e inoltre farmaci sedativi e psicofarmaci.
La stipsi cronica si divide in funzionale , nella quale il transito intestinale è normale e in idiopatica,
dovuta a rallentamento del transito, ad atonia o a mancanza di rilassamento anale alla distensione
rettale. E’ da tenere in considerazione che l’abuso di lassativi può causare esso stesso stipsi.
I fitoterapici utilizzati in questa patologia si possono classificare in lassativi di massa, osmotici e da
contatto.
Quelli di massa determinano un aumento della massa intestinale perché aumentano il
riassorbimento di acqua. Uno dei più importanti è lo psillio, la cui droga è costituita dai semi maturi
della Plantago psyllium e Plantago indica. Lo psillio può essere assunto per periodi lunghi, alla
minima dose efficace. Non deve essere utilizzato in caso di occlusione intestinale o nel diabete
mellito scompensato, inoltre riduce l’assorbimento di farmaci assunti contemporaneamente.
Tra i lassativi osmotici, riveste un ruolo importante la manna, sostanza zuccherina, indurita all’aria,
che cola da incisioni fatte sul tronco oppure provocate da punture di insetto del Fraxinus ornus
appartenente alla famiglia delle Oleaceae. La manna contiene il 30/70% di mannite o mannitolo che
trova utilizzo come blando purgante, di sapore gradevole, adatto ai bambini. Usato in pediatria e
come dolcificante nei diabetici.
I lassativi da contatto sono rappresentati dalle droghe ad antranoidi. Gli antranoidi hanno effetto
lassativo perché in grado di stimolare direttamente la motilità intestinale, fino a provocare crampi,
dolori addominali e perdita di elettroliti, in particolare potassio, se l’uso è prolungato.
Una pianta importantissima appartenente ai lassativi di contatto è la senna che è data dalle foglie
secche di Cassia angustifolia o acutifolia, appartenente alla famiglia delle Caesalpinaceae. Le parti
utilizzate sono foglie o i frutti. I principi attivi sono dei derivati antracenici: antrachinoni liberi,
antracenosidi (senno side A e B), aloemodina, reina, mucillagine, sostanze resinose, Sali minerali e
flavonoidi. I sennosidi vengono metabolizzati dalla flora intestinale in reina e reina-antrone.
La reina è il vero principio attivo della senna. La senna è un lassativo consigliato nei casi di
costipazione acuta e prima di un esame endoscopico del tratto intestinale. Viene somministrata in
associazione ad altre droghe lassative o coleretiche, oppure da sola sottoforma di infuso, macerato
o sciroppo. Il macerato provoca difficilmente crampi e dolori addominali perché ha poche sostanze
resinose. La senna colora le urine brune o rosse e le feci possono colorarsi giallo-arancio. L’uso è
controindicato in gravidanza e allattamento, durante il ciclo mestruale, nell’appendicite, in caso di
emorroidi e nella colite ulcerosa.
TABELLE
FITOFARMACI-APPARATO RESPIRATORIO
FITOFARMACI
PATOLOGIA
Mentha piperita, Glycyrrizha glabra,
GASTRODUODENITE
Matricaria recutita
Plantago psyllium, Fraxinus ornus, Cassia
STIPSI
angustifolia o acutifolia
PIANTA-FARMACO
Matricaria recutita
Calcio antagonisti
Statine (Lovastatina, Simvastatina)
Cisapride
Warfarin
RISULTATI INTERAZIONE
Aumento della concentrazione serica e
rischio di tossicità
Disordini emocoagulativi
Sedativi o prodotti naturali (alcool,
kava, melissa e valeriana)
Mentha piperita
Antidiabetici orali
Aloperidolo
Antidepressivi triciclici
Teofillina
Warfarin
Caffeina
Naproxene
Paracetamolo
Tacrina
Effetti additivi
Felodipina
L’associazione con l’olio essenziale di
menta determina un’inibizione
reversibile dell’ossidazione della
felodipina e aumento della AUC e
Cmax
Glycyrrizha glabra
Corticosteroidi orali e topici
Modifica il metabolismo di tutti questi
farmaci
Digitale
Potenzia l’azione e aumento reazioni
avverse
Effetti aldosterone-simili
Antipertensivi
Riduzione dell’effetto
Contraccettivi orali
Digossina
Cassia angustifolia o acutifolia
Cortisonici, Glicosidi cardiaci, Diuretici,
Farmaci antiaritmici.
COMMENTO
Le interazioni sono dovute all’inibizione di
isoforme del citocromo P450
(CYP2C9,CYP2D6,CYP3A4) ed in
particolare del CYP1A2
Ipopotassiemia, nausea, alterazioni
e gravi aritmie cardiache
Perdita di potassio
Inibizione enzimatica del CYP1A2
Inibizione dell’isoenzima CYP3A4
Bibliografia:
Testi
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