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Psicologia cognitiva per la
comunicazione - modulo
ricciardelli
Psicologia Cognitiva
Università degli Studi di Milano-Bicocca
69 pag.
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PSICOLOGIA COGNITIVA PER LA COMUNICAZIONE
• Definizione della Psicologia Cognitiva e sua applicazione nei processi comunicativi;
• Principali metodi di ricerca in psicologia cognitiva;
• I processi cognitivi;
• Percezione visiva: differenza tra vedere e percepire;
• Illusioni visive e “costruzione” della realtà;
• Misurare la percezione;
• Cognizione embodied: percepire per agire;
• I processi attentivi: principali teorie;
• Attenzione sostenuta, attenzione congiunta;
• Joint attention e processi di collaborazione/cooperazione e antagonismo;
• Memoria: processi di base, teorie ed esempi;
• Progettazione di sistemi a supporto della memoria: memoria esterna, memoria nel mondo;
• Come ragioniamo: presa di decisioni, errori di valutazione, percezione del rischio.
• Percezione sociale. Stereotipi e pregiudizi: caratteristiche in-group e out-group.
Cosa vuol dire cognizione?
[primo pacchetto di slide]
Cognizione: vuol dire conoscenza. Quando si parla di cognizione ci si riferisce a come acquisiamo
la conoscenza → in psicologia cerchiamo di capire come funziona la nostra mente e la
conoscenza (la acquisiamo attraverso i nostri organi di senso).
Cognitivismo vs Comportamentismo: la rivoluzione
La rivoluzione cognitivista emerse come una sfida ai limiti del comportamentismo. La colonna
portante del cognitivismo sono il pensiero umano e i processi alla base della conoscenza ( per
esempio l’attenzione, la memoria, la comprensione). Secondo questo approccio le persone
agiscono perché pensano, e pensano perché sono finemente equipaggiate per farlo. L’oggetto
del cognitivismo è cosa fa una persona, da intendere non nel senso di comportamento esterno,
ma come un processo di elaborazione delle informazioni che un individuo compie. Nel modello
cognitivista (contrariamente al modello comportamentista), il comportamento è solo
parzialmente determinato da eventi ambientali antecedenti e conseguenze comportamentali
passate. Gli psicologi cognitivisti studiano i processi mentali superiori come la percezione, la
memoria, il linguaggio, il pensiero, la soluzione di problemi e i processi decisionali a diversi
livelli. Essi considerano il pensiero nello stesso tempo causa ed effetto dell’azione osservabile.
(esempio → provare rimorso quando si fa del male a qualcuno è un esempio di processo
mentale come risultato di un’azione. Scusarsi delle proprie azioni dopo aver provato rimorso è
un esempio di processo mentale come causa di un comportamento).
Nel comportamentismo, non ci si interessava di quello che non era possibile guardare ad occhio
nudo: la mente veniva vista come una black box. La psicologia cognitiva, nasce in antitesi al
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comportamentismo, vuole studiare cosa c’è dentro alla black box. Per via di queste forti
contraddizioni, nella prima formazione della psicologia cognitiva, il corpo non era oggetto di
interesse, interessavano solo i processi mentali e cognitivi. (Cartesio separava il fisico dalla
mente). Quindi nasce la psicologia cognitiva. La psicologia cognitiva è un’area della psicologia
che ha come scopo di capire i processi mentali (la cognizione umana) attraverso lo studio del
comportamento. Ha a che fare con l’informazione che noi percepiamo, apprendiamo,
ricordiamo. Tutto questo è oggetto di studio della psico cognitiva. Oggi vengono esaminati altri
aspetti, quali le emozioni e la motivazione.
Quali sono i temi centrali /argomenti di discussione della psicologia cognitiva?
1) L’innato – aspetti genetici – o l’acquisito – aspetti ambientali (nature or nurture)
Es. percezione dei volti → effetto altra razza (percezione che abbiamo che membri di una
stessa etnia siano tutti uguali) ed effetto altra età
2) Che cosa studiare della mente e come studiarla?
Posso voler studiare la struttura della mente e i processi e operazioni che vengono messi
in atto
Dobbiamo studiare i contenuti della mente umana o possiamo trarre maggior conoscenza
studiando i processi della mente?
Generalità di dominio vs. specificità di dominio
→ I processi che osserviamo sono limitati a particolari domini o generali ed estesi a più
domini?
Validità delle inferenze causali vs. validità ecologica
→ Dobbiamo studiare la cognizione attraverso esperimenti controllati o usare tecniche
più realistiche ma meno controllate?
Ricerca applicata vs. ricerca di base
→ Solo la conoscenza di base o come migliorare l’uso efficace della cognizione in
situazioni pratiche?
È meglio usare più approcci ed aspetti ed assumere più punti di vista!
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Come si è arrivati al cognitivismo: timeline degli approcci psicologici
Pragmatismo statunitense (william james 1890): il valore della conoscenza, dipende dalla sua utilità. Che
cosa posso fare con questa conoscenza? L’interesse è cosa possiamo fare della conoscenza di quel che le
persone in qualche modo fanno. Se io so che il comportamento aumenta all’aumentare del rinforzo, da lì
in avanti, il topino, premerà più e più volte la leva. L’utilizzo della tessera punti del supermercato è
un’applicazione pratica.
Funzionalismo( fine ‘800 primo 900) Corrente filosofica monto presente nella psicologia cognitiva. L’idea
era quella di descrivere i processi mentali in funzione del significato adattivo. Perché il processo si è
sviluppato e sia arrivato ad essere così
Che cosa fanno le persone e perché lo fanno?
Come e perché la mente funziona come di fatto fa?
La mente è ciò che fa (non tanto ciò che contiene)
Altri aspetti più alti riguardano anche capire se il mio comportamento è frutto di una libera scelta o è
determinati da altri fattori (per i comportamentisti no, tutto era stimolo risposta).
I funzionalisti sono i primi ad indicare più metodi di studio al fine di rispondere agli interrogativi del
ricercatore.
Psicologia ecologica: Gibson ( 1970)
Ogni atto mentale deve essere studiato prestando attenzione alla funzione che svolge per quel determinato
agente. I concetti (es. “tazza”) sono diversi dalle rappresentazioni, sono istruzioni utili per interagire con gli
oggetti, sono cioè finalizzati all’azione.
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Uso delle metafore in psicologia
In psicologia cognitiva si usano le metafore. Sono importanti per il ricercatore e in generale nel
ragionamento scientifico perché la metafora mi fornisce un modello, uno schema di riferimento che mi
dà delle intuizioni per poter sviluppare degli studi. Le metafore sono di tipo meccanicistico
computazionale e spesso sono legate allo sviluppo tecnologico del momento. All’inizio i cognitivisti usano
la metafora di mente= computer (anni ’70). Anche il linguaggio che gli psicologi cognitivi usano, è frutto
di questa metafora: di fatti “sovraccarico, multitasking, recupero di informazione” sono tutti modi in cui
si esprime un computer. Se io reputo che il calcolatore è molto simile alla mente, allora posso pensare di
riprodurre la mente in un calcolatore → intelligenza artificiale -> il ricercatore programma il computer in
modo da far eseguire compiti cognitivi. Le metafore però NON danno una spiegazione! io penso che siano
simili e analoghi, ma non sono la stessa cosa!
Assunto principale: La mente viene vista come un sistema simbolico, per questa ragione io posso
riprodurre il sistema cognitivo in un computer → attraverso delle operazioni, la mente elabora le
informazioni e successivamente ritorna un prodotto finale (output) che è il comportamento! In questa
idea è implicito che le operazioni mentali richiedono del tempo per essere svolte ( ed è possibile formulare
delle ipotesi sui tempi di risposta TR). La nostra mente (per quanto potente sia il calcolatore) ha dei limiti
di tipo strutturale e di risorse(se rispetto le modalità di funzionamento e capisco i limiti, avrò un prodotto
finale molto utilizzabile → mente processore a capacità limitata).
Processo mentale = software (che ha delle caratteristiche per girare in determinate macchine). → allo
psicologo cognitivo non interessa tanto l’hardware.
Idea dell’uomo come elaboratore di informazioni ( neisser 1966)
“Il compito di uno psicologo che cerca di capire la cognizione umana è analogo a quello di un uomo che
cerca di scoprire come un computer sia stato programmato”
Paradigma dell’elaborazione dell’informazione (HIP)
Broadbent (1958) sosteneva che gran parte dell’attività cognitiva fosse costituita da una
sequenza di stadi seriali di elaborazione
Sistema sensoriale
sistema centrale
motor system
Input sensoriale →
-
Udito
Tatto
Gusto
Olfatto
Vista
- pensiero
- apprendimento
-memoria
- attenzione
Linguaggio
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output
L’approccio HIP = la cornice teorica ed empirica nella maggior parte degli studi sui processi cognitivi
Novità: Percezione, attenzione, memoria ecc. non sono sistemi separati, ma parti interdipendenti di un
sistema cognitivo unitario
Limiti: l’assunzione che gli stimoli vengono in contatto con un organismo “passivo” e la serialità degli
stadi o dei processi → In realtà, l’elaborazione è spesso influenzata in modo sostanziale dalle esperienze
pregresse, dalle aspettative dell’individuo, contesto etc..
Non si legge subito l’errore perché entrano in gioco i processi automatici. I
processi dall’alto e dal basso sono in interazione simultanea (Neisser, 1976).
(Elaborazione dal basso (bottom-up) e dall’alto (topdown)).
Come nascono le domande di ricerca?
Grazie alle informazioni raccolte sui fenomeni, gli psicologi creano delle teorie. →Una teoria, è un insieme
organizzato di concetti che spiegano un fenomeno o un insieme di fenomeni. → Alla base della maggior
parte delle teorie psicologiche c’è il concetto di determinismo, cioè l’idea che tutti gli eventi fisici, mentali
o comportamentali siano il risultato di specifici fattori causali.
1) Problema che non si era mai presentato e che ci si presenta (spesso quando c’è qualcosa di nuovo)
2) Le domande derivano da delle teorie -> th serie organizzato di concetti o leggi. qual è lo scopo?
Lo scopo è di spiegare il perché di una cosa. Alla base della teoria vi è il determinismo. (l’idea che
tutti gli eventi fisici, mentali o comportamentali, siano il risultato di specifici fattori causali. Le
teorie che spiegano di più son quelle che danno una spiegazione di tipo causa- effetto. Più il
concetto è vago è più è difficile trovare un modello matematico della teoria. Dalle teorie derivano
le ipotesi che io posso fare per rispondere alla domanda. L’ipotesi è una spiegazione provvisoria
perché io non l’ho ancora verificata (seppur verosimile) -> mette in relazione causa- effetto. ( Karl
Popper) -> l’ipotesi deve essere falsificata. (dimostrare che quello che l’ipotesi afferma non è una
cosa vera. Mi esclude una possibilità).
Ipotesi di ricerca
Un’ipotesi è una affermazione provvisoria e verificabile sulla relazione tra le cause e le conseguenze
di un fenomeno. →Per essere verificata, ogni ipotesi deve essere formulata in maniera tale da poter
essere falsificata. →Metodo di ricerca → I ricercatori si affidano al metodo scientifico per formulare
ipotesi.
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Metodo scientifico ipotetico- deduttivo Il metodo scientifico è un insieme
generale di procedure per la raccolta e l’interpretazione dei dati. → Il metodo scientifico
permette di limitare le fonti di errore e di trarre conclusioni attendibili.
6 fasi:
effettuare osservazioni
definire un problema
proporre un’ipotesi
raccogliere ed analizzare i dati per verificare o falsificare un’ipotesi di dati
pubblicare e divulgare i risultati
domande aperte
analisi dei dati La psicologia scientifica si basa principalmente su una serie di dati che i
ricercatori devono raccogliere → I dati grezzi sono raccolti attraverso procedure prestabilite
(protocolli sperimentali) e possono essere prodotti come prove a sostegno delle ipotesi
➔ Le statistiche descrittive NON spiegano nulla! descrivono solo
➔ Le statistiche inferenziali tentano di spiegare attraverso delle procedure matematiche. Posso
dare delle spiegazioni (si riferiscono alle th. Probabilistiche)
Metodo intuitivo e senso comune
➔ Cosa facciamo normalmente? noi cerchiamo di dare una spiegazione ad un problema -> noi facciamo
della psicologia ingenua. È fondamentale per noi! Ha un valore importante. La differenza è il modo in
cui viene fatto. Il metodo scientifico è rigoroso, il senso comune no! Il rischio del senso comune è
quello di commettere degli errori di ragionamento. Noi abbiamo dei bias. Però dobbiamo essere
consapevoli degli errori e delle distorsioni. → problema: mancanza di controllo
Divulgazione e domande aperte
Divulgazione dei risultati →Se i dati possono avere una ricaduta scientifica si passa all’invio di un articolo
a una rivista con scopo di pubblicazione.
Domande aperte → La comunità scientifica esamina il lavoro e identifica le questioni rimaste irrisolte
Metodi di ricerca in psicologia cognitiva
Ci sono diversi metodi, molti dei quali prevedono gli esperimenti controllati, la ricerca
psicobiologica e la simulazione al Computer
Si usa poco:
o i protocolli introspettivi (resoconti che una persona dà in seguito a stimolazioni)
o si studiano molto poco i casi singoli
o l’osservazione naturalistica (registrare o osservare cosa succede nell’ambiente )
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sta al ricercatore scegliere il metodo che è più appropriato, non c’è il migliore in assoluto sia la
ricerca quantitativa e qualitativa (metodo che non trasformano i dati in un numero). In funzione
del tipo di ricerca, cambia il tipo di analisi. Sono differenti anche per un altro aspetto molto
importante → si differenziano per il grado di controllo che lo sperimentatore ha →maggiore è il
grado di controllo, maggiore è l’effetto esplicativo. (es. nell’osservazione naturalistica, il
controllo è pari a zero). Se non abbiamo una conoscenza ampia, legata a una conoscenza teorica,
allora abbiamo utilizziamo una ricerca qualitativa.
Lo psicologo scientifico/cognitivo sviluppa esperimenti analizzando specifici comportamenti in
situazioni controllate per verificare la correttezza di una teoria →A questo scopo gli eventi e i
comportamenti devono essere caratterizzati da proprietà ben definite, misurabili, e che possono
assumere diversi valori: quindi, da variabili.
Dopo aver analizzato il problema/ domanda, deve decidere quali aspetti vuole misurare e quali
aspetti voglia assumere. Parliamo di variabili (aspetti di un fenomeno che io voglio studiare). Si
chiamano variabili perché possono assumere più valori in funzione di qualche cosa. Qui abbiamo
un primo problema, spesso lo psicologo sperimentale, spesso vuole studiare degli aspetti che
sono difficilmente misurabili → spesso si parla di costrutti teorici (deve trasformare l’astratto in
qualcosa da misurare – variabili che di per sé sono inosservabili. Lo sforzo è quello di trovare delle
altre variabili osservabili e misurabili da associare alle prime). Se io voglio studiare l’efficienza
della memoria, come posso fare?
ESEMPIO →il test di memoria è una variabile che io posso concretamente somministrare ->il fatto
che io scelga il test 1 o test 2, lo scelgo io ( è una variabile) -> però solo queste domande non mi
bastano per finire il mio test di misurazione. La correttezza delle risposte è un’altra variabile. Per
studiare scientificamente un problema, io come prima cosa devo fare un’operazionalizzazione
delle variabili. Devo passare da una variabile inosservabile a una misurabile → formulo la variabile
in modo da poter fare delle operazioni ben precise in modo da poterne misurare il livello →
processo di operazionalizzazione sia della variabile dipendente che della variabile indipendente.
(per es. il test di memoria è la variabile indipendente, decido io il valore che gli faccio assumerela variabile dipendente sono le risposte perché io mi aspetto che il valore vari in funzione della
variabile indipendente).
Le variabili indipendenti sono in qualche modo delle variabili secondarie rispetto a tutto il
processo che voglio studiare ( sono una specie di indizi) → bisogna scegliere bene le variabili
secondarie !
Se io voglio studiare l’intelligenza ( var.inosservabile), devo trovare le variabili indipendenti e in
funzioni di queste troverò delle variabili dipendenti → faccio fare l’QI ( perché mi assumo che
esprima una indipendenza )
BONTA’ DELLA MISURA DI UNA VARIABILE
Affinché la misura di una variabile sia utile, deve soddisfare criteri di validità, affidabilità e
sensibilità. Una variabile è valida se diagnostica nella misura di quello che io voglio misurare.
Una misura può essere anche affidabile, ma non valida! -> se noi pesiamo una persona su una
bilancia e questa persona pesa 70 kg, la stessa misura è affidabile se la stessa persona si pesa su
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una bilancia diversa e misura sempre 70 kg. Se la stessa persona pesa diversamente, la misura
non è attendibile.
Una misura è sensibile, se genera risultati diversi quando misura cose diverse -> se dobbiamo
pesare gli ingredienti per fare la torta, non uso una bilancia per pesare le merci, ma una bilancia
da cucina. La prima bilancia non è sensibile, la seconda sì.
Le relazioni tra variabili - esempio
In che relazione stanno tra di loro?
Deprivazione di sonno
Devo trovare una variabile secondaria che mi rappresenti la deprivazione di sonno e che io posso
manipolare. Se c’è un certo livello, c’è una differenza sul comportamento. I livelli che la variabile
può assumere devono essere almeno due. Devo stabilire quante ore di sonno per cadere in
deprivazione di sonno. Ho trovato la mia variabile secondaria che è indizio della variabile
inosservabile. le ore di sonno sono misurabili ( ES. 4 ORE DI SONNO VS 7 ORE).
quando io ho mancanza di controllo, ma osservo che le due variabili in qualche modo sono legate
fra di loro, allora io registrerò che queste due variabili sono associate, ma non so in che modo
➔ questi due metodi danno luce a 2 punti di vista differenti tra due variabili, la variabile
correlazionale e Quella con un rapporto di causa / effetto.
Es. il fumo è associato a una maggiore probabilità di cancro ai polmoni -> i fumatori si
difendono dicendo “c’è gente che muore lo stesso di cancro ai polmoni senza aver
fumato”. Non c’è un rapporto causale perché io non posso fare un controllo, e quindi non
posso stabilire un rapporto di causa effetto.
Da un punto di vista matematico, nella ricerca di tipo correlazionale ( da -1 a +1). Se è 0
significa che non c’è correlazione. Se è -1 vuol dire che all’aumentare di una, diminuisce
l’altra (inversamente correlate tra di loro) . (+1) all’aumentare l’una, aumenta l’altra.
Variabili dipendenti vs Variabili indipendenti
Variabili indipendenti (o fattori) = causa delle modificazioni degli stimoli e risposte.
Manipolate dagli sperimentatori. Ogni variabile indipendente ha più livelli
Variabili dipendenti = misura del comportamento del soggetto, le risposte dei soggetti
→ Esempi di misurazione di variabili: 1) Scale di valutazione 2)Tempi di reazione (TR).
- Tempo di reazione: variabile dipendente (io non manipolo il tempo che una persona ci mette
per dare una risposta -> compiti più difficili richiedono più tempo). La difficoltà del compito sarà
l’operazionalizzazione dei processi che penso siano richiesti per fare quel tipo di compito lì. Il
tempo di reazione è una variabile dipendente
( asse x variabile indipendente, asse y variabile dipendente)
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Nei casi A ( +1)e C (-1)c’è una correlazione
LIMITI
Non è possibile inferire una correlazione di causa
/ effetto tra due variabili →E’ anche possibile che
esista una terza variabile non considerata che
provoca l’associazione indiretta tra le due
osservate, in questo casi si parla di correlazione
spuria.
STUDI DI CORRELAZIONE: LIMITI
Es. Bambini che guardano programmi televisivi con immagini violente o aggressive sono
propensi a comportarsi in modo più aggressivo → Non possiamo dire che l’aggressività è
“causata” dalla TV, poiché sono possibili molte altre spiegazioni. Quali?
È anche possibile che esista una terza variabile non considerata che provoca l’associazione
indiretta tra le due osservate, in questi casi si parla di correlazione spuria.
Esperimenti: manipolazione sistematica di una variabile (indipendente) per verificare i suoi
effetti causali sulla variabile dipendente. Hanno luogo in laboratorio o in un contesto controllato.
→ Es. Gruppo di controllo (placebo) – gruppo sperimentale (farmaco)→ Spesso si conducono
esperimenti multivariati, che comportano cioè la manipolazione di più variabili.
Esempio: studio di Latané e Darley (1970) Teoria sulla diffusione di responsabilità nel
comportamento del testimone oculare.
Ipotesi: Più alto è il numero di persone che assistono a una situazione di emergenza, meno è
probabile che qualcuna di loro aiuti la vittima --> passo oltre. Se sono da sola, mi viene il dubbio
se il caso o meno di fermarmi.
Progettare un esperimento per verificare l’ipotesi. Se ci sono altre persone che assistono a un
evento traumatico, la responsabilità viene diffusa tra le altre persone presenti. Io non mi sento
poi così responsabile. --> se questa è la teoria formulo l’ipotesi → se è vero allora devo trovare
una relazione.
o
o
o
o
Operazionalizzazione VI:
Creazione di una situazione di falsa emergenza
Creazione di condizioni sperimentale: ->Variare il nr di testimoni (2, 3 e 6)
Operazionalizzazione VD:
Sì/No del comportamento di aiuto
Tempo che intercorre prima che il testimone prestasse aiuto
Assegnazione casuale dei partecipanti alle diverse condizioni sperimentali
Esecuzione dell’esperimento
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o Istruzioni: Scopo dell’esperimento era di intavolare una discussione (tra 2, 3, o 6
persone/partecipanti) sui problemi personali associati all’università. La
discussione avveniva tramite interfono.
Durante la discussione sentivano nell’interfono uno dei partecipanti (complice)
chiedere aiuto.
Raccolta dati
DISEGNI SPERIMENTALI FATTORIALI Lo sperimentatore manipola contemporaneamente più
variabili indipendenti, dette fattori. le VI devono essere manipolate in modo indipendente l’una
dall’altra, cioè, devono esistere condizioni sperimentali separate per ogni possibile
combinazione dei livelli delle VI di interesse. Quando questo è possibile, il disegno è detto
ortogonale.
Influenza del tipo di parole sulla memorizzazione di liste di parole e tipo di apprendimento
(ripetizione vs. elaborazione) – 2 x 2.
IL CONTROLLO SPERIMENTALE Le procedure di controllo sono strategie utilizzate dai ricercatori
per mantenere costanti tutte le variabili e le condizioni non legate all’ipotesi che deve essere
verificata → Solo il confronto tra la condizione sperimentale e quella di controllo può consentire
una qualche plausibile misurazione dell’efficacia della VI sulla VD. L’aumentare il grado di
controllo sperimentale = ridurre le minacce alla validità → Limitare il più possibile l’effetto delle
diverse sorgenti di variabilità => semplificazione La definizione di un adeguato punto di paragone
(baseline) con cui confrontare gli effetti di una VI.
Le variabili indipendenti vanno controllate per capire quali sono i reali effetti sulla variabile
dipendente. Per far questo, il luogo migliore per effettuare esperimenti è il LABORATORIO → Le
condizioni sono differenti da quelle della vita quotidiana, dove possono intervenire influenze di
vario genere → Si ha maggior controllo sulle VI.
CONDURRE UNA RICERCA IN PSICOLOGIA COGNITIVA
Fase 1: Formulazione di un’ipotesi sulla base di una teoria o di un problema. → Le teorie a volte
posso essere piuttosto vaghe e ciò rende difficile fare predizioni ed operazionalizzare le variabili
→Predizione sulle relazioni tra variabili. → Es. Metodo di apprendimento
Fase 2: Realizzazione di un esperimento:→ Manipolazione delle variabili →Scelta del compito → A
volte il compito scelto si base su un insieme complesso di processi cognitivi che rende difficile
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l’interpretazione dei risultati (impurità del compito) →Si compiono misurazioni per scoprire
relazioni tra variabili (raccolta dati)
Fase 3: Validazione o falsificazione della teoria. → Analisi statistiche: scelta di un test statistico è
in funzione del tipo di disegno sperimentale scelto, del nr. di variabili indipendenti (uno oppure due
o più), cosa si vuole verificare, ed il tipo di misurazione → Conferma o rifiuto empirici dell’ipotesi
Fase 4: Sviluppo di una nuova teoria →Problema: Sembra che la lettura di favole da parte dei
genitori ai bambini, fin da molto piccoli, faccia aumentare l’ampiezza del loro vocabolario a 5 anni
di età rispetto a coetanei i cui genitori non hanno questa abitudine. →Come puoi dimostrare questa
affermazione?
LIMITI DELLA PSICOLOGIA COGNITIVA
Le misure usate negli esperimenti spesso riguardano la velocità e l’accuratezza nello svolgimento
di un compito, queste però sono delle misure indirette dei processi interni coinvolti nella
cognizione → Spesso le teorie formulate sono “generaliste” e poco specifiche (un aiuto – i
modelli computazionali) →Spesso i risultati trovati sono specifici per un particolare tipo di
compito e non generalizzabili. Lo stesso vale per le teorie che spesso sono troppo specifiche e
legate al tipo di compito.
RIASSUMENDO
La psicologia cognitiva si caratterizza per aver un approccio basato sulla visione dell’uomo come
sistema che elabora informazioni ed usa le metafore del computer per descrive i processi mentali
→ Gli psicologi cognitivi in larga maggioranza fanno ricerca secondo le classiche modalità della
sperimentazione in laboratorio, anche se è auspicabile un’integrazione ed una convergenza di diversi
approcci e metodologie (neuroscienze, neuropsicologia, scienza cognitiva computazionale)
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PERCEZIONE VISIVA
[secondo pacchetto di slide]
Alla base dell’acquisizione delle informazioni vi sono due processi: la sensazione, intesa come
risposta immediata dei nostri sensi a uno stimolo, e la percezione, ovvero quel processo
attraverso il quale queste sensazioni sono selezionate, organizzate e interpretate.
La percezione è il risultato di complessi processi di elaborazione che si realizzano in maniera del
tutto automatica e implicita e che hanno il loro avvio dall’attivazione dei nostri sensi. I primi
processi di elaborazione sono a carico dei sistemi sensoriali che sono impegnati sia nella
recezione dal mondo fisico delle varie forme di energia ( luminosa, sonora, tattile, etc), sia nella
trasduzione, ossia nella conversione dell’energia fisica in segnale nervoso → l’energia dello
stimolo arriva ai recettori sensoriali venendo poi trasformata in segnale nervoso trasmesso alle
diverse aree del cervello. Queste prime operazioni avvengono in maniera del tutto automatica. I
nostri organi di senso funzionano come una “ finestra sul mondo” attraverso la quale passa una
gamma limitata di informazioni. La percezione trova quindi la sua origine da una stimolazione
ambientale ( come il suono o una luce) che stimola uno degli organi di senso, come l’occhio e
l’orecchio, in grado di essere attivato dall’energia dello stimolo. L’input( o stimolo sensoriale)
viene rilevato dagli organi di senso, tradotto in attività neuronale e inviato al cervello per essere
elaborato. In questo processo, affinché ci sia la percezione di uno stimolo, questo deve essere in
grado di colpire i nostri sensi, attirando l’attenzione. Solo dopo essere stati esposti alla
stimolazione ed essere stati attivati sensorialmente si procede all’integrazione del significato
della stimolazione.
PERCEZIONE VISIVA
partiamo dai problemi che pone la percezione visiva che pone e vediamo quali sono le risposte.
Ci occupiamo della relazione tra intensità dello stimolo fisico e la sensazione. Questa modalità di
mettere in relazione queste due cose è propria della psicofisica.
Quali sono le domande di partenza?
1) Cercare di capire qual è la differenza tra percezione e sensazione. Le sensazioni sono
molto importanti perché offrono i cosiddetti dati grezzi -> che vengono elaborati dal
sistema cognitivo.
2) Quali sono le condizioni necessarie affinché si verifichi una data percezione? Devono
essere verificate contemporaneamente → sono 3
o Ci deve essere a disposizione una ambiente fisico che emetta dell’energia che i
nostri organi di senso sono in grado di catturare. La cattura dell’energia genera la
sensazione.
o Organi di senso funzionanti -→A seconda del tipo di energia si producono delle
sensazioni di natura diversa, vengono catturati da organi di senso diversi ( es. vista
come organo di senso e luce come energia).
o Sistema nervoso che elabora →il processo di trasduzione lo fa la retina ( coni e
bastoncelli).
Se si blocca qualcosa in questo processo ci sono dei problemi, la sensazione è un’impressione
soggettiva generata dalla percezione dell’energia attraverso gli organi di senso -> corrisponde a
una data quantità di stimolo
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PROBLEMA DELL’AMBIGUITA’ → accompagna in gran parte il processo percettivo. La
sensazione sta alla base del riconoscimento e categorizzazione degli stimoli. Attraverso alla vista
mi permette di riconoscere per esempio una bottiglia da una tazza, etc.
La percezione consapevole è a carico della corteccia cerebrale. Se questa lunga catena ha come
raggiungimento finale la corteccia, questo percetto diventa consapevole.
La percezione è un processo cognitivo, è un modo per aver conoscenza del mondo esterno.
Queste info sono ciò che ci permettono di guidare le ns azioni e il ns comportamento.
Categorizzare significa segnare un significato all’informazione che è stata decodificata. Abbiamo
diversi tipi di informazione; il primo problema che abbiamo davanti è capire in che relazione sta
il mondo fisico e il mondo come noi lo percepiamo. Quando cerchiamo di studiare questo
aspetto, noi abbiamo 2 problemi:
o realismo ingenuo -> è la sensazione che noi abbiamo che quello che vediamo e percepiamo
è esattamente così nel mondo reale. Noi abbiamo l’impressione che quando percepiamo
è come se fotografassimo la realtà così come è, come se l’occhio fosse una macchia
fotografica. In realtà non è così. Il processo che ci porta alla percezione non è un processo
semplice e abbiamo alcune situazioni degli esempi che dimostrano che esiste una
discrepanza tra il mondo percepito e il mondo reale. Dobbiamo quindi superare il realismo
ingenuo. In molti casi è come se i ns organi di senso ci ingannassero. Queste discrepanze
possono essere di due tipi:
a. assenza di oggetto fisico, ma noi percepiamo una presenza (caso illusioni ottiche)
b. nel mondo fisico c’è l’oggetto, ma noi non lo percepiamo (mascheramento e mimetismo)
o
indeterminazione ottica → nel mondo esterno abbiamo degli oggetti fisici che
trasmettono energia. Gli oggetti sono tridimensionali, la retina è bidimensionale. Come
facciamo a passare dalla bidimensionalità a tridimensionalità? (processo di trasduzione) .
es. avere una grande massa di dati a livello degli organi di senso, che sono ambigui e
impoveriti rispetto agli organi di senso. Ci si ricollega al primo problema, quello del
realismo ingenuo.
ambiente
organi di senso
cervello
percezione
GLI ASPETTI SENSORIALI E L’ORGANIZZAZIONE DEGLI STIMOLI
Secondo i principi della psicologia della Gestalt, le persone non percepiscono gli stimoli in
maniera isolata poiché il cervello tende a elaborare in maniera automatica le informazioni,
servendosi di schemi già immagazzinati per dare senso e significato a quanto viene percepito.
Secondo la Gestalt in questo processo avvengono dei precisi principi organizzatori, tra cui
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VICINANZA, SOMIGLIANZA, CHIUSURA, CONTINUITA’ , DIREZIONE E BUONA FORMA ( leggi di
Wertheimer 1923)
Anche l’esperienza passata e le aspettative contribuiscono a organizzare le informazioni, i
principi hanno la funzione di farci percepire gli stimoli in maniera piu’ semplice e armoniosa.
Principio della buona forma il campo percettivo si segmenta in modo che ne risultino unità e
oggetti percettivi quanto possibile equilibrati, armonici, appunto di buona forma.
Principio della chiusura le linee e le forme vengono percepite come chiuse e complete, anche se
graficamente non lo sono. Le figure che sono delimitate da margini chiusi tendono a essere
percepite piu’ facilmente di quelle con contorni aperti o incompleti. Nel triangolo di Kanizsa
(1950), vedremo un triangolo bianco sopra un altro triangolo i cui contorni sono ben visibili ma
coperti da un triangolo bianco che proiettiamo sulle 3 piccole torte.
Principio di similitudine all’interno di una stessa scena gli elementi tra loro
simili per forma, colore e dimensione vengono percepiti come collegati → la
tendenza di due elementi a unirsi, aumenta con l’aumentare della
somiglianza ( percepisco il quadrato)
Principio della vicinanza a parità di condizioni, le parti vicine
di un insieme di stimoli vengono organizzate nella formazione
di un margine dando luogo a un’unità figurale, come nel
quadro della figura di prima. All’interno di una stessa scena, gli
elementi vengono percepiti come un tutt’uno. La tendenza di
due elementi a unirsi aumenta con il diminuire della loro
distanza.
Pricipio della continuità di direzione nella percezione di
linee, per esempio, si impone a noi quella unità percettiva
il cui margine offre un minor numero di cambiamenti o
interruzioni.
Principio del destino comune = gli elementi visivi tendono
ad unirsi se stanno facendo la stessa cosa (es. vanno in
una stessa direzione). Il principio del destino
comune influenza la percezione degli altri elementi. Se
alcuni si muovono e altri sono fermi, i primi verranno
percepiti come figure, mentre i secondi come sfondo.
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Principio dell’esperienza passata meccanismo organizzatore che tende a favorire la percezione
di oggetti secondo la nostra esperienza passata e il modo con cui vediamo gli oggetti familiari o
che abbiamo già visto
Principio della figura- sfondo le figure vengono percepite grazie al loro
contorno e a quello che viene percepito come sfondo. L’immagine può acquisire
un significato in relazione all’elemento che viene percepito come sfondo o come
figura principale ( es. farfalla rai/ visi) Non c’è mai una figura senza che non ci sia
neanche uno sfondo → è un processo universale e costante. C’è una tendenza
molto forte e implicita a percepire il bianco come sfondo e i nero come l’oggetto.
Lo sfondo è molto più amorfo e indifferenziato. Il contorno, inoltre appartiene
alla figura. La figura ha un’estensione definita.
La figura ha un carattere oggettuale, mentre lo sfondo no. Le leggi che regolano
questo processo sono l’inclusione (la regione inclusa è percepita come figura), la
convessità (la regione convessa diventa figura), l’area relativa o ampiezza e la simmetria . l’area
minore è percepita come l’oggetto, mentre l’area maggiore come sfondo; diventa figura la
regione orientata secondo gli assi canonici ( orizzontale e verticale).
La farfalla della rai, è anche una figura reversibile e instabile, perché ogni volta si impone uno dei
due precetti. Noi vediamo con maggiore facilità la farfalla orientando l’immagine sull’asse
orizzontale. → altre figure reversibili sono: la figura di Rubin
e la figura di Boring
Per il nostro sistema cerebrale è più naturale, ovvero più equilibrato,
vedere un triangolo sopra le figure piuttosto che pensare che queste
siano le uniche presenti nell’immagine con le loro irregolarità, come la
mancanza di uno spicchio in ciascuno dei cerchi neri .
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La validità delle leggi di Wertheimer è stata confermata da un gran numero di osservazioni
successive, utilizzando anche modelli probabilistici sofisticati →Le leggi di Wertheimer
sembrano quindi descrivere bene i principi fondamentali utilizzati dal sistema percettivo per
formare unità che, a partire dall’informazione disponibile nello stimolo prossimale, tendono a
corrispondere alle unità distali. La validità delle leggi di Wertheimer è stata confermata da un
gran numero di osservazioni successive, utilizzando anche modelli probabilistici sofisticati. →
Le leggi di Wertheimer sembrano quindi descrivere bene i principi fondamentali utilizzati dal
sistema percettivo per formare unità che, a partire dall’informazione disponibile nello stimolo
prossimale, tendono a corrispondere alle unità distali.
Non posso vedere entrambe le figure nello stesso tempo
Vedo più di quanto ci sia nella realtà
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➔ tutti questi esempi sono per dimostrare la fallacia dell’esperienza percettiva
l’errore sta nel pensare che lo scopo e la funzione della percezione è la registrazione accurata
di ciò che è presente nel mondo osservato. Il nostro sistema percettivo è fallace, ma qual è
allora l’attività percettiva??? → è un sistema molto flessibile e complesso al cui
funzionamento concorre l’attività cerebrale. Questa interfaccia ha delle limitazioni. Il nostro
sistema percettivo fa un lavorone per darci una visione del mondo che è tutto sommato
verosimile. Noi dobbiamo pensare che la percezione è un processo organizzato che ci
permette di creare un mondo coerente e verosimile.
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La percezione è dunque un processo organizzato attraverso il quale si arriva a strutturare un
mondo fenomenico coerente e significativo, articolato in unità distinte aventi proprietà e
relazioni definite.
In essa agiscono sia processi dal basso che dall’alto.
o I processi dal basso verso l’alto (bottom-up) sono guidati dalle informazioni sensoriali
provenienti dal mondo fisico.
o I processi dall’alto verso il basso (top-down) ricercano ed estraggono attivamente le
informazioni sensoriali e sono guidati dalle conoscenze, dalle credenze, dalle aspettative
e dagli obiettivi
Il problema fondamentale che la ricerca sulla percezione visiva cerca di risolvere è quello di
stabilire come fa il nostro sistema cognitivo a fornirci un quadro, tutto sommato, accettabile
del mondo nel quale viviamo. → Il quadro che la percezione ci fornisce del mondo esterno è il
risultato di una lunga catena di processi (o sequenza di eventi).
LA CATENA PSICOFISICA
Il contatto con gli oggetti esterni è mediato da una serie di trasformazioni che compongono la
catena psicofisica.
Stimolo distale → stimolo prossimale → precetto
Stimolo distale: corrisponde al mondo fisico dove gli oggetti hanno forma, grandezza,
posizione spaziale, interagiscono con la luce e sono indipendenti dalla volontà dell’osservatore
-> è ciò che noi percepiamo, la presenza fisica dell’oggetto.
Stimolo prossimale: è l’anello interno della catena; usiamo questo termine per descrivere le
proprietà degli eventi neuronali che avvengono a livello della superficie recettoriale e che, nel
processo di trasduzione, codificano l’informazione in ingresso.
Lo stimolo prossimale è quello stimolo da cui noi dobbiamo ricavare informazioni per arrivare
allo stimolo distale. Il fatto che la mela è rotonda, che ha il picciolo in mezzo etc., fanno tutti
parte dello stimolo prossimale, perché grazie a queste informazioni io arrivo a capire che quella
è una mela, quindi allo stimolo distale.
Precetto : Il prodotto finale è il fenomeno → l’insieme dei precetti costituisce tutto il nostro
mondo fenomenico1. Il fatto di non cadere nel realismo ingenuo è importante, senno uno rischia
di prendere degli abbagli grossi (ad esempio la sensazione che sia il sole a girare attorno alla
terra)
1
Mondo Fenomenico vs mondo fisico: nel mondo fisico le cose e gli eventi vengono misurati con strumenti diversi
dal ns. sistema percettivo → Es. Nel mondo fisico il Sole sta fermo e la Terra si muove, mentre in quello
fenomenico è il Sole che sorge e tramonta.
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Le entità presenti nel mondo esterno (oggetti, persone, eventi) producono in continuazione una
molteplicità di stimolazioni di varia frequenza e intensità → Le stimolazioni distali provocano
negli apparati recettivi sensoriali una serie di altre sollecitazioni dette, stimolazioni prossimali, di
natura dinamica, soggette a continui mutamenti → Se la stimolazione prossimale risulta
sufficientemente intensa, essa dà il via a una complessa serie di eventi che portano, alla loro fine,
all’impressione diretta e immediata della presenza di determinate forme della realtà ambientale
(il percetto)
PERCEZIONE COME INFERENZA
Come fa il sistema percettivo a risolvere i problemi che derivano dal passaggio da stimolo
distale a stimolo prossimale?
Un modo per risolvere questo problema è fare delle inferenze sulla base dell’informazione
disponibile (lo stimolo prossimale)
Quando la percezione del cubo
cambia non c’è un cambiamento
nell’input sensoriale, il cambio di
“apparenza” non può essere
dovuto a elaborazione “bottomup”. Deve dipendere “dall’alto”,
cioè da quale ipotesi prevale
rispetto a cosa è vicino e a cosa è
lontano. Non essendoci indizi
contestuali che aiutino a
disambiguare le due ipotesi,
queste si alternano.
INTERPRETAZIONI TOP- DOWN
Noi riusciamo a riconoscere gli oggetti, la realtà che ci circonda non solo attraverso gli stimoli
che ci arrivano dall’ambiente (bottom up). Il riconoscimento avviene anche grazie a processi
TOP-DOWN, sono quindi il risultato di aspettative, credenze, obiettivi.
Il nostro cervello utilizza delle euristiche (scorciatoie per la soluzione di problemi) per dare un
senso al mondo. La percezione è il risultato di queste scorciatoie. → Se mi trovo in un bosco è
vedo un’ombra rotonda e grande il contesto mi può far percepire quest’ombra come un Orso.
Se mi trovo in un salotto la stessa ombra mi provocherebbe un altro tipo di percetto.
Il contesto che circonda le lettere riesce a
manipolare la percezione di una lettera
parzialmente nascosta. Questo effetto è
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presente anche quando dei soggetti devono rispondere alla presenza della lettera A in una
stringa di lettere. Sono più veloci se la A si trova all’interno di una parola «GATTO» rispetto a
quando è da sola «A» o rispetto a quando si trova in una non parola «XDRAT».
SUPERIORITA’ DELLA PAROLA
Prima di identificare le lettere dobbiamo riconoscere la
parola. → Quindi riconoscere una parola non è mettere
semplicemente insieme le lettere (bottom up), ma
riconoscere la combinazione delle lettere però all’interno
del loro contesto TOP DOWN.
I processi bottom-up e top-down la maggior parte delle volte lavorano insieme e
contemporaneamente per velocizzare il processo di riconoscimento di oggetti. → L’essenza
della percezione è l’interazione dinamica tra questi due processi.
Negli esempi fatti, gli stimoli (le unità presenti nel campo percettivo) si influenzano a tutti i livelli
di elaborazione. I singoli segmenti orientati in maniera diversa, ma anche il livello più avanzato
delle parole lavorano insieme per determinare il riconoscimento delle lettere.
RIASSUMENDO
C’è una notevole differenza tra il nostro mondo fisico e quello percettivo.
Qual è il problema principale che ci si trova davanti quando si studia la percezione? → La
percezione è un processo di elaborazione attivo (per alcuni anche interpretativo) delle
informazioni dovuto al fatto che non vi è necessariamente una corrispondenza biunivoca fra
realtà fisica e realtà fenomenica.
La percezione visiva può essere intesa come un “problema” che da un segnale in 2-D (immagine
retinica, ambigua, incompleta e mutevole) ricostruisce un mondo in 3-D verosimile all’ambiente
esterno.
ORGANIZZAZIONE DEL MONDO PERCEPITO
Percepire e riconoscere gli oggetti
Primo livello: Il nostro sistema percettivo è in grado di organizzare e raggruppare in modo
coerente l’informazione sensoriale che colpisce i nostri organi di senso in unità percettive dotate
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di un qualche significato. ( La percezione dei contorni- La segmentazione - l’articolazione
(raggruppamento) figurasfondo).
Secondo livello: si passa a categorizzare ed assegnare un significato a questa informazione così
organizzata ( Es. Vedo un oggetto tondo sul tavolo - Riconosco che quell’oggetto è una mela).
domande che ci si trova ad affrontare
quando si studia la percezione degli oggetti.
➢ Come faccio a organizzare la scena visiva?
➢ Come si separa la figura dallo sfondo?
➢ Come si identificano i contorni degli oggetti?
➢ Quali sono i processi, le regole (euristiche), le leggi,
➢ i principi alla base del processo che trasforma le
➢ caratteristiche semplici in oggetti riconoscibili?
Percepire gli oggetti non è un processo semplice e privo di “intoppi”. In generale riusciamo però
a risolvere i problemi che ci si presentano a questo primo stadio perché il nostro sistema
percettivo applica diverse “regole” che ci permettono di organizzare la scena visiva in unità
significative, nonostante l’insufficienza dell’informazione contenuta nello stimolo prossimale. E’
grazie al raggruppamento percettivo (unificazione) che cogliamo la realtà non come insieme di
sensazioni slegate ma come unità significative.
LEGGI DELLA GESTALT
Secondo gli psicologi della Gestalt (I principali esponenti Kohler, Koffka e Wertheimer) noi
arriviamo a percepire il mondo esterno attraverso un processo primario e immediato. La nostra
percezione non può essere scomposta, è finalizzata a dare ordine. Un’idea che proviene dal
mondo della musica è quando noi ascoltiamo una melodia, non scomponiamo la melodia in una
sequenza di singole note. La melodia trascende il riconoscimento della singola nota. Il tutto è
diverso della somma delle parti. Gestalt vuol dire “buona forma” e l’idea è che il tutto precede le
parti che assumono significati diversi. Non nega del tutto effetti contestuali, ma non li ritiene
elementi principali che danno origine alla percezione. Noi percepiamo prima l’insieme e poi
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possiamo percepire anche gli elementi. Se mi concentro solo sulle singole parti, perdo la
percezione dell’oggetto.
La stessa cosa avviene con i fotomosaici
Perché le cose ci appaiono così come ci appaiono? (Koffka) La cosa che importava era il mondo
fenomenico
Alcuni principi della Gestalt
o Percezione e pensiero si auto-organizzano all’interno di un campo  concezione
dinamica dei processi cognitivi (tendenza all’equilibrio e alla pregnanza).
o Occorre studiare quanto avviene nel mondo fenomenico dell’individuo, in ciò che gli
appare, non nel mondo della realtà.
o L’informazione non risiede nei singoli elementi di una scena ma nelle relazioni che si
instaurano tra gli elementi e le loro caratteristiche.
LA PERCEZIONE (parte 2)
[terzo pacchetto di slide]
Principali teorie sulla percezione
Teoria ecologica della Percezione di GIBSON: non ci sono dei processi inferenziali alla base della
percezione, ma l’informazione che ci serve la raccogliamo attraverso i nostri organi di senso e
quello che raccogliamo è sufficiente, non ci serve altro.
La luce, fonte di energia, è portatrice di informazione rispetto a come è fatto l’ambiente. La luce
non serve solo per vedere, ma porta qualcosa in più, che è l’informazione. -> la luce, producendo
la stimolazione retinica, la produce in maniera strutturata, la possiamo modificare in funzione del
fatto che il percipiente possa muoversi nell’ambiente. Questa informazione è registrata sulla
retina e riflette quello che è l’aspetto percettivo. La percezione è vista come attiva, perché il
soggetto percepente muovendosi von
l’ambiente modifica le informazioni che
modifica attraverso la luce. L’ambiente e il
soggetto agente, sono fra loro interconnessi.
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Assunti principali:
1- La percezione è interamente determinata dall’informazione ottica (la configurazione di radiazioni
ottiche) contenente nello stimolo.
2- Le info importanti per l’osservatore che gli permette di esplorare ed adattarsi all’ambiente
sono generate dai movimenti dell’osservatore.
Secondo Gibson l’informazione percettiva è presente (è disponibile) nell’ambiente e deve solo
essere raccolta dal soggetto → La percezione è un processo di interazione tra gli esseri viventi e
il loro ambiente. Ambiente e soggetto agente sono tra loro interconnessi. → I sistemi percettivi
del soggetto, infatti, gli permettono di cogliere direttamente le disponibilità ambientali e di
sfruttarle
LE AFFORDANCES
Gibson: Introduce il concetto di affordance (1979) →identificando le disponibilità
ambientali, quello che l’ambiente offre al soggetto → è considerabile come una
sorta di “invito” che l’ambiente fa al percipiente. Nel caso degli oggetti, è un invito
a usarli correttamente (ci possono essere più affordance= perché l’oggetto può
avere più usi). Invito ad agire sull’ambiente -> la nuova informazione mi
fa agire.
[Es. l’affordance dell’acqua è bere (specie per un individuo assetato)
L’affordance di una scala : è salire/scendere; l’affordance di un oggetto è
legato al suo potenziale uso e sarà per me afferrabile se la sua forma e
grandezza sono compatibili con le dimensioni della mia mano]
CICLO PERCEZIONE-AZIONE
Il ciclo percezione-azione ci permette di capire la natura della cognizione motoria, ovvero la
trasformazione di pattern percepiti in pattern di movimento coordinati. ( ad esempio notare di
sfuggita quanto è alto uno scalino in una scala e alzare il piede di tanto necessario – Gibson 1996)
→ anche questo semplice pianificazione di movimento, si basa su un insieme sofisticato di
processi neurali.
La percezione esiste non solo per riconoscere gli oggetti, ma anche per fornire una guida e un
feedback rispetto ai diversi tipi di movimenti in modo che un dato movimento sia efficiente e
raggiunga un obiettivo specifico. →ma è vero anche il contrario! → i movimenti favoriscono la
percezione che, a sua volta, permette di pianificare i movimenti seguenti [ gli animali si muovono
per ottenere il cibo e mangiano per potersi muovere; si muovono per percepire e percepiscono
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per muoversi] → ciò fa capire come l’azione e la percezione siano mutualmente intersecate e
interdipendenti: la cognizione motoria è il modo attraverso il quale i due processi interagiscono.
Pianifichiamo in modo da raggiungere l’obiettivo di un’azione e, quello che percepiamo, ci fa
sapere se ci stiamo avvicinando all’obiettivo o se stiamo sulla strada sbagliata.
Ma qual è il processo che media la relazione fra percezione e azione?
➔ L’intenzione ( intesa come pianificazione mentale necessaria per raggiungere un obiettivo
attraverso l’azione.
Percepire non è qualcosa che ci accade passivamente e che si svolge in una sola direzione. È
qualcosa che facciamo attivamente, attraverso una continua esplorazione dell’ambiente.
Siamo percettori mobili! → Per mezzo dei nostri movimenti e delle ns. azioni modifichiamo la ns.
relazione con gli oggetti esterni, e i conseguenti stimoli prossimali.
PSICOFISICA E PERCEZIONE SUBLIMINALE
La psicofisica e il concetto di soglia
La Psicofisica è nata quando è nata la psicologia sperimentale. Perché? →Perché è lo studio
quantitativo che mette in relazione quali sono le caratteristiche fisiche del mondo e l’esperienza
sensoriale soggettiva che una persona ha. Studia la capacità che abbiamo di percepire per
esempio un ticchettio quando siamo ad una certa distanza. Cos’è che mi permette di percepirlo
in un caso e non percepirlo in un altro caso? La psicofisica studia lo stimolo distale e la conoscenza
che ci è data dall’energia a cui il sistema percettivo è sensibile. Uno dei primi argomenti di
interesse della psicofisica è stato lo studio delle relazioni che si instaurano fra:
o Intensità dell’energia che colpisce gli organi di senso
o Intensità dell’esperienza sensoriale del percipiente
Nasce da un’osservazione: se io modifico la quantità di energia che colpisce i miei organi di
senso, alle volte questa produce delle sensazioni, alle volte no.
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A cosa ci serve la psicofisica?
La psicofisica ci permette di studiare in maniera rigorosa, scientifica attraverso strumenti
quantitativi questa relazione (le leggi della psicofisica). Per far ciò la psicofisica ha dovuto
stabilire prima di tutto in che modo misurare le sensazioni (i metodi psicofisici).
La psicofisica nasce da un’osservazione riguardante il fatto che:
o Il modificarsi della quantità di energia che colpisce i nostri organi di senso non produce
una modificazioni equivalente della sensazione.
o La sensazione non dipende solo dal modificarsi dell’intensità dello stimolo, ma dipende
dal livello complessivo di energia che colpisce l’organo di senso in un dato
Come misuro le sensazioni?
Esistono due criteri di misura: soglia assoluta e soglia differenziale
1) soglia assoluta: Quantità minima di energia necessaria perché si produca una sensazione
consapevolmente riconosciuta dal percipiente. Ci permette di dire quando rileviamo la
presenza di uno stimolo. [es. L’altezza minima che deve avere una determinata frequenza
sonora per essere udita] Segna il confine tra gli stimoli che vengono rilevati dall’organismo
(stimoli sopraliminari o sovraliminali) e stimoli che, pur essendo presenti, non sono avvertiti
dall’individuo, o comunque, non sono rilevati in maniera consapevole (stimoli subliminali o
infraliminari).
La soglia assoluta dipende da 3 fattori
I.
II.
Fattore legato all’intensità fisica dello stimolo
Soggetto, persona percipiente [non solo l’intensità minima di uno stimolo non è uguale
per tutte le persone, ma è soggetta ad una certa variabilità per la stessa persona a
seconda dei momenti]
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III.
Condizioni sperimentali(ambientali)
Data la variabilità all’interno della stessa persona nel percepire l’intensità minima di uno
stimolo, si è deciso di assumere convenzionalmente, come valore di soglia, l’intensità di uno
stimolo che ne consente in assoluto la percezione il 50% delle volte.
Domanda che si pone al soggetto è: Dimmi quando lo percepisci, o riesci a rilevare la presenza dello
stimolo? (es. lo vedi? lo senti?)
2) Soglia differenziale: La variazione che deve subire l’intensità di un dato stimolo perché un
soggetto ne colga il cambiamento.
Metodi di Fechner per misurare le soglie
Il metodo degli stimoli costanti
Il metodo dei limiti
Il metodo dell’aggiustamento
Questi metodi sviluppati da Fechner e vengono utilizzati per misurare le soglie. Permettono in particolare di
misurare le soglie differenziali (o differenza appena percepibile -JND Just Noticeable Difference) e il punto
di uguaglianza soggettivo (PES).
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WEBER
Weber (1795–1878) scoprì che il più piccolo cambiamento nelle caratteristiche di uno stimolo
(per esempio il suo peso) che si riesce a percepire (la soglia differenziale) è una proporzione
costante dell’intensità dello stimolo — “Legge di Weber”. Tale costante ha un valore specifico
per ogni modalità sensoriale.
La costante di Weber rappresenta la relazione fra soglia differenziale e l’intensità dello stimolo
di partenza; misura l’intensità di uno stimolo, dicendoci di quanto esso debba variare per essere
percepito come diverso da un altro, ma non ci dice niente sulla variazione (intensità) della
sensazione.
ΔI /I = k [dove ∆I è la soglia differenziale, I è l’intensità dello stimolo di riferimento, e k è la costante di
Weber] → questa relazione è uno dei principi fondamentali della percezione.
Il fatto che la capacità discriminativa (misurata dalla soglia differenziale) tenda a diventare
peggiore al crescere dell’intensità dello stimolo è una proprietà generale dei sistemi sensoriali, e
anche la legge di Weber riflette quindi un aspetto adattativo della percezione.
Weber si accorse che la sensibilità, intesa come capacità di rilevare la differenza fra due stimoli,
non è costante, ma è invece inversamente proporzionale all’intensità fisica dello stimolo di
riferimento. Introduce il concetto di soglia differenziale (JND) inteso come incremento minimo
che rende percepibile la differenza fra i due stimoli.
FECHNER
I lavori di Fechner (1801– 1887) riguardavano la relazione fra:
•
I cambiamenti nel mondo fisico
•
I cambiamenti nella nostra esperienza sensoriale (psicologica)
Trovò che fra l’intensità della sensazione e l’intensità dello stimolo vi è una relazione che
consente di stabilire l’intensità della
sensazione in base all’intensità dello
stimolo. Nel 1890 Fechner propose il
concetto di funzione psicofisica che
esprime questa relazione da un punto di
vista matematico.
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PERCEZIONE SUBLIMINALE
Con percezione subliminale si intende la possibilità di recepire informazioni attraverso stimoli
sensoriali che risultano al di sotto della soglia percettiva cosciente. Si tratta di piccole immagini
inserite all’interno di messaggi pubblicitari stampati, di messaggi uditivi inseriti in
audioregistrazioni, di odori in grado di stimolare, a livello instintuale e inconscio, emozioni di
allarme, di paura, di amore o di affiliazione. In ogni caso sono tutti i tipi di messaggi molto
prossimi alla soglia assoluta.
Esperimento Elliot McGinnies (1949)
A un gruppo di soggetti venvano presentate delle parole neutre (come “bimbo” e “mela”) e
parole tabu’ ( come “checca” e “violentata”) queste ultime parole sono state riconosciute con
una latenza temporale maggiore rispetto alle prime, come se ci fossero stati una sorta di
riconoscimento inconsapevole e una censura inconscia.
Esperimenti di Lazarus e McCleary (1951)
Associavano in maniera subliminale parole senza senso «GHDUY» a scosse elettriche e non. In un
secondo tempo le parole venivano mostrate normalmente e quelle associate alle scosse
elettriche provocavano un’attivazione fisiologica registrata tramite la conduttanza cutanea.
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Packard (1957) – hidden persuasion
negli anni ’50, il tema della percezione subliminale ebbe un grande sviluppo ( stimolato da
possibili influenze sulle opinioni degli elettori attraverso gli organi di stampa e gli altri strumenti
di comunicazione di massa. Il momento cruciale di questa preoccupazione coincise con la
pubblicazione del noto testo di Packard dal titolo “ The Hidden Persuaders”, che fece da cassa
di risonanza a una serie di dati di ricerca riguardanti la pubblicità subliminale. Packard ha usato
per la prima volta il concetto di hidden persuasion che ha goduto di enorme successo e
diffusione. Packard individua nel pubblicitario come colui che entra nell’inconscio del pubblico
attraverso misteriose tecniche di psicologia applicata, come i messaggi subliminali, per forgiarne
le decisioni a suo piacimento.
Vicary New York - 12 settembre 1957
Un ricercatore di mercato, James M. Vicary, portavoce di una pressochè sconosciuta azienda
commerciale “Subliminal Projection Company”, presenta i risultati di un esperimento che si
sarebbe tenuto a Fort Lee, nel New Jersey. Durante la proiezione di un film ( Picnic), furono
inseriti dei fotogrammi non percepibili della durata di 3 millisecondi ogni 5 secondi) con
indicazioni precise su che cosa mangiare o bere [“drink coke” “eat Popocorn”]. Secondo Vicary,
che cercava di promuovere la tecnologia messa a punto dalla sua azienda, l’acquisto di Coca Cola
e pop corn da parte degli spettatori durante la pausa tra il primo e il secondo tempo sarebbero
aumentati rispettivamente del 57,7% e del 18,1%.
L’interesse pubblico per la questione della persuasione occulta uscì dall’ambito puramente
scientifico per entrare in un ambito più sociologico e filosofico. Infatti, se da una parte la visione
di Packard era basata sulla possibilità di influenzare le decisioni del pubblico con una dinamica di
tipo ipodermica ( stimolo-risposta), diversi filoni di ricerca psicologica, sociologica e filosofica si
mostrarono contrari a tale semplificazione del fenomeno, mettendo in gioco i complessi
meccanismi di interazione fra ricevente e emittente del messaggio e, piu’ in generale fra cittadini
e società → si moltiplicarono così gli studi di psicologia sperimentale per accertare le pretese
scientifiche della tecnologia che ha fatto scalpore, basata sui cosiddetti “messaggi subliminali”.
SUBLIMINALE, PRODUCT PLACEMENT E SUGGESTIONE
Gli aspetti che rendono efficace la pubblicità subliminale sono diversi.
1- diversità soggettiva → la percezione degli stimoli dipende dall’età dall’etnia di appartenenza,
del genere sessuale [per esempio sappiamo che un soggetto ha un numero di papille gustative
diverso in grado di differenziare le persone in super-taste, normal taste e low taste
2-fattori sociali e contestuali [esigenza di un’elevata attenzione verso il canale comunicativo al
fine di cogliere gli stimoli subliminali, difficoltà a determinare uno specifico comportamento di
acquisto, effetto della percezione selettiva(chi ha visto il gorilla?)].
Di fronte a un sistema di comunicazione che si serve del subliminale è opportuno valorizzare altre
strategie di comunicazione come il product placement [che contribuisce a rendere piu’ familiare
il prodotto attraverso la mera esposizione, oppure creare una comunicazione in grado di
suscitare una forte suggestione nei consumatori “effetto placebo”]
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La suggestione è la possibilità di essere guidati dalle aspettative, secondo il principio della
profezia che si autoavvera.la suggestione può avere un effetto fortissimo nel determinare
comportamenti e vissuti delle persone. Numerose ricerche tendono a classificare i risultati
ottenuti dalle stimolazioni come esito di un effetto placebo, secondo cui il cambiamento dei
comportamenti non sarebbe imputabile alle tecniche subliminali, ma solo alla suggestione
personale degli individui → esempio →esperimento di Pratkanis (1992) → vennero distribuite
due tipi di cassette subliminali: una per migliorare l’autostima e una per migliorare la memoria.
Con l’obiettivo di verificare il messaggio subliminale, lo sperimentatore invertì appositamente le
etichette di metà dei nastri distribuiti ai volontari. Quando furono somministrati nuovamente i
test di memoria e di autostima ( a distanza di 5 settimane di utilizzo dei dispositivi), non fu rivelato
alcun incremento. Tuttavia la maggior parte dei soggetti riferì di ver notato dei miglioramenti
grazie all’uso delle cassette, anche quando ne avevano ricevuta una diversa da quella che
credevano di avere ascoltato → dichiaravano di avvertire un miglioramento nelle loro capacità
mnemoniche anche se la cassetta era per l’autostima e viceversa.
Un altro processo utilizzato nei processi di influenzamento consapevole è il product placement,
ovvero quella forma di comunicazione commerciale che consiste nell’inserire o nel fare
riferimento a un prodotto ( a un servizio o a un marchio) all’interno di un contenuto narrativo già
costituito e architettato ( quale può essere un programma televisivo o un film cinematografico).
→ in italia questa pratica è presente da 2004.
CONTENUTO LATENTE
Il contenuto latente a differenza del messaggio subliminale è percettivamente visibile, ma il messaggio
richiama un contenuto di altro significato, soprattutto sessuale, o di attrazione fisica. Quindi avremo un
contenuto esplicito (il prodotto che dobbiamo pubblicizzare) inserito in un contesto che richiama un
contenuto nascosto. Lo scopo e di provocare un’attivazione emotiva e associare il contenuto esplicito a
quell’emozione. Le ultime ricerche neuroscientifiche e gli studi sull’emozione e attivazione cerebrale
dimostrano che il nostro cervello è capace di rispondere immediatamente a stimoli che hanno una forte
connotazione sessuale o di pericolo.
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RICONOSCIMENTO DEI VOLTI
[quarto pacchetto di slide]
I modelli configurazionali si basano sull’assunto che gli oggetti che condividono le stesse parti e
una struttura comune sono riconosciuti in base alle relazioni spaziali tra le parti e al loro grado di
somiglianza con il prototipo dell’oggetto.
Ci sono dei modelli teorici dedicati che sono stati proposti da psicologi cognitivi intorno al 1265 (
modello di bruce e jung) che sono stati estesi ed elaborati. Si parla di modelli configurazionali→
ciò significa che questi modelli sii basano sull’assunto che il volto che condividono una qualche
struttura legata al tipo di parti che li compongono possono essere elaborati secondo la struttura
globale dell’oggetto. ( rel. Spaziali tra le parti e il prototipo).
EFFETTO INVERSIONE
Se io presento le immagini nel modo canonica, è immediato
l’effetto grottesco (bocca e occhi invertiti) Thatcher illusion
L'Effetto Thatcher o Thatcher illusion è un fenomeno
caratterizzato dalla difficoltà nel riconoscere
cambiamenti nei tratti somatici di un volto mostrato a
rovescio, i quali apparirebbero invece ovvi in un volto
Superiorità del volto: le diverse parti del corpo non vengono
percepite singolarmente, ma sono riconosciute all’interno del
contesto dell’intero volto, quando io inverto l’orientamento il
mio sistema percettivo inizia di nuovo ad analizzare le singole
parti→ Effetto inversione
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I volti sono più della somma delle loro parti ?
È molto difficile capire se si tratti della stessa
persona, perché noi tendiamo ad analizzare tutto,
quindi noi non riusciamo a distinguere i volti con
facilità. Quando disallineiamo i volti, ci è immediato
comprendere che la parte superiore dei volti è in
realtà sempre la stessa.
IL VOLTO VIENE ELABORATO IN MANIERA
PARTICOLARE IN FUNZIONE DELLE RELAZIONI
SPAZIALI
La variabilità degli elementi spaziali del volto è
molto minore rispetto agli altri oggetti. Vi sono dei
vincoli che riguardano le parti del volto (per
esempio non posso distanziare troppo gli occhi
etc.) → queste relazioni si chiamano relazioni di secondo ordine → esse sono perturbate
dall’effetto computing e dall’inversione. Per il riconoscimento degli oggetti, si analizzano
principalmente le singole parti (che spesso possono occupare delle occupazioni spaziali
molto diversi fra loro. Nel caso dei volti si utilizzano anche le relazioni spaziali tra le
componenti principali) →ciò rende sensibile i volti all'effetto inversione e gli altri mostrati.
Relazioni di primo e di secondo ordine → Es. Le case sono composte da parti elementi che sono
simili tra loro (es. finestre, porte ecc…) ma che possono essere disposte in modi anche molti diversi
(relazioni di prim’ordine); I volti hanno parti simili (occhi, bocca, naso) che sono arrangiate tra loro in
modo molto simili, con piccole variazioni (relazioni di second’ordine – configurazionali). La relazione
(o proprietà di secondo ordine) faciliterebbe l’elaborazione di tipo olistico (del “tutto”).
Per il riconoscimento degli oggetti si analizzano le parti e le proprietà degli elementi che
compongono l’immagine dell’oggetto. Nel caso dei volti invece si utilizzano molto anche le
relazioni spaziali tra i componenti principali (bocca, occhi, ecc.). Questo rende il
riconoscimento del volto molto sensibile all’effetto inversione
RIASSUMENDO
Cosa definisce un volto?
Un insieme di caratteristiche invarianti (componenti principale) e dinamiche (espressioni del volto) elaborate in modo
configurazionale (tenendo conto cioè delle relazioni spaziali tra le componenti) e olistico dal sistema percettivo (vedi effetto
inversione)
Come differisce l’elaborazione dei volti rispetto agli altri stimoli?
L’elaborazione è di tipo configurazionale e i volti presentano una maggiore omogeneità (= similarità nella composizione tra
esempi differenti appartenenti ad una stessa classe di stimoli).
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MOVIMENTO BIOLOGICO, PERCEZIONE DELLA CAUSALITÀ E DELLE INTENZIONI
MOVIMENTO
Come attributo percettivo, il movimento convoglia molteplici informazioni (anche
relativamente ad un’azione), ed è senza dubbio la dimensione più potente di uno stimolo visivo.
Il movimento è un evento spazio-temporale definito come un cambiamento della
localizzazione spaziale nel tempo. Quindi, segnala non solo alcune proprietà dinamiche come
direzione e velocità, ma anche alcune proprietà spaziali, come posizione e distanza.
Perché il movimento è così importante?
Oltre a convogliare informazioni sulla posizione, distanza, direzione e velocità, il movimento è in grado di
catturare l’attenzione di un osservatore; E’ un fattore di unificazione figurale (principio del destino
comune); E’ particolarmente legato all’azione e alla possibilità d’interagire
MOVIMENTO BIOLOGICO
Il ruolo dei neuroni a specchio nell’imitazione potrebbe fare intendere che ciò che percepiamo è
influenzato da come ci muoviamo. → se così fosse, i nostri sistemi cognitivi motori potrebbero
aiutarci a cogliere pattern di movimento dettagliati, specialmente quelli che segnalano la
presenza di un altro organismo vivente che pianifica e intende eseguire azioni specifiche→
questa ipotesi si basa sull’assunto che tutti gli animali (umani e non) producono pattern di
movimento unici. [questi pattern sono denominati movimento biologico].
Il movimento biologico è un esempio molto chiaro della capacità del sistema visivo di ricavare
delle informazioni salienti riguardo ad esseri viventi che si trovano nell’ambiante a partire da
scarse informazioni (da un input impoverito). Nessuno dei singoli punti di per sé è in grado di
trasmettere delle informazioni riguardo all’azione o all’evento che stiamo osservando. → La
percezione del movimento biologico (movimento di un organismo vivente) richiede
un’integrazione globale nello spazio e nel tempo dei singoli punti in movimento, il cui risultato
finale è la “creazione” di un movimento “dotato di significato”.
Il movimento biologico può essere anche visto come un esempio di come i processi top-down
(conoscenze apprese) influenzino l’organizzazione dei processi percettivi di “basso livello”
permettendoci di dare un senso ai pattern visivi, come quello della figura.
Noi nel movimento biologico cogliamo delle invarianti globali.
LA PERCEZIONE DI MOVIMENTO BIOLOGICO
La percezione di altri in movimento ha un ruolo adattivo, importante per i nostri antenati nella
distinzione fra preda, predatore, amico e nemico → per questo motivo, l’abilità di rilevare il
movimento biologico deve essere VELOCE, PRECISA E AUTOMATICA.
Molti studi dimostrano che il sistema visivo umano è finemente progettato per la percezione di
movimenti biologici. → lo psicologo svedese Johansson, sviluppò nel 1973 la tecnica punto-luce,
attaccando piccole fonti di luce a polsi, ginocchia, caviglie, spalle e teste di attori, ai quali veniva
chiesto al buio di compiere movimenti, danzare, correre. Quando ai partecipanti veniva chiesto
di descrivere cosa avevano visto, questi identificavano prontamente che si trattava di figure
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umane in movimento e riconoscevano i vari tipi di azioni eseguite. → il pattern cinematico ( il
pattern di movimento) è sufficiente a dare una rappresentazione vivida dei movimenti umani
anche se, quando l’attore punto luce sta fermo, il percetto collassa in un’accozzaglia di luci
insensate.
ANALISI DEL MOVIMENTO BIOLOGICO
Il riconoscimento rapido di alcuni pattern-luce come identificativi di una forma umana suggerisce
che il raggruppamento corretto sia eseguito da una rete neurale specifica. Infatti alcuni
ricercatori hanno riportato casi di alcuni pazienti con danni cerebrali, i quali mostravano
prestazioni deficitarie in compiti che chiedevano la rilevazione di movimento biologico, mentre
non presentavano alcun tipo di problema in altre attività ( questo si chiama dissociazione inversa)
→ il paziente esaminato aveva una forte difficoltà nel discriminare diverse velocità di movimento
e aveva bisogno una quantità maggiore di informazioni organizzate per rilevare il movimento
biologico, senza mostrare alcuna difficoltà nel riconoscimento di pattern di punti-luce indicanti
attività umane diverse dalla locomozione. Numerosi studi di neuroimaging hanno contribuito
all’identificazione di una regione (nella porzione posteriore del solco temporale superiore STS)
che si attiva quando ai partecipanti vengono presentati pattern di punti-luce come quelli utilizzati
da Johansson. Questa regione si trova davanti e sopra l’area visiva V5 che è coinvolta nella
percezione del movimento. Un’altra regione, nella parte anteriore del solco intraparietale
dell’emisfero sinistro, si attiva durante la percezione di azioni umane concrete. Il semplice atto
dell’immaginare il movimento biologico è sufficiente all’attivazione della regione STS, anche se
tale attivazione è più debole di quanto avviene l’effettiva percezione dei display di punti -luce
[quando leggiamo di un ladro che assalta la vittima, queste parole sono tradotte in
rappresentazioni visive in movimento che, in seguito, vengono elaborate da aree corticali
specifiche per l’analisi del movimento osservato.
COGNIZIONE MOTORIA NELLA PERCEZIONE MOTORIA
La nostra abilità di percepire il movimento biologico va oltre la semplice distinzione dei
movimenti di persone e animali da quelle di automobili e palloni. In uno studio, condotto tra
bambini fra i 29 e 94 mesi, i ricercatori hanno dimostrato che diverse aree corticali sono coinvolte
nella percezione di movimenti umani, animali e virtuali. Inoltre, esperimenti di neuroimaging
hanno rivelato attivazioni neurali che sono specifiche per le azioni umane ( come l’afferrare una
tazza di caffè) e che non sono prodotte da movimenti con proprietà visive simili, come azioni in
realtà virtuale o azioni prodotte da un robot.
Perché percepiamo il movimento con così tanta specificità?
L’anatomia umana pone dei limiti alle azioni che è possibile eseguire e, queste, a loro volta,
limitano il modo in cui è possibile immaginare e percepire le azioni altrui. Inoltre, il modo in cui
riusciamo a immaginare le azioni, gioca un ruolo cruciale nella nostra abilità di pianificare le azioni
future. È stato ipotizzato che la percezione del movimento degli esseri umani sia mediata da
conoscenze tacite sul funzionamento dei nostri corpi; questa conoscenza è inconscia →
generalmente non sappiamo neanche di averla, ma gioca un ruolo importantissimo nel guidare
le simulazioni mentali, rendendole un riflesso della realtà.
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Il movimento convoglia l’informazione legata alla presenza di conspecifici anche quando lo
stimolo è impoverito di molti “dettagli”
CINEMATICA DEL MOVIMENTO
Che cos’è che ci permette di riconoscere l’azione? La cinematica è in grado di convogliare
informazioni legate alla “qualità” del movimento stesso, ovvero qualità espressive (animacy
nella letteratura internazionale).
Si ritiene che nel movimento, la percezione abbia un ruolo importante.
Il movimento biologico è uno stimolo che non può non essere elaborato -> viene elaborato e
percepito grazie a un’operazione di tipo computazionale. Nel movimento biologico cogliamo
delle varianti globali, non il singolo puntino e movimento. il puntino da solo non convoglia
nulla di rilevante dal punto di vista psicologico. Se aggiungo un puntino, le cose hanno un
altro tipo di valore. Si suppone quindi che vi siano dei meccanismi specifici e quello che
sembra avere importanza riguarda la cinematica del movimento, che è in grado di convogliare
in base alla qualità di natura espressiva
✓ Qualità primarie (stimolo distale) → non dipendono dall'osservatore (peso,
grandezza, forma ecc.)
✓ Qualità secondarie → dipendono in qualche misura dall'osservatore (colore, sapore,
valenza affettiva ecc.)
✓ Qualità terziarie → riguardano aspetti ancora di più alto livello -> a carattere emotivo
ed espressivo → esempio di Takete (piu’ rigido) e Maluma ( piu’ morbido ).
In genere sono rari gli studi sull’espressività del movimento che coinvolgono un unico oggetto in
movimento. Affinché l’osservatore percepisca «la qualità» di un movimento, è quasi sempre
necessario che nella scena visiva siano presenti due o più oggetti, e per questo si preferisce
parlare di “percezione degli eventi”.
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Come attributo percettivo, il movimento convoglia molteplici informazioni (anche
relativamente ad un’azione), ed è senza dubbio la dimensione più potente di uno stimolo visivo.
Il movimento è un evento spazio-temporale definito come un cambiamento della localizzazione
spaziale nel tempo. Quindi, segnala non solo alcune proprietà dinamiche come direzione e
velocità, ma anche alcune proprietà spaziali, come posizione e distanza.
Albert Michotte
A partire dagli anni quaranta Albert Michotte con i suoi collaboratori avviò a Lovanio
un fondamentale lavoro pioneristico sulle basi percettive della causalità fenomenica,
che lo porterà alla fine a sviluppare una sfera d'indagine cruciale in psicologia della
percezione: il rapporto tra organizzazione visiva e significato. Nel paradigma
sperimentale di Michotte si dimostra come il significato di un evento, ad esempio una
relazione di causa-effetto, sia strettamente dipendente dalla specifica organizzazione
spazio-temporale che lo veicola. Nel classico effetto lancio, ad esempio, un primo
quadratino A si muove su una traiettoria lineare verso un secondo quadratino B.
Subito dopo il contatto, il quadratino A si ferma e il quadratino B inizia a muoversi
lungo la stessa traiettoria, ma ad una velocità inferiore. Ne risulta l'impressione chiara
e univoca di un urto meccanico tra i due quadratini, in cui il movimento del secondo
quadrato appare causato dal movimento del primo, come se fosse "spinto" in avanti
con forza. https://www.youtube.com/watch?v=e_jKNlC2YKo ). Secondo M. noi
possiamo vedere la casualità fidica ( meccanica ) allo stesso modo in cui possiamo
vedere colori e forme.
La causalità è una caratteristica definita e contenuta nello stimolo -> nel momento in
cui vario certi parametri io cambio la percezione che i due elementi hanno instaurato
tra di loro. L’impressione di un rapporto più semplice di causa-effetto è spontanea e
obbedisce a osservazioni spazio/ temporali e cinetiche. Modificando lievemente le
condizioni di movimento dei due quadratini, si ottengono altre strutture cinetiche
egualmente evidenti e coercitive (es. l’effetto scatenamento e l’effetto
trascinamento) Oppure si distrugge l’impressione causale come nell’ effetto lancio
con intervallo temporale (ma non spaziale). L’impressione di un rapporto
causa/effetto tra i due movimenti è spontanea ed obbedisce ad un’osservanza
piuttosto stretta tra delle condizioni spazio-temporali e cinetiche nelle quali vengono
dati gli stimoli.
Se ne conclude che il rapporto di causa ed effetto non è pensato, o desunto
dall’esperienza, ma è “genuinamente” percettivo (cioè presente e dato nell’info
visiva). Sarebbe colto grazie ad un meccanismo (o “modulo”) per la causalità
“impermeabile” all’esperienza o alle credenze dell’osservatore.
Attribuzione causale: processo che le persone mettono in atto per spiegare gli eventi
sociali, al fine di controllarli, prevederli e quindi mettere in atto comportamenti
appropriati.
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Heider (1944; 1958)
il compito della “psicologia del senso comune” è comprendere come le persone interpretano
gli eventi.
Nonostante il “frame” statico del film desse scarsa info sulle qualità delle figure, i soggetti
produssero dei racconti in cui i movimenti visti nel film erano interpretati come azioni di esseri
umani da tutti gli osservatori meno uno.
Heider e Simmel conclusero che:
La contiguità temporale, la prossimità spaziale, le velocità assolute e relative del movimento, le
caratteristiche strutturali (forma grande vs. quella piccola). Più in generale, le relazioni tra gli
oggetti in movimento, sono responsabili delle relazioni sociali percepite tra le figure
geometriche
In altre parole, ciò che guida la percezione sono le relazioni tra gli elementi (es. A causa il
movimento di B, A segue B, A insegue B) presenti nel campo (ambiente) siano essi individui o
oggetti.
Così come la percezione della causalità sembra dipendere da certe caratteristiche percettive
del display, ce ne sono altre che danno origine alla percezione di oggetti animanti (cioè dotati
di intenzionalità).
In particolare, la successione temporale tra il cambio di direzione delle due figure è critica per la
percezione dell’interazione tra queste due figure. Il movimento della configurazione
(prossimità spaziale) è importante per determinare il tipo di interazione tra i due. Quando le
direzioni sono casuali, ma legate temporalmente, l’osservatore percepisce che le due forme
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interagiscono in qualche modo ma è meno probabile che leggano quella interazione come
intenzionale
Gli esempi fatti sono importanti perché mostrano che anche quando percepiamo dei
movimenti di forme semplici in un contesto neutro, noi andiamo oltre alla semplice percezione
di causalità, ma percepiamo questi elementi come soggetti agenti (mossi cioè da intenzioni) a
cui attribuiamo delle interazioni complesse di natura sociale: Es. I cartoni animati e le
animazioni in genere.
Il vantaggio ecologico della percezione delle qualità espressive è quello di “dotare”, partendo
da una precisa combinazione di parametri spaziotemporali (cioè stimulusdriven), lo stimolo di
info a carattere predittivo: Di fronte ad uno stimolo minaccioso è meglio scappare, mentre uno
stimolo che si muove in maniera amichevole è “invita” all’interazione.
RIASSUMENDO
Come percepiamo la causalità tra due eventi?
La percezione della causa e delle intenzioni (anche sociali) sono “direttamente” presenti
nell’informazione visiva di elementi o forme in movimento. Se certe connotazioni espressive
sono legate in modo ferreo a precise condizioni di stimolazione, vuol dire che sono fuori della
portata della nostra volontà.
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COGNIZIONE EMBODIED
[quinto pacchetto di slide]
La visione della cognizione tradizionale (anni ’50 fino alla metà degli anni ’80 del novecento) si basa sull’idea
per cui i processi cognitivi sono procedure/computazioni eseguite su rappresentazioni mentali simboliche, o
astratte e amodali (Rappresentazioni amodali = il prodotto di una traduzione da un linguaggio sensoriale,
corporeo (sensorimotorio) impiegato nell’esperienza con il mondo, ad un linguaggio indipendente dalla
modalità sensoriale ). Il formato con cui si conservano i prodotti delle computazioni sono astratti,
asimbolici. Es. il concetto di torta non ha nulla a che fare con l’immagine visiva della torta, né con
il suo profumo o il suo sapore.
Metafora del sandwich mentale → La mente non viene più vista come un calcolatore, ma come
un panino (sandwich). VI sono due estremità poco proteiche ( il sensoriale e il motorio) mentre
al suo interno vi è la parte proteica (processi cognitivi). Il ripieno può essere visto come i processi
cognitivi, mentre il pane è l’aspetto periferico. La strategia adottata dagli scienziati cognitivi
tradizionali era quella di gettare il pane e mangiare la carne, cioè studiare i processi cognitivi e
tralasciare il corpo.
VISIONE EMBODIED COGNITION
I processi cognitivi (la cognizione) dipendano, riflettano o siano influenzati dai sistemi di
controllo del corpo. L’uomo viene visto come sistema integrato (nei suoi aspetti mentali e
cognitivi, ma anche negli aspetti sensoriali)
⇒ interdipendenza tra le funzioni cognitive
superiori(es. linguaggio) e il sistema
sensorimotorio. ⇒ Il corpo viene messo al
centro dell’indagine empirica. Si vuole
studiare la mente come estensione di
qualcosa che va al di là del corpo e fa parte
di un mondo. ⇒ Mente estesa per
incorporare l’ambiente in cui si vive,
studiando gli artefatti, gli strumenti e il
contesto sociale.
L’idea dell’Embodied Cognition, è che i processi cognitivi (la cognizione) dipendano, riflettano o
siano influenzati dai sistemi di controllo del corpo.
L’azione è una parte importante e viene definita da Wilson come azione per la conoscenza
(Knowing is for acting). Già studiato con Gibson con il ciclo azione-cognizione. ⇒ La cognizione
diventa fondata sui processi sensori-motori.
La cognizione viene costruita attraverso un ruolo attivo perché è necessaria l’azione dell’essere
umano. La conoscenza varia in relazione al tipo di corpo, al tipo di organismo che si considera, e
in base alla relazione con l’ambiente.
AFFORDANCE => la percezione estrae dall’ambiente una serie di info funzionali all’azione
dell’individuo, Le affordance riguardano sia la percezione sia l’azione che l’interazione con gli
oggetti. Percepire per agire: Es. Compatibilità con azioni di afferramento e prensione
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Principi riassunti:
SIMULAZIONE E AFFORDANCES
Simulare significa (dal punto di vista della psicologia cognitiva) che vengono reclutati gli stessi
sistemi di percezione e azione coinvolti durante la percezione e l’interazione con oggetti.
Simulare non è uguale a fare!
- si tratta di un’attivazione più debole
- comporta l’attivazione in contemporanea di un- meccanismo per “bloccare”l’output motorio
-dato che i muscoli e gli arti non si muovono, la simulazione manca del feedback sensoriale che
si ha durante l’esecuzione di compiti motori
-coinvolgimento dei meccanismi inibitori.
Es. simulare il movimento del braccio è possibile, ci si immagina mentalmente di farlo. Questo
porta all’attivazione di aree del cervello simili a quelle di quando lo si fa veramente, anche se
non ci si muove effettivamente. Si assume quindi che vi sia una profonda unitarietà tra
percezione e azione, questa unitarietà riguarda anche il modo con cui acquisiamo ed è
organizzata la nostra conoscenza.
Quando avviene la simulazione?
La simulazione avviene durante:
o Osservazione di oggetti: si attiva informazione motoria riguardo alle azioni che
compieremmo con essi.
o Comprensione del linguaggio: si attiva informazione motoria - simuliamo mentalmente
le situazioni, le azioni, gli oggetti che le frasi descrivono e cui le parole rimandano.
o Comprensione del comportamento altrui: si attivano gli stessi circuiti senso-motori che
si attiverebbero se compissi l’azione osservata in prima persona.
Come si applica l’idea di cognizione embodied alla percezione degli oggetti?
Partiamo con la Psicologia ecologica (anni ’60 del novecento) – assunti: →La percezione è
diretta; La percezione serve per guidare l’azione, e non per la raccolta di info non pertinenti per
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l’agire →Quindi, se la percezione è diretta, ed è funzionale all’azione, allora l’ambiente deve
offrire info sufficienti per l’azione
La nozione di affordance (Gibson, 1979): l’ambiente si offre al soggetto.
Quando vi è compatibilità tra l’affordance e l’azione che vado ad eseguire vi dovrebbe essere
una maggiore capacità di interazione. Es. tazzine Tacker&ellis. 1998 → vogliono dimostrare che
l’osservazione di oggetti innesca nell’osservatore dei meccanismi di simulazione rispetto a
come si può interagire con essi pur non doverlo fare. Tazzine mostrate in modo canonico e in
modo rovesciato. Il manico è un’affordance, quindi la tazza ha in sè una natura motoria, indica
come va presa. Trovano un effetto di compatibilità spaziale tra la posizione del manico
(destra/sinistra) e quella del pulsante di risposta. L’effetto emerge quando l’informazione
motoria data dall’affordance non è rilevante per il compito. Il sistema non elimina l’affordance.
La visione di un oggetto potenzia anche informazioni di natura motoria (possibilità di
manipolarità dell’oggetto). ⇒ Il concetto della tazzina non è amodale perché tiene conto
anche dell’esperienza d’uso. Es. Tucker&Ellis (2001) Categorizzazione di oggetti in naturali e
artefatti. Il giudizio di categorizzazione è influenzato dalle dimensioni degli oggetti e il tipo di
presa usata per rispondere. secondo la visione della cognizione embodied le (micor)
affordance sono il prodotto della congiunzione, el cervello, di stimoli visisivi e risposte motorie.
Risultati: Effetto di compatibilità spaziale (Tempi di Risposta più veloci) tra la posizione del manico
(destra/sinistra) e quella del pulsante di risposta (destra sinistra). → Spiegazione: la visione di un oggetto
potenzia le info riguardo alla manipolabilità (“affordances”) ad esso associate
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Spiegazione: vedere un oggetto attiva le informazioni motorie utili per interagire in modo
efficace con esso attivando le (micro) affordances (interazioni visuomotorie). Osservare
oggetti potenzia le componenti dell’azione. Secondo la visione della cognizione embodied, le
(micro) affordances sono il prodotto della congiunzione, nel cervello, di stimoli visivi e risposte
motorie.
I NEURONI CANONICI DELL’AREA F5
È attivo durante un particolare tipo di afferramento (presa di precisione e non a mano piena). E’
legato all’obiettivo non all’effettore (mano ds/sn). Scarica durante una specifica fase di azione
(aprire, chiudere, tenere)
I NEURONI SPECCHIO
Guardare un’azione migliora l’abilità di pianificarla ed eseguirla successivamente. Inoltre, diversi
studi, hanno rilevato interferenze percettive durante la pianificazione di un’azione , un effetto
che sarebbe atteso se azione e percezione condividessero rappresentazioni comuni e se queste
rappresentazioni comuni e se queste rappresentazioni si confondessero l’una con l’altra. Si è
appreso che vi è una base naurale condivisa per l’osservazione e l’esecuzione di un’azione
negli umani e nei primati non umani, per di piu’, alcuni neuroni specifici della corteccia
premotoria ventrale delle scimmie si attivano durante l’esecuzione di movimenti mano-bocca.
La maggior parte di questi neuroni mostrava lo stesso pattern di attivazione anche quando le
scimmie non eseguivano materialmente l’azione, ma osservavano lo sperimentatore compierne
una simile. I neuroni che assumono questo comportamento sono chiamati NEURONI
SPECCHIO. Un sottogruppo di questi neuroni risponde anche quando la parte finale dell’azione
osservata, cruciale per l’attivazione di una risposta, è nascosta, e quindi può essere solo
dedotta. I neuroni specchio sono fondamentali per mettere in relazione ciò che vediamo con
quello che abbiamo in mente di fare.
Numerosi studi, provano l’esistenza dei neuroni specchio anche negli esseri umani.
Alcuni ricercatori hanno proposto che la rappresentazione condivisa delle azioni proprie e altrui
possa essere un efficiente motore per lo sviluppo. Se fosse vero che i bambini partano dalle
loro stesse azioni per comprendere quello che fanno gli altri, ci si potrebbe aspettare che la
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loro abilità di capire o interpretare un’azione sia legata a quella di eseguire la stessa azione. Per
testare questa ipotesi, Sommerville e Woodward nel 2005, hanno esaminato il modo in cui i
bambini di 10 mesi rispondevano a una semplice sequenza di movimenti, attraverso i quali un
attore tirava una copertina per scoprire un giocattolo. I ricercatori erano interessati alla
relazione fra l’abilità dei bambini di riprodurre questa sequenza e quella di interpretarla quando
era eseguita da un’altra persona, identificando quindi l’obiettivo di scoprire il giocattolo. I
risultati hanno provato che i bambini piu’ abili nell’esecuzione dei movimenti ( tirare la
copertina) erano quelli in grado di riconoscere che le azioni dell’attore sulla copertina erano
dirette verso l’obiettivo finale della sequenza ( scoprire il giocattolo). Analisi successive hanno
confermato che le differenze nell’interpretazione dell’azione tra i due gruppi non potevano
essere spiegate né dall’età( il livello di sviluppo) né dalla capacità di elaborazione delle
informazioni ( l’intelligenza). In studi successivi, è stato dimostrato che già a tre mesi e mezzo
di vita i bambini mostrano un miglioramento nella comprensione dell’obiettivo di un’azione
altrui quando sono piu’ abili nell’esecuzione di un’azione simile. ( sommerville 2005) → questi
risultati supportano la teoria per cui la paianificazione di un’azione e la percezione delle azioni
degli altri siano strettamente collegate, che questo collegamento abbia inizio durante l’infanzia
e che lo sviluppo delle abilità motorie dei bambini possa fornire loro informazioni importanti
sulla vita degli altri. → è necessaria una precisazione : non tutte le simulazioni mentali si
affidano a processi motori e non tutta la conoscenza che possediamo sulle altre persone si basa
sui processi motori. La cognizione motoria non può rilevare ogni aspetto della complessa e
intricata rete di credenze e desideri che motivano gli esseri umani.
I neuroni mirror hanno le stesse proprietà dei neuroni canonici, sono anche loro neuroni motori, ma
possiedono anche delle proprietà visive, o visuo-acustiche. Neuroni mirror sono stati definiti come la più
“embodied” delle scoperte neuro-scientifiche
I neuroni mirror scoperti nella corteccia ventrale premotoria (area F5) della scimmia: si attivano non solo
quando la scimmia esegue un’azione finalizzata ma anche quando osserva la stessa azione eseguita da un
altro individuo (uomo o scimmia), ma non da un effettore non biologico
Perché neuroni “specchio”? Nello specchio si compie il movimento come se fosse reale. Tale movimento è
identico a quello reale ma è una sua “rappresentazione
Comprensione del significato di parole e concetti per la t. “embodied”
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Comprensione del linguaggio → Comprensione del linguaggio avverrebbe grazie alla
simulazione “interna” dell’azione o della situazione descritta. Studi fMRI mostrano attivazione
somatotopica e precoce della corteccia motoria e premotoria durante la comprensione del
linguaggio, es. verbi di azione
Attraverso quale processo avviene la cognizione embodied?
Il sistema mirror trasforma la percezione visiva dell’azione nella stessa rappresentazione
motoria che viene generata internamente quando intendiamo eseguire l’azione noi stessi. Il
sistema mirror trasforma l’informazione sensoriale in conoscenza “embodied”.
RIASSUMENDO
Non sembra più possibile considerare la percezione, l’azione, e più in generale la cognizione,
come processi separati e distinti tra loro. Un ruolo chiave per questa “unione” lo gioca la
SIMULAZIONE che assieme all’esperienza senso-motoria e ai circuiti “mirror” (di risonanza
motoria) offrirebbero un “terreno” su cui si innesta la cognizione
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ATTENZIONE
[sesto pacchetto di slide]
L’attenzione è un aspetto molto importante che è presente nella vita quotidiana ( anche quando
ci concentriamo a leggere, oppure quando facciamo piu’ cose assieme – multitasking).
Col termine attenzione, nella maggior parte dei casi, vengono colpiti gli organi di senso, spesso
è usato come sinonimo di concentrazione ( quando ci concentriamo convogliamo tutte le nostre
energie -> l’operazione di selezione fa parte del processo di concentrazione)
Vigilanza> cosa si intende? >essere in grado di sostenere del tempo la nostra attenzione. Solo
l’informazione rilevante viene selezionata dall’attenzione. Questo perché siamo limitati.
L’attenzione limita la qtà di informazione che in un dato momento diventa consapevole .
La funzioni che svolge sono molteplici e ognuna è composta da una sottocomponente.
Tutte le componenti interagiscono fra di loro, hanno un substrato neuronale facilmente
dissociabile. Che cos’è l’attenzione? Ha una varietà di significati.
Con il termine attenzione a volte si indica la capacità di selezionare, per una ulteriore
elaborazione, parte delle stimolazioni in arrivo, ma è anche stato usato come sinonimo di
concentrazione (Moray, 1969) Con lo stesso termine di attenzione si fa anche riferimento al
processo di ricerca di un bersaglio specifico. Inoltre, è anche stato suggerito che la l’attenzione
sia in relazione con la vigilanza Es. un soggetto soporoso ha una vigilanza ridotta e
conseguentemente fa poca attenzione a ciò che lo circonda.
ATTENZIONE CONSAPEVOLE E INCONSAPEVOLE
Ogni giorno i nostri sensi sono bombardati da una grossa quantità di informazioni e di
stimolazioni, non è un caso quindi che tra tutti i sensi, quello che è piu’ studiato nel campo del
marketing è quello relativo alla comunicazione visiva. Il visual marketing ha anche un ruolo per
rendere efficaci le vendite utilizzando in modo strategico segni e simboli visivi finalizzati a
comunicare il messaggio desiderato, oltre a promuovere la brand identity. Anche se i nostri sensi
sono in grado di analizzare tutte le stimolazioni, in realtà non abbiamo né le energie, né
l’organizzazione cerebrale per percepire consapevolmente tutte le informazioni →la capacità di
processamento informativo umano si ferma a soli 50 bits, disperdendo così l’informazione
restante → per questo motivo non tutto quello che c’è davanti ai nostri occhi attira l’attenzione.
A quante cose è possibile prestare attenzione allo stesso tempo? Come funzionano i filtri
dell’attenzione? Qual è la relazione fra azione è percezione?
La natura multisensoriale dello spazio e la pervasività delle stimolazioni ambientali impongono
dei vincoli al funzionamento mentale, costringendo il cervello a ridurre la quantità di
informazione elaborata attraverso la capacità di selezionare di volta in volta ciò che viene
ritenuto rilevante, o ciò che viene considerato determinante per la conservazione della specie →
si tratta dell’attenzione selettiva.
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Anche l’attenzione visiva è soggetta a un processo di selezione. Il sistema nervoso è infatti
costretto a prendere delle decisioni su quali informazioni necessitano di un’elaborazione
attentiva piu’ dettagliata e sulla priorità di processamento delle informazioni (le piu’ importanti
delle quali sono le prime ad essere elaborate). Questa selezione può avvenire in maniera precoce
e tardiva. Secondo l’ipotesi tardiva il filtro attentivo interverrebbe piu’ tardi, al momento della
selezione della risposta; secondo l’ipotesi precoce l’attenzione è in grado di influenzare i processi
sensoriali e percettivi, mentre l’ipotesi tardiva sostiene che l’attenzione agirebbe a livello post percettivo
CECITA’ INATTENZIONALE O DIATTENTIVA (Inattentional Blindness)
Chi ha visto il gorilla?
Il concetto di soglia assoluta è legato a quello di filtro percettivo. Visto che siamo circondati da
una grande quantità di stimolazioni, il nostro sistema percettivo è dotato di veri e propri filtri in
grado di selezionare solo le informazioni ritenute utili. Per questo motivo possiamo dire che
percepiamo in maniera selettiva. Sebbene i nostri sensi siano attivati dalle stimolazioni, ciò che
arriva alla coscienza è solo una minima parte. L’esistenza della percezione selettiva costringe a
chi si occupa di marketing a lavorare per attirare l’attenzione attraverso stimolazioni che hanno
un’intensità leggermente più alta della soglia assoluta, e i grado di distinguersi dagli altri stimoli.
Per ridurre il carico informativo si innesca ( secondo Solomon) l’economia psichica, selezionando
e scegliendo gli stimoli più utili → questo è un processo naturale (quasi adattivo) per contenere
il disagio da sovrabbondanza di dati → hanno un ruolo importante nella selezione: le emozioni,
gli interessi, i bisogni e soprattutto i desideri del consumatore → per es. il desiderio di acquistare
una nuova macchina spinge il consumatore a prestare attenzione a tutti i messaggi pubblicitari
relativi alla vendita e alla promozione di automobili/ se è interessato a una sola marca, tenderà a
selezionare le pubblicità di quella sola marca, tralasciando inconsciamente le altre. → si tratta di
una sorta di vigilanza percettiva. Al fine di superare le barriere imposte da questa forma di difesa,
il marketing deve trovare soluzioni creative ( come per esempio l’utilizzo di domande negli
spot/colpi di scena/jingle facilmente riconoscibili).
L’uso di filtri personali attivati da desideri, può dare avvio ( non solo a una percezione selettiva),
ma anche a una forma di percezione difensiva, intesa come la tendenza a non rilevare la presenza
di stimoli ritenuti non graditi o minacciosi/spiacevoli.
La nostra capacità di registrare ciò che avviene attorno a noi è limitata e non tutto quello che
passa davanti al nostro campo visivo arriva alla coscienza.
ESPERIMENTO DI DANIEL SIMONS dell’Univerità di llinois – cecità attenzionale
I ricercatori mostrano a dei soggetti un video in cui veniva inquadrato un gruppo di persone,
alcune vestite di bianco, altre di nero, che si passavano la palla. Ai soggetti era stato chiesto di
prestare molta attenzione ai passaggi e di contare quelli effettuati dai ragazzi con la maglia
bianca (ignorando quelli con la maglia nera). I ricercatori scoprirono che quasi la metà dei
soggetti, impegnati a contare i passaggi fra i bianchi, NON SI ACCORSERO DEL PASSAGGIO NEL
CAMPO VISIVO DI UNA PERSONA TRAVESTITA DA GORILLA. Essendo i soggetti attratti dai
passaggi della palla e interessati a compiere bene il compito del conteggio, l’informazione sul
gorilla non viene processata dalla loro mente.
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The “Door” Study (SImon e Chabris, 199..)→ Vogliono dimostrare che il buon funzionamento
dell’occhio non basta per vedere correttamente. Fanno cambiare una persona, e il 50% dei
soggetti non se ne accorge. Talvolta non si è consapevoli di tutto, perché ci si concentrava su
altro.
CECITA’ AL CAMBIAMENTO → non ci siamo accorti di tutti i cambiamenti > paradigma del Ficker
Nell’esempio del gioco di carte non ci si accorge dei cambiamenti nei personaggi e nello
sfondo, questo perché non faceva parte della scena principale. Rilevare il cambiamento
marginale di cose che non sono al centro dell’attenzione è difficile. Sono stati messi a punti
paradigmi per ricreare queste situazioni, tra questi il paradigma del Ficker
L’attenzione visiva non è ferma su un punto, ma cambia a causa dei segnali transienti. Se vi è
una sola cosa che cambia, l’attenzione di sposta in quella direzione e si percepisce il
cambiamento.
Nell’esempio mostrato con il tipo che cambia colore dei pantaloni, l’attenzione era disturbata
dall’intermittenza del cambio immagine che sposta l’attenzione. Questo è ciò che avviene
normalmente: i cambiamenti sono talmente tanti che di qualcuno si perde.
Es. settimana enigmistica “trova le differenze”→ Vi sono molte differenze ed elaborarle tutte
insieme è molto difficile ⇒ individuare tutte le differenze è difficile.
MISDIRECTION
Per misdirection si intende “indicazione sbagliata”, ma nello specifico, nel linguaggio magico, è
una delle abilità tipiche degli illusionisti che consente loro di deviare l’attenzione del pubblico.
Consiste nella capacità del prestigiatore di attirare l’attenzione del pubblico solo sulle parti del
gioco o della scena che si ritiene opportune, permettendo così di sviare l’attenzione da
movimenti o mosse che non devono essere viste/ ricordate. Per il nostro cervello è facile cadere
in trappole eteroindotte, ad esempio da un prestigiatore, da un’illusione ottica o dal linguaggio
di uno spot televisivo. Ogni giorno della nostra vita ci troviamo a guardare le situazioni
concentrandoci sulla mano sbagliata. Ad esempio capita di avere a che fare con alcune persone
che, non importa quanto ci diamo da fare, vedranno unicamente gli errori commessi. Anche in
famiglia, con le persone che ci vogliono bene e con le quali possiamo condividere una vita
meravigliosa, ci arrabbiamo per sciocchezze che non contano, perdendo di vista la
straordinarietà della quotidianità insieme. Da questi processi nasce la possibilità di stimolare le
persone a riflettere sulla forza della mente e sulla capacità di poter ottenere tutto se si vuole e
se ci si impegna.
Nella misdirection non c’è bisogno di aggiungere segnali di disturbo (distrattore) affinché si
verifichi il mancato rilevamento di un evento.
Cecità al cambiamento vs Cecità inattentiva
Stesso fenomeno o due fenomeni diversi? Dare un cue (es. dire di cercare un oggetto inaspettato) non
migliora molto la CB mentre aiuta e previene la CI. CI si verifica quando l’osservatore è impegnato in un
compito cognitivo difficile, ma ciò non è vero per la CB che si verifica anche quando l’osservatore non è
impegnato in un altro compito. L’elaborazione è più complessa in CB.
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RIASSUMENDO
Nonostante siamo convinti di possedere una rappresentazione (conoscenza) chiara e dettagliata
dell’ambiente che ci circonda, è stato invece dimostrato ampiamente l’esistenza sia della CI che
della CB. L’attenzione gioca sicuramente un ruolo importante in queste fenomeni.
Che cosa fa prestare attenzione
•
•
volontà → aspettative e scopi che orientano nel decidere cosa osservare o no. ⇒ top
down o volontaria perché si sceglie cosa osservare ⇒ goal directed
segnali transienti, come il cambiamento, che modificano l’ambiente e che registrano un
cambiamento dell’energia che vi è nell’ambiente. Sono quelli che dirigono e orientano
l’attenzione indipendentemente dalla volontà
Modalità involontaria, stimulus driven (guidata dalle caratteristiche dello stimolo),
automatica. Sono stimoli di solito nuovi, sorprendenti, incongruenti con quello che si sta
facendo, complessi o semplici, ma hanno sempre la capacità di attirare l’attenzione
Lo studio dell’attenzione serve per fare in modo che gli errori di natura attentiva siano evitati.
ATTENZIONE SPAZIALE E RICERCA VISIVA
[settimo pacchetto di slide]
Cosa si intende per attenzione visiva spaziale?
L’attenzione visiva spaziale è l’abilità di selezionare particolari porzioni dell’ambiente esterno
Vi sono due modalità di esplorazione e selezione:
1- Movimento del capo e degli occhi, spostamento della fovea (modalità esplicita od “overt”)
2- Senza movimento degli occhi, si assegna priorità d’elaborazione a determinate parti del campo
visivo (modalità implicita o “covert” - Es. Guardare con la coda dell’occhio).
Attraverso la modalità implicita dell’orientamento dell’attenzione posso studiare (e stimare) l’effetto
dell’attenzione visiva indipendentemente dai cambiamenti dell’acuità visiva e dai movimenti oculari
L’attenzione viene rappresentata come un filtro, un fascio di luce che permette di mettere in
evidenza la porzione di spazio illuminato.
•
•
Cambia il modo con cui vengono elaborate le informazioni
Attenzione focale (lente con diametro piccolo) e attenzione diffusa (lente con diametro
ampio) → modificando le dimensioni, richiede del tempo il cambiamento? Sì, c’è un
ritardo fisiologico e un ritardo per dimensionare il fuoco.
⇒ La funzione dell’attenzione è migliore al centro
Esistono porzioni dello spazio che ricevono un’attenzione prioritaria: lo spazio occupato dagli
oggetti riceve un’attenzione prioritaria rispetto allo sfondo.
⇒ Aree di interesse primario e secondario
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L’orientamento automatico dell’attenzione viene innestato dallo stimolo dei segnali transienti
→ indizi endogeni (perché risiedono al di fuori della persona) innestano un orientamento
dell’attenzione indipendente dalla volontà.
L’orientamento automatico ci permette di adattarci all’ambiente che è in continuo
cambiamento attraverso i segnali transienti, ci permette di rilevare eventi ambientali imprevisti
e potenzialmente interessanti (es. Cecità al cambiamento), non può essere interrotto, non
dipende dalle aspettative, Non è soggetto da interferenza da “risorse”
L’orientamento volontario permette di scegliere gli eventi ambientali che ci interessano e/o che
sono utili per i nostri scopi.
PARADIGMA DEL VISUAL CUEING: orientamento volontario
È importante sottolineare la differenza tra guardare e vedere. Quando noi muoviamo la nostra
attenzione abbiamo 2 modalità per esplorare: 1 -> muoviamo gli occhi ( movimento oculare ->
ORIENTAMENTO MANIFESTO O COVERT); 2 -> esplorare l’ambiente senza muovere gli occhi
prestando comunque attenzione a ciò che succede nella periferia del campo visivo ( “ guardare con
la coda dell’occhio). L’attenzione non coincide con il senso della vista. Questa seconda modalità è
piu’ difficile da capire perché noi stiamo fermi con i nostri occhi. Attraverso la modalità implicita
viene studiata la percezione visiva indipendentemente dai cambiamenti che dipendono l’acuità
visiva.
Nella fovea, l’acuità visiva è maggiore ( perché ci sono tati recettori). Se io muovo gli occhi faccio
in modo che il mio oggetto d’interesse cada proprio lì, nel punto piu’ sensibile della retina.
Queste due abilità possono essere dissociate. Una delle metafore che la psicologia cognitiva fa
largo uso per studiare i processi cognitivi è quella di un fascio di luce che può modificare il proprio
fuoco, illuminando aree diverse dell’ambiente. Utilizzando questa metafora, le domande poste
ai ricercatori sono:
Questo fuoco della lente ha un fuoco con dei confini netti oppure no ? oppure confini a
gradiente ? (ci sarà una parte centrale di fuoco dove l’oggetto è messo a fuoco e poi ci sarà
un gradiente con una minore concentrazione all’esterno. Per questa ragione si parla di
attenzione focale oppure si parla di attenzione diffusa dove il focus ha un raggio molto
ampio. -> non tutti gli oggetti presenti nel campo percettivo saranno percepiti a livello
attentivo allo stesso modo.
2. Orientamento automatico dell’attenzione → indizi endogeni che guidano ed innescano un
orientamento dell’attenzione di natura automatica. Perché l’orientamento automatico è
importante? Perché ci permette di adattarci all’ambiente. E’ fondamentale perchè ci permette di
rilevare cambiamenti imprevisti. Se ci sono tanti segnali si verifica il fenomento della cecità al
cambiamento. L’orientamento automatico non può essere interrotto nel breve periodo. Se non
succede nulla di interessante nell’ambiente, volontariamente possiamo prestare attenzione da
un’altra parte. Non è soggetto ad interferenza da risorse.
L’orientamento volontario dipende da noi.
ORIENTAMENTO IMPLICITO -→ quando riceviamo un’istruzione, si studia allertando la persona
presentando un segnale prima della comparsa dello stimolo a cui si deve rispondere. Prima che
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ti presenti lo stimolo a cui devi rispondere, prima presento un suggerimento che mi dovrebbe
allertare e che da lì a poco potrebbe comparire una determinata cosa. Qual è il vantaggio ??? che
pongo già l’attenzione prima. Sei io uso come variabile dipendente il tempo di risposta, vuol dire
che io sarò molto piu’ veloce una volta che mi comparirà il target.
RICERCA VISIVA → nella ricerca visiva c’è per forza uno spostamento degli occhi ( è
fondamentale ). È vero che io posso elaborare delle informazioni con gli occhi, ma ci sono aspetti
dell’elaborazione che risultano molto difficili.
PARADIGMA DEL VISUAL CUEING
Una condizione valida in cui il bersaglio compare all’interno del box indicato dalla freccia ( una
condizione neutra quando il segnale non dà nessun tipo di info spaziale; condizione invalida in
cui il target compare nel box opposto a quello indicato dalla freccia. Cosa ci aspettiamo di trovare
in termini di tempi di reazione ? i tempi di reazione dovrebbero essere piu’ veloci nelle prove
valide rispetto a quelle invalide e quelle neutre si trovano piu’ o meno a metà.
Nelle prove neutre la mia attenzione è distribuita e non viene focalizzata, rimane quindi
distribuita.
Le caratteristiche dell’orientamento volontario:
-
Intenzionale
Soa
Minore rapidità di comparsa dell’effetto di facilitazione attentiva
Maggiore durata dell’effetto
Nel caso dell’orientamento volontario si riesce a mantenere l’attenzione ( ci mette di piu’ ad
orientarsi, ma una volta orientata l’attenzione rimane in una particolare posizione dello spazio
per maggior tempo).
L’orientamento automatico ha un impianto del tutto analogo, solo che sta volta non ci sarà un
indizio indogeni che indica la probabilità di comparsa dello stimolo, questa volta ci dovrà essere
un segnale esogeno, cambia qualcosa nell’ambiente -> viene presentato in uno dei due box. Sta
volta non si può parlare di validità del segnale, ma si parla di congruenza spaziale tra la posizione
del segnale transiente e dello stimolo target- se i miei tempi di reazione sono piu’ veloci, questo
mi dice che tu voglia o no la tua attenzione è andata lì. Nell’orientamento automatico
l’attenzione viene chiamata dal segnale esogeno. Sarò piu’ veloce nelle prove incongruenti.
L’orientamento automatico ha caratteristiche diverse:
a. Soa : con soa molto brevi l’orientamento dell’attenzione è + veloce, ma per contro
l’effetto dura molto meno. Evento saliente (flash, suono) alla periferia del campo visivo
“cattura” l’attenzione (segnale esogeno).
b. Rapidità di comparsa dell’effetto di facilitazione.
c. Breve durata dell’effetto = dopo 200 ms dalla comparsa dell’evento saliente TR rallentati
quando il target compare nella stessa posizione dell’evento saliente. Si è trovato un
fenomeno che non c’è normalmente nell’orientamento volontario: l’inibizione di ritorno
IOR → è un fenomeno paradossale per il quale se passano più di 200 millisecondi tra
quando viene presentato il segnale esogeno a quando viene presentato il bersaglio nella
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stessa posizione spaziale, i tempi di reazione sono piu’ lenti -> se non succede nulla in quel
tempo è un sacco di tempo, la mia attenzione passa a vedere altri aspetti e posizioni. Ogni
operazione richiede tempo e infatti tutto il paradigma di Posner indaga sul tempo!
Nelle condizioni valide: un segnale indica la
posizione in cui effettivamente compare lo
stimolo bersaglio (target).
Nelle condizioni neutre: il segnale che precede
la comparsa del target (es. X) non indica
nessuna posizione, ed il target ha uguale
probabilità di comparire in ciascuna posizione.
Nelle condizioni invalide: il target compare in
una posizione diversa da quella indicata dal
segnale. Ai soggetti è chiesto di non muovere
gli occhi e di mantenere la fissazione al centro.
La conoscenza della posizione in cui comparirà lo stimolo rilevante migliora la prestazione e l’elaborazione
dell’informazione dei segnali che si verranno a trovare in quella posizione.
Effetto di facilitazione attentiva: Maggiore velocità ed accuratezza di risposta; Abbassamento della soglia
sensoriale per la posizione segnalata
Le misure utilizzate: TR semplice (solo rilevamento dello stimolo). TR di scelta (discriminazione dello stimolo).
L’orientamento automatico e quello volontario dipendono da meccanismi diversi, ma non completamente
indipendenti tra loro. Interazione tra fattori automatici e volontari
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I PROCESSI ATTENTIVI – la ricerca visiva
La nostra attenzione solitamente si sposta in un ambiente molto più ricco di stimoli
Es. Cercare un posto al cinema/ Cercare un amico tra la folla /Cercare la propria auto in un parcheggio
Cosa guida la nostra attenzione in questi casi? Es. Il colore dell’auto può guidare la ricerca della nostra auto
Quando la nostra ricerca sarà facile e quando sarà difficile?
Perché un compito di ricerca è facile o difficile?
La ricerca è efficiente (“facile”) quando si basa su alcune caratteriste base di un oggetto:
Colore, Orientamento, Grandezza, Movimento
La ricerca è difficoltosa quando bisogna combinare due o più caratteristiche che definiscono
l’oggetto che stiamo cercando
Le congiunzioni illusorie sono combinazioni casuali (sbagliate) di due caratteristiche presenti
in una scena che possono verificarsi in assenza di attenzione o quando l’attenzione focale opera
in condizioni difficili. Es. Una X rossa quando lo stimolo contiene lettere rosse e lettere X, ma
NON lettere X di colore non presente nel display
Compito guardare velocemente la figura : Leggi prima le cifre nere Leggi le lettere e dimmi il colore
Risultati: ~30% delle prove, T verde oppure O rossa, oppure X blu anche se
questi elementi non sono presenti. Questo perché vengono combinate erroneamente le
caratteristiche → errori di cattiva combinazione
⇒ Errore di combinazione (scambio), non inventa mai caratteristiche.
Può succedere di leggere su un flacone “cera cotta per liquido” invece che “cera liquida per cotto”
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Problema del Binding
L’espressione “binding problem” è stata introdotta per indicare le difficoltà che si possono
verificare nel selezionare quelle risposte che vengono evocate da un singolo oggetto percettivo.
Qual è il ruolo dell’attenzione nel selezionare e combinare informazioni molteplici o complesse?
Teoria dell’integrazione delle caratteristiche (FIT)
Come avviene l’elaborazione e la selezione degli oggetti?
Due stadi: 1-Stadio pre-attentivo elabora in parallelo e separatamente gli attributicaratteristiche degli oggetti (es. colore, orientamento, ecc..) di una scena. Ogni caratteristica
viene codificata in una mappa mentale dedicata, senza l’intervento dell’attenzione
2- Nel secondo stadio, per costruire il percetto degli oggetti, il sistema deve mettere insieme le
info relative alle varie caratteristiche di ogni singolo oggetto. Dato che ogni oggetto occupa una
posizione spaziale, le sue caratteristiche sono distribuite nelle varie mappe, ma in posizioni
spaziali corrispondenti. Per “unire” queste informazioni è necessaria l’attenzione che viene
spostata da posizione a posizione, e quindi da oggetto a oggetto
2- Stadio attentivo che combina queste caratteristiche in un percetto unitario – l’oggetto
L’attenzione (focalizzata) è necessaria per combinare correttamente gli attributi degli oggetti (le
caratteristiche che definiscono ciò che stiamo cercando) Essa opera in modo seriale spostandosi
e orientandosi sui vari stimoli che occupano diverse posizioni nello spazio (nel campo visivo).
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IPOTESI: Se è possibile utilizzare una singola mappa (ricerca basata su una singola caratteristica),
la ricerca è “facile” e il bersaglio salta subito all’occhio. Se l’oggetto da ricercare è definito da
più caratteristiche (es. orientamento e colore) occorre combinare le info di più mappe (quella del
colore e quella dell’orientamento).
Es. barretta rossa che si sposta → 3 mappe: colore, forma e movimento. Le caratteristiche
occupano tutte la stessa direzione spaziale. L’attenzione focalizzandosi su quella posizione
integra le 3 mappe portando a riconoscere che si tratta di un barretta rossa che si muove
secondo quella direzione.
La ricerca è facile quando è possibile usare una sola mappa per trovare il bersaglio perché non è
necessario usare l’attenzione.
Quando il bersaglio si offre senza sforzo (pop out) il tempo non cambia in base al numero di
distrattori (set size). → Caratteristica pre-attentiva
Al contrario nel secondo caso il tempo cambia in base al numero di elementi distrattori.
Prove a favore della FIT: Effetto asimmetria bersaglio/distrattore
La ricerca per un target in base alla presenza di una feature tra distrattori con assenza di quella
feature è facile perché il target è identificabile utilizzando un’unica caratteristica.
Nel secondo caso, invece, il target è identificabile per la combinazione di due caratteristiche
(presenza del cerchio e assenza del trattino).
In questo caso devono quindi essere passate in rassegna le varie posizioni occupate dagli
oggetti combinando le info nelle due mappe (quella che rappresenta i cerchietti e quella che
rappresenta i trattini).
RIASSUMENDO
Nel caso degli oggetti e della ricerca visiva, l’attenzione focale oltre a selezionare l’informazione
sulla posizione spaziale, combina insieme le caratteristiche (attributi) che definiscono un oggetto
permettendo così l’identificazione l’oggetto stesso. La rappresentazione dell’oggetto così
formata può essere usata per guidare la ricerca dell’oggetto nel campo visivo.
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PROCESSI ATTENTIVI – L’attenzione divisa
[ ottavo pacchetto di slide]
Per attenzione divisa intendiamo la capacità che noi abbiamo di prestare attenzione ad
eseguire compiti contemporaneamente e di allocare risorse attentive disponibili per il loro
coordinamento. Si studia presentando almeno due stimoli contemporanei con l’indicazione che
occorre considerare e rispondere a tutti gli stimoli e non ad uno solo (attenzione focale) - elabora
tutti gli input.
Lo studio della attenzione divisa ci dà delle informazioni riguardanti l’indicazione sui meccanismi
attenzionali e le loro capacità
Da un punto di vista della vita di tutti i giorni ci troviamo a fare più azioni contemporaneamente
-> perseguiamo degli scopi multipli. Alcune volte fare due cose assieme risulta semplice, altre
volte no → PERCHE’???
1. Una fonte di interferenza è di tipo strutturale -> e si verifica tutte quelle volte che per
eseguire due compiti sono richiesti due stessi effettori ( esempio non posso masticare e
parlare assieme).
2. Fonte di interferenza di natura centrale -> riguardano sempre l’aspetto dell’esecuzione
della risposta.
Aree associate a compiti di natura diversa c’è una minore interferenza rispetto a quando due
compiti richiedono l’accesso per lo stesso tipo di risorsa. (difficoltà che abbiamo nel ripetere una
frase e contare mentalmente a ritroso = abilità analoghe).
Se un processo è di natura automatica non richiederà nessuna risorsa di tipo attentiva.
Sapere se si riescono a svolgere due compiti assieme è importante
Che cosa misura il paradigma del doppio compito?
-
L’interferenza strutturale
L’interferenza delle risorse attentive
PROCEDURA
1. Condizione in cui si chiede di svolgere contemporaneamente due compiti (T1 e T2)
2. Svolgere solo uno dei due compiti ( T1- baseline)
RISULTATI
Le prestazioni migliori si hanno solo quando si fa un compito. Il secondo compito porta via delle
risorse allo svolgimento del primo. Se non c’è una diversità significativa, vuol dire che almeno
uno dei due compiti non ha bisogni di troppe risorse attentive.
Guidare ed usare il cellulare -> sono stati fatti degli studi appunto per la sicurezza alla guida.
Quando utilizziamo il paradigma del doppio compito, da un punto di vista applicativo studio
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quanto è il carico di lavoro mentale. Uno dei primi studi fatti nel 2001, è stato quello di applicare
in laboratorio il paradigma del doppio compito con un simulatore di guida.
Questi autori fanno questo studio facendo diversi esperimenti:
1 esperimento -> lo scopo era quello di capire se l’interferenza fosse di natura periferica (
strutturale) -> l’interferenza strutturale che si verifica è il tenere in mano il cellulare mentre si
guida ( tenere con una mano il cell e con l’altra il volante fa subire una interferenza di tipo
strutturale ➔ uso quindi l’auricolare oppure il vivavoce. Il vivavoce e il cellulare tolgono l’uso
degli effettori.
2 esperimento -> semplificano al massimo la situa di guida e simulano in laboratorio la situazione
di un compito analogo alla conversazione. Chiedono semplicemente di tenere il tracciato(
veriabile dipendente ) – variabile indipendente 1. Carico mentale richiesto per lo svolgimento di
compiti. Vengono create due situazioni a. guidare e ripetere ad alta voce le parole che venivano
somministrate b. produzione di parole ( esempio sentivano dalle cuffie g e dovevano dire una
parola a riguardo). L’altro aspetto che vanno a variare sono le condizioni ambientali ( asfalto
asciutto e bagnato)
➔ Situazione ambientale semplice ( shadowing)- nessuna differenza
➔ Situazione ambientale difficile – aumenta il n. degli errori
Nelle due condizioni di dual task in difficult course ( condizioni atmosferiche avverse) si hanno
delle differenze significative peggiorative soprattutto durante la situazione di generation
Parlare al telefono e guidare mi richiedono tante risorse attentive -> il mio impegno mentale nella
conversazione è piuttosto sostenuto. Nella situazione di generation si simula una conversazione
reale. La situazione di ripetizione di parole invece ( che come abbiamo visto non inferisce sulla
guida), è assimilabile ad ascoltare la radio in macchina.
AUTOMATICITA’ -> non tutte le attenzioni richiedono attenzione! Ci sono delle azioni che non ce
ne rendiamo manco conto, elaborate senza sforzo cognitivo, cioè viene svolta in maniera
automatica. Questi aspetti sono ciò che ci fanno sentire piu’ sicuri -> tuttavia se non elaboriamo
l’imprevisto, nel momento in cui questo accade, non sono in grado di rispondere in maniera
adeguata. Ecco perché la guida deve essere sempre sotto il controllo attentivo. L’automatismo
ci sgrava dallo sforzo cognitivo. Per effetto di compatibilità spaziale, io per esempio vedo gli
oggetti e li identifico in modo automatico-> processi automatici.
Le azioni abituali sono controllate da processi automatici che non richiedono (o richiedono
poche) risorse attentive (modalità di controllo automatica) Tuttavia, è necessario un sistema di
controllo che ci permetta di:
1. Coordinare le componenti automatiche d’elaborazione
2. Bloccare l’esecuzione di azioni potenzialmente interferenti
Esiste un sistema di controllo volontario (interno al soggetto) in grado di esercitare questo
controllo esecutivo
Processi automatici ( caratteristiche)
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-
Esecuzione rapida e fluida
No risorse attentive
Non coinvolgono la memoria di lavoro
È inconsapevole, ma per contro sono anche molto difficili da modificare. Va bene in una
situa standard, ma il processo automatico nel momento in cui ho l’imprevisto si cade in
errore.
Elaborazione controllata
-
Elaborazione lenta, richiede tempo
Soggetta ai limiti della memoria lavoro
Vengono portati a termine non in parallelo come nei processi automatici, ma in serie (
elaborazione seriale )
ERRORI ATTENTIVI
Slips = errori di cattura in cui l’esecuzione di una certa azione non è voluta, ma è catturata da
effetti automatici/automatizzati. Esempio banale (cambiamo casa, l’interruttore della luce è
posto in una posizione diversa nellla casa nuova, io lo vado sempre a cercare nello stesso posto
della casa vecchia). l’azione era diventata di routine. Noi svolgiamo un’azione anche se non è
voluta.
Effetto di compatibilità spaziale stimolo-risposta (S-R): consiste in una maggiore velocità di
risposta nelle condizioni compatibili ( quando è richiesta una risposta omo-laterale allo stimolo)
rispetto alle condizioni incompatibili ( quando è richiesta una condizione contro laterale allo
stimolo). →quando i codici dello stimolo-risposta non coincidono, il codice dello stimolo deve
essere tradotto in un codice di risposta differente ( dx-sin), questa ri-codifica rallenta i tempi di
risposta. Se dobbiamo rispondere con il tasto di sin per dire che uno stimolo è presentato a sin è
piu’ facile che se il tasto è collocato a dx ( effetto di compatibilità spaziale).
Effetto simon : il sogetto collocato davanti a 6 riquadri, 3 a dx e 3 a sin nei quali appaiono in
maniera casuale un quadrato o un rettangolo, deve premere il pulsante di sinistra quando appare
il quadrato e quello di destra quando appare il rettangolo. E’ stato verificato che i tempi di
reazione sono piu’ rapidi quando la posizione dello stimolo e la posizione della risposta
coincidono ( condizione corrispondente) rispetto a quando non coincidono ( condizione non
corrispondente) → quindi → una caratteristica non rilevante dello stimolo ( pos. Spaziale) ha
effetti sulla risposta ad una rilevante ( la forma)
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Effetto stroop=Il soggetto è collocato di fronte alle parole Si testa l’automaticità della lettura
giallo verde blu -> il compito è quello di rispondere non a livello semantico, ma a livello del colore(
si testa l’automaticità della lettura). Da questo test si è osservato che i tempi sono
significativamente ridotti per gli stimoli congruenti ( ES.verde).
RIASSUMENDO
La nostra prestazione si basa su processi controllati ed automatici, migliora con la pratica, dipende dal
grado di automatizzazione, dalla quantità di risorse attentive richiesta dai diversi compiti
LA DIREZIONE DELLO SGUARDO ALTRUI E L’ATTENZIONE
CONGIUNTA
[nono pacchetto di slide]
LO SGUARDO
Lo sguardo rappresenta un importante mezzo comunicativo, in quanto esso ha un ruolo
prioritario nelle interazioni sociali e nella loro regolazione Nella vita di tutti i giorni guardare a
qualcosa equivale spesso a prestarvi attenzione
Perché lo sguardo è uno stimolo significativo?
Quando vediamo qualcuno guardare improvvisamente da una parte, ci ritroviamo spesso anche
noi a guardare (Gaze following), e quindi anche a prestare attenzione nella stessa direzione.
Questo comportamento è conosciuto come Attenzione congiunta.
Orientamento automatico e volontario
Orientamento Volontario:
Intenzionale – indizi centrali (es. Frecce)
Minore rapidità di comparsa dell’effetto di facilitazione ( effetto prodotto dalla presenza di altre
persone per cui sono maggiormente portato ad adempiere il compito perché in un qualche modo
mi sento controllato)
Maggiore durata dell’effetto
Orientamento Automatico
Evento saliente (flash, suono) alla periferia del campo visivo “cattura” l’attenzione (segnale
esogeno).
Rapidità di comparsa dell’effetto di facilitazione.
Breve durata dell’effetto
E’ presente l’inibizione di ritorno (IOR) = Dopo 200 ms dalla comparsa dell’evento saliente TR
rallentati quando il target compare nella stessa posizione dell’evento saliente
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SGUARDO E ORIENTAMENTO OVERT DELL’ATTENZIONE VISIVA
Stretto legame tra movimenti oculari ed orientamento dell’attenzione.
Esiste una relazione altrettanto stretta tra la percezione della direzione dello sguardo altrui e
l’orientamento manifesto (overt) dell’attenzione? Esiste una tendenza a seguire
involontariamente i movimenti oculari degli altri?
Se sì, uno stimolo sguardo distraente presentato nel campo visivo di un osservatore dovrebbe
interferire e far modificare il proprio comportamento oculomotorio
Se esiste una tendenza ad inseguire involontariamente lo sguardo altrui allora, ci si può aspettare
una violazione dell’istruzione e l’esecuzione di una saccade nella stessa direzione dello sguardo
distraente. Se poi l’effetto è specifico per lo sguardo, questi si dovrebbe manifestare in misura
minore se come distrattori vengono usati stimoli simbolici
Lo sguardo sembra essere uno stimolo “impossibile” o difficile da ignorare. Pur non essendo un
segnale transiente (esogeno) la direzione dello sguardo orienta e richiama l’attenzione in
maniera automatica e riflessa, (attenzione congiunta o sociale).
La direzione dello sguardo (ed i segnali biologici), sono indizi importanti per determinare la
direzione dell’attenzione altrui. Sapere dove l’altro sta prestando attenzione ci fornisce
informazioni importanti per l’adattamento e la sopravvivenza. Percepire la direzione dello
sguardo è funzionale ad orientare congiuntamente la propria attenzione. Ciò porta alla
condivisione degli stati attenzionali, condizione che permette di comprendere le intenzioni e gli
scopi degli altri
Quanto è davvero automatico l’orientamento congiunto dell’attenzione? Esistono degli effetti
modulatori? E’ possibile un’influenza di fattori contestuali, come per es. la finalità (“goal”) del
movimento oculare osservato, su questo comportamento di inseguimento dello sguardo?
È stato dimostrato che JA ( joint attention – attenzione congiunta) è sensibile ai segnali facciali
diversi dalla direzione dello sguardo, come per esempio la somiglianza facciale, la mascolinità.
Questo sta a suggerire che JA dipende in parte dal tipo di persona che stiamo guardando.
L’età agisce come uno stimolo automatico o guidato di categorizzazione dove vengono
rapidamente estratte le caratteristiche facciali delle persone. Può dare avvio al Own-Age Bias
(OAB), ovvero la superiorità delle abilità di elaborazione per i volti della propria fascia di età
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Visto che JA stabilisce un collegamento tra lo spettatore e l’osservatore, abbiamo ipotizzato che
la somiglianza percepita trasmessa dall’età del viso, può rendere l’altra persona particolarmente
rilevante all’osservatore, tanto da orientarne lo sguardo.
I processi cognitivi, come l’orientamento dell’attenzione spaziale, possono essere influenzati
da variabili che veicolano informazioni sociali e da caratteristiche individuali.
RIASSUMENDO
Esiste nell’osservatore una tendenza involontaria a orientare la propria attenzione e a seguire con il
proprio sguardo lo sguardo altrui come se la direzione dello sguardo fornisse un “suggerimento” a cui
non siamo in grado di resistere. Ciò porta ad un orientamento automatico od involontario
dell’attenzione sia “covert” che “overt” nella stessa direzione, tale orientamento sembra avere delle
caratteristiche peculiari e può essere modulato da diversi fattori, sia contestuali che sociali.
L’orientamento congiunto dell’attenzione è influenzato da alcuni fattori socio-cognitivi complessi su cui
si basa l’identificazione sociale. Esiste, quindi, un ruolo modulatorio dell’info sociale sull’attenzione
congiunta. L'attenzione non è un processo isolato all'interno dell'individuo, ma comprende meccanismi
altamente dinamici e flessibili che possono essere distribuiti tra gli individui.
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EMOZIONI
[decimo pacchetto di slide]
Sono parti integranti della nostra vita, ma che cos’è un’emozione ???
La psicologia ingenua dà una definizione di emozione →
-
Russel dice che tutti sanno che cos’è un’emozione, ma è un qualcosa di difficile da definire,
tanto che sembra che nessuno sappia cosa sia.
E’ uno Stato d’animo, sentimento, umore, affetto.
Diamo una definizione: le emozioni sono risposte complesse che sono messe in atto a
risposta agli eventi. Le emozioni sono caratterizzate sia da vissuti soggettivi che una risposta
di tipo biologico-fisiologico. Sono risposte molto intense, ma brevi -> temporalmente
circoscritte. Il significato che noi diamo a un’emozione dipende da diversi fattori che sono
spesso legati sia all’esperienza che a vissuti soggettivi. Le emozioni dipendono dal
significato che si attribuiscono agli stimoli, e tale attribuzione di significato è perlopiù
soggettiva e modulata dall’esperienza.
Nel definire le emozioni dobbiamo fare delle distinzioni:
1. Stati d’animo
2. L’umore
3. Sentimento
1.Lo stato d’animo e 2.l’umore hanno una durata maggiore, ma una bassa intensità.
Questi costrutti si originano da eventi molto meno definiti e sono poco identificabili (
decorso temporale meno definito. Hanno meno a che fare con l’azione )
3. i sentimenti sono piu’ duraturi e anche questi sono meno circoscritti rispetto alle
emozioni. Sono rivolti agli eventi o a una specifica classe di oggetto in un modo stabile.
Si provano di solito sentimenti verso qualcuno o qualcosa.
L’affetto è un qualcosa di ancora piu’ generico, usato per indicare il carattere non
cognitivo ( e quindi affettivo)può essere sia di natura positiva che negativa degli eventi
che danno luogo alle emozioni.
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Quando si studiano le emozioni si fanno delle domande:
1- Quali sono le componenti delle emozioni? → le emozioni sono risposte complesse
perché non sono unidimensionali, sono processi multifattoriali e le componenti delle
emozioni sono 3 :
1-> componente neurofisiologica (quando proviamo un’emozione alteriamo una
risposta del sistema nervosi e a livello ormonale. Esempio → arrossire (viene
richiamato all’interno del volto una quantità di sangue maggiore) , battito cardiaco,
sudorazione →l ’emozione consiste in cambiamenti relativi ai processi biochimici
2-> componente espressiva ( cambiamo la nostra espressione facciale)
3-> componente soggettiva e/o cognitiva che riguarda noi, il come mi sento, il
vissuto personale in quel momento. Lo stato emotivo è rappresentato da
cambiamenti nell’esperienza o consapevolezza soggettiva della situazione,
nonché nella consapevolezza di alcune delle risposte fisiologiche ed espressive di
cui s’è avuta esperienza.
2- Qual è la funzione delle emozioni ?
Una delle funzioni è che le emozioni comunicano( attraverso le emozioni noi
creiamo/ interrompiamo delle relazioni con gli altri), ma ci permettono anche di
sopravvivere. La prima persona che ha studiato le emozioni è stato Darwin che ha
studiato proprio le emozioni espresse vedendole come un’evoluzione della specie
per sopravvivere. Per esempio se io sono arrabbiato, un modo per esprimere la
rabbia è quello di digrignare i denti ( questo comportamento lo possiamo notare
anche sui cani) -> th. psicoevoluzionistiche.
Le emozioni hanno un valore motivazionale -> di solito a un’emozione segue un
comportamento, le emozioni spesso motivano il ns comportamento ( ciò che dà la
spinta e dirige il ns comportamento) → se io provo paura, reagirò in un determinato
modo.
Le emozioni hanno una natura sociale -> se non fossimo esseri sociali, non avremmo nemmeno
bisogno di comunicare qualcosa. → oggi nelle faccine aggiungiamo un connotato emotivo in
caso manchi una comunicazione vis à vis
3- Quanti tipi di emozioni esistono?
EKMAN (1994) dice che l’esperienza emotiva umana è riconducibile a una famiglia di emozioni di
base che sono implicate nella gestione delle emozioni che sono legate alla sopravvivenza
dell’individuo e quindi anche della specie.
1.
Sorpresa
2.
Rabbia
3.
Tristezza
4.
Disgusto
5.
Paura
6.
Gioia
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Ogni famiglia è costituita da un tema comune, biologicamente radicato in programmi di risposta
innati, e da numerose variazioni, che derivano dall’esperienza e dalle influenze culturali. In realtà
esiste una varietà molto più numerosa di espressioni emotive (espressioni complesse o
secondarie). Secondo Ekman, tutte le altre emozioni sarebbero per la maggior parte una
mescolanza o una variazione di queste sei espressioni facciali primarie
EKMAN dice che ci sono anche delle emozioni secondarie che sono quelle che maggiormente
risentono dei processi appresi e sono delle emozioni di piu’difficile lettura (come l’imbarazzo,
vergogna). Per secondarie non intendiamo come “ meno importanti”, sono una variazione e una
mescolanza delle emozioni primarie. Ci sono diversi modi per misurarle → chiedere a una persona
che emozioni ha vissuto (resoconti verbali o autovalutazioni ) oppure uso il differenziale semantico.
Poi ci sono degli indici comportamentali, la postura, bio- segnali ( attività che registra i cambiamenti
a livello psico-fisiologico→conduttanza cutanea> aumento della sudorazione o meno della mano. +
siamo attivati, l’elettrodo misura la resistenza che la pelle ha rispetto a piccoli segnali elettrici )
4- Come si esprimono e come si riconoscono le emozioni?
EKMAN asserisce che ogni emozione di base sia regolata allo specifico programma
affettivo generato dal sistema nervoso che si è evoluto nel tempo per consentire a noi di
adattarci. Ogni famiglia di emozioni di base ha un pattern specifico di attivazione
muscolare. Le configurazioni facciali si caratterizzano per convogliare un pattern che
ricorda delle configurazioni di tipo unitario. Le configurazioni espressive facciali per
manifestare le emozioni sono: gestalt unitarie ; universalmente condivise;
sostanzialmente fisse ;di natura categoriale ; specifiche per ogni emozione;
controllate da specifici e distinti programmi neuromotori innati →Dunque,
invariabilità culturale delle espressioni facciali delle emozioni e universalità della loro
produzione e riconoscimento. Queste espressioni sono sempre fisse e quindi di natura
categoriale, possono essere classificate e controllate da programmi neuromotori.
Espressioni universali = cioè espresse nello stesso identico modo indipendentemente da
dove sono nato e dal mio vissuto. → Ekman e Friesen hanno effettuato delle
osservazioni inter-culturali in cui venivano confrontati soggetti occidentali (americani)
ed individui appartenenti ad una tribù isolata della Nuova Guinea.
Inoltre, furono registrati dei videotapes delle espressioni facciali spontanee degli
individui appartenenti alla tribù e vennero in seguito sottoposti alla valutazione di
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studenti universitari americani. La concordanza fra il giudizio degli osservatori delle
immagini e le emozioni osservate ed espresso dal gruppo originale era molto ampia
(tranne che per alcune emozioni miste, come la paura legata alla sorpresa).
Alle stesse emozioni corrispondono simili od uguali movimenti dei muscoli del viso e,
viceversa, le stesse espressioni facciali ricevono da parte di qualunque soggetto della
specie umana analoghe interpretazioni emotive
A volte però non è opportuno far capire agli altri ciò che proviamo, abbiamo cioè la
necessità di nascondere o celare le nostre emozioni (Es. Il baro a poker) Oppure
possiamo avere la necessità di esagerare nella nostra manifestazione emotiva per
essere sicuri che gli altri si accorgano di come ci sentiamo (Es. Manifestazione di
dolore ai funerali)
In entrambi i casi la situazione sociale (il contesto) influenza il modo in cui esprimiamo
un’emozione che abbiamo visto ha delle basi innate. Nel primo caso viene
mascherata, nel secondo caso viene esagerata (modulazione). Oppure possiamo
simulare un’emozione, anche se non la proviamo, semplicemente perché è
appropriato farlo in un determinato contesto. In ogni caso seguiamo delle regole di
esibizione. Delle regole cioè che stabiliscono le situazioni in cui dovremmo o non
dovremmo manifestare i segni di una particolare emozione.
EKMAN : sistema di codifica delle emozioni FACS →questo sistema ha catalogato in
maniera molto minuziosa e precisa i singoli movimenti muscolari definiti UNITA’ DI
AZIONI -> ogni unità di azione è codificata da un numero e da un nome. Questo in campo
legale è utile per capire chi mente per esempio ( simulatori di emozioni ). Ci sono delle
caratteristiche nelle emozioni simulate che permettono di scoprire il simulatore. Oggi
sappiamo che abbiamo un controllo scarso nelle emozioni sincere, inoltre queste sono
molto + simmetriche, la durata delle espressioni fasulle è molto breve perché non riesco
a controllarle, + lunga l’espressione è difficilmente questa è falsa, anche la fluidità ci
permette di scovare le emozioni vere dalle false ( non fluide, a scatti).
Scoprire le espressioni ingannevoli
Morfologia: alcuni muscoli sono scarsamente controllabili dalla persona.
Simmetria: le espressioni sincere sono più simmetriche di quelle insincere.
Durata: più lunga o più breve nelle espressioni false di quella caratteristica delle
espressioni sincere (da 1 a 5 secondi)
Pattern temporale: più fluido e graduale nelle espressioni sincere.
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ATTIVAZIONE DELLE EMOZIONI
Manipolazione tramite stimoli attivanti: film, foto, suoni, parole possono suscitare stati emotivi
differenti
Emozioni e memoria
Il ricordo di eventi che hanno una connotazione emotiva importanti sono difficili da
scordare. Questo è stato dimostrato da numerosi studi, in uno studio di Hueur e
Reisberg (1992) venivano mostrate delle serie di immagini che rappresentavano una
quasi storia. I partecipanti in seguito dovevano riferire i dettagli delle immagini.
E il ricordo di eventi traumatici o con forte impatto emotivo?
Le emozioni possono determinare modifiche dei nostri ricordi in entrambe le direzioni: Il
ricordo è più disponibile e più vivido; Più difficile da recuperare e più offuscato. La valenza
emozionale può determinare la vividezza o la recuperabilità del ricordo, ma i processi di
ricostruzione e distorsione sono attivi.
EMOZIONI E ATTENZIONE
L’emozioni facilitino l’orientamento dell’attenzione è il caso del compito «trova la
faccia nella folla» I partecipanti devono trovare uno stimolo tra dei distrattori. Volti
con espressioni emotive o neutre
Quando le facce bersaglio esprimo rabbia i partecipanti presentano tempi di risposta
più brevi rispetto a quando sono neutri. Gli stessi effetti si hanno anche con altri
stimoli negativi come ragni o serpenti collocati in mezzo a stimoli neutri. Questo
effetto prende il nome di valenza asimmetrica: l’aumento dell’attenzione è presente
di fronte a stimoli negativi e non positivi.
Ohman (2001) sostiene che gli stimoli negativi e gli stimoli emotivi in generale
vengano elaborati in modo prioritario rispetto ad altri stimoli senza che
intervengano i processi attentivi.
5- Che cosa causa un’emozione? -> teorie sulle emozioni
(Es. la vista di orso feroce vi fa paura? Come descrivereste il processo che vi porta
a sentire paura?)
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La teoria di James-Lange parte dal presupposto che l’emozione sia un riflesso
soggettivo della modificazione che avvengono a livello somaticofisiologico. Stimoli emotigeni
suscitano specifiche variazioni viscerali e comportamentali, da cui consegue l’esperienza
emotiva, che dipende completamente dal feedback autonomo e somatico. Per questo motivo è
anche conosciuta come teoria “periferica”.
Cannon (1927) criticò la teoria di James-Lange sostenendo che i cambiamenti corporei
associati agli stati emotivi hanno luogo troppo lentamente per poter essere la causa delle
emozioni. Per es., quando l’orso sbuca all’improvviso da dietro un albero si ha
immediatamente paura; questo processo sarebbe troppo veloce per poter essere un sottoprodotto delle reazioni fisiologiche.
Inoltre, molte delle alterazioni fisiologiche che accompagnano un’ emozione (es. aumento del
battito cardiaco) possono essere prodotte da altri stati (come per es. la fatica) a cui non è
associata necessariamente una specifica esperienza emotiva. Alcuni cambiamenti del SNA (es.
la secrezione gastrica che diminuisce nella paura) sono difficili da rilevare introspettivamente.
Non sono stati riscontrati tanti pattern di attivazione fisiologica quante sono le emozioni che
possiamo sperimentare
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TEORIA DI CANNON BARD
Cannon, e successivamente Bard (1934) proposero che uno stimolo generatore di emozioni
produca sia cambiamenti fisiologici, sia, separatamente e simultaneamente, l’esperienza
soggettiva dell’emozione
TEORIE COGNITIVISTE
Secondo i cognitivisti gli stimoli non sono dotati di un significato emotivo intrinseco, ma lo
assumono “a seguito” dei processi cognitivi di valutazione che vengono messi in atto dalla
persona.
TEORIA DI SCHACHTER E SINGER (1962)
La teoria bifattoriale. Secondo questa teoria sono necessarie sia una risposta fisiologica, sia
un’interpretazione cognitiva di quella risposta per poter generare l’emozione. Percezione, espressione
(attivazione fisiologica) ed esperienza soggettiva si influenzano vicendevolmente.
In condizione di attivazione fisiologica, se interpretiamo
quella attivazione in termini di rabbia, ci sentiamo
arrabbiati. Ma se invece l’interpretiamo in termini di
paura, ci sentiamo impauriti. Un cambiamento
dell’attivazione fisiologica - la moneta che inserite nel
juke-box - mette in moto il processo, fornendo ad esso
l’energia. Ma il motivo suonato - l’emozione provata dipende da quale tasto viene premuto (cioè da quale
interpretazione viene data all’attivazione).
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RIASSUMENDO
Le emozioni sono un fenomeno complesso e possono essere classificate in modo diverso.
Comprendono diverse componenti e sono accompagnate da reazioni fisiologiche.
Secondo la teoria di James-Lange l’emozione coincide con l’attivazione fisiologica.
Secondo la teoria di Cannon-Bard l’attivazione fisiologica e l’emozione sono processi distinti e
paralleli.
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