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DEWEY FONTI

DEWEY-LE FONTI DI UNA
SCIENZA DELL'EDUCAZIONE
Pedagogia
Università degli Studi di Napoli Federico II
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DEWEY: le fonti di una scienza dell’educazione.
1.. Il termine PEDAGOGIA, dopo la seconda metà del secolo scorso, verrà di nuovo usato con istante
innovative da ricostruire sulla base di un confronto con le scienze dell’educazione.
Dagli anni 80 questo termine assume 3 compiti:
1. Raccordare
2. Coordinare
3. Orientare i sapere dell’educazione
La pedagogia non rinnega la dimensione empirica delle scienze dell’educazione, ma se ne allontana grazie
allo sguardo filosofico che la consente di usare strumenti autoriflessivi e filosofici. Lo statuto epistemologico
della pedagogia è quello di SAPERE COMPRENSIVO E UNITARIO, un sapere riflessivo, descrittivo ed
interpretativo che tende ai campi della formazione, ma rinuncia a ruoli normativi e di orientamento che sono
vicini alla filosofia.
La pedagogia generale: ha l’obiettivo euristico di comprensione e chiarimento dell’educazione.
La pedagogia sociale: ha l’obiettivo di precisare i rapporti tra educazione e società su diversi piani e livelli.
La pedagogia è l’istituzione scientifica e accademica sviluppata come teoria, ma non si è mai confusa con la
prativa.
L’educazione, invece, è il complesso di pratiche. La ricerca educativa è una pratica euristica e come
dispositivo di formazione che consente ai vari attori di acquisire nuove conoscenze e competenze di ordine
teorico e metodologico.
In un approccio come quello di Dewey è proprio la centralità dell’attività riflessiva che apre la possibilità di
incorporare l’uso di mezzi e materiali distinguendo i mezzi dai fini.
2.. Tutte le interpretazioni dell’opera di Dewey sono state orientate verso una visione della relazione tra
teoria e pratica in educazione.
Uno dei più celebri a svolgere un ruolo importante nella scienza pedagogia è DE BARTOLOMEIS, egli
sottolinea che dalla proposta di Dewey non può derivare nessun rischio che l’educazione possa perdere
l’autonomia. De Bartolomeis da molta importanza al carattere oscillante del pensiero di Dewey sui rapporti
tra filosofia e scienza, perché mentre ne sottolineava l’autonomia dell’educazione in quanto pratica, poi non
si soffermava mai sulla scienza dell’educazione, cioè quella chiamata che gli anglosassoni chiamato
PEDAGOGIA. Ma De Bartolomeis apprezza Dewey perché difende l’atto educativo dalla tendenza di farne
una funzione derivata, ma afferma anche che Dewey parla più di fonti di una scienza dell’educazione che
della stessa scienza dell’educazione la quale può costruirsi come ponte tra le scienze pure, che per Dewey
sono una delle fonti, e la pratica educativa, ovvero le scienze applicate.
Il progetto di Dewey continuò però ad essere criticato in quanto ritenuto troppo ambizioso per ottenere
risultati apprezzabili e inoltre sembra che il suo modo di vedere la scienza dell’educazione sia più come un
luogo della professionalità in cui solo la scienza dell’educazione può prendere vita.
Il filo conduttore del pensiero di Dewey è il CONCETTO DI INDAGINE, che sta alla base della sua teoria
della conoscenza.
Una scienza dell’educazione non è una scienza speciale, ma un calare dell’indagine scientifica che
corrisponde ai contenuti e forme che l’ambito dell’educazione richiede.
Nell’ottica dello strumentalismo, Dewey afferma che la costruzione di conoscenza è opera del pensiero
riflessivo. Nel definire l’attività di pensiero si sofferma su 3 ordini di significati possibili:
1. il venire in mente qualunque cosa che conosciamo
2. l’essere attenti su qualcosa che non conosciamo
3. il giudicare vera una cosa sulla base di un’evidenza o una prova
l’essere attenti a qualcosa che non conosciamo ed il giudicare sulla base di una prova sono accomunati dalla
presenza dei sensi e separate dal significato che si da alla giustificazione, perché nel secondo caso è possibile
inventare storie fantastiche e usare l’immaginazione, nel terzo caso invece il pensiero ha una forma riflessiva
quindi non accetta il semplice fatto, ma ha bisogno che ci siano delle prove su ciò che viene raccontato.
Tra il pensiero quotidiano e quello scientifico la differenza si ha sul grado di sistematicità, lo schema del
processo è identico e sono identici anche i passaggi del pensiero riflessivo, cioè:
a. senso di difficoltà
b. la sua definizione e localizzazione
c. ipotesi di possibile soluzione
d. sviluppo del ragionamento
e. ulteriore osservazione ed esperimento che conferma o contraddice l’ipotesi iniziale
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è un procedimento INDUTTIVO, ABDUTTIVO e DEDUTTIVO nello stesso tempo.
Ogni inferenza è il momento della costruzione dell’ipotesi e in essa è raccolta tutta la forza creativa del
pensiero.
Il pensiero riflessivo, cioè l’attività di pensiero che comprende l’inferenza e il giudizio, non è creativo. Il tipo
di conoscenza che Dewey sostiene è l’ INDAGINE SPERIMENTALE che sostiene essere una maniera di
agire che si effettua in un determinato momento, in un determinato luogo e in condizioni specifiche in
connessione con un problema ben specifico.
Dal punto di vista dello strumentalismo di Dewey le idee appaiono come progetti di operazioni possibili,
emergono dal bisogno di operare per cambiare una situazione problematica e avanzano su una linea di
formalizzazione per poter consentire una visione sempre meno vincolata alle specificità dei casi empirici
dell’osservazione. Queste idee nascono dalla ossia dalla ricerca, che ha come risultato la separazione tra
conoscenza e azione, tra teorie e pratiche. Ogni indagine riflessiva nasce da un problema che si evolve fino
ad essere poi risolto solo traducendo il materiale nuovo ed estraneo alla situazione stessa.
Il soggetto che ha conoscenza è considerato il professionista/operatore competente (es: medico). Il
ricercatore per risolvere il problema interviene manipolando la situazione sperimentalmente con l’obiettivo
di riconoscerla in un nuovo ordine.
CAPITOLO 1
EDUCAZIONE COME SCIENZA: Alcuni circoscrivono il termine scienza dell’educazione nell’ambito
della matematica, mentre altri la eliminano profondamente alla luce della definizione, dall’ambito delle
scienze. Infatti il concetto di scienza è moto ampio: scienza vuol dire l’esistenza di i sistematici metodi di
indagine che, quando sono applicati ad una serie di fatti, fanno in modo di capirli meglio e di controllarli in
modo più intelligente. Esiste una tecnica individuale grazie alla quale le scoperte e le organizzazioni di
materiale aiutano il ricercatore ad ampliare le ricerche degli altri, confermandole o no, cosicché i metodi
usati vengano perfezionati.
Nessuna autentica scienza è fatta di conclusioni isolate e non nasce fin quando non sono tenute insieme le
diverse scoperte in modo coerente.
EDUCAZIONE COME ARTE: il secondo punto di vista che si cerca di far valere è che l’educazione rientri
nell’arte che incorpora sempre più scienza. Dewey afferma che in un conflitto tra educazione come arte ed
educazione come scienza, si sarebbe schierato dalla parte dell’arte.
Nell’educazione l’osservatore/sperimentatore di qualunque campo riduce le sue scoperte ad una regola da
adottare in modo uniforme, in questo modo si avrà un risultato criticabile che allontana l’educazione come
arte e ciò dipende dall’allontanamento dal metodo scientifico.
Nel momento in cui la pratica adottata viene trasformata in una norma, questa ci dice così come bisogna
agire, di conseguenza diventa una regola empirica per la pratica. I principali fattori che determinano
l’educazione nella sua tradizione empirica sono la TRADIZIONE, la RIPRODUZIONE PER IMITAZIONE
e le DOTI DEGLI INSEGNANTI. Il successo dell’insegnamento attraverso l’adozione di procedure viene
valutato su indicatore come l’ordine nella classe, l’esatta ripetizione della lezione da parte degli alunni, la
promozione alle classi successive ecc..
ESPERIENZA E ATRAZIONE: non c’è scienza senza astrazione, cioè che certe occorrenza sono trasferite
dall’esperienza pratica all’indagine riflessiva e teorica. Il fatto di voler conseguire subito un obiettivo
rappresenta un limite per l’indagine scientifica perché limita l’attenzione e spinge a notare solo gli oggetti
che sono direttamente connessi con quello che si vuole ottenere, per questo la scienza ha l’obiettivo diciamo
di andare oltre, di creare traguardi sempre più ampi e per costruire teorie allontanandosi momentaneamente
dai bisogni pratici. C’è infatti la tendenza a trasformare i risultati di indagini statistiche in regole, facendo
mancare quel lento e graduale sviluppo delle teorie della vera scienza per il desiderio di mostrare che
l’approccio scientifico è valido, quindi si tende a trasformare la conclusione scientifica in una regola ed in un
modello. Ad esempio è stato scoperto che le ragazze tra gli 11 e i 14 anni maturano più velocemente rispetto
ai ragazzi della stessa età; si ricava così l’inferenza che i due sessi debbano restare separati ai fini
dell’educazione.. in questo modo si trasforma quindi una scoperta intellettuale in una regola per la pratica
scolastica. Ogni indagine che si conclude è particolare, perché se si hanno ad esempio una quantità crescente
e varia di risultati, si cerca di creare un punto di vista o un campo di osservazione più ampio. Diverse
scoperte scientifiche hanno effetto cumulativo e si rafforzano tra loro, anche influenzandosi, portando poi
con il tempo alla scoperta di principi che collegano insieme una serie di fatti che apparivano diversi. Questi
principi sono chiamati LEGGI e i fatti che sono seguiti formato un sistema, quindi una scienza. L’operatore
che conosce il sistema e le sue leggi è in possesso di un potente strumento per osservare ed interpretare ciò
che accade davanti a lui. Siccome però lui ha un livello di comprensione più approfondito, riuscirà a cogliere
anche le conseguenze nascoste agli occhi. I suoi rapporti con la pratica sono flessibili in quanto vedendo le
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relazioni, vede più possibilità e si libera dal bisogno di seguire la tradizione in questo modo arricchisce la sua
pratica di giudizio e ha una più ampia gamma di alternative tra cui scegliere per affrontare le situazioni.
CAPITOLO 2
La scienza dell’educazione non può essere costruita semplicemente prendendo in prestito dalla fisica le
tecniche dell’esperimento e della misurazione, ciò potrebbe accadere solo per definire i fenomeni mentali o
psicologici in termini di unità di spazio, tempo, movimento e massa. Ma c’è tendenza comunque a supporre
che si sta trovando il materiale di una scienza dell’educazione solo perché si prendono in prestito delle
tecniche di scienze più mature. Non ci si può però aspettare che da un’aspirante scienza ai primi esperimenti
abbia dei risultati senza significato generale.
CAPITOLO 3
LEGGI vs REGOLE:il valore delle leggi e dei fatti sta nel dare all’educatore strumenti intellettuali. Ad
esempio un fabbricante di vernici prova ad utilizzare i dati ottenuti in laboratorio chimico che mostrano una
discrepanza da 20 al 200% da quelli avuti in fabbrica, questa differenza come prima reazione potrebbero
portare il fabbricante a pensare che non siano di nessuna utilità questi risultati. Ma poi la divergenza diventa
uno stimolo per osservare le condizioni che influenzano il risultato e quindi poteranno il fabbricante sarà
sempre più spinto a modificare le proprie procedure esecutivo per migliorare la sua pratica. Questo esempio
sta nel fatto che se il fabbricante avesse assunto quei risultati come regole, avrebbe eseguito il processo
sempre allo stesso suo modo, senza migliorare lo spreco e quindi sarebbe stato amareggiato da quei risultati.
I risultati scientifici formano una regola per la conduzione delle osservazioni e delle indagini, ma non una
regola per l’ordine da eseguire. Svolgono la loro funzione indirettamente sulla pratica e sugli esiti attraverso
la mediazione di un atteggiamento mentale modificato.
SVILUPPO DI ATTEGGIAMENTI SCIENTIFICI:La storia e la filosofia apprese nella scuola di formazione
consistono nel chiarimento che ci da all’osservazione e al giudizio delle situazioni reali. In qualche caso gli
studenti non vedono magari connessione tra ciò che hanno imparato e la situazione scolastica e invece di
cercare di ricavare una regola da quello che hanno appreso, dovrebbero contare sul loro giudizio. Quindi il
valore di un insegnamento formale sta nell’effetto sulla formazione di attitudini personali di osservazione e
di giudizio.
FONTI vs CONTENUTO:Bisogna distinguere i contenuti scientifici dalle fonti della scienza dell’educazione
perché questi potrebbero essere confusi. La realtà della scienza educativa non si trova nei libri o nei
laboratori ma nelle menti di coloro che si sono impegnati a dirigere le attività educative, altrimenti non sarà
scienza dell’educazione, ma sociologia, psicologia, statistica ecc..
I PROCESSI EDUCATIVI COME FONTE: le pratiche educative frniscono dati e contenuti che formano i
problemi di ricerca. Queste pratiche educative sono:
• la prova di valore: decisiva per i risultati di tutte le ricerche
• attività educative: che mettono alla prova la validità dei risultati della scienza
La pratica è inizio e fine:
Inizio perché la pratica definisce i problemi che danno il contenuto della scienza dell’educazione quando è
focalizzato sui problemi che si presentano nell’educazione.
Fine perché soltanto la pratica può controllare e modificare le conclusioni delle ricerche.
ESEMPIO TRATTO DALL’INGEGNERIA: lo sviluppo della scienza ingegneristica è un esempio in quanto
prima che ci fosse la scienza matematica e fisica, l’uomo costruiva i ponti, fino ad arrivare alla possibilità di
costruire ponti in maniera più efficiente, con metodi nuovi e capacità che i metodi tradizionali non offrivano.
La costruzione di ponti pone problemi che richiedono di essere affrontati teoricamente e sono occupati dalla
matematica e dalla meccanica. Ma i loro risultati vengono comunque messi alla prova, per essere verificati
acquisendo nuovo materiale che apre nuovi problemi. Esiste una scienza della costruzione dei ponti, cioè un
corpo di materiali scientifici indipendenti, matematica e meccanica, da cui si possono selezionare delle parti
organizzate per determinare una soluzione pratica ed efficace per le difficoltà della costruzione di ponti,
sebbene la costruzione sia un’arte e non una scienza. Ma la meccanica e la matematica non sono scienze
della costruzione dei ponti, lo diventano quando alcune loro parti selezionate vengono focalizzate sui
problemi che si presentano in quell’ambito.
UNA SCIENZA DELL’EDUCAZIONE NON DIPENDENTE: le pratiche educative forniscono il materiale
che pone i problemi di questa scienza ed è il materiale tratto da altre scienze che fornisce il contenuto della
scienza dell’educazione.
ESEMPI TRATTI DALLE MISURAZIONI: l’uso delle misurazioni può usare come guida per l’intelligenza
dei docenti. Si è notato che ci sono diversi tipi di insegnanti: quelli stimolanti e quelli demotivanti. Inoltre è
stato osservato che l’effetto stimolante è seguito da un’indifferenza poi degli studenti. Infatti, in certe classi
in determinati orari del giorni, i ragazzi lavorano particolarmente male. Su questa situazione si da peso alla
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base empirica che pone il problema sul riscaldamento. Non è l’educazione, ma la psicologia e la chimica a
cui bisogna rivolgersi. La difficoltà può comunque essere utile per correggere degli atteggiamenti, ma in ogni
caso sarà netta la differenza tra insegnanti che si limitano a mettere in pratica certe regole per ridurre il
riscaldamento e l’insegnante che compie queste azioni sulla base dell’osservazione e la comprensione
personale.
LE FONTI SCIENTIFICHE DELL’EDUCAZIONE: possiamo quindi definire la pratica educativa come una
sorta di INGEGNERIA SOCIALE, che come arte è molto più arretrata rispetto all’INGEGNERIA FISICA.
La questione più importante è che le scienze a cui collegare il contenuto scientifico, quindi il lavoro del
professionista, sono arretrate di quelle dell’ingegneria. Ciò porta a pensare che i problemi che nascono dalle
pratiche educative devono essere viste come spinte per orientare le scienze umane verso canali più fruttuosi,
vantaggiosi e utili, mentre l’indifferenza spinge verso la routine nelle scuole. Riconoscere quest’arretratezza
è sia una protezione che uno stimolo perché in questo modo non si tende a usare i risultati immaturi o ad
introdurre pratiche immature che potrebbero produrre effetto contrario a quello desiderato.
LA SCIENZA DA TAVOLINO: il tavolino può essere un ottimo posto per produrre il pensiero nato nella
mente e che ha bisogno di una certa quantità di laboratorio. C’è bisogno di una connessione tra pratica sul
campo e attività di ricerca. I ricercatori che lavorano in connessione con i sistemi scolastici possono essere
troppo vicini ai problemi pratici e i professori universitari possono essere troppo lontani da essi per poter
garantire dei risultati migliori. In questo modo i primi rischiano di essere imprigionati nei dettagli dei
problemi invece di fare un buon lavoro;Il professore universitario invece rischia di occuparsi di questioni
piuttosto banali per una sorta di hobby e tuttavia pretendere che le sue teorie siano prese in considerazione
per chi opera invece seriamente sul campo. Senza una connessione tra pratica e ricerca, il ricercatore non può
comprendere realmente la soluzione e applicarla bene perché una soluzione può solo essere valida per
difficoltà più artificiali mentre fallirà nelle situazioni più complesse, addirittura potrebbe aggravarla.
ESEMPI TRATTI DA RELAZIONI SCOLASTICHE:il valore di ogni passo della ricerca è profondamente
condizionato dai dati disponibili, non si deve esagerare a sottolineare l’importanza qualitativa e quantitativa
di questi. Le relazioni richieste e prodotte forniscono i dati per successive ricerche e conclusioni, che
rendono necessario il fatto di non dover essere meccanicamente standardizzate, ma devono dare spazio al
cambiamento, altrimenti restano fisse nei propri schemi.
IL DOCENTE COME RICERCATORE: Il ruolo degli operatori non si ferma nell’attività di raccolta dei dati
e delle documentazioni, ma è necessario un flusso costante dei resoconti. I contributi che potrebbero arrivare
dagli insegnanti spesso sono trascurati o inutilizzati. Spesso si ritiene che non abbiano una preparazione
adeguata per collaborare in modo efficace. Questa critica sembra però essere eccessiva poiché questi
insegnanti comunque sono i soli a essere a diretto contatto con gli studenti e quindi sono gli unici attraverso
i quali i risultati delle scoperte scientifiche vengono trasmessi. Ma se gli insegnanti restano solo canali di
ricezione e trasmissione, le conclusioni scientifiche saranno poi distorte prima di arrivare agli alunni. Questa
è la causa principale, secondo Dewey, per cui si trasforma una scoperta scientifica in regole da applicare.
NESSUN CONTENUTO INTRINSECO PER LA SCIENZA DELL’EDUCAZIONE: molti professori
universitari di altri settori non prendono seriamente la complessità dell’impegno educativo, ma la
considerano futile e senza un serio significato. Il fatto che la scienza dell’educazione non abbia un contenuto
propriamente suo, comporta l’isolamento della ricerca che porta a renderla poi futile. Mentre anche il solo
presupposto che possa averne, porta ad un isolamento che la rende però un mistero per le altre professioni
più alte. L’isolamento porta a spiegare la tendenza ad affrontare questioni senza basi sufficienti nelle
discipline non pedagogiche a cui bisogna arrivare aggrappandosi a tecniche scientifiche particolari.
FONTI SPECIALI: nonostante l’ampiezza e l’indeterminatezza della scienza dell’educazione, hanno
contenuti scientifici la cui posizione privilegiata è occupata dalla psicologia e sociologia, ma rientra nelle
fonti anche la filosofia. Per questo ci sono comunque opinioni contrastanti: chi la vede come disciplina che
analizza in modo critico le premesse delle scienze specialistiche, o chi la vede come disciplina che va verso
la scomparsa. Dewey pensa che siano veritiere entrambe le opinioni e che però l’unica distinzione è che LA
SCIENZA HA COME BASE LA SPECIFICITA’, mentre LA FILOSOFIA INVECE E’ GENERALIZZATA.
Ma queste sono legate da una relazione di reciprocità, l’una alimenta l’altra.
ESEMPI: l’influenza della filosofia come fonte della scienza è stata complessivamente benefica. Nelle
ipotesi della fisica di Galileo e Newton però troviamo effetti postumi risalenti alle prime filosofia che sono
stati di pregiudizio e che la scienza ha dovuto eliminare con fatica. Ma resta comunque il fatto che la mene
umana funziona in questo modo.
LE IPOTESI: le ipotesi formano un ordine, cioè le scale, che va da quelle più generali a quelle più
specifiche. Quelle più generali influenzano la più specifica. Questa differenza però non viene più calcolata
perché le ipotesi più generale è incorporata in quella specifica che poi finisce per essere dimenticata. La
filosofia è una fonte della scienza dell0educazione perché fornisce ipotesi di lavoro ampie, che devono essere
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messe alla prova e verificate mentre sono usate per suggerire ed orientare il lavoro dell’osservazione e
comprensione. La scienza dell’educazione è una fase sperimentale dato che non ha leggi proprie. Questa
sperimentazione le da l’iniziale bisogno di ipotesi più ampie di natura filosofica che non devono essere
trattate scientificamente perché altrimenti si rischia di togliere il carattere ipotetico.
LO SCOPO DELLA FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE: si è detto che la filosofia si occupa di definire i
FINI dell’educazione, mentre la scienza dell’educazione ne determina i MEZZI da usare. Questo porterebbe
ad equivoci sulla relazione tra filosofia e pratica.
L’esperienza educativa mentre pone i problemi, mette alla prova, modifica ed arriva a delle conclusioni
dell’indagine.
La filosofia dell’educazione occupa una posizione strumentale, gli obiettivi realmente raggiunti vengono
esaminati e la loro rilevanza viene stimata alla luce del quadro generale dei valori.
Il materiale empirico per evitare che la filosofia diventi fantasiosa è fornito dai fini e dai valori che nascono
nei processi educativi.
I contributi riguardano:
• L’ORIZZONTE: quando questo viene ampliato al fine di considerare occulte conseguenze
collaterali, allora si fa filosofia.
• LA LIBERTA’: è necessaria perché in ogni settore c’è l’operatore professionista che ha il rischio di
essere limitato dalla routine ed essere schiavo delle abitudini. Il risultato importante allora è
l’emancipazione. Questo tipo di liberazione non è efficace se resta solo nella mente, ma deve essere
messo nella pratica d’azione e consiste nel rendere capaci gli operatori di andare avanti nelle loro
attività con libertà.
• L’INVENZIONE CREATIVA: chiamata anche immaginazione costruttiva, consiste nel suggerire
nuovi fini, nuovi metodi e nuovi mezzi, così da dare liberazione alla mente. Le idee sono
suggerimenti per attività nuove, quindi per esperimenti da tentare.
MEZZI E FINI: non bisogna però considerarli separatamente. I fini sono quelli che non possono essere
realizzati, quindi sono “fini”solo per nome. Infatti devono essere inquadrati in relazione ai mezzi disponibili.
Mentre i mezzi indicano quelli a portata di mano, accettati perché sono già di uso comune. Il problema più
importante non è quello di perfezionare mezzi già disponibili, piuttosto è di inventarne di nuovi, cioè altri
mezzi che producano conseguenze, fini qualitativamente diversi e non altri metodi per raggiungere
velocemente dei fini già condivisi.
LA PSICOLOGIA: sarebbe connessa a come gli allievi imparano, mentre le scienze sociali si relazionano a
cosa imparano. Se rimarchiamo la stessa distinzione tra processi di apprendimento, quindi psicologia, e
contenuti, quindi scienze sociali, si arriva a trascurare l’impatto che ciò che viene studiato ha sullo sviluppo
dell’allievo. Dewey dice però che entrambi devono essere presi insieme e non separati, che le decisioni sul
come e sul cosa devono essere intrecciate tra loro.
VALORI QUALIFICATIVI vs VALORI QUANTITATIVI: ciò che si può misurare è qualcosa di specifico
che viene poi isolato in quanto l’attività in laboratorio richiede un controllo delle condizioni che porta al
massimo isolamento di pochi fattori dalle restanti variabili. In base a ciò che si può stabilire tenendo escluse
queste altre variabili stabiliscono la semplicità di un risultato che è limitata appunto dall’esclusione di altre
variabili. LE VARIABILI IN GIOCO SONO MOLTISSIME. La determinatezza quantitativamente esatta
presuppone ripetibilità, quindi non possono far fronte alle situazioni affrontate ad esempio dall’educatore e
genitore in quanto sono situazioni che non si ripetono. Queste contribuiscono a far funzionare meglio le
pratiche delle materie ma non servono per questioni più ampie perché possono rischiare di distrarre
l’attenzione. Dalla psicologia sociale ci si aspetta un grande contributo, come dalla psichiatria e dalla
biologia. Per la biologia bisogna dire che non è una scienza proprio quantitativa e potrebbe solo fare danni
nel tentativo di costruire un contenuto scientifico che trascuri le scienze biologiche.
ESEMPIO TRATTO DALLA PSICOLOGIA STIMOLO-RISPOSTA: contiene grande valore ma si tende ad
interpretarla isolando un suo aspetto particolare, cioè quello centrato sui meccanismi delle azioni riflesse.
Pertanto l’idea della connessione stimolo-risposta viene attribuito con carattere meccanico, invece che
flessibile e funzionale.
ESEMPIO TRATTO DALLA PSICHIATRIA: ha dimostrato che gli arresti nello sviluppo e gli atteggiamenti
patologici sono dovuti alle reazioni che l’associazione con atteggiamenti precedenti esercita sulla formazione
di atteggiamenti e sulla loro conseguenza evolutiva. Tant’è vero che è stato dimostrato che atteggiamenti
emotivi come la paura dei bambini sono influenzati durante lo sviluppo. Quando poi le patologie esplodono
spesso vengono attribuite a fattori psicologici innati, quando in realtà la maggior parte di esse sono
produzioni indotte che hanno la loro causa nell’impostazione delle relazioni in qualche contatto sociale.
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LA SOCIOLOGIA: Dewey la definisce come tutte le discipline sociali. Ciò che riguarda la sociologia sono
gli STRUMENTI SOCIALI, ad esempio la competenza linguistica, aritmetica ecc. queste abilità sono viste
come strumenti perché vengono abituate ad essere definite le parti più formali del curriculu, infatti la
differenza tra materie del curriculo e strumentalità sociale sta nel GRADO, sono ritenuti formali quelle
abilità separate dal contenuto sociale e sono utilizzabili nella prospettiva del futuro e non nel momento in cui
vengono apprese. L’altro punto relativo al contributo della sociologia ad una scienza dell’educazione
riguarda la determinazione dei valori e degli obiettivi.
VALORI EDUCATIVI: L’educazione è autonoma e deve essere libera di definire i propri fini ed è sbagliato
pensare che le condizioni sociali fissano gli obiettivi. Ma fin quando gli educatori non saranno così
coraggiosi da ribadire che i fini della formazione devono essere realizzati nel processo educativo, non
avranno mai la reale consapevolezza della loro funzione e non avranno rispetto, ma non è l’educatore che
deve stabilire i fini perché sì sono parte del processo, ma non sono il processo stesso. Bisogna osservare il
valore per giudicarlo e coglierne i risultati, non bisogna cercarlo però nelle fonti esterne per avere una
finalità perché altrimenti si ignora il senso dell’educazione. La società mette a disposizione il materia per
giudicare gli effetti dell’educazione sui destinatari e non esistono però obiettivi fissi e rigidi infatti
nell’insegnamento, ogni giornata deve dare la capacità al docente di ripensare e migliorare gli aspetti degli
obiettivi che sono stati già raggiunti. Conoscere gli obiettivi verso cui si sta andando e i risultati raggiunti
rende gli educatori della società più prudenti nella loro attività e li stimola a migliorare la comprensione di
ciò che sta succedendo così che possano guardare avanti. Questo tipo di conoscenze funziona attraverso le
loro idee e giudizi altrimenti non è scienza educativa ma informazione sociologica.
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