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la rivoluzione francese

LA RIVOLUZIONE FRANCESE
LA SITUAZIONE ECONOMICA E SOCIALE:
In Francia, alla fine del Settecento, l’economia era ancora essenzialmente agricola e
arretrata e la maggior parte delle terre era in mano ai nobile e al clero, che imponevano ai
contadini percentuali sul raccolto e la corvèes (prestazioni dovute al signore,
generalmente consistenti in alcune giornate di lavoro gratuite; sono obblighi ancora legati
al diritto feudale).
Le idee dell’Illuminismo, che grazie al dispotismo illuminato avevano realizzato molte
riforme in molti paesi europei, in Francia non ebbero alcuna attuazione e tutto era rimasto
uguale.
Bisogna inoltre considerare che c’era una conflittualità che contrapponeva le classi sociali
francesi, chiamate STATI:
•
il PRIMO STATO è il clero (0.5% della popolazione);
•
il SECONDO STATO è la nobiltà (1.5% della popolazione);
•
il TERZO STATO è il popolo (98% della popolazione).
All’interno di ogni stato ci sono poi ulteriori divisioni.
Il clero è diviso in:
1. alto clero: di origine aristocratica, aveva gli stessi diritti della nobiltà (quindi, per
esempio, non pagava le tasse), aveva grandissime proprietà terriere su cui
pretendeva le corvèes e le prestazioni di lavoro gratuite. Disponeva inoltre delle
decime, ossia della decima parte del raccolto che doveva essere obbligatoriamente
versata alle chiese e ai conventi;
2. basso clero: di origine popolare, viveva nelle parrocchie di campagna,
conducendo una vita non molto diversa da quella dei contadini, di cui condivideva i
desideri.
La nobiltà è divisa in:
1. nobiltà di spada: sono i membri delle antiche casate nobili di Francia, di origine
feudale. Questi nobili erano stati ridotti al rango di semplici Luigi XIV (il Re Sole),
ma avevano mantenuto grandi privilegi sociali ed economici: non pagavano le
tasse, erano loro riservati i più alti gradi dell’esercito (perciò un borghese non
poteva diventare, per esempio, generale, ma un nobile sì) e non potevano subire
processi dai tribunali “normali”; in più in campagna questi nobili godevano ancora di
antichi privilegi feudali: potevano amministrare la giustizia, pretendere il pagamento
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di pedaggi su strade e ponti, cacciare nelle terre di altri cittadini e soprattutto
potevano pretendere ancora, nelle proprie terre, le corvèes, cioè prestazioni di
lavoro gratuite:
2. nobiltà di toga: erano alti magistrati di origine borghese che avevano ottenuto i
titoli grazie a cariche pubbliche; questi titoli erano spesso anche comprati.
Il terzo stato è costituito da:
1. grande e media borghesia: banchieri, commercianti, professionisti, è una classe
attiva, ricca, aperta alla cultura del secolo e consapevole dei propri diritti;
2. cittadini e contadini: di solito molto poveri.
Il terzo stato era tenuto lontano dalla vita politica e su di esso pesava la maggior parte
delle tasse.
Così veniva rappresentato il rapporto tra i tre Stati: il primo e il
secondo stato sono in piedi su un masso, sotto cui è schiacciato il
terzo stato
LA CRISI FINANZIARIA:
Tra il 1786 e il 1789, la Francia fu colpita da una grave crisi finanziaria. Nel 1788, in
particolare, ci fu una forte carestia1 aggravata, tra l’altro, da un lungo periodo di condizioni
climatiche avverse, che investì le campagne. I contadini abbandonavano dunque i campi
sperando di trovare lavoro in città, dove però finivano per diventare mendicanti,
disoccupati o vagabondi perché le imprese francesi, molto più arretrate di quelle inglesi e
1
Carestia: mancanza o grave insufficienza di derrate alimentari, in seguito a cause naturali (maltempo,
epidemie), guerre o crisi economiche.
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molto meno numerose, erano state rovinate dalla concorrenza delle imprese britanniche.
Questa situazione era aggravata dal dissesto finanziario francese:
•
Luigi XVI, sovrano dal 1774 al 1793, spendeva molto per mantenere la corte e
l’esercito, ma spendeva molto più di quello che incassava, perché la nobiltà e il
clero non pagavano le tasse;
•
la Francia aveva inoltre affrontato diverse guerre in un arco di tempo relativamente
breve: da Luigi XIV, che aveva combattuto in pratica dal 1661 al 1715, passando
per Luigi XV, fino ad arrivare a Luigi XVI, la Francia è perennemente in guerra
(proprio Luigi XVI combatte contro l’Inghilterra a fianco degli insorti americani, dal
1776 al 1783).
Di fronte all’aumento del deficit dello stato diventa necessaria una riforma del sistema
finanziario che tassasse tutte le classi sociali, in base alla ricchezza posseduta da
ogni individuo. Luigi XVI prova a metter in atto questa riforma con tre diversi ministri delle
finanze, che tentano di tassare le classi privilegiate (il clero e la nobiltà); queste due classi
sociali, naturalmente, si oppongono e chiedono la convocazione degli STATI GENERALI,
l’antica assemblea dei rappresentanti dei tre ordini (clero, nobiltà e popolo), non più
convocata dal 1614 e che, secondo la nobiltà e il clero, era l’unico organismo che poteva
approvare una riforma finanziaria.
Ricapitolando, dunque, le cause che portano allo scoppio della rivoluzione francese sono:
1. CAUSE FINANZIARIE: il debito pubblico francese cresce, ma ogni tentativo di
riforma fallisce;
2. CAUSE ECONOMICHE: il settore agricolo e industriale sono colpiti da una grave
crisi che provoca disoccupazione;
3. CAUSE SOCIALI: la società francese risponde ancora a regole vecchie,
incompatibili con la voglia di cambiamento di fine Settecento. La borghesia, in
particolare, è scontenta perché è priva di ritti politici, anche se sostiene la maggior
parte del peso delle imposte;
4. CAUSE POLITICHE: la monarchia francese è ormai debole e impopolare e ha
oppositori in tutti e tre gli ordini sociali.
Luigi XVI e Maria Antonietta, i due sovrani non molto amati né dal
popolo né dalla nobiltà
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I CAHIERS DE DOLÉANCES E LA CONVOCAZIONE DEGLI STATI GENERALI
Dato che sarebbero ben presto stati convocati gli Stati Generali, le assemblee locali
promossero la scrittura di documenti
che esprimessero «le richieste, i
desideri e le suppliche» del popolo
francese. Si tratta di 615 cahiers de
doléances (quaderni di lamentele) che
dovevano fornire agli Stati generali un
materiale informativo sui problemi reali
del popolo francese. La seduta
inaugurale degli Stati Generali si tenne il 5 maggio 1789. Dopo la cerimonia di apertura,
bisognò subito affrontare un problema: nel prendere le decisioni si sarebbe votato per
ordine o per testa? I rappresentanti del Terzo Stato, di poco superiori di numero rispetto
ai rappresentanti degli altri due
ordini presi insieme (578
rappresentanti del Terzo Stato
contro i 291 del clero e i 270 della
nobiltà, per un totale di 561
rappresentanti dei primi due
ordini), chiedevano il voto per
testa, un voto per ogni
rappresentante, per avere così la
maggioranza; i rappresentanti del
clero e della nobiltà volevano
invece che si votasse per ordine, cioè che ogni ordine potesse esprimere un voto: in
questo modo la nobiltà e il clero, che avevano gli stessi interessi, avrebbero votato
insieme contro il Terzo Stato e avrebbero avuto la maggioranza. Si discusse a lungo senza
arrivare a una conclusione; alla fine il Terzo Stato si autoproclamò assemblea nazionale:
questo significava che esso non sarebbe più stato il rappresentante di un solo ordine
sociale, ma di tutta la nazione. Luigi XVI reagì a questa mossa facendo chiudere la sala
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in cui si riunivano gli Stati Generali, ma il Terzo Stato entrò nella sala destinata al gioco
della pallacorda (una sorta di antenato del tennis) e giurarono di non sciogliersi se non
dopo aver dato alla Francia una costituzione (questo episodio è passato alla storia come il
giuramento della pallacorda, 20 giugno 1789). Era una presa di posizione molto forte. Il
re cercò di opporsi a questo fatto ma, di fronte alla fermezza dei rappresentanti del Terzo
Stato, il clero e la nobbiltà finirono con il piegarsi e si unirono ai rappresentanti del popolo.
Gli Stati generali si trasformarono così in Assemblea Nazionale Costituente (9 luglio
1789), un’assemblea di rappresentanti con diritto di voto individuale, che avrebbe dovuto
dare una Costituzione alla Francia.
Il giuramento della pallacorda nel quadro del
celebre pittore francese Jacques Louis David
BIBLIOGRAFIA:
De Vecchi Giorgio, Giovannetti Giorgio, La nostra avventura vol. 2, Pearson 2016
Desideri Antonio, Themelly Mario, Storia e storiografia, vol. 2, Casa editrice G. D’Anna, 1997.
Banti Mario Alberto, L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo, Laterza,
2011.
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