Rivoluzione Francese
Alla fine degli anni ‘80 del XVIII secolo la Francia
attraversata una grave crisi economica: la produzione
agricola era calata, le spese militari viste le numerose
guerre erano aumentate, i costi della corte di
Versailles erano esorbitanti. Il paese inoltre aveva
contratto numerosi debiti: lo stato quindi spendeva
più di quanto incassava con le tasse.
Le tasse infatti ricadevano soltanto sul
Terzo Stato, una classe sociale (98%
della popolazione) che riuniva
persone di condizione differenti:
banchieri, commercianti, artigiani,
contadini, braccianti, mendicanti. Le
varie attività produttive quindi
dipendevano da questa classe sociale
e non avevano alcun tipo di privilegio.
L’aristocrazia e il clero (2% della
popolazione) possedevano grandi
proprietà, non pagavano le tasse,
ricoprivano la cariche più alte dello
stato.
Di fronte alla crisi del paese il re , Luigi XVI, non era in
grado di riformare il sistema visto le forti resistenze
della nobiltà di corte e della stessa moglie, la regina
Maria Antonietta d’Austria: l’unico tentativo fu la
nomina del nuovo ministro delle finanze Jacques
Necker, il quale propose la riduzione delle spese di
corte e l’imposizione di tasse a nobili e clero. La
riforma però fallì.
Il 5 maggio 1789, dopo numerose richieste, il re
convocò presso la reggia di Versailles gli Stati
Generali, l’assemblea che riuniva i rappresentanti di
nobiltà, clero e Terzo Stato. Subito emersero tensioni
e divisioni sul sistema di votazione: nobili e clero
volevano infatti che le decisioni venissero votate per
stato (1 voto per la nobiltà, 1 voto per il clero, 1 voto
per il Terzo Stato).
Gli interessi e i privilegi della nobiltà e del clero quindi
erano difesi visto che le votazioni si sarebbero
concluse 2 a 1. Infatti il Terzo Stato proponeva la
votazione per testa, cioè per persona poiché aveva il
maggior numero di deputati (578) e rappresentava
più del 90% della popolazione francese. In questo
clima di scontro Luigi XVI sciolse l’assemblea degli
Stati Generali, prima ancora che i lavori iniziassero.
I rappresentanti del Terzo Stato allora, insieme con
alcuni deputati del clero e della nobiltà, si riunirono lo
stesso e battezzarono la loro riunione Assemblea
Nazionale. Il re allora fece chiudere la sala dove si
dovevano ritrovare, ma l’Assemblea Nazionale si riunì
nella sala della pallacorda: era il 20 giugno 1789. Il 9
luglio iniziarono i lavori per scrivere una Costituzione.
Luigi XVI radunò l’esercito francese perché voleva
sciogliere con la forza l’Assemblea Nazionale. La
reazione del popolo di Parigi, esasperato dalla
miseria e dal prezzo alto del pane, fu il saccheggio di
armerie e forni e l’assalto della Bastiglia, una fortezza
nel cuore della capitale francese simbolo del potere
assoluto del sovrano: era il 14 luglio 1789.
La rivolta era stata organizzata
da da piccoli commercianti e
artigiani, i Sanculotti. Il
controllo della città fu assunto
da un consiglio rivoluzionario,
la Municipalità, che assunse
come simbolo il tricolore blubianco-rosso. Dopo la presa
della Bastiglia, la rivolta dilagò
in tutta la Francia mentre a
Parigi nasceva la Guardia
Nazionale,
formata
da
volontari armati.
Il 4 agosto 1789 l’Assemblea
Nazionale votò un documento
che aboliva i privilegi feudali
e i titoli nobiliari e il 26
agosto
approvò
la
Dichiarazione
dei
diritti
dell’uomo e del cittadino,
ispirata ai principi illuministici:
tutti gli uomini erano
dichiarati eguali, avevano
libertà di pensiero e di
associazione, si affermava la
sovranità del popolo.
Luigi XVI si oppose a queste decisioni ma la Guardia
Nazionale il 5 ottobre 1789 invase la reggia di
Versailles, sede del sovrano: egli fu costretto a
trasferirsi a Parigi, sotto il controllo del popolo. Nel
giugno 1791 tentò la fuga ma fu bloccato con la
famiglia reale nella città di Varennes per essere
riportato nella capitale.
Nel settembre 1791 l’Assemblea Costituente approvò
la costituzione: essa stabiliva la nascita di una
monarchia costituzionale con la separazione dei
poteri. Il potere legislativo andava al parlamento
eletto dai cittadini, l’Assemblea Legislativa, il potere
esecutivo al re e ai ministri, il potere giudiziario ai
magistrati eletti dal popolo.
Il primo parlamento eletto dai cittadini maschi si
chiamò Assemblea Legislativa: essa era composta da
deputati provenienti dalla borghesia mentre erano
assenti sia aristocratici, sia le classi umili. All’interno
così dell’Assemblea nacquero dei gruppi politici,
circoli di discussione politica a seconda delle idee: i
giacobini (repubblicani e progressisti), i foglianti
(monarchici e conservatori), i cordiglieri (estremisti e
radicali).
Nei paesi europei vicini intanto si era diffusa una forte
paura per la possibile espansione della rivoluzione. Il
20 aprile 1792 la Francia dichiarò guerra all’Austria,
accanto alla quale si schierarono la Prussia e il Regno
di Sardegna. Molti furono i soldati volontari che si
arruolarono nel nuovo esercito francese, il quale
assunse come nuovo inno nazionale la Marsigliese.
L’esercito francese era poco
armato e mal addestrato. Le
sconfitte numerose furono
molto pesanti tanto che i
prussiani entrarono sul
suolo francese.
Dopo le numerose sconfitte il popolo
di Parigi, incitato dai giacobini, il 10
agosto 1792 assalì il palazzo reale: il
re e la famiglia furono arrestati,
nacque un nuovo governo chiamato
Comune rivoluzionario. Si svolsero
così nuove elezioni (votavano solo gli
uomini) per il nuovo parlamento, la
Convenzione nazionale, il 20
settembre
1792:
nacque
ufficialmente la repubblica. Nello
stesso anno le truppe francesi
bloccarono
l’avanzata
austroprussiana a Valmy.
Luigi XVI arrestato e accusato di tradimento fu
condannato a morte dalla Convenzione nazionale: la
sentenza fu eseguita il 21 febbraio 1793 e il sovrano
fu ghigliottinato; la stessa regina Maria Antonietta fu
condannata a morte nell’ottobre 1793. Intanto
l’ostilità con le potenze europee aumentò: nacque
così una prima Coalizione antifrancese (Austria,
Prussia, Gran Bretagna, Spagna, Paesi Bassi, Regno di
Sardegna) mentre nella regione francese della Vandea
scoppiava una rivolta.
Nell’aprile 1793 fu istituto un Tribunale rivoluzionario
che aveva il compito di scovare e arrestare chi era
sospettato di opporsi alla repubblica. Nacque poi il
Comitato di salute pubblica, composto dai tre
deputati giacobini: Georges Danton, Jean-Paul Marat,
Maximilien Robespierre. Esso riorganizzò l’esercito,
bloccò i prezzi dei generi di prima necessità e impose
nuove tasse ai ceti più ricchi.
Il Comitato inoltre approvò la
legge sui sospetti, che autorizzava
qualsiasi cittadino a denunciare
persone sospette di essere ancora
fedeli alla monarchia e contraria
alla rivoluzione: così sulla base di
semplici sospetti venivano fatti
processi
sommari
con
le
condanne
a
morte
alla
ghigliottina. Nel 1793 veniva
inoltre approvata una nuova
costituzione, che stabiliva il
suffragio universale maschile e
l’istruzione obbligatoria gratuita.
Il Comitato di salute pubblica restò
al potere tra il settembre 1793 e il
luglio 1794: questo periodo prende
il nome di Terrore, per sottolineare
il momento più sanguinoso di tutto
il periodo rivoluzionario. In questo
periodo furono arrestati più di
500.000 francesi sospettati di
tradimento, oltre 17.000 furono
ghigliottinati. Inoltre il Comitato
abolì il culto cattolico, decretando
nel maggio 1794 il riconoscimento
di un Essere supremo, una sorta di
nuova divinità.
Robespierre, capo del Comitato, aveva rafforzato il
suo potere personale arrestando e facendo
ghigliottinare anche compagni giacobini: fu così
organizzato un colpo di stato il 27 luglio 1794 durante
il quale fu arrestato e ghigliottinato a sua volta.
Terminava così il Terrore: i borghesi moderati presero
il potere e istituirono il Direttorio, una nuova forma di
governo.