Lo Psicologo, tra l’essere e il fare Problemi di deontologia applicata alla professione psicologica PARTE GENERALE DIVAGAZIONI SULLA DEONTOLOGIA E DINTORNI GIUSNATURALISMO E POSITIVISMO regole del Codice Deontologico appartengono al diritto naturale = diritto positivo o diritto naturale = norme non scritte radicate nella natura al di sopra della volontà del legislatore diritto positivo = norme scritte prodotte dall’uomo negano la dipendenza da una legge naturale più elevata indeterminatezza della concezione giusnaturalistica = arbitrarietà riferimento a propria scala di valori e etica personale interessi e valori del gruppo che detiene il potere diritto positivo non ha fondamenta sufficientemente solide si è sempre cercato di trovare qualcosa che operi come base etica delle norme di condotta maggiori filososi del diritto = giusnaturalisti + positivisti principi naturali tendono a tradursi in norme positive regole imperative non prescindono dal contenuto = realtà storico-sociologica superamento antitesi giusnaturalismo – positivismo = relativismo etico e giuridico = propensione verso un sistema aperto di valori assoluti diritto positivo attuale = regole + principi o regole = norme legislative ordinarie ci dicono come dobbiamo / non dobbiamo / possiamo comportarci in determinate situazioni o principi = norme costituzionali ci danno criteri per prendere posizione quando si determinano situazioni a priori indeterminate o LA “CONTINGENZA” DELLE NORME: “JUSSUM” E “JUSTUM” leggi ci sembrano giuste perchè ci appaiono giuste in un contesto culturale specifico principi dipendono dal contesto culturale l’insieme dei principi culturali rappresenta il senso comune del diritto = condizione per la soluzione dei contrasti per discussione interpretazione delle Costituzioni risente dei cambiamenti culturali e sociali (interpretazione evolutiva) leggi appaiono giuste quando rispecchiano i valori della comunità a cui sono rivolte Codice Deontologico è giusto quando rispecchia il comune sentire della comunità professionale a cui è rivolto regole condivise e accettate da: o gruppo professionale a cui sono dirette o gruppo dei cittadini fruitori dell’opera del professionista fanno parte della comunità umana un sistema di valori superiore deve presiedere alle norme di comportamento Codice Deontologico è valido se concorda con sistema di valori della comunità professionale + comunità dei cittadini se muta il sistema di valori muta deve mutare anche il Codice Deontologico L’EVOLUZIONE DEI DIRITTI E LA GIUSTIZIA INTERNAZIONALE diritti dell’uomo = classe variabile si modifica con il mutarsi di: o condizioni storiche o interessi e mezzi per soddisfarli o strumenti tecnici disponibili 4 generazioni di diritti: I. riguardano le libertà fondamentali del cittadino II. riguardano gli aspetti economici e sociali III. riguardano gli aspetti solidaristici carattere collettivo riguardano i rapporti fra popoli e nazioni non possono prescindere dalla condotta di altri Paesi riguardano la bioetica (chiedersi se c’entrino i diritti delle generazioni precedenti) Stato permissivo per i diritti civili e politici spazio all’iniziatica dei singoli interferisce il meno possibile negli affari privati Stato attivo per i diritti di generazioni successive interviene perché tali diritti siano usufruibili dalla collettività Stato sociale per garantire i diritti fondamentali diritti solidaristici autorità sovranazionali per mediare i rapporti tra gli Stati sovrani rispetto di principi di grado superiore per limitare il Legislatore necessità di dare corpo a regole che riposino su principi = norme positive vissute come universalmente giuste perché funzionali a una corretta convivenza fra uomini e fra popoli IV. VERSO LA COSTRUZIONE DI UN CODICE DEONTOLOGICO esigenze dei processi di professionalizzazione: o regolare la pratica principi morali o disciplinare le condotte standard comportamentali deontologia = prodotto dell’applicazione di norme morali all’attività professionale le deontologie professionali: o esaltano le diversità di ogni singola professione caratteri specifici che la distinguono dalle altre professioni o sono il tentativo di disegnare un modello ideale di professionista da presentare alla società o sono fattori di stabilizzazione della dinamica delle singole professioni concorrono a costruire l’identità del professionista DEONTOLOGIA E ETICA DELLA RESPONSABILITÀ – LE RAGIONI DELLA DEONTOLOGIA: I “VINCOLI AGGIUNTIVI” etica della responsabilità giusto e ingiusto dipendono dalle conseguenze dell’azione evitare mali fisici e dispiaceri morali = evitare l’azione ingiusta due pilastri fondamentali di ogni professione: o competenza = possesso di abilità derivanti da una specifica formazione implica il possesso di determinate teorie della tecnica compiere atti professionali tecnici fondati su basi scientificamente accettate o osservanza di norme di comportamento descrivono liceità o illiceità del professionista necessità di trovare norme specifiche per ogni professione in aggiunte a quelle che vincolano l’intero corpo sociale l’esercizio di una professione comporta una serie di problemi che il professionista si pone sulla correttezza di certi suoi comportamenti non trovano soluzione nelle leggi comuni ulteriori limitazioni alla libertà dello psicologo = obblighi specifici del suo status professionale Codice Deontologico: o = insieme di precetti che attengono alla morale professionale rivolto ai professionisti di quella specifica professione o = carta d’identità della professione definisce un insieme di operatori vincolati da una serie di regole di comportamento GIURIDICITÀ DELLE NORME DI COMPORTAMENTO la natura delle norme deontologiche non si può derivare dai loro contenuti bisogna fare una distinzione tra contenuti e natura delle norme la natura delle norme deontologiche è giuridica, perchè: o traggono origine da precise disposizioni di leggi o la loro violazione comporta precise sanzioni giuridiche previste dalla legge o le sanzioni sono irrogabili solo a seguito di un procedimento disciplinare prima del Consiglio dell’Ordine e poi del Tribunale ordinario la giuridicità delle norme deontologiche è riconosciuta dalla Corte di Cassazione con sentenza 8225/2002 LE LINEE GIUDA DEL CODICE: LE “FINALITÀ” E I QUATTRO IMPERATIVIGUIDA finalità: o tutela del cliente (= persona o ente che entra in relazione con lo psicologo per portargli la sua domanda tesa a soddisfare un suo o altrui bisogo) regole di correttezza professionale fondate sul rapporto di fiducia che intercorre con il professionista o tutela del professionista nei confronti dei colleghi doveri di solidarietà e colleganza o tutela del gruppo professionale regole che attengono a: decoro dignità della professione autonomia obbligo di denunciare l’abusivismo o responsabilità nei confronti della società dovere di usare le conoscenze del comportamento umano per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità imperativi-guida: o meritare la fiducia del cliente lo psicologo può fare solo ciò che viene a vantaggio di chi richiede ed è destinatario della sua prestazione professionale ogni altra utilità o beneficio allo psicologo o a terzi non può contrastare con i vantaggi al committente o utente rapporto con lo psicologo = rapporto professionale fiduciario o possedere una competenza idonea a rispondere alla domanda del cliente obbligo di una formazione adeguata consapevolezza dei limiti del proprio sapere professionale rifiuto di compiere atti che esulino dalla preparazione personale spesso l’incompetenza si risolve nella violazione di una norma deontologica connesso alla fiduciarietà del rapporto professionale o usare con giustizia il proprio potere il rapporto professionale è asimmetrico (detentore di specifiche competenze vs. portatore di un bisogno) regolare la propria condotta professionale secondo: neminem laedere = non causare danno suum cuique tribuere = rispettare la personalità e l’autonomia del cliente non usandolo a proprio vantaggio honeste vivere = mantenere una condotta consona al decoro e alla dignità della professione nei confronti del proprio cliente, dei colleghi e della società o difendere l’autonomia professionale ogni professionista possiede delle competenze specifiche esplicate nella scelta degli strumenti diagnostici e di intervento e nella loro messa in atto la violazione dell’autonomia comporta che gli atti professionali siano eseguiti da chi non ne ha le competenze deontologia: o stabilisce una serie di obblighi che chi non è psicologo non ha o è un elemento fondativo della professione costitutivo dell’identità professionale LA GENESI E LA NATURA DEL CODICE DEONTOLOGICO DELGI PSICOLOGI il Codice di Deontologia è un obbligo discendente dalla legge un Codice scritto dà alle norme disciplinari più precisione e conoscibilità il nostro Codice è stato predisposto dal Consiglio nazionale dell’Ordine e approvato per referendum dalla maggioranza degli psicologi maggior garanzia che le norme di deontologia professionale sono accolte dalla comunità professionale LE SANZIONI DISCIPLINARI sanzioni disciplinari nel caso di violazioni delle regole di deontologia: avvertimento = diffida a non protrarre la condotta scorretta o ricadere nella mancanza commessa o censura = inibizione a esercitare la professione (periodo massimo di un anno) o radiazione = cancellazione dall’Albo espulsione dal gruppo professionale divieto di esercitare l’attività professionale discrezionalità nella determinazione della sanzione disciplinare da infliggere graduazione della pena lasciata all’Organo giudicante difficoltà a definire a priori e con esattezza tutti i parametri in base a cui commisurare la sanzione parametri attengono a: o elementi soggettivi o elementi oggettivi o autonomia dell’Ordine o LA SINTETICITÀ DELLE NORME – IL CASO DELLA “CONFLITTUALITÀ”: IL PROBLEMA DEL SEGRETO PROFESSIONALE: REFERTO E DENUNCIA segreto professionale o codice penale (art. 365): chi opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per cui si deve procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’autorità è punito con multa (non quando il referto espone la persona a procedimento penale) o codice penale (art. 362): dipendenti di ASL o ASO obbligati a denunciare un reato perseguibile d’ufficio di cui si ha notizia nell’esercizio o a causa del servizio, anche se ciò espone la persona assistita a procedimento penale (no responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative) caso di paziente che riferisce violenza carnale dal padre: o compatibile con: fiduciarietà del rapporto psicoterapeuta / paziente? interesse alla tutela psicologica del paziente? o mettendo paziente a conoscenza delle conseguenze delle conseguenze della sua confessione indotto a tacere il fatto? minare rapporto di piena confidenza con il teraperuta? compromettere l’efficacia del trattamento? Codice Deontologico (art. 13): nel caso di obbligo di referto o denuncia lo psicologo deve limitare allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale ai fini della tutela psicologica del soggetto non è compito degli psicologi verificare se i fatti riferiti dal paziente sono realmente accaduti scappatoia di fronte all’obbligo del codice penale o se psicologo apprende dal paziente l’intenzione di commettere un grave reato / suicidio Codice Deontologico (art. 13): fuori dall’obbligo di referto o denuncia lo psicologo deve valutare con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria riservatezza se si prospettano gravi pericoli per la vita o la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi CONSIDERAZIONI A PROPOSITO DEI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI non sussiste la terzietà del Giudicante o il Consiglio dell’Ordine ha sia la funzione requirente che la funzione giudicante affidare un giudizio in campo deontologico a persone estranee alla professione può essere rischioso non hanno la sensibilità deontologica per valutare appienjo il comportamento professionale dello psicologo si potrebbe affidare il giudizio disciplinare a un organo giudicante composto da psicologi ma che non coincida con il Consiglio dell’Ordine nel cui Albo è iscritto l’incolpato il Consiglio dell’Ordine avrebbe la funzione dell’accusa la persona offesa dal comportamento dello psicologo non è parte nel procedimento disciplinare l’esponente non ha più coinvolgimento nel procedimento disciplinare (dopo aver presentato l’esposto, essere ascoltato dal consigliere istruttore, aver depositato eventuali difese scritte aggiuntive): o non può contraddire l’incolpato durante il dibattimento davanti al Consiglio o non può impugnare la delibera che conclude il primo grado del procedimento si può ipotzzare il deferimento dell’incolpato a un organo costituito da psicologi con la collaborazione di un consulente legale istruire la pratica disciplinare e celebrare il processo posizione paritaria di incolpato e esponente sia l’incolpato che l’esponente dovrebbero avere la possibilità di impugnare la delibera conclusiva del primo grado di giudizio AMBITO CLINICO RESPONSABILITÀ CLINICA E PROBLEMI DEONTOLOGICI SPECIFICI IN PSICOTERAPIA DI COPPIA LA RESPONSABILITÀ A LIVELLO EPISTEMOLOGICO dall’individuo al sistema di relazioni la domanda della coppia definisce il problema come riguardante la relazione le proprietà emergenti non sono direttamente deducibili dalle caratteristiche degli individui coinvolti: o ciascun partner racchiude in sé potenzialità esperienziali, emozionali e comportamentali più ampie di quelle che esplorerà all’interno della coppia la relazione limita le potenzialità dei singoli o la relazione di coppia offre a ciascun partner opportunità e potenzialità nuove e sconosciute al singolo la relazione amplifica le potenzialità dei singoli la relazione di coppia acquista proprietà sue proprie a un differente livello logico la responsabilità del clinico è su un piano epistemico passare da una lettura individuale a una conprensione relazionale adottare un punto di vista coerente con la domanda, che non si concentri sulle caratteristiche degli individui ma sulle caratteristiche della relazione osservale le caratteristiche di compolementarietà della relazione che tendono a innescare e rinforzare in ciascuno atteggiamenti, vissuti e comportamenti individuali equidistanza emergente da un punto di vista sovraordinario responsabilità di evitare di schierarsi con uno dei due partner posizione equidistante = opzione epistemologica coerente alla domanda concentrarsi sulle caratteristiche della relazione (se si osservano due individui piuttosto che una relazione si prenderanno le parti di uno o dell’altro) il clinico deve mantenersi super partes nella posizione osservativa assunta lavoro sulle caratteristiche di relazione vs. sulle caratteristiche individuali intervento clinico è finalizzato a un cambiamento della relazione piuttosto che a un cambiamento degli individui obiettivo: favorire circoli virtuosi = la reciprocità della relazione innesca miglioramenti progressivi nelle caratteristiche relazionali emergenti e solo di conseguenza negli atteggiamenti e comportamenti di entrambi o interrompere circoli viziosi = la reciprocità della relazione peggiora le caratteristiche della relazione che la coppia vuole modificare anche dove c’è una sintomatologia diagnosticata in uno dei due membri il terapeuta lavorerà sul significato che la diagnosi ha nella relazione e suglu effetti che ha nel comportamento e atteggiamento di ciascuno sintomo = comportamento-comunicazione tra gli altri o LA RESPONSABILITÀ NELLA PRATICA CLINICA definizione di un obiettivo comune a partire dagli obiettivi individuali coppie che si presentano su iniziativa di uno dei due che trascina l’altro poco convinto in seduta responsabilità del terapeuta esplicitare la profonda differenza di obiettivi primo obiettivo: confrontarsi sugli obiettivi di ciascuno per verificare se è possibile trovare un obiettivo comune distinguere tra coppia coniugale e coppia genitoriale se figli distinguere tra relazione emotivo-affettiva e relazione genitoriale definire un obiettivo che focalizzi l’uno o l’altro aspetto obiettivo del terapeuta o fare chiarezza sulle dinamiche di coppia, formulare ipotesi sulle loro caratteristiche, proporre letture alternative ridefiniscono ruoli e significati introducono narrazioni alternative ampliano il campo di osservazione sbloccare situazioni relazionali in impasse o favorire visioni o letture alternative rispetto a quelle che ha la coppia quando viene in terapia i significati e le interpretazioni che la coppia dà alla propria crisi danno parte del problema e del suo perpetuarsi evolvere verso una separazione o un riavvicinamento della coppia resta responsabilità dei partner problema della relazione con i singoli all’interno della relazione terapeutica con la coppia o uno dei due partner telefona al terapeuta tra un incontro e l’altro per ribadire la propria visione dei fatti / per chiedere come comportarsi con il partner in una situazione specifica cerca di stabilire un’alleanza individuale con il terapeuta ricordare che la domanda e il setting sono di coppia ricordare che il partner deve essere messo a conoscenza della telefonata (invitare a porre la questione all’incontro successivo) o il partner che telefona si mostra insistente e la questione sembra urgente il terapeuta deve riconoscere l’urgenza della richiesta ci deve riflettere per poter dare una risposta in una successiva telefonata l’altro coniuge deve essere messo a conoscenza della chiamata e del contenuto il partner che telefona rivela una notizia importante (relazione extraconiugale, abuso nell’infanzia, suicidio in famiglia) e cerca di vincolare il terapeuta al segreto terapeuta deve ricordare che un segreto condiviso tra lui e uno dei partner inficerà il lavoro terapeutico con la coppia deve comunque tenere il segreto ma il lavoro con la coppia ne sarà compromesso rivelazione del segreto = richiesta implicita di aiuto per svelare il segreto all’interno della coppia o uno dei due partner chiede un incontro individuale o il terapeuta stesso lo ritiene utile per non perdere l’equidistanza si fa un incontro individuale con ciascuno dei due esplicitare che se emerge un’informazione importante che l’altro partner non conosce è suo obiettivo lavorare perché l’informazione venga condivisa (fondamentale per l’evoluzione del processo) o COPPIA E RESPONSABILITÀ GENITORIALI responsabilità verso i minori o uno dei due genitori accusa l’altro di un comportamentp genitoriale dannoso per il minore chiedersi se è utile prescrivere di comportarsi diversamente spesso il consiglio è inutile e dannoso hanno bisogno di qualcuno che cerchi di capire con loro: come e quando avviene quali possono essere i motivi non consapevoli o gli aspetti funzionali di questo comportamento per superarlo riprendere i genitori su un comportamento che sanno già essere inappropriato ha effetti negativi sulla relazione terapeutica si sentono giudicati cattivi genitori e si chiudono o comportamenti genitoriali poco positivi per i minori che non sono veri e propri maltrattamenti psicologici saper aiutare i genitori è il miglior aiuto anche per i figli o il terapeuta di coppia deve cconsigliare i genitori rispetto alla genitorialità quando il genitore non è consapevole che il suo comportamento può essere negativo per il figlio si può dare un’indicazione concreta che il genitore possa mettere in atto senza difficoltà si è consolidata una relazione terapeutica di fiducia tale da far presupporre che l’indicazione venga accolta positivamente e messa in atto non sorgeranno difficoltà interne o relazionali a mettere in pratica lindicazione il problema della segnalazione valutare se quanto emerge dal racconto della coppia faccia presupporre situazioni di maltrattamento del minore / violenza assistita / abuso valutare se è possibile perseguire un cambiamento del comportamento genitoriale se uno dei genitori accusa l’altro di alzare le mani coi figli: capire la caratteristiche e gravità di tale comportamento evitare atteggiamenti moralistici e giudicanti ottenere la collaborazione del genitore accusato lavorare sulle sue difficoltà genitoriali superamento del comportamento LA DICHIARAZIONE RELATIVA AL LAVORO CON LA COPPIA richiesta deve essere di entrambi per poter fornire una relazione scritta sul lavoro svolto con la coppia il terapeuta deve ricevere una richiesta firmata da entrambi chi chiede la relazione è stato un paziente il terapeuta gli deve rispetto e attenzione evitare atteggiamenti polemici e dinieghi non adeguatamente motivati o parlare con chi fa la richiesta o comprendere il motivo della richiesta o ascoltare con rispetto ed empatia il dramma della separazione la relazione deve attenersi a certi criteri: o esplicitare in premessa che la terapia è stata di coppia, su richiesta di entrambi e concordando un obiettivo comune o esplicitare le date di inizio e fine e il numero di incontri o esplicitare che si fornisce relazione o attestazione su richiesta congiunta e che la relazione è indirizzata alla coppia o dichiarare quanto osservato e compreso da dinamiche reciproche giochi relazionali conflitti difficoltà mantenere il focus sulla relazione piuttosto che sugli individui permette di mantenere la dovuta equidistanza o evitare dichiarazioni relative all’individuo, alla sua personalità, a ipotesi diagnostiche alcuni terapeuti propongono ai partner primaa dell’inizio del trattamento un contratto terapeutico che espliciti l’impossibilità a richiedere in futuro attestazioni se la richiesta non è firmata da entrambi o relative ai singoli rischio di un messaggio che veicoli implicitamente la previsione che il trattamento condurrà a una separazione valutare se proporre un impegno di questo tipo prima dell’inizio della terapia possa influenzarne lo svolgimento PROBLEMI DEONTOLOGICI E RESPONSABILITÀ CLINICA SPECFICI NEL LAVORO DI MEDIAZIONE mediatore famigliare interviene nel percorso di aiuto alla famiglia prima, durante o dopo la separazione / il divorzio obiettivo: raggiungimento di accordi concreti e duraturi intervento di mediazione famigliare richiesto da una coppia di genitori riguardo: o regolamentazione di incontri con i figli o definizione di regole di comportamento con i figli o scelte specifiche sulla loro vita o scelte educative tipo di affidamento e frequentazione tra figli e famiglie d’origine / nuovi partner o dimensione dell’assegno di mantenimento o modalità di comunicazione della separazione o suddivisione di beni comuni o analisi ed elaborazione dei motivi della separazione intervento paradossale due individui che hanno deciso di separarsi devono incontrarsi per guardare al futuro e decidere per il bene proprio e dei figli viene chiesto di aprire la comunicazione con colui / colei con cui l’ostacolo maggiore è la comunicazione stessa dinamiche relazionali caratterizzate da tensione e conflitto il mediatore è un terzo che li aiuti a comunicare ed esporre i propri punti di vista facilitando la ricerca di possibili soluzioni e accordi che rispondano a interessi e bisogni di tutti i coinvolti obiettivo finale: raggiungere un accordo o volontario o mutualmente accettabile o durevole nel tempo imparzialità ed equidistanza cuore del processo di mediazione famigliare = opportunità data alle parti di poter esprimere la propria posizione e sentirsi accolte in un contesto caratterizzato da: o ascolto o contenimento delle ostilità o attenzione ai problemi concreti o promozione della decisionalità autonoma e responsabile dei partner / genitori pregiudizi, pensieri e considerazioni personali fanno parte del sistema relazionale che si costituisce durante il percorso di mediazione famigliare il mediatore fa analisi e lettura della situazione conflittuale: o proprio giudizio valoriale o propria esperienza personale e professionale o propri principi morali non dovranno essere d’intralcio al lavoro che farà equidistanza = garanzia alle parti che: o entrambi avranno lo stesso spazio di espressione, ascolto ed esplicitazione dei propri bisogni o gli accordi che verranno raggiunti saranno frutto di un percorso condiviso è centrale il concetto di autoriflessività = interrogarsi, entrare in contatto con le proprie emozioni e i propri pregiudizi e domandarsi quali sono le emozioni e i pregiudizi presenti nelle parti consapevolezza e conoscenza di sé per evitare sbilanciamenti, favoritismi e squilibri nella distribuzione di potere coinvolgimento dei figli in mediazione o non incontrare mai i bambini tutelarli da triangolazioni, conflitti di lealtà, responsabilizzazione rispetto a scelte non adeguate all’età presenza dei o bambini attraverso la loro personificazione in seduta (narrazione dei genitori stimolata dal mediatore) emergere i bisogni dei bambini spostare il focus dell’attenzione dal conflitto di coppia alle esigenze dei figli o invitare i bambini: dar voce ai loro bisogni reali permettere loro di avere un quadri realistico di ciò che sta accadendo in famiglia constatare direttamente lo sforzo dei genitori a collaborare avendo in mente il loro bene importante non escludere a priori la possibilità che nel percorso di mediazione famigliare vengano coinvolti i figli (saranno gli attori principali degli accordi presi dai genitori) essenziale riflettere sul momento in cui questo possa avvenire e sulla modalità attraverso cui i figli possano esprimere il loro punto di vista salvaguardarli da assunzione di ruoli che il conflitto genitoriale impone figli adolescenti partecipazione necessaria fase evolutiva caratterizzata da bisogno di maggiore chiarezza, indipendenza e responsabilizzazione rispettare i confini della mediazione rischio che il mediatore faccia interventi o assuma un ruolo che non è quello che del mediatore abbandono dell’impostazione terapeutica + riconoscimento di dover gestire il conflitto riferendosi alla sua dimensione oggettiva e concreta = sbloccare situazioni altrimenti troppo confuse per non non risultare nocive alle parti fondamentali: o supervisione e aggiornamento professionale: condivisione esperienza professionale mantenere il focus nello svolgimento della propria pratica professionale o co-mediazione (modello d’intervento) = conduzione in coppia del percorso di mediazione famigliare rischi (scivolamento verso altri interventi professionali, collusione o triangolazione con uno dei genitori, eccessiva esternazione dell’emotività) ridotti dalla continua interazione comunicativa, relazionale ed emotiva che si costruisce tra i due mediatori LA TUTELA DEI PAZIENTI NELLA TERAPIA DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA FREUD E L’INTRUSIONE DEI CONGIUNTI grande scoperta della psicanalisi: o il soggetto umano è inconcepibile senza l’esistenza degli altri o l’intrapsichico deriva direttamente dall’interpersonale o le caratteristiche psichiche di ogni individuo sono frutto del rapporto con l’altro la famiglia è il sistema relazionale primario in cui ogni individuo costruisce il proprio sé all’interno del contesto famigliare e attraverso esso il bambino piccolo sperimenta la propria separatezza apprende il funzionamento dei meccanismi relazionali con gli oggetti interni = realtà la famiglia fornisce l’imprinting con cui l’individuo farà i conti per tutta la sua vita Freud esclude i famigliare dal setting: o è un medico cura = prassi esclusivamente individuale o parola = strumento cardine della terapia solo con pazienti adulti si esprimono in modo sofisticato e recepiscono le interpretazioni sofisticate del terapeuta o opera sui fantasmi e non sulla realtà la presenza di una coppia in seduta indurrebbe la messa in scena di una nevrosi in atto impossibile trattarla terapeuticamente la terapia psicanalitica esprimeva la sua efficacia grazie alla nevrosi di transferti (non con la nevrosi in atto) non era necessaria la presenza fisica della famiglia in seduta (bastava il terapeuta) o L’INCONSCIO E I SUOI VUOTI Freud: colpa del terapeuta: o fallimenti terapeutici o non aver saputo scavare in modo sistematico e completo nell’inconscio del paziente aver lasciato zone d’ombra che in futuro potrebbero condurre a nuove affezioni l’inconscio contiene vuoti inutile sollecitare la memoria problema: se e come è possibile accedere ai vuoti ruolo dell’analista: coautore attivo della riscrittura della storia tentativo di accedere ai vuoti attraverso: o proprie emozioni e propri sentimenti o proprio preconscio e proprio inconscio cercare le strade che consentono di raggiungere i buchi neri nella storia del paziente interpersonale = strumento indispensabile per poter accedere all’intrapsichico bambini, adolescenti e famiglie contribuiscono di più a questa nuova tendenza della psicanalisi IL ROMANZO FAMIGLIARE il termine “romanzo” è indice del cambiamento in atto = racconto variabile in cui la memoria cambia e si adatta al qui ed ora in adolescenza l’Ideale dell’Io è alla base della formazione di un Sé stabile ed elastico adeguarsi alle prove di realtà con cui l’individuo adulto dovrà confrontarsi Freud sottovaluta il romanzo famigliare inizia a comparire nella pre-adolescenza = fantasticheria con cui si usano eventi famigliari contingenti per sostituire i propri genitori con altri idealizzati - oggi saoouamo che il romanzo famigliare è il modo con cui il soggetto rinegozia il proprio posto nella linea delle generazioni che convergono in lui = rinegozia il proprio ruolo all’interno del più ampio romanzo famigliare costituito da tutte le figure parentali appartenenti a più generazioni LA FUNZIONE MITOPOIETICA romanzo famigliare = strumento attraverso cui l’intera famiglia stabilisce l’immagine del proprio Sé = contenitore per i singoli membri della costellazione parentale che li tiene uniti o caratteristiche protettive + costrittive o si costruisce e alimenta con l’adattamento funzionale dei miti famigliari funzione dei mitopoietica è una delle principali della struttura famigliare la coppia riscrive la storia mitica la temporalità circolare si apre all’avvenire ciascun membro può creare i propri miti individuali ( = le proprie versioni del rispettivo mito famigliare) mito o = insieme di credenze ben strutturate e condivise da tutti i membri della famiglia riguardo i loro ruoli reciproci e la natura del loro rapporto danno significato e continuità a domande su origine, nascita, trasmissione, morte, identità famigliare e suoi ideali o = veicolo attraverso cui vengono trasmessi i contenuti psichici o stabilisce le modalità e le caratteristiche dei rapporti interni alla costellazione parentale + forgia i meccanismi e i sistemi comunicativi e relazionali con la realtà esterna attraverso il mito si innescano processi di identificazione con figure degli antenati o valenza positiva mito come stimolo che alimenta l’Ideale dell’Io o fornire una spiegazione a lutti non sufficientemente elaborati prevalgono gli aspetti proibitivi e rigidi del Super Io che conducono a un Io ideale famigliare narcisistico ruoli dei personaggi, loro caratteristiche e loro funzioni attribuiti a seconda delle esigenze a mantenimento e conservazione dell’Iopelle della famiglia ruolo del capro espiatorio = portatore del disagio famigliare malato per cui viene chiesta una terapia per impedire che si laceri l’immagine del Sé che la famiglia ha costituito con l’uso del mito e la scrittura del romanzo LA TERAPIA INDIVIDUALE E LE RESISTENZE FAMIGLIARI terapia individuale del membro su cui si è concentrato il disagio = paravento dietro cui la famiglia nasconde il suo desiderio di mantenre immutata la propria identità l’effettiva guarigione del singolo pregiudicherebbe l’involucro contenitivo della famiglia e comporterebbe una riscrittura radicale del romanzo gli eventuali progressi di un singolo membro raggiunti in una terapia individuale spesso sono vanificati dal contesto famigliare (guarigione = tradimento o perdita irrimediabile) solo una terapia famigliare che comporti l’accettazione condivisa di una riscrittura radicale del romanzo consente di uscire da questo circolo vizioso alternative alla terapia famigliare: o il malato riesce a guarire viene espulso il suo ruolo nel romanzo rimane vagante il malato viene ringlobato nel vecchio romanzo con il carico di sofferenza torna a rioccupare il ruolo che gli era stato assegnato nel romanzo o ripetizione transgenerazionale apparentemente riguarda un solo membro della famiglia ma in realtà ha valenza collettiva famiglia non patogena continua evoluzione del romanzo famigliare uno o più personaggi danno vita ad altri romanzi in cui ciascuno di loro cambia ruolo il nuovo romanzo reca l’eredità dei distinti romanzi precedenti da cui provengono i singoli componenti della coppia armonia della coppia o deriva dalla capacità dei due partner di armonizzare le saghe famigliari da cui provengono o improbabile se anche uno solo dei due componenti ha un romanzo che presenta aspetti patogeni infettano il nuovo romanzo con la cazione a ripetere impedito lo sviluppo di una trama adeguata alla nuova realtà esterna con cui la famiglia deve confrontarsi immagine del Sé autonoma ed elastica solo con una rottura con la trama del romanzo famigliare da cui si proviene o L’ADOLESCENZA E LA ROTTURA DEL ROMANZO FAMIGLIARE durante l’adolescenza si rimettono in discussione i traumi infantili e le identificazioni con gli oggetti parentali che costituiscono l’immagine del Sé infantile personaggio imposto in funzione di un Ideale dell’Io famigilare che l’adolescente ha introiettato la crescita fisiologica adolescenziale lascia il soggetto senza i panni identificativi l’Ideale dell’Io famigliare si riduce ad essere solo un Super Io costrittivo nei confronti del quale esplodono moti di ribellione non riconoscendo più se stesso non riconosce più nemmeno i personaggi dei genitori all’interno del romanzo sensazione di vivere in un romanzo che sente estraneo costretto a difendersi e sopportare i rimproveri di altri personaggi (sempre più insofferenti per i comportamenti eccentrici rispetto alla trama stabilita) l’adolescente si trova di fronte a una svolta: o sotto la pressione parentale torna ad indossare i panni del personaggio che gli era stato imposto durante la fancuillezza destinato a un’esistenza atrofizzata portatore di miti estranei trasmessi con la coazione a ripetere o cerca nuovi panni inoltrarsi nel territorio sconosciuto che lo porterà alla formazione di un nuovo Sé creare un nuovo personaggio da cui trarre spunto per scrivere un nuovo romanzo attraverso tentativi spesso fallimentari e frustranti il motore di questo flusso è il proprio Ideale dell’Io ricerca di oggetti esterni con cui identificarsi e da introiettare all’inizio si tende a costruirsi un Io ideale fittizio (unico sbocco possibile: costituzione di un Falso Sé narcisistico) la costituzione di un vero Sé passa attraverso prove di realtà + capacità di imparare dall’esperienza nell’instaurare rapporti con gli altri l’adolescente tende inizialmente a usare i codici e le griglie che ha esperito nell’ambito parentale ( = coazione a ripetere) solo attraverso il rapporto con l’altro esterno alla famiglia impara quali sono le proprie fattezze reali costruisce un’immagine del Sé autentica, stabile ed elastica CONSIDERAZIONI DEONTOLOGICHE (riguardo “Una vignetta clinica: La famiglia G.) ruoli di testimone e regista non impositivo del terapeuta art. 4: la tutela del paziente deve essere prioritaria tutti i pazienti hanno diritto alla tutela fondamentale la neutralità del terapeuta mantenere la neutralità = uno degli aspetti più difficili della terapia famigliare ciascuno dei partecipanti tende ad instaurare un rapporto privilegiato col terapeuta / un rapporto conflittuale astensione del terapeuta dal ruolo di giudice che stabilisce chi è colpevole e chi innocente = difficile e faticosa le dinamiche interne al gruppo famigliare suscitano in lui sentimenti di adesione / contrasto alcuni tratti della sua storia famigliare vengono rimessi in scena = controtrasfert analizzando il proprio controtranfert il terapeuta accede davvero alle dinamiche patogene della relazione famigliare art. 26: il terapeuta non deve proseguire attività professionali in cui problemi personali interferiscono con l’efficacia delle sue prestazioni e le rendono inadeguate alle persone a cui sono rivolte il ruolo interpretativo del terapeuta può essere messo in atto solo quando la fiducia nella sua neutralità sarà accettata da tutti i membri non esistono distinzioni tra minori / adulti, committenti / destinatari nella terapia di famiglia tutti nel setting hanno la stessa dignità è difficile che il colpevole sia solo uno dei membri compito della terapia: indagare i lasciti transgenerazionali all’origine dei rapporti patogeni la trama del romanzo può essere rimessa in discussione ciascuno dei membri assume il ruolo che gli è più congeniale art. 3: è compito del terapeuta operare per migliorare le capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in modo consapevole, congruo ed efficace ( tutti possono godere della tutela prevista dall’art. 4) AMBITO MINORILE LO PSICOLOGO INCONTRA L’ADOLESCENTE: UNA RELAZIONE ETICA TEORIA E PRATICA: UN MODELLO CLINICO D’INTERVENTO PSICOLOGICO CON L’ADOLESCENTE SECONDO ETICA E DEONTOLOGIA consultazione psicologica psicologo o attento a dimensione intrapsichica + interpersonale o usa nell’hic et nunc l’incontro con l’adolescente o sguardo d’insieme a: compiti evolutivi dell’età focalizzazione delle risorse sane competenze presenti difficoltà e sofferenza particolare importanza alla dimensione etica e valoriale: o riconoscimento delle differenze intergenerazionali tra psicologo e giovane o potenzialità di esplorare in modo condiviso la formazione dei valori e delle norme a livello intrapsichico, intrafamigliare e nel mondo culturale e sociale di riferimento teoria dei compiti evolutivi dell’adolescenza = processi di: o soggettivazione o costruzione dell’identità o separazione e individuazione o apertura o nascita di nuovi oggetti d’amore psicanalista: o modello semeiotico-clinico = ascolto e osservazione attenta di: o complesso scenario della pluralità dei sé evocato dall’adolescente o suoi movimenti di crisi evolutiva vs. movimenti di interesse psicopatologico prospettiva soggettiva = si condensano: o declinazioni intrapsichiche e culturali dello psicologo o sue esperienze di apprendimento con pazienti e colleghi adolescente propulsivo = ricercatore di soggettivazione rivolto al futuro guardando in avanti è in grado di lasciare l’infanzia alle proprie spalle bisogno di cure parentali non impellente e obbligatorio + crescente autonomia di movimento e azione bisogno di costruirsi un’identità psichica su misura (partendo dalla revisione del suo Sé bambino) o aree da indagare nei primi incontri: o esplorazione sicurezza / fragilità narcisistica = quanto il sé rischia di essere invaso in senso mortifero / persecutorio / di vergogna o quanto sente sicuro il proprio assetto valoriale o rischio di scacco evolutivo = corpo sessuato non mentalizzato e integrato / separazione e individuazione dello scenario parentale bloccate / nascita sociale inibita o quanto grave predittivamente può essere il rischio = attacchi al corpo / tentativi suicidari / quanto l’attrazione per la morte è pervasiva superando il Sé ideale incontri con i genitori o altri adulti significativi in parallelo alla prima consultazione con l’adolescente per completare l’assetto conoscitivo delle condizioni del giovane preziosi: o per il progetto terapeutico o qualora si debbano manifestare eventi che obblighino a interessare l’Autorità Giudiziaria patto relazionale di alleanza fiduciaria con un soggetto adolescente = processo di ritualizzazione delle comunicazioni intergenerazionali e delle rispettive assunzioni di responsabilità verso la terza parte gestito nella dimensione spazio-temporale e fisica del setting che possa mettere in moto legami, pensieri e valori: riferiti all’interesse del soggetto in crescita che si avvale dello psicologo ispirati al benessere collettivo caratteristiche dell’area genitoriale: o fase esplorativa: raccolta di vissuti e rispettive rappresentazioni che i genitori hanno del figlio comprensione dei miti su maternità e paternità circolanti nella struttura famigliare osservazione codici affettivi relazionali aiuta lo psicologo verso un’identificazione non banale e sufficientemente empatica con il giovane o fase restitutiva e progettuale: comunicare ai genitori il senso dei messaggi e la sua valutazione del figlio riabilitare (non antagonista) funzione materna e paterna ricollocare le proiezioni reciproche e le aspettative negative per la crescita psicologica riattivare i processi di simbolizzazione dell’esperienza invita i genitori a riflettere sulla specificità della fase adolescenziale della vita in cui si colloca la crisi del figlio genitori degli adolescenti spesso antagonisti dei compiti educativi del figlio o compiti materni: accettazione del distanziamento risimbolizzazione non idealizzante e castrante del legame in accordo con la nascente identità di genere del figlio compiti paterni: ritirare anticipazioni e aspettative sintonizzarsi risimbolizzando il legame con il figlio in funzione della dialettica con il mondo extra-famigliare giovane incontra lo psicologo senza manifestare una domanda personale o far capire che non può rimanere all’oscuro delle reali motivazioni dell’adulto in merito alla sua situazione o esplicitare le condizioni e le regole deontologiche a cui lo psicologo si attiene riguardo consenso e riservatezza professionale a garanzia dell’adolescente e della sua provacy il rapporto problematico con i genitori potrebbe estendersi a un rifiuto degli adulti in generale (colpevolizzati per una mancanza di comprensione e fiducia, visti come attentatori all’individualità) più difficile la costruzione del rapporto con lo psicologo la norma etica fonda il rito dell’incontro o = valore interiormente assunto, vincolo forte, imprescindibile e sacralizzato dallo psicolgo o = tensione ideale, via via esternalizzata nelle sue declinazioni e forme più specifiche (legate a età, condizioni psichiche, contesto e finalità della relazione con lo psicologo e con gli altri adulti) o CONTESTI DELLA RELAZIONE PROFESSIONALE ambiti naturali di relazione dell’adolescente: o famigliare o amicale o coppia o gruppo o area di terzietà prossimale contesti di relazione professionale dello psicologo con l’adolescente: o scuola sanità comunità corti di aggregazione sociale o di mediazione culturale / associazioni tribunali / istituti di pena studi / centri privati la contestualizzazione modifica le condizioni in cui si avvia l’incontro adolescente – psicologo: o possibilità o meno di un accesso autoreferenziale dell’adolescente o finalità, procedure e mission istituzionale del centro e dell’equipe in cui lavora lo psicologo / autonomia dello studio professionale o esistenza eventuale di un conferimento d’incarico professionale da parte di un magistrato ambiti di intervento psicologico diversi setting, finalità e metodologie diverse: o ascolto o prevenzione e promozione alla salute o consulenza scolastica ai singoli o alle classi o sostegno o educazione alla sessualità e all’affettività o consulenze e supporti per specifiche condizioni patologiche / di disabilità / traumatiche o valutazione e trattamenti con finalità riabilitative, di diagnosi e cura o audizioni e processi in sedi penali o civili o incontri di mediazione vittima – autore di reato o interviste e test in sede CTU o colloqui con l’adolescente ospite di una struttura / detenuto psicologo lavora in collaborazione e in corresponsabilità multiprofessionale seguendo i vigenti protocolli istituzionali nei percorsi specifici integrandoli e interpretandoli alla luce del Codice Deontologico: o quattro principi basilari del Codice: meritare la fiducia di chi si affida allo psicologo rispondere a una domanda di aiuto per cui si ha la debita competenza professionale testimoniare l’autonomia e indipendenza di giudizio professionale fare un uso etico del potere derivante dall’esercizio professionale o consenso informato = obbligo etico dello psicologo di saper rendere edotto il giovane del significato e degli obiettivi delle proposte diagnostiche / psicoterapeutiche stimolare un percorso di individuazione sin dal primo colloquio introdurre nel campo relazionale due intersoggettività potenzialmente libere e aperte o o o o o CONDOTTE ETICHE DELLO PSICOLOGO NEI CONTESTI PUBBLICI E NEL PRIVATO psicologo deve anche rispettare norme superiori (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, Carta di Noto III, Codice Civile e Penale, Protocollo di Milano, Leggi nazionali o regionali, Decreti, Direttive, Linee guida, direttive interne dell’Ente a cui appartiene, norme contrattuali del rapporto di lavoro) o valore più che altro generale o formale o importanza sostanziale in situazioni specifiche critiche e decisionali psicologo deve saper coniugare conoscenza clinica e tecnica, deontologia sua propria professionale e cornice normativa per lui cogente in quanto pubblico dipendente con responsabilità specifiche di salute e tutela dei propri assistiti psicologo che lavora con adolescenti deve contemperare il bisogno di rendere conto ai loro genitori del lavoro che sta portando avanti con la necessità di tutelare la riservatezza della persona obbligo di trasgredire alla riservatezza professionale in virtù di principi superiori: o minori tossicodipendenti / coon infezioni trasmissibili la comunicazione è dovuta ai genitori + invio ai Servizi sanitari competenti o minori in gravidanza situazioni ben normate o minori in pericolo di vita o a rischio di attentare all’incolumità altrui avvisare l’adolescente del suo obbligo + segnalare all’Autorità Goiudiziaria Minorile + valutare come e quando informare i genitori o minori vittime o autori di reati punibili attivarsi a tutela del proprio cliente + altri minori coinvolti sceglie come segnalare + aiuta l’adolescente a comprendere i mitovi o minori in stato di abbandono situazioni ben normate o minore vittima di maltrattamenti / violenza / violenza assistita / abusi procedure penali molti diversificate tra loro se si apprendono notizie sensibili riguardo un diciassettenne che ha un rapporto sessuale con una dodicenne consultarsi con un Collega esperto in materie giuridiche / con un consulente legale sapersi muovere con cognizione di causa nei confronti del paziente, prevedendo e valutando con anticipo gli scenari civili e penali in cui dovrà rispondere omissione di denuncia / referto = reato se giovane ultraquattordicenne è autore di abusi: o chiedere la consulenza di un Collega o consultare o informare il Servizio sociale di zona / un Procuratore o un Giudice Minorile rimanendo sempre in trasparenza con l’adolescente si aprono due questioni: tutela del proprio assistito di fronte a un sospetto di reato da lui commesso e punibile con procedimento penale valutazione della prossimità e affidabilità di una figura adulta protettiva per l’adolescente che possa essere subito coinvolta a supporto della tutela quotidiana e del percorso di segnalazione all’Autorità Giudiziaria due principi per lo psicologo italiano: obbligo di essere informato di leggi e norme che si applicano in tali situazioni obbligo di agire sempre nel bene supremo del suo paziente valutare con lui in anticipo gli atti dovuti e scelti dello stesso psicologo AMBITO DELLA SALUTE CONTESTUALIZZAZIONE DELLA DIMENSIONE PROFESSIONALE DELLO PSICOLOGO NELL’AREA DELLA NEUROPSICOLOGIA PRINCIPALI QUESTIONI ETICHE E DEONTOLOGICHE RICORRENTI E SPECIFICHE NELL’OPERATIVITÀ PROFESSIONALE DELLO PSICOLOGO NEL CONTESTO DELLA NEUROPSICOLOGIA diversi articoli del Codice Deontologico possono essere letti in chiave neuropsicologica o art. 5: mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale (con particolare riguardo nei settori in cui si opera) riconoscere i limiti della propria competenza usare solo strumenti teorico – pratici per cui si è acquisitia adeguata competenza e formale autorizzazione impiegare metodologie di cui si è in grado di indicare fonti e riferimenti scientifici non suscitare attese o aspettative infondate nel cliente conoscere quali sono le possibilità di recupero e i tempi necessari per raggiungere obiettivi prefissati se no potrebbe trasmettere informazioni sbagliate al paziente frustrazione crescente (peggioramento del quadro sintomatico) art. 37: accettare il mandato professionale solo nei limiti delle proprie competenze se è richiesto il ricorso ad altre specifiche competenze si invia ad altro collega / altro professionista o art. 26: astenersi dall’intraprendere o proseguire attività professionale dove problemi o conflitti personali interferiscono con l’efficacia delle prestazioni rendendole inadeguate o dannose alle persone a cui sono rivolte o art. 22: adottare condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente + non usare proprio ruolo e propri strumenti professionali per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi il corpo del paziente non è un campo di sperimentazione consenso informato dell’utente = il professionista deve ottenere un preliminare consenso informato ( = volontà esplicitata e dichiarata del paziente di sottoporsi volontariamente a un certo trattamento, essendo stato precedentemente informato di tutti gli aspetti che concernono il trattamento proposto) dagli utenti e dai committenti in attività individuali / di gruppo / di ricerca o se paziente autonomo, cosciente e consapevole, padrone pieno delle proprie facoltà e non ha una tutela di un famigliare neuropsicologo deve informarlo in modo chiaro e comprensibile in cosa consiste il lavoro + ricevere un formale consenso a partecipare o se paziente non è in grado di comprendere chiaramente per gravità dei deficit / compromissione del livello di consapevolezza consenso informato fornito da un famigliare o dal tutore segreto professionale = vieta allo psicologo di fornire a terzi le informazioni sensibili riguardo gli utenti seguiti (tutela dell’anonimato anche nel caso di relazioni scientifiche e di ricerca) o se compromesse capacità di comprensione e consapevolezza: comunicare al caregiver le informazioni su percorso riabilitativo, modalità d’intervento, scopi di ricerca non è violazione del segreto professionale perché le comunicazioni vengono attuate nel solo interesse del paziente e per coordinare una buona collaborazione di intervento neuropsicologico o se contesti di riabilitazione di gruppo: mantenere il segreto sulla condizione del paziente con gli altri pazienti art. 17: proteggere e custodire in modo appropriato documentazione / appunti / test utilizzati in fase di valutazione sui singoli pazienti le cartelle private non devono essere consultate da terzi punti importanti dal punto di vista puramente etico: o evitare di somministrare troppi test al paziente con lesione cerebrale test non sono sufficienti per una valutazione che rispecchi davvero le capacità residue del paziente cerebroleso completare il risultati quantitativo del test e pervenire a una valutazione valida anche qualitativamente con: relazione terapeutica colloquio clinico esperienza del neuropsicologo e sue capacità di osservazione troppi test: rischio di essere sommersi da una quantità non necessaria di dati perdere di vista il paziente (diventa una serie di numeri) o evitare diagnosi troppo precoci che possono stigmatizzare l’evoluzione della riabilitazione troppa fretta / estrema sicurezza e fiducia negli strumenti utilizzati: perdere di vista l’obiettivo primario = aiutare il paziente a recuperare dove ce ne sia la possibilità / aggirare i deficit con strategie o capacità residue sottostimate risorse personali, supporto famigliare e motivazione: diagnosi precoce negativa diminuisce le risorse per il recupero funzionale del paziente o capacità di intendere e volere del paziente cerebroleso / valutazione delle capacità lavorative / valutazione delle capacità genitoriali in molte situazioni alcune funzioni cognitive sono più preservate di altre e spesso le prestazioni sono fluttuanti a seconda di prestazioni + presenza o meno del caregiver / di persone significative neuropsicologo schiacciato tra due pressioni: paziente pretende di ritornare rapidamente e completamente alla vita che gli apparteneva prima dell’evento traumatico società impone di limitare la libertà del paziente per evitare che metta in pericolo se stesso o chi gli sta vicino o IL CASO CLINICO necessità di considerare la prima valutazione cognitiva di un paziente il cui quadro è in evoluzione come strumento operativo per la definizione di un trattamento funzionale a un processo terapeutico-riabilitativo diagnosi in fase postacuta può modificare il futuro del paziente: o se troppo pessimista: scarsa motivazione nel soggetto (può addirittura convincersi che la situazione in cui si trova dopo il trauma sia irrimediabilmente compromessa depressione) + sconforto nella famiglia rallentamento del percorso riabilitativo e del reinserimento nel contesto sociale o se troppo ottimista: agire senza le necessarie cautele + sottovalutare l’importanza del percorso riabilitativo frustrazione / situazioni di pericolo difficili da affrontare comunicazione delle informazioni importanti al paziente e restituzione ai parenti art. 11: psicologo tenuto al segreto professionale (non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale e non informa sulle prestazioni professionali effettuate o programmate) spesso non è possibile concordare queste decisioni con il paziente importante un’attenta valutazione della situazione complessiva al centro deve esserci sempre il bene del paziente (ogni informazione che si decide di comunicare sarà unicamente funzionale al suo benessere nella vita quotidiana) se c’è tutore legale del soggetto traumatizzato deve essere informato sulla situazione clinica del suo assistito valutazione clinica / valutazione forense utilizzate in sede legale o oggettiva o individuare nessi causali di differenziazione tra pre- e post-lesione ed eventuali successive modificazioni o delineare un quadro verosimile delle successive modificazioni art. 12: o astenersi dal rendere testimonianza sui fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale possibilità di derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione o valutare l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso complesso decidere cosa comunicare e cosa no spesso le informazioni ottenute con il percorso valutativo possono danneggiare il paziente all’interno della relazione con il paziente e la famiglia si riesce a individuare quale sia la strada giusta da percorrere cosa si può comunicare al datore di lavoro circa la situazione del soggetto che ha subito un trauma buona relazione terapeutica necessario un lungo e faticoso lavoro di mediazione e consapevolezza che permetta al paziente di rendersi conto dei prorpi limiti o fondamentale non essere soli lavorare in un’equipe che possa valutare di volta in volta quali siano le migliori soluzioni da sottoporre a paziente e famiglia la decisione finale è frutto di una mediazione tra: o varie figure professionali o paziente o caregiver ETICA DELLE DEMENZE L’ETICA APPLICATA ALLE DEMENZE aderenza ai principi cardine dell’etica biomedica: importante quando il clinico incontra popolazioni fragili (minori, anziani, persone cognifivamente compromesse) richiedono un’attenzione ancora più rigorosa e possono rappresentare terreno fertile per l’emergere di conflitti etici e medico-legali difficoltoso nel paziente con diminuzione delle capacità mentali raccomandazioni bioetiche sul tema delle demenze: o adottare un apporoccio case-based o dare importanza alla natura della demenza o dare priorità alla qualità della vita del demente o affiancare all’attenzione per il malato la tutela delle persone che se ne prendono cura o sottolineare l’importanza di agire secondo solidarietà o riconoscere l’identità, i valori e l’individualità AMBITI DI POSSIBILE CONFLITTO ETICO E DEONTOLOGICO NELLA DEMENZA comunicazione della diagnosi quando le capacità del malato sono preservate si contrappongono due bisogni: o mantenimento dell’autonomia decisionale e necessità di essere informato o diritto a non sapere e non essere inutilmente sottoposto a un dolore che potrebbe non giovare a un benessere psicofisico verità = bene in sé mancata comunicazione della diagnosi = inganno del clinico verso il paziente non viene riconosciuta alla persona il diritto di autoderminarsi e autogovernarsi limitando la possibilità del paziente di agire e perseguire i propri obiettivi rispettare l’autonomia del paziente nel prendere decisioni rispetto alla propria persona: o necessità di informazioni veritiere e il più possibile complete un’informazione non vera o incompleta diminuisce la possibilità della persona di essere autonoma o rispetto del desiderio della persona di non essere informata nomina di un fiduciario che gestisca gli aspetti clinici particolare attenzione alla competenza del paziente calibrare le emozioni in base alle capacità emotive e di comprensione del paziente e coniugando diritto al sapere + diritto alla non informazione comunicazione della diagnosi facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra clinico e malato (necessaria a migliorare l’adesione consapevole del paziente ai trattamenti) rispettare la riservatezza del paziente il clinico può scegliere di comunicare in primo luogo al famigliare la deontologia medica prevede il consenso espresso dal paziente a informare terze persone privilegio terapeutico = se la comunicazione della diagnosi può causare un danno diretto e immediato alla persona è nel suo interesse e del suo progetto di cura omettere l’informazione in linea con i principi di beneficialità e non maleficienza favorisce il benessere dell’individuo e non gli causa sofferenza valore della comunicazione e desiderio delle persone malate di sapere = artefatto culturale da una maggiore sensibilità dei Paesi di cultura anglosassone se la comunicazione della diagnosi di una malattia ingravescente e a prognosi infausta genera sconforto al malato e alla sua famiglia: particolare attenzione a contenuti e modalità con cui la comunicazione viene effettuata è necessario: o fornire supporto o dare informazioni sul decorso della patologia o rassicurare il paziente e i famigliari o fornire informazioni su servizi e trattamenti disponibili Bauckman: percorso in 6 stadi per comunicare le cattive notizie: 1. avviare il colloquio, predisponendo un contesto idoneo, in 2. 3. 4. 5. 6. presenza del paziente e di chi desidera scopo: mostrare interesse e disponibilità all’ascolto esplorare che cosa sa il paziente con opportuni quesiti interrogare il paziente per scoprire qual è il suo livello di conoscenza del problema sanitario, quale stile comunicativo utilizza, quali emozioni manifesta capire quanto il paziente desidera sapere alcuni desiderano non essere informati il colloquio verterà su proposte terapeutiche messaggio di disponibilità ad affrontare l’argomento condividere le informazioni con il paziente inizialmente si usa la tecnica dell’allineamento per proseguire con la fare informativa fornire informazioni a piccoli passi con una verifica della reazione provocata nell’assistito rispondere ai sentimenti del paziente gestire in modo adeguato le diverse situazioni, contenendo le reazioni socialmente inaccettabili e cercando di distinguere emozioni adattative da disadattative pianificare e accompagnare sintesi, possibilità di ulteriori richieste di chiarificazione e stesura di un accordo sul prosieguo delle cure consenso informato persone affette da patologie mentali sono considerate in grado di decidere autonomamente circa qualunque questione fino a prova contraria autonomia decisionale = concetto dinamico valutata nelle diverse fasi della malattia + in relazione al tipo di decisione da assumere presunzione di competenza = dopo una diagnosi di Alzheimer la persona non può essere automaticamente esclusa dalle decisioni che la riguardano prima di ottenere il suo consenso ad atti clinici invasivi / all’inclusione in sperimentazioni cliniche le sue capcità mentali devono essere valutate con stumenti standardizzati e replicabili Appelbaum: parametri necessari per per poter esprimere un consenso informato consapevole valutazione della capacità necessaria per stabilire se la persona con demenza possa esprimere o meno il proprio consenso informato: o creare strumenti ad hoc o adattare batterie di test neuropsicologici normalmente usati nella pratica clinica per la valutazione del deterioramento cognitivo direttive anticipate = documento con cui una persona con piene capacità esprime la sua volontà circa trattamenti a cui desidera / non desidera essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso / dissenso informato ogni persona ha diritto di esprimere i propri desideri anche in modo anticipato riguardo i trattamenti terapeutici e gli interventi medici garanzia del principio di autonomia rifiutare un determinato trattamento non significa rifiutare ogni tipo di trattamento il clinico deve illustrare la molteplicità di cure disponibili offrire un percorso terapeutico il più possibile confacente alle esigenze del paziente (nel rispetto del massimo standard di efficacia clinica) proposta di cure palliative = riduzione dei sintomi e complessivo miglioramento della qualità della vita numerose discussioni: o astrattezza del contenuto in genere le direttive anticipate non indicano dettagliatamente trattamenti che si vorrebbero ricevere / rifiutare esprimono orientamenti generici e talvolta delegano ai famigliari il compito di scegliere o quando si renda necessario ricorrere alle direttive anticipate il progresso scientifico potrebbe aver aperto possibilità diverse rispetto a quelle ipotizzabili al momento della stesura o se paziente demente: impossibilità del soggetto di rinnovare o modificare le proprie volontà con il progredire della malattia ridotto lo spazio di libertà dell’individuo impossibile assumere le decisioni quando i trattamenti devono essere effettivamente somministrati Italia: o attraverso le dichiarazioni anticipate il paziente non può chiedere ed ottenere interventi eutanasici o la sottoscrizione di una direttiva anticipata non ha valore legale l’attuale ordinamento legislativo sostiene che non può costituire un vincolo assoluto spetta al famigliare / tutore utilizzare le direttive per orientare le decisioni sul trattamento e la salute del paziente non più capace autonomamente guida dell’automobile = attività complessa che richiede molte abilità: o rapidi tempi di reazione o attenzione divisa tra più stimoli + suo mantenimento nel tempo o capacità di giudizio o memoria dei segnali e dei percorsi o adeguate capacità uditive e visive alcuni pazienti con diagnosi di demenza mantengono la capacità di guidare in ogni caso la demenza determina: o riduzione attenzione o riduzione capacità di orientamento o riduzione capcità di giudizio o difficoltà visuospaziale non esistono valutazioni standard che permettono un monitoraggio di queste abilità se si ha il sospetto fondato (sulla base di dati clinici osservati o della storia) che la guida possa essere pericolosa: va proibita LO PSICOLOGO E L’INCONTRO ALLA FINE DELLA VITA L’UOMO E LA MORTE bisogno dell’uomo di porre distanze tra sé e la morte rituali religiosi hanno significato protettivo nostro modo di vivere e pensare + nostra cultura ci spingono a negare la temporaneità dell’esistenza indifferenza generale di fronte a massacri o delitti efferati modelli con cui ci confrontiamo quotidianamente ci offrono un’immagine di essere umano eterno che non invecchia e non soffre tutto ciò che ci ricorda la nostra temporalità è vissuto come minaccioso e rifiutato quando la minaccia diventa reale con la malattia la distanza posta diventa maggiore inizialmente si generalizza sulle informazioni fino a dire il falso alla persona malata non informare il malato della sua condizione ma il parente più prossimo bisogno di proteggerlo da: o ulteriori sofferenze o sua incapacità di sopportare un ulteriore peso proteggere chi assiste alle sofferenze altrui LO PSICOLOGO ED IL CONTESTO art. 4: rispettare la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione e all’autonomia del paziente, rispettarne opinioni e credenze astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori diritto all’autodeterminazione = diritto del malato di essere il solo titolare delle informazioni che lo riguardano psicologo: o supporta i famigliari affinchè diventino consapevoli dell’utilità per il malato di essere messo al corrente della sua reale condizione e possa esercitare il suo diritto all’autodeterminazione ( = scegliere se, dove e come essere curato) o nell’incontro con il malato esercita funzione di: accogliere la persona con tutto il portato di sofferenza di cui è carico ascoltare empaticamente, comprenderne il peso emotivo affettivo della sua esperienza accompagnare la persona verso un graduale processo di consapevolezza delle sue condizioni facilitandone l’accettazione senza alterare le aspettative e le speranze evitare di essere causa o promotore di ulteriori frustrazioni che portebbero la persona a soffrire maggiormente art. 22: adottare condotte non lesive per le persone di cui ci si occupa professionalmente o condotta lesiva: imporre la propria opinione sulla gestione delle informazioni al malato e famiglia che si comportano diversamente da come il professionista ritiene essere più congruo o non lesivo: operare con i propri clienti con l’obiettivo che possano elaborare il loro agire ed eventualmente modificarlo intento dello psicologo: attivare un processo rielaborativo delle convinzioni culturali che: o promuova il cambiamento o faciliti la relazione famigliari – persona malata obiettivo: promuovere un nuovo senso etico nei confronti della vita e quindi della morte facilitare = permettere al sistema famiglia di comprendere l’esperienza di malattia, sofferenza e morte all’interno della storia di quella particolare famiglia L’ESPERIENZA (alcune riflessioni) paziente consapevole pone innumerevoli domande sul decorso della propria malattia psicologo ha necessità di conoscere il decorso delle malattie per poter accompagnare al meglio la persona nel suo percorso dovere di essere consapevole del proprio portato personale (suo rapporto con vita e morte) analisi personale = dovere deontologico imprescindibile psicologo deve operare nei confronti dei famigliari e aiutarli a comprendere il senso delle loro posizione + a identificarne la reale motivazione astenendosi da proprie posizioni e credenze setting inconsueto in cui le regole non possono essere predefinite (psicologo viene a casa e il tempo del’incontro è stabilito dalle condizioni di salute al momento dell’incontro) o richiesta allo psicologo elevata professionalità adattamento e plasticità alle diverse situazioni che può incontrare o passaggio da accolto a accogliente demarcato da una linea sottile solo la relazione con l’altro può renderle esperienza vivibile non c’è distanza / vicinanza stabilita a priori regola del buon senso: psicologo deve essere capace di leggere i dati offerti da contesto + sistema umano che si incontra dovere di astenersi dal giudizio e di porsi con atteggiamento laico nei confronti di cultura, credenze e stili di vita del sistema che incontra AMBITO SOCIALE IL CODICE DEONTOLOGICO: UNA BUSSOLA INDISPENSABILE PER LA CRESCITA DELLA PSICOLOGIA SCOLASTICA COSA SI INTENDE PER PSICOLOGIA SCOLASTICA psicologia scolastica tutela il benessere e favorisce la cura dei funzionamenti e della relazioni a scuola aiutare persone e contesti a svolgere il compito scolastico (nel modo migliore possibile in relazione alle risorse soggettive) rispondere alle diverse esigenze di un’istituzione complessa (scuola) integrare elementi di psicologia clnica individuale, gruppale e collettiva e psicologia dell’organizzazione adeguare assetti e metodologie al contesto specifico e alla sua natura di agenzia educativo-formativa la scuola non deve essere un luogo di terapia funzioni importanti della psicologia scolastica: o individuazione tempestiva di stati di disagio o supporto alle relazioni adulti – minori / scuola – famiglia o contribuire alla messa a punto di un sistema organizzativo funzionale favorisca un clima scolastico sufficientemente buono DIBATTITO SULLA PSICOLOGIA SCOLASTICA psicologo scolastico controversie irrisolte riguardo: o funzione o modello di intervento o formazione o collocazione (posizione + amministrazione) in Italia l’aiuto psicologico a scuola è frenato: o resistenze della comunità psicologica a elaborare un profilo professionale che racchiuda competenze molteplici (da psicologia dello sviluppo, a psicologia clinica, a psicologia delle organizzazioni) al momento prevale il modello clinico o resistenze della scuola al cambiamento e al nuovo strategie di controllo sull’intervento dello psicologo è altro = perturbante genera fantasie di esclusione e persecuzione contesto della scuola popolato da psicologi a bassa soglia professionale mancanza di: o adeguato compenso o linee guida o preparazione specifica funzione ricoperta da: insegnanti laureati in psicologia doppio ruolo nell’istituto psicologi alle prime esperienze senza formazione e supervisione adeguate professionisti di formazione clinica non rielaborano approccio e metodologie secondo le esigenze di un contesto educativo e formativo immagine dello psicologo svalutata e indebolita nel peso contrattuale + nell’efficacia dell’agire bisogno enorme di psicologia nella scuola scuola = luogo d’elezione per promozione del benessere + prevenzione del disagio o cogliere tempestivamente segnali di malessere o fornire aiuto mirato per far fronte alle difficoltà contingenti (legate a apprendimento, educazione, relazioni) o orientare verso supporti specialistici casi di disagio importante relazione scuola – famiglia = base del percorso educativo e formativo del minore ingresso a scuola = prima grande esperienza di confronto del bambino con la realtà esterna alla famiglia impatto con la terzietà = fonte di ansie e contrasti con il nuovo interlocutore dalle prime reazioni si delineano vissuti e relazioni genitori – docenti (spesso caratterizzano tutto il cammino scolastico) complessità del contesto scolastico scuola = sistema complesso in cui la relazione educativo-formativa docente – discente si svolge in una rete intricata di relazioni e dinamiche: o determinano clima e funzionamento dell’istituto o incidono sulla vita scolastica del minore studenti = gruppo-classe; docenti: devono gestire il gruppo-classe e lavorano in situazioni di gruppo il clima nei gruppi è determinato da caratteristiche dei componenti + funzionalità dell’assetto organizzativo efficienza e produttività di un’organizzazione legate alla capacità lavorativa dei gruppi ogni ruolo nell’istituzione scolastica richiede una competenza organizzativa LO PSICOLOGO SCOLASTICO finalità o obiettivo primario: tutela del benessere del minore con miglioramento vita scolastica + supporto a istituzione e famiglia o disegni di legge del 2001 della Commissione Rubini: psicologo scolastico contribuisce a: prevenzione disagi della personalità dell’alunno miglioramento qualità dell’organizzazione della vita scolastica complessivo benessere di alunni, operatori scolastici e famiglie o protocollo d’intesa tra Ministero dell’Istruzione e Consiglio Nazionale dell’Ordine: obiettivo generale = promozione di salute, educazione, benessere funzioni promozione dello sviluppo di identità + autonomia + competenza attraverso la costruzione dell’apprendimento + del saper stare al mondo compiti rilevazione e ascolto del disagio + manutenzione alle relazioni del contesto: o individuare precocemente alunni in stato di disagio o tutelare e sostenere il benessere psicologico dell’alunno o o o o o accogliendo e orientando situazioni di disagio fornire supporto psicologico alla famiglia in difficoltà nell’esercizio della funzione genitoriale sostenere e orientare il compito di docenti e personale scolastico favorire i rapporti scuola – famiglia e mediare le situazioni conflittuali facilitare processi di relazione e comunicazione tra i diversi soggetti presenti a scuola osservare e supportare funzionamenti di contesto: segnare confini e limiti rispecchiare identità di ruolo favorire distanze affettive adeguate rilevare nodi critici della situazione aree d’azione o consulenza o formazione o orientamento e collegamento per e con la famiglia o organizzazione o valutazione assetto mentale fondato su: o consapevolezza che la scuola non è un ambito clinico non è luogo di terapia: azione psicologica sviluppata in sintonia con caratteristiche e finalità del contesto situazioni che richiedono un trattamento terapeutico inviate nelle strutture preposte o attenzione costante al posizionamento il committente è un soggetto diverso dal destinatario (inserito in una rete di relazioni) ogni azione accompagnata dall’attenzione a ambiente relazionale + a dinamiche in cui il soggetto è immerso o responsabilità = consapevolezza del peso del proprio ruolo e della professionalità con cui si devono affrontare gli impegni attenzione a: rigore tecnico e metodologico del lavoro destinatario dell’intervento ricadute che l’intervento può avere sul contesto o mandato psicologo deve mantenersi nei confini del proprio mandato (concordato con il committente) senza colludere con le richieste dell’ambiente segnalare altre criticità alle figure responsabili e proporre un’opportuna messa a punto del progetto d’azione SOGGETTI COINVOLTI studente = protagonista principale = soggetto in trasformazione caratteristiche e bisogni diversi nelle diverse fasi evolutive (apprendimenti / relazioni) docenti = categoria a cui sono richieste competenze sul piano della didattica + della gestione delle relazioni individuali / gruppali continue richieste di cambiamento + assenza di adeguato supporto formativo identità professionale in continuo divenire ed esposta a forte stress modalità difensive poco funzionali agli obiettivi del loro lavoro dirigente scolastico caratterizza funzionamento e clima dell’istituto attraverso organizzazione e cultura gestionale personale non docente ( = personale amministrativo + operatori scolastici) lavoro invisibile quando le cose funzionano ma si palesa quando qualcosa si intoppa lavoro faticoso e poco valorizzato rischio di frustrazione e burnout famiglie incidono massicciamente sulla vita scolastica o attivamente: coinvolgimento negli organi scolastici o passivamente: aspettative + modalità di supporto e collaborazione con l’impegno scolastico dei figli strutture del territorio, servizi sanitari, sociali e del privato sociale eventuali supporti accessori al lavoro didattico e educativo OGGETTO D’INTERVENTO affrontare una vasta gamma di situazioni e problematiche o processi di apprendimento e DSA o processi di integrazione etnica / della disabilità / delle diverse forme di o o o o o o o o o o o disabilità relazioni di diverso tipo (docenti – studenti, scuola – famiglia, genitori – figli, docenti – docenti) situazioni di crisi e disagio fasi di passaggio educazione affettivo-sessuale prevenzione di situazioni di rischio (come droga / problematiche alimentari) orientamento dispersione scolastica bullismo dinamiche dei gruppi dinamiche istituzionali gestione dei conflitti STRUMENTI E METODOLOGIE strumenti fondamentali della professione o colloquio o osservazione o conduzione di gruppi per diverse finalità (ascolto / sensibilizzazione / informazione / formazione) mediazione in casi di difficoltà di comunicazione / comprensione tra più soggetti strumenti di valutazione e misurazione (per lavori di indagine e ricerca) o attività di screening o questionari o interviste o focus-group strumenti devono essere: o adattati al contesto o accompagnati da buona dimestichezza con i meccanismi di: indagine della domanda progettazione valutazione monitoraggio o COMPORTAMENTI ATTESI analisi della domanda fondamentale per decodificare e riconoscere i bisogni in gioco chiedersi quali siano i bisogni in gioco + di chi siano committente e destinario sono due soggetti diversi frequente che il committente sia anche portatore di esigenze proprie decidere cosa è opportuno fare e cosa proporre tener conto delle caratteristiche e dei limiti di contesto / tempo / risorse per garantire un intervento sostenibile ed efficace o art. 3: psicologo è responsabile dei propri atti e delle loro prevedibili conseguenze ed è tenuto a fare solo quanto rientra nelle sue capacità professionali o art. 5: riconoscere i limiti della propria competenza e usare solo strumenti tecnico-pratici per cui ha acquisito adeguata competenza concordare con il committente il coinvolgimento di colleghi con specifica competenza sulle quesioni in oggetto il progetto deve essere: concreto con obiettivi chiari e precisi con metodi e strumenti ben definiti con puntuale modulazione di setting e condizioni di lavoro professionista esprime la propria comprensione di problematiche e bisogni in questione e fornisce un primo segno della sua competenza negoziazione con il committente i rappresentanti scolastici hanno già una loro idea su come sia opportuno intervenire (non sempre adeguata alle caratteristiche della situazione) non deve ledere l’autonomia dello psicologo garantire l’adeguatezza dell’intervento solo se orientato da criteri e metodi professionali art. 6: lo psicologo accetta solo condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale e salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi delle tecniche e degli strumenti psicologici e del loro utilizzo non può accogliere richieste di intervento: o contrarie alle sue valutazioni professionali o che non tutelino il destinatario dell’intervento tener presente la tutela di confini di ruolo evitare commistioni tra attività professionale specifica con utenti con cui intrattiene relazioni professionali di altra natura (insegnanti-psicologi) definizione del compenso art. 23: pattuire nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale attraverso la definizione del compenso esprime una valutazione di sé e delle proprie competenze: o cifre troppo elevate: eticamente poco apprezzabili o cifre troppo basse: alimentare un senso di qualifica della personalità e dell’intervento + sospetto di obiettivi secondari avvio dell’azione o responsabilità art. 3: considerare proprio dovere utilizzare le conoscenze per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità art. 34: impegnarsi a comunicare i progressi delle proprie conoscenze e tecniche realizzare il proprio intervento mantenendo un’attenzione indiretta a quanto succede intorno cogliere bisogni e stati di disagio da segnalare a chi di dovere o posizione operare nella tutela del destinatario mantenendo una posizione terza riconoscere tutti i soggetti e bisogni gioco, rispettarne le esigenze e non derogare alla sua autonomia professionale posizione terza fondamentale per tutelare dai rischi di collusione e manipolazione o corretta informazione e consenso informato art. 32: nei rapporti triadici è necessaria la corretta informazione al committente destinatario, chiarendo con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento se l’intervento riguarda i minori: genitori informati e danno il consenso se sportelli d’ascolto o interventi in classe: consenso preliminare alla possibile fruizione del servizio da parte dei minori o segreto professionale durante l’attività necessario scambiare informazioni con gli interlocutori del destinatario al termine dell’attività è dovuta una restituzione / l’invio ad altri specialisti tener presente confini e limiti + tutelare l’utente con la consapevolezza di dover fornire rimandi a genitori, al committente o all’inviante (scegliere quanto dire nella tutela del soggetto) CODICE DEONTOLOGICO, CODICE DEL GRUPPO IL GRUPPO NEL CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI art. 3: accrescere le conoscenze sul comportamento umano utlizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità gruppo = snodo tra dimensione individuale e comunitaria art. 14: o nel caso di inrervento su o attraverso gruppi informare nella fase iniziale sulle regole che governano l’intervento o impegnare i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza emergere elementi di rilevanza deontologica specifici del lavoro con e nei gruppi esplicitare con chiarezza le regole dell’intervento ai partecipanti e l’estensione agli stessi del vincolo alla riservatezza suille informazioni emergenti nel gruppo art. 11: psicologo tenuto al segreto professionale o non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale o non informa sulle prestazioniprofessionali effettuate o programmate il riferimento alla riservatezza non vincola i partecipanti del gruppo su un piano etico ma li riconduce alla fondazione del rapporto di fiducia e reciproco rispetto art. 24: psicologo nella fase iniziale del rapporto fornisce all’individuo, al gruppo o alla comunità informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le loro finalità e modalità, e il grado e i limiti giuridici della riservatezza art. 4: psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione e all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni, ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori, non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, astrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità impegnare i partecipanti al gruppo al medesimo rispetto in virtù della tutela del gruppo avvalendosi della propria responsabilità + della trama di relazioni reciproche che costituiscono il codice del gruppo art. 5: o mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale con particolare riguardo ai settori dove opera o riconoscere limiti della propria competenza usare solo strumenti tecnicopratici per cui ha acquisito adeguata competenza e formale autorizzazione il gruppo è un’entità complessa con cui si è preparati a lavorare dopo una formazione specifica e impegnativa UNA PRIMA SGROSSATURA: IL CODICE, LA RADICE, IL GRUPPO, LA MATRICE Codice = luogo elettivo del pensiero critico sulla propria identità professionale in esso è inscritta la storia della professione dello psicologo e i vincoli sono epistemologici dell’agire si articola intorno a quattro imperativi-guida: o meritare la fiducia del cliente o possedere una competenza adeguata a rispondere alla domanda del cliente o usare con giustizia il proprio potere o difendere l’autonomia professionale Bion identifica quattro modalità di funzionamento dinamico degli individui all’interno di un gruppo: o assetto di gruppo di lavoro o dipendenza o accoppiamento o attaco-fuga imperativi-guida di Bion per dare ragione del funzionamento degli individui nei gruppi sono dialettici rendono ugualmente l’idea di individui che nel legarsi in gruppo generano codici che devono poi assecondare matrice il punto di riferimento è la matrice psichica del gruppo (Foulkes) o matrice personale = riguarda l’individuo a partire dalla sua esperienza costitutiva di componente di un gruppo (quello famigliare originario) in cui ha incorporato l’intero insieme di rapporti o matrice di base = rappresenta il presupposto della comunicazione all’interno di un determinato grupo etnico, il sostrato accomunante la cui presenza consente l’immediata possibilità di comprendersi (ad esempio attraverso la gestualità) o matrice dinamica = si costituisce all’interno della relazione gruppale come fatto peculiare di quello specifico gruppo rappresenta la visualizzazione di quanto avviene nel qui ed ora in termini di comunicazione anche inconscia ed è in perenne trasformazione nel gruppo confluiscono matrici personali + di base e attraverso le relazioni interpersonali si realizza una nuova matrice condivisa influenza come imperativo-guida: o il funzionamento del gruppo o il comportamento dei singoli individui imperativi-guida del codice possono essere rivisitati immaginando il loro corrispettivo nella genesi e nello sviluppo di un gruppo: o meritare la fiducia del cliente = fase di fondazione del gruppo processo di formazione di una matrice comune lavoro di costruzione dei vincoli e delle tutele permettono ai membri del gruppo un sentimento di appartenenza il gruppo attraversa continue rifondazioni possedere una competenza adeguata a rispondere alla domanda del cliente = sviluppo di una specifica competenza nella lettura dei processi sociali, transpersonali, intrapsichici + di come questi si innestino simultaneamente nelle trasformazioni del gruppo o usare con giustizia il proprio potere = acquisizione di una posizione di conduzione conduttore ha responsabilità maggiore e differente rispetto a ciascun membro del gruppo o difendere l’autonomia professionale = dosaggio tra ingroup ( = elementi di rafforzamento dell’appartenenza) e outgroup ( = possibilità di aprirsi ad altre gruppalità) o UNA DEFINIZIONE RAGIONATA DI GRUPPO il gruppo compare in letteratura con accezioni eterogenee o raggruppamento di individui o individui legati emotivamente tra loro o insieme artificiale di individui creato ai fini della ricerca in laboratorio o strumento di cambiamento individuale e sociale o articolazione strutturale delle organizzazioni sociali o trattato in modo polarizzato come: strumento di intervento oggetto di studio necessità di evitare polarizzazioni rigide considerare entrambe le posizioni come facce differenti e complementari della stessa medaglia gruppo si costituisce a specchio di una organizzazione mentale sia individuale che collettiva, ontologicamente forgiata dal sociale la nascita del pensiero e delle rappresentazioni sociali si fondano entrambe in una matrice germinativa transpersonale l’uomo è ontologicamente determinato ad una vita collettiva la vita mentale si preforma in essa gruppo = specifico assetto di funzionamento mentale transpersonale gruppo = luogo mentale in cui la dinamica di decostruzione di un pensiero saturo verso un pensiero del cambiamento può essere agita mediazione tra concezione del gruppo come oggetto di studio e gruppo come strumento psicologo è soggetto al campo mentale interpretare lo spirito del gruppo secondo il Codice Deontologico non è formulato per ripercorrere ogni casistica ma per essere uno strumento flessibile e in progress al servizio della professione si trovano indicazioni di principio (non la definizione degli innumerevoli oggetti di lavoro che si vanno via via riformulando) PSICOLOGIA CONSULTORIALE: TUTELA DELLA SALUTE FRA ETICA, NORMA E PRASSI IL CONSULTORIO FAMIGLIARE art. 1 legge 405/1975 = scopi servizio consultoriale o assistenza psicologica e sociale per: preparazione alla maternità / paternità responsabile problemi di coppia e famiglia (anche in ordine alla problematica minorile) o somministrazione mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia / dal singolo riguardo la procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni ertiche + dell’integrità fisica degli utenti o tutela della salute della donna + del prodotto del concepimento o divulgazione informazioni idonee a prevenire la gravidanza consigliando metodi e farmaci adatti a ciascun caso art. 4 legge 405/1975 = gratuità delle prestazioni del consultorio famigliare per i cittadini italiani e stranieri volti diversi dalle etnie diverse, soprattutto donne richiesta mediazione regioni italiane dettagliano ulteriormente compiti e onìrganizzazione dei consultori famigliari con una propria normativa di riferimento LO PSICOLOGO IN CONSULTORIO multidisciplinarietà alla base della struttura consultoriale o ostetriche o assistenti sanitarie o infermiere o medici ginecologi o medici pediatri o infermieri pediatrici o puericultrici o assistenti sociali o mediatori linguistici e culturali o consulenti legali o educatori o psicologi la presenza dello psicologo è prevista per legge consultorio famigliare = servizio di base orientato alla prevenzione, informazione ed educazione sanitaria diagnosi e cura competenze primarie l’attività di un operatore consultoriale si declina lungo alcuni percorsi istituzionalizzati: o nascita da fase preconcezionale (scelta di una coppia di avere un bambino) a assistenza durante il puerperio (attenzione particolare a gravidanze fragili e problematiche) o neonatalità ( particolare riferimento alla promozione dell’allattamento al seno) promozione della salute sessuale da interventi preventivi in ambito scolastico e comunitario a consulenza in contesti più ginecologici o prevenzione e diagnosi precoce dei tumori femminili o domanda d’interruzione volontaria di gravidanza o progetti d’integrazione socio-sanitaria legati agli Spazi Giovani universo adolescenziale e del giovane adulto o consulenze a coppia e famiglia da terapia sessuologica a mediazione del conflitto o protocolli d’intervento nel prevenire e assistere casi di maltrattamento e violenza uscire dalla stanza lavorare in un consultorio famigliare significa spesso attraversare confini o confrontarsi ed integrarsi con altre personalità tradurre e duttilizzare il proprio linguaggio e i propri codici interpretativi o cercare ed accogliere nuovi interlocutori oltre il paziente esigenza imprescindibile quando la tutela della salute è così intessuta alla tutela delle relazioni o necessità di indirizzare verso altri servizi e interventi analizzare una domanda e saperla accompagnare verso luoghi idonei è una competenza e un compito di primaria importanza consapevolezza che alcune domande non potranno trovare risposta entro i propri confini istituzionali o esigenza di curiosità e attenzione alle culture-altre ascoltare e tollerare valori, accezioni, logicità, criteri e sensibilità che ci fanno sentire estranei all’altro o esplorare un mondo in cui il genere maschile è una minoranza occasione per superare eccessi di limitazione all’individualità + a un solo intervento di genre uscire dalla propria stanza = presupposto etico teso all’assunzione del paziente come persona, essenza ed esistenza arrivo di un paziente in consultorio = incontro tra molteplicità: o della sua natura e suoi bisogni o delle nostre professioni e nostro modo di guardare all’altro interruzione volontaria di gravidanza ampie e profonde implicazioni etiche e deontologiche art. 4 Codice Deontologico: psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione e all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni, ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori, non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, astrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità legge 194/1978 interruzione volontaria di gravidanza: o entro i primi 90 giorni circostanze per cui la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comportano un serio pericolo per la sua salute fisica / psichica: la donna si rivolge a un consultorio pubblico / struttura socio-sanitaria abilitata / suo medico di fiducia o dopo i primi 90 giorni è possibile quando: o gravidanza o parto comportino un grave pericolo per la vita della donna sono accertati processi patologici (tra cui anomalie o malformazioni del nascituro) che determinino un grave pericoloi per la salute fisica o psichica della donna ruolo dello psicologo: esplorazione con la donna e con la coppi delle motivazioni che inducono alla scelta di abortire quando possibile superare le cause che potrebbero indurre la donna all’aborto art. 2 legge 194/1978: aiutare una donna a superare le cause che potrebbero indurla ad interrompere una gravidanza = anche informarla su: o suoi diritti di cittadina e lavoratrice o servizi sociali / sanitari / assistenziali o associazioni di volontariato o possibili strade alternative all’aborto parto segreto / portare a termine la gravidanza ma non riconoscere il neonato età minima per dare proprio consenso a un rapporto sessuale in Italia: 14 anni ruolo prioritario della tutela psicologica della persona (a scapito dell’obbligo di denuncia?) art. 2 legge 194/1978: la somministrazione su prescrizione medica dei mezzi sanitari per conseguire le finalità liberamente scelte sulla procreazione responsabile consentita anche ai minori eccezione di quanto disposto nell’art. 31 del Codice Deontologico: prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono subordinate al consenso di chi esercita la potestà genitoriale o la tutela art. 12 legge 194/1978: la richiesta di interruzione di gravidanza secondo le procedure legali è fatta personalmente dalla donna se la donna è minorenne: richiesto l’assenso di chi ne esercita la potestà o la tutela nei primi 90 giorni della gravidanza se ci sono seri motivi che sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela o se queste rifiutino il loro assenso / esprimano pareri tra loro difformi: consultorio / struttura sanitaria / medico di fiducia espleta i compiti e le procedure il giudice autorizza la donna dopo una relazione del consultorio / struttura sanitaria / medico di fiducia parere dello psicologo = opinione capace di orientare la condotta art. 7 Codice Deontologico: esporre ipotesi interpretative alternative e esplicitare i limiti dei risultati giudizi professionali relativi (riconoscimento del carattere probabilistico della scienza psicologica) denuncia dei limiti del proprio sapere (fondato comunque su informazioni valide e attendibili)