La Vitamina D La Vitamina D è un pro-ormone liposolubile coinvolto nella regolazione del calcio che è in grado di ridurre il rischio di tumori, la sintomatologia di malattie autoimmuni, neurodegenerative e cardiovascolari. Per il 90% è sintetizzata dalla pelle quando è esposta direttamente alla luce solare, recisamente quando i raggi ultravioletti della banda B (315-280 nm) incidono sulla pelle. Il restante 10% è assunto tramite dieta. Nell'ultimo decennio l'RDA giornaliera è stata oggetto di numerosi studi che ne hanno periodicamente riconsiderato il valore raccomandato. Fino a qualche tempo fa la funzione più nota della Vitamina D era soprattutto legata alla sua forma idrossilata dal fegato, il calcidiolo 25(OH)D, fattore fondamentale per l'assorbimento intestinale del Calcio (oltre ad altri minerali) per cui un suo deficit si pensava favorisse il rachitismo e l'osteomalachia. Gli ultimi studi hanno individuato ulteriori recettori (VDR=Vitamin D Receptor) per la forma attivata dai reni, il calcitriolo, in 35 tipi di cellule. Senza contare che anche diversi altri tipi di cellule (specialmente macrofagi e cellule dendritiche oltre a quelle epatiche) sono in grado di attivarla 'in loco'. La vitamina D svolge una azione pleiotropica cioè in grado di influenzare una molteplicità di funzioni differenti, difatti regola l'espressione di 900 geni diversi [0], qualcosa che travalica enormemente la classica funzione di protezione ossea. Va un pò sfatata la convinzione che la Vitamina D abbia un diretto effetto anabolico sull’osso migliorandone la mineralizzazione, al contrario il suo effetto è solamente quello di aumentare il calcio disponibile per la promozione dell’assorbimento intestinale. L'effetto di mineralizzazione diretta dell'osso è negativo in quanto la Vitamina D, insieme al PTH, promuove il processo osteoclastico, favorendo l’aumento della calcemia, cioè del calcio ematico prelevandolo dal tessuto osseo e, promuovendo anche il differenziamento dei promielociti, cellule staminali midollari, in osteoclasti polinucleati (cellule demolitrici dell’osso) e tramite la promozione di trascrizione di RANK promuovono la stessa attività demolitrice di queste cellule. Pertanto integrare la Vitamina D ad alte dosi e senza lo stretto controllo medico può comportare alcuni effetti indesiderati anche pericolosi. Alcuni studi hanno rilevato che il deficit di vitamina D è correlato con maggiori rischi di autoimmunità e minor difese contro il cancro. Sono stati individuati effetti sfavorevoli nei confronti del cancro della prostata, del colon e della mammella. La vitamina D è anche in grado di aumentare la risposta immunitaria innata contro i microbi [2]. E' in grado di modulare processi del sistema immunitario riguardanti i linfociti T helper (in particolare al Th17 che è il responsabile della iper-reazione dei processi autoimmuni come nella sclerosi multipla) agendo sull'interleuchina-23 (IL23), responsabile della comunicazione chimica tra cellula sentinella (dendritica) e la cellula soldato (leucocita T-Helper). La VItamina D attivata riesce anche ad aumentare la lisi (morte) delle cellule molto proliferative (come quelle tumorali) e la differenziazione cellulare (e le cellule tumorali sono molto poco differenziate). In alcuni tipi di cancro e nei linfomi avere valori di vitamina D inferiori a 25 ng/L comporta una prognosi del doppio peggiore. Il rilevante numero di ricerche sul tema (circa 5000 negli ultimi 5 anni) testimonia l'enorme interesse nell'indagare se la carenza di questa vitamina è potenzialmente in grado di aumentare il rischio per molte patologie e peggiorerebbe il decorso e se, al contrario, la sua integrazione (meglio se a dosi personalizzate) ne ridurrebbe i sintomi soprattutto ove l'intervento fosse tempestivo e preventivo. Le risultanze positive sono incoraggianti anche se non tutti gli studi riescono a confermare risultati come l'aumento dell'aspettativa di vita di circa il 7% per chi ha valori normali di vitamina D. Gli studi a favore o contro la Vitamina D non sempre sono significativi a cuasa delle difficoltà nel reperire campioni e dosi adeguate. Gli studi [1] in vitro e randomizzati, in doppio cieco e con un gruppo di controllo placebo sono incoraggianti. Gli studi non positivi spesso si riferiscono a concentrazioni o troppo alte o troppo basse o non personalizzate o un basso numero di soggetti o mancanza di dati sui livelli sierici della vitamina o includono soggetti non in buona salute o con malattie che si possono correlare a difetti nell'assorbimento, attivazione o recettorialità della vitamina stessa. Logicamente la parte che più di tutte desta attenzione è quella riguardante le alte dosi di integrazione considerate non tanto per il rischio di ipercalcemia che pur esiste ma può esser facilmente scongiurato misurando il PTH quanto piuttosto perchè è un dato oggettivo difficilmente discutibile. E' importante quindi non lasciarsi influenzare da conclusioni parziali di uno particolare studio ma è meglio valutare ogni studio inserito in un più ampio metodo valutativo. Ad esempio uno studio per il quale la somministrazione di vitamina D orale ha dato addirittura risultati opposti a quelli sperati riguardo all'influenza è, per stessa ammissione dei propri ricercatori, suscettibile di molte critiche. A causa di questo affastellarsi di risultati senza un chiaro criterio omogeneo è difficile capire quando il deficit di vitamina D sia causa di una qualche malattia e quando avvenga il contrario. Una ipotesi sostiene che la Vitamina D è prodotta in grande quantità quando richiesta dal corpo e quindi la variabilità di utilità ed efficacia di produzione non consentirebbe di realizzare studi definitivi e universalmente riconosciuti la qual cosa mi sembra sensata anche considerando che la vitamina D è il metabolita che si relazione con la luce e quindi il suo funzionamento e relazioni potrebbero essere molto più complesse di quel che comunemente si crede.. Gli effetti positivi della Vitamina D già confermati riguardano la remissione dei sintomi per la psoriasi e la vitiligine; quelli ancora sotto investigazione ma per i quali si nutrono molte speranze riguardano tutte le malattie autoimmuni ad oggi note (tra le quali Sclerosi Multipla, Malattia di Raynaud, Artrite reumatoide, Lupus, Morbo di Crohn) oltre a una lunga lista di patologie ( tra le quali Ipertensione, Sistema cardiocircolatorio, Diabete di tipo I e II, Influenza, Frattura dell'anca, Cancro, Problemi mestruali, Rischi di parto cesareo e della maternità, Basso peso alla nascita, Malattia renale cronica, Fibrosi cistica, Tubercolosi, Rachitismo, Infezioni del tratto respiratorio, Anemia falciforme, ulcera alle gambe, lesione cerebrale traumatica, morbo di Parkinson, Insufficienza cardiaca congenita (bambini), Infezioni dell'orecchio medio (bambini), gengiviti, miglior trofismo muscolare (anziani), uso degli antibiotici (anziani), bassa statura (bambini), Diabete gestazionale, miglioramento della pompa cardiaca dopo un attacco di cuore, Cancro della prostata, Asma, Depressione, deficit nel latte materno, Fibromialgia, Orticaria cronica, Colesterolo, Perdita di peso, Broncopneumopatia cronica ostruttiva, Qualità della vita, Sopravvivenza in unità di terapia intensiva, Sindrome della gambe senza riposo, Epatite C, Schizofrenia, Autismo, Ovaio micropolicistico, Iperparatiroidismo primario ). Gli effetti della Vitamina D riguardanti la modulazione della cascata proinfiammatoria del Th1 incidono certamente su molti tipi di infiammazioni ma, indirettamente, anche su tutta una serie di patologie in cui il sistema immunitario è cofattore, ad esempio la depressione dove incidono sia lo stress che l'infiammazione. Ecco perchè il sole fa bene a chi è depresso mentre la pioggia, al contrario, rende un pò tristi. Un effetto importante della vitamina D scoperto di recente è il potenziamento che la forma attiva della vitD esercita sulla porzione di gene CBS deputata alla deplezione dell'omocisteina, aminoacido che se superiore alle 8 umoli/L può aumentare enormemente i fattori di rischio per malattie cardiovascolari, tumori, infertilità, osteoporosi, malattie neurodegenerative. L' argomento è di grande importanza se si pensa che solo riguardo ad una malattia come l'osteoporosi in Europa ne soffre circa una donna su tre nonostante il largo uso di latticini e la relativa abbondante assunzione di calcio (anche se animale e quindi molto meno biodisponibile di quello vegetale). Il dato allarmante è che più del 50% dei giovani adulti italiani in buona salute di razza caucasica ha un deficit di vitamina D, non solo, bisogna aggiungere che la maggior parte di essi non è a conoscenza dei rischi che corre e non si preoccupa di favorire una corretta esposizione giornaliera ai raggi solari (quando ci sono). Nella figura sottostante, a titolo puramente esplicativo, sono riportati i dati di alcuni paesi dai quali si evince che il continente europeo e, in particolari, tutti i paesi al di sopra di certe latitudini, sono molto interessati dal problema. [misses fig.] Avere meno di 30 ng/L di calcidiolo (25(OH)D3, la forma sierica della vitamina D attivata dal fegato) significa avere un'insufficienza, mentre averne meno di 10 significa avere una carenza più grave. I bambini, dal momento della nascita, hanno un fabbisogno doppio rispetto a quello di un adulto, si arguisce che anche negli ultimi mesi di gravidanza il fabbisogno di vitamina D della madre sia di circa 3 volte la dose (due dosi per il feto che in utero è al buio e, per la vitamina D, dipende completamente dalla madre). La vitamina D che passa la barriera placentare e raggiunge il feto al buio dell'utero materno è della forma già attivata dal fegato materno (il calcidiolo, 25(OH)D3, la forma idrossilata della vitamina D) probabilmente perchè il feto non ha ancora un fegato in grado di attivarla e quindi si deve procurare la forma già idrossilata. Dal latte materno invece passa la forma di vitamina D inattivata e difatti già dopo il terzo giorno di vita il fegato del neonato inizia a funzionare ed è quindi teoricamente in grado di attivarla in modo autonomo. Gli anziani hanno una resistenza agli effetti positivi della Vitamina D del 30% in meno e producono meno colecalciferolo a parità di esposizione al sole quindi si ritiene che si debbano esporre ai raggi UVB in modo maggiore rispetto ad un adulto. Per intenderci chi fa vita da ospizio dovrebbe prevedere un'esposizione al sole senza filtri per un tempo sufficiente ogni giorno e poi, alle nostre latitudini, nei mesi invernali, anche un'integrazione orale. L'effetto positivo sui muscoli da parte della vitamina D favorisce la diminuzione di fratture a causa dell'osteoporosi proprio per il miglior trofismo muscolare. Un recente studio greco ha stabilito che tra vari fattori di rischio (BMI cioè l'indice di massa corporea, l'età, l'esser fumatori, il cosumo di alcohol e l'assunzione di calcio) i fumatori hanno un rischio maggiore di essere carenti di Vitamina D. Smettere di fumare comporta per chi ha tra i 40 e i 50 anni un'innalzamento progressivo dei livelli medi di Vitamina D di circa 10 ng/L. Identici rischi possono nascondersi in chi si espone al sole in modo inadeguato, nei praragrafi successivi sarà spiegato come esporsi correttamente al sole nelle varie stagioni. La maggior produzione di Vitamina D avviene nei due strati più profondi di cui è composta l'epidermide (quello basale e quello spinoso) a partire dal 7-deidrocolesterolo che viene irradiato dalla radiazione solare nella gamma UVB. Il processo di trasformazione da 7-deidrocolesterolo in pro-vitamina D e poi in Vitamina D richiede uno o due giorni. La vitamina D prima di poter esplicare la sua funzione benefica deve essere attivata in due fasi, la prima da un enzima prodotto dal fegato e la seconda da un enzima prodotto dai reni dipendente dal PTH (paratormone prodotto dalle paratiroidi) e quindi trasportata dalla sua proteina specifica (la proteina legante la Vitamina D) attraverso il sangue agli organi bersaglio (più di 35 tipi di cellule esprimono il recettore VDR). Non basta produrne una quantità sufficiente ma bisogna anche evitare di avere difficoltà nella sua duplice attivazione (idrossilazione) e di non subite fenomeni di 'resistenza' nei recettori cellulari tra l'altro condivisi dai retinoidi della Vitamina A (RXR). Non è facile stabilire la corretta funzionalità di tutte le componenti, per cui è importante che non vi sia deficit nell'organismo e poi si può procedere per gradi sotto la guida del proprio medico. Nella figura sottostante è riportato lo schema riassuntivo di come ci si approvvigiona, si immagazzina, si espelle e quale forma di Vitamina D è utile. Il matabolita attivo finale della Vitamina D, il calcitriolo, esplica la sua azione nel momento in cui riesce a legarsi al recettore VDR ad esso affine. Raramanete può accadere che questa affinità venga meno, in questo caso l'efficacia della vitamina D sarebbe praticamente vanificata. Più spesso accade che se diminuisce l'affinità recettoriale per esempio a causa di alcune debolezze congenite nel DNA, per esplicare una certa azione diventa necessario esporre al recettore una concentrazione di metaboliti attivi più alta rispetto alla norma. E' quindi utile riuscire a capire se ad esempio esistono polimorfismi (mutazioni genetiche sfavorevoli) relativi ai VDR. In letteratura esistono diversi studi relativi a ciò. Uno studio tedesco del 2013 condotto su 250 pazienti (più 250 di controllo) ha identificato 3 SNP (Single Nucleotide Polymorphism) riguardanti alleli del VDR (BsmI (rs1544410) G, ApaI (rs7975232) C e TaqI (rs731236) T) che più di altri predispone alla dermatite atopica. Studi similari per area geografica e per patologia hanno individuato la correlazione con altri geni e polimorfismi. Chi abbia mutazioni riguardanti l'affinità recettoriale ha spesso bisogno di integrare molto più di altri la vitamina D. Si rammenta che il recettore VDR è condiviso con i retinoidi. La vitamina D nativa usata per l'integrazione è liposolubile e viene assunta in maniera più efficace durante i pasti e comunque in presenza di grassi in quanto è meno idrosolubile delle forme attivate idrossilate (calcidiolo e calcitriolo). La quantità eventualmente in eccesso viene immagazzinata nel fegato e nel tessuto adiposo. Per questo motivo gli obesi hanno bisogno di una integrazione maggiore proprio perchè l'adipe ne sequestra un quantitativo maggiore. L'idrossilazione del fegato la fa diventare idrosolubile e quindi la quantità in eccesso è regolata e smaltita con le urine per cui è raro raggiungere livelli serici tali da causare effetti indesiderati (riassorbimento del calcio dalle ossa) se la funzionalità renale è buona e il PTH si mantiene su livelli superiori allo zero (questo perché il PTH si abbassa se la vitamina D raggiunge valori troppi elevati). Un basso indice di depositi lipidici espone a maggior rischio carenziale. Il fegato idrossila il colecalciferolo con la compartecipazione della vitamina B2 in posizione 25, la 0,25(OH)D, viene rilasciata in base allo stimolo degli enzimi (la cui maggior parte è presente nei reni ma non solo) CYP2R1 e CYP27B1 per produrre una nuova idrossilazione in posizione 1 che la trasforma in 1,25(OH)2D. E' stato recentemente scoperto che l'attivazione della vitamina D avviene anche a livello autocrino e paracrino cioè nella stessa cellula (o in cellule adiacenti) che la utilizza e i tipi di cellule in grado di idrossilare la vitamina D non sono solo quelle del fegato e dei reni. L'enzima CYP27B1 è quindi espresso non solo nei reni ma anche in cellule di altri distretti come nelle paratiroidi e nelle cellule Beta del pancreas in cui la vitamina D esplica il suo effetto ormonale paracrino e autocrino. Questo è stato supposto perchè l'enzima CYP27B1 è stato trovato non solo nei reni. In pratica se anche i reni smettessero di funzionare alcuni organi sarebbero in grado di attivare una certa quantità di vitamina D in loco diminuendo il deficit a riprova dell'importanza di questo ormone per la buona salute dell'organismo. L'emivita del colecalciferolo è di 24 ore, quella del calcidiolo di meno di 2 settimane, mentre quella del suo metabolita attivo, il calcitriolo, è di meno di 5 ore. Il livello di Vitamina D è molto correlato al valore dell'ormone PTH (Paratormone) prodotto dalle Paratiroidi. Quando si alza il livello di vitamina D si abbassa il PTH e viceversa. Esprimere contemporanemante bassi o alti valori di vitamina D e PTH sono casi che necessiterebbero ulteriori indagini. Un basso valore di vitamina D, in genere, si correla con un alto valore di PTH (non necessariamente sopra soglia) e viceversa. La quantità di 1,25(OH)2D (calcitriolo) prodotta è direttamente proporzionale alla quantità di substrato sierico 25(OH)D presente per cui l'enzima renale CYP27B1 è stimolato a produrre dal PTH più o meno vitamina D attivata in modo lineare rispetto alla quantità di 25(OH)D circolante. La vitamina D incide fortemente nell'omeostasi del calcio per cui elevare i suoi valori comporta un aumento dell'assorbimento intestinale di calcio e del riassobimento del calcio nei tuboli renali che altrimenti sarebbe espulso nelle urine. Avere valori inferiori a 25 ng/L comporta il riassorbimento (estrazione) di calcio dalle ossa e dai denti. Assumere alte dosi di vitamina D (superiori a 10.000UI/die) senza controllo medico e per molti mesi può comportare un amento dei valori del calcio nel sangue se non si fa sufficiente attività fisica e se non si segue una dieta a basso apporto di calcio. Per trattamenti di lungo periodo va considerato il rischio di calcificazioni nelle arterie (su persone sedentarie e con un deficit di idratazione). A tal proposito può essere utile la supplementazione con vitamina K2 cioè nella forma che non incide sul profilo trombofilo ma in quella che estrae il calcio dai tessuti molli per portarlo nei tessuti ossei. L'ipercalcemia può essere un effetto indesiderato di una integrazione a dosi incontrollate oppure a causa di un iperparatiroidismo primario. In pratica a indurre ipercalcemia non sarebbe un effetto tossico della vitamina D quanto piuttosto la mancata corretta sensibilità del paratormone alla quantità di vitamina D serica circolante ( 25(OH)D ). Similmente una acidosi sierica produce una estrazione di calcio osseo per tamponare l'acidità e ciò contribuisce a una maggior deplezione renale di vitamina D a causa dell'aumentata calcemia. Con l'aiuto di un medico bisognerebbe controllare periodicamente (ogni qualche mese circa) che il valore del PTH non scenda sotto i livelli minimi e non 'plafonizzi'. Ciò garantirebbe una adeguata funzionalità renale e valori di calcio entro la norma. Per ridurre il rischio di formazione o ingrossamento dei calcoli renali per chi assume elevate dosi di vitamina D (> 10.000 UI/die) può anche essere utile assumere la riboflavina (vitamina B2). Il fatto che alcune persone possano aver bisogno di livelli di vitamina D molto superiori alla norma è supposto essere in relazione con una maggiore resistenza agli effetti positivi della stessa vitamina che l'organismo è in grado di sopportare seguendo particolari stili di vita (bevendo molto e facendo moto regolarmente ma senza esagerare). I recenti studi hanno ridato valore all'abitudine di esporsi ai raggi UVB del sole in modo corretto minimizzando il rischio di melanoma maligno. Esponendosi correttamente basterebbe a produrre circa l'80% del fabbisogno di vitamina D di cui necessita il corpo. La dose di raggi UV che incide sulla pelle dipende da tanti fattori (latitudine, altezza, buco dell'ozono, etc) ai quali poi bisogna aggiungere altre condizioni particolari, infatti esporsi da dietro un vetro di soli 3 cm blocca il 95% della banda UVB mentre lascia passare i 3/4 della banda UVA, quella utile per l'abbronzatura temporanea e che è più correlata coi melanomi. La quantità in eccesso di Vitamina D prodotta sembra esser distrutta dal sole stesso, ragion per cui una sovraesposizione ai raggi solari non causa intossicazione ma non è raccomandabile dal momento che i raggi UVA contribuirebbero all'invecchiamento della pelle senza la protezione della vitamina D. Se si ha una pelle chiara che tende a scottarsi facilmente bisogna considerare che si può avere un aumento di produzione di vitamina D rispetto a un soggetto di pelle scura fino a 10 volte tanto quindi, a maggior ragione, è importante che ciascuno sia consapevole di quale sia il suo fototipo e il suo fabbisogno giornaliero di esposizione. Se si vogliono ridurre al minimo i rischi di carcinogenesi è necessario esporsi al sole in modo graduale, senza prodursi scottature, quindi nelle ore meno calde del giorno in estate e nelle ore centrali della giornata in inverno ma non basta seguire solo questa regola. Bisogna anche fare in modo da massimizzare la produzione di vitamina D senza oltrepassare la soglia minimizzando l'esposizione ai raggi UVA che però al mattino e alla sera sono più potenti dei raggi UVB. Questo significa che se uno si esponesse solo al mattino e alla sera ricerebbe più UVA che UVB, quindi andrebbe incontro a un maggior rischio di cancro. Un minimo di esposizione anche nelle ore centrali della giornata va fatto anche d'estate (10-20 minuti massimo) per concentrare la massima produzione di vitamina D in modo da contrastare l'effetto canceroso dei raggi UVA. Nelle ore centrali della giornata l'ipofisi (una ghiandola del cervello) non secerne l'ormone melanotropo (MSH), l'ormone che stimola la gran parte della melanina preposta alla protezione dalla pericolosità dei raggi UV. I motivi sono ancora motivo di indagine. Alcune ipotesi indicano che la sensazione di calore e scottatura che si avrebbe sulla pelle esponendosi al sole in orari centrali da sola basterebbe ad educare a non esporsi in certe ore senza alcuna abitudine graduale. Se non ci si sentisse sufficientemente sicuri di come esporsi correttamente al sole, se bisognasse recuperare situazioni deficitarie o si fosse in presenza di una patologia correllata col deficit di Vitamina D va considerata la possibilità di integrazione della vitamina D. La vitamina D è presente in natura in due forme, D2 (di origine vegetale) e D3 (di origine animale), la D2 ha una capacità funzionale 1000 volte inferiore rispetto alla D3 per cui per la determinazione dei valori sierici si considera utile principalmente la D3 e si ragiona sulla D3 che poi è quella in massima parte prodotta dalla pelle. Sapere se durante il corso dell'anno si va in difetto di questa vitamina non è semplice ma si può eseguire un test ematico. Questo test misura la forma idrossilata dal fegato e cioè il calcidiolo, 25(OH)D3. L'esame in genere può costare tra le 15 e le 40 E circa ed è il marker di vitamina D3 con il miglior compromesso qualità/costo. Le tempistiche per avere i risultati del test possono variare da una a tre settimane a seconda dei laboratori. In genere si consiglia di rilevare, oltre alla vitamina D, anche il PTH, la calcemia e la fosforemia per avere indicazioni più complete sull'omeostasi del calcio che è quello che serve per capire se ci sono rischi di calcemia. L'indicazione per una eventuale integrazione di esposizione e alimentare è che la Vitamina D sia in difetto ( senza che lo sia il Paratormone ). Quello che si può monitorare col test ematico è quindi il calcidiolo (o calcifediolo) e non il suo metabolita attivo (il calcitriolo). Il test ematico ripetuto a distanza di 3 mesi dall'inizio dell'integrazione può servire per determinare la differente capacità di idrossilare la Vitamina D dal fegato. Se dopo 3 mesi la concentrazione di vitamina D è aumentata di 10 ng/mL si è in presenza di una scarsa efficacia di idrossilazione, se è aumentata di 50 ng/mL invece si ha un enzima che fa molto bene il suo lavoro. La capacità idrossilante dei reni è invece messa in relazione alla massa renale funzionalmente attiva. In presenza di malattia renale cronica l'efficienza di conversione renale si riduce di conseguenza. L'eventuale stato carenziale va reintegrato preferibilmente in modo giornaliero. L'uso dei boli deve essere considerata per misure emergenziali e associata sempre a una chiara diagnosi sui motivi dello stato carenziale altrimenti nel giro di poche settimane si ricadrebbe nello stato carenziale oltre al fatto che la curva di diffusione ai tessuti non è lineare. Quindi aumentare la quantità e qualità dell'esposizione al sole sarebbe la cosa migliore da fare ma ove non fosse possibile (specie a certe latitudini e nei mesi invernali) bisognerebbe essere in grado di individuare la dose giornaliera raccomandata (RDA) di VItamina D da integrare con l'alimentazione o con la supplementazione. Su questo, purtroppo, non c'è ancora accordo tra lo IOM (Institute Of Medicine) e l'ES (Endocrine Society), il primo raccomanda 600 UI/die, la seconda 2000 UI/die. Il primo ritiene che vi siano dei limiti massimi non superabili, la seconda non pone alcun vincolo superiore all'integrazione. Recenti studi hanno stimato che i livelli di sintesi ancestrale di Vitamina D (nel paleolitico), con l'esposizione solare, si aggirassero tra i 10.000 e i 20.000 UI/die. Anche le stesse popolazioni che vivono all'equatore hanno livelli medi di vitamina D di 70 ng/mL. Per garantire un contributo positivo oltre che al sistema scheletrico anche al sistema immunitario studi recenti hanno corretto al rialzo l'RDA ipotizzando valori di intake anche di circa 8.800 UI/giorno, dose che garantirebbe appunto un livello di 50 ng/L di 25(OHD) nel sangue (invece che i canonici 30 ng/mL). Da altre fonti si sa che se si raggiungesse un livello di 50 ng/mL con una assunzione ad esempio di 4.000UI/die (tramite esposizione solare, cibo o integratori) si combatterebbe più facilmente il cancro alla mammella. Si deve ricorrere, sotto consiglio del medico, alla supplementazione essenzialmente nei seguenti casi: • se non è possibile produrla attraverso la pelle ( in inverno, per chi vive al chiuso, se si fa uso di creme solari ) • se non si segue un regime alimentare che permetta l'assunzione di adeguate dosi di vitamina D (olio di fegato di merluzzo) • se si ha un problema di attivazione ( a livello epatico o renale ) • se si ha un problema recettoriale ( magari genetico ) • se si assumono glucocorticoidi (cortisonici) o idrossiclorochina (antimalarico, antireumatico, antiLES) Le dosi e la posologia raccomandate più aggiornate dalla Società Italiana di Osteoporosi (SIOMMMS) sono qui riassunte. Per chi già manifesta particolari patologie autoimmuni può verificare l'opportunità di aumentare le dosi di integrazione oltre quelle raccomandate sotto stretto controllo medico e monitorando la calcemia, la calciuria nelle 24h e il PTH. Finchè il PTH non scende non si dovrebbero manifestare fenomeni di riassorbimento del calcio dalle ossa. Il metodo del Prof. Coimbra prevede dosaggi elevati (fino a 1000UI/kg di peso corporeo) e personalizzati, sotto stretto ed esclusivo controllo medico, uno stile di vita non stressante, dieta a basso apporto di calcio, bere molta acqua e fare regolamente moto per stimolare la tiroide a produrre più calcitonina che contrasta gli effetti del PTH abbassando la concentrazione di calcio nel sangue, assumere altri integratori per evitare la formazione dei calcoli renali (vit B2 che aumenta l'assorbimento della vit B6, magnesio che aumenta l'alcanità delle urine, cromo, vit K2) omega 3 e colina per migliorare la funzionalità della membrana cellulare. Non si deve procedere per proprio conto ma farsi assistere esclusivamente da un medico perchè la vitamina D può essere pericolosa o avere effetti indesiderati se si eccede con le dosi. Con l'alimentazione non è facile risolvere eventuali deficit nè stabilire la dose che si assume. L'alimento che più contiene la Vitamina D è il pesce azzurro pescato nei mari freddi del Nord (l'olio di fegato di merluzzo), il cui sapore non è certo gradevole. Con la cottura si degrada una percentuale di vitamina D variabile tra il 10% e il 50%. Ma in caso di necessità e di prescrizione del medico è meglio assumere il colecalciferolo, il calcifediolo o il calcitriolo ? La risposta non è univoca e dimende dalla condizione particolare di ciascuno, dal mese dell'anno, dal piano posologico, dall'obiettivo. Studi recenti confermano che il calcifediolo è circa 4 volte più potente del colecalciferolo per cui la posologia va diminuita di conseguenza. Tabelle di conversione tra le varie unità di misura usate per la VitD (ng/mL, nmol/L, ug, UI) 1 ng/mL = 2.5 nmol/L 1 nmol/L = 0.4 ng/mL 1 ug di vitamina D3 non attivata corrisponde a 40 Unità Internazionali, IU. A questo link si possono trovare le equazioni di conversione delle principali vitamine. La rapida evoluzione delle ricerche e la complessità dei meccanismi d'azione di questa Vitamina oltre che delle varie condizioni di approvvigionamento e attivazione richiedono sicuramente maggiore approfondimenti riguardo ii reali rischi ai quali eventuali categorie possono essere maggiormente esposte (bambini, anziani, donne in gravidanza e allattamento, persone che trascorrono al coperto la maggior parte delle ore diurne). E' bene che ciascuno cerchi di capire se può essere un soggetto a rischio ed eventualmente misurare i propri livelli di Vitamina D prima dell'inizio dell'inverno in modo da poter eventualmente sopperire ad un eventuale insufficienza o, peggio, deficit. Questo può aiutare a considerare uno stile di vita con più moto, un'alimentazione più attenta all'equilibrio e alla corretta associazione dei nutrienti e una eventuale supplementazione che va personalizzata e correlata alla funzione specifica di cui sia ha più bisogno che sia svolta: preventiva e/o terapeutica. Un metodo che si può considerare se si ha bisogno di integrare è di iniziare a integrare con una dose 'sicura' di circa 4.000UI/die (la metà di 8.000, la dose attualmente considerata da raccomandare) e poi, a distanza di tre mesi si rifà il test e se il valore è aumentato di 25 mg/mL allora si continua così, se è aumentato di soli 10 ng/mL si prendono 10.000 UI/die, se è aumentato di 50 ng/mL si prendono solo 2.000 UI/die. Dopo tre mesi si rifà il test e si controlla che il valore atteso sia stato raggiunto o mantenuto. Un valore di 80 ng/mL è considerato un buon valore protettivo ed efficace. Ovviamente il tutto deve essere sempre sottoposto al vaglio di un medico, meglio se specializzato in endocrinologia, soprattutto perché una eventuale ridotta funzionalità renale può causare effetti i collaterali indesiderati o potenzialmente pericolosi in caso di sovradosaggio o mancato smaltimento. Per chi ha già manifestato patologie o assume farmaci la sperimentazione fai-da-te deve essere assolutamente evitata. Bisogna cercare un medico che sia disponibile a monitorare e valutare le condizioni di salute generali e specifiche. Clikka quì (o sull'immagine sottostante) per la spiegazione riassuntiva Links utili: [0] Wang TT, Tavera-Mendoza LE, Laperriere D, Libby E, MacLeod NB, Nagai Y, et al. Largescale in silico and microarray-based identification of direct 1, 25-dihydroxyvitamin D 3 target genes. Mol Endocrinol. 2005;19(11):2685–2695. [1] Randomized trial of vitamin D supplementation to prevent seasonal influenza A in schoolchildren, PMID: 20219962 [2] Vitamin D and molecular actions on the immune system: modulation of innate and autoimmunity. Kamen DL(1), Tangpricha V Vitamin D Health (in inglese, sito del massimo esperto di vitamina D, il Dott. Holick) Vitamina D e sistema immunitario Linee guida sulla Vitamina D Intake vs Expxected levels A pilot study on Vitamin D Vitamin D Wiki Il protocollo Coimbra spiegato facile da Leonardo Rubini Protocollo Coimbra, Vitamina D e patologie autoimmuni Vitamin D: UV The Original Source Occorenze del termine 'Vitamin D' nel database MDPI Open Acces Journal Platform Precedenti differenze nel calcolo dell'RDA di VItamina D Effetto protettivo e preventivo della vitamina D contro il cancro della vescica Epidemiologia e fisiopatologia dell'osso, effetti del colecalciferolo, calcidiolo e calcitriolo Video: dosi e la posologia per gli over 65 per medici (la visione di chi non crede alla vitamina D) Studio sull'attivazione autocrina della D, emivita, dosi, gravidanza, allattamento, effetti su vari tessuti Vitamin D as a potential contributor in endocrine health and disease Low 25-OH vitamin D levels in childhood were associated with increased carotid [ntima-thickness] in adulthood Vitamina D e curcumina aiutano contro la demenza senile Vitamina D e dieta contro il diabete e la demenza senile Rischi di una esposizione al sole scorretta Vitamina D e infiammazione (meta analisi di 39 studi randomizzati in inglese) Vitamina D e Dermatite Atopica nei bambini (studio dell'Università di Chieti) Le funzionalità di barriera e la vitamina D Se l'argomento è stato di tuo interesse lascia un commento o un suggerimento a fondo pagina. Grazie -Questo articolo è stato pubblicato a scopi puramente informativi e non può sostituirsi in alcun modo al parere di un medico. In caso di dubbi sul proprio stato di salute bisogna sempre contattare il proprio medico curante o un altro professionista sanitario. Prima di iniziare qualsiasi programma nutrizionale o di integrazione chiedere sempre il parere al proprio medico di fiducia. Si declina ogni responsabilità dal seguire consigli senza averne parlato col proprio medico http://www.ciboinsalute.it/index.php/informati/salute/fisiologia/115-la-vitamina-d