Cure più efficaci per il tumore da amianto

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COME CURARE
Novità per il mesotelioma
Cure più efficaci
per il tumore
da amianto
Del mesotelioma si parla soprattutto
per vicende di cronaca,
ma la ricerca va avanti e si profilano
all’orizzonte terapie innovative
che dovrebbero arginare gli effetti
dell’atteso incremento dei casi
a cura di DANIELA OVADIA
è un tumore
che più di altri è
finito sui giornali, e non per
via dei successi
ottenuti nella cura: è il mesotelioma, un cancro della pleura (la “pellicola” che ricopre i polmoni) provocato soprattutto
dall’esposizione lavorativa o ambientale all’amianto.
Con le recenti sentenze che
hanno condannato la
ditta Eternit,
uno
dei
maggiori produttori mondiali
di amianto, a risarcire gli operai esposti alle pericolose fibre
’
C
Lastre di
Eternit, un
materiale
che
contiene
amianto
minerali, l’attenzione si è focalizzata soprattutto sulle
cause e sui rischi. È però importante ricordare che anche
sul piano delle cure si registrano interessanti passi avanti,
che offrono qualche speranza
in più per chi è malato.
“È importante proseguire nella ricerca di
una cura efficace perché questo tumore,
che ha un tempo di
latenza che può arrivare anche a decine di
anni, è destinato a crescere in futuro, specie
nelle aree dove la produzione di amianto è
andata avanti fino a
non molti anni fa, e nei
Paesi dove ancora si
estrae e si lavora l’asbesto, il minerale da cui si
ottiene la fibra di amianto” spiega Benedetto Terracini, uno dei padri dell’epidemiologia italiana
che da decenni segue con
12 | FONDAMENTALE | GIUGNO 2012
particolare attenzione l’evoluzione di questo tumore,
specie nella regione Piemonte, una delle più colpite perché sede di alcuni stabilimenti di produzione.
DI RECENTE NOTEVOLI
PROGRESSI NELLA CURA
“Negli ultimi anni sono
stati fatti notevoli progressi
nella diagnosi e nella cura del
mesotelioma” spiega Giovanni Ceresoli, oncologo dell’Istituto Humanitas di Rozzano
che, con l’équipe guidata da
Armando Santoro, ha fatto
parte in anni recenti di una
sperimentazione per una
nuova combinazione di chemioterapici. “In Italia siamo
tra i massimi
esperti
al
mondo in
questa malattia”. Tra
gli studi
che hanno
portato a
nuovi protocolli terapeutici,
anche quello che combina sostanze come il
In questo articolo:
mesotelioma
amianto
terapie innovative
carboplatino e il pemetrexed:
la sperimentazione ha mostrato che si tratta di una cura
altrettanto efficace di quelle
più vecchie, ma con meno effetti collaterali.
Un vantaggio terapeutico
dovrebbe invece venir fuori
da un’altra molecola frutto di
oltre 25 anni di studi presso
l’Istituto Mario Negri di Milano. “La trabectedina è una sostanza estratta dalle profondità marine” spiega Maurizio
D’Incalci, capo del Dipartimento di oncologia del noto
centro di ricerca farmacologica. “Dopo aver dimostrato la
sua efficacia nei sarcomi
e in altri tumori dei tessuti molli, oggi è in
sperimentazione
anche sul mesotelioma. Ovviamente ora
viene riprodotta in
laboratorio e non è
più necessario estrarla da fonti naturali”.
La trabectedina, la cui
sperimentazione è
condotta insieme all’ospedale San
Gerardo di
La ricerca
sul mesotelioma
è molto sviluppata
in Italia
Monza e vede coinvolti diversi centri in Lombardia e Piemonte, promette di aggredire
il tumore in un modo nuovo.
“La forza di questa molecola
sta nella sua capacità di modificare il microambiente che
circonda le cellule, come ha
dimostrato uno studio in collaborazione con i laboratori
dell’Istituto Humanitas”.
BIOTECH E MORBILLO
C’è anche chi sta percorrendo la via delle biotecnologie. È il caso di una società privata, la MolMed, nata nel
1996 come
spin-off
(cioè come
una sorta
di “costola
distaccata”)
dell’Istituto
San Raffaele di Milano. Nei
loro laboratori (e negli ospedali di tutto il mondo coinvolti nella sperimentazione di
fase III, cioè la più estesa
prima della messa in commercio di un nuovo farmaco)
è stato sintetizzato un fattore
di necrosi tumorale (l’NgrhTnf) in grado di interferire
con la crescita dei vasi sanguigni che portano nutrimento
alle cellule tumorali del mesotelioma pleurico. Si tratta
in sostanza di un farmaco
antiangiogenetico che ha
una bassissima tossicità per
il paziente proprio perché
tende a legarsi selettivamente ai vasi sanguigni tumorali
per distruggerli. Ora si attendono i risultati dell’ultima
sperimentazione prima di
fornire la sostanza a tutti i
centri specializzati.
Vi è anche chi tenta un approccio non prettamente farmacologico. È il caso di una
sperimentazione che ha fatto
molto discutere per i suoi
aspetti innovativi, portata
avanti dalla Mayo Clinic (uno
dei più grandi ospedali statunitensi) insieme al National
Cancer Institute e diretta
dallo pneumologo Tobias Peikert. “Esistono dei virus, come
quello del morbillo, che sono
in grado di distruggere le cellule che infettano”spiega Peikert. “La nostra ipotesi è che
un virus del morbillo opportunamente modificato possa
infettare le cellule tumorali
del mesotelioma pleurico e distruggerle”. Per ottenere ciò, i
medici statunitensi stanno
portando avanti una sperimentazione che prevede la
somministrazione direttamente nella pleura di una sospensione
di virus del
morbillo in
malati in
fase avanzata. “Attend i a m o
buoni risultati da questo studio” spiega Peikert. “Non ci
sono al momento terapie davvero risolutive per questo tumore in rapida crescita in
tutto il mondo e quindi dobbiamo aguzzare l’ingegno.
Qualsiasi strategia alternativa
a quelle classiche potrebbe essere il ‘cavallo di Troia’ che
consente di debellare davvero
la malattia”.
Farmaci biotech
puntano
a bloccare
l’angiogenesi
IL VACCINO A CELLULE
DENDRITICHE
Sulla base di un presupposto altrettanto innovativo è
stato sviluppato in Olanda un
vaccino contro il mesotelioma. Come la maggior parte
dei vaccini anticancro, viene
somministrato solo quando
la malattia è già presente. Si
tratta infatti di cellule dendritiche (cioè di cellule del sistema immunitario) provenienti dal paziente stesso e portatrici di un antigene tumorale
che a sua volta attiva le naturali difese dell’organismo
contro le cellule maligne. “Il
mesotelioma ha purtroppo la
capacità di deprimere la risposta immunitaria dell’orga-
EPIDEMIOLOGIA DEL MESOTELIOMA
CIFRE ALLARMANTI
l mesotelioma colpisce in Italia 19 persone per milione.
Non si tratta di un tasso particolarmente elevato, poiché
in Europa si registra una media che va da 15 a 33 casi per
milione di abitanti. Una revisione del New England Journal
of Medicine pubblicata già nel 2005 prevedeva, per i
successivi 40 anni, circa 250.000 decessi per mesotelioma
in Europa, 72.000 negli Stati Uniti, 103.000 in Giappone
(Paese dove l’amianto è stato utilizzato a piene mani nella
costruzioni del secondo dopoguerra) e 30.000 in Australia,
e il trend sembra confermato. In alcuni Paesi in via di
sviluppo, come l’India, l’estrazione e la lavorazione
dell’asbesto, il minerale dal quale si ricava l’amianto, sono
ancora molto diffuse e la malattia è quindi ben lontana
dallo scomparire. Nel nostro Paese l’uso dell’amianto è
stato vietato con la legge 257 del 1992 ma la latenza tra
l’esposizione e la comparsa della malattia può arrivare
anche a 30 anni.
I
nismo” spiega Joachim Aerts
dell’Erasmus Medical Center
di Rotterdam che conduce la
sperimentazione. “Per questo
stiamo lavorando a migliorare l’efficacia del vaccino, nella
speranza che possa essere
una strategia alternativa ai
farmaci quando questi perdono di efficacia”.
Ora l’attenzione dei medici è puntata anche sulla diagnosi precoce, perché se si
identifica il tumore nelle fasi
iniziali è più facile aggredirlo:
alcuni marcatori tumorali
studiati in anni recenti, come
l’osteopontina, si sono rivelati deludenti, poiché sono presenti anche in caso di infiammazione generica e quindi
danno troppi risultati falsamenti positivi. L’osteopontina viene comunque utilizzata
con successo per valutare l’efficacia delle cure e le eventuali ricadute.
Ora un gruppo di genetisti
statunitensi pensa di aver
identificato una mutazione
che spiegherebbe perché, a
parità di esposizione all’amianto, alcune persone si
ammalano (per fortuna la minoranza) e altre no. Si tratta
di un gene, chiamato BAP1,
che facilita la comparsa del
cancro ed è presente anche in
famiglie in cui vi è più di un
componente colpito. La scoperta è stata pubblicata sulla
rivista Nature Genetics.
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