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LIVINGSTON

COMMENTO AL LIBRO
Jonathan Livingston è un gabbiano dello Stormo Buonappetito. A differenza dei
suoi compagni, la passione vera di Jonathan Livingston è quella per il volo in sé e
per sé e non come un mero strumento utilitaristico per procurarsi il cibo, come
avviene per gli altri gabbiani. Se in un primo momento, per il timore di essere
diverso dagli altri membri dello Stormo, Jonathan reprime la propria passione, in
seguito egli decide di dedicarsi al volo con metodo ed esercizio costante, al prezzo
di grandi sacrifici. Jonathan diventa così un asso del volo, in grandi di compiere
straordinarie acrobazie ma, insofferente al rigido conformismo dello Stormo, viene
infine espulso dal Consgilio degli Anziani, che non accetta la sua spericolatezza.
Jonathan continua ad allenarsi in solitaria e a sperimentare delle nuove acrobazie,
finché un giorno incontra due gabbiani, dal piumaggio più luminoso e splendente
degli altri, che lo convincono a seguirli in un superiore, seppur temporaneo, livello
di esistenza, dove Jonathan incontrerà altri gabbiani che condividono la stessa
passione per il volo. Tra questi vi è Sullivan, un gabbiano-istruttore, e il più
anziano Chiang, che insegnerà a Jonathan come volare istantaneamente con il
pensiero. Il percorso di formazione di Jonathan prevede che egli alleni soprattutto la
sua mente, nella ricerca costante di un’idea di libertà che coincida con l’immagine
di una creatura superiore, il Grande Gabbiano. Quando Chiang svanisce verso una
dimensione superiore, Jonathan rimane con Sullivan a istruire i nuovi gabbiani. Ma,
nonostante le resistenze dell’amico, l’irrequietezza e la voglia di Jonathan di
trasmettere ad altri le sue conoscenze lo conducono di nuovo sulla Terra. Jonathan,
per completare il proprio perfezionamento filosofico, deve diventare, da studente qual
è, un maestro, capace di perdonare e istruire proprio lo Stormo Buonapettito che,
tempo prima, l’aveva cacciato. Jonathan applica allora questa legge d’amore come
prima applicava esclusivamente quella della ricerca della libertà: egli si rivede nel
giovane gabbiano Fletcher Lynd, in cui, come mentore, egli si rivede. Presto altri
gabbiani, desiderosi di apprendere le tecniche del volo libero, si aggregano a
Jonathan e al suo discepolo. Quando anche Fletcher è giunto al livello di maestro.
Jonathan capisce che la sua missione è conclusa e svanisce nel nulla.
Se si legge la dedica dell’autore posta in apertura del romanzo (“Al vero Gabbiano
Jonathan che vive nel profondo di tutti noi”) si comprende che il percorso di ricerca
del protagonista viene auspicato anche per il lettore. Jonathan Livingston è in
effetti una favola a sfondo spirituale, che descrive un percorso di miglioramento
interiore attraverso una serie di tappe intermedie. Qui la tradizione del romanzo di
formazione viene dunque spostata sul versante spirituale: ciò che importa è la salute
dell’anima e il volo del gabbiano è la metafora del distacco dal corpo e dal mondo
terrestre per abbracciare una dimensione celeste o comunque metafisica. La novella
di Bach è altamente rappresentativa di quel genere di narrazioni spirituali che si
sviluppano in America negli anni successivi al boom economico degli anni
Cinquanta e che vogliono contrastare gli aspetti più superficiali e materialistici di
una società in rapidissimo sviluppo, legata a doppio filo alla diffusione di un
consumismo sfrenato cui opporre, nella prospettiva di Bach, i valori metafisici della
ricerca di sé, della propria identità, di un valore assoluto cui obbedire a costo di ogni
sacrificio. Per il suo racconto spirituale, Bach ha cucito insieme elementi molto
diversi tra loro in un generico sincretismo filosofico che ha lasciato molto perplessi i
critici ma che ha conquistato più di una generazione di lettori, tanto che Il gabbiano
Jonathan Livingston è considerato in libro di cult. In particolare, vale la pena citare
quanto è stato scritto da Beverly Byrne in una delle recensioni appena uscita dopo la
pubblicazione: “Questo gabbiano è un Siddharta 1 atletico che si fa di latte in
polvere e che mastica il Coranotradotto da Bob Dylan”. 2.
Quello che viene polemicamente sottolineato qui è che la pluralità di fonti di
ispirazione - il buddhismo, l’Islam riveduto e corretto all’americana, i “paradisi
artificiali” offerti dalla droga nella sua versione innocua, come indica il riferimento
al latte in polvere - sono tra di loro filosoficamente incompatibili. Il percorso
spirituale del gabbiano finisce per avere in sé, secondo i suoi critici, qualcosa
di inautentico e pretestuoso. Probabilmente la verità sta nel fatto che Il gabbiano
Jonathan Livingston, come molti romanzi postmoderni, tende ad annullare la
distanza storica (e cioè, diacronica) tra esperienze culturali tra loro molto diverse
accorpandole in un’unità (sincronica) talvolta molto efficace dal punto di vista
narrativo ma che rischia di restare, filosoficamente, ad un livello molto superficiale.