LA RIABILITAZIONE DELLA DISFAGIA IN ETA’ PEDIATRICA Capitolo di “fondamenti di riabilitazione in età evolutiva” A.Cerchiari* *Coordinatore Logopedista Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’ Autore Dott.ssa Log. A. Cerchiari [email protected] Indice Introduzione Metodo Area teorica Studio dela deglutizione e del normosviluppo delle abilità grossomotorie e motorie orali Anatomia e fisiologia: una base per la funzione di alimentazione Anatomo- fisiologia della deglutizione Fase 1: Inserimento degli alimenti in cavità orale. Fase 2: Preparazione orale. Fase 3: fase orale Fase 4: la fase faringea Fase 5: Fase esofagea La fisiologia della deglutizione del bambino La suzione La masticazione Organizzazione neurologica della deglutizione I nervi cranici coinvolti nell deglutizione Cause di disfagia e di disordini deglutitori in età pediatrica La classificazione funzionale Disordini di deglutizione nella fase di preparazione orale Disordini di deglutizione nella fase orale Disordini di deglutizione nella fase faringea Disordini di deglutizione nella fase esofagea Area pratica La valutazione del bambino disfagico I criteri per un piano di trattamento alimentare razionale Strategie di trattamento e strategie di gestione Tipi di trattamento La terapia non alimentare La terapia alimentare Conclusione Bibliografia Riassunto Introduzione L’essere umano per raggiungere un’alimentazione adulta deve avere la capacità di muovere e coordinare 27 muscoli indipendentemente dal resto del corpo, la maturità neurologica per attivare gli automatismi oro – faringei, la capacità di coordinare la respirazione con l’atto deglutitorio, le competenze prassiche tali da essere in grado di potersi alimentare autonomamente portando il cucchiaio alla bocca con una buona coordinazione mano – bocca, deve, infine, sapersi destreggiare utilizzando le posate. Lo sviluppo delle abilità motorie orali e della funzione deglutitoria richiedono un alto livello integrato di controllo neuromuscolare e generalmente rispecchiano la maturazione neurologica (Sullivan B, 1996). E’ chiaro che di fronte ad un danno anatomico delle strutture orofacciali, ad un danno cerebrale, e/o ad un ritardo cognitivo, la funzione alimentare può essere severamente deteriorata. I bambini con disordini deglutitori presentano problemi di alimentazione che spesso danno origine a malnutizione, debolezza, disturbi respiratori e disordini gastrici che spesso si insriscono in quadri clinici già molto complessi andando ad aggiungere ulteriore gravità (Estvil E.2005). Metodo Questo capitolo è stato diviso in due grandi aree, nella prima si è cercato di rivedere la teoria necessaria al fine di conoscere, in linea generale le basi su cui si può instaurare il problema di deglutizione, esprimendo, anche se in modo limitato, quali sono i criteri di valutazione; la seconda parte è pratica e riguarda le tecniche e le strategie riabilitative per affrontarlo. Nella seconda area, sono espressi i criteri fondamentali per compilare un piano di alimentare razionale, con un limitato riferimento alle specifiche tecniche. trattamento Area teorica Studio dela deglutizione e del normosviluppo delle abilità grossomotorie e motorie orali Il bimbo che nasce si trova improvvisamente in un mondo nuovo con il quale deve imparare ad interagire: comincia così a manifestare gradualmente le sue capacità latenti per potersi adattare. Ad ogni stadio di sviluppo, le precedenti conquiste vengono ,modificate ed elaborate. Tale processo dura molti anni ma i cambiamenti più importanti si verificano nei primi 18 mesi, nel corso dei quali vengono raggiunte le tappe più importanti e fondamentali sia sul piano motorio che sul piano alimentare. Nel bambino che è un essere in evoluzione, strutture e funzioni si evolvono nel tempo. La crescita delle strutture anatomiche determina nuove relazioni fisiche influenzando la funzione. Grazie alla maturazione neurologica la distanza fra strutture anatomiche non determina difficoltà all’esplicazione della funzione. Ma andiamo con ordine iniziando dalle strutture anatomiche che costituiscono l’apparato orofaciale e poi le fasi della funzione deglutitoria. Anatomia e fisiologia: una base per la funzione di alimentazione Fig. 1 – Anatomia dell’apparato orofacciale infantile Piu’ o meno qui La funzione deglutitoria è un processo fisiologico fondamentale e complesso che si esplica attraverso le stesse strutture oro-faringee impegnate in altre due importanti funzioni: la fonazione e l’articolazione. Questi processi mutano e si sviluppano nel tempo in relazione al cambiamento dei rapporti anatomici tra le strutture oro-faringee, alla maturazione neurologica e all’esperienza che l’individuo compie durante lo sviluppo. Anatomo- fisiologia della deglutizione La deglutizione è un atto complesso , che si realizza in parte volontariamente, in parte in modo automatico, in questo processo sono coinvolte in modo coordinato e sequenziale diverse strutture nervose e muscolari. E’ un meccanismo che va incontro ad una fisiologica maturazione rappresentata dal passaggio dalla deglutizione infantile a quella di tipo adulto. La deglutizione consente la progressione ed il trasporto del bolo alimentare, liquido, solido, semisolido e semiliquido, dalla cavità orale allo stomaco ed convenzionalmente divisa in cinque fasi : Fase 1: Inserimento degli alimenti in cavità orale. In questa fase la cavità orale si prepara a ricevere gli alimenti; l’orifizio buccale si apre, la lingua rimane a riposo sul pavimento della bocca in attesa che il cibo sia depositato all’interno. La via respiratoria è aperta , l’esofago rimane chiuso, tutte le trutture anatomiche restno in posizion e di attesa. Fase 2: Preparazione orale. In questa fase il cibo inserito in bocca viene modificato, fino a trasformarlo in bolo. Tale azione è effettuata dalla lingua, che si muove a seconda della consistenza che spalleggiata dalle altre strutture della cavità orale. stiamo mangiando, Per es. se stiamo mangiando un biscotto, una volta spezzato con gli incisivi centrali, la lingua lo sposterà lateralmente sotto i denti per masticarlo e solo quando sarà pronto verrà spostato posteriormente per essere deglutito. Una gestione diversa la bocca riserverà all’alimento liquido che verrà gestito semplicemente con un movimento anteroposteriore del muscolo linguale. In questa fase sono presenti le funzioni di insalivazione e masticazione. Meccanicamente si osserva : 1) la chiusura anteriore dello sfintere labiale, per contrazione del m uscolo orbicolare; 2) il movimento laterale e rotatorio della mandibola per l’azione combinata dei muscoli mastictori elevatori della mandibola rappresentati dal m.massetere, m. pterigoideo e m. temporale e dei loro antagonisti, i m uscoli sovraioidei; 3) la presenza di tono buccale facciale dato dalla contrazione di muscoli facciali soprattutto del m. buccinatore. 4) Il movimenti laterali e rotatori della lingua per azione della complessa muscolatura linguale intrinseca. 5) La protrusione anteriore del palato molle, per azione del m. palatoglosso , come forma di protezione delle vie respiratorie, per restringere l’ingresso orofaringeo , riducendo la caduta prematura o non intenzionale del bolo in faringe. Alla fine della preparazione del bolo, il cibo avvolto dal corpo linguale è pronto pr essere deglutito. Fig. 2 _ fase 1: la fase di preparazione orale Più o meno qui Fase 3: fase orale La fase orale prende il via con lo spostamento del bolo verso la faringe. La lingua, una volta preparato il bolo, inizia un’azione automatica di retropulsione, andando a cercare il contatto con le strutture superiori, il palato duro prima, il palato molle poi, per schiacciare e spingere gradualmente il bolo in faringe. Tale azione di retropulsione si avvia immediatamente con l’apice della lingua posizionto dietro gli incisivi centrali superiori, sulla pailla retroincisale e continua con lo schiaccimento del corpo linguale sul palato; il bolo scivola sulla lingua fino ad arrivare alla sua base dove ha avvio la fase faringea. A questo punto il palato molle si innalza verso il naso e chiude lo spazio superiore così da evitare fuoriuscita del bolo attraverso il naso e da creare la giusta pressione valida per spingere il bolo verso il basso. L’ascensione della lingua permette la risalita dell’osso ioide in alto e verso fuori in modo da poter determinare il ribaltamento dell’epiglottide e l’apertura dello sfintere esofageo superiore. Sono i muscoli mandibolari che contribuiscono alla stabilizzazione della base lingua durante la retropulsione; contemporaneamente i muscoli orofacciali soprattutto il m. orbicolare delle labbra e il m. buccinatore delle guance chiudono la cavità orale aiutando a dare maggiore stabilità alla mandibola. Questa fase dura circa un secondo ed ha fine nel momento in cui viene triggerato l’atto deglutitorio. Fig. 3 _ fase 2: la fase orale Più o meno qui Fase 4: la fase faringea Nel momento in cui il bolo oltrepassa lo sfintere palatoglosso , ha inizio la fase faringea. Questa è la fase più complessa e delicata della deglutizione. Si sviluppa in poco meno di un secondo, con la partecipzione sincronizzata di numerose strutture. In questa fase si assiste a tutte quelle modificazioni che portano il canale faringeo da una configurazione respiratoria ad una deglutitoria per tornare poi a quella iniziale respiratoria (Ding R. 2002). Al termine della fase orale, il bolo raggiunta la zona compresa tra la base lingua , i pilastri palatini anteriori e la faccia buccale del velo palatino elicita il riflesso di deglutizione . Quest’ultimo determina l’istantanea contrazione di una serie di muscoli coinvolti in una serie di fasi che si evolvono in una sequenza ben precisa: 1) apertura dello sfintere palatoglosso; 2) chiusura dello sfintere velofaringeo, ai fini di evitare passaggio di cibo verso le cavità nasali e favorire la giusta pressione per spingere il bolo verso il basso; 3) Inizio della peristalsi faringea, che con la sua azione determina lo spostamento verso l’esofago del bolo; 4) Elevazione del complesso ioido-laringeo e chiusura dello spazio glottico con la messa in sicurezza delle vie respiratorie attraverso un sistema di protezione a livelli, dall’alto,si osserva, il ribaltamento dell’epiglottide, la chiusura delle corde vocali false e la posizione in adduzione delle corde vocali vere, avvicinamento antero – posteriore di epiglottide e cartilagini aritenoidi; 5) Apertura dello sfintere cricofaringeo , grazie allo spostyamento in alto e in avanti della laringe, alla diminuzione del tono del muscolo cricofaringeo e all’zione meccanica del bolo, per permettere il passaggio del bolo in esofago. Fig. 4 _ fase 3: la fase faringea Fig. 5 _ fase 3: la fase faringea Piu’ o meno qui più o meno qui Fase 5: Fase esofagea Questa fase ha inizio con il passaggio del bolo oltre lo sfintere esofageo superiore e termina con il superamento dello sfintere esofageo inferiore che regola il passaggio del bolo all’interno dello stomaco. Il bolo attraverso lo sfintere esofageo superiore entra in esofago ed attraverso un’azione peristaltica a carico della muscolatura liscia esofagea, viene spremuto, con progressione cranio-caudale, verso la valvola del cardias che lo immette nello stomaco. Una volta passato il bolo nello stomaco il cardias si chiude impedendo il ritorno (reflusso o vomito) da parte del materiale gastrico. La durata Fig. 6 _ fase 4: la fase esofagea Più o meno qui La fisiologia della deglutizione del bambino L’anatomia del bambino , in termini di rapporti e di dimensioni , è differente da quella dell’adulto; inoltre la maturazione e l’encefalizzazione delle abilità motorie orali e di alimentazione comporta delle differenze nelle fasi del ciclo deglutitorio. Nel neonato le differenze si notano soprattutto nella fase preparatoria orale e nella fase orale che risultano essere intimamente connesse tra loro; alcune differenza sono evidenti anche nella fase faringea, soprattutto in relazione alla protezione laringea. La fase di preparazione orale e quella orale sono influenzate fondamentalmenteb dalla maturazione delle abilità motorie generali e fini del bambino che gradualmente passa da un’alimentazione di consistenza liquida ad un’alimentazione di consistenza solida, passando per il periodo dello svezzamento effettuato con la somministrazione di alimenti semisolido/semiliquidi. Sono due i processi fondamentali che si evidenziano nell’evoluzione delle abilità motorie orali del bambino:la suzione e la masticazione. La suzione: nello sviluppo delle abilità di un neonato nato a termine, si susseguono due tipi di modelli motori si suzione: suckling e sucking. Il suckling è il più arcaico modello di abilità motoria orale, consiste in un’azione ritmica combinata della lingua e della mandibola. Da un punto di vista anatomico, in questo periodo , la mandibola del bambino è piccola e retratta , la cavità orale ha delle dimensioni limitate , le guanace sono ricche di tessuto adiposo , l’epiglottide e il palato molle sono in contatto. Questa situazione anatomica può favorire solo un modello di suzione con la lingua che si muove con modalità anteroposteriore. Il sucking , ha inizio interono ai 4 – 6 mesi ed è il modello successivo che si sviluppa grazie all’esperienza del modello precedente. Il modello motorio di questo tipo di suzione è una combinazione del precedente anteroposteriore, con l’aggiunta di un movimento verticale . Da un punto di vista anatomico la mandibola è più grande e presenta maggiore stabilità , la cavità orale è più ampia non solo in larghezza ma anche in altezza, le guance presentano sempre meno tessuto adiposo. Questa situazione anatomica obbliga la lingua a spostarsi verso l’alto per cercare l’appoggio del palato per effettuare correttamente ed in sicurezza il trasporto del bolo verso la faringe. Per cui al movimento anteroposteriore si aggiunge un movimento verticale. La masticazione: Verso il VII° mese inizia l’eruzione dei dei denti, la cavità orale diventa sempre più ampia , il bambino comincia a sentire la necessità di mordere diventando sempre più attivo e partecipe nei confronti del momento del pasto e della funzione alimentare. Tre sono i fattori che contribuiscono allo sviluppo della masticazione: 1) Lo sviluppo muscolo scheletrico; 2) La maturazione neurologica; 3) L’apprendimento motorio. L’iniziale modello morso e rilascio, si avvia in modo riflesso, non si tratta quindi di un morso funzionale, ma fornisce un’importante esperienza iniziale pe misurare la forza muscolare. Anche il modello di masticazione subisce uno sviluppo, il primo modello di masticazione è detto modello di masticaione verticale, stereotipato. In questa fase il bambino apre e chiude la bocca in senso verticale, schiacciando tra i molari il bolo in modo ripetitivo. Solo verso i 9 mesi la masticazione matura e si muove verso un modello più adulto: il modello rotatorio diagonale in cui la lingua comincia a collaborare maggiormente a questa abilità motoria orale. Tra i 12 e i 36 mesi si sviluppa quello che poi sarà il modello definitivo e più evoluto di masticazione che è il modello rotatorio circolare (Alexander R. 1993). Organizzazione neurologica della deglutizione I modelli di sequenza e di ritmo della deglutizione vengono organizzati da un generatore centrale o centro della deglutizione, che è collocato nel bulbo e che può essere diviso in tre sistemi: 1) Un sistema afferente che corrisponde agli input che arrivano dal centro e dalla periferia; 2) Un sistema efferente che corrisponde ai nuclei dei motoneuroni coinvolti nella deglutizione 3) Un sistema di tipo organizzativo che corrisponde ad una rete interneurale che programma il modello motorio. Il generatore bulbare del modello motorio della deglutizione è composto da neuroni che possono essere suddivisi in motoneuroni , che sono localizzati a livello dei nusclei dei nervi cranici: del trigemino, del facciale, dell’ipoglosso, e del nucleo ambiguo , del nucleo dorsale del vago e da interneuroni, così definiti poichè costituiscono una rete connessa tra i vari nuclei dei nervi motori e hanno il compito di programmare la deglutizione attraverso un’attivazione a cascata.Questi ultimi sono collocati in due zone principali del tronco encefalo : nel bulbo dorsale, all’interno del nucleo del tratto solitario e nella formazione reticolare adiacente e nel bulbo ventrolaterale , subito sopra il nucleo ambiguo. La deglutizione è un comportamento motorio altamente complesso che si esegue in modo automatico , ossia senza consapevolezza , ma comunque innescato da una scelta volontaria intenzionale. Le regioni corticali coinvolte nella deglutizione sono il lobo frontale (la regione motoria primaria , la regione premotoria , la regione prefrontale), la corteccia insulare , la corteccia occipito-parietale. Le regioni sottocorticali oinvolte sono i gangli della base, con azione inibitoria sulla corteccia , ed il cervelletto con azione eccitatoria. Il neonato nasce con la sola possibilità di deglutire in modo riflesso; la modalità volontaria si conquista attraverso l’apprendimento e automatizzando le abilità motorie necessarie a dglutire anche senza attenzione/intenzione. Quindi nel bambino sono presenti: il sistema rilfesso, presente alla nascita, tanto che il feto alla XII a settimana di gestazione , è in grado di deglutire prima ancora che si sviluppino le strutture corticali e sottocorticali; il sistema automatico, la deglutizione esercitta senza attenzione che si acquisisce nei primi 6/7 mesi di vita (periodo critico di apprendimento. La deglutizione volontaria è un atto corticale e si sviluppa successivamente (Kern MK 2001). I nervi cranici coinvolti nell deglutizione Nella deglutizione sono coinvolti 5 nervi cranici (Kern MK 2001) : 1) V° nervo cranico – trigemino – branca mascellare: è un nervo misto , con una componente sensitiva e una motrice. La componente sensitiva raccoglie stimoli riguardanti la sensibilità esterocettiva e propriocettiva del viso, dei denti, della mucosa del labbro superiore , del palato , della lingua. La componente motrice innerva: i muscoli masticatori, muscolo tensore del velo palatino, muscolo miloioideo ed il ventre anteriore del muscolo digastrico. Il controllo motorio è presente nella masticazione con la chiusura della mandibola e la sua lateralizzazione durante la fase orale. Assiste il movimento verso l’alto e in avanti della laringe, il movimento di retropulsione linguale verso il palato molle, il movimento del muscolo tensore del velo, l’elevazione del palato molle e la costrizione della parete posteriore faringea. 2) VII° nervo cranico – facciale – ha caratteristiche sia sensitive sia motorie. E’ responsabile dei movimenti dei muscoli facciali di espressione, delle labbra e delle guance attività fondamentale a trattenere il bolo all’interno della cavità orale durante la fase di preparazione. Partecipa, durante la fase faringea, al movimento di elevazione laringea, di elevazione del palato e dell’osso ioide e di retropulsione linguale. Il nervo facciale riceve stimoli sensoriali dai 2/3 anteriori della lingua, dal pavimento della bocca , dal palato duro e dal palato molle. Ha parte del controllo della salivazione durante la fase di preparazione orale e le sensazioni che il cibo determina nella bocca durante la fase orale di deglutizione. 3) IX nervo cranico – glossofaringeo – anche questo nervo è misto, ha caratteristiche sia sensitive sia motorie. Per l’aspetto sensitivo trasporta informazioni gustative provenienti dal terzo posteriore della lingua, dal rinofaringe, dalle tonsille palatine, dal palato molle. Controlla le sensazioni che il cibo determina nella bocca sulla lingua e sul palato durante le fasi orale e faringea di deglutizione. Come nervo motore innerva la muscolatura del faringe e trasporta informazioni propriocettive provenienti dal muscolo stilofaringeo. Il controllo motorio è presente nell’elevazione della laringe e della faringe, nei movimenti del palato molle e nell’escursione dell’epiglottide durante la fase faringea. Questo nervo, presenta una componente parasimpatica che si distribuisce alla parotide e alle ghiandole del terzo posteriore della lingua. 4) X nervo cranico – vago – anche questo è un nervo di tipo misto: sensitivo, motore e parasimpatico. Per l’aspetto sensitivo innerva la porzione inferiore della faringe, la laringe e gli organi toracici e addominali. Provvede all’innervazione gustativa della porzione posteriore della lingua. Come nervo motore innerva il palato molle, la faringe, la muscolatura intrinseca della laringe (si dice per questo nervo della fonazione) e l muscolatura estrinseca della lingua. Il controllo motorio si esplica attraverso l’elevazione e la depressione del palato molle. , della laringe, dei movimenti della faringe e dell’esofago, nell’escursione dell’epiglottide, nell’apertura dello sfintere cricofaringeo durante la fase faringea e nella peristalsi esofagea. Trasporta informazioni propriocettive provenienti dai muscoli a cui fornisce l’innervazione motoria. La sua componente parasimpatica innerva i visceri toracici e la gran parte di quelli addominali 5) XII nervo cranico – ipoglosso – questo nervo è costituito esclusivamente da fibre motrici somatiche. Innerva i muscoli della lingua e della regione sopra e sotto ioidea. Il controllo motorio è quindi presente nei movimenti linguali, nell’elevazione dell’osso ioide. Cause di disfagia e di disordini deglutitori in età pediatrica In età pediatrica i disordini di deglutizione possono essere determinati da una quantità di cause, possono avere carattere transitorio, o persistente, a volte evolutivo. In ogni caso i disordini deglutitori nei bambini possono determinare difficoltà di accrescimento, disturbi del linguaggio articolato, possono condizionare il rapporto madre-bambino ed altro. I disordini di alimentazione e di deglutizione si classificano secondo due criteri: quello clinico eziologico e quello funzionale. Secondo il criterio clinico eziologico viene il disordine deglutitorio considerato come esito: per es. danno ipossico cerebrale ha come esito il disordine deglutitorio. Le patologie pediatriche più comuni che determinano disordini deglutitori. Prematurità e/o immaturità La prematurità può essere caus di disfunzione deglutitoria e il sintomo varia in relazione all’età gestazionale del bambino. Le caratteristiche del bambino prematuro sono date dall’immaturità neurologica, dall’anormale tono muscolare, da un depresso riflesso orale e da uno stato generale di debolezza. Generalmente l’entrata nutrizionale non è direttamente proporzionale alla fatica che il piccolo fa nell’assumere gli alimenti ed è spesso utile alimentarlo in modo alterntivo. Alterazioni anatomiche congenite delle vie aeree e di alimentazione Labiopalatoschisi Palatoschisi Labioschisi Malocclusioni dentali Stenosi sopra o sottoglo ttiche Paralisi laringee Atresia esofagea Fistola tracheo-esofagea Ernia diaframmatica Le alterazioni anatomiche sono generalmente determinate da brusche interruzioni delle strutture che alterano l’anatomia e l’equilibrio muscolare determinante per l’esecuzione delle funzioni. Deficit anatomici acquisiti Disordini oncologici Malattie infiammatorie Acalasia Alterazioni neurologiche Disordini del sistema nervoso centrale Danno ipossico ischemico Trauma cranio encefalico Microencefalia Anencefalia Infezioni cerebrali Mielomeningocele I sintomi di disfagia dati da alterazioni neurologiche sono spesso frequenti in quei bambini che racchiudiamo semplicemente nella vasta famiglia delle Paralisi Cerebrali Infantili, in quei bambini con disordini motori generalizzati. Maggiore è il disordine motorio, maggiore è la difficoltà deglutitoria. Disordini del sistema nervoso periferico Congeniti Da trauma Patologie neuromuscolari Distrofia muscolare Miastenia gravis Sindrome di Giullian Barrè Poliomelite (paralisi bulbare) Le distrofie infantili si associano speso ai disordini di limentazione dovuti soprattutti all’inefficenza muscolare di dirigere il bolo dalla cavità orale fino allo stomaco grzie ad un uso efficente delle valvole di protezione. Disordini gastroesofagei Esofagite da reflusso Rallentato svuotamento gastrico Infiammazioni gastriche I disordini gastrici influiscono notevolmente sull’accettazione degli alimenti da parte dei bambini. Non solo influenzano la voglia di mangiare ma anche lo sviluppo dele abilità motorie orali. Molti bambini affetti da queste patologie instaurano un brutto rapporto con il cibo tanto da rifiutare qualsiasi alimento dolce e/o salato. Questo comporta un ritardo nell’acquisizione delle abilità motorie orali oltre che un’alterata risposta sensoriale all’interno della cavità oreale che più semplicemente si può tradurre come ipersensibilità. L’ipersensibilità comporta facile riflesso del vomito, spiacevole sensazione al tatto, al gusto, alla temperatura e alla tessitura del cibo. Dipendenza da alimentazione alternativa Permanenza a lungo di gavage, sonda naso gastrica e/o sonda gastrostomica Viene definita disfagia da non uso. Il bambino alimentato per sonda non sviluppa le abilità motorie orali necessarie ad un’alimentazione per bocca e solo se verrà aiutato potrà tornare e/o iniziare a mangiare per via naturale. E’ fondamentale stimolare sempre le abilità orali del bambino con stimoli non alimentari, anche quando l’alimentazionenon avviene per vie naturali. Disordini metabolici Neuropatie sensoriali Sindromi da immunodeficienza acquisita Limitazioni comportamentali, di stato di vigilanza e cognitive Il comportamentoe lo stato cognitivo possono influire sull’accettazione del cibo, un bambino iperattivo, poco attento e che non ha interesse per il cibo, ha difficoltà a capire il momento del pasto. Una terapia cognitiva può essere affiancata ad una terapia specifica. Di grande importanza è lo sato di vigilanza, un bambino troppo “dormiente” è un bambino che non partecipa al momento del pasto e mangiando potrebbe non gestire il cibo all’interno della bocca, iniziare a tossire e addirittura soffocarsi. Sindromi genetiche: Pierre Robin Nager Miller Rubinstein Taby Trisomia 18 Trisomia 21 Di george Moebius Crouzon Cranio Facial Goldenhar Treacher Collins Beckwith Wiedeman Halleman Streiff Costello Cornelia de Lange Le sindromi genetiche possono comportare disordini di alimentazione dovuti sia ai ritardi cognitivi, sia ai problemi strutturali. Per esempio. La sindrome di Down o trisomia 21 non influisce generalmente nella comune alimentazione dal biberon o sull’adeguata entrata nutrizionale , ma determina, per la debolezza mucolare che comporta (ipotonia), un notevole ritardo nelle tappe di svezzamento dai cibi semisolidi a quelli solidi. La Sindrome di Pierre Robin invece, presentando dei disordini anatomo strutturali legati al volto (mandibola piccol e retratta, schisi del palato etc.) influirà direttamente sull’entrata nutrizionale sicura, con un bambino che rischia di soffocarsi durante il pasto. Qui sono riportate le più comuni sindromi genetiche che determinano disfagia. Associazioni non casuali CHARGE (Colomba of the eyes, Heart defect, Atresia delle coane, Retardation of growth and development, Genital and urinary anomalies e Ear anomalies) MURCS (Mullerian, Renal, Cervicothoracic, Somite abnormalities) VACTERL (Vertebral, Anal atresia , Congenital Cardic desease, Tracheo Esophageal fistula, renal anomalie; Limb defect. Le associazioni non casuali sono così definite poichè presentano un “insieme di situazioni” associate non casuali. Queste per alterazioni delle strutture anatomiche e/o per alterazioni della risposta orale e periorale a livello sensoriale, o per il grado cognitivo possono determinare disfagia (A. Cerchiari 2000). La classificazione funzionale La classificazione funzionale può essere effettuata ripercorrendo i disordini che si possono riscontrare nelle diverse fasi della deglutizione (A. Cerchiari 2000). Avremo quindi : Disordini di deglutizione nella fase di preparazione orale: Difficoltà a mantenere il cibo all’interno della bocca a causa di labbra incapaci di contenere. Difficolta a gestire e formare il bolo all’interno della bocca per incapaità del muscolo linguale a fare i movimenti corretti; Inabilità a masticare; Disturbo sensoriale che determina un’esageata risposta agli stimoli con conseguenti conati di vomito (iperriflessia) Disordini di deglutizione nella fase orale Difficoltà a trasportare il bolo verso la faringe per essere deglutito (deficit di retropulsione); Caduta del bolo sul pavimento della bocca durante il trasporto verso la faringe a causa dell’inabilità linguale a conformarsi a cucchiaio intorno agli alimenti; Disordini di deglutizione nella fase faringea Difficoltà di progressione del bolo in faringe a causa di un disfunzione della parete posteriore fringea la quale non riesce a trasportare il bolo verso l’esofago; Ritardato scatto del riflesso deglutitorio e quindi mancata protezione delle vie aeree con conseguente rischio di passaggio di alimenti nella via respiratoria; Risalita del bolo verso il naso per mancata o parziale chiusura del palato molle; Residui alimentari sulla parete posteriore del faringe, e/o nelle vallecole; Disordini di deglutizione nella fase esofgea Presenza di patologia da reflusso con irritazione del tratto esofageo; Ernia iatale con ritorno del bolo in esofago e nei casi più evidenti in cavità orale; Esofagiti con conseguenti dolori al passaggio del bolo; Acalasia dell’esofago, difficoltà di trasporto. Area pratica La valutazione del bambino disfagico La valutazione del bambino disfagico si avvale di valutazioni cliniche, osservazioni funzionali e tecniche strumentali. La valutazione clinica ha inizio con la raccolta anamnestica dove il terapista, attraverso un colloquio con il genitore e lo studio della documentazione portata in visione, ricostruirà la storia anamnestica del bambino. Nel fare l’anamnesi con un obiettivo riabilitativo, è’ fondamentale sapere quale sia stato lo sviluppo psicomotorio del bambino, le tappe evolutive del linguaggio, se ha avuto e/o ha patologie di tipo gastrico (reflusso, vomito etc.), patologie di tipo respiratorio e soprattutto con quale frequenza si presentano, se il bambino è seguito in altri centri etc.etc. Un altro aspetto fondamentale della valutazione clinica è l’iter alimentare, il terapista dovrà fare con il genitore un riassunto di quello che è stato il cammino alimentare del bambino dalla nascita fino al momento in cui si presenta in valutazione. Tutte le tappe evolutive dell’iter alimentare dovranno essere rivisitate. Nel raccogliere notizie sull’iter alimentare il terapista dovrà anche trascrivere una tabella riguardo la giornata alimentare “tipo” del bambino con ciò che mangia durante la giornata per poter valutare la qualità e la quantità dell’entrata nutrizionale. Una volta raccolte le notizie con il genitore, si passa alle valutazioni funzionali. La valutazione funzionale del bambino disfagico si esplica attraverso l’osservazione al pasto. L’osservazione al pasto è importante che si svolga nel modo più simile ad un pasto quotidiano. Sarebbe importante effettuare l’osservazione al pasto a casa del paziente al fine di osservare le modalità utilizzate normalmente. Quando questo non è possibile,l’osservazione al pasto viene effettuata presso il centro di riabilitazione, pregando il genitore di portare ausili e alimenti che generalmente il bambino usa. Potrebbe essere utile far filmare il momento del pasto a cas per confrontarlo con le osservazioni fatte al centro. Durante l’osservazione al pasto è necessario osservare la postura del bambino e del cargivers, gli ausili di somministrazione degli alimenti, le quantità di alimento somministrato, la qualità dell’alimento somministrato, i tempi di alimentazione e la comunicazione al pasto. Solo dopo la valutazione clinica si potrà decider la necessità di un’eventuale valutazione strumentale. La valutazione strumentale deve essere fatta ogni qualvolta ci sia un dubbio sull’integrità e la sicurezza dell’atto deglutitorio. La valutazione strumentale può essere fatta attraverso lavideoendoscopia e/o attraverso la videofluoroscopia. La videofibrolaringoscopia, è sicuramente meno invasiva poichè non si avvale di ragg xi, permette lo studio anatomofunzionale delle strutture faringo laringee, anche con la somministrazione di alimenti; La videofluoroscopia o studio dinamico della deglutizione permette lo studio dell’atto delutitorio evidenziando eventuali aspirazioni in trachea. Ambedue gli esami hanno obiettivi riabilitativi e devono essere fatti solo dopo aver preparato adeguamente il piccolo paziente. I criteri per un piano di trattamento alimentare razionale Per un programma razionale di trattamento è essenziale un’ accurata e attenta valutazione che provveda a dare precise indicazioni ad una riabilitazione mirata, economica ed efficace. Un buon piano di trattamento deve essere precoce, deve supportare e mantenere lo stato di salute del bambino, deve integrare e conservare lo stato nutrizionale, deve poter avere degli obiettivi concreti e sapere i risultati che può ottenere . Deve prevedere l’insegnamento ai genitori e a gli altri cargivers delle tecniche di trattamento e di gestione del bambino affinchè la terapia abbia l’obiettivo concreto di migliorare la qualità della vita del bambino e della sua famiglia (Wolf LS: 1992; Morris SE.1987;Tuchman D. 1994). Generalmente i bambini che sono sottoposti ad una riabilitazione per disfunzione deglutitoria hanno difficoltà ad alimentarsi oralmente e l’obiettivo principale per i genitori è quello di mantenere un’alimentazione orale o eliminare totalmente quella alternativa ( Wolf LS. 1992). L’approccio a questo tipo di disabilità, visto che la disfagia si instaura su un quadro clinico complesso, deve essere ben più ampio, deve connettersi con le altre disabilità presenti, essere quindi coordinato in modo tale da affrontare in un disegno comune i problemi e i bisogni del bambino. Solo se l’equipe riabilitativa riuscirà a trovare un piano di trattamento in grado di rispettare problemi e bisogni del bambino si potrà arrivare ad un risultato di successo. Strategie di trattamento e strategie di gestione Di fronte ad un quadro di disfunzione delle abilità di alimentazioni dobbiamo tener presente due aspetti, quelli trattabili con strategie e tecniche di trattamento e quelli unicamente gestibili (Wolf LS 1992) . Entrambi gli aspetti possono includere interventi medici, chirurgici e trattamenti logopedici, fisioterapici etc. . Attraverso le strategie e le tecniche di trattamento si va ad agire sugli aspetti modificabili che inducono disfagia e per mezzo delle terapie si elimina o si controlla la disfunzione deglutitoria preservando la salute del bambino. Si sceglie invece, una strategia di gestione, quando il trattamento non risolve il problema che causa la disfagia. E’ es. di strategia di trattamento: un bambino che aspira alimenti liquidi viene trattato addensando il latte. Non aspira più, assume la quantità di alimento necessaria al suo fabbisogno nutrizionale. E’ es. di strategia di gestione: un bambino che aspira alimenti liquidi pur avendo addensato il latte e modificato la postura continua ad avere aspirazioni nelle vie aeree, viene inserita un’alimentazione alternativa. Le due modalità possono convivere e completarsi all’interno dello stesso progetto riabilitativo soprattutto nella prima fase di trattamento di un bambino con il bisogno di un’alimentaione alternativa. Tipi di trattamento Un punto fondamentale del piano di trattamento è la decisione di sottoporre il bambino ad un trattamento “alimentare ” o “non alimentare”(Tuchman D. 1994; Field T 1982) . La valutazione clinica e gli esami strumentali insieme allo stato di salute del bambino possono dare un’idea precisa sul tipo di trattamento a cui sottoporre il bambino. Generalmente, di fronte ad un bambino con un disordine respiratorio importante, un esame clinico che evidenzia voce gorgogliante durante la somministrazone di poca quantità di alimento ed una VFS positiva per penetrazione/aspirazione, si sceglie di iniziare la riabilitazione con un trattamento non alimentare. Si può definire la VFS, il mezzo migliore per prendere una decisione a riguardo considerando che la disfunzione deglutitoria può comportare aspirazione, anche silente, e quindi la compromissione delle vie respiratorie. La terapia non alimentare prevede lo sfruttamento della suzione non nutritiva attraverso l’uso del ciuccio e/o il dito della mamma. La cavità orale del bambino può essere stimolata anche attraverso tettarelle, giochi per neonati, posate in silicone; gli ausili utilizzati dipendono dalla disfunzione presente e dall’età del bambino. La stimolazione orale e periorale avrà l’obiettivo di dare al bambino le giuste esperienze sensoriali per sviluppare e mantenere adeguate risposte agli stimoli oltre che apprendere e mantenere le abilità motorie orali imparando gradualmente a gestire le proprie secrezioni (Robbins J 1985; Luterman D. 1979). I bambini trattati unicamente in modo non alimentare, sono quei bambini che necessitano di alimentazione totalmente alternativa. E’ importante che uso della sonda, necessario ad assicurare al bambino l’adeguato fabbisogno nutritivo quotidiano, rientri in un contesto di “meal time” ricco di stimoli positivi, per questo è necessario stimolare la cavità orale del bambino contemporaneamente alla somministrazione del pasto per sonda (Mason S.J. 2005). La contemporaneatà degli stimoli orali e periorali alla nutrizione somministrata direttamente nello stomaco determinerà nel bambino la giusta associazione tra stimolazione orale e sensazione di sazietà, gli darà la possibilità di strutturare un momento del pasto positivo e di tipo relazionale con il genitore, e gli permetterà di usufruire di quegli stimoli sensoriali orali comuni a tutti i bambini che mangiano per via naturale. E’ chiaro dunque che la somministrazione del pasto per via enterale deve essere effettuata in braccio alla mamma, come se avvenisse dal seno o dal biberon, contemporaneamente il bambino deve essere incoraggiando alla suzione non nutritiva con il ciuccio, con i giochi e/o direttamente usando la stimolazione tattile con tocco/pressione e vibrazione (Morris S.E. 1989, 1985). Nel caso in cui il bambino venisse alimentato per sonda senza questi accorgimenti, il suo sistema nervoso, sarà privato a lungo e soprattutto durante il periodo critico, dell’adeguato dato esperenziale, portandolo poi a considerare negative alcune esperienzefatte successivamnte. E’ stato dimostrato come i neonati che vengono stimolati con la suzione non nutritiva mangiano prima per os di quelli privati di questa esperienza (Wolf LS 1992). Capita, a volte, che giunge al centro di riabilitazione un bambino che viene alimentato per os dai genitori ma che di fronte ad una valutazione clinico-strumentale risultano evidenti difficoltà deglutitorie. Il bambino dovrà essere sottoposto a terapia riabilitativa con un progetto mirato che salvaguardiessenzialmente la sua salute. Può essere utile inserire un’alimentazione di tipo alternativo da usare finchè la terapia riabilitativa non ripristini un equilibrio deglutitorio efficace, efficente e sicuro. Quando il progetto riabilitativo è di lungo termine ( superiore a due, tre mesi) e il bambino necessita di un’alimentazione alternetiva per assicurarsi il fabbisogno nutritivo, si consiglia l’inserimento di una sonda gastrostomica, abbandonando l’uso del sondino naso gastrico per un ausilo più pratico e meno invalidante a livello riabilitativo e di salute . L’uso della terapia alimentare invece fa uso di strategie e trattamenti direttamente con gli alimenti che possono essere modificati rispetto alla temperatura, alla consistenza e al gusto (Wolf LS 1992). . La terapia nutritiva viene fatta in quei bambini in cui non vi è rischio di aspirazione o vi è un rischio limitato. Le due modalità di trattamento possono coesistere, l’una non esclude l’altra specialmente in quei bambini in cui l’alimentazione per os deve prendere il posto di quella per sonda. Il disordine motorio che spesso affligge questi bambini rende la terapia riabilitativa piuttosto complessa, se nel paziente più piccolo è la mamma, con il suo corpo, a dare stabilità e postura in allineamento al proprio piccolo, nel bambino più grande, durante il pasto, bisognerà utilizzare un sistema di postura il cui scopo sarà quello di favorire l’allineamento posturale (Giannoni P. 2000); con l’uso di questo ausilio, ricercato, adattato e personalizzato per ogni singolo paziente, il bambino potrà stare seduto in modo allineato, favorendo l’atto deglutitorio, sarà in grado di stare seduto al tavolo con la famiglia, e potrà essere adeguatamente stimolato all’interno della cavità orale in modo da associare la somministrazione del pasto all’area orofacciale. La stimolazione orale sarà utile allo sviluppo di quelle abilità che sono alla base non solo della funzione alimentare ma anche di quella articolatoria del linguaggio. Infine, la presa in carico del paziente disfagico deve prevedere un lavoro di counseling con i genitori e i cargivers che si prendono cura del bambino. Compito del terapista è quello di educare e fare counseling tecnico. Il counseling è parte integrante del processo di valutazione e trattamento del bambino. I genitori, presenti alla terapia devono poter apprendere le tecniche di alimentazione, da utilizzare successivamente durante i pasti a domicilio. Tale insegnamento deve essere appreso direttamente dal terapista e deve essere applicato direttamente sul bambino in presenza di quest’ultimo (Tuchman D. 1994; Field T. 1982). Conclusione L’alimentazione del bambino è resa possibile da ampi e complessi meccanismi strutturati e coordinati tra loro così bene, tanto da far spesso dimenticare la loro complessità.. Un’ innumerevole quantità di fattori entrano in gioco al momento del pasto , la postura, l’abilità motoria, il comportamento, l’ambiente, il tipo di alimento somministrato. Tutti questi fattori sembrano improvisamente impazzire quando si incontrano con un’alterato sviluppo neuropsicomotorio, Per far fronte a tanto squilibrio è necessario un progetto riabilitativo globale, multidisciplinare ben organizzato in cui sia bilanciato il rapporto tra stato di salute e bisogni del bambino. BIBLIOGRAFIA 1. Sullivan B, Rosenbloom L. Feeding the disable Child. 1996; Ed. B. Salliwan 2. Wolf LS, Glass RP, Feeding and swallowing disorders in infancy, assessment and management. ; Ed. Therapy skill builders 1992 3. Illingworth RS, Lister MB. The critical o sensitive period, with special reference to certain feeding problems in infant and children. Journal of Pediatrics 1964; 65:839 – 48 4. Mason S J, Harris G, Blissett J. Tube feeding in infancy: implications for development of normal Eating and drinking skill. Dysphagia 2005, 20: 46 – 61 5. Wolf LS, Glass RP Feeding and swallowing disorders in infancy, assessment and management. ; Ed. Therapy Skill Builders 1992 6. 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La deglutizione viene tecnicamente definita come l’atto di convogliare il cibo dalla bocca allo stomaco, in condizioni di efficienza e sicurezza. Non si può prescindere, tuttavia, da una considerazione più ampia di tale meccanismo che può essere reputato come un’attività complessa e dinamica, intimamente connessa alle abitudini e alle necesità alimentari del singolo individuo e all’ambiente in cui vive. Per questo la deglutizione si inserisce in una sfera più ampia, quella dell’alimentazione, intesa non esclusivamente come atto nutrizionale , ma come un’attività che racchiude in sè aspetti psicologici, comunicativi, di relazione intra ed extra personale, fondamentali per la vita dell’individuo. Un corretto meccanismo di alimentazione e deglutizione è fondamentale per la salute e per lo sviluppo psicomotorio del bambino. Questo capitolo è diviso in due parti, nella prima si è cercato di stabilire quali sono i principi anatomofisiologici su cui si progetta la riabilitazione della disfagia in età pediatrica, raccogliendo una serie di concetti già conosciuti in letteratura, rivisitati con un obiettivo riabilitativo. Capire cosa si nasconde dietro il disagio del bambino che ha disordini di deglutizione, è il principale obiettivo di questo scritto poichè renderà i terapisti competenti sulle valutazioni necessarie, sul progetto riabilitativo da proporre e sul piano di trattamento da svolgere con il bambino. Nella seconda, sono espressi i criteri fondamentali per alimentare razionale con riferimento alle specifiche tecniche. compilare un piano di trattamento