Introduzione alle antenne di i3HEV, Mario Held • • • • • • • • • • • La lunghezza dell'antenna Gli effetti di prossimità Guadagno e direttività La polarizzazione dell'antenna Le schiere d'antenne Il dipolo Folded dipole e ground-plane Antenne a stilo, 5/8, dipoli a V e disco-cono Long wire e dintorni Antenne ad onda progressiva Antenne collineari e Yagi-Uda Antenne: Lunghezza dell'antenna Quanto dev'essere lunga un'antenna? Le risposte a questa domanda possono essere varie, tutte diverse tra loro ma ugualmente corrette: in effetti, la lunghezza dell'antenna deve essere scelta secondo il tipo di funzionamento che si vuole ottenere; nel seguito vedremo appunto quali siano gli aspetti fondamentali dell'argomento. L'antenna è un'interfaccia che consente ad un'onda elettromagnetica, contenuta o comunque guidata in una linea di trasmissione di qualche genere, di affrancarsi dalla linea per propagarsi nello spazio libero; scopo fondamentale dell'antenna è quindi adattare l'onda che si propaga nella linea, ed in particolare la sua impedenza caratteristica, che è determinata dalle caratteristiche fisiche della linea, alla propagazione nello spazio, in cui l'impedenza dell'onda non è più determinata dalla linea ma dalle caratteristiche dello spazio in cui l'onda si deve propagare. Questo fenomeno avviene in realtà in maniera molto complessa; semplificando notevolmente, possiamo dire che nell'intorno all'antenna si genera un campo elettromagnetico stazionario (detto Near field, ovvero 'campo vicino'), che si attenua molto rapidamente via via che ci si allontana dall'antenna; a distanza dall'antenna invece si vede un campo viaggiante, che si attenua molto più lentamente del precedente (Far field, ovvero 'campo lontano'). Resistenza di radiazione ed impedenza dell'antenna In ogni punto dello spazio, il campo è una combinazione della componente stazionaria e della componente progressiva, ma in pratica già a poche lunghezze d'onda di distanza il campo stazionario è sostanzialmente nullo. Dal punto di vista del generatore, cioè della linea che alimenta l'antenna, se l'antenna è posta nel vuoto (cioè abbastanza lontano da qualsiasi altro oggetto) ciò che si vede è una combinazione dei seguenti fenomeni: PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com • un accumulo di potenza reattiva, in misura pari alla potenza effettivamente contenuta nel Near field, che è visto come una reattanza, al pari di una capacità od un'induttanza; • una dissipazione di potenza attiva, in misura pari alla potenza dell'onda progressiva del far field, che è visto come una resistenza, al pari di una qualsiasi dissipazione, ma in realtà nasconde il trasferimento dell'energia dell'onda radio nello spazio. La prima componente, essendo reattiva, contribuisce all'impedenza dell'antenna sempre e solo per una parte immaginaria, mentre la seconda fornisce la parte reale dell'impedenza, che viene chiamata resistenza di radiazione. L'impedenza dell'antenna è data dalla radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti reattiva e resistiva (cioè secondo la regola del parallelogramma). la resistenza di radiazione è uno dei parametri fondamentali dell'antenna, in quanto caratterizza il trasferimento di potenza dal generatore all'onda radio: quanto più alta è la resistenza di radiazione, tanto più alta è la potenza dell'onda radio prodotta (a parità di corrente fornita dal generatore). La resistenza di radiazione di un'antenna a filo aumenta al crescere della sua lunghezza in rapporto alla lunghezza dell'onda elettromagnetica: perciò, quanto più lunga è l'antenna, tanto migliore è la sua efficacia nel trasferire la potenza dalla linea allo spazio, mentre se un'antenna è corta rispetto alla lunghezza d'onda, questa sua efficacia sarà piuttosto ridotta. Se consideriamo di alimentare l'antenna con una certa corrente a RF, le tensioni, e quindi le potenze, relative alle componenti attiva e reattiva sono ripartite proporzionalmente ai valori delle componenti; perciò, tanto più alta è la resistenza di radiazione rispetto alla componente reattiva, tanto maggiore è la parte della corrente che dà origine a potenza trasmessa. Per questo motivo, le antenne lunghe danno origine a segnali più intensi e quindi sono spesso preferibili alle antenne corte. Risonanze dell'antenna La reattanza dell'antenna varia in maniera più complessa della sua resistenza di radiazione, che cresce sempre; infatti, ad una data frequenza, per certe lunghezze del filo le potenze elettrica e magnetica accumulate nel near field sono esattamente uguali ed i relativi effetti si compensano tra loro; questo fenomeno è esattamente lo stesso che si verifica in un circuito accordato, e viene definito risonanza dell'antenna. Le risonanze dell'antenna si verificano ogni volta che la sua lunghezza sia pari ad un multiplo esatto di mezza onda, la cui lunghezza va calcolata considerando la velocità effettiva di propagazione dell'onda radio in prossimità del filo; a causa della presenza di questo, l'onda viaggia un po' più lenta che nel vuoto assoluto (qualche % in meno, secondo la geometria del sistema), per cui la lunghezza d'onda sull'antenna va tipicamente dal 92% al 98% di quella che si avrebbe nel vuoto assoluto. In condizioni di risonanza, l'impedenza dell'antenna è quindi puramente resistiva; se l'alimentazione è applicata in un nodo di tensione, cioè in un punto in cui la tensione si a minima (di conseguenza la corrente è massima!), l'impedenza vista è pari alla resistenza di radiazione; ma se l'antenna è alimentata in un altro punto, l'impedenza, pur restando resistiva, è pari ad un valore che è la trasformazione della resistenza di radiazione come si avrebbe in un autotrasformatore; ad esempio, se l'alimentazione è applicata in un ventre di tensione (cioè un punto in cui la tensione sia massima, e di conseguenza la corrente sia minima), l'impedenza vista può essere elevatissima (in realtà, per l'influenza di altri effetti, non sale oltre ad alcune migliaia di ohm). PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Poiché; per ottimizzare il trasferimento di potenza dal generatore all'antenna è necessario che ci sia adattamento delle rispettive impedenze, i possibili scenari sono essenzialmente due: il generatore ha impedenza fissa e non si dispone di mezzi tecnici per effettuare l'accordo, ovvero si dispone della possibilità di variare l'impedenza propria del generatore (tramite un circuito adattatore d'impedenza, comunemente ma impropriamente detto 'accordatore'). Primo caso: senza adattatore d'impedenza L'antenna dovrà essere realizzata in modo che la sua impedenza sia quanto più possibile simile a quella richiesta dal generatore; i trasmettitori e le linee sono prodotti di solito con impedenze caratteristiche standardizzate, tra le quali le più frequenti sono: 50 Ω , perché è l'impedenza caratteristica che permette un migliore sfruttamento in potenza dei cavi coassiali • 75 Ω , perché è quella che consente di ottenere le minime perdite nei cavi coassiali • Un semplice dipolo a mezz'onda, alimentato al centro, presenta un'impedenza caratteristica di circa 72 Ω e quindi si presta benissimo ad essere alimentato con un cavo a 75 Ω , mentre si adatta un po' meno bene ad uno a 50 Ω (in questo caso il ros è di 1,5:1, che è ancora del tutto accettabile). La lunghezza dell'antenna dovrà essere quindi mezza onda elettrica; la lunghezza d'onda si può calcolare con la formula: L = Fv * 300 / F(MHz) dove Fv è il fattore di velocità dell'antenna e, come si è visto sopra, ha valori compresi di solito tra il 92% ed il 98%, più alti per fili nudi di piccolo diametro, più bassi per fili rivestiti in plastica e/o di diametro più grande (tubi). In pratica, poiché è sostanzialmente impossibile sapere in anticipo quale sia l'effettivo fattore velocità, a meno di non ricorrere a sofisticati strumenti di simulazione, conviene tenersi larghi, usando il massimo, e poi accorciare via via, rosmetro o grid-dip alla mano. Secondo caso: con adattatore d'impedenza Se si dispone di un adattatore d'impedenza, la risposta è senz'altro: la massima lunghezza possibile! Provvederà poi l'adattatore a sistemare le cose dal punto di vista delle impedenze 'strane' che si ottengono, ed anche ad eliminare il malefico influsso delle eventuali componenti reattive. In questo caso, per limitare altri problemi, è opportuno che la linea di trasmissione abbia impedenza caratteristica più alta possibile ed, ovviamente, le perdite minime possibili (ma questo è sempre vero). PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Antenne: perdite ed effetti di prossimità Abbiamo visto, a grandi linee, i principi generali del funzionamento delle antenne realizzate con materiali perfettamente conduttori e poste nel vuoto; naturalmente, questa situazione ideale non rispecchia esattamente ciò che accade nella realtà; questa volta correggeremo un po' il tiro, introducendo le idee di base relative al caso di antenne reali. Perdite dell'antenna Se un'antenna è costituita da un conduttore reale, questo avrà una certa resistività, che potrà essere piccola, ma non sarà mai nulla; è facile intuire che la corrente che circola sull'antenna, per effetto Joule, causa una certa dissipazione di potenza ed un certo riscaldamento dell'antenna stessa. A ciò si aggiunga che, a causa dell'effetto pelle, la corrente scorre in uno spessore molto piccolo del conduttore, perciò la resistenza elettrica effettiva del conduttore diventa ancora più elevata. Questo fenomeno dal punto di vista del generatore, comporta la presenza nell'impedenza dell'antenna di una certa componente di resistenza: contrariamente alla resistenza di radiazione, che indica un trasferimento di potenza all'onda radio, questa corrisponde ad una perdita di potenza, che si trasforma in calore e viene dissipata. Inoltre, il campo emesso nello spazio circostante, non trovando un dielettrico ideale come il vuoto, ma uno reale (l'aria, nella migliore delle ipotesi, ma anche la ricopertura dei fili usati, vernice o plastica, gli isolatori, eccetera), causa anche nel dielettrico delle correnti indotte, che sono piccole ma non sempre trascurabili. Anche questa perdita introduce una ulteriore componente resistiva nella impedenza di antenna. La somma di tutte le componenti resistive introdotte dalle perdite viene cumulativamente chiamata resistenza di perdita (loss resistance) dell'antenna. Efficienza dell'antenna Per quantificare queste perdite, si introduce il concetto di efficienza dell'antenna: una volta eliminati gli effetti reattivi, la tensione a RF che viene erogata dal generatore si ripartisce tra la resistenza di radiazione e la resistenza di perdita; tanto più piccola è quest'ultima rispetto alla prima, tanto maggiore è la percentuale di potenza che viene irradiata rispetto a quella che viene dissipata in calore. L'efficienza dell'antenna è, per definizione, il rapporto tra la potenza irradiata e la potenza fornita all'antenna, ed è chiaramente sempre (anche se spesso di poco) minore del 100%. Naturalmente, le antenne che hanno grande resistenza di radiazione sono favorite rispetto a quelle che l'hanno piccola, in quanto le perdite complessive sono spesso abbastanza paragonabili, mentre le resistenze di radiazione possono essere molto diverse. Ad esempio, un'antenna a filo lunga tre onde intere, ha una resistenza di radiazione pari a circa 125 Ω , contro i pochi ohm di uno stilo ad un ottavo d'onda. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Questo è un altro motivo per preferire, quando possibile, le antenne lunghe a quelle corte (ne vedremo altri in seguito). Effetti di prossimità Consideriamo un'antenna, per semplicità risonante e senza perdite, in prossimità della quale sia presente un materiale che sia perfettamente conduttore; il materiale in questione, investito dal campo prodotto dall'antenna, lo riflette come uno specchio, rimandandolo in parte sull'antenna dal quale è partito; su questa circola quindi, oltre alla corrente imposta dal generatore, una seconda corrente indotta dal campo riflesso dal conduttore. Questa corrente è tanto più intensa quanto più lo è il campo riflesso, e quindi quanto più l'ostacolo è vicino all'antenna (perciò questi effetti vengono chiamati 'di prossimità'). Le correnti si sommano, ma sono normalmente sfasate tra loro; l'effetto visto dal generatore è uno sfasamento della tensione rispetto alla corrente, ovvero, che è lo stesso, la comparsa di una componente reattiva nell'impedenza dell'antenna, che di per sé presentava un'impedenza puramente resistiva. Per inciso, questo è l'effetto sfruttato nelle antenne a schiera con radiatori passivi, come ad esempio le Yagi-Uda, per ottenerne i tipici comportamenti. Se ora consideriamo il caso reale in cui il conduttore non sia perfetto, ma che anzi magari si tratti di un conduttore più o meno cattivo, come ad esempio il terreno, un muro di mattoni od un albero, oltre alla componente reattiva viene introdotta anche un'ulteriore componente resistiva che tiene conto delle perdite di potenza che si verificano in questo materiale. Per questi motivi, quando in prossimità di un'antenna si trova un materiale che non sia perfettamente isolante (in pratica, più o meno qualsiasi materiale, tranne teflon, diamante, pietre preziose ben pure ed altri simili comunissimi materiali..., ma per fortuna anche il plexiglas e le ceramiche di buona qualità se la cavano piuttosto bene!) l'impedenza dell'antenna ne subisce un'alterazione, accompagnata da un aumento di perdite complessive, che è tanto più vistosa quanto più il materiale è vicino all'antenna. Gli effetti di prossimità diventano relativamente trascurabili quando la distanza dall'antenna supera qualche lunghezza d'onda; ma se questa condizione è facile da ottenere in UHF, molto meno lo è alle HF, dove qualche lunghezza d'onda può voler dire svariate centinaia di metri... Perciò, alle frequenze più basse, piuttosto che rendere trascurabili questi effetti, si preferisce cercare di incorporarli nell'antenna, ad esempio sotto forma di piano di terra, magari aiutando l'ostacolo a ridurre le proprie perdite aggiungendogli dei conduttori opportunamente disposti, come lastre o reti metalliche, raggiere di fili, e così via. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Antenne: lobi di radiazione, direttività, guadagno Quando un'antenna è percorsa da una corrente imposta (da un generatore od anche indotta) genera un campo elettromagnetico che, come abbiamo visto, in parte resta limitato intorno all'antenna, ma in parte si propaga sotto forma di onde, che possono diffondersi nello spazio fino a raggiungere un utilizzatore di qualche genere (l'antenna del corrispondente o le cervicali di quello che ha mal di testa, secondo i casi...). Diagrammi di irradiazione Ma le onde si propagano nello stesso modo in tutte le direzioni? La risposta è, come sappiamo tutti: no! Le onde radio emesse sono più intense in certe direzioni e meno in altre. Per misurare questa distribuzione, consideriamo una sfera, con centro nel centro dell'antenna, e, tenendo costante la potenza emessa, facciamoci una passeggiata sulla sua superficie, con un misuratore di campo, segnando per ogni punto il valore dell'intensità del campo in quel punto. Quindi tracciamo, dal centro della sfera al punto in questione, un segmento di lunghezza proporzionale al campo misurato in quel punto. Ripetendo l'operazione per tutti i punti della superficie, otteniamo una figura tridimensionale, che rappresenta in ogni punto l'intensità dell'irradiazione dell'antenna in quella direzione. Questa figura si chiama diagramma (o solido) di irradiazione dell'antenna e, per costruzione, rappresenta la frazione di potenza irradiata in ciascuna direzione dello spazio. Poiché è scomodo mettere nel depliant dell'antenna un solido tridimensionale, è consuetudine darne invece le proiezioni ortogonali, vale a dire le viste laterali da direzioni perpendicolari tra loro. Queste proiezioni, che di solito vengono chiamate semplicemente diagrammi di radiazione dell'antenna, per caratterizzarla completamente dovrebbero essere tre (di fronte, di fianco, da sopra); nel campo dilettantistico però spesso ci si accontenta di una o due, le più significative, per non complicare troppo la documentazione. Nel caso poi in cui l'antenna possieda delle particolari simmetrie, alcuni diagrammi possono essere uguali tra loro, o privi di interesse: ad esempio, per un normale dipolo il diagramma di fronte è uguale a quello dall'alto, mentre quello di fianco è semplicemente circolare, il che significa che l'antenna, vista di fianco (cioè lungo la direzione del filo) irradia nello stesso modo in tutte le direzioni. Il solido di irradiazione di solito presenta delle protuberanze più o meno marcate, talvolta separate tra loro da linee o piani lungo i quali l'irradiazione è zero o quasi; queste protuberanze vengono chiamate lobi di irradiazione dell'antenna (e talvolta, in modo non del tutto corretto, semplicemente "lobi dell'antenna"). Perché si formano questi lobi? La risposta, in linea di massima, è abbastanza semplice: ogni punto dell'antenna irradia la sua particina di campo; in certe direzioni questi campi si sommano tutti, e si ha un massimo, in altri si annullano reciprocamente, e si ha un minimo, nelle posizioni intermedie si hanno valori intermedi. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com L'antenna isotropica Per agevolare il confronto tra antenne diverse, conviene prendere un qualche riferimento; il più comodo in assoluto è un'antenna che (purtroppo) non esiste: l'antenna isotropica. Questa, per definizione, irradia nello stesso modo in tutte le direzioni, quindi il suo lobo di irradiazione è semplicemente una sfera concentrica all'antenna. Un'importante considerazione sull'antenna isotropica: in certi casi, farebbe molto comodo averne una sottomano, ma purtroppo non è possibile realizzarla, in quanto essa infrange alcuni fondamentali principi fisici, il più evidente dei quali è il fatto che, per essere isotropica, un'antenna dovrebbe avere lunghezza zero. Però, se ci si accontenta, un pezzetto di filo molto corto rispetto alla lunghezza d'onda le somiglia abbastanza, pur avendo resistenza di radiazione piccolissima e quindi efficienza trascurabile. Perciò, molto spesso, si prende invece come termine di paragone un semplice dipolo a mezz'onda, che è ben caratterizzato e noto, e tutte le caratteristiche (guadagno, direttività, ...) dell'antenna da studiare vengono riferite ad esso. Guadagno dell'antenna A questo punto, è importante tenere a mente una cosa essenziale: il volume di un lobo di radiazione è costituito dalle lunghezze proporzionali alle frazioni di potenza emesse in quella direzione; perciò il volume del lobo rappresenta nel suo complesso la potenza emessa in onde radio in quella direzione. Da questo, si capisce subito un'altra cosa: poiché la potenza emessa è quella che è, e l'abbiamo ipotizzata fissa, vale la legge della coperta: se tiro da una parte, si deve scoprire dall'altra. In sostanza: per ogni protuberanza del solido di radiazione deve esserci un buco, in maniera tale che il volume dell'intero solido, che rappresenta la totale potenza emessa, deve essere uguale al volume della sfera che rappresenta il solido di irradiazione dell'antenna isotropica, perché la potenza è sempre la stessa. D'altra parte, a me interessa la potenza percepita dal mio utilizzatore, che può essere maggiore o minore di quella che si avrebbe con un'antenna isotropica, secondo la direzione dell'utilizzatore rispetto al solido d'irradiazione dell'antenna. Poiché io sono furbo, e il mio utilizzatore lo piazzo nella posizione del lobo più protuberante, così mi sente meglio, mi è utile definire il rapporto tra la lunghezza del più lungo tra i lobi di irradiazione ed il raggio della sfera dell'isotropica. Questo rapporto è il guadagno dell'antenna, e ne è una caratteristica tipica. Dato che l'antenna è un componente passivo (cioè non ha generatori a bordo), è importante ricordare che, se in una direzione guadagna, in qualche altra direzione perde (e questo può farmi comodo o no, secondo i casi pratici). Il guadagno di un'antenna di solito si esprime in dB rispetto all'antenna isotropica, ed è oggetto dei più incredibili racconti fantascientifici, specialmente nei depliant dei costruttori e negli articoli degli autocostruttori... Tanto per fissare un po' le idee, un dipolo ha un guadagno di circa 2,2 dB, che significa che, nella direzione di massima irradiazione, il mio corrispondente riceve un segnale di 2,2 dB maggiore di quello che riceverebbe se avessi un'antenna isotropica; un'antenna Yagi-Uda può arrivare ad avere al massimo un guadagno di circa 12-13 dB, che si ottiene con una quindicina di radiatori, mentre una 5/8 può arrivare a circa 5,5-6 dB. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Un altro parametro legato al guadagno dell'antenna è la sua lunghezza od area efficace (detta anche area di cattura), che rappresenta la lunghezza di un segmento ovvero l'area di una superficie nello spazio tali da fornire, investite dal campo elettromagnetico, la stessa intensità di segnale effettivamente fornita dall'antenna. Questo parametro, che è ovviamente di comoda misura in ricezione, è comunque legato al guadagno da una formula che permette di calcolare l'una dall'altro e viceversa; questa è una conseguenza di un fatto generale, dimostrato dal teorema di Lorentz, che prende il nome di reciprocità dell'antenna e, detto in soldoni, significa: l'antenna in trasmissione ed in ricezione si comporta nello stesso modo (quindi, con lo stesso guadagno, la stessa direttività, gli stessi lobi eccetera). Direttività Ma torniamo ora alla legge della coperta: il guadagno dell'antenna è dovuto al fatto che la potenza viene concentrata in certe direzioni; perciò, necessariamente, quanto più alto è il guadagno, tanto più stretta sarà la porzione di superficie della sfera (quella di cui abbiamo parlato all'inizio) sulla quale la potenza è concentrata. La direttività di un'antenna esprime appunto le dimensioni di questa zona, di solito sotto forma dell'angolo che la sottende dal centro della sfera. E' evidente che guadagno e direttività vanno a braccetto, ed infatti esiste una formula che permette di ricavare l'uno dall'altra e viceversa (ma ve la risparmio, anche se non è poi così complicata, dato che questa è una chiacchierata). Lobo principale e lobi secondari Dopo la chiacchierata che ci siamo fatti fino a qui, la domanda sorge spontanea: ma quanti sono i lobi di irradiazione? La risposta non è semplicissima, ma possiamo dare una regola a spanna: per ogni mezza lunghezza d'onda di antenna o circa, si ha un lobo di radiazione distinto, e questo sia che le mezz'onde siano comprese in un unico radiatore (antenne a filo lungo, o 'long wire', e loro derivati: zeppelin, windom,...) od in più radiatori separati (antenne a schiera, collineari, Yagi-Uda, e chi più ne ha più ne metta!). Ma i lobi di irradiazione non sono necessariamente tutti uguali, anzi spesso ce n'è uno predominante, che viene ovviamente chiamato lobo principale, ed un certo numero di lobi più o meno minori, che vengono chiamati secondari. Ad esempio, una Yagi-Uda ha un lobo principale, diretto in avanti lungo l'asse dell'antenna, che è il suo boma, 'boom' per gli amanti delle esplosioni :), ma ha anche un lobo secondario diretto all'indietro, più vari altri, ancora più piccoli, diretti un po' verso l'alto e verso il basso. Torna utile allora definire anche alcuni altri numeri, come ad esempio il rapporto avanti:indietro, che esprime il rapporto tra il lobo principale ed il primo secondario. La direzione dei lobi è un altro mistero della fede antennistica: non è affatto facile da prevedere senza matematica, e può essere tutt'altro che ovvia, come ad esempio nel caso delle log-periodiche, in cui il lobo principale è diretto all'indietro rispetto all'asse dell'antenna! Altro esempio: una long wire lunga 3 onde intere ha vari lobi di irradiazione a vari angoli; quello principale forma un cono, vuoto al centro, con asse lungo l'asse del filo; questo è il motivo per cui una long wire inclinata può andare meglio, per il DX, di una tesa orizzontalmente, in quanto il suo lobo principale è in parte rivolto direttamente verso l'orizzonte (però, per contro, in parte è rivolto a terra, e lì non serve granché, anzi, riflettendosi, altera le caratteristiche dell'antenna, come abbiamo visto l'altra volta). PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Antenne: la polarizzazione Questa volta trattiamo un argomento un po' particolare, e forse meno discusso degli altri: la polarizzazione. Chi più, chi meno, tutti i radioamatori conoscono gli effetti pratici delle diverse modalità di polarizzazione; nonostante questo, faremo una breve panoramica sull'argomento a beneficio di coloro che non ne siano al corrente. Polarizzazione di un campo elettromagnetico Un'onda radio, ossia un campo elettromagnetico, coerente, è formata da un campo elettrico ed un campo magnetico, che oscillano nel tempo alla stessa frequenza, e si propagano indissolubilmente uniti; in effetti, dal punto di vista fisico formano un'unica realtà inscindibile, che si manifesta come onda o come fascio di corpuscoli (fotoni), secondo i diversi punti di vista dai quali lo si osserva. Nello studio di un campo elettromagnetico (EM), si devono quindi considerare varie direzioni distinte: o) la direzione delle linee di forza del campo elettrico; o) la direzione delle linee di forza del campo magnetico; o) la direzione di propagazione del fronte d'onda; o) la direzione di propagazione dell'energia associata all'onda. Secondo le particolari situazioni, queste direzioni sono legate tra loro da particolari rapporti; ad esempio, ogni volta che il mezzo in cui l'onda si propaga sia isotropo (cioè presenti le stesse caratteristiche in ogni direzione), la direzione del fronte d'onda e la direzione dell'energia coincidono, mentre questo può non essere più vero in mezzi particolari (ad esempio, nella rifrazione conica, il fronte d'onda e la direzione dell'energia formano un angolo costante). Analogamente, di norma, le linee del campo elettrico e le linee del campo magnetico sono perpendicolari tra di loro. Quindi, nelle situazioni ordinarie, ci semplifichiamo la vita e supponiamo che queste due ipotesi siano sempre vere. Non è invece possibile supporre, in generale, che le linee dei campi elettrico e magnetico stiano in particolare relazione con la direzione di propagazione; solo in alcuni casi speciali, si verifica una situazione particolarmente favorevole, nella quale il campo elettrico, il campo magnetico e la direzione di propagazione sono tutti e tre perpendicolari tra di loro: in questi casi si parla di propagazione TEM (trasversa elettrica e magnetica). Questi casi speciali sono però piuttosto frequenti da riscontrare nella realtà; infatti, le situazioni tipiche di propagazione TEM sono: onde EM piane nello spazio libero; onde EM in un cavo coassiale, al di sotto di una certa frequenza critica (che dipende dalle dimensioni e dal tipo di dielettrico del cavo stesso); o onde EM intorno ad una linea bifilare rettilinea (se fa la curva, casca l'asino!); o altri casi vari ed eventuali (ma mi pare che basti...!). o o Per vari motivi, che vedremo fra poco, fa comodo sapere in che direzioni sono orientati i campi, e fa comodo dirlo in breve... perciò definiamo polarizzazione dell'onda EM la direzione del suo campo elettrico; e, direte voi, perché non quello magnetico? Boh! E' una definizione, la prendiamo così com'è... ;-) PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Da notare che, in natura, un'onda può variare la propria direzione di polarizzazione nel tempo, per vari motivi su cui per ora non indaghiamo, oppure può essere composta da una somma di onde polarizzate in vari modi, od anche entrambe le cose insieme; diremo che un'onda è polarizzata se la sua polarizzazione è definita e costante, altrimenti diremo che non è polarizzata. Alcuni mezzi (l'atmosfera, gli occhiali Polaroid, ...) hanno la proprietà di riflettere o far passare solo onde ad una certa polarizzazione; mentre altri mezzi (la ionosfera, le ferriti magnetizzate, ...) sono capaci di ruotare il piano di polarizzazione dell'onda (rotazione di Faraday); quest'ultimo fenomeno è particolarmente importante per le telecomunicazioni spaziali o via riflessione ionosferica. Riflessione delle onde polarizzate Perché ci interessa sapere come sia polarizzata un'onda? Quando essa incide su un piano conduttore (uno specchio, insomma!) succede, in soldoni, che il campo elettrico parallelo al conduttore viene cortocircuitato, mentre quello perpendicolare al conduttore no; perciò la riflessione è diversa: il primo tipo di polarizzazione viene riflesso con polarizzazione invertita, mentre il secondo no. Se sullo specchio arriva un'onda con polarizzazione ne' parallela ne perpendicolare, questa si scinde in due componenti, appunto una parallela ed una perpendicolare, che vengono riflesse ciascuna a proprio modo, ricomponendosi dopo la riflessione per dare una nuova onda polarizzata ad un angolo speculare (ma no?!) rispetto a quella incidente rispetto allo specchio. Se però lo specchio non è un conduttore perfetto, si mangia una parte dell'energia delle onde; e chi ne esce peggio è la componente parallela, in quanto dà origine a maggiore dissipazione nello specchio. Ma dove stanno tutti questi specchi? Quelli che ci interessano di più sono due: il terreno (od il mare), sopra il quale l'onda si propaga, ed il cielo (in particolare, gli strati ionizzati) sotto i quali viaggia. Da quello che abbiamo visto, possiamo subito dedurre un'importante conseguenza: se per un collegamento devo usare un'onda che viaggia sopra il terreno dall'antenna trasmittente a quella ricevente, le componenti a polarizzazione verticale di quest'onda saranno attenuate molto meno di quelle a propagazione orizzontale. Ecco perché in generale una Yagi-Uda posta in verticale va molto meglio, per i collegamenti locali, di una Yagi-Uda uguale ma posta orizzontalmente. Al contrario la ionosfera, per motivi suoi dei quali per ora non ci impicciamo, riflette meglio le onde polarizzate orizzontalmente, ed ecco perché il DX viene meglio con la Yagi-Uda posta in orizzontale, che è come di solito viene installata: siamo tutti fanatici del DX... :-))) Però c'è anche da dire che un'onda EM che arriva alla ionosfera con una certa polarizzazione, a causa dell'effetto Faraday ne esce spesso con una completamente diversa, per cui a volte il DX si riceve meglio con una verticale. Polarizzazione circolare Un caso particolare di polarizzazione variabile si ha quando l'onda è composta dalla somma di due campi di uguale ampiezza e perpendicolari (nel senso che tali siano le componenti di campo elettrico), le cui oscillazioni siano sfasate di un quarto di periodo (ovvero 90 gradi); in questo caso, la somma dei campi dà un campo rotante, la cui intensità resta sempre la stessa, mentre la direzione percorre una rotazione circolare destrorsa o sinistrorsa secondo i rapporti di fase (e da che parte la si guarda!). PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Questo fenomeno, che è ampiamente utilizzato nella realizzazione di motori elettrici, è molto utilizzato anche nelle telecomunicazioni, in quanto le onde polarizzate circolarmente presentano alcune interessanti caratteristiche, tra le quali il fatto che la natura della polarizzazione non viene alterata dall'attraversamento della ionosfera, per cui vanno molto bene per le comunicazioni via satellite, ed ancora il fatto che le caratteristiche di attenuazione possono essere migliori in certe situazioni (ad esempio, pioggia, neve e simili). Polarizzazione dell'antenna Ma come si fa a sapere quale polarizzazione viene assegnata al campo, magari senza leggere le istruzioni dell'antenna? La risposta in realtà è abbastanza semplice. Il dipolo, che è l'elemento base di tutte le antenne di tipo filare (comprese quelle fatte con i tubi, che sempre fili sono...), produce un campo EM la cui componente elettrica ha linee di forza parallele al dipolo stesso (per inciso, questo è un ottimo motivo per tenerlo ben teso), e quindi parallele anche al terreno, se il dipolo è steso orizzontalmente, perpendicolari se è disposto verticalmente; fate poi voi se è disposto inclinato... :-) Se associamo più elementi posti nella stessa direzione, le linee di campo si sommano vettorialmente (il che significa che si rafforzano in certi punti e/o direzioni, e si indeboliscono in altri) ma la loro direzione resta sempre la stessa. Perciò un'antenna formata di dipoli, e loro combinazioni realizzate con direzioni tutte parallele tra loro, produce un campo EM polarizzato lungo la direzione dei dipoli; si potrà quindi avere la polarizzazione desiderata semplicemente disponendo opportunamente le antenne. Per ottenere la polarizzazione circolare è invece necessario usare due antenne poste perpendicolarmente ed alimentate in quadratura mediante uno speciale apposito "dispositivo sfasatore a radiofrequenza", che sarebbe poi un pezzaccio di cavo lungo un quarto d'onda, ma preciso, eh! ;-) Ricezione di un segnale polarizzato Il segnale che giunge ad un'antenna viene utilmente captato da questa solo se la polarizzazione del campo e quella dell'onda sono uguali; via via che le direzioni si discostano, il segnale diventa sempre più debole, fino alla situazione limite in cui le polarizzazioni sono ortogonali tra loro ed il segnale restituito è teoricamente nullo (ma in pratica c'è sempre qualcosa, a causa delle riflessioni generate dagli oggetti circostanti). Nel vuoto, e quindi in assenza di riflessioni da oggetti circostanti, un segnale irradiato da un'antenna a polarizzazione orizzontale non verrebbe captato da un'antenna a polarizzazione verticale! Per questo motivo spesso, nella ricezione di segnali da satelliti, per i quali non è possibile conoscere a priori lo stato di polarizzazione, si usano antenne riceventi a polarizzazione circolare, che sono in grado di ricevere correttamente (ma con 3 dB di guadagno in meno) sia segnali a polarizzazione orizzontale che a polarizzazione verticale. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Antenne: schiere di antenne Se vogliamo aumentare il guadagno di un'antenna, o aumentarne la direttività, cose che come abbiamo visto vanno di pari passo, come dobbiamo fare? Una prima, ovvia possibilità è quella di concentrare il campo nelle sole direzioni volute, usando uno o più specchi o facsimile di specchi: lo vedremo in alcune delle prossime puntate. Un'altra strada, di cui parliamo qui, è quella di usare più antenne, facendo in modo che i loro campi interagiscano opportunamente; un sistema di questo genere si chiama schiera di antenne e presenta alcune caratteristiche molto interessanti. Definizioni Cominciamo dal caso più semplice, prendendo due sole antenne uguali tra loro; per semplificare al massimo, consideriamo due antenne isotropiche, cioè che irradiano nello stesso modo in tutte le direzioni; poniamole nello spazio vuoto, ad una certa distanza D tra loro; infine, per completare la semplificazione, alimentiamole in fase tra loro. Prima di proseguire, definiamo alcuni termini che ci serviranno nel seguito; le due antenne, che possiamo supporre puntiformi, e d'ora in poi chiameremo elementi della schiera, sono congiunte da una retta, che chiameremo asse dell'antenna; chiamiamo centro dell'antenna il punto centrale del segmento che congiunge i due elementi. Ancora, chiamiamo piano mediano il piano che passa per il centro dell'antenna ed è perpendicolare all'asse. Schiere broad-side Siamo pronti: consideriamo allora le onde emesse (in fase) dagli elementi; quando arrivano su di un qualsiasi punto del piano mediano, esse hanno percorso esattamente la stessa strada, quindi, essendo partite in fase, sono ancora in fase, e si sommano tra loro. In una qualsiasi altra direzione, le onde ci arriveranno dopo aver compiuto percorsi diversi, e quindi non più in fase tra loro; se la differenza di percorso non è uguale ad esattamente un multiplo di lunghezza d'onda, il risultato è che la loro somma è minore di quanto non sarebbe sul piano mediano; in particolare, se la differenza di percorso è pari ad un multiplo dispari di mezza lunghezza d'onda, le onde arrivano in opposizione di fase e la loro somma è zero (in realtà, a causa della differenza di percorso, l'ampiezza delle onde è leggermente diversa, quindi lo 'zero' non è proprio zero, ma se ci poniamo a distanza sufficiente dall'antenna, la differenza d'ampiezza è molto piccola, tale da poter essere tranquillamente trascurata). Ricapitolando: in certe direzioni l'irradiazione è massima, in altre è minima: abbiamo ottenuto un'antenna direttiva, con dei lobi di radiazione la cui forma e disposizione dipende dalla distanza tra gli elementi del sistema. Una schiera di questo genere, che irradia prevalentemente sul suo piano di mezzeria, si chiama broad-side array. Poniamo ora che la distanza D tra gli elementi sia pari esattamente ad una mezz'onda, che è una situazione standard; è facile convincersi che ora le posizioni in cui i campi prodotti dai due elementi PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com sono sfasati di mezzo periodo, e quindi si annullano, si trovano esattamente lungo la congiungente degli elementi, cioè lungo l'asse dell'antenna; infatti le onde prodotte dall'elemento 1 arrivano sull'elemento 2 dopo aver percorso mezz'onda, e da qui in poi le due onde prodotte dagli elementi viaggiano insieme, mantenendo uniformemente e costantemente nulla la somma. Schiere end-fire Cambiamo ora le carte in tavola: diamo alle due antenne un'alimentazione reciprocamente sfasata di mezzo periodo. Ora, in tutti i punti del piano mediano, le onde arrivano costantemente in controfase, per cui, su tutto il piano, la risultante netta è zero; viceversa, lungo l'asse dell'antenna i campi sono costantemente in fase, e si sommano dando la risultante massima possibile. La schiera così ottenuta è detta end-fire array (e già comincia a somigliare ad una Yagi-Uda...). Osserviamo subito una cosa molto importante: cambiando le sole alimentazioni (praticamente, aggiungendo una mezz'onda di linea), abbiamo ruotato di 90° i lobi di radiazione della schiera! Altra osservazione: togliamo l'alimentazione all'elemento 1 e cortocircuitiamolo (altrimenti la corrente non passa). Ad un esame superficiale si potrebbe pensare che l'effetto dell'elemento si annulli, ma non è così. In realtà, il campo prodotto dall'elemento 2 giunge all'elemento 1, sfasato esattamente di mezzo periodo, e quindi fa scorrere su di esso una corrente equivalente ad un'alimentazione sfasata di mezzo periodo. Il sistema si comporta quindi ancora come una schiera end-fire, salvo che l'irradiazione dell'elemento 1 è un po' più debole di quella dell'elemento 2; a causa di ciò, lo zero sul piano mediano diventa "un po' meno zero", cioè il piano d'irradiazione nulla si deforma, e l'irradiazione in una direzione è un po' più intensa che nell'altra, ma questo effetto è globalmente trascurabile. Impedenza dell'antenna Cosa succede alle impedenze degli elementi? Ciascun elemento è sottoposto al proprio campo, ma anche al campo generato dall'altro elemento, e, in funzione delle fasi delle alimentazioni e della distanza tra gli elementi, intorno all'elemento il campo potrà sommarsi o sottrarsi secondo i casi. Quindi l'impedenza varia secondo la disposizione degli elementi e la loro alimentazione; però su questo argomento, piuttosto complesso, non scenderemo in ulteriori dettagli. Schiere a più elementi Prendiamo ora un caso un po' più complicato: aggiungiamo un terzo elemento alla schiera end-fire vista sopra, disponendolo lungo l'asse spaziando tutti gli elementi di mezza lunghezza d'onda, ed alimentandoli ciascuno in controfase rispetto a quello adiacente; il centro dell'antenna si trova ora in corrispondenza dell'elemento centrale, che giace sul piano mediano. Sull'asse dell'antenna i campi continuano ancora a sommarsi, quindi abbiamo ancora i lobi di radiazione principali disposti lungo esso. Però, sull'asse mediano, si hanno i due campi degli elementi esterni che si sommano, mentre il campo dell'elemento centrale si sottrae; l'intensità è minore, ma non è più zero. Si ha cioè un lobo secondario di radiazione. I lobi principali e secondario sono separati da due superfici coniche, con vertice nel centro dell'antenna e simmetriche rispetto al piano mediano. Aumentando la complessità dell'antenna, il numero di lobi cresce per ogni elemento aggiunto, però contemporaneamente l'intensità dell'irradiazione nei lobi secondari decresce; in altre parole, la direttività dell'antenna cresce! Ovviamente, non c'è limite alla complicazione che si può introdurre, nel senso che si può pensare di aggiungere elementi in numero illimitato; però in pratica, non è detto che convenga, in quanto, PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com all'aumentare del numero di elementi, la direttività aumenta significativamente solo fino ad un certo limite, poi cresce molto lentamente ed infine non cresce più; in altre parole, con le schiere non si possono realizzare antenne 'superdirettive'. Un'ultima nota: le antenne broad-side (per motivi che qui non ci sogniamo neanche vagamente di affrontare), sono più direttive delle end-fire. Schiere di antenne reali Tutto il ragionamento fatto sopra è vero nel caso delle antenne isotropiche; se invece usiamo antenne reali, come ad esempio i dipoli, il diagramma di radiazione proprio della schiera si deforma per tenere conto del diagramma tipico dell'antenna elementare usata; in altre parole, il guadagno in ogni direzione è dato dal prodotto del guadagno proprio dell'antenna per quello della schiera, cosicché i lobi possono essere rafforzati in certe direzioni, ed attenuati in altre. Antenne: il dipolo Finora abbiamo visto alcuni importanti argomenti riguardo le antenne in generale; ora entriamo un po' più nel vivo della faccenda, cominciando a vedere le antenne quelle vere, insomma quelle fatte di materia solida, cominciando con la più importante di tutte (per noi): il dipolo. Antenna elementare Prima di affrontare il dipolo lungo, conviene soffermarci un momento su suo ingrediente principale: l'antenna corta, più propriamente detta elementare. Di un filo conduttore, teso nel vuoto e molto lungo, che supponiamo percorso da una corrente a radiofrequenza, prendiamo in considerazione un pezzetto molto corto: così corto rispetto alla lunghezza d'onda che l'intensità di corrente su di esso sia praticamente uguale in tutti i punti. Questo pezzetto di filo, che è ovviamente un'antenna, produce intorno a sé un campo elettromagnetico ('campo em' per chi si fosse posto all'ascolto soltanto ora); le linee di forza del campo elettrico sono (localmente) parallele al filo, mentre le linee del campo magnetico sono cerchi concentrici. Nello spazio libero, il campo magnetico ed il campo elettrico sono perpendicolari tra loro ed alla direzione di propagazione; quest'ultima sarà dunque rivolta radialmente rispetto al filo. Il fronte dell'onda prodotta ha quindi una forma cilindrica, il cui raggio s'allarga nel tempo (ovviamente, alla velocità della luce). Antenne di lunghezza finita Il campo prodotto da un filo di lunghezza non trascurabile è costituito dalla somma dei singoli campi elementari prodotti da ciascuno degli infiniti pezzetti di lunghezza infinitesima (ovvero, 'praticamente zero ma non proprio'); nel linguaggio della domenica, si direbbe che è l'integrale, calcolato lungo la linea del radiatore, dei campi elementari. Il risultato di questo calcolo è un campo magnetico ancora concentrico al filo, accompagnato da un campo elettrico le cui linee giacciono sul piano del dipolo e si curvano e riuniscono ai suoi estremi, mentre la direzione di propagazione in ogni punto è sempre uscente dal centro del dipolo stesso. Il dipolo tutto intero non può avere corrente costante in tutti i punti: all'estremo non alimentato, la corrente è zero per forza, perché la carica non può uscire dal filo ed andarsene per i fatti suoi; questo è un punto fermo del nostro ragionamento e vale per qualsiasi lunghezza dell'antenna (ma, in PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com realtà, è solo un'approssimazione, non fosse altro che per il potere delle punte di disperdere parte della carica elettrica che vi si accumula). Dal punto di alimentazione all'estremo dell'antenna, la corrente andrà digradando in maniera graduale e regolare (i matematici direbbero 'continua') fino ad arrivare a zero; si può dimostrare che lungo l'antenna la distribuzione della corrente, che è associata al valore del campo magnetico, segue un andamento quasi sinusoidale; poiché il campo elettrico è associato al campo magnetico con uno sfasamento di un quarto di periodo, e la tensione è associata al campo elettrico, la tensione lungo l'antenna segue lo stesso andamento della corrente ma, come sopra, è sfasata di un quarto di periodo (attenzione: stiamo semplificando all'estremo!). Perciò, dove la corrente è massima la tensione è minima, e viceversa. La resistenza di radiazione La resistenza di radiazione di un dipolo dipende dalla sua lunghezza elettrica in rapporto alla lunghezza d'onda effettiva; quando questo rapporto è molto piccolo, la resistenza di radiazione è anch'essa molto piccola, e cresce in maniera continua all'aumentare della lunghezza fino a valori di qualche centinaio di ohm. Il motivo di ciò sta nel fatto che, se si mantiene costante la corrente di alimentazione del dipolo, all'aumentare della lunghezza cresce la potenza totale irradiata, in quanto ogni tratto di filo irradia il suo campo che va a sommarsi al totale; la crescita non è però lineare, anche perché, come vedremo nel seguito, la corrente in un dipolo reale non è uguale in tutti i punti. L'andamento di questa resistenza, data la complessità del relativo calcolo, è riportato normalmente in grafici (ad esempio, lo si può trovare nell'ARRL Handbook, ma anche in quasi tutti i manuali di settore). La resistenza di radiazione non va comunque confusa con l'impedenza del dipolo al punto di alimentazione, che dipende, oltre che da questa, anche dalle componenti reattive e dalla posizione del punto di alimentazione (che può essere scelto ad arbitrio in un punto qualsiasi del dipolo, anche se per comodità spesso si sceglie il centro). Il fattore di velocità Naturalmente, quando si parla di un quarto d'onda, si intende la distanza lungo la quale effettivamente l'onda compie un'oscillazione pari ad un quarto di periodo: questa lunghezza perciò dipende dalla velocità di propagazione dell'onda intorno al dipolo. Sento quello, laggiù in fondo, che dice: "Ma come, non l'abbiamo messo nel vuoto?". Sì, l'abbiamo messo nel vuoto, ma almeno una cosa in questo vuoto c'è: il filo! La velocità dell'onda quindi dipende in primo luogo dalle caratteristiche fisiche del filo, che ha una permeabilità magnetica ed una costante dielettrica, come ogni sostanza che si rispetti; ma anche dalla sua verniciature, dal suo isolamento eccetera; inoltre, le antenne reali sono messe sui tetti, quindi anche la tegola vuole la sua parte... In conclusione, se l'antenna è abbastanza distante dal tetto, il campo em viaggia ad una velocità che va dal 92% al 98% circa di quella nel vuoto, come si è già visto in precedenza. Il dipolo a mezz'onda Un caso particolare della struttura fin qui descritta è costituito da un'antenna lunga esattamente mezza onda: in questo caso, la corrente è nulla ad entrambi gli estremi, mentre è massima al centro, PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com e contemporaneamente la tensione è massima agli estremi e minima al centro: questa struttura presenta quindi al suo centro la minima impedenza possibile: si può dimostrare che essa vale la resistenza di radiazione vale (circa) 72 Ω , più una certa componente reattiva, originata dal fatto che una certa frazione dell'energia viene immagazzinata localmente intorno al dipolo. Questa componente dipende da vari fattori, fra cui i principali sono il diametro del conduttore, che ne determina l'autoinduttanza per unità di lunghezza, e la sua capacità verso terra. Complessivamente, questa reattanza (che si può calcolare ad esempio con l'incasinatissimo integrale di Hallèn) vale circa 60 Ω , per un'antenna fatta di filo sottile rispetto alla lunghezza, ma può essere parecchio superiore quando il filo invece abbia diametro rilevante (ad esempio, nel caso di un tubo). Comportamento fuori frequenza Ovviamente, la frequenza per la quale il dipolo è lungo esattamente mezz'onda è una sola; quando ci si allontana da questa frequenza centrale, ciò che appare è la comparsa di un'ulteriore componente reattiva, che è di natura capacitiva quando l'antenna è troppo corta, cioè quando la frequenza è più bassa di quella centrale, e di natura induttiva quando l'antenna è troppo lunga, cioè la frequenza è più alta di quella centrale. Per inciso, ad una certa frequenza, vicina a quella di risonanza, la reattanza propria e la reattanza introdotta dal disallineamento di frequenza si compensano, così che l'antenna presenta impedenza puramente resistiva: questa condizione viene chiamata spesso (ma non del tutto propriamente) risonanza dell'antenna. Vale la pena di osservare che la resistenza di radiazione varia molto più lentamente della reattanza, ragion per cui, in un campo di frequenze abbastanza esteso intorno a quella centrale, è sufficiente compensare quest'ultima con una reattanza variabile in serie per riottenere un'impedenza prossima ai 72 Ω . Lobi di radiazione del dipolo Il lobo di radiazione del dipolo è dotato di notevoli simmetrie: prima di tutto, esso è un solido di rotazione intorno all'asse del filo; vale a dire, se ad esempio pongo il filo in verticale e gli giro intorno a distanza costante, il comportamento che vedo è lo stesso lungo tutta la circonferenza percorsa. Inoltre si ha un'altra importante simmetria rispetto al piano assiale del dipolo, cioè a quel piano che passa per il centro ed è perpendicolare al filo; vale a dire, se metto il dipolo in orizzontale e mi sposto in uguale misura a destra o a sinistra rispetto al centro, vedo lo stesso campo. L'irradiazione del dipolo è massima lungo il piano assiale, perché qui si sommano in fase i contributi dei due bracci, mentre è zero nella direzione del filo; in sostanza, il solido di radiazione è una specie ciambella lungo il cui asse è infilato il dipolo, e la sua sezione (cioè la superficie che si vede tagliando verticalmente a metà la ciambella) è a forma di otto. Guadagno del dipolo e lunghezza efficace Poiché il dipolo non irradia lungo il suo asse, per la già citata legge della coperta (vedi guadagno e direttività) la potenza deve essere concentrata altrove, in particolare sul piano assiale dove il campo è massimo. Si ha quindi un certo guadagno rispetto all'antenna isotropica; questo guadagno vale 1,67 in potenza, ovvero 2,2 dB. Al guadagno è legata la lunghezza efficace dell'antenna, che è la lunghezza che dovrebbe avere un'antenna percorsa da corrente uniforme per produrre la stessa intensità di campo, ed è PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com notevolmente inferiore alla lunghezza reale perché le componenti estreme dell'antenna, che sono percorse da correnti molto modeste, contribuiscono proporzionalmente poco alla potenza irradiata. Dipoli accorciati (detti anche 'caricati') Consideriamo un braccio di un ordinario dipolo e prendiamo su di esso due punti separati da una certa distanza; tra i due punti ci sarà una certa tensione, ed inoltre in ciascuno dei due punti scorre una certa corrente. Possiamo ora pensare di sostituire il tratto di antenna compreso tra i due punti con un induttore a costanti concentrate che, percorso dalla corrente a radiofrequenza, imponga ai suoi capi la stessa tensione che si avrebbe con il tratto di antenna al suo posto. La distribuzione di tensione in questo caso ha un 'salto', ma l'effetto è che la tensione oltre l'induttore non è cambiata, perciò, se l'antenna era risonante, continua ad esserlo pur essendo stata accorciata. Naturalmente, c'è un prezzo da pagare; i fenomeni che si verificano sono vari: il tratto di antenna eliminato, non essendoci più, non può contribuire al campo totale irradiato, motivo per cui la resistenza di radiazione si abbassa (parecchio); questo effetto è tanto più marcato quanto più l'induttore è posto in prossimità dei punti di massimo della corrente (che di solito coincidono con il punto di alimentazione al centro del dipolo); o questo comporta non solo una diversa impedenza dell'antenna, ma specialmente una minore efficienza, perché le perdite dell'antenna non sono modificate di molto dall'accorciamento, ma in cambio sono sostanzialmente peggiorate dall'aggiunta dell'induttore; o la corrente all'ingresso ed all'uscita dell'induttore è necessariamente uguale (mentre prima variava gradualmente); perciò il campo varia bruscamente intorno all'induttore di compensazione e viene deformato il lobo di radiazione. o Per questi motivi, le antenne accorciate vengono prese in considerazione solo quando le condizioni oggettive non permettono assolutamente l'uso di antenne di lunghezza normale (ad esempio, frequenze molto basse o mezzi mobili), mentre non sono assolutamente consigliabili quando si possa scegliere una diversa alternativa. Il dipolo come linea di trasmissione non uniforme Un'ultima nota finale può aiutare a capire alcuni fenomeni tipici del dipolo, fornendo anche alcuni spunti per il calcolo delle antenne di lunghezze 'strane'; esso può infatti essere considerato come una linea bifilare non uniforme aperta, in cui la distanza tra i conduttori varia continuamente e quindi si ha una variazione continua dell'impedenza caratteristica della linea stessa (questo ci riporta alla definizione iniziale, in cui abbiamo detto che un'antenna adatta l'impedenza del generatore a quella dello spazio). Su questo argomento però non insisteremo, trattandosi di un aspetto piuttosto complesso e delicato da trattare: gli interessati possono trovare ampie trattazioni su testi universitari e sulla manualistica specializzata (Terman, Kraus, Collin, Ramo-Whinnery, etc etc). PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Antenne: folded dipole e ground-plane Questa volta vedremo i due più comuni derivati del dipolo e le loro caratteristiche. Folded dipole (dipolo ripiegato) Il dipolo ripiegato è una delle antenne più usate, forse la più usata in assoluto, in quanto fa parte della stragrande maggioranza delle antenne Yagi-Uda per TV. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice; se pensiamo un comune dipolo, e gli disponiamo parallelamente, molto vicino (di solito a centesimi di lunghezza d'onda) un altro dipolo cortocircuitato al centro, il secondo dipolo è percorso da una corrente indotta dal primo e, data l'estrema vicinanza, le due correnti sono praticamente uguali. Da un punto molto distante quindi si vede il campo di due dipoli che irradiano nello stesso modo; poiché essi sono molto vicini e le loro correnti sono praticamente in fase, il campo totale è sostanzialmente la somma dei due campi. Poiché la potenza va con il quadrato del campo (come del resto va con il quadrato della tensione e della corrente), la potenza irradiata a parità di corrente è quattro volte maggiore di quella del dipolo singolo, e poiché P=RI2, è evidente che si deve avere una resistenza di radiazione quadrupla rispetto a quella appunto del dipolo singolo. Dal momento che quest'ultimo ha resistenza di radiazione intorno ai 72 Ω , si vede che il dipolo ripiegato ha resistenza di radiazione di circa 290 Ω , che normalmente si arrotondano a 300 Ω (il 3%, in elettronica, è una differenza trascurabile, salvo quando si tratti di costi di produzione...). Il diagramma di irradiazione della struttura così ottenuta è praticamente uguale a quello del dipolo, perché sia la distanza che lo sfasamento tra le due antenne sono praticamente zero. In sostanza, si può pensare al dipolo ripiegato come ad una schiera formata da due dipoli (quasi) coincidenti. Gli estremi dei due dipoli presentano sempre la stessa tensione, perché le alimentazioni sono in fase; quindi si può usare un conduttore metallico per collegare fisicamente gli estremi stessi, semplificando molto il mantenimento del parallelismo tra i due dipoli costituenti il sistema. Perché usare il dipolo ripiegato? Ci sono parecchi validi motivi: o o o o o la resistenza di radiazione elevata garantisce un'alta efficienza anche in presenza di perdite non proprio contenute, quindi si possono usare materiali così così senza perdere in qualità; nel caso di antenne a schiera end-fire, come le Yagi-Uda, la resistenza di radiazione si abbassa all'aumentare del numero di elementi, per cui usare un dipolo ripiegato mantiene più elevata la resistenza di radiazione finale, semplificando l'adattamento (e, come sopra, riducendo il fattore di perdita); la costruzione meccanica dà notevole robustezza all'assemblaggio, che risulta quindi più solido di altre antenne; la costruzione è semplice ed economica, perché si può ottenere da un unico profilato metallico piegato opportunamente (da cui il nome di dipolo ripiegato); il centro del dipolo cortocircuitato presenta sempre tensione nulla, quindi può essere messo a terra senza tante storie... in particolare, può essere avvitato senza problemi PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com ad un tubo metallico (il 'boom' o 'boma' dell'antenna), cosa che non si può fare con il dipolo semplice; o per potenze modeste, od antenne solo riceventi, si può utilizzare una discesa bilanciata in linea bifilare, usando la piattina in politene da 300 Ω , che ha perdite relativamente basse e costa poco (ma ormai è difficile da trovare!). Per contro, deve essere abbastanza rigido, altrimenti i due dipoli si piegano ciascuno a modo suo ed il parallelismo va a farsi benedire; ovvero: provate a fare un dipolo ripiegato sugli 80 metri... Antenne ad un solo braccio: la ground-plane Se poniamo una lampada sopra uno specchio (perfetto), ad una certa distanza da esso, da sopra lo specchio vediamo due lampade; in maniera del tutto analoga, se appoggiamo verticalmente su uno specchio un braccio di dipolo (cioè uno stilo semplice), vediamo due bracci, cioè un dipolo intero. Possiamo approfittare di questo fatto per realizzare un'antenna lunga solo la metà di quanto dovrebbe essere, usando uno specchio riflettente al posto dell'altra metà. Lo specchio in questione non è altro che un piano conduttore sufficientemente esteso; il più comune tra i piani conduttori è la terra, per cui questo viene spesso chiamato 'piano di terra'. Il campo elettrico irradiato dal singolo braccio è la metà di quello complessivo prodotto dal dipolo, per cui la potenza irradiata dovrebbe essere un quarto; però lo specchio rimanda in su tutta la potenza che viene irradiata verso il basso (il mezzo lobo inferiore), perciò, nel complesso, la potenza irradiata sopra al piano di terra è la metà di quella prodotta da un dipolo intero a parità di corrente (mentre sotto al piano di terra è zero!). Di conseguenza, la resistenza di radiazione è la metà di quella che del dipolo semplice, vale a dire circa 36 Ω (per questo motivo un tempo si suggeriva di alimentare questo tipo di antenne con due cavi di impedenza caratteristica pari a 75 Ω in parallelo tra loro). L'efficienza di queste antenne è quindi di principio relativamente più bassa di quella del dipolo semplice, a parità di materiali utilizzati. Ma la principale diminuzione d'efficienza è causata dalla qualità dello specchio impiegato; infatti, se questo non è perfettamente conduttore, la riflessione è solo parziale, ed una parte significativa della potenza va persa nello scaldare lo specchio stesso. Per questo motivo si usano vari metodi per migliorare l'efficienza del piano di terra; nel caso di frequenze molto alte, è possibile usare un disco metallico solido, ma a frequenze basse le dimensioni rendono proibitiva questa soluzione (l'antenna ground-plane è spesso usata in onde medie e lunghe). Allora si ricorre ad un insieme di conduttori, interrati o sospesi, che permettano di abbassare le perdite del terreno riducendone la resistenza elettrica; nelle esecuzioni professionali, i conduttori possono essere due-trecento, e talvolta di più, oppure può essere usata una rete metallica interrata a qualche centimetro di profondità. Nelle esecuzioni amatoriali, questo tipo di soluzione è chiaramente inattuabile. Si deve quindi accettare un compromesso ragionevole, che si basa sul seguente ragionamento: alcuni radiali posti orizzontalmente e connessi elettricamente in un punto centrale, possibilmente spaziati ad angoli regolari, costituiscono una linea di trasmissione radiale, cioè nella quale le onde em viaggiano in direzione radiale dal centro alla periferia e viceversa. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Se questa linea è lunga esattamente un quarto d'onda, si comporta come un trasformatore a lambda quarti, e fa vedere all'ingresso (cioè al centro) il reciproco dell'impedenza di carico; se la linea è aperta all'estremità, si vede il reciproco di un circuito aperto, cioè un cortocircuito (o quasi). Le perdite sono allora abbastanza contenute e il tutto può funzionare (relativamente) bene; naturalmente, sempre che i radiali siano in numero sufficiente a simulare decentemente una linea radiale... e tre non è un numero sufficiente! C'è anche da dire che, poiché bisogna adattare l'impedenza dell'antenna ai fatidici 50-75 Ω , la resistenza introdotta dalle perdite del piano di terra, alzando l'impedenza totale, può far comodo, qualora l'efficienza non sia importante; ma non lamentatevi poi se il vicino col dipolo riceve benissimo la stazione DX che voi non sentite proprio. Il lobo di radiazione di un dipolo disposto verticalmente è praticamente parallelo al suolo; quello della ground-plane è invece chiaramente rialzato, in quanto la potenza viene riflessa in su dallo specchio; per limitare questo inconveniente, si usa inclinare in giù i radiali rispetto all'orizzontale; con ciò, cambiando l'angolo di riflessione, si riesce ad abbassare il lobo fino a quella ventina di gradi circa che fa comodo per il DX; però, in cambio, si aumentano le perdite del piano di terra, che in effetti diventa più piccolo. Le antenne ground-plane, se proprio non se ne può fare a meno, si possono anche accorciare, come nel caso dei dipoli caricati, al prezzo di una (rilevante) diminuzione dell'efficienza. L'accorciamento però si può applicare allo stilo verticale, ma se viene applicato ai radiali introduce una ulteriore perdita di qualità nel piano di terra (che già abbiamo visto essere più o meno insoddisfacente di suo), per cui è proprio meglio evitarlo. Antenne a stilo, 5λ /8, dipoli a V e disco-cono Antenne a stilo L'antenna a stilo, dal punto di vista della realizzazione, è sicuramente la più semplice che ci sia: è un pezzo di tubo o nastro metallico, abbastanza rigido da stare in piedi, ad un estremo del quale è collegata la linea di alimentazione. In realtà, questa antenna non è altro che un dipolo, in cui la metà inferiore è brutalmente soppressa, come accade in una ground-plane, ma senza nemmeno prendersi la briga di garantire che il piano di terra abbia prestazioni decenti come specchio. A sua discolpa bisogna dire che, di solito, viene impiegata in situazioni piuttosto difficili, nelle quali altre antenne non sono proprio possibili, come nel caso di mezzi mobili o di apparati portatili. Quando l'antenna venga installata su un piano metallico, ad esempio sopra (meglio al centro) al tettuccio di un'automobile, la carrozzeria metallica fornisce un attendibile piano riflettente, e PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com l'antenna si comporta più o meno come una ground-plane. Quando però questo non si verifichi, il "completamento" dell'antenna viene lasciato completamente alla terra, che come conduttore non è granché. Si tratta ovviamente di un'antenna dalle prestazioni a dir poco balorde, in cui la potenza irradiata è spesso minore di quella dissipata (ma se non si può far di meglio...). Per contro, le consistenti perdite la rendono un'antenna intrinsecamente a larga banda: come dire che tanto risuona comunque poco... La resistenza di radiazione dipende dalla lunghezza dello stilo, e quindi di solito è bassa perché lo stilo si fa più corto possibile, per ridurre l'ingombro. Per dare un ordine di grandezza, un'antenna a stilo può avere resistenze di radiazione dell'ordine della ventina di ohm ed anche meno. Ovviamente, se lo stilo è corto, si presenta anche una significativa componente reattiva; ricordiamo infatti che le antenne più corte di un quarto d'onda (o di un multiplo dispari) hanno reattanza capacitiva, mentre quelle più lunghe hanno reattanza induttiva, che è necessario compensare in qualche modo, vale a dire con un accordatore oppure con un induttore di carico disposto lungo l'antenna (meglio se verso la fine, come si è visto nella puntata precedente). Sempre parlando di stilo corto, vale anche la pena di accennare ad un "trucco" che talvolta viene usato per aumentare la lunghezza efficace di un 'antenna corta: consiste nel mettere in cima alla stessa un 'cappello' ('hat'), costituito da un disco metallico per frequenze alte, ovvero da un sistema di radiali se le frequenze sono più basse. Questo cappello costituisce una capacità, che si carica e si scarica con la corrente che gli viene dall'estremo dell'antenna, contribuendo a mantenere alta la corrente stessa che, altrimenti, all'estremo sarebbe nulla. Un'antenna di questo genere, se l'induttore di carico è fatto di filo bello grosso ed argentato, può avere efficienza quasi umana. Antenne a 5/8 d'onda Tra gli stili però, non è detto che ci siano solo quelli corti: possiamo benissimo fare anche stili lunghi! Se facciamo uno stilo lungo mezza lunghezza d'onda, la sua resistenza di radiazione è dell'ordine di 72 Ω (come quella del dipolo semplice). Questa è quindi un'antenna che di per se' va bene, ma ha un inconveniente: l'estremo di uno stilo a mezz'onda è un punto di nodo (minimo) della corrente, perciò l'impedenza vista in questo punto è astronomica (può superare alcune migliaia di ohm); può andare bene se si usa una linea ad alta impedenza e basse perdite (scaletta), in unione con un buon accordatore, ma è del tutto inadatta all'uso di un coassiale. Possiamo semplicemente aumentare di un po' la lunghezza dell'antenna, per esempio di un ottavo di lunghezza d'onda. Si ottiene così un'antenna che ha elevata resistenza di radiazione (suppergiù 80 ohm ed oltre) e presenta un'impedenza più gestibile, che può essere facilmente ricondotta alla ragione (cioè ai 50 Ω di legge) con un autotrasformatore od uno stub (gamma match), ovviamente regolabili. L'autotrasformatore è molto semplice da realizzare: basta creare una spira (un largo cerchio in tubo di rame od alluminio) con un contatto mobile (ad esempio, va bene un morsetto fissacavi da 150 lire). Un estremo viene collegato allo stilo, l'altro a terra, e l'alimentazione viene fornita tra la terra ed il contatto strisciante; spostando il contatto, si cambia il rapporto di trasformazione e si può quindi ottenere l'adattamento della resistenza; se poi la reattanza del trasformatore è 'scelta bene', esso funziona anche da reattanza di compensazione della reattanza del radiatore (che è capacitiva, perché il tratto di lambda/8 oltre la mezz'onda è "corto"), per cui si ottiene un ottimo adattamento. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com E' bene dire anche che a questa antenna 'fa bene' un piano di terra, per esempio ottenuto con radiali di lunghezza opportuna (ad esempio, il solito quarto d'onda...): come per tutte le ground-plane, in questo caso il lobo di radiazione si alza un po', ma in cambio la potenza emessa sopra al piano di terra aumenta e si riducono le perdite nel terreno (sempre che il piano di terra sia buono...). Infine, se la lunghezza non è proibitiva, si può considerare anche l'ipotesi di un'antenna 3λ /4 (cioè un 1/8 d'onda più lunga della 5/8); in questo caso, l'estremo è un punto di ventre della corrente, e tra l'altro quindi contribuisce significativamente all'emissione, e fa aumentare la resistenza di radiazione che si porta a circa 85 Ω ; tutto sta a vedere se il vento poi ve la lascia su.... Dipoli a V Torniamo al dipolo semplice, coi suoi due bracci regolamentari: se lo spazio è poco, possiamo tirare il dipolo tra tre punti, anziché due, formando così una V, di solito in verticale. Cosa succede all'antenna in questo caso? Il lobo di radiazione nella direzione perpendicolare alla V si riduce un po' (il guadagno quindi è un po' più basso del dipolo normale), ma in linea di massima cambia poco... salvo il fatto che ci sta su un tetto piccolo! Si tratta di un'antenna di ripiego, se c'è spazio è meglio mettere un dipolo ben teso. Nella direzione parallela alla V, invece, cambia qualcosa: dicendola in maniera molto circa, un po' più quasi, se mettiamo la V con l'asse orizzontale e, facendo finta di essere un'onda em polarizzata verticalmente, lo guardiamo di fronte lungo l'asse stesso, vediamo che per tutte le lunghezze d'onda minori od uguali a quella per la quale il dipolo è complessivamente mezza onda, ci sono due punti del dipolo che si trovano alla distanza giusta... stanno per nascere le: (rullo di tamburi, ovazioni e gioia degli ascoltoni...) Antenne a disco-cono Se facciamo ruotare il dipolo piegato a V intorno alla retta perpendicolare al suo asse e passante per il suo vertice (come se fosse una bandiera attaccata ad un'asta, insomma) i due bracci del dipolo descrivono la superficie di due coni coassiali ed attaccati per la punta; adesso, da qualunque direzione la guardiamo, vediamo sempre un dipolo a V, e quindi per tutte le lunghezze d'onda abbastanza corte (vedi sopra...) abbiamo una qualche specie di antenna risonante: questa è l'antenna a doppio cono ("bicone" o "biconical"). Il lobo di radiazione è orizzontale, la polarizzazione è verticale, l'antenna è perfettamente omnidirezionale sul piano orizzontale e, anche se l'efficienza ed il guadagno non sono esattamente 'splendidi', funziona su uno spettro di frequenze molto ampio. Gli aeroporti non potrebbero proprio chiedere di più, ed infatti questa è un'antenna usata specialmente per il traffico aereo. Ma solo a bassa quota! Poiché gli aerei stanno in alto, bisognerebbe alzare un po' il lobo di radiazione... si fa come per la ground-plane: si elimina il braccio (che adesso è il cono) inferiore, e lo si sostituisce con un bel piano di terra: un disco metallico di raggio pari a un quarto d'onda alla frequenza più bassa da ricevere (o trasmettere). Questa è l'antenna a disco-cono, "disc-cone" nella letteratura anglosassone, ma gli appassionati di musica tricolori l'hanno presto ribattezzata "discone": del resto un disco c'è... ;-) Ricapitolando: il lobo di radiazione è alto (suppergiù 45°) e spampanato, il guadagno è basso, l'efficienza modesta, l'unica cosa che ha è la banda larga... in conclusione: benché interessante dal punto di vista teorico, non è di certo un'antenna per radioamatori! Per inciso, alcuni la montano con PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com il cono in giù ed il disco sopra: in questo caso, il lobo di radiazione è rivolto verso terra; questa disposizione va bene quando da un punto fisicamente elevato (ad esempio un ponte radio) si deve coprire un ampio territorio con gente che va su e giù con le radio in macchina od in mano. Long-wire e dintorni Stavolta toccheremo un argomento molto caro ai radioamatori, specialmente se hanno un po' di spazio disponibile sul tetto: le antenne costituite semplicemente da lunghi pezzi di filo ('long-wire' per chi si è messo in tight). La fortuna di queste antenne è dovuta principalmente al fatto che, pur essendo semplici ed economiche, permettono di operare su bande molto ampie con buone prestazioni; ma cominciamo dall'inizio. Le risonanze di un pezzo di filo Se prendiamo un pezzo di filo, teso "nel vuoto" (si fa per dire!) tra due isolatori, certamente questo pezzo di filo presenta alcune risonanze caratteristiche. Determinare le frequenze di queste risonanze è cosa abbastanza semplice, come si può evidenziare con un semplice ragionamento. Consideriamo il caso in cui in cui uno degli estremi è collegato al generatore; allora questo estremo presenta un certo valore di corrente, mentre l'altro presenta necessariamente uno zero; poiché la corrente si distribuisce sul filo in maniera (quasi) sinusoidale, e la distribuzione è ovviamente legata all'onda em presente sull'antenna, la distanza tra uno zero ed un massimo è o un quarto d'onda, o un quarto d'onda più un numero qualunque di mezze onde: in conclusione, un numero dispari di quarti d'onda; le frequenze di risonanza dell'antenna (i fisici le chiamano autovalori) sono quindi tutte quelle per le quali l'antenna ha una lunghezza pari ad un qualsiasi multiplo dispari di un quarto d'onda. Un'antenna di questo tipo viene tradizionalmente chiamata Zeppelin. Il caso 'speculare' a questo è quello in cui viceversa entrambi gli estremi del filo siano aperti (cioè isolati); allora la corrente in entrambi questi punti deve essere zero. I due zeri della corrente distano tra loro mezza lunghezza d'onda, ovvero un suo multiplo; le frequenze di risonanza dell'antenna sono quindi tutte quelle per le quali l'antenna è lunga un numero intero di mezze onde, ossia un numero pari di quarti d'onda. Un'antenna di questo tipo prende nomi diversi a seconda di come sia collegata al generatore: se questo è collegato al centro, come si fa normalmente per un dipolo a mezz'onda, l'antenna si chiama Levy; se la linea è collegata con un solo conduttore ad un punto arbitrario dell'antenna, si ha una 'presa calcolata' o Windom, dal nome del radioamatore che l'ha inventata negli anni '30. Ma la nomenclatura non è esattamente universale: ad esempio, lo ARRL Handbook nelle edizioni meno antiche (la mia ultima è del 1989, la prima è un cimelio del '54) le chiama tutte 'Zepp'. Resistenza di radiazione Prima di vedere una per una le varie soluzioni, ci soffermiamo ancora una volta sulla resistenza di radiazione; abbiamo detto più volte che questa cresce con la lunghezza. Il perché dovrebbe essere ormai chiaro, ora però è tempo di dire come varia; il grafico qui sotto (ripreso ed adattato da ARRL Handbook 1971) dà un'idea dell'andamento, mentre nella tabella sono riportati dei valori tipici approssimati. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com R[Ω ] L (misurata in λ /2) 1 95 2 11 3 125 4 132 5 140 10 162 Ricordiamo ancora una volta che l'impedenza non è costituita dalla sola resistenza di radiazione, e dipende dal punto di alimentazione; ed inoltre che, anche per un'antenna in risonanza (per la quale la componente reattiva è zero) la resistenza vista in un punto diverso dal massimo di corrente è la resistenza di radiazione trasformata dall'andamento sinusoidale della corrente e della tensione.(quindi è sempre più alta). Lobi di radiazione I lobi di radiazione delle antenne a filo lungo sono sempre disposti a cono intorno alla direzione del filo, ma il loro numero, direzione (inclinazione) ed intensità dipendono dalla lunghezza dell'antenna relativamente alla lunghezza d'onda, quindi variano con la frequenza. In pratica, più questa è alta, più i lobi si 'schiacciano' lungo il filo, mentre a frequenze basse tendono ad essere trasversali rispetto ad esso. La presenza del suolo tende ad alzare ulteriormente i lobi di radiazione, che possono raggiungere angoli notevoli. Questo effetto viene di solito sfruttato sulle navi, in cui le antenne long-wire vengono tese tra albero e prua (e/o poppa), cosicché l'inclinazione del filo e quella del lobo si compensano tra loro, e l'irradiazione avviene (più o meno) in avanti. Le antenne così inclinate vengono comunemente chiamate sloper. Antenne end-feed o Zeppelin Un'antenna Zeppelin è un pezzo di filo alimentato ad un estremo con un solo conduttore della linea; poiché la linea di trasmissione, per non irradiare, deve necessariamente avere correnti globalmente PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com uguali sui due conduttori, bisogna che il secondo conduttore sia messo a terra (una buona terra, che permetta alla corrente di passare senza dissipare tutta la potenza da trasmettere...). Per evitare la terra, si può anche lasciare che le correnti siano sbilanciate, e di conseguenza che la linea irradi come le pare, diventando di fatto parte dell'antenna stessa. L'impedenza di un'antenna Zeppelin può essere alta o bassa, secondo che la frequenza del generatore sia vicina o lontana da un autovalore (una risonanza) dell'antenna. Perciò l'uso di queste antenne richiede l'impiego di un adattatore d'impedenza ('accordatore') capace di equilibrismi notevoli; ma specialmente che sia in grado di gestire tensioni elevate senza conseguenze spiacevoli (scariche, dielettrici bruciaticci, ...). In cambio, sono molto semplici da costruire, ed inoltre il fatto che la linea partecipi all'irradiazione le rende particolarmente efficienti, sempre che il vostro vicino, colpito da spasmi muscolari da carenza di calcio (od altra radiotelefetecchia), non vi strozzi prima che ve la godiate... ;-) Antenna a presa centrale ('center-feed') o Levy Presentano sostanzialmente le stesse caratteristiche delle Zeppelin, a parte lo scambio delle frequenze di risonanza; l'alimentazione bilanciata al centro però garantisce che la linea si comporti da bravo ed onesto boy-scout, e non spifferi tutto al vicino di cui sopra, che così, forse, vi lascia vivere (ho detto: forse! Non mi assumo responsabilità...). Antenne a presa calcolata ('off-center feed') o Windom Consideriamo il solito pezzo di filo, ma stavolta colleghiamo l'alimentazione in un punto qualsiasi della sua lunghezza. Qui arriviamo ad un caso più interessante: infatti queste antenne hanno tutte le risonanze proprie di un radiatore con gli estremi isolati; però, in più, hanno anche un bonus: ciascuno dei due bracci in cui viene suddiviso il radiatore principale ha infatti le sue proprie risonanze, per cui l'antenna nel suo insieme presenta tre serie di (infinite) risonanze, dovute all'intero filo ed a ciascuno dei bracci. Se le cose sono fatte per bene, le tre lunghezze sono incommensurabili (o circa...) tra loro, e quindi tutti i termini delle tre successioni sono distinti. Se poi le cose sono fatte ancora meglio, i termini stessi si intercalano in maniera tale che per ogni frequenza ci sia una risonanza lì vicino, pronta a fornire i propri servigi. Per fare le cose bene, chiaramente bisogna che la posizione della presa sia ben studiata (per questo motivo l'antenna è "a presa calcolata"); però c'è chi ormai l'ha fatto per noi: il risultato di questo studio, courtesy of Mr. Windom, è che la posizione per la presa che fornisce i migliori risultati è a circa il 36% della lunghezza totale. Questa antenna fornisce prestazioni notevoli in termini di larghezza di banda, con impedenza che si mantiene ragionevolmente intorno ai 600 ohm, a partire dalla frequenza per la quale la lunghezza totale è mezza onda, in su; inoltre si tratta di un'antenna piuttosto efficiente, tanto che essa è stata ampiamente usata per le stazioni radio marittime e costiere. Il suo unico difetto è che l'alimentazione è del tutto sbilanciata. Porre rimedio a questo difetto non è cosa immediata; infatti la Windom ha la peculiarità che le correnti nel punto di alimentazione vanno nell'antenna in direzioni opposte (escono entrambe dalla linea, e vanno una 'a destra' ed una 'a sinistra'). Se noi interrompiamo semplicemente l'antenna per collegarla alla linea, le due correnti così inviate all'antenna hanno la stessa direzione, perché sono opposte nella linea, e quindi l'intero comportamento dell'antenna cambia radicalmente. Inoltre, dato che i due conduttori sono di lunghezze diverse, le relative resistenze di radiazione sono ancora diverse, e così le impedenze viste. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Per ovviare a questo inconveniente, si usa attualmente alimentarla mediante uno speciale trasformatore, spesso chiamato 'balun' (ma non è un semplice balun!), dotato di un primario per la linea entrante e due secondari, ciascuno dei quali alimenta uno dei bracci; i due secondari vengono connessi tra loro al punto comune, che va a terra (terra ho detto! Sennò nisba DX...) ed inoltre sono formati da un diverso numero di spire, così da adattarsi meglio a ciascuno dei due radiatori. E' doveroso però osservare che negli anni '50, che furono un periodo di grande gloria per queste antenne, l'alimentazione bilanciata veniva fornita semplicemente con una linea bifilare da 300 ohm (piattina TV!), che è circa l'impedenza vista se l'alimentazione è bilanciata. Ci si deve chiedere quindi quanto i co$to$i$$imi balun per Windom servano realmente a migliorare le prestazioni, e quanto invece migliorino la vita dei produttori di balun... tantopiù se consideriamo che un balun introduce delle perdite che, specialmente alle frequenze più alte, limitano il funzionamento e l'efficienza dell'antenna. Antenne ad onda progressiva Questa volta è il turno di un tipo di antenne relativamente poco note nel mondo amatoriale, ma ampiamente utilizzate invece in ambiente professionale, per le loro prestazioni particolari, che vedremo nel seguito. Cominciamo dal capostipite della categoria, che è la: Linea monofilare terminata, ovvero antenna ad onda progressiva Prendiamo un filo conduttore, di lunghezza qualunque, e tendiamolo tra due punti parallelamente piano di terra; abbiamo così realizzato un tratto di linea bifilare, in cui il secondo conduttore della linea non è altro che la riflessione nel terreno del filo teso: sulla tolda di una nave viene particolarmente bene, perché il piano è metallico, e tutt'intorno c'è il mare, che è un ottimo conduttore fino a frequenze abbastanza elevate. La linea di trasmissione così ottenuta avrà una sua impedenza caratteristica, che si può calcolare dalle caratteristiche geometriche del sistema ma, trattandosi di una faccenda parecchio complicata, qui non la affrontiamo; quello che conta è il fatto che, se alla fine del pezzo di filo colleghiamo una resistenza di valore pari all'impedenza caratteristica della linea, la linea stessa risulta terminata e quindi non si ha riflessione di onde verso il generatore, che è ovviamente collegato all'altro capo. Sulla linea si ha quindi un'onda puramente progressiva, fatto che dà a queste il nome di "antenne [a filo] ad onda progressiva", per contrapposizione alle solite filari, che vengono invece dette "antenne ad onda stazionaria". La principale conseguenza della presenza di un'onda puramente progressiva è il fatto che l'impedenza dell'antenna è costante ed insensibile alla frequenza del segnale applicato, per cui si tratta di un'antenna intrinsecamente a larga banda; per questo motivo le antenne di questo genere sono state ampiamente usate in quelle situazioni nelle quali con una sola antenna è necessario lavorare bande anche molto diverse (ad esempio, onde lunghe, medie e corte, come accade sulle navi). I lobi di radiazione di questa antenna sono più o meno in numero pari al doppio del rapporto tra lunghezza dell'antenna e lunghezza d'onda e sono essenzialmente diretti come il filo, col quale PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com formano però un certo angolo; in effetti l'angolo formato dal lobo principale di radiazione con il filo è dato da: , dove n è il rapporto tra lunghezza dell'antenna e lunghezza d'onda ;da questo si vede anche che più è lunga l'antenna, più è basso l'angolo di radiazione. Inoltre, se il rapporto n è elevato, il guadagno dell'antenna è circa proporzionale ad esso. L'inconveniente principale di queste antenne è che presentano un'efficienza molto bassa, che si aggira intorno al 10%, in quanto una parte significativa della potenza va a dissiparsi sulla resistenza di terminazione; per questo motivo, originariamente era usata perlopiù come antenna ricevente in onde medie e lunghe. Combinazioni di antenne ad onda progressiva: l'antenna rombica Per aumentare guadagno, direttività ed efficienza di un'antenna ad onda progressiva, è possibile realizzare una combinazione in serie od in parallelo di più antenne. Per capire come convenga realizzare una combinazione, consideriamo una singola filare di questo tipo; il lobo principale forma un cono intorno al filo e, come abbiamo visto, questo cono è prevalentemente diretto verso la terminazione (cioè ha la punta, che indica il minimo di irradiazione, verso il generatore, mentre la base, che indica il massimo, è perpendicolare al filo e rivolta verso la terminazione). Se prendiamo due di questi fili, disposti alla stessa altezza e parallelamente tra loro, i coni di irradiazione si sommeranno in direzione diagonale rispetto al filo; ma se invece, pur mantenendoli orizzontali, ruotiamo i fili in modo che formino tra loro un angolo pari all'angolo del cono di radiazione, i due lobi si sommeranno lungo l'asse del sistema, dando origine ad un lobo principale nel quale il campo è pari alla somma dei due campi, per cui la potenza è quadrupla. Poiché la potenza non può spuntare dal nulla, deve venire a mancare da qualche altra parte; ed infatti, le parti dei coni che non sono parallele in buona parte si cancellano tra loro, cosicché la direttività dell'antenna aumenta notevolmente. Se colleghiamo così quattro di queste antenne, formando un rombo, la potenza irradiata lungo il lobo principale, che è diretto lungo la diagonale maggiore del rombo, è 16 volte maggiore di quella che si avrebbe dal lobo principale di una singola antenna di questo genere; abbiamo quindi ottenuto un considerevole aumento del guadagno (cioè della potenza irradiata nella direzione del massimo), nonché della direttività (diminuzione della potenza irradiata nelle altre direzioni). Alla fine dell'antenna ci dovrà ancora essere un carico di terminazione, ma questa volta la potenza dissipata è una frazione del totale più piccola rispetto alla singola antenna, in quanto stavolta le antenne che si sono mangiate la loro fetta irradiandola sono quattro. Ingombro permettendo, si possono ulteriormente aumentare sia il guadagno che la direttività e l'efficienza inserendo tra il primo rombo e la terminazione un altro rombo, e così via. Per ottenere un'efficienza ragionevole, ciascun braccio dell'antenna dev'essere lungo almeno quattro lambda, per cui non si tratta esattamente di antenne ad ingombro ridotto... si tratta comunque di antenne 'di ripiego', la cui utilizzazione è consigliabile quando non sia possibile disporre di antenne più specifiche; inoltre, la potenza dissipata sul carico può essere tutt'altro che trascurabile, per cui il carico deve essere in grado di sopportarla. Altre antenne ad onda progressiva: la tromba PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com Esistono varie altre categorie di altre antenne ad onda progressiva, alle quali per ora accenniamo solamente: in particolare, è nota ai radioamatori l'antenna a tromba usata nel campo delle microonde. Si tratta sostanzialmente della stessa antenna già vista, ma in questo caso la linea di trasmissione è sostituita da una guida d'onda, e l'impedenza di terminazione è rappresentata dalla resistenza caratteristica del vuoto (circa 377 ohm); per evitare eccessiva riflessione, si interpone tra l'apertura ed il "vuoto" un adattatore d'impedenza, che non è altro che una specie di tromba metallica collegata alla fine della guida. Poiché a queste frequenze è facile realizzare antenne molto più grandi della lunghezza d'onda (che è piccola!), con antenne di questo genere si possono facilmente raggiungere guadagni e direttività elevati. Antenne collineari e Yagi-Uda Le antenne che esaminiamo questa volta sono delle schiere, e come tali sono già state trattate in una delle puntate precedenti; però ci torniamo su, per aggiungere qualche informazione più specifica su queste strutture che sono tra le più usate nelle bande alte, ma sono parecchio utilizzate anche in HF. Per chi non lo avesse già fatto, consiglio di leggere il capitolo 5 di questa serie, che tratta delle schiere di antenne, prima di leggere questo. Antenne collineari Le antenne collineari sono delle schiere in cui le antenne elementari sono dei dipoli disposti lungo una stessa linea , che è la direttrice della schiera. L'asse di radiazione principale è perpendicolare a questa linea, vale a dire che si tratta di sistemi broad-side che, come si è già visto, presentano una direttività più spinta dei loro fratelli end-fire. Consideriamo la realizzazione più comune, che è quella verticale, realizzata con un certo numero di dipoli a mezz'onda (di solito sono quattro) disposti verticalmente tutti in linea tra loro. La distanza tra i dipoli è pari a mezza lunghezza d'onda (il che significa che gli estremi dei dipoli arrivano praticamente a toccarsi) con alimentazione in fase per tutti i dipoli. Un'antenna di questo genere, se fosse realizzata con delle isotropiche, avrebbe un lobo di radiazione simmetrico avanti/indietro, con un'apertura di circa 30 gradi; se a questo aggiungiamo il fatto che i dipoli hanno già un lobo a forma di otto, ciò che si ottiene da questa antenna è un lobo stretto, che ha la forma si una sottile ciambella 'infilata' lungo la direttrice della schiera. Poiché la schiera è disposta verticalmente, questo solido di radiazione è posto orizzontalmente e l'antenna risulta omnidirezionale, con emissione che sparisce rapidamente spostandosi verso l'alto e verso il basso rispetto all'orizzontale. Sul piano orizzontale, dove i campi dei dipoli si sommano praticamente in fase (ricordiamo sempre che stiamo parlando del campo lontano! Da vicino, la faccenda è molto più complicata...), il campo totale è pari ad oltre cinque volte quello di un'antenna isotropica, ed il guadagno teorico arriva a circa 14 dB, che non sono pochi, specialmente considerando l'omnidirezionalità. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com L'antenna si presta quindi particolarmente bene sia per le comunicazioni fisso/mobile, sia per la radiodiffusione, sia per i collegamenti tra radioamatori nell'ambito di tratte in visibilità ottica. C'è da fare una considerazione abbastanza importante sulla lunghezza dei dipoli: le estremità adiacenti dei dipoli presentano in ogni momento tensioni uguali ed opposte; inoltre, proprio perché si tratta degli estremi, le tensioni sono molto alte, per cui gli effetti capacitivi in questa disposizione sono esaltati e possono abbassare la frequenza di risonanza dei dipoli. Una prima soluzione può essere quella di ruotare i dipoli intorno al palo, cosicché si recupera qualche centimetro di distanza che riduce un po' l'inconveniente. Una possibile, e più drastica, alternativa è quella di aumentare leggermente la spaziatura tra i dipoli; questa soluzione introduce una variazione sui lobi principali di radiazione, che diventano significativamente più stretti, facendo nel contempo aumentare i lobi secondari rivolti verso l'alto e verso il basso. Se la spaziatura, che non è molto critica, resta minore di circa 0,8 λ , i lobi secondari sono rivolti a 30 e 60 gradi, e sono molto piccoli, ma se la distanza supera questo valore si hanno due lobi rivolti verticalmente, che crescono molto velocemente, fino ad assumere la stessa ampiezza dei lobi principali quando la distanza è pari a λ . La distanza tra i dipoli dovrà quindi essere praticamente contenuta entro 0,8 λ . Per quanto riguarda l'alimentazione dei dipoli, che deve avvenire in fase, sarebbe necessario utilizzare quattro linee, una per ciascuna antenna, esattamente della stessa lunghezza tra loro; poiché in pratica questo risulta difficoltoso da ottenere, la soluzione più semplice è alimentare ciascun dipolo in parallelo al precedente usando un tratto di cavo di lunghezza pari alla lunghezza d'onda elettrica nel cavo (od un suo multiplo); l'impedenza caratteristica della linea utilizzata per questi raccordi è irrilevante (perché sono lunghi un'onda intera). Infine, per quanto riguarda la resistenza di radiazione, va considerato che le quattro antenne sono poste in parallelo tra loro, per cui l'impedenza è un quarto di quella di ciascuna singola antenna; per non avere valori troppo bassi, si può realizzare la schiera con dipoli ripiegati, che hanno anche il vantaggio di una migliore efficienza, ottenendo una impedenza finale di circa 72 Ω , perfettamente gestibile con il solito cavo SAT o RG59. Questa antenna, che è piuttosto facile da realizzare, si presta in maniera eccellente anche al DX, dati i bassi angoli di radiazione. Per chi avesse l'idea di provarla in sei metri, aggiungerò che, realizzando una collineare a soli due elementi, con spaziatura di 0,6 λ , si ottiene un guadagno teorico di 8 dB (6 dB sul dipolo, il che non è poi da buttare, è nettamente migliore di una 5/8λ ), ed un angolo di radiazione nel lobo principale di circa 50 gradi (+/- 25° sull'orizzonte), mentre i lobi secondari, che sono ora verticali, stanno ancora a circa 20 dB sotto al lobo principale, con un'altezza complessiva di 6,6 metri, che è ancora accettabile senza grosse difficoltà. Per la realizzazione, si possono ad esempio infilare i dipoli dentro ad un bel tubo di plastica per idraulica, così sono anche protetti dalle intemperie. In questo caso, però, sarà necessario accorciare opportunamente i dipoli per tenere conto della velocità di propagazione, che è minore a causa del dielettrico aggiunto. Per l'adattamento, può convenire utilizzare un trasformatore a doppio secondario in toroide, che può essere infilato nello stesso tubo plastico. Antenne Yagi-Uda Le antenne Yagi-Uda sono arcinote, per cui non starò qui a dilungarmi oltre misura. Dal punto di vista teorico, si tratta di schiere del tipo end-fire, nelle quali l'irradiazione avviene lungo la direttrice della schiera stessa. PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com La particolarità delle antenne Yagi-Uda consiste nel fatto che uno solo degli elementi è alimentato direttamente dalla linea (viene detto 'elemento attivo'), mentre tutti gli altri sono alimentati per induzione dall'elemento attivo. In linea di massima quindi nelle antenne Yagi-Uda lo sfasamento tra le correnti nei vari dipoli è dettato dalla distanza tra di essi. Poiché è lo sfasamento delle correnti che determina la forma e l'ampiezza dei lobi di radiazione, per ottenere il risultato che si vuole ci sono due possibili maniere: • si fanno tutti gli elementi lunghi mezz'onda e si distanziano in maniera variabile secondo necessità; • si mantiene costante la spaziatura e si fanno gli elementi un po' più lunghi, per aggiungere uno sfasamento induttivo, oppure un po' più corti, per introdurre uno sfasamento capacitivo. Attualmente entrambi i metodi sono spesso applicati contemporaneamente, facendo così elementi di lunghezza diversa e a spaziatura variabile. Nelle antenne end-fire, si possono ottenere lobi simmetrici (cioè con rapporto avanti/indietro circa pari ad uno) spaziando gli elementi di circa mezza lunghezza d'onda; se invece si spaziano gli elementi di circa un quarto d'onda, i lobi risultano molto asimmetrici, con una marcata differenza tra avanti ed indietro, però il lobo principale è largo circa il doppio che nel caso precedente (in pratica, è come se i due lobi principali si affiancano diventando uno solo). Ad esempio, una schiera end-fire con spaziatura e sfasamento costanti ad un quarto d'onda, a due elementi presenta un guadagno teorico di circa 6 dB sul dipolo, ma il lobo di radiazione ha una ampiezza a -3 dB dell'ordine di 150°, una 5 elementi va sui 14 dB/90°, mentre una 11 elementi va sui 20 dB/60°; oltre gli 11 elementi, il guadagno cresce molto lentamente (24 dB per una 16 elementi). Naturalmente, questi sono i limiti superiori delle schiere; in realtà la Yagi presenta guadagni e direttività peggiori, in quanto l'alimentazione per induzione peggiora mano a mano che ci si allontana dall'elemento attivo, per cui l'effetto dei radiatori più distanti è relativamente minore di quello di radiatori più vicini; inoltre le tolleranze costruttive cominciano a minare seriamente la correttezza delle relazioni di fase; per questi motivi, 15-16 elementi sono considerati il limite ragionevole delle Yagi-Uda, anche se talora si vedono realizzazioni più complesse. Per risparmiare sulla lunghezza è anche possibile disporre un certo numero di elementi a mo' di schiera broad-side dietro all'elemento attivo; questa soluzione fa aumentare il rapporto avanti/indietro, senza però causare un ulteriore allungamento del boom dell'antenna. La progettazione di un'antenna Yagi equivale dal punto di vista matematico alla progettazione di un filtro complesso; le possibili strade sono due: la prima, percorsa di solito dalle industrie del settore, consiste nell'utilizzare sofisticati software di simulazione per ottenere i risultati voluti mediante metodi a tentativo e correzione; l'altra, più adatta ai radioamatori, consiste nel servirsi di una tabella (in bibliografia ne esistono numerose) che fornisca le lunghezze e le distanze degli elementi in funzione dei risultati desiderati, procedendo poi sperimentalmente a correggere per tentativi il progetto (un tempo facevano così anche alcune piccole aziende). Un accenno anche alla resistenza di radiazione dell'antenna: gli elementi passivi, alimentati dal dipolo attivo, sono visti in pratica come dei carichi posti in parallelo ad esso: l'impedenza totale quindi si abbassa, e parecchio, potendo arrivare a pochi ohm per i sistemi più complessi. Anche per limitare questo effetto, molto spesso l'elemento attivo è costituito da un dipolo ripiegato, che già di PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com suo presenta una resistenza di radiazione di 300 Ω , contribuendo così a mantenere più elevato il valore finale. Un'ultima nota su un argomento spesso discusso: la lunghezza dell'antenna. In effetti, con opportuni ritocchi della fase di alimentazione, è possibile ottenere un buon comportamento dell'antenna, dal punto di vista della direttività, anche con spaziature relativamente ridotte (fino a 0,15 λ ); le antenne così ottenute presentano quindi buone caratteristiche generali ma... il guadagno complessivo dell'antenna è minore! In effetti, quanto più la spaziatura tra gli elementi si riduce, tanto più cala il guadagno ottenibile. Con questo, io sarei arrivato alla fine: se avete qualche idea per proseguire, nel limite delle mie possibilità, resto a disposizione; spero che qualcun altro oltre a me si sia divertito! Ciao a tutti e buone autocostruzioni!. Quanto sopra è stato estratto da siti internet a titolo gratuito, e messo a disposizione di tutti coloro che vogliono approfondire il settore radioamatoriale senza scopo di lucro. Si ringraziano gli OM che hanno collaborato a mettere a disposizioni queste nozioni. Sito d’interesse:- http://digilander.libero.it/hamweb/ PDF Creator - PDF4Free v2.0 http://www.pdf4free.com