conferenza tenuta da arturo paoli il 4

CONFERENZA TENUTA DA ARTURO PAOLI
PRESSO IL NOSTRO CENTRO.
IL 4.11.2001
Introduzione di Padre Alberto.
E’ per noi oggi una grandissima soddisfazione avere qui un personaggio tanto
importante per la vita della chiesa e della spiritualità.
Chi è Arturo Paoli? E’ uno dei regali che il Signore fa alla chiesa perchè è una
persona che è stata coerente fin dagli inizi. Iniziò con l’ Azione Cattolica, ma a tutti
succede di sbagliare nella propria vita...Un incontro fondamentale della sua esistenza
fu quello con una delle congregazioni che si ispirano ad uno dei grandi testimoni
della chiesa, Charles de Focault, dei Piccoli Fratelli nei quali entrò. Andò a vivere in
America Latina ed è stata sempre una persona coerente con quello che pensava. E’
un po’ come chi ha conosciuto Ortensio da Spinetoli, sono quelle persone che sono
sempre avanti di cinquant’anni rispetto a noi. Quello che pensava era sempre un po’
troppo avanti rispetto all’ insegnamento della dottrina ufficiale e quindi ha avuto
naturalmente difficoltà anche da un punto di vista della società civile (stava in
Argentina all’ epoca della feroce repressione delle dittature). Attualmente risiede in
Brasile, in comunità ispirate al Vangelo, di cui è veramente un grande testimone. La
sua attività oltre che di conferenziere è anche di pubblicista. Ha scritto numerosi
libri. "Camminando s’ apre cammino" è uno dei primi, quando mi regalarono questo
libro negli anni ‘70, lo lessi e lo chiusi perchè mi sembrava di un protestante, mentre
è un libro di una ricchezza e di una attualità incredibile. Sull’ ultimo libro "Quel che
muore, quel che nasce" manca una fascetta sulla quale dovrebbe essere scritto che
nuoce gravemente alla religione ed ai religiosi. Chi legge questo libro lo legga a
proprio rischio e pericolo. E’ l’ ultima sua opera e come sempre è avanti di molti
anni. Allora le persone pie, religiose, molto devote si astengano dalla lettura di
questo libro perchè rischiano poi di diventare cristiani!
Non possiamo che ringraziare ed accogliere tra di noi Arturo Paoli che già da tempo
ha dimostrato la simpatia per noi. Alcuni mesi fa arrivò una lettera scritta fitta fitta,
quattro pagine, e quando ho visto la firma mi ha preso un accidente perchè, per noi
Arturo Paoli è stato ed è un maestro. Generazioni di persone sono cresciute con i
suoi insegnamenti. Figuratevi veder arrivare qui al centro una lettera di Arturo Paoli!
Era una lettere piena di apprezzamenti per questa linea biblica al punto che
l’incontro di oggi forse nasce da un equivoco, perchè lui era venuto per partecipare
agli incontri, per sentire quello che dicevamo. Grazie ancora Arturo per essere qui
con noi, benvenuto!
RELAZIONE DI ARTURO PAOLI
Mi sento molto bene qui fra voi perchè vedo molte facce amiche,
soprattutto per incontrarmi con Alberto che, fisicamente conosco
da poco tempo, ma per i suoi scritti da anni. Devo dire che
quando pensavo a lui avevo molto desiderio di conoscerlo
personalmente. Lo pensavo non tanto come un esegeta, quanto
come un commensale della parola: cioè lui scrive come
banchetta. Mi sentivo così felice leggendo i suoi commenti al
Vangelo per cui pensavo realmente che lui mangiava la parola
con gioia. E poi perchè, come sapete, c’è un lungo feeling,
perchè noi toscani abbiamo un sesto senso che si chiama umorismo, che è come il
vino, bisogna usarlo con molta parsimonia, perchè se no ci ubriachiamo. E’ un po’
come succede a tanti toscani come a Montanelli, come a Pietro Aretino, eccetera.
Ecco quindi bisogna essere sempre molto attenti, perchè l’ umorismo ci vuole. Non
crediate di arrivare a novant’ anni senza umorismo, coi prodotti chimici non ci
arrivate se non avete una dose di umorismo. Pensate come si è divertito Gesù quando
ha visto Zaccheo, perchè oggi si parla di Zaccheo, appollaiato su un albero. Deve
aver goduto enormemente, un momento di spasso deve aver goduto. E penso che
anche quando ci arriverà il libro sulla Passione lo accoglieremo con gioia, perchè
nonostante lui abbia cantato come religioso per molti anni a Maria "fac me tecum
plangere", fammi piangere, però insomma credo che scriverà questo libro sulla
Passione con molta gioia. Perchè evidentemente bisogna sfatare molte tradizioni
sulla passione e la morte di Gesù, specialmente quella che il Padre l’ avrebbe
consegnato ai carnefici e magari ha mandato un telegramma "dategli duro". Bisogna
sfatare questo, anzi proprio nell’ ultimo numero di Rocca c’ è un articolo di Molari
che cerca di battere delle martellate su questo edificio molto duro da rompere che è
la convinzione che noi abbiamo portato e che ci è stata trasmessa attraverso i secoli,
che è il Padre che ha voluto la morte di Gesù, che ha voluto castigarlo. E’ certamente
una bestemmia, ma ha servito a molte generazioni. Il povero Molari come
buonissimo teologo ci dà delle martellate, ci starebbe meglio la dinamite, ma ha
paura che al rumore quelli lassù della cupola poi cominciano a gridare al terrorista, al
terrorista! Quindi è meglio farlo in maniera più cauta.
Allora di che cosa vi devo parlare? Io comincerei un po’a rispondere alla domanda
perchè scrivo un libro cominciando dalla filosofia che avevo lasciato ufficialmente
dall’ università. Non pensavo di tornarci più, e poi davanti allo spettacolo della
miseria e della sofferenza in mezzo ai poveri dell’ America Latina mi sono sentito
interrogato profondamente, perchè è chiaro che gran parte di queste sofferenze
vengono dalla nostra oppressione, dall’ oppressione del primo mondo. Quindi mi
sono chiesto essendo italiano e conoscendo molti italiani, è possibile che siamo così
crudeli da permettere che bambini muoiano di fame, che la gente non possa avere
una casa, che debba vivere tutta la vita in baracche? E’ possibile che noi siamo
colpevoli delle favelle, degli slom, di tutto quello che succede nel terzo mondo?
Anch’io sono italiano e conosco molta gente che sarebbe disposta a rinunciare a
mangiare per non vedere morir di fame un bambino, sarebbe disposta a compartire il
suo per alleviare tante sofferenze. E allora perchè noi che non siamo così crudeli di
cuore, dobbiamo dire, perchè apparteniamo ad un società che è così terribilmente
oppressora, che è la causa di tutte queste sofferenze inaudite? Come si soluziona
questo problema? Noi personalmente, persone buone senza essere proprio
buonissime, ma insomma direi non siamo crudeli certamente, non vogliamo le
enormi sofferenze degli altri. Perchè poi apparteniamo ad una società chè è
responsabile di tanti guai, non solamente del terzo mondo ma anche del nostro primo
mondo: è responsabile di guerre, della shoah, della vendita di armi. Proprio in questi
giorni un amico mio che sta nel Kossovo mi raccontava che spavento vedere le mine
seminate da italiani, per lo meno la loro provenienza è da fabbriche italiane. Stanno
cercando di disinnescare con molto sacrificio attraverso certe tecniche attuali queste
mine e lui mi diceva come italiano la sua grande sofferenza di sapere che queste
mine vengono dalla mia patria. Solo per distruggere, per mutilare specialmente
bambini che entrano in questi territori. Allora questo mi ha portato a pensare che
deve essere la nostra cultura, la nostra civiltà che ha formato una società di questo
tipo, che ha permesso la formazione di uno stato nazista, di tutte queste astrazioni. In
fondo sono degli astratti, perchè lo stato chi è che l’ ha visto, eppure ha avuto un
potere così micidiale, così assassino da provocare la guerra, da mandare al forno
crematorio migliaia di persone. Oggi il mercato, chi è questo mercato, chi ha
costruito questo mercato, perchè abbiamo costruito questo ente astratto così vorace,
così crudele da raccogliere, accumulare tutta la ricchezza in mano di pochi,
spogliando quotidianamente i poveri, facendoli sempre più poveri, sempre più
miserabili. A questo mi ha portato, proprio perchè non potevo solamente avere questi
momenti di sofferenza, di dolore vedendo tante mamme che piangono, che non
sanno che dare ai loro bambini. Ho visto una signora vicino alla mia casa che per
calmare il bambino che piangeva intingeva un po’ di carta igienica nel latte
condensato e lo metteva tra le labbra perchè non piangesse più. Davanti a questi
spettacoli che per me sono quotidiani quando sono lì, perchè praticamente passo la
giornata nella favella, mi sono indotto a studiare le ragioni e sono ritornato alla
filosofia, a quella filosofia che io avevo studiato all’ università al tempo in cui il
grande pontefice era Hegel. Mi ricordo che era così intransigente questo studio, che
era un po’ come il tomismo dei seminari. Voi sapete che nulla senza S. Tommaso e
nulla è tutto con Tommaso, nulla è contro Tommaso. Si poteva dire nella nostra
università, di Pisa nella quale io studiavo, nulla contro Hegel, tutto a favore di Hegel
e se non Hegel proprio il sistema idealista che era un po’ quello che ci veniva
trasmesso dalla nostra cultura continuamente. Noi siamo greci di cultura, quindi
questo concetto, questa astrazione, questo non dare valore alla realtà, non verificare
l’azione del pensiero, il pensiero è assolutamente libero. Ricordo sempre un
passaggio di Benedetto Croce che diceva: i pensatori non devono dar conto nè
moralmente nè eticamente, devono essere liberi, volare, pensare. Poi ci penseranno i
politici, i moralisti, i preti a dire questo non è corretto, questo è pericoloso. Il
pensatore ed il pensiero deve essere assolutamente libero e questa filosofia è quella
che sta nel fondo, alla base di questa nostra cultura che ha avuto sempre come
caratteristica l’ astrazione, i concetti astratti. Vedete in questi ultimi tempi ho
scoperto una cosa, che gli antichi pensatori come Platone, Tommaso Moro,
Campanella, come altri si divertivano, per modo di dire, a formare dei grandi sistemi,
dei grandi progetti sociali, come dovrebbe essere la società, quindi potevano sognare
e non facevano male a nessuno, perchè evidentemente restavano queste utopie
astratte, fuori dalla realtà.
Invece nell’ epoca moderna verso il ’600-’700 è successo che c’è stata una specie di
connubbio, di incontro tra i filosofi ed il potere per cui i loro concetti, i loro progetti
anche di società sono entrati nella realtà, sono stati applicati dal potere politico.
Quindi noi abbiamo avuto Stalin, abbiamo avuto anche Marx al quale dobbiamo
certamente molte cose, però praticamente quello che era la giustizia dei poveri,
perchè i poveri, gli emarginati hanno avuto, dobbiamo dire, dobbiamo riconoscerlo
un momento di, vorrei dire, non dico di trionfo, ma per lo meno di mettersi in piedi,
di essere riconosciuti perchè sapete il socialismo è nato proprio lì. E’ uno dei meriti
di Marx, dobbiamo riconoscere, aver riconosciuto che sono i poveri che fanno la
storia. Però solamente quando questa scoperta è diventata ideologia, questo
momento felice, vorrei dire, in cui il povero, l’ operaio, chi lavora con le mani,
perchè mentre nel 1600, nel 1700 tutti quelli che lavoravano con le mani, tutti quelli
che dovevano vivere con il lavoro manuale erano disprezzati. Certamente voi che
siete delle persone molto più colte di me avrete letto la letteratura del ’600, del ’700,
c’è un disprezzo profondo, delle parole proprio offensive per tutta quella grande
parte dell’ umanità che vive con il lavoro manuale. Infatti si parla di illuminismo, c’è
stata una valorizzazione estrema addirittura della ragione, solamente l’ uomo che
lavora con la testa, l’uomo intellettuale è quello che merita rispetto, è quello che è
veramente persona a tempo pieno. Gli altri no, non solamente non contavano nulla,
non contano nulla, ma addirittura si è fatta, come dire, una specie di identificazione
che in certi linguaggi continua ancora, il povero, la persona che lavora con le mani è
anche un delinquente. Infatti quanta gente "bien" come si dice, anche in Argentina,
in Brasile, mi dice: come voi potete vivere vicino alla favella, perchè la favella è
formata da delinquenti, assassini, ladri, eccetera. C’ è proprio questa identificazione
tra il povero, il miserabile ed il criminale, il delinquente. Mentre quelli che rubano
miliardi, quelli con la cravatta, quelli sono persone che già per il fatto che sono ricchi
sono onesti. Infatti si dice la gente bene. C’è stata un’ identificazione che ci viene da
lontano, viene proprio dall’ illuminismo e che è tipico un po’ della nostra cultura.
Allora io mi sono domandato se era possibile trovare un fondamento diverso in cui
non ci fosse questo dominio della ragione sopra tutto. Soprattutto questo spaventoso
soggetto che ci viene da Hegel, ma che in fondo non è altro che un momento
filosofico che segna il cammino di secoli. Questo super-soggetto, questa specie di
Dio, di divinità, che oggi è il mercato, che ieri era lo stato, che domani sarà non so
che cosa, questo ente astratto che domina, costruito dagli uomini ma che in fondo li
domina, ricchi e poveri in un certo senso, solamente con diversi risultati, diverse
condizioni di vita. E’ possibile trovare un altro fondamento. E allora mi sono rimesso
a ristudiare, ho lasciato in quel momento la mia grande passione per la teologia e mi
sono messo a studiare piuttosto economia, sociologia, evidentemente da profano, con
un po’ più di competenza della filosofia per vedere un po’ se ci sono le speranze, se
la nostra società così crudele può cambiare, perchè ripeto anche tutto il nostro buon
cuore, tutti i pianti che facciamo davanti alla televisione vedendo bambini scheletriti
eccetera, eccetera, non servono perchè c’è una società che continua ad opprimere.
C’è oggi il mercato, e spero che siate convinti, perchè c’è qualcuno ancora che dice
che la globalizzazione può cambiare, può essere buona, si tratta di fare piccole
correzioni. Sapete, la globalizzazione per continuare ha bisogno di uccidere, ha
bisogno necessariamente di costruire armi micidiali. Non so se voi sapete, ma il
mercato totale non può continuare senza l’ ingresso delle armi e della droga e quindi
della morte, capite. Per poter sopravvivere, per potersi mantenere in piedi, per non
fallire ha bisogno degli ingressi che sono gli ingressi più densi, più importanti delle
armi e della droga. Quindi tutte le grida di pacifismo, le processioni, le proteste, ecc.
eccedono davanti a questa per loro necessità. Il mercato ha bisogno assolutamente di
fabbricare armi e di permettere così, nonostante che si grida no, il traffico della droga
che cosa orribile, che cosa terribile, distruttiva, distruttiva dei giovani, ecc. Però
senza questo il mercato non si sostiene, non sta in piedi. Quindi finalmente anche
tutti i grandi umanisti, quelli che dichiarano di avere buon cuore, di essere persone
sensibili alle sofferenze umane, però dicono che bisogna fare i conti con il mercato.
Quindi non possiamo rinunziare alla fabbrica delle armi, alla droga. Cerchiamo di
coprire un po’ queste necessità con bei discorsi, con le belle frasi, cercando magari di
reprimere la droga, ma di fatto, ripeto, ecco sì.
Allora ho fatto una grande scoperta di una filosofia, di questa filosofia di Levinas
che finalmente colloca una base antropologica completamente differente. Quando io
parlo di Levinas evidentemente non posso dire che sia una specie di fungo che
improvvisamente è nato come nascono i funghi nel deserto, perchè si comincia da
Heidegger. Ad Heidegger è stato rimproverato molto nonostante la sua indubitabile,
indiscutibile grandezza di mente. E’ un genio, forse il più grande genio della
filosofia dopo Hegel nel nostro tempo. Filosofia occidentale specialmente.
Heidegger è stato seguitore di Hitler, appassionato, poi finalmente davanti al disastro
della guerra, alla caduta della cancelleria, all’ incendio, a tutto quello che è successo,
si è ricreduto ed ha detto basta fare questa filosofia. Finalmente ha riconosciuto che
non è vero che il pensiero sia il responsabile, non è vero che abbia il diritto
assolutamente di muoversi senza etica, perchè poi ne diventa direttamente la causa di
queste morti, di questi eccidi, di queste rovine, rovine dell’ Europa e del mondo.
Quindi non possiamo più continuare. C’è finalmente il riconoscimento che il
pensiero non può voltare le spalle al grido dei poveri, alle sofferenze, sono troppo
grandi, sono troppo estese e quindi è impossibile voltare le spalle. Per cui lui è quello
che ha cominciato un po’ a pensare una nuova visione dell’ uomo, cioè non più come
l’ individuo, non più come l’ essere. Anche tutta la nostra educazione religiosa è
fondata sull’ essere, l’ essere uomo e l’essere Dio, quindi assoluti, anche piccoli
assoluti o grandi assoluti ai quali bisogna sottostare senza possibilità di dialogo, ai
quali bisogna assolutamente obbedire. Questa nostra cultura che parte da questa
visione dell’ essere, questo essere come assoluto, come non bisognoso dell’ altro in
un certo senso. Per lo meno dalla metà o anche prima del secolo passato si è
cominciato a ripensare ad una nuova forma, ad una nuova definizione, ma più che ad
una nuova definizione, ad una nuova identità dell’ uomo. Sarà che il nuovo individuo
è completo in sè, sarà che non ha bisogno degli altri. C’ è una frase di Hegel che
vorrei dire è veramente terribile, quando parla del soggetto, dell’ Io che ha come sua
attività fondamentale quella di negare il Non-Io, cioè bisogna che lui assimili il NonIo. Il Non-Io, cioè quello che non è Io, lo provoca continuamente. La sua vitalità, la
sua vita, il suo ritmo di vita è quello sempre di negare il Non-Io. Quindi
evidentemente il grande disprezzo, l’ indifferenza che l’ uomo del nostro secolo ha
dimostrato verso la natura distruggendola pacificamente senza render conto a
nessuno, capite. Questo disprezzo di quello che è altro, di quello che non è Io:
evidentemente l’ Europa ha dato degli esempi, in questo momento, al mondo non
solo di questa indifferenza, ma vorrei dire di questa forma così egoista e così
orgogliosa. Tutto quello che ostacola l’ avvento del mio Io, del mio Io industriale,
del mio Io protagonista, tutto quello che è Non-Io deve sparire, non m’ importa
nulla, deve sparire, non ha nessun valore, devo superarlo. L’ uomo forte, l’ uomo
coraggioso, questo Io intraprendente deve superare l’ ostacolo, tutti gli ostacoli, tutto
il Non-Io. Evidentemente è chiaro un industriale, un impresario probabilmente non
legge filosofia, avrà un’ altra cultura, però vedete nel sottostante, nelle fondamenta,
alla base c’è questa filosofia che afferma il diritto dell’ Io che deve farsi e non si può
fare senza questa competizione, senza questa lotta, senza questo divorare il Non-Io,
superare l’ ostacolo. In fondo, ripeto, nonostante tutto il buon cuore che abbiamo
questo concetto ha dominato e domina la nostra cultura. Se pensiamo che anche l’
espressione più bella certamente e più sublime è stata la cristianizzazione del mondo,
la missione. Quando io penso all’ America Latina, allo sforzo dei primi missionari al
tempo della conquista, che passavano le Ande a piedi, che affrontavano pericoli di
ogni genere, che vivevano disagi che oggi sarebbero insuperabili per noi abituati alla
nostra comodità. Certamente c’è da venerarli, ma anche loro, figli della loro cultura
portavano questo concetto del Dio vero, del Dio unico, del Dio assoluto, e quindi
non c’è neanche tempo, neanche la mentalità di vedere se anche voi forse avete un
po’ di civiltà, di cultura, che cosa è stato il vostro passato. Siete unicamente barbari,
siete antropofagi, o invece avete anche voi fatto qualche cosa. Se uno va a Chichen
Itza nel Messico vede che veramente non solo avevano fatto qualche cosa, ma
avevano una civiltà paragonabile alla nostra civiltà etrusca. Tutto questo è
trascurabile perchè è il non-Io, perchè solamente io ho cultura, solamente io ho la
verità, solamente io ho la religione vera, assoluta. Quindi se voi volete salvarvi
dovete battezzarvi, se no andate all’inferno. Quindi per amore vostro, per il vero
amore io passo le Ande e accetto i sacrifici, lascio la mia patria, eccetera. In questo
sforzo certamente positivo, in questa donazione di sè poi si nascondeva la nostra
cultura che è come sempre livellatrice: questo grande Io, questo gigantesco io, questo
idolo che deve assorbire, assimilare, o in forma pacifica o in forma violenta il nonIo. Mi ricordo sempre quando ero adolescente i discorsi di Mussolini che diceva: nel
futuro il mondo, il mondo. Vedete sempre questa idea che noi siamo il centro del
mondo. Quindi non solo noi, ma il mondo sarà fascista o fascistizzato. Sarà
unicamente fascista, per le buone o per le cattive. Sarà fascista per una specie di
diffusione spontanea oppure sarà fascistizzato col manganello, con la forza. Il
manganello sarebbe ancora un’ arma pacifica. In fondo è la cultura nostra, la cultura
d’ Europa, la cultura dominatrice, la cultura che non ha la capacità nè la pazienza nè
l’ intenzione di ascoltare l’ altro. Anche se ci sembra che sia così io vedo che fra gli
italiani che vengono a visitarmi ce n’ è qualcuno straordinario, devo riconoscere,
meraviglioso. Veramente viene in questo atteggiamento da convertito, ma
normalmente l’ europeo e noi abbiamo questa mentalità di aiutare gli altri, di
soccorrerli, fare delle opere di carità, di bontà, ecc. Ma non sono, non esistono,
perchè soltanto io sono, perchè io penso e quindi loro che non lavorano con la testa,
non hanno tutto il nostro passato, la nostra tradizione, sono nulla. Per questo ho
pensato che non solamente la nostra cultura, ma anche la nostra religione,
evidentemente mi sento religioso, e posso dire religioso laico.
Come ho detto ancora nella prefazione la mia vocazione non è legata al fatto di un
bambino che costruisce gli altarini al quale la mamma fa la sottana perchè sia
chierichetto e domani prete. Invece la mia vocazione viene proprio dallo spettacolo
della violenza che mi ha contristato profondamente da bambino, vedere persone
picchiare, persone grondanti sangue, persone morte davanti a noi, a bambini che
stavamo giocando, morte con colpi di rivoltella. Tutto questo mi ha creato un trauma
nel primo tempo, poi ho sempre pensato e lo penso con molta serenità e con la gioia
di Alberto, penso che Dio si è servito di questo per farmi sentire l’ importanza del
suo regno. Consacrarsi proprio al progetto di Gesù, non tanto a lui, ora poi ho trovato
lui, gli vado dietro, ma il suo progetto, il progetto regno mi è stato sempre presente.
Posso dire che quello veramente ha dominato la mia vita, questa coerenza, che poi
con tanta incoerenza che lui non conosce e quindi è meglio non dirlo, a questa
visione fondamentale, a questa stella che mi ha guidato. Aiutare Gesù a costruire il
suo regno, a continuare la storia del suo regno che è una storia di riconciliazione, di
pace, di giustizia in mezzo ad un mondo violento, perchè Gesù è morto sulla croce,
non perchè il padre lo voleva, ma perchè questo suo progetto va contromano, va
proprio contro quella che è la vita del mondo come noi la vediamo, contro la
violenza, contro la competizione, il cercare di essere più dell’ altro, contro questa
distruzione che noi operiamo per costruire. Per costruire noi abbiamo bisogno di
distruggere. Tutto questo è quello che ha ispirato la mia vita, mi lamento un po’
sinceramente che la nostra educazione alla fede sempre fa centro sul mio io, sulla
mia bontà, sull’ essere sempre meglio, sulle mie virtù e non sul regno. Io penso che
quello che a Gesù stava a cuore era la società, evidentemente la società si fa con gli
individui e quindi se l’ individuo è egoista e violento la società sarà egoista e
violenta. Di questo non c’è dubbio, però non è la finalità per cui Gesù Cristo è
morto, non è per mandare in paradiso o meno la mia nonna o mia madre o mio padre.
Se Gesù Cristo è morto sulla croce è perchè vuole qui sulla terra una società più
umana, più giusta, più fraterna, non questo mondo così scandaloso, così violento.
Vuole un’ altra società: è morto per questo e non per le anime del purgatorio, quelle
ormai stanno ad aspettare un po’ nell’ anticamera, ma ormai sono sicure che le porte
si apriranno. Gesù è morto per questa terra, per questo mondo che deve avviarsi poco
a poco a trasformarsi da un mondo di belve, da un mondo di gente che cerca di
superarsi, di distruggere l’ altro in un mondo di fratelli di gente che si ama, un
mondo pacifico, un mondo giusto. E noi nelle nostre chiese non l’ abbiamo predicato
sufficientemente, abbiamo sempre insistito sulla bontà, sulla santità, sulla purezza, su
tutto quello che voi volete. Io non dico che non siano valide, tutte queste si trovano
nel cammino, seguendo Gesù, seguendo il suo progetto, portandolo avanti, progetto
che ha lasciato a noi, di cui siamo direttamente responsabili. Non piangete sulla
società violenta, perchè la società violenta è nostra, l’ abbiamo fatta noi. Dio non
c’entra, capite! E quindi non bisogna pregare per la pace, ma pregare perchè Dio ci
aiuti ad essere pacifici, ad uscire dal nostro egoismo, perchè Dio cambi il nostro
cuore. Non perchè metta la pace nel mondo, quello è lavoro nostro, è nostra
responsabilità. Io non ho nulla da dire con il Papa che nomina patroni d’ Europa,
ogni giorno uno nuovo, ma questi patroni ci diranno amici miei noi siamo nella
gloria, è un fatto vostro, perchè delegate noi. Non abbiamo nulla a che fare noi, siete
voi responsabili. Questo lo dico con una certa forza perchè c’è tutta una forma di
scaricare la nostra responsabilità sull’ infinito, sulla preghiera, sull’ invisibile, su
padre Pio, su non so chi, ecc. mentre le responsabilità di costruire una società
pacifica è unicamente, assolutamente nostra e in questo siamo d’accordo con gli atei,
con tutti quelli che non possono credere o non credono perchè in fondo assumono, se
assumono, questa responsabilità. C’è una fraternità e c’è una comunità, e c’è una
comunione con tutte quelle persone che realmente hanno capito che essere persone
umane che meritano questa identità vuol dire assumere la responsabilità del mondo,
della società, dico del mondo perchè della natura, degli altri, delle cose che ci
circondano. Noi abbiamo rinunciato a questa responsabilità. Cerchiamo di coprire i
nostri complessi di colpa con i pellegrinaggi, con le candele accese, con tutte forme
devozionali, ecc. Non ci guardiamo in faccia finalmente. Che devo fare io, perchè
vivo, qual’è la mia ragione di vivere unicamente, perchè sono al mondo e perchè mi
chiamo persona umana, perchè sono responsabile, assolutamente responsabile, e non
posso delegare a nessuno, nè santi nè persone umane, non devo delegare nessuno,
sono io direttamente responsabile. Sono inutili i pianti davanti alle televisioni o le
grida, il mondo come va male, le guerre di qua, le violenze di là, il terrorismo sopra,
il terrorismo sotto. Io sono responsabile della società nella quale vivo, capite!
Allora quello che posso dirvi questa mattina come chiusura della prima parte è che
finalmente è spuntata un’ antropologia che sostituisce quella da cui è partita la nostra
società capitalista, homo homini lupus. Il più grande economista, il più grande
pensatore dell’ epoca illuministica che si chiama Hobbes ha definito l’uomo lupo all’
uomo e se guardiamo la società capitalista si realizza pienamente: l’ uomo deve
mangiare l’ altro per poter sopravvivere, per poter trionfare. Invece oggi nasce una
nuova antropologia: l’ uomo è uomo se è responsabile dell’ altro, invece di essere l’
ideale, l’egoista, quello che sa avanzare, farsi cammino nella vita superando gli altri
o distruggendo gli altri. Nasce questo nuovo mondo o spero che nasca. Oggi
filosoficamente vedo che si fa strada sempre di più questa idea: l’ uomo, la persona
umana è persona, veramente persona, vero essere umano solamente se è responsabile
della società in mezzo alla quale vive, del mondo in cui vive, del tempo in cui gli è
dato da vivere.
Cosa fare, cosa possiamo fare, che cosa dobbiamo fare! Evidentemente non solo non
posso darvi una ricetta, ma direi non devo darla, perchè, vedete, noi saremo giudicati
sulla scelta personale che noi faremo, e la scelta personale non ve la possono
suggerire nè il papa, nè i vescovi, nè il padre gesuita, nè lo psichiatra, nè lo
psicanalista, perchè è proprio la nostra responsabilità: ognuno di noi deve cercare
nella sua vita la risposta da dare a questo momento. Io come credente, come
indegnissimo seguace di Cristo vi consiglierei proprio di aprire il Vangelo: aprite il
Vangelo di Luca al capitolo IV dove Gesù fa il famoso discorso della sinagoga di
Nazareth, dove comincia la sua vita pubblica, quella che noi conosciamo attraverso i
racconti del Vangelo, e dice, sono parole da pesare, sono molto importanti: "Lo
Spirito Santo è sopra di me e mi ha mandato". Cominciamo dall’ ultima parte. Mi ha
mandato a chi? Mi ha mandato dove? Questo è esemplare per tutti noi. Noi abbiamo
così una parola complessiva, così sacralizzato Gesù lo abbiamo posto nel cielo,
salvatore, redentore, santificatore, tutto quello che io non nego per carità. Però
abbiamo trascurato, sepolto in un certo senso sotto la terra, con l’ intenzione di
glorificarlo dopo la sua resurrezione ed abbiamo trascurato quello che è più
importante, questo tratto di vita terrena che è quella che noi stiamo percorrendo.
Quindi in un certo senso noi saltiamo questo tratto di vita di Gesù per andare
immediatamente a "è risorto, sta nel cielo, sta alla destra di Dio Padre onnipotente ed
intercede per noi, ecc.". Senza negare questo bisogna riprendere questo tratto di
strada che lui ha fatto, perchè noi siamo sulla strada. Quindi come Gesù ha risposto a
questa domanda quando lo Spirito Santo è sceso su di lui? Che cosa ha fatto? Poteva
fare un centro evangelico, un centro di riflessione...Per carità mi pare che sia molto
bello quello che state facendo qui, continuate! Però insomma questo dovrebbe
servire per fare quello che ha fatto Gesù. Che cosa ha scelto? Qual’è la sua scelta
concreta. Lui era uomo di preghiera, uomo di Dio, uomo vicino a Dio, quindi
avrebbe potuto aprire una scuola ascetica, (c’erano degli altri esempi, c’era la scuola
di Qumran), una scuola di spiritualità. Uscito dalla sinagoga è andato direttamente
incontro al dolore umano, immediatamente, senza intermezzi. E’ andato per la strada
della Palestina e ha lasciato che la gente venisse incontro a lui, tutti quelli che
avevano dei bisogni, delle sofferenze, delle necessità, bisogni che si possono
riassumere in questa parola: avevano delle carenze di vita, erano persone che per una
maniera o per l’ altra non potevano vivere pienamente la loro vita, non potevano
raggiungere quella pienezza che lui è venuto a dare al mondo. Sono venuto per dare
la vita, e non la vita spirituale, soprannaturale. Queste sono categorie nostre,
occidentali, non sono le categorie di Gesù. Per Gesù la vita è una, è evidentemente la
vita dell’ uomo, che ha degli aspetti di intelligenza e di spiritualità, ma è la vita. E lui
dice nel capitolo V mi pare di Giovanni che Dio è la fonte della vita. Lo chiama così
Dio fonte della vita. E’ quindi è venuto a dare la vita perchè tutti abbiano vita, perchè
il mondo abbia vita, perchè la vita sia piena. Noi ad un certo punto abbiamo detto è
venuto per redimere, per salvarci, tutte forme in fondo se ci pensiamo bene astratte,
rispondono alla nostra cultura astratta. Realisticamente quello che lui ha fatto è
venuto per dare la vita e quindi per incontrare e per lasciarsi incontrare da tutte le
carenze di vita. Si potrebbe dire così da tutte le persone che o nel corpo o nell’ anima
o nello spirito o negli occhi o nelle orecchie, sordi, muti ecc. avevano delle
privazioni di vita. E’ venuto a rispondere a queste privazioni di vita che per quello
che vi dicevo prima. Per alcuni sono più evidenti le privazioni di vita fisica, gli
affamati, gli esuli, le persone che devono partire dalla loro patria. Uno dice ma allora
anch’io vado ad assistere gli ammalati, però state molto attenti a questo. Levinas
parla del famoso io asimmetrico. Allora permettetemi io parlo con molto realismo,
speriamo che non vi offendiate. Insomma questa società egoista, egocentrica,
idolatrica che ha scelto il mercato evidentemente non è nata a caso. E’ nata dall’
ammasso, dall’ incontro, dalla moltiplicazione di tutti i nostri egoismi. Ricordatevi
che ognuno di noi, ognuno di noi, anche Alberto così buono così dolce, parte da un
io narcisista. Tutti, tutti noi, tutti noi siamo narcisisti per nascita. Poi la nostra
cultura, la nostra educazione, la nostra educazione religiosa particolarmente non fa
altro che incrementare, alimentare, fare sempre più grande, dare tutti gli aiuti
possibili a questo io narcisista, invece di aiutarci a liberarci. Quindi noi non ci
possiamo liberare. Vi consiglio un libro molto interessante scritto da uno
psicoanalista americano che mi piace abbastanza, credo che sia tradotto in italiano, io
l’ho letto in un’ altra lingua, si chiama "La cura dell’anima", l’ autore è Thomas
Moore, forse c’è in italiano. Questo psicanalista dice che l’ io narcisista non ha cure.
Anche gli psicanalisti sono impotenti davanti a questo sintomo. Dice che la sola cura
è una catastrofe, è un fallimento, è ad un certo punto arrivare alla depressione, quasi
al suicidio, ecc. Non ci sono altri mezzi. Invece Levinas parla dell’ io simmetrico e
dell’ io asimmetrico. L’ io simmetrico è l’ io che sta sul mio stesso piano. Perchè ci
sono molte persone, moltissime, forse la grande maggioranza che dicono di avere la
casa aperta, di essere una persona sociale: tutti mi cercano, tutti mi vogliono, vivo
continuamente circondato di persone, sono tutt’ altro che una persona solitaria, ho un
cuore aperto, la mia casa è aperta a tutti. Però questi tutti se andiamo a vedere,
vediamo chi sono. Gesù ci ha detto una cosa che poi Levinas ha scritto in filosofia. Il
Vangelo dice tutto, sono convinto ormai i filosofi, i sociologi, gli economisti non
fanno altro che declinare, che sviluppare, che portare in luce le grandi intuizioni del
Vangelo. Nel vangelo io sono convinto c’è proprio tutto assolutamente. Dev’ essere
capito, rivissuto, messo in armonia con la nostra cultura ed i nostri bisogni. Allora
Gesù dice quando inviti a pranzo il tuo vicino, i tuoi parenti, quelli che sono sullo
stesso piano tuo, in altre parole della tua stessa classe sociale che fai? Nulla. Che fai
di nuovo? E’ quello che si è sempre fatto ed hanno fatto tutti e che fanno tutti e
questo non fa altro che far crescere il mio io narcisista. Perchè i miei amici, le mie
amiche vengono e dicono che bella casa che hai, ma guarda che meravigliosa
tappezzeria, guarda che tappeto persiano che hai comprato! Ma che meraviglia, ma
che gusto! Ma che pranzo ci hai fatto oggi, sei la donna, la cuoca più meravigliosa
del mondo. E all’ uomo dicono: come affari non c’è nessuno che ti batta, nessuno
che è superiore a te, ecc. Questo è il linguoggio corrente della società.
Invece l’ io asimmetrico è quello che ha carenza di vita, quella a cui a cui è andato
incontro Gesù, che voleva dare la pienezza di vita e che doveva trovare dei vuoti di
vita, capite, dei vuoti di vita, necessariamente. Se io sono il pieno, se io voglio dare il
pieno agli altri bisogna che incontri dei vuoti. Quindi è andato incontro ai poveri, ai
miserabili, agli emarginati, agli ultimi. Levinas trova un’ altra ragione molto bella,
molto importante: dice che Dio non può scardinare il potere, non può assolutamente,
non può distruggere il potere, la superbia se non facendosi l’ ultimo, occupando l’
ultimo posto. C’è uno scritto di Levinas che è una cosa meravigliosa, perchè gli
hanno chiesto ad un certo punto di parlare alla riunione che fanno ogni anno gli
intellettuali cattolici francesi. L’ hanno invitato a parlare, il tema della sua
conferenza era "un uomo Dio?" E lui prima si scusa, dice come avete potuto
chiamare un ebreo. Io volevo dire di no, ma poi ho pensato che siete miei colleghi,
miei amici, mi avete aiutato nel tempo della disgrazia, come potevo dire di no. E
allora parla di come Dio, perchè nell’ ebraismo ci sono due visioni di Dio
apparentemente opposte. C’è il Dio che cavalca sulle nubi, il Dio degli eserciti, il
Dio armato, il Dio che distrugge gli avversari, ecc. e c’è il Dio chenotico, il Dio che
si svuota, il Dio che si fa nulla, che si rende nulla per approssimarsi all’ uomo e
aiutarlo discretamente senza distruggere la sua libertà a trovare il cammino giusto.
Quindi il Dio che si svuota per salvarci, che non vuol dire salvarci così
misteriosamente senza che noi lo sappiamo, quando noi dormiamo, salvarci vuol dire
metterci sul cammino della salvezza, sul cammino giusto. E allora questo Dio
chenotico che poi troviamo nella lettera ai Filippesi di Paolo, è rappresentato nella
forma di Gesù. Invece Levinas lo presenta nella persona dell’ essere di Dio che si
avvicina. Gesù è portatore di questo essere misericordioso. Dice Levinas che
solamente con questo annullamento della potenza suprema poteva scardinare il
potere, la superbia, l’ orgoglio dell’ uomo. Noi non ci possiamo mai liberare del
nostro Io narcisistico, non possiamo.
C’ è stato un articolo in questi giorni molto bello di Galimberti che parla dell’
angoscia primordiale, che dice che bisogna ritirare la nostra anima dalla confusione,
dal disordine, ecc. e liberarla dall’ angoscia. Io dico che non si può: deve essere l’
altro che ci libera, l’altro, l’ altro asimmetrico, l’ altro che ha bisogno, quello ci
libera dal nostro Io narcisista. L’ altro come dice benissimo Levinas, l’ altro che è l’
indesiderabile, l’ indesiderato, quello che dice questo straniero, questa persona mi
può rubare, può essere un terrorista, può essere chissà chì. L’ altro che io respingerei
culturalmente, che non vorrei, che mi costa. Quello lì è l’io asimmetrico che ci può
liberare. Ora lascio a voi decidere chi sarà questo Io asimmetrico, però ricordatevi
bene che nella nostra cultura noi siamo abituati a risolvere tutto dentro di noi, in
casa. Il prete ci ha detto siate buoni, virtuosi. Sì! Domani sarò buono! ma finchè
l‘altro asimmetrico non entra nella nostra vita tutti i nostri propositi sono vani
assolutamente. Nessun io narcisista, ricordatevi, salva sè stesso. Impossibile
assolutamente! Narciso finisce con l’ affogarsi nell’acqua in una piscina cercando l’
immagine altrui che è la sua. E’ un mito straordinariamente importante: lui crede che
sia l’ altro, ma è lui, è lui, e per cercare di acchiapparlo affoga. Questa è l’ immagine
esatta del narcisista. Quindi quello che ci libera è l’ altro reale, assolutamente l’ altro
reale, concreto, quello che ha due gambe, quello che cammina per le strade. E’
quello lì che ci può liberare. Non è facoltativo, non è per buon cuore che decidiamo,
ma perchè abbiamo bisogno di liberarci. Quando vado nella favella non vado
pensando di dare, vado prima di tutto, e non lo dico mai personalmente perchè mi
riderebbero in faccia, vado per chiedere perdono, perchè mi accompagna questo
pensiero: tu sei colpevole, colpevole! E’ inutile che tu abbia compassione di questi
poveri, ti devi far perdonare perchè tu sei europeo e quindi fai parte della società che
li ha ridotti in questo stato, che li ha buttati nella fogna. Di che ti lodi? Di che puoi
lodarti, non sei salvatore assolutamente, sono loro che ti possono salvare, loro che ti
liberano a poco a poco dal tuo io narcisista, dal tuo orgoglio, dal tuo egoismo. Sono
gli altri, questi altri, i veramente altri, perchè voi non siete altri da me, siete uguali,
anche se differenti, ma abbiamo la stessa cultura, su per giù io non ho soldi in banca,
però vivo, vivo comodamente, vivo bene, non mi manca nulla. Quindi praticamente
siamo sullo stesso piano, sullo stesso livello. Ricordatevi quando dovete decidere che
fare. Poi io vi direi arrangiatevi! Quando sono cadute le famose torri di New York ho
pensato all’ altra torre, immediatamente. Perchè anche quelle due torri lì con tutta la
pietà che dobbiamo avere per i morti da tutte le parti, bianchi, neri, gialli, ecc. tutti i
morti, gli uccisi, i sacrificati, meritano la nostra pietà. Quando pensavo a queste due
torri cadute così mi sentivo anch’io addolorato evidentemente, perchè sapevo che da
lì iniziava un conflitto che non so quando nè come finirà. E dovevo andare a Trento a
parlare ad un congresso che aveva un nome molto simpatico "Le parole ritrovate". Io
dovevo parlare sempre di aiuti ai poveri, ecc. e mi venivano in mente le parole
ritrovate, leggevo sulla Repubblica che stavano frugando fra le rovine delle torri per
trovare gli oggetti perduti, c’erano dei lingotti d’oro, prima di tutto quelli perchè le
persone ormai sono morte, se no il mercato va giù. Pensavo quali sono le parole
ritrovate, quali saranno, quali sono le parole da ritrovare. Mi venne in mente che
potrebbero essere queste: "Caino, dov’è tuo fratello, che ne hai fatto di tuo fratello?"
E lui risponde: che ne so io di mio fratello! E Levians dà una spiegazione molto
acuta, molto profonda e dice: in fondo Caino non ha torto perchè nella nostra cultura
uno è così diviso dall’ altro, io sono io e tu sei tu, quell’ altro è lui. Aveva ragione di
dire così, che ne so io di mio fratello, che ho a che fare io con lui. Allora lui dice che
solamente se c’è un cambio di cultura in cui l’ altro ti dice guarda che tu sei
responsabile di me, e tu sei responsabile, allora la risposta è un’ altra. Partendo da
questa rivoluzione, da quello che nasce, spero che nasca e che nasca presto, che ha
come fondamento la responsabilità, la risposta a questa domanda sarebbe diversa. No
che ne so io di mio fratello, tu sei responsabile di tuo fratello. Quando pensiamo a
tutte queste sofferenze, a questi dannati della terra, dobbiamo pensare alla nostra
responsabilità, non per piangere, che non serve a nulla, per essere angosciati, non
bisogna avere complessi di colpa. Ci si libera da tutti i complessi di colpa quando si
prendono delle decisioni precise sapendo che quello che facciamo è nulla, è poco,
però il poco entra nel circolo dell’amore. Se vogliamo che il mondo cambi dobbiamo
mettere nel mondo dinamiche di giustizia, di amore, di perdono, di accoglienza degli
altri, aprire le porte veramente a quell’ io asimmetrico che non ha casa. Aiutare
quello che veramente è affamato, vestire quello che è nudo. Ritorniamo a Gesù che
ci ha parlato proprio dell’ io asimmetrico, non dice qualunque persona, non dice che
voi vi salverete, che sarete giudicati in merito all’ aiuto che avete dato a chiunque
incontrate per strada, ma invece a quello che proprio è carente di vita, è carente di
vita, al pellegrino che non ha casa, al nudo che non ha di che vestirsi, all’ affamato
che muore senza il vostro aiuto. L’ io asimmetrico, quindi! Levinas non ha scoperto
nulla, è Gesù che ce l’ha detto. Oggi ci ha solo rinfrescato questa grande intuizione
di Gesù. Voi non sarete salvati sulle vostre devozioni, sui vostri pellegrinaggi, sui
grandi templi miliardari per la vergine di Medjugore che poi non si sa se è lei o non è
lei. Non so, questa è un’ altra cosa! Non sarete salvati per questo, sarete salvati da,
da, non per, dall’ io asimmetrico.
Accogliete i poveri perchè loro, loro, loro, non Dio, loro vi accolgano. Bellissimo
questo! Loro saranno i veri soggetti, loro vi accolgano. Dio si lava le mani in un
certo senso, dice pensateci voi, voi accogliete nelle dimore eterne, no, decidete voi,
voi siete giufici di questo tribunale eterno, siete giudici della salvezza, siete voi
giudici. Loro vi devono accogliere, loro. Di qua dovrebbe cominciare un altro tipo di
vita, che farebbe bene a noi perchè in fondo l’io narcisista è la causa dell’ angoscia,
della depressione. Tutti i mali moderni hanno un solo autore, l’ io narcisista, l’ io
falso, quello che noi difendiamo, che noi accarezziamo, che noi coltiviamo, che noi
alimentiamo. Quello poi si vendica su noi, ci dà angoscia, tristezza, malinconia, noia
di vivere, ecc. Se voi vi liberate dall’ io narcisista trovate la gioia anche nei momenti
di dolore, anche nelle difficoltà della vita. Proprio Gesù che era povero ci ha lasciato
due cose che sono importanti, due, due, due: vi lascio la mia pace e vi do la mia gioia
che nessuno potrà togliervi, nessuno! Neanche i missili, neanche le bombe, nessuno
vi toglierà questa gioia, nessuno, nessun forza perchè la gioia è di dentro, non viene
di fuori. Nasce dal nostro io, dal nostro io vero, nel nostro io vero, non nell’io
narcisista. Quindi vedete in fondo siamo due che ci guadagnamo quando ci
incontriamo, quando incontriamo l’io asimmmetrico: lui e me, è reciproca la
salvezza. Lui mi dà la salvezza ed io cerco di dargli la vita.
E così vi lascio.