Sono nella Foresteria interna di Serra San Bruno, nel cuore della

UNIVERSITÀ DI LISBONA – FACOLTÀ DI DIRITTO
Convegno “La famiglia e il diritto”
Commemorazione XXX Esortazione Apostolica Familiaris Consortio
Lisbona, 17 aprile 2012
LA FAMIGLIA: IMMAGINE DI DIO, SOGGETTO DI
EVANGELIZZAZIONE, SOGGETTO SOCIALE
Relazione del Cardinale Ennio Antonelli
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia
1. Introduzione
Saluto con sentimenti di rispetto, amicizia e gioia le autorità religiose, civili e
accademiche, i relatori e tutti voi che partecipate a questo Convegno su “La famiglia
e il diritto” nel XXX anniversario dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio
di Giovanni Paolo II, pubblicata il 22 novembre 1981.
Quest’uomo straordinario con il suo lungo e intenso pontificato, ha lasciato una forte
impronta in molti ambiti della vita delle persone, della Chiesa e della società.
Meritatamente gli sono stati attribuiti numerosi titoli: Papa della famiglia, Papa dei
giovani, Papa della nuova evangelizzazione, Papa dei diritti umani, Papa del crollo
del comunismo, Papa della Divina Misericordia. Quanto alla Familiaris Consortio,
essa costituisce tuttora in tutto il mondo la fonte principale di ispirazione e
orientamento sia per la riflessione teologica che per la prassi pastorale riguardo alla
famiglia. Viene giustamente riconosciuta come la Magna Charta del molteplice
impegno ecclesiale e civile dei cattolici a servizio della famiglia.
Giovanni Paolo II riconosce alla famiglia un ruolo essenziale sia nella società che
nella Chiesa. “La famiglia costituisce il luogo nativo e lo strumento più efficace di
umanizzazione e personalizzazione della società” (Familiaris Consortio, 43). “La
futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla (famiglia) chiesa domestica”
(Familiaris Consortio, 65). La famiglia è chiamata a compiere una missione propria,
originale e insostituibile, “ponendo a servizio della Chiesa e della società se stessa
nel suo essere e agire, in quanto intima comunità di vita e di amore” (Familiaris
Consortio, 50). “Come va la famiglia, così va la Chiesa, e così va la società umana
nel suo insieme” (Angelus, 5.10.1997): felice detto emblematico!
In perfetta continuità con il suo predecessore, il Santo Padre Benedetto XVI
ribadisce continuamente l’importanza decisiva della famiglia per la società e per la
Chiesa, invitando sia la politica che la pastorale a riconoscerne concretamente la
centralità. Una sola citazione: “Quella medesima sollecitudine per l’uomo che ci
spinge ad essere vicini ai poveri, agli ammalati, ci rende attenti a quel fondamentale
bene umano che è la famiglia fondata sul matrimonio. Oggi il matrimonio e la
famiglia hanno bisogno di essere meglio compresi nel loro intrinseco valore e nelle
loro autentiche motivazioni, e a tal fine è grande e deve crescere ulteriormente
l’impegno pastorale della Chiesa. Ma è ugualmente necessaria una politica della
famiglia e per la famiglia” (Discorso agli amministratori della Regione Lazio e del
Comune e della Provincia di Roma, 11.1.2007).
Sia nella Chiesa (Vescovi, sacerdoti, cristiani laici) sia nella società (soggetti
culturali, economici e politici) è necessario rafforzare e diffondere la consapevolezza
riguardo al senso e al valore della famiglia fondata sul matrimonio. Oggi è
necessario più che mai, a motivo della crisi in atto: matrimoni in diminuzione e
celebrati in età più avanzata, aumento dei divorzi, delle convivenze, dei singles per
scelta, delle relazioni omosessuali; calo delle nascite; aumento dei figli nati fuori del
matrimonio; famiglie monoparentali per scelta; emergenza educativa; esercizio
ludico della sessualità genitale; ideologia del gender. Oggi la più forte contestazione
contro la Chiesa riguarda l’etica sessuale. Un matematico ateo italiano lo dichiara
esplicitamente: “Oggi la maggior forza repulsiva e centrifuga esercitata dalla Chiesa
si concentra proprio sulla sua teoria e pratica sessuale” (Piergiorgio Odifreddi, Caro
Papa, ti scrivo, Mondadori, p. 156). La Chiesa appare a molti come nemica della
libertà e della gioia di vivere, incapace di capire la rivoluzione sessuale e la
questione antropologica, come nel passato è arrivata in ritardo a capire la rivoluzione
industriale e la questione operaia.
La Chiesa, da parte sua, continua a proporre come naturale e normativa la famiglia
basata sul matrimonio dell’uomo e della donna, aperta alla procreazione e
all’educazione dei figli (cfr. Familiaris Consortio 3; 11; 19-20; 46); non si stanca di
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ricordare all’opinione pubblica che “la civiltà e la saldezza dei popoli dipendono
soprattutto dalla qualità umana delle loro famiglie” (Giovanni Paolo II,
Christifideles Laici, 40). La sua pedagogia, secondo un suggestivo detto di Giovanni
Paolo II (cfr. Discorso a Kinshasa, 3 maggio 1980) non intende abbassare la
montagna, ma aiutare le persone a salirla con il loro passo: insegna la verità
oggettiva del bene senza compromessi e nello stesso tempo, per quanto riguarda la
responsabilità soggettiva, tiene conto della debolezza umana, della cosiddetta legge
della gradualità, secondo cui l’uomo “conosce, ama e compie il bene morale
secondo tappe di crescita” (Familiaris Consortio, 34). Indicando la giusta direzione,
propone un cammino perseverante di conversione, di umiltà, di ricerca, di impegno,
di fiducia nella misericordia di Dio.
Dal vasto insegnamento di Giovanni Paolo II sulla famiglia vorrei selezionare e
presentare brevemente tre temi: il primo come fondamento teologico, antropologico
e spirituale, “La famiglia umana immagine della Trinità divina”; il secondo di
grande rilievo ecclesiale, “La famiglia cristiana soggetto di evangelizzazione”; il
terzo importantissimo in ambito civile “La famiglia soggetto sociale”.
2. La famiglia umana immagine della Trinità divina
“Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza: chiamandolo all’esistenza per
amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore e vive in se stesso
un mistero di comunione personale d’amore (La comunione trinitaria). Creandolo a
sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità
dell’uomo e della donna la vocazione e quindi la capacità e la responsabilità
dell’amore e della comunione” (Familiaris Consortio, 11).
“L’immagine divina si realizza non soltanto nell’individuo, ma anche in quella
singolare comunione di persone che è formata da un uomo e da una donna, uniti a tal
punto nell’amore da diventare una sola carne. E’ scritto infatti: a immagine di Dio li
creò: maschio e femmina li creò (Gen 1, 27)” (Giovanni Paolo II, Messaggio per la
giornata della pace 1994; cfr. anche Mulieris Dignitatem, 7; Gratissimam Sane, 6).
“(Con la creazione dell’uomo e della donna e la loro intima unione) si costituisce un
primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmette efficacemente nel mondo
visibile il mistero invisibile nascosto in Dio dall’eternità. E’ questo il mistero della
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verità e dell’amore, il mistero della vita divina, alla quale l’uomo partecipa
realmente” (Giovanni Paolo II, Catechesi 20.02.1980, n. 2).
Ogni matrimonio, anche prima o fuori del cristianesimo, ha una sua sacralità; è un
primordiale sacramento, partecipazione e rivelazione nella storia della comunione
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Questo è vero nella misura in cui i
coniugi vivono tra loro l’amore autentico.
Benedetto XVI ha precisato che l’amore coniugale autentico è una sintesi di eros e
agape, di desiderio, rivolto alla propria felicità, e di dono di sé, rivolto alla felicità
dell’altro (cfr. Deus Caritas est, 7, 8). E’ proprio questo amore, in cui si integrano e
si armonizzano il desiderio di felicità, l’attrazione sessuale, il dono di sé all’altro e la
comunione interpersonale, a costituire una speciale rivelazione e partecipazione di
Dio uno e trino, anche se i coniugi non lo sanno e non se ne rendono conto. Sebbene
ogni comunità e ogni forma di comunione tra le persone sia in qualche modo un
riflesso di Dio, nella misura in cui si vive l’amore, tuttavia il matrimonio è
immagine di Dio in modo più completo, in quanto il dono reciproco dei coniugi è
totale. Non si donano qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera, includendo
anima e corpo, pensiero, volontà, affettività, sessualità. I due si donano l’uno
all’altro e insieme si donano ai figli con la procreazione, la cura e l’educazione. Così
diventano una sola carne nella vita comune, nel rapporto sessuale, nella persona dei
figli, che costituiscono la loro unità permanente, il loro legame che nessun divorzio
può spezzare. “I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la
realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente dell’unità
coniugale e sintesi viva e indissolubile del loro essere padre e madre” (Familiaris
Consortio, 14).
Il matrimonio si colloca nella logica delle relazioni forti tra le persone. Ogni persona
è un soggetto individuale, autocosciente e libero, ma anche costitutivamente
finalizzato a sviluppare la propria umanità e ad essere felice solo costruendo buone
relazioni con gli altri e con Dio. I beni relazionali sono più necessari di quelli
materiali. La povertà di relazioni è più dannosa e dolorosa della povertà delle cose,
rende la vita priva di senso e conduce progressivamente l’individuo alla solitudine e
alla disperazione. La famiglia normale fondata sul matrimonio è una comunità
stabile di vita e di appartenenza reciproca; invece le altre forme di convivenza, che si
vorrebbero assimilare ad essa, si collocano nella logica dell’individuo che appartiene
solo a se stesso e ha con gli altri solo un rapporto contrattuale di scambio.
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Dà gioia non solo cercare e ottenere il proprio bene, ma anche impegnarsi per il bene
dell’altro, perfino quando costa sacrificio, secondo la parola di Gesù: “Si è più beati
nel dare che nel ricevere” (At 20, 35). Il giusto equilibrio di eros e agape dà una
gioia più vera e più grande, “non il piacere di un istante ma un certo pregustamento
del vertice dell’esistenza, di quella beatitudine a cui tutto tende” (Benedetto XVI,
Deus Caritas est, 4), cioè dell’unione con Dio nell’eternità. La Chiesa non è nemica
della gioia di vivere; non deprime la sessualità, ma integrandola nell’amore dono, la
esalta, fino a farne un anticipo delle nozze eterne.
Se ogni autentico matrimonio è sacramento primordiale della creazione, il
matrimonio cristiano è ancora più perfetto, in quanto è innalzato a “rappresentazione
reale del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa” (Giovanni Paolo II, Familiaris
Consortio, 13). Il Signore Gesù, sposo della Chiesa, comunica ai coniugi cristiani il
suo amore sponsale, maturato fino al supremo sacrificio della croce. Con uno
speciale dono dello Spirito Santo sostiene la loro comunione di vita e d’amore,
perché possa diventare, se essi liberamente coopereranno, immagine sempre più
splendente della Trinità divina. “(I coniugi cristiani) non solo ricevono l’amore di
Cristo, diventando comunità salvata, ma sono anche chiamati a trasmettere ai fratelli
il medesimo amore di Cristo, diventando comunità salvante” (Giovanni Paolo II,
Familiaris Consortio, 49). Comunità salvata e salvante, evangelizzata ed
evangelizzante come la Chiesa. La famiglia cristiana è la Chiesa domestica, una
attuazione reale e specifica della Chiesa, mistero, comunione e missione. Gli sposi
sono chiamati a rivivere l’amore di Cristo nel loro amore reciproco e a manifestarlo
ai loro figli e al mondo.
Non si tratta di un ideale bello, ma irrealizzabile. Si tratta di una vocazione, cioè di
un dono, una grazia, una possibilità reale offerta. Se la si accoglie con fede e con
impegno, si realizza. Lo testimoniano, un po’ ovunque nel mondo, le minoranze di
famiglie cristiane esemplari, assidue nella preghiera, unite e generosamente aperte,
coraggiose e gioiose. Purtroppo la voce di Dio nell’intimo di molti cuori rimane
soffocata dalle pulsioni istintive e dai pesanti condizionamenti della cultura
dominante, che ha il potere mediatico, finanziario e politico. Essa propone un
esercizio del sesso senza regole, senza autocontrollo, senza limiti, eccetto la
proibizione della violenza e le precauzioni per evitare le malattie e le nascite;
degrada il rapporto sessuale a scarico di pulsioni, usando l’altra persona solo come
strumento del proprio piacere. Questa logica si oppone al vero amore che è sintesi di
eros e agape, desiderio e dono, impegno per il vero bene proprio e dell’altro. Tende
a ridurre non solo il rapporto sessuale, ma la stessa convivenza a coincidenza, più o
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meno precaria, di due egoismi; finisce per moltiplicare le solitudini e le povertà
umane. La Chiesa è molto prudente e comprensiva nel discernere la responsabilità
soggettiva, che è propria di ogni singola persona; aiuta le persone a salire la
montagna con il loro passo, invitando tutti all’umiltà, alla ricerca della verità, alla
fiducia nella misericordia di Dio, a compiere il bene che sono capaci di fare.
Tuttavia non può non additare la montagna, che è bella ed è una proposta per tutti.
3. La famiglia cristiana soggetto di evangelizzazione
Evangelizzare significa trasmettere con la vita e con la parola il Vangelo, la buona
notizia che Cristo è morto e risorto per salvarci, è vivo, ci ama, ci accompagna, ci
conduce alla vita eterna presso il Padre.
“La famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale
riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di
Cristo Signore per la Chiesa sua sposa. Ogni compito particolare della famiglia è
l’espressione e l’attuazione concreta di tale missione fondamentale” (Giovanni Paolo
II, Familiaris Consortio, 17). La missione fondamentale è vivere, irradiare e
manifestare l’amore e la presenza di Cristo e della Trinità divina all’interno e
all’esterno della famiglia. I compiti derivati sono il servizio reciproco, la
procreazione generosa e responsabile, la cura e l’educazione dei figli, l’impegno nel
lavoro, l’attenzione ai poveri e ai bisognosi, la partecipazione alle attività ecclesiali,
le relazioni sociali e l’impegno civile. La famiglia cristiana è da sempre la prima
risorsa per l’evangelizzazione. Soprattutto oggi è il massimo segno di credibilità del
Vangelo, più eloquente e persuasivo del volontariato e delle opere caritative.
Oggi inoltre è indispensabile valorizzare come operatori pastorali le coppie idonee,
dopo adeguata preparazione. Senza le coppie animatrici è praticamente impossibile
sviluppare attività incisive nei principali capitoli della pastorale familiare, che oggi è
necessario affrontare: l’educazione dei bambini, degli adolescenti e dei giovani
all’amore, inteso come dono di sé e comunione; la preparazione dei fidanzati alla
vita matrimoniale con un itinerario di fede e di vita cristiana, dottrinale e pratico; la
formazione postmatrimoniale dei coniugi e dei genitori, mediante iniziative e
incontri distribuiti nel corso dell’anno; la vicinanza alle famiglie incomplete e alle
convivenze canonicamente irregolari; le iniziative di coinvolgimento dei non
praticanti e dei non credenti; la promozione di associazioni con finalità educative,
caritative, culturali e politiche. La pastorale familiare organica proposta da Giovanni
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Paolo II nella Familiaris Consortio (cfr. nn.65-69) può essere attuata, a livello
diocesano e parrocchiale, solo come pastorale delle famiglie per le famiglie,
ovviamente sotto la guida del Vescovo e dei Sacerdoti. Il primo obiettivo di ogni
vescovo e sacerdote dovrebbe essere quello di formare in ogni parrocchia un nucleo
di famiglie esemplari come perno della vita ecclesiale e tra esse scegliere alcune
coppie idonee come perno delle concrete attività parrocchiali.
Coltivare spiritualmente le famiglie esemplari e valorizzare pastoralmente le
famiglie animatrici è un servizio e un dono per tutte le famiglie e per tutta la
popolazione. Non una élite autoreferenziale; ma i pochi per tutti, perché attraverso di
loro Cristo Salvatore possa andare incontro a tutti, attirarli o almeno avvicinarli a sé
e orientarli alla vita eterna. “Il popolo messianico, insegna il Concilio Vaticano II,
pur non comprendendo effettivamente tutti gli uomini e apparendo talora come un
piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta l’umanità il germe più forte di unità, di
speranza e di salvezza” (Lumen Gentium, 9). La Chiesa, anche quando comprende
solo un piccolo numero di credenti, continua a svolgere una missione universale e a
cooperare con Cristo alla crescita umana e alla salvezza eterna di tutti gli uomini,
cristiani e non cristiani, cristiani in piena comunione, spirituale e visibile, e cristiani
in comunione parziale.
La promozione nelle parrocchie delle minoranze impegnate non è un miraggio
irrealizzabile, ma un obiettivo già realizzato in moltissime comunità ecclesiali. Già
nella Familiaris Consortio venivano lodate e raccomandate le “associazioni di
spiritualità, di formazione e di apostolato” (n. 72). Da allora associazioni,
movimenti, comunità e gruppi familiari si sono moltiplicati e diffusi rapidamente.
Personalmente ho preso visione di una interessantissima documentazione
riguardante trentuno associazioni e movimenti ecclesiali a diffusione internazionale.
In numerosi paesi fioriscono esperienze di preparazione al matrimonio, di
formazione permanente dei coniugi e di spiritualità familiare in piccoli gruppi,
animati da una coppia guida. Un solo esempio. L’associazione Famenal (Familias
en Alianza) a Monterrey (Messico), dove è nata, conta 160 piccole comunità di
famiglie e promuove percorsi di formazione, frequentati da migliaia di giovani.
Inoltre si è diffusa in altre diocesi del Messico e degli Stati Uniti. Si tratta di sposi
cristiani che evangelizzano altri sposi e molti giovani, con frutti abbondanti di vita
cristiana, di partecipazione ecclesiale, di solidarietà e servizio sociale, di vocazioni
sacerdotali e religiose.
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4. La famiglia soggetto sociale
Nella seconda modernità occidentale si sviluppa sempre più una deriva
individualista, che reinterpreta i diritti dell’uomo, stravolgendo il loro senso
originario. Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale dell’ONU approvò la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, lodata da Giovanni Paolo II come
“uno dei documenti più preziosi e significativi della storia del diritto” (Messaggio 30
novembre 1998). In essa si proclama che “La famiglia è il nucleo naturale (quindi
non artificiale) e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla
società e dallo Stato” (art. 16, 3). Negli ultimi trenta anni la cultura libertaria e
relativista e importanti istituzioni internazionali e nazionali tendono a interpretare i
diritti dell’uomo come diritti dell’individuo, anzi a riconoscere come diritti molti
desideri soggettivi. In questo clima il matrimonio si riduce a un rapporto affettivo di
carattere privato tra due individui, secondo la logica dello scambio e della
coincidenza, più o meno precaria, degli interessi e delle gratificazioni. In nome della
non discriminazione, si rivendica il diritto degli omosessuali a contrarre matrimonio
o almeno ad equiparare in tutto la loro relazione al matrimonio, senza tener conto
che la giustizia non consiste nel dare a tutti le stesse cose, ma nel dare a ciascuno il
suo, e che è ingiusto trattare allo stesso modo realtà diverse. Che cosa si deciderà
quando, in base alla logica dei desideri individuali, si reclamerà il diritto a veder
riconosciuti come famiglia l’affetto e la convivenza di gruppo?
La famiglia normale è un’altra cosa. E’ “comunità di vita e d’amore” (Giovanni
Paolo II, Familiaris Consortio, 17; 50), che nasce da una duplice donazione
personale, quella reciproca dell’uomo e della donna, quella dei genitori ai figli, e si
costruisce secondo la logica della gratuità, per cui le persone sono rispettate, amate e
valorizzate per se stesse. La famiglia è compresenza di due relazioni stabili di
reciprocità e complementarietà tra le differenze umane fondamentali, quella dei sessi
e quella delle generazioni, differenza da vedere come positiva possibilità di
collaborazione e di arricchimento reciproco.
La famiglia normale è la prima e insostituibile risorsa della società. “Dalla famiglia
nascono i cittadini e nella famiglia trovano la prima scuola di quelle virtù sociali,
che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società” (Giovanni Paolo II,
Familiaris Consortio, 42). La famiglia genera i nuovi cittadini, assicurando la
riproduzione della società; produce i beni relazionali primari che plasmano l’identità
personale, come l’essere padre o madre, l’essere figlio o figlia, l’essere fratello o
sorella; alimenta le virtù indispensabili alla coesione e allo sviluppo della società,
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come il rispetto, la fiducia, la solidarietà, la cooperazione, la responsabilità, la
sobrietà e la propensione al risparmio; trasmette non solo il patrimonio genetico, ma
anche quello culturale, etico e religioso; tutela i più deboli, come i bambini, gli
anziani, i disabili, i malati; svolge il lavoro domestico di cura, che è di enorme
valore, anche se non viene conteggiato nel PIL (Prodotto Interno Lordo); fa da
ammortizzatore sociale con l’integrazione dei redditi individuali; mette in opera le
imprese familiari, che in molti paesi costituiscono la struttura portante
dell’economia.
“Le famiglie, sia singole che associate, possono e debbono dedicarsi a molteplici
opere di servizio sociale, specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte
quelle persone e situazioni che l’organizzazione previdenziale e assistenziale delle
pubbliche autorità non riesce a raggiungere” (Giovanni Paolo II, Familiaris
Consortio, 44; cfr. 47). Le famiglie possono e devono specialmente avere attenzione
e “disponibilità verso l’adozione e l’affidamento di quei figli che sono privati dei
genitori o da essi sono abbandonati” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 41).
Di fatto innumerevoli ed estremamente vari sono gli interventi in cui si concretizza
la carità delle famiglie verso i bambini, gli adolescenti, i disabili, gli anziani, i
malati, i poveri, i bisognosi di ogni genere. Mi limito a segnalare le cosiddette ‘reti
di famiglie’, un fenomeno socialmente rilevante e in espansione. Gruppi di famiglie
si aggregano per svolgere servizi, prevalentemente educativi ed assistenziali. A volte
rimangono gruppi spontanei e informali; altre volte assumono la forma giuridica di
un’associazione. Conosco reti assai piccole, perfino di sole cinque famiglie, e reti
grandi, perfino di alcune centinaia di famiglie. Le famiglie rispondono alle
situazioni di bisogno, offrendo non solo servizi, ma anche e soprattutto relazioni
buone, mettendo a disposizione il loro stile di vita, il loro essere famiglia.
Dalle indagini sociologiche risulta che le persone unite in matrimonio hanno
atteggiamenti e comportamenti prosociali in percentuale assai più alta che non i
singles e i conviventi; risulta anche che gli sposati sono percentualmente più felici
dei singles, dei conviventi e dei separati; che, per la felicità, avere una famiglia
normale conta più del reddito e che il fallimento del matrimonio fa soffrire più della
disoccupazione; che il disagio e le devianze giovanili sono collegati in misura assai
più elevata alle famiglie disgregate, incomplete e irregolari.
“L’intima connessione tra la famiglia e la società, come esige l’apertura e la
partecipazione della famiglia alla società e al suo sviluppo, così impone che la
società non venga mai meno al suo fondamentale compito di rispettare e di
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promuovere la famiglia stessa … La società, e più precisamente lo Stato, devono
riconoscere che la famiglia (…) gode di un diritto proprio e primordiale e quindi
nelle loro relazioni con la famiglia sono gravemente obbligati ad attenersi al
principio di sussidiarietà” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 45). Essendo la
formazione sociale più vicina alla persona, la famiglia è naturalmente soggetto di
diritti e di doveri; ha una sua “sovranità” (Giovanni Paolo II, Gratissiman Sane, 17),
che deve essere riconosciuta e rispettata. L’esortazione apostolica elenca alcuni
diritti della famiglia (Familiaris Consortio, 46), che successivamente vengono
riformulati nella Carta dei diritti della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede il 2
ottobre 1983. Questo documento, comprendente un preambolo e dodici articoli, è in
piena consonanza con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata
dall’ONU nel 1948, perché “i diritti della persona, anche se espressi come diritti
dell’individuo, hanno una fondamentale dimensione sociale, che trova nella famiglia
la sua nativa e vitale espressione” (Carta dei diritti della famiglia, Preambolo A).
Giovanni Paolo II ha chiamato le famiglie a mobilitarsi culturalmente e
politicamente attraverso le loro associazioni per costruire una società più attenta ai
loro diritti. “Le famiglie devono essere le prime a far sì che le leggi e le istituzioni
dello Stato non solo non danneggino, ma sostengano e difendano positivamente i
diritti e i doveri delle famiglie. In questo senso devono crescere nella
consapevolezza di essere protagoniste della cosiddetta politica familiare e assumersi
la responsabilità di trasformare la società; altrimenti le famiglie saranno le prime
vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza” (FC 44).
Questo appello di trenta anni fa non è caduto nel vuoto; sta avendo una risposta
sempre più vigorosa nelle associazioni familiari e nel loro impegno civile coerente
con la dottrina della Chiesa. Impegno multiforme: animazione culturale nelle scuole,
nelle parrocchie, nelle diocesi, nei media (stampa, radio, televisione, internet);
organizzazione di eventi con risonanza nell’opinione pubblica; progetti ed
esperienze pilota di città amica delle famiglie; pressione sui responsabili delle
istituzioni comunali, regionali, nazionali, internazionali per una amministrazione e
una politica favorevole alle famiglie; monitoraggi delle attività parlamentari;
promozione di incontri di studio e di proposta; rivendicazioni di carattere culturale,
giuridico ed economico. Occorre però che le associazioni familiari siano
ulteriormente rafforzate con l’adesione massiccia delle famiglie, stimolata anche
dalla pastorale della Chiesa a livello parrocchiale, diocesano e nazionale, e che siano
più efficacemente coordinate tra loro a livello nazionale e internazionale.
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Particolarmente urgente sembra oggi la difesa di alcuni diritti: il diritto degli
operatori sanitari all’obiezione di coscienza su aborto e eutanasia; il diritto alla
libertà di opinione sulla valutazione etica del comportamento omosessuale; il diritto
dei bambini a una famiglia normale e alla protezione ed educazione che solo i
genitori, uniti stabilmente in matrimonio, possono assicurare; il diritto della
famiglia, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, a non essere equiparata
ad altre forme di convivenza; il diritto dei genitori alla libertà di educazione e, di
conseguenza, alla scelta della scuola e del progetto educativo scolastico; il diritto
all’armonizzazione di famiglia e lavoro; il diritto all’equità fiscale per le famiglie
con figli.
Tuttavia l’obiettivo fondamentale deve essere la formazione di una cultura e di una
opinione pubblica favorevole alla famiglia. Interpellandoli in modo persuasivo,
occorre far comprendere ai molteplici soggetti culturali, economici e politici che è
interesse della società e dello Stato promuovere la famiglia. Ad esempio, per uscire
dalla crisi economica in atto, tutti si rendono conto che occorrono da una parte
innovazione, investimenti e maggiore produttività e d’altra parte equilibrato
ricambio generazionale e quindi tasso di natalità più elevato e migliore educazione.
Dalle indagini sociologiche risulta che sono proprio le famiglie sane che assicurano
risparmio, responsabilità ed efficienza, procreazione generosa e impegno educativo.
Appare dunque chiaro anche adesso che è interesse della società sostenere le
famiglie, offrire opportunità di lavoro, armonizzare le esigenze e i tempi della
famiglia e dell’impresa, armonizzare maternità e professione, aiutare le famiglie
numerose.
Grazie per la vostra attenzione.
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