Le politiche sociali in discussione

Le politiche sociali
in discussione
di Giovanni Castellaneta*
Le politiche sociali al centro del dibattito
Nel gennaio 2009, il neo-eletto presidente degli Stati Uniti terrà il solenne giuramento inaugurale del proprio mandato a Capitol Hill, di fronte a senatori, deputati e cittadini americani. In questi ultimi mesi, la corsa alle elezioni si è fatta sempre più accesa e intensa. Dibattiti televisivi, interviste, conferenze, fund-raising, tengono viva e sveglia l’attenzione della società civile americana sui problemi attuali dell’America, dopo otto anni di presidenza Bush, e sulle possibili alternative politiche. Gli elettori statunitensi stanno, tuttavia,
aspettando di vedere i programmi concreti e le linee ufficiali dei loro candidati. La questione dell’Iraq e del ritiro delle truppe, la guerra contro il terrorismo internazionale, il problema dell’immigrazione e del cosiddetto global warming, sono solo alcuni dei principali argomenti affrontati di recente nei dibattiti pubblici dai nuovi concorrenti alla Casa Bianca.
Anche se recenti sondaggi danno il repubblicano Rudolph Giuliani e la democratica
Hillary Clinton come i due probabili candidati finalisti alle presidenziali, esiti differenti e
colpi di scena sono ancora possibili in questa incerta campagna elettorale, tra le cui tematiche principali il problema delle politiche sociali sembra essere tornato di nuovo al centro
del dibattito: un tema cui la società civile americana sembra molto sensibile e che potrebbe rivelarsi decisivo per la scelta del futuro Presidente.
Il principale problema che qualsiasi proposta in materia di politiche sociali deve prepararsi ad affrontare è il crescente disavanzo pubblico degli Stati Uniti: recenti analisi sottolineano che nel 2050 la spesa federale complessiva per le politiche sociali potrebbe raggiungere il 38% del Prodotto interno lordo, raddoppiando in meno di mezzo secolo l’attuale
deficit. Le cause principali di questo possibile trend negativo sono da ricercare negli enormi costi del sistema sanitario americano (Medicaid, Medicare) e nell’imminente ritiro in pensione dei cosiddetti Baby-boomers (la generazione nata nel secondo dopoguerra). Qualsiasi
nuova proposta in materia sociale, sia da parte repubblicana che democratica, dovrà, dunque, riuscire a trovare un compromesso tra la necessità di offrire nuove politiche sociali
(soprattutto in materia di assistenza sanitaria) e l’attenzione per una politica finanziaria di
rigido controllo del debito pubblico che ambedue i partiti invocano.
*Sua Eccellenza
Giovanni
Castellaneta è
Ambasciatore
d’Italia a
Washington.
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La previdenza sociale
Non è vero che il sistema politico statunitense sia completamente alieno da ogni
forma di previdenza sociale, che venga, cioè, regolato solo dalla legge del mercato, come
pure vorrebbero alcuni esponenti più radicali della scuola di pensiero Libertarian. Il sistema
americano è di certo meno assistenzialista rispetto al modello proposto, per esempio, dai
Paesi scandinavi: una diversa sensibilità per le politiche sociali e una cultura più anglosassone della res pubblica hanno creato un rapporto tra Stato e cittadino più liberista e meno
interventista, fondato sul lavoro, la meritocrazia e la proprietà privata. Nonostante ciò, esistono negli Stati Uniti interi ministeri, uffici federali e amministrazioni statali che lavorano
per mantenere efficiente e per migliorare in tutto il Paese il sistema delle politiche sociali.
Esiste, innanzitutto, un sistema pensionistico completamente pubblico. Ogni mese,
come in Europa, una parte dello stipendio degli statunitensi, se tale è la scelta dei lavoratori, è detratta dalla busta paga e versata alla Social Security, il sistema pubblico di previdenza sociale (attualmente viene preso il 7,65% dallo stipendio dell’impiegato, mentre il
datore di lavoro contribuisce con un altro 7,65%). Se, tuttavia, si preferisce utilizzare una
pensione privata e assumersi i rischi del mercato, il lavoratore può scegliere i fondi a contribuzione definita (come i cosiddetti piani 401 k, a tassazione differita). Con questa seconda opzione, è possibile investire fino a un massimo del 15% dello stipendio e non è più
necessario versare alcun contributo alla Social Security.
Negli Stati Uniti, non esistono limiti d’età per terminare la propria professione ed è
possibile ritirarsi quando lo si desidera: la prestazione erogata sarà proporzionale ai contributi versati durante gli anni di effettiva attività lavorativa e al tipo di pensione, pubblica o
privata, selezionata. Affidarsi alla Social Security vuol dire ricevere una pensione più bassa,
ma molto più sicura, indipendente dagli andamenti fluttuanti del mercato. Al contrario, mettere una parte del proprio stipendio nelle mani di società private significa scegliere d’investire i propri soldi nel mercato mondiale: come in tutte le speculazioni finanziarie, si possono ottenere guadagni molto elevati e inattesi, ma si possono anche perdere molti soldi, ottenendo alla fine un risultato molto scarso.
Il sistema scolastico
Come tutti i Paesi occidentali, anche gli Stati Uniti hanno un sistema scolastico obbligatorio fino ai 16-18 anni (a seconda degli stati federati) e decentralizzato. Le famiglie americane possono scegliere se mandare i propri figli alle scuole private, a proprie spese, o se
mandarli, invece, alle scuole pubbliche, interamente gratuite per tutti. Per garantire l’omogeneità dell’insegnamento e dei curricula degli studenti, esiste un sistema - regolato dal No
Child Left Behind Act, legge bipartisan firmata nel gennaio 2002 e voluta fortemente dal
presidente Bush - che controlla la preparazione degli insegnanti e introduce un sistema di
valutazione degli standard univoca a livello nazionale.
Negli Stati Uniti, il finanziamento delle scuole proviene da una combinazione sinergica di fondi locali, statali e federali, anche se, in realtà, gran parte dei soldi provengono
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dalle imposte locali sulla proprietà. Per questa ragione, la disponibilità economica, e quindi la qualità dell’istruzione, dei diversi istituti scolastici cambia molto da stato a stato, e perfino da contea a contea. Di solito le scuole situate nelle aree urbane o “suburbane” più ricche riescono a ottenere più soldi e sono in grado di offrire, di conseguenza, migliori servizi
(come il caso, per esempio, dell’ottimo livello della scuola pubblica nella Fairfax Country in
Virginia o nella Orange Country in California).
Il sistema sanitario
Anche il sistema sanitario americano non è completamente privatizzato, come spesso
viene dipinto dall’esterno, ma offre strutture pubbliche accanto a quelle private. Oltre agli
ospedali privati, gestiti da grandi o piccole società o fondazioni, ci sono anche istituti pubblici non-profit, gestiti da amministrazioni locali, amministrazioni federali, ordini religiosi e
organizzazioni non-profit. È giusto ricordare, inoltre, che gli Stati Uniti spendono in sanità
più di ogni altro Paese al mondo (almeno il 15% del Prodotto interno lordo. Per il 2016 si
calcola che tale spesa raggiungerà addirittura il 19,6% del Pil).
Il governo federale non garantisce una copertura sanitaria universale, che sia effettivamente estesa o estendibile a tutti i cittadini americani. Per accedere ai servizi sanitari è
necessario possedere una o più assicurazioni sanitarie e le polizze proposte dalle società
assicurative, in genere, sono molto costose. Esistono, tuttavia, fondi e programmi federali o
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locali, creati ad hoc per aiutare i cittadini meno abbienti e più sfortunati (come, per esempio, il programma federale Medicare, che fornisce sussidi agli anziani, o il Medicaid, programma di assicurazione sanitaria per le famiglie e i cittadini con redditi bassi).
Secondo dati risalenti all’agosto del 2005 (fonte U.S. Census Bureau), almeno il
59,5% degli americani riceve la propria assicurazione sanitaria assieme al proprio contratto
di lavoro; il 9% riesce ad acquistarla direttamente sul mercato; il 27,3% riceve l’assicurazione solo grazie ad aiuti statali. Il restante 15,9% della popolazione (almeno 44,8 milioni
di persone) vive e lavora senza alcuna copertura sanitaria.
Il problema di una nuova regolamentazione della sanità americana - un problema che
ha natura e dimensione allo stesso tempo politica, economica e sociale - è un tema di dibattito oggi molto sentito negli Stati Uniti. In passato, sono state proposte diverse soluzioni per
cercare di migliorarne alcuni aspetti o per correggere alcune delle sue ingiustizie più grandi. Tra questi tentativi, ricordiamo la proposta di riforma portata avanti dalla ex First Lady
Hillary Clinton in prima persona durante i primi sei mesi di presidenza del marito (1993).
In poco tempo, la Clinton assieme a un gruppo di esperti elaborò una corposa proposta di
legge (di circa 1.300 pagine), che prevedeva tra le altre cose la copertura sanitaria per tutti
i lavoratori. Il progetto venne tuttavia respinto dal Senato americano, perLa questione delle ché ritenuto troppo vasto ed eccessivamente oneroso, e fu deriso dai suoi
politiche sociali - maggiori critici con l’espressione Hillarycare.
Il più grande problema del sistema sanitario americano è rendere
assieme alla
questione l’assistenza sanitaria di base alla portata di tutti. A livello locale, in questi
irachena - sarà ultimi tempi, si assiste, pertanto, a diversi tentativi politici che mirano
sicuramente uno principalmente a questo scopo. Nel Massachusetts, per esempio, è recendei campi di tissima la legge (Mass Health) che impone a tutti i residenti di possedere
battaglia un’assicurazione sanitaria, anche se in realtà esistono alcune scappatoie
privilegiati di burocratiche che permettono di aggirare la direttiva, allontanandola così
queste nuove dal suo lodevole obbiettivo. Questa legge da poco in vigore è stata voluta
elezioni. dall’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, oggi uno dei frontrunners (favoriti) alle primarie presidenziali repubblicane. Nello stato
della California, il governatore Schwarzenegger sta lavorando in questi mesi per trovare una
soluzione molto simile al sistema in vigore nel Massachusetts.
Il tema della riforma del sistema sanitario statunitense, per più di un motivo, si trova
a essere al centro della convergenza tra il dibattito politico e la campagna elettorale di questi ultimi mesi. I candidati democratici propongono un sistema sanitario che sia capace di
garantire a tutti l’accesso alle sue strutture e ai suoi servizi. Con questo obiettivo, alcuni
democratici vogliono rafforzare il sistema di copertura sanitaria tramite contratto di lavoro,
il modo più semplice e diffuso negli Stati Uniti per attivare una polizza sanitaria. Altri pensano, invece, a un maggior impegno del governo federale in questo delicato settore, tramite
sussidi e aiuti economici per i più poveri, oppure costringendo i datori di lavoro a fornire
un’assicurazione ai propri dipendenti. Per non appesantire troppo il budget federale e per
trovare i soldi necessari alla riforma, due tra i più illustri candidati democratici, Edwards e
Obama, propongono di abbandonare la politica di tagli fiscali intrapresa dal presidente Bush.
La senatrice Clinton, da parte sua, non ha ancora offerto alcuna concreta proposta in mate-
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ria di Healthcare. Dai suoi recenti discorsi in materia si intuisce, però, la sua più che ferma
determinazione a offrire una copertura sanitaria per quanto possibile universale.
I repubblicani, al contrario dei democratici, pensano di risolvere i problemi legati alla
sanità senza ricorrere a un intervento diretto da parte del governo federale, evitando il ricorso alle casse pubbliche. Rudolph Giuliani vuole rendere le assicurazioni sanitarie alla portata di tutti attraverso alcune deduzioni fiscali. McCain ritiene di poter ottenere lo stesso obiettivo attraverso l’uso di crediti fiscali e con l’espansione del Children’s Health Insurance
Program (programma per l’assistenza sanitaria dei bambini delle famiglie con reddito troppo alto per usufruire di Medicaid, ma non sufficiente per acquistare una polizza privata).
Romney - promotore nel Massachusetts del Mass Health - vuole incoraggiare il libero mercato delle assicurazioni con alcune riforme mirate ad abbassarne il costo. La politica dei
repubblicani cerca, in sostanza, di incentivare il cittadino americano all’acquisto di un’assicurazione sanitaria privata, correggendo con politiche fiscali le piccole e grandi aberrazioni
del mercato assicurativo.
Un modello senza rivoluzioni
La questione delle politiche sociali - assieme alla questione irachena - sarà sicuramente uno dei campi di battaglia privilegiati di queste nuove elezioni. È poco realistico,
però, aspettarsi grandi cambiamenti o vere e proprie rivoluzioni in questo settore. Per la cultura e la mentalità americana, i bisogni della comunità sono, in genere, soddisfatti a poco a
poco dalle trame implicite e nascoste del mercato. È esemplare il caso recente di Wall-Mart,
la più importante catena di distribuzione di massa americana, spesso oggetto delle critiche
dei democratici per gli stipendi molto bassi con cui paga i propri impiegati e per l’ingiusta
concorrenza nei confronti dei piccoli commercianti. Tuttavia, proprio nei centri Wall-Mart è
stato introdotto un servizio di visita e assistenza sanitaria a prezzi bassissimi, indirizzata alle
fasce meno abbienti.
È questa una significativa esemplificazione del modello americano, dove un mercato,
ai nostri occhi quasi selvaggio, riesce, in fin dei conti, a produrre soluzioni innovative anche
nel sistema di welfare.
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