Le forme di mercato non concorrenziali. Oligopolio.

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Sistemi Economici Comparati
Anno accademico 2013-2014
Prof.sa Renata Targetti Lenti
La varietà dei capitalismi.
Il sistema economico americano e la politica di
Obama.
Lezione 12 14/11/2013
Letture
- Gilpin R., Economia politica globale,Università Bocconi
editore, 2003, pp. 153-161.
- Valli V. L’economia americana da Roosevelt a Obama, Carocci
editore 2010, pp. 85-112, 123-134.
Differenze nazionali
Le differenze nell’assetto istituzionale e nel funzionamento dei sistemi
economici condizionano quello dell’economia internazionale almeno per
tre motivi:
i) concorrenza tra paesi nel commercio internazionale
ii) dumping sociale (Cina)
iii) interdipendenza e trasmissione degli shocks.
Negli anni 80-90 si è verificato un processo di convergenza (Giappone versus
USA).
Negli anni 2000 si sono accentuate le divergenze nella “Total Factor
Productivity” (TFP).
USA e Regno Unito sono diventati leaders nel settore finanziario
La crescita del Giappone è diventato un modello da seguire per i paesi del Sud
Est asiatico (Korea, Hong Kong, Singapore, Taiwan). E’ stato definito
modello a stormo d’oche (goose”).
Germania ha un modello di capitalismo continentale (economia sociale di
mercato).
Classificazione dei paesi in base ai “Nuovi criteri
istituzionali”.
Distinzione tra sistemi economici capitalistici con
riferimento:
i) obiettivi dell’attività economica: max benessere
consumatori mediante la produzione di ricchezza.
ii) ruolo dello Stato (estensione del Welfare)
iii) governance delle imprese: rapporti con sistema
bancario e azionisti.
iv) differenze nelle strutture societarie e nelle pratiche
aziendali.
Il sistema americano (1)
1) Politica estera orientata all’esportazione della democrazia.
a) elevate spese militari
b) elevate spese nell’industria bellica ed aerospaziale (effetti positivi sulla
diffusione delle tecnologie (Silicon Valley).
b) crescita del debito pubblico.
2) Obiettivo dell’attività economica è la massimizzazione del benessere dei
consumatori. Bush aveva affermato che il tenore di vita degli americani
non era comprimibile. Conseguenze:
a) scarsa attenzione ai problemi ambientali (RIO).
b) sostegno dei consumi anche con politiche monetarie espansive.
c) crescita sostenuta con indebitamento privato. I consumi sono finanziati a
debito. Conseguenze mutui sub prime e bolla speculativa.
d) mutui e subprime che hanno generato crisi finanziaria internazionale.
Il sistema americano (2)
La libera concorrenza è considerata strumento di difesa dei
consumatori (liberismo). Il modello liberistico si è affermato
a partire da Reagan negli anni 80.Contano solo gli interessi
individuali. Hanno sostituito le precedenti politiche
keynesiane.
i)riflette modello neoclassico (individualismo):
ii) importanza degli scambi di mercato
iii) prezzi come segnale per allocazione delle risorse in base
alla scarsità.
iv) conta l’efficienza e non l’equità.
v) scarsa avversione alla diseguaglianza
vi) mobilità sociale e merito.
vii) non esiste responsabilità sociale d’impresa.
Il sistema americano (3)
Ruolo molto ridotto dello Stato (Governo federale e 50 Stati) sia:
i) nelle politiche di tassazione (supply side economics, curva
di Laffer)
ii) nelle politiche di redistributive (sistemi pensionistici
privati)
iii) Welfare State molto ridotto: sistema pensionistico e
sanitario basato su assicurazioni private.
Divisione dei poteri:
i)
esecutivo (governo presidenziale),
ii)
Legislativo è compito del Congresso diviso tra Camera dei
Rappresentanti (435 membri distribuiti tra gli Stati in base
alla popolazione) e Senato composto da due Senatori per
ogni Stato (100 membri)
iii)
giudiziario (i giudici federali sono nominati dal Presidente
con conferma del Senato).
.
Il sistema americano (4)
I compiti di politica macroeconomica accentrati nella Federal
Reserve (politica monetaria) e Congresso (politica fiscale)
separatamente da quella delle Agenzie federali indipendenti
Lo Stato ha la responsabilità della regolazione:
i) concorrenza e legislazione antitrust per impedire la
concentrazione del potere economico
ii) Riduzione dei fallimenti del mercato (esternalità,
monopoli)
Il sistema americano (5)
Conflitto tra Stato e settore privato
Decentramento dei poteri a livello federale
Ruolo importante degli Stati federali con una politica
industriale basata su incentivi, sussidi finanziari,
protezione dalla concorrenza estera, commesse
governative.
Politica verso la Chrysler (Fiat)
Settori verso i quali si è diretta la politica industriale
sono: agricoltura, sicurezza nazionale, Ricerca e
sviluppo (settori high tech).
Il sistema americano (6)
Capitalismo manageriale orientato al mercato:
i)
Grandi società per azioni. Azionisti (shareholders)
portatori di interessi (max profitti). Potere di
controllo molto frammentato e disperso.
ii) Gli stakeholders non sono considerati. In
Germania vi è responsabilità d’impresa nei
confronti dei stakeholders (portatori di interessi).
iii) Le imprese hanno come compito principale la
produzione e la massimizzazione dei profitti.
iv) Divisione tra proprietà e gestione. Formazione di
grandi imprese nell’800 (oligopoli).
v) Il governo ed il controllo delle imprese è
decentrato: sistema di capitalismo manageriale
(corporate governance).
Il sistema americano (7)
v) Completa separazione tra industria e finanza. Ciò
comporta costi di finanziamento più alti.
vi) Molto limitata è la responsabilità nei confronti dei
dipendenti. Scarsa protezione.
vii) Espansione all’estero con multinazionali (quote di
mercato, minori costi del lavoro).
viii)
Delocalizzazione
ed
effetti
negativi
dell’outsourcing.
ix) Riconversioni e ristrutturazioni interne. Imprese
vengono trasferite e smembrate senza alcuna
attenzione ai problemi occupazionali.
Obama economics
La politica economica di Obama rappresenta una
svolta importante per gli USA. Lo Stato deve
cooperare con i privati e ridurre il fallimenti di
mercato.
Obiettivi: istruzione, ricerca, investimenti per
accrescere competitività, indipendenza energetica.
Tutela ambientale introducendo auto meno inquinante
e mettendo all’asta i diritti all’inquinamento.
Espansione del sistema sanitario, pensionistico e di
tutela dei lavoratori disoccupati.
Crisi finanziaria
Raggiunge massima intensità nell’autunno del 2008
poco prima delle elezioni presidenziali.
Strategie anticrisi di breve-medio e lungo periodo:
i) salvataggi bancari accrescendo la loro liquidità
ii) riduzione di imposte (1/3)
iii) incrementi di spese per favorire il risparmio
energetico, miglioramento trasporti e così via
(2/3).Investimenti molto elevati.
iv) rilancio del settore automobilistico
Riforma sanitaria
Krugman sottolinea la grande importanza dell’introduzione di un sistema
sanitario pubblico.
Piano molto ambizioso presentato nel luglio 2009.
Copertura più ampia ed equa, ma anche meno costosa.
Nel 2006 la spesa sanitaria in USA era la più elevata fra tutti i paesi
industrializzati, pari al 15,3% del PIL rispetto al 9,6% di Canada,
Germania, Giappone, Svezia, Gran Bretagna, Francia.
Per assicurare cure sanitarie di buona qualità a 46 milioni di persone “non
assicurate” si prevede un costo pari a 1.500 miliardi di dollari.
Attuale sistema basato su medicare (anziani e disabili) e medicaid (poveri)
è molto costoso.
Circa 1/6 della popolazione resta fuori da qualsiasi programma.
Sistema privato differenziato per gruppi etnici e classi reddito.
Interessi privati hanno reso difficile/impedito il processo riformatore
(Clinton nel 1994-95). Obama ha dovuto scendere a compromessi con
industrie farmaceutiche.
Il punto centrale e cioè l’opzione privato/pubblico è stata bocciata dal
Congresso. Ne è risultata una legge molto più debole
• Obama chiede pubblicamente scusa alle migliaia di americani rimasti
ancora senza copertura assicurativa dopo un mese dall'entrata in vigore
della Obamacareper colpa del caos riscontrato nella
• registrazione al nuovo sistema sanitario, di mantenere per un anno ancora il
precedente piano assicurativo, nel frattempo cancellato perché ormai fuori
dagli standard federali introdotti dalla riforma. "Le compagnie assicurative
statunitensi - ha assicurato Obama - potranno continuare a vendere ai
clienti già sotto contratto le polizze che erano state cancellate in base ai
nuovi standard richiesti dalla Obamacare". Per un anno saranno mantenuti i
piani assicurativi a basso costo, cancellati perché non in linea con i nuovi
standard.
• Un insuccesso dovuto all'obbligo di acquisto online delle nuove polizze e ai
malfunzionamenti nel sistema informatico.
• Le società di assicurazioni, parallelamente, dovranno compiere un'attività
d'informazione sui clienti, avvertendoli che i piani che intendono
confermare non sono in accordo con quanto previsto dall'Affordable Care
Act. E, quindi, da cambiare entro la fine del 2014.
• Il nuovo programma obbliga tutti i cittadini americani a possedere una
copertura sanitaria attraverso
• un’assicurazione. Allo stesso tempo, però, la riforma garantisce molti
sgravi fiscali e sussidi ai meno abbienti, allarga la copertura del Medicaid,
il programma federale per i più poveri e fornisce aiuti alle società private
che forniscono copertura sanitaria a chi fin qui non era assicurato. La
riforma proibisce inoltre che le condizioni sanitarie pregresse di un paziente
(guarigione da un tumore) gli impediscano di contrarre un’assicurazione.
• I singoli Stati federali possono aderire alla riforma in modo facoltativo.
Tuttavia dovrebbe essere creato un mercato unico, regolamentato dallo
Stato, in cui le compagnie assicurative potranno offrire ai cittadini polizze a
prezzi agevolati e coperti da sussidi statali.
• Il problema è che praticamente tutti gli stati del sud-est, controllati dai
repubblicani, hanno deciso di non espandere il Medicaid, perché secondo
loro il governo federale non può permettersi di pagare un ulteriore
programma di copertura sanitaria e perché il costo della riforma porterà a
un aumento delle tasse. In questi Stati le compagnie assicurative private
non riceveranno sussidi per coprire le famiglie a reddito molto basso.
• Se anche la riforma venisse applicata da tutti gli stati rimarrebbero
comunque senza copertura circa 26 milioni di americani.
La grande sfida: il debito pubblico
1) L’obiettivo più importante oggi è ridurre il debito pubblico e la pressione
fiscale sulla classe media. Occorre, invece, aumentare la pressione sui
“ricchi”.
2) Il disavanzo di bilancio ha cominciato ad aumentare dal 2% del 1980 al 6%
nel 1983 a causa delle politiche di Reagan a favore della spesa per la difesa.
3) Clinton riuscì a contenere il disavanzo, ma non il debito. E’ aumentato negli
anni 2000 più che in ogni altro decennio precedente.
4) Si prevede che alla fine del 2012 arrivi a ben il 73% del PIL. In valore
assoluto è il più elevato dopo quello giapponese. Se si include il debito
intragovernativo arriverà a circa il 100% del PIL (più della media europea).
5) La disoccupazione all’8% rende le prospettive di crescita molto basse.
6) Ora l’indebitamento avviene a tassi quasi nulli. I tassi potrebbero crescere se
la Cina avviasse una politica di espansione dei consumi interni riducendo
l’avanzo che fino ad ora è stato investito nei titoli americani.
• Negli Stati Uniti, per legge, il debito dello Stato federale non
può superare un certo limite massimo. Stabilito dopo la prima
guerra mondiale, il limite vincola formalmente lo stock
massimo di debito che il Tesoro americano può avere in
circolazione. Raggiunto quello, per lo Stato non è più possibile
indebitarsi per svolgere le proprie normali funzioni, quali
pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici o semplicemente gli
interessi sui titoli di Stato emessi in passato e venuti a
scadenza.
• Il limite sul debito è paradossale per due motivi.
• Primo, è una peculiarità degli Stati Uniti.
• Secondo, è un numero assoluto, cioè espresso in dollari, e non
in rapporto al prodotto interno lordo. Un semplice principio di
teoria economica suggerisce che il livello assoluto del debito
(che si tratti di una famiglia o di uno Stato) non ha molto
significato. Quello che conta è quanto debito un agente
possiede in rapporto alla sua capacità di ripagarlo, cioè la sua
ricchezza (quindi, per lo Stato, il Pil).
• La crisi finanziaria del 2007-08, la conseguente recessione e le
misure di espansione fiscale (soprattutto dal lato di maggiore
spesa e trasferimenti) dell’amministrazione Obama hanno fatto
crescere il debito pubblico federale oltre la soglia consentita
per legge. Ciò è accaduto molte altre volte nella storia
americana.
• Quando il limite del debito viene superato, la Camera dei
rappresentanti e il Senato approvano un incremento del limite
massimo, normalizzando la situazione.
• Questa volta, però, l’innalzamento della soglia del debito è
diventato una questione di mera contesa politica tra
Repubblicani e Democratici. La ragione di fondo è il tentativo
(secondo molti disperato) dei Repubblicani di sabotare l’avvio
della riforma sanitaria dell’amministrazione Obama,
sottraendole le necessarie risorse finanziarie.
• L’accordo tra le opposte fazioni è arrivato in extremis (16 novembre
scorso) , permettendo anche di ovviare al cosiddetto government shutdown,
cioè la chiusura di uffici e luoghi pubblici in seguito alla mancata
approvazione del bilancio federale (in mancanza di tale approvazione, il
governo federale non era più autorizzato a sostenere alcuna spesa, incluse
quelle di routine per tenere aperti i parchi pubblici o permettere la visita
della Statua della Libertà a New York).
• Il paese "è arrivato a un passo dal disastro, ma è stato evitato" con un
accordo che "riporta gli Stati Uniti sulla via della sostenibilità fiscale".
• L'intesa, giunta a poco meno di 36 ore dal default degli Stati Uniti, prevede
l'autorizzazione al governo a sforare fino al 7 febbraio 2014 il tetto del
debito Usa di 16.700 miliardi di dollari, che sarebbe stato raggiunto domani
a mezzanotte (le sei del mattino in Italia) e a porre fine allo 'shutdown',
prolungando il bilancio federale (scaduto il 30 settembre scorso) fino al 15
gennaio.
• Nel caso in cui il limite sul debito non fosse stato innalzato, le alternative
erano due.
• La prima, un repentino aumento delle tasse (o riduzione delle spese) per
finanziare il pagamento dei debiti pregressi.
• La seconda, un vero e proprio default.
• Conseguenze molto significative
• I Treasury Bills (o buoni del tesoro federali) sono lo strumento finanziario
più largamente utilizzato nelle operazioni di finanziamento delle banche, i
cosiddetti contratti Repo (o repurchase agreement). Le banche utilizzano
quindi i titoli di Stato come garanzia (“collateral”) per prendere soldi a
prestito dai fondi pensione.
• Se lo Stato federale avesse dichiarato fallimento sui propri titoli, gli
investitori (banche, assicurazioni, fondi pensione) avrebbero cominciato a
vendere, facendone scendere il valore di mercato. Ma un minore valore di
mercato avrebbe significato una ridotta capacità delle banche di utilizzare
quei titoli come garanzia nelle loro operazioni di finanziamento.
• A questo punto molte banche avrebbero deciso, per poter ottenere
comunque le risorse necessarie, di vendere altri titoli in loro possesso. Ma
ciò avrebbe innescato una corsa al ribasso dei valori dei titoli simile a
quella della recente crisi finanziaria, con gli esiti conosciuti.
• Ricordiamo che la crisi del “debt limit” segue quella recente, conclusasi nel
gennaio 2012, relativa al cosiddetto “fiscal cliff”: cioè l’estinzione della
massiccia riduzione di tasse stabilita da George W. Bush, che i
Repubblicani volevano invece mantenere a ogni costo.
• Sono due i messaggi più generali che questi eventi
trasmettono.
• Il primo è quello di incertezza crescente sulla capacità
dell’amministrazione Usa di condurre una politica fiscale
coerente, prevedibile e almeno parzialmente immune dalla
polarizzazione della contesa politica. Come nel periodo della
grande depressione, la recessione del 2007-09 ha prodotto un
forte incremento della disuguaglianza economica e della
polarizzazione politica.
• Il secondo messaggio, forse più preoccupante, riguarda il ruolo
del dollaro come valuta di riserva internazionale.
Notoriamente, il dollaro è la moneta più ampiamente utilizzata
per le transazioni internazionali tra banche, e i titoli di Stato
americani sono il parcheggio per eccellenza per investimenti
sicuri.
• Le recenti, continue, tensioni intorno alla politica fiscale
americana hanno inflitto un ulteriore colpo alla credibilità del
dollaro come valuta di riserva.
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