S. E. il Sig. Ministro degli Affari Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata Ministero Affari Esteri P.le della Farnesina, 1 [email protected]; Roma, 22 Agosto 2012 Signor Ministro, Le indirizziamo la presente per manifestarLe l’apprezzamento della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo per l’iniziativa ch’Ella ha intrapreso, assieme ai Ministri degli Affari Esteri di Polonia, Spagna e Svezia, intesa a dotare l’Unione europea d’una strategia d’attore globale nel concerto internazionale. Infatti questa proposta di politica estera comune, esposta nell’articolo da Ella firmato assieme al Ministro svedese Carl Bildt, apparso su Il Tempo di Mercoledì 15 Agosto scorso, si presenta volta a: «promuovere il diritto come canone fondamentale dei rapporti internazionali; porre diritti umani e libertà, a cominciare da quelli, fondamentali, di religione e di espressione “on line”, come faro per il complesso di relazioni che l’Unione europea intrattiene ai quattro angoli del globo». La condivisione della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo per tale proposta e questi propositi viene infatti da sé, coincidendo con la ragione sociale stessa della nostra organizzazione; quindi Le scriviamo anche e soprattutto per sottoporLe alcuni argomenti di riflessione e proposte fattive, giacché avete affidato lo sviluppo dell’idea a qualificati centri di ricerca indipendenti e dite d’esservi messi in ascolto della società civile e delle sue organizzazioni, per definire il progetto da sottoporre alle Istituzioni dell’Unione europea ed agli altri Stati membri. Innanzitutto giova ricordare come l’Unione europea rappresenti non solo Stati che si legittimano in quanto istituti sovrani di tutela e garanzia dei diritti connaturati all’essere umano e storicamente acquisiti dai loro cittadini, ma società caratterizzate dalla civiltà del lavoro, cioè dall’essere fondate sul riconoscimento dei diritti economici e sociali di coloro i quali concorrono a produrre i beni ed i servizî che soddisfino i bisogni dei singoli e della comunità. Garanzie economiche e sociali del lavoro nelle quali, ad esempio, Francesco Ruffini, in Diritti di libertà, edito pei tipi di Piero Gobetti editore nel 1926, vide lo sviluppo in profondità degli Immortali Principî dei Diritti dell’Uomo. Sotto questo profilo non si può negare che il mancato rispetto dei diritti umani, sociali e del lavoro da parte di Stati exraeuropei si traduca, dato l’abbattimento relativo del costo della manodopera sfruttata, in un perverso dumping sociale e civile ai danni delle produzioni europee e degli Stati liberi. Così la repressione ed il misconoscimento dei diritti umani e sociali che opprime i cittadini degli Stati dispotici e le società illiberali si risolve, altresì, in una minaccia alle acquisizioni civili e sociali delle democrazie liberali col loro welfare state, ed in primo luogo all’Unione europea. Per questo Le chiediamo d’inserire nell’agenda dell’azione globale dell’Europa misure contro il dumping sociale degli Stati illiberali. Ad esempio il servizio diplomatico europeo, il SEAE, potrebbe avere l’incarico di monitorare, nei varî Stati terzi, le situazioni di repressione, scarsa tutela o sospensione dei diritti umani e sociali che si traducano in dumping sociale di quelle nazioni e redigere un rapporto annuale per la Commissione, il Parlamento europeo ed il Consiglio; ed alla Commissione potrebbe essere riconosciuto il potere di provvedere, nel regolare l’unione doganale, la sospensione delle importazioni e delle messe in libera pratica da Stati terzi in relazione a ciò, od a gravare le loro merci di tariffe doganali in grado di almeno annullare l’effetto di dumping. Ciò anche al fine di operare una pressione su quegli Stati terzi e le loro società nazionali intesa a spingerli a garantire almeno i diritti umani e sociali statuiti negli strumenti internazionali vigenti. Non si dica che ciò costituirebbe violenza a culture fondate su valori diversi, in quanto nel lavoro di Francesco Ruffini di cui s’è detto venne citata l’opera del giurista cinese James Voo Le Problème costitutionnel chinois. La Constitution du 10 octobre 1923, edito in Parigi nel 1925, in cui si dette conto del processo ideologico che portò allora a modellare la Dichiarazione dei diritti del cittadino cinese sulla base dei diritti umani, sociali e del lavoro allora statuiti nella Repubblica federale della Germania di Weimar nel 1919; la qual cosa prova che nulla osti alla presa in considerazione dei diritti umani, sociali e del lavoro da parte di esseri umani di cultura cinese. La presenza al mondo non solo di Stati dispotici o soltanto semiliberi, ma anche d’ideologie illiberali pone la questione del contrasto ai fenomeni terroristici e dei suoi metodi. La Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo ha sempre sostenuto che la lotta al terrorismo non possa mai portare alla sospensione dei diritti umani, anche per una evidente ragione di opportunità politica: se l’azione terroristica ottenesse l’effetto di portare alla revoca in dubbio dei principî di libertà nelle società aggredite, la strategia del terrore otterrebbe l’effetto da essa voluto e per questo chiediamo l’inserimento d’un generale principio d’inderogabilità dei diritti umani, anche in caso di aggressione terroristica, nell’atto che detterà i principî della strategia globale europea. L’Unione europea deve scegliere da subito di rifiutare il ricorso a qualcosa di simile al Patriot Act statuito dal Congresso degli Stati Uniti d’America settentrionale dopo gli attentati di quell’infausto 11 di Settembre. Non solo, ma si ritiene che il miglior modo di contrasto del terrorismo sia il consenso incondizionato, e quindi l’appoggio operoso a tutte le forme di opposizione non violenta ai regimi politici illiberali, che è spesso la sola alternativa valida al terrorismo, e perciò chiediamo che anche questa opzione di sostegno delle forme d’opposizione non violenta entri a far parte degli indirizzi generali permanenti della strategia globale europea. L’Unione europea ed i suoi Stati membri, in nome dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, hanno aderito al sistema di garanzie costituito dalla Convenzione relativa del Consiglio d’Europa e dai protocolli addizionali. Tuttavia al momento, l’adesione al Consiglio d’Europa di molti Stati ancora di democrazia precaria, in genere nati dallo smembramento delle federazioni sovietica ed jugoslava, ha portato ad un vero intasamento, per numero di ricorsi, della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, a cui gli Stati aderenti al Consiglio d’Europa persistono a rifiutare gli investimenti adeguati a dotarla d’una struttura adatta alle nuove dimensioni. Ciò ha portato, tra l’altro, alla pratica ricorrente, per risparmio di tempo ed energie, di non motivare le decisioni d’irricevibilità dei ricorsi individuali giudicati, ad un primo superficiale esame, non fondati. Questo è gravissimo, e lede un principio che dovrebbe essere difeso soprattutto dall’Italia per una ragione storica che dovrebbe costituire, per la Nazione, punto d’orgoglio: nella storia del diritto, la imprescindibilità della necessità di motivazione fu conquista di battaglie del foro napoletano. Quindi le chiediamo d’inserire in questa strategia globale una posizione, forte e vincolante per gli Stati membri e non solo pro forma, dell’Unione europea per il rafforzamento della dotazione economica e delle strutture della Corte europea dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa, e l’inserimento dell’obbligo assoluto d’una motivazione completa ed esaustiva delle decisioni dei suoi organi, dalla quale i ricorrenti possano ricavare notizie chiare sulle ragioni della decisione loro concernente, fugando ogni possibile dubbio in proposito. Infine, la recente brutta esperienza dell’intervento in ordine sparso di Stati membri in Libia, con chiari intenti volti a cercare benefici neocoloniali in concorrenza tra loro, che s’è tradotta non tanto nell’eliminazione fisica d’un tiranno e dei suoi figli e fedeli con metodi discutibili, senza nessuna formalità giuridica di garanzia, quanto nella completa destabilizzazione d’un paese lasciato senza guida, in mano a bande di briganti che non rispondono neppure alle tribù, invita a ripensare l’utilizzo delle forme embrionali d’integrazione militare europea in corso, dallo Stato Maggiore dell’Unione agli euro corpi, al fine del loro coinvolgimento nella strategia globale europea come mezzi necessarî. Sotto questo aspetto, la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo è del parere che una strategia globale europea dovrebbe impedire interventi in ordine sparso di singoli Stati membri in Stati terzi, e richiede si concepiscano solo interventi guidati dallo Stato Maggiore dell’Unione europea, che possono impiegare sia gli euro corpi od altre forze integrate, sia unità e mezzi delle Forze Armate di Stati membri, ma pur sempre inquadrate sotto una catena di comando supernazionale europea. Signor Ministro, nel ringraziarLa dell’attenzione che vorrà dare a queste note, le porgiamo con l’occasione i sensi della più viva stima e sincera gratitudine per la Sua opera, da parte di tutti i militanti della Lega Italiana dei diritti dell’uomo Valerio Zanone Presidente d’Onore Alfredo Arpaia Presidente Riccardo Scarpa Segretario Generale