1° CORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI I GRANDI CARNIVORI IN FRIULI VENEZIA GIULIA CENTRO VISITE “Il Villaggio degli Orsi” Stupizza - Settembre 2007 Il presente intervento fa parte delle le note dei relatori del corso di formazione per insegnanti tenutoso presso il Centro Visite del Villaggio degli Orsi di Stupizza, comune di Pulfero, tenutosi in data 1° settembre 2007 e replicato il 6 settembre dello stesso anno. Il corso è stato organizzato del Dipartimento di Scienze Animali, con la collaborazione del comune di Pulfero, nell’ambito del progetto “Il Villaggio degli Orsi” e delle attività afferenti al progetto "Gestione sostenibile transfrontaliera delle risorse faunistiche" finanziato dal programma di iniziativa comunitaria Interreg III A Italia - Slovenia Interreg e coordinato dal Regione FVG. Ci sono davvero orsi e linci nei nostri boschi? Elementi di ecologia e biologia dei grandi carnivori. di Stefano Filacorda ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Animali dell’Università di Udine via S.Mauro 2 – 33010 Pagnacco (Udine) [email protected] – 0432/650110 SITUAZIONE DELL’ORSO BRUNO IN FRIULI VENEZIA GIULIA È particolarmente importante ricordare che gli orsi attualmente presenti nella nostra regione sono il risultato di un processo di ricolonizzazione spontanea che ha permesso l’insediamento ed il passaggio di alcuni individui in Friuli Venezia Giulia ed in Veneto, le regioni italiane più vicine alla popolazione sorgente slovena. Confrontando le stime dell’andamento della popolazione di orsi slovena e l’andamento di segni di presenza osservati in Friuli, si riscontrano delle analogie, con un incremento delle segnalazioni in risposta all’incremento stimato della popolazione slovena avvenuto a fine anni 90; questo è ecologicamente coerente con una graduale espansione di alcuni animali causato da fenomeni di diffusione “presaturativa” (ovvero gli animali, soprattutto maschi sub - adulti abbandonano la popolazione che sta raggiungendo livelli numerici molto elevati, massimi); gli individui presenti in aree trans regionali (Veneto-Friuli) rappresentano la parte più periferica ed occidentale della popolazione slovena, che conta una presenza media minima nell'intero territorio del Friuli Venezia Giulia stimabile in circa ai 15-20 individui rispetto ai 600-700 stimati per l'intero territorio Sloveno. In questo contesto ecologico Friuli e Veneto sembrerebbero confermarsi come aree ecologicamente importanti, in senso stagionale e di passaggio, a causa di animali, che in quanto periferici, possiedono grandi spazi famigliari; queste aree potrebbero assumere un valore ecologico maggiore in una situazione di minore marginalità popolazionale. In base ai monitoraggi su neve effettuati dal Dipartimento di scienze animali e dal Corpo forestale regionale, e in base ai risultati delle analisi genetiche dei campioni di pelo raccolti, si può stimare, al momento, la presenza di 4-7 individui nelle Valli del Natisone e del Torre e nelle Prealpi Giulie, di 4-7 individui nella Alpi Giulie ed Alpi Carniche Orientali, di 2-3 individui nelle Alpi Carniche Occidentali e Prealpi Carniche, e di singole apparizioni nel Carso triestino. Il numero è variabile, in funzione della stagione, e tiene conto anche della presenza di alcuni individui solo per alcuni mesi nell’anno. Gran parte di questi individui sono maschi come descritto precedentemente e saltuariamente sono segnalate femmine con piccoli, in particolare nelle Valli del Natisone e nel Tarvisiano. In particole, le aree a maggiore presenza sono l’alta Valle del Natisone, Il Parco delle Prealpi Giulie, le zone del Jof di Montasio e dello Jof Fuart, Predil e Fusine, e le zone delle Alpi Carniche comprese tra Cason di Lanza e Coccau, oltre che la zona compresa tra Sauris e Forni di Sopra. Da alcuni anni non si hanno più segnalazioni nella zona del Cansiglio mentre si hanno segnalazioni episodiche nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane . LA BIOLOGIA DELL’ORSO BRUNO HABITAT L’orso si è sempre adattato a vivere in una grande varietà di ambienti, dalla macchia mediterranea alle foreste di conifere boreali, non possiamo quindi ritenerlo strettamente legato ad un ambiente alpino, anche se oggi, in Europa, vive soprattutto in zone montane, trovando in queste aree le condizioni idonee per sopravvivere. L’orso bruno vive nelle foreste e nei boschi ricchi di bacche e frutta in genere e frequenta habitat più aperti nella stagione estiva e più chiusi (boschi di faggio, pinete, castagnete) nella stagione fredda. Dall’analisi dei segni di presenza rilevati in Friuli Venezia Giulia l’orso appare prediligere aree boscate con estese superfici di latifoglie, in particolare di faggio, mentre sembra evitare le aree con maggior presenza di strade. 2 Per l’orso bruno i fattori limitanti la diffusione sono da correlarsi essenzialmente alla disponibilità di risorse trofiche vegetali e di una quota di proteine animali composta essenzialmente da carcasse, micro - mammiferi ed insetti. Durante l’inverno l’orso si rifugia in una tana sfruttando cavità naturali rocciose asciutte e caratterizzate da entrate strette (diametro circa 50-80 cm.) e camera interna comoda, esposta a sud e sud-est (al fine di ridurre la dispersione termica). Nel nord Europa l’orso trova rifugio anche in cavità del terreno e buche sotto le radici degli alberi caduti. La femmina riveste la tana, in cui partorirà, con muschio, frasche, erba e ramoscelli, mentre il maschio non si cura dell’accoglienza del rifugio. LETARGO Anche se non sempre si può parlare di un vero e proprio periodo di letargo, gli orsi per 3- 5 mesi, a seconda delle condizioni ambientali, (copertura nevosa, disponibilità trofica…) riducono a zero o quasi le normali attività fisiologiche (assunzione di cibo e acqua, minzione e defecazione ), la loro sopravvivenza è garantita dal grasso accumulato precedentemente. Alcuni parametri fisiologici quali le frequenze cardiaca e respiratoria e la temperatura corporea registrano una notevole riduzione rispetto ai valori standard. In condizioni climatiche miti o in caso di disturbo gli orsi possono lasciare temporaneamente il loro rifugio invernale. Il periodo in cui gli animali iniziano il letargo da noi corrisponde pressappoco all’inizio di dicembre. Essi cadono in un sonno definibile letargo più o meno lungo secondo la latitudine, la temperatura e la disponibilità trofica. Se il clima è mite il letargo dura poche settimane o addirittura può mancare; nelle giornate calde ed assolate di metà inverno l'orso può uscire per bere ed alimentarsi, poi torna a dormire fino all'arrivo della bella stagione. Durante il sonno invernale l'orso non mangia, non beve, non urina né defeca. Si può dire che il suo metabolismo basale è tarato al minimo cosicché si verifica un risparmio energetico in termini di calorie del 50 - 70%. La frequenza cardiaca si riduce, la temperatura corporea si abbassa sino a 31 C (poco, se raffrontato ad altri ibernanti). In questo periodo l'energia per il mantenimento viene ottenuta bruciando perlopiù grasso accumulato nel periodo di iperfagia pre - letargo e dal riciclo di parte dei cataboliti azotati. La femmina partorisce in questo periodo e allatta i piccoli con un latte ricco di lipidi. Il consumo energetico è perciò molto elevato anche se gli orsacchiotti sono assai piccoli rispetto alla dimensione della madre (200-350 g ogni neonato). Al risveglio gli orsi mangiano del muschio per purgarsi dal muco giallo verdastro che si è accumulato nell'intestino. Successivamente iniziano ad alimentarsi con carogne e succulenti foraggi primaverili ricchi di proteine (ombrellifere, ecc.) per reintegrare le riserve perse nella stagione fredda. ALIMENTAZIONE Dell’ordine Carnivora l’orso bruno è un animale che ha un ampio spettro alimentare la cui componente principale è di natura vegetale. La dieta dell’orso, quanto a composizione e qualità degli alimenti, presenta sorprendenti variabilità stagionali. La stagione primaverile è spesso caratterizzata da una grandissima assunzione di foraggio fresco, che può essere costituito da numerosissime specie. Una spiccata mirmecofagia è presente nei mesi estivi, mentre alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno si osserva un comportamento più tipicamente frugivoro. I vertebrati costituiscono normalmente meno del 10% della sua alimentazione complessiva. Dal punto di vista anatomico e fisiologico l’apparato digerente dell’orso bruno è quello di un carnivoro tipico anche se lo studio della dentatura rivela un adattamento al regime onnivoro. L’orso mangia tutto ciò che è commestibile! È un animale onnivoro: si nutre sia di alimenti di origine animale che vegetale. La quota di alimenti di origine animale (se si escludono gli insetti, molto appetiti) è minima (circa 10 % della dieta) ed è ricavata dalle carogne, da qualche preda selvatica (roditori, tasso, ungulati feriti o malati, ecc...), da animali domestici (soprattutto in primavera e perlopiù in seguito ad inverni difficili). La quota prevalente è certamente quella vegetale: in primavera è prevalentemente composta da foraggio giovane (erbe tenere ed aromatiche e cereali giovani), tuberi e bulbi, in estate da bacche, frutta in genere e funghi ed in autunno diventa fondamentale la quota di frutta secca (faggiole, castagne, ecc.) 3 Non disdegna i rifiuti e visita, dove istituiti (Slovenia), depositi artificiali di carne. Questi ultimi sono detti carnai e hanno lo scopo di integrare i fabbisogni proteici della specie. Si ricorda, a tale proposito, che la quota proteica della dieta influisce in modo determinante sulla taglia degli animali adulti e sul tasso riproduttivo. RIPRODUZIONE: L’accoppiamento avviene di norma tra maggio e giugno, a partire, nel caso delle femmine, dal 3°-5° anno di vita. Lo sviluppo dell’embrione presenta una diapausa che termina nella seconda metà di novembre; la gravidanza effettiva dura dalle sei alle otto settimane, terminando tra gennaio e febbraio con la nascita di 1-4 piccoli. I cuccioli nascono inetti, di 300-400 g di peso, in pieno letargo; rimarranno con la madre per 2-4 anni. In condizioni ottimali, un’orsa può partorire ogni due anni. IL COMPORTAMENTO TERRITORIALE: Non esistendo legami sociali stabili tra gli individui, l’orso è una specie che conduce una vita solitaria fatta eccezione per il periodo degli amori e per il periodo di cure parentali tra madre e prole. Non mostra comportamenti territoriali e vive entro home range che possono variare molto a seconda dell’area considerata. In Abruzzo ad esempio si registrano home range di 4060 km² per le femmine e 80-100 km² per i maschi, mentre in Croazia l’estensione di tali zone è di circa 60 km² per le femmine e 130 km² per i maschi. LA SITUAZIONE DELLA LINCE IN FRIULI VENEZIA GIULIA La lince compare sicuramente nella regione Friuli Venezia Giulia nel 1989, anno nel quel viene fotografato un individuo nella Alpi Carniche a nord di Pontebba, mentre preda una marmotta. Altre precedenti segnalazioni non confermate si riferiscono a metà anni 80 ed addirittura a fine anni settanta. È importante ricordare che nel 1973, due anni dopo le prime reintroduzioni in Svizzera, vennero effettuate alcune reintroduzioni anche nella foresta di Kocevje in Slovenia (tre coppie provenienti dai Carpazi slovacchi) e, nel 1977, nell'area austriaca tra Carinzia, Stiria e Salisburgo (nove individui). L'esperienza slovena ebbe un evidente successo, così come l'esperienza svizzera (oltre 30 individui rilasciati legalmente ed illegalmente), tanto che la lince in Slovenia è stata considerata specie cacciabile dal 1978 fino al 1994. Si ha notizia che dal 1974 al 1992, complessivamente 247 linci -113 in Slovenia, 128 in Croazia e 6 in Bosnia- siano morte a causa dell’uomo. Dal 1994 anno in cui la lince è diventata specie protetta in Slovenia si è osservato un progressivo aumento del numero di segnalazioni e dell'area coperta da questa specie nel Friuli Venezia Giulia. A fine anni ‘90 segnalazioni sufficientemente attendibili erano effettuate anche al confine occidentale della regione nell'area delle Alpi Carniche, al confine con Austria e Veneto, e nell'area del Cansiglio e delle Prealpi Carniche. In questi anni si può ipotizzare la massima espansione ed occupazione di questa specie nella nostra regione con un fenomeno simile a quanto osservato per l'orso bruno. Ad fine anni ‘90 inizio anni 2000, la lince è segnalata, anche se maniera stagionale, in almeno il 30% dell’area alpina e prealpina. Dal 2001 le segnalazioni sembrano ridursi in termini di areale occupato, ma non in termini numerici, e tuttora, sono concentrate e persistenti in alcune zone quali le Alpi e Prealpi Giulie, le Alpi Carniche al confine con l'Austria e la zona compresa tra Sauris e Forni di sopra, con segnalazioni episodiche nelle Alpi Carniche centrali ed nella orografica destra del fiume Tagliamento, saltuariamente sul Carso triestino e goriziano. Questi dati sono generalmente provenienti da segnalazioni di cacciatori (predazioni di ungulati, in particolare caprioli, con consegna dell'animale all'Università di Udine per l'esame), dal Corpo Forestale Regionale e dall'Università di Udine che, oltre alla tecnica dei monitoraggio con metodo naturalistico (transetti su neve, controllo delle predazioni….), dall'inizio del 2003 sta sperimentando tecniche di raccolta del pelo di questa specie, utile alle analisi genetiche. Dopo un anno di ricerche combinate e metodiche (transetti su neve e esche per la cattura del pelo) è emerso che su 22 quadranti di 10 km2 sottoposti ad intenso monitoraggio, in sei è stato possibile verificare la presenza della lince, seppur non continua. Sulla base di questi dati è possibile stimare la presenza stabile di 5-10 individui nel Friuli Venezia Giulia, il cui spazio familiare è in parte ricadente in Austria, Slovenia e Veneto. 4 Sembra risultare importante per il consolidamento di questa popolazione, il contatto con gli individui presenti nella Foresta di Tarnova, a sua volta collegata grazie alla foresta di Piro, con il Monte Nevoso e Kocevje, e un’attenta gestione delle attività che possono influenzare la coesistenza di predatori naturali, prede e cacciatori. BIOLOGIA DELLA LINCE SISTEMATICA: La lince eurasiatica (Lynx lynx) è un carnivoro appartiene alla famigli dei Felidi. MORFOLOGIA: Altezza al garrese: 55-75 cm Lunghezza testa-coda (dalla punta del naso alla base della coda): 90 - 110 cm Lunghezza coda: 15-20 cm Peso maschio: 20 - 30 kg Peso femmina: 15 - 22 kg Struttura corporea: è un felino di taglia medio-grande, dall'aspetto snello ed elegante. Portamento "alto sul posteriore" e torace piuttosto stretto. Testa relativamente piccola e muso rotondo con barba facciale costituita da peli bianchi e lunghi. Occhi in posizione quasi perfettamente frontale (visione binoculare), adattati alla visione notturna. Orecchie triangolari, sottili e carnose con i caratteristici ciuffi apicali di peli neri, folti e duri (lunghi circa 5 cm). La coda è corta (20 cm) e munita di una caratteristica banda nera apicale. Zampe larghe, come adattamento alla locomozione sulla neve. Mantello: D'estate il colore del mantello è giallastro - rossastro con maculature evidenti sul dorso, d'inverno tende al grigio con maculature poco evidenti. Il ventre, la faccia interna delle cosce, gola, labbra, contorno degli occhi e interno delle orecchie sono bianchi, i ciuffi auricolari sono neri; la coda presenta l'estremità e la base nere, nella porzione intermedia sono visibili degli anelli rossi più o meno sbiaditi. Le maculature sono molto variabili e, anche nelle nostre aree, possiamo trovare individui con mantelli spotted (maculature rotondeggianti), mantelli tabby (con pseudo-striature) ed infine mantelli con colorazione quasi omogenea. FISIOLOGIA: Età della maturità sessuale : femmine 20 - 24 mesi, maschi 33 - 36 mesi; Stagione degli accoppiamenti: da fine gennaio a marzo; Durata della gestazione: 67 - 69 giorni; Epoca del parto: da aprile ai primi di giugno; Numero di cuccioli: in media 2 (da 2 a 4); Peso dei cuccioli: circa 200 - 250 g; Svezzamento: circa a 12 settimane; HABITAT I fattori che influiscono maggiormente sulla vocazionalità di un territorio sono principalmente la densità di prede (ungulati di media taglia), la strutturazione del bosco atta alla predazione, la presenza di altri predatori competitori, la quantità e qualità delle precipitazioni nevose, ecc. Generalmente l’ambiente classico della lince è la foresta mista ricca di piccole radure dove si concentrano gli ungulati. La lince generalmente si porta ai margini di queste radure e preda all’agguato (pochi metri di scatto rapido verso la preda). Per quanto concerne l’altitudine la lince compie enormi spostamenti che vanno dalle vallate sino ai margini superiori del bosco oltre i 2000 m. Sostanzialmente il felino segue i movimenti naturali delle sue prede elettive, gli ungulati. È un animale con comportamento fortemente territoriale, in particolare verso gli individui dello stesso sesso. L’home range (spazio familiare) medio delle linci è di 100 km2 . Il territorio di un maschio può estendersi sino a 250 - 300 km2 mentre quello delle femmine tende ad essere più limitato (50 -100 km2 ). Tali estensioni del territorio sono paragonabili a quelle misurate nei grandi felini solitari (puma, giaguaro, leopardo, ecc.). Rifugi: La lince non scava tane ma utilizza, in particolare per il parto, delle cavità naturali sotto grosse rocce o altri ripari. Le tane non sono mai profonde e la lince durante l’allevamento della prole tende a spostare di frequente i piccoli in nuovi ripari. 5 ALIMENTAZIONE La lince è un predatore carnivoro stretto che si nutre quasi esclusivamente di animali cacciati attivamente. Gli ungulati di media taglia, nelle nostre Alpi, sono certamente il cardine della sua dieta. Tra questi il capriolo sembra essere la preda elettiva e per molti studiosi le due specie (lince e capriolo) avrebbero subito una sorta di coevoluzione. Ecco che, allora, nei territori dove il capriolo è abbondante, esso viene a ricoprire la componente più significativa della dieta del felide. Bisogna sottolineare che comunque, come gran parte dei predatori, la lince possiede un vasto spettro alimentare che sfrutta la sua grande capacità di caccia all'agguato. Così essa si nutre, anche di altri ungulati come cervi (sino a esemplari di 70 - 80 kg), camosci (quando essi stanziano nel bosco), mufloni (dove presenti), nonché di lepri (preda elettiva in Scandinavia), marmotte e altri piccoli mammiferi (roditori, insettivori). Gli uccelli nelle nostre aree sono invece da considerarsi prede occasionali. Secondo molti studiosi, nella dieta della lince, la volpe potrebbe giocare un ruolo importante, tutt’altro che secondario, soprattutto sull’arco alpino, dove raggiunge buone densità. Alle prede di specie selvatiche si aggiungono quelle domestiche, in particolare capre, pecore, daini e qualche vitello. La lince non si nutre mai di vegetali; nelle sue feci non è mai possibile trovare noccioli e semi di frutti come invece in quelle di martore e faine, tasso, volpe e orso. Di norma la lince si nutre solo ed esclusivamente di animali che lei stessa ha ucciso. Se è raro che la lince si cibi di animali rinvenuti morti, è piuttosto comune invece che altri animali consumino le sue prede (corvidi, poiana, aquila reale, mustelidi, gatto selvatico, volpe, orso, lupo, cinghiale). La strategia di caccia prevede l’avvicinamento e l’appostamento e, non di rado, una combinazione di entrambi. Per sferrare l’attacco la lince deve essere sorprendentemente vicina alla sua preda (5-10, raramente 25 m), gli inseguimenti sono rari e generalmente non superano i 200-300 metri. Per sfruttare l’effetto sorpresa è comune che si apposti su ceppaie o spuntoni di roccia in prossimità di sentieri dove transita la selvaggina. Se non disturbata ritorna ogni giorno sulla preda fino a quando non è del tutto consumata. Di una preda la lince mangia praticamente tutto, tranne il tratto digerente, le ossa più grandi e la pelle. Il tempo necessario a consumare una preda dipende dal tipo e dalle sue dimensioni (una lepre può bastare per 1-2 giorni , un capriolo fino a 5-7 giorni); anche il grado di consumo è variabile: la femmina con i piccoli utilizza la preda al 100%, generalmente i maschi solitari sono un po’ più grossolani ed arrivano a circa il 70% del totale. 6