L'ORSO BRUNO IN FRIULI-VENEZIA GIULIA. di Stefano Filacorda, ricercatore preso il Dipartimento di Scienze Animali dell’Università di Udine. È particolarmente importante ricordare che gli orsi attualmente presenti nella nostra regione sono il risultato di un processo di ricolonizzazione che ha permesso l’insediamento ed il passaggio di alcuni individui in Friuli Venezia Giulia ed in Veneto, le regioni italiane più vicine alla popolazione sorgente slovena. Confrontando le stime dell’andamento della popolazione di orsi slovena e l’andamento di segni di presenza osservati in Friuli, si riscontrano delle analogie, con un incremento delle segnalazioni in risposta all’incremento stimato della popolazione slovena avvenuto a fine anni 90; questo è ecologicamente coerente con una graduale espansione di alcuni animali causato da fenomeni di diffusione “presaturativa” (ovvero gli animali, soprattutto maschi sub-adulti abbandonano la popolazione che sta raggiungendo livelli numerici molto elevati, massimi); gli individui presenti in aree trans-regionali (Veneto-Friuli) rappresentano la parte più periferica ed occidentale della popolazione slovena, che conta una presenza media minima nell'intero territorio del Friuli Venezia Giulia stimabile in circa ai 15-20 individui rispetto ai 600-700 stimati per l'intero territorio Sloveno. In questo contesto ecologico Friuli e Veneto sembrerebbero confermarsi come aree ecologicamente importanti, in senso stagionale e di passaggio, a causa di animali, che in quanto periferici, possiedono grandi spazi famigliari; queste aree potrebbero assumere un valore ecologico maggiore in una situazione di minore marginalità popolazionale. In base ai monitoraggi su neve effettuati dal Dipartimento di scienze animali e dal Corpo forestale regionale, e in base ai risultati delle analisi genetiche dei campioni di pelo raccolti, si può stimare la presenza di 4-7 individui nelle Valli del Natisone e del Torre e nelle Prealpi Giulie, di 4-7 individui nella Alpi Giulie ed Alpi Carniche Orientali, di 2-3 individui nelle Alpi Carniche Occidentali e Prealpi Carniche, e di singole apparizioni nel Carso triestino. Il numero è variabile e tiene conto anche della presenza di alcuni individui solo per alcuni mesi nell’anno. In particole le aree a maggiore presenza sono l’alta Valle del Natisone, Il Parco delle Prealpi Giulie, le zone del Jof di Montasio e dello Jof Fuart, Predil e Fusine, e le zone delle Alpi Carniche comprese tra Cason di Lanza e Coccau, oltre che la zona compresa tra Sauris e Forni di Sopra. Da alcuni anni non si hanno più segnalazioni nella zona del Cansiglio mentre si hanno segnalazioni episodiche nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane . LA BIOLOGIA DELL’ORSO BRUNO HABITAT L’orso si è sempre adattato a vivere in una grande varietà di ambienti, dalla macchia mediterranea alle foreste di conifere boreali, non possiamo quindi ritenerlo strettamente legato ad un ambiente alpino, anche se oggi, in Europa, vive soprattutto in zone montane, trovando in queste aree le condizioni idonee per sopravvivere. L’orso bruno vive nelle foreste e nei boschi ricchi di bacche e frutta in genere e frequenta habitat più aperti nella stagione estiva e più chiusi (boschi di faggio, pinete, castagnete)nella stagione fredda. Dall’analisi dei segni di presenza rilevati in Friuli Venezia Giulia l’orso appare prediligere aree bo-scate con estese superfici di latifoglie, in particolare di faggio, mentre sembra evitare le aree con maggior presenza di strade.Per l’orso bruno i fattori limitanti la diffusione sono da correlarsi essenzialmente alla disponibilità di risorse trofiche vegetali e di una quota di proteine animali composta essenzialmente da carcasse, micromammiferi e insetti. Durante l’inverno l’orso si rifugia in una tana sfruttando cavità naturali rocciose asciutte e caratterizzate da entrate strette (diametro circa 50-80 cm.) e camera interna comoda, esposta a sud e sud-est (al fine di ridurre la dispersione termica). Nel nord Europa l’orso trova rifugio anche in cavità del terreno e buche sotto le radici degli alberi caduti. La femmina riveste la tana, in cui partorirà, con muschio, frasche, erba e ramoscelli, mentre il maschio non si cura dell’accoglienza del rifugio. LETARGO Anche se non sempre si può parlare di un vero e proprio periodo di letargo, gli orsi per 3- 5 mesi, a seconda delle condizioni ambientali, (copertura nevosa, disponibilità trofica…) riducono a zero o quasi le normali attività fisiologiche (assunzione di cibo e acqua, minzione e defecazione), la loro sopravvivenza è garantita dal grasso accumulato precedentemente. Alcuni parametri fisiologici quali le frequenze cardiaca e respiratoria e la temperatura corporea registrano una notevole riduzione rispetto ai valori standard. In condizioni climatiche miti o in caso di disturbo gli orsi possono lasciare temporaneamente il loro rifugio invernale. Il periodo in cui gli animali iniziano il letargo da noi corrisponde pressappoco all’inizio di dicembre. Essi cadono in un sonno definibile letargo più o meno lungo secondo la latitudine, la temperatura e la disponibilità trofica. Se il clima è mite il letargo dura poche settimane o addirittura può mancare; nelle giornate calde ed assolate di metà inverno l'orso può uscire per bere ed alimentarsi, poi torna a dormire fino all'arrivo della bella stagione. Durante il sonno invernale l'orso non mangia, non beve, non urina né defeca. Si può dire che il suo metabolismo basale è tarato al minimo cosicché si verifica un risparmio energetico in termini di calorie del 50 - 70%. La frequenza cardiaca si riduce, la temperatura corporea si abbassa sino a 31 °C (poco, se raffrontato ad altri ibernanti). In questo periodo l'energia per il mantenimento viene ottenuta bruciando perlopiù grasso accumulato nel periodo di iperfagia pre-letargo e dal riciclo di par-te dei cataboliti azotati. La femmina partorisce in questo periodo e allatta i piccoli con un latte ricco di lipidi. Il consumo energetico è perciò molto elevato anche se gli orsacchiotti sono assai piccoli rispetto alla dimensione della madre (200350 g ogni neonato). Al risveglio gli orsi mangiano del muschio per purgarsi dal muco giallo verdastro che si è accumulato nell'intestino. Successivamente iniziano ad alimentarsi con carogne e succulenti foraggi primaverili ricchi di proteine (ombrellifere, ecc.) per reintegrare le riserve perse nella stagione fredda. ALIMENTAZIONE Dell’ordine Carnivora l’orso bruno è un animale che ha un ampio spettro alimentare la cui componente principale è di natura vegetale. La dieta dell’orso, quanto a composizione e qualità degli alimenti, presenta sorprendenti variabilità stagionali. La stagione primaverile è spesso caratterizzata da una grandissima assunzione di foraggio fresco, che può essere costituito da numerosissime specie. Una spiccata mirmecofagia (cioè consumo di formiche) è presente nei mesi estivi, mentre alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno si osserva un comportamento più tipicamente frugivoro. I vertebrati costituiscono normalmente meno del 10% della sua alimentazione complessiva. Dal punto di vista anatomico e fisiologico l’apparato digerente dell’orso bruno è quello di un carnivoro tipico anche se lo studio della dentatura rivela un adattamento al regime onnivoro. L’orso mangia tutto ciò che è commestibile! È un animale onnivoro: si nutre sia di alimenti di origine animale che vegetale. La quota di alimenti di origine animale (se si escludono gli insetti, molto appetiti) è minima (circa 10 % della dieta) ed è ricavata dalle carogne, da qualche preda selvatica (roditori, tasso, ungulati feriti o malati, ecc...), da animali domestici (soprattutto in primavera e perlopiù in seguito ad inverni difficili). La quota prevalente è certamente quella vegetale: in primavera è prevalentemente composta da foraggio giovane (erbe tenere ed aromatiche e cereali giovani), tuberi e bulbi, in estate da bacche, frutta in genere e funghi ed in autunno diventa fondamentale la quota di frutta secca (faggiole, castagne, ecc.) Non disdegna i rifiuti e visita, dove istituiti (Slovenia), depositi artificiali di carne. Questi ultimi sono detti carnai e hanno lo scopo di integrare i fabbisogni proteici della specie. Si ricorda, a tale proposito, che la quota proteica della dieta influisce in modo determinante sulla taglia degli animali adulti e sul tasso riproduttivo. RIPRODUZIONE L’accoppiamento avviene di norma tra maggio e giugno, a partire, nel caso delle femmine, dal 3°-5° anno di vita. Lo sviluppo dell’embrione presenta una diapausa (interruzione dello sviluppo) che termina nella seconda metà di novembre; la gravidanza effettiva dura dalle sei alle otto settimane, terminando tra gennaio e febbraio con la nascita di 1-4 piccoli. I cuccioli nascono inetti, di 300-400 g di peso, in pieno letargo; rimarranno con la madre per 2-4 anni. In condizioni ottimali, un’orsa può partorire ogni due anni. IL COMPORTAMENTO TERRITORIALE Non esistendo legami sociali stabili tra gli individui, l’orso è una specie che conduce una vita solitaria fatta eccezione per il periodo degli amori e per il periodo di cure parentali tra madre e prole. Non mostra comportamenti territoriali e vive entro home range che possono variare molto a seconda dell’area considerata. In Abruzzo ad esempio si registrano home range di 40-60 km² per le femmine e 80-100 km² per i maschi, mentre in Croazia l’estensione di tali zone è di circa 60 km² per le femmine e 130 km² per i maschi.