Tavola 4.14Apparato respiratorio Asma bronchiale Nella maggior parte dei Paesi in cui sono state elaborate stime sulla sua incidenza, l’asma colpisce tra il 5 e il 15% della popolazione. L’asma è una condizione clinica caratterizzata da ostruzione variabile del flusso d’aria, maggiore reattività delle vie aeree alla costrizione indotta da sostanze inalate non specifiche (iperreattività delle vie aeree), nonché infiammazione cellulare. I sintomi asmatici sono tipicamente episodici e consistono in dispnea, sibili respiratori, tosse e oppressione toracica causati da un’ostruzione del flusso d’aria riconducibile a sua volta a contrazione della muscolatura liscia delle vie aeree, edema delle pareti delle vie aeree, infiammazione delle vie aeree e ipersecrezione da parte delle ghiandole mucose. Una caratteristica importante dell’ostruzione del flusso d’aria nell’asma è che è parzialmente o completamente reversibile e ciò può avvenire in modo spontaneo oppure come conseguenza di un trattamento. Forme cliniche dell’asma bronchiale Anche se la manifestazione clinica spesso è piuttosto caratteristica, l’asma è considerata una sindrome per la variabilità dei suoi fattori eziologici. In passato, per descrivere l’asma si usavano i termini asma estrinseco, a sottintendere la responsabilità di un fattore esterno nella comparsa della malattia, e asma intrinseco, a indicare l’impossibilità di trovare cause esterne evidenti. Ora si accetta la teoria secondo cui quasi tutte le forme di asma sono scatenate da qualche stimolo esterno, tra i quali i più comuni sono gli allergeni ambientali. Asma allergico L’asma allergico colpisce quasi sempre bambini e giovani adulti (Tavola 4.14). Una storia personale di altre manifestazioni allergiche (atopia) quali ad esempio rinite allergica, congiuntivite o eczema è comune, così come una storia familiare di atopia. Risposte cutanee positive ad allergeni ambientali e occupazionali nonché elevati livelli di immunoglobuline sieriche E (IgE) totali con test radioimmunologici (PRIST) e specifiche (RAST, test radioallergoassorbenti) sono indicativi di atopia. Asma non allergico L’asma non allergico in genere viene diagnosticato in pazienti che sviluppano i sintomi asmatici da adulti (Tavola 4.15). I sintomi possono manifestarsi in seguito a un’infezione delle vie respiratorie e occasionalmente sono coinvolti agenti infettivi come Chlamydia pneumoniae o Mycoplasma spp. Un’altra causa importante dell’asma non allergico sono gli agenti sensibilizzanti occupazionali. Pertanto, una dettagliata storia occupazionale è un elemento fondamentale per la valutazione del paziente. L’asma non allergico inoltre viene comunemente associato a comorbilità quali sinusite cronica, obesità o reflusso gastro-esofageo. 124 Fattori che inducono e stimolano l’asma Occorre fare un’importante distinzione tra i fattori che inducono l’asma (causano la malattia), come ad esempio gli allergeni ambientali e gli agenti sensibilizzanti occupazionali, e i fattori che invece stimolano l’asma generando riacutizzazioni o sintomi passeggeri (Tavola 4.16). Infezioni virali delle vie aeree Le infezioni virali sono importanti fattori di induzione dell’asma e, nelle persone asmatiche, sono state collegate a una serie di conseguenze cliniche significative, quali lo sviluppo di malattie associate a sibili respiratori nei neonati e nei bambini piccoli, lo sviluppo di asma nei primi 10 anni di vita, l’insorgere di riacutizzazioni di asma (in particolare il rinovirus) e la comparsa di cambiamenti nella fisiologia delle vie aeree, tra cui una maggiore reattività bronchiale. Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.15 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) Allergeni ambientali È risaputo che gli allergeni inducono l’asma e al tempo stesso ne stimolano la sintomatologia. In effetti, alcune persone asmatiche manifestano solo sintomi stagionali quando sono esposte agli allergeni. I pazienti sensibili agli allergeni possono sviluppare una broncocostrizione acuta entro 10-15 minuti dall’inalazione degli allergeni che in genere si risolve nel giro di un paio d’ore (risposta asmatica precoce); tuttavia, nell’arco delle 3-6 ore successive il fenomeno può ripresentarsi (risposta asmatica tardiva) con una broncocostrizione grave che si sviluppa più lentamente ed è associata a dispnea. La risposta tardiva è causata dall’afflusso sempre maggiore nelle vie aeree di cellule infiammatorie, in particolare basofili, neutrofili ed eosinofili. In genere, la broncocostrizione si risolve entro 24 ore, ma la maggiore reattività delle vie aeree non scompare e può persistere per più di una settimana. Agenti sensibilizzanti occupazionali L’asma occupazionale è una forma comune di esordio dell’asma in età adulta. Sono stati individuati più di 200 agenti negli ambienti di lavoro, tra cui allergeni quali pelo di animali, farina di grano, psillio ed enzimi che provocano un restringimento delle vie aeree attraverso risposte mediate da IgE, e sostanze chimiche (spesso a basso peso molecolare, ad esempio il diisocianato di toluene) responsabili di indurre l’asma attraverso meccanismi non mediati da IgE. Le esposizioni e le inalazioni accidentali sul posto di lavoro costituiscono un fattore di rischio importante per le manifestazioni iniziali di asma. Quando un soggetto sensibile inala agenti sensibilizzanti chimici in laboratorio, spesso può verificarsi una prima risposta asmatica simile a quella indotta da un allergene, alla quale può fare seguito una risposta asmatica tardiva. Le risposte infiammatorie delle vie aeree causate da agenti sensibilizzanti occupazionali non sembrano essere molto diverse da quelle indotte da altri fattori, come gli allergeni ambientali. Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Sforzo fisico Lo sforzo fisico è uno dei fattori più frequentemente coinvolti nello sviluppo di asma. Dopo avere compiuto un’attività fisica si assiste all’insorgere di una broncocostrizione che raggiunge il suo picco 10-20 minuti dopo la fine dello sforzo e che tende a risolversi entro un’ora. Molto difficilmente la broncocostrizione insorgerà nel corso dell’attività: essa è infatti causata dal raffreddamento e dalla secchezza delle vie aeree perché i grandi quantitativi di aria inalata durante lo sforzo fisico sono condizionati alla temperatura corporea e sono alla saturazione. Persone asmatiche che inalano aria molto fredda e secca possono manifestare sintomi simili. Inalando b2-agonisti 20 minuti prima di iniziare l’attività si riesce, nella maggior parte dei casi, a prevenire le broncocostrizioni indotte da sforzi fisici. 125 Tavola 4.16Apparato respiratorio Asma bronchiale (Seguito) Sostanze inquinanti dell’aria Diverse sostanze inquinanti dell’aria stimolano l’asma quali, ad esempio, il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2), l’ozono e le particelle inalate con un diametro inferiore a 10 mm (PM10). Odori forti come profumi, gas di scarico delle automobili e fumo passivo rappresentano altre sostanze ambientali irritanti che possono stimolare i sintomi asmatici. Sensibilità all’acido acetilsalicilico Nel 5% circa degli individui asmatici è stata individuata la cosiddetta triade di Samter, ossia una triade caratterizzata da sensibilità all’acido acetilsalicilico, asma e poliposi nasale (anche se la poliposi nasale non è sempre presente negli asmatici sensibili all’acido acetilsalicilico). I sintomi dell’asma compaiono entro 20 minuti dall’assunzione dell’acido acetilsalicilico e possono essere molto gravi e alle volte addirittura potenzialmente letali. Questa sensibilità esiste verso tutti i farmaci che inibiscono la ciclossigenasi (COX-1) e talvolta anche verso la tartrazina. L’uso di paracetamolo e inibitori della COX-2 risulta invece essere sicuro nella maggior parte dei soggetti asmatici sensibili all’acido acetilsalicilico. Presentazione clinica Sintomi e reperti clinici I sintomi e i segni dell’asma variano da episodi lievi e isolati di dispnea, sibili respiratori e tosse molto intermittenti, che in genere si manifestano dopo l’esposizione a un agente scatenante e sono seguiti da significativa remissione, a sintomi cronici continui di gravità variabile. Nello stesso paziente i sintomi possono manifestarsi in forma lieve, moderata o grave e persino i soggetti con una forma di asma lieve e intermittente possono andare incontro a gravi e pericolose riacutizzazioni, esperienze che possono essere terribili, soprattutto per quei pazienti che ne conoscono la natura potenzialmente progressiva. I sintomi di una riacutizzazione asmatica, che nella maggior parte dei casi si sviluppano in modo graduale, possono talvolta manifestarsi all’improvviso e sono quasi sempre preceduti da infezioni virali delle vie aeree superiori. Molti pazienti avvertono una sensazione di costrizione toracica retrosternale ed è possibile, all’auscultazione, evidenziare un sibilo espiratorio e spesso anche inspiratorio, associato a gradi variabili di dispnea. Può inoltre comparire tosse secca o produttiva con espettorato purulento. Nei casi di riacutizzazioni asmatiche gravi, il paziente preferisce rimanere seduto con la schiena diritta; l’evidente dilatazione delle narici e l’impiego dei muscoli respiratori accessori sono il segno di 126 un lavoro respiratorio più intenso. In genere, l’ansia e l’apprensione sono correlate all’intensità della riacutizzazione. Paura, ostruzione delle vie aeree o variazioni della PaO2 e del pH di sangue e tessuti possono determinare tachipnea. Ipertensione e tachicardia sono entrambe manifestazioni di un maggiore rilascio di catecolamine, anche se una frequenza del polso superiore a 110-130 battiti/minuto può indicare un’importante ipossiemia (PaO2 <60 mmHg) e la gravità dell’episodio. Il polso paradosso (≥10 mmHg) accompa- gna l’iperinflazione polmonare che si verifica quando il volume espiratorio forzato in un secondo (VEMS) in genere è inferiore al 30% del normale atteso. In presenza di ipossiemia grave e ipercapnia con acidosi respiratoria il paziente è solitamente cianotico, affaticato, confuso e agitato. Un esame toracico rivela un tono iperfonetico alla percussione, un diaframma basso e altri sintomi di iperinflazione. L’espirazione è prolungata. Il paziente mostra un sibilo inspiratorio ed espiratorio generalizzato. Con un’ostruzione di basso Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.17 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) grado, il sibilo respiratorio può essere fievole o persino assente ma una respirazione rapida e profonda potrebbe accentuarlo. Quando il flusso d’aria è molto ridotto, il torace può diventare paradossalmente silenzioso. Questo fenomeno non certo piacevole può essere indotto o aggravato inavvertitamente dalla somministrazione di ipnotici, tranquillanti o sedativi che rallentano la respirazione. Nel momento in cui il flusso d’aria si riduce a tal punto da rendere silenzioso il torace, la tosse diventa inefficace e si assiste al sopraggiungere di un’insufficienza ventilatoria, circostanza che richiede un intervento immediato e intensivo. Diagnosi dell’asma Formulare una diagnosi corretta non appena si presentano i primi sintomi è molto importante, perché l’asma è una malattia che accompagna la maggior parte dei pazienti per tutta la vita. In molti casi, purtroppo, i pazienti vengono sottoposti a trattamenti inadeguati. Nessun sintomo dell’asma è patognomonico e la massima secondo cui “non tutto ciò che sibila è asma” serve solo a ricordare che sibilo, tosse, costrizione toracica e dispnea sono sintomi anche di altre malattie respiratorie o cardiache. La diagnosi di asma deve basarsi sui sintomi caratteristicamente associati a un’ostruzione variabile del flusso d’aria o all’iperreattività delle vie aeree. Il modo migliore per misurare un’ostruzione variabile del flusso d’aria è usare la spirometria con una curva flusso-volume e dimostrare un VEMS e un rapporto tra VEMS e capacità vitale forzata (CVF) ridotti ma suscettibili di miglioramento dopo l’inalazione di b2-agonisti (Tavola 4.17). Un miglioramento del VEMS superiore al 12%, associato a una variazione minima di 200 mL, è in genere accettato come prova di un’ostruzione reversibile del flusso d’aria. Nelle strutture in cui la spirometria non è disponibile è possibile valutare la variabilità nelle misurazioni del picco di flusso espiratorio (PEF) sia per la formulazione di una diagnosi di asma sia per il monitoraggio. Anche un miglioramento di oltre il 20% (o >60 L/ minuto) dopo l’inalazione di un b2-agonista o una variazione diurna del PEF superiore al 20%, dopo due settimane di misurazioni, confermano un’ostruzione variabile del flusso d’aria. Iperreattività delle vie aeree Nei pazienti con sintomi compatibili con l’asma ma con una funzionalità polmonare normale, misurare la reattività delle vie aeree a stimoli diretti (ad es. inalazione di metacolina e istamina) oppure a stimoli indiretti (ad es. inalazione di mannitolo o sforzi fisici) può aiutare a diagnosticare l’asma (Tavola 4.17). Le misurazioni della Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica reattività delle vie aeree riflettono la “sensibilità” di queste ultime a fattori che possono causare i sintomi dell’asma. In genere i risultati dei test sono espressi come concentrazione (o dose) dell’agonista in grado di indurre una determinata riduzione del VEMS. Questi esami nonostante siano utili per diagnosticare l’asma, hanno tuttavia una specificità limitata. Ciò significa che un risultato negativo del test può essere utile per escludere una diagnosi di asma persistente in un paziente non sottoposto a un trattamento a base di glucocorticoidi per via inalatoria, ma un risultato positivo del test non sempre significa che il paziente soffre di asma. Infatti, l’iperreattività delle vie aeree è stata descritta anche in pazienti affetti da rinite allergica e in pazienti con limitazione del flusso d’aria causata da condizioni diverse dall’asma, quali la fibrosi cistica, le bronchiectasie e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). 127 Tavola 4.18Apparato respiratorio Asma bronchiale (Seguito) Indagini da considerare per la formulazione di una diagnosi Radiografia Lo scopo principale della radiografia è escludere la presenza di altre patologie e stabilire se il paziente è affetto da polmonite, atelectasia, pneumotorace, pneumomediastino o bronchiectasie. In caso di asma lieve, la radiografia toracica non mostra alcuna anomalia. Con un’ostruzione grave, però, appare ben visibile una caratteristica ipertrasparenza reversibile del polmone, con allargamento degli spazi intercostali, abbassamento del diaframma e una maggiore quantità di aria retrosternale. A differenza dell’enfisema polmonare, dove la ramificazione vascolare è attenuata e distorta, nell’asma il calibro dei vasi e la distribuzione vascolare in genere non sono alterati. L’atelectasia focale, una complicanza dell’asma, è causata da un tappo di muco. Nei bambini si può osservare persino il collasso completo di un lobo. Le ombre atelectasiche possono essere temporanee per via dello spostamento del tappo di muco da una zona all’altra del polmone. Questi quadri si risolvono quando l’espettorato viene mobilizzato. La radiografia è utile anche per valutare la coesistenza di sinusite. Se si sospetta un reflusso gastro-esofageo, posssono essere indicate delle radiografie seriate del tratto gastrointestinale superiore. Se si sospetta che emboli polmonari simulino un asma potrebbero essere necessari uno studio scintigrafico di ventilazione-perfusione del polmone o un’angiografia con TC. Espettorato L’espettorato spontaneo così come quello indotto possono essere utili per confermare la diagnosi di asma e definire il trattamento (Tavola 4.18). L’espettorato prodotto spontaneamente può essere mucoide, purulento o una miscela di entrambi. È importante ricordare che l’espettorato purulento non sempre indica la presenza di un’infezione batterica nei pazienti asmatici. Le spirali di Curschmann, prodotti bronchiolari sottili a forma di spirale presenti nell’espettorato e lunghi anche diversi centimetri, sono fortemente indicativi di asma. Spesso si rilevano anche cellule 128 epiteliali bronchiali cilindriche ciliate, presenti nelle forme gravi di asma in ammassi definiti corpi di Creola. In genere, le riacutizzazioni dell’asma sono associate a un aumento del numero di cellule eosinofile o neutrofile nell’espettorato. Nell’asma, pertanto, l’espettorato può mostrare una maggiore concentrazione sia di eosinofili sia di neutrofili. Gli infiltrati cellulari possono essere in prevalenza eosinofili o neutrofili o, talvolta, pauci- granulocitici. Un’eosinofilia nell’espettorato è importante perché indica una cura inadeguata a base di corticosteroidi per via inalatoria oppure una scarsa osservanza di tale trattamento. Test cutanei Nei soggetti asmatici è fondamentale determinare la presenza di atopia, in particolare se gli allergeni ambientali costituiscono un Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.19 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) importante fattore scatenante dei sintomi asmatici. Tra i test cutanei è usato prevalentemente il test allergometrico cutaneo (prick test) che si esegue depositando una goccia di una soluzione contenente l’allergene in esame sulla pelle dell’avambraccio. Si punge quindi con una lancetta, attraverso la goccia, la pelle, in modo da far penetrare l’allergene. Di preferenza, i test cutanei vengono eseguiti praticando una puntura con estratti acquosi di antigeni comuni, ad esempio muffe, pollini, funghi, polveri domestiche, piume, alimenti o peli di animali (Tavola 4.19). Se sono presenti anticorpi che sensibilizzano la pelle agli antigeni si sviluppa, entro 15-30 minuti, una reazione con ponfo e arrossamento; un test di controllo con una soluzione salina non dovrebbe mostrare alcuna reazione oppure solo una minima reazione. In condizioni ottimali, la storia clinica e la reattività dermica forniranno risultati convergenti. Esistono tuttavia pazienti con storie cliniche positive ma risultati negativi al test cutaneo. In altri soggetti, invece, la presenza di un’anamnesi negativa e risultati positivi del test cutaneo sono indice di una reattività immunologica clinicamente insignificante. Test ematici I test ematici in genere sono di scarso valore per la diagnosi dell’asma, tuttavia i test radioallergoassorbenti (RAST) sono utilizzati per individuare la presenza di allergie ad allergeni specifici. La conta degli eosinofili nel sangue può risultare aumentata nei pazienti asmatici ma è priva di sensibilità e di specificità diagnostica. Ossido di azoto esalato Nel corretto contesto clinico, livelli elevati di ossido di azoto nell’espirato (eNO) possono indicare un’infiammazione eosinofila associata ad asma; tuttavia ci sono ancora dubbi sull’utilità clinica di questo test. Diagnosi differenziale Nella Tavola 4.20 sono illustrate le malattie che vanno considerate ai fini di una diagnosi differenziale. Oltre a queste, le patologie che possono essere erroneamente diagnosticate come asma nel bambino includono: rino-sinusite cronica, reflusso gastro-esofageo, fibrosi cistica, displasia bronco-polmonare, malformazione congenita responsabile del restringimento delle vie aeree intratoraciche, aspirazione di corpi estranei, sindrome della discinesia ciliare primaria, immunodeficienza e malattia cardiaca congenita. Nei pazienti adulti, ai disturbi polmonari menzionati nella Tavola 4.20 si aggiungono: fibrosi cistica, pneumoconiosi e vasculite sistemica con interessamento polmonare. Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Anomalie fisiologiche nell’asma Spirometria e funzione ventilatoria nell’asma Nell’asma, il primo disturbo fisiologico è un’ostruzione del flusso d’aria che risulta più marcata nell’espirazione. Tale ostruzione ha una gravità variabile, può interessare siti diversi e per definizione è in una certa misura reversibile. Questo impedimento del flusso d’aria è dovuto a varie forme di contrazione della muscolatura liscia, a infiammazione, edema e ipersecrezione mucosa. Inoltre, bassi volumi polmonari con un collasso degli spazi aerei terminali possono aggravare l’ostruzione. Nelle vie aeree più grandi, i rigidi anelli di cartilagine aiutano a mantenere la pervietà. In quelle periferiche, invece, la resistenza all’azione della muscolatura liscia è scarsa per via della poca cartilagine presente e la loro pervietà è influenzata 129 Tavola 4.20Apparato respiratorio Asma bronchiale (Seguito) dal volume polmonare in quanto esse sono circondate e parzialmente sostenute dal parenchima polmonare. Nelle fasi precoci di un attacco asmatico o nei casi lievi, l’ostruzione non è estesa ma la resistenza delle vie aeree aumenta in misura significativa con il progredire dell’asma. Sebbene aumenti anche la resistenza inspiratoria, l’anomalia è più accentuata durante l’espirazione perché le vie aeree si restringono o si chiudono mentre il polmone si svuota. A questo punto, un ulteriore sforzo espiratorio non produce alcun aumento nella portata del flusso espiratorio e rischia persino di intensificare il collasso delle vie aeree. I muscoli respiratori sono costretti a produrre un’espansione toracica maggiore a causa delle resistenze meccaniche. Ancor più importante è il fatto che la retrazione elastica dei polmoni non è sufficiente per un’espirazione “passiva”. Di conseguenza, i muscoli respiratori devono assumere un ruolo attivo nell’espirazione. Se l’ostruzione è grave, si verifica un intrappolamento d’aria con un aumento del volume residuo (VR) e della capacità funzionale residua (CFR). L’ostruzione delle vie aeree non è uniforme e pertanto determina una distribuzione ineguale dei gas negli alveoli. Tale fenomeno, insieme ad altri stimoli, porta all’insorgenza di tachipnea e a un ciclo respiratorio conseguentemente ridotto, nonostante l’ostruzione bronchiale richieda un tempo respiratorio più lungo per una ventilazione adeguata. Mentre l’attacco asmatico è in corso, è impossibile conciliare queste richieste contrastanti. La gravità dell’ostruzione è testimoniata dalle misurazioni spirometriche dei volumi espiratori e dei flussi. Durante un attacco acuto, il VEMS, la CVF e la capacità inspiratoria (CI) sono tutti ridotti. Le vie aeree periferiche hanno un’area trasversale totale proporzionatamente grande, ragione per cui la loro resistenza contribuisce in genere alla resistenza complessiva delle vie aeree solo nella misura del 20%. Di conseguenza, un’ostruzione estesa in queste vie aeree più piccole potrebbe anche non essere rilevata se il medico si basa solo sui dati clinici. La riduzione della CVF e del VEMS mostra una buona correlazione con il calo della PaO2, mentre la ritenzione di anidride carbonica non si verifica finché il VEMS è pari a 1 L circa o al 25% del predetto. Con il progredire dell’ostruzione l’espirazione si fa sempre più prolungata. Si verificano aumenti del VR e della CFR (Tavola 4.39), variazioni di volume che possono rappresentare una risposta fisiologica da parte del paziente perché respirare a volumi polmonari 130 più alti previene la chiusura delle piccole vie aeree. L’effetto generale di questi eventi è un’iperinflazione alveolare che tende ad aumentare ulteriormente il diametro delle vie aeree esercitando una forza laterale maggiore sulle loro pareti. Questa iperinflazione può preservare in parte lo scambio gassoso, tuttavia è svantaggiosa perché richiede molto più lavoro, che si traduce in un maggiore consumo di O2. Inoltre, un simile stato compromette la CI e la capacità vitale (CV). Sempre per effetto di tale processo, possono anche comparire sintomi di dispnea e affaticamento. L’efficacia della tosse ne risulta infine compromessa perché la velocità del flusso d’aria attraverso le vie aeree è sensibilmente ridotta. In seguito a un’ostruzione non omogenea delle vie aeree nell’asma, la distribuzione dell’aria inspirata alle unità respiratorie terminali non è uniforme all’interno del polmone. Alveoli ipoventilati perché alimentati da vie aeree ostruite si alternano ad alveoli normali o iperventilati; quindi, la gravità dell’asma è direttamente collegata Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.21 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) al rapporto tra i gruppi alveolari scarsamente ventilati e quelli ben ventilati. L’ipossiemia arteriosa, che nell’asma è il principale difetto degli scambi gassosi, è dovuta a questa non omogeneità del rapporto V̇a /Q̇c (Tavola 4.21). A mano a mano che il numero di unità alveolari con un basso rapporto V̇a/Q̇ c aumenta (in seguito all’avanzamento dell’ostruzione), anche il grado di ipossiemia arteriosa si intensifica. Il rapporto V̇a/Q̇c si altera ulteriormente se qualche via aerea è del tutto ostruita. L’effetto dello shunt intrapolmonare destro-sinistro si traduce in un’ipossiemia arteriosa. Quando il numero delle unità alveolo-capillari con rapporto V̇a/Q̇c normale rimane elevato rispetto al numero di quelle con rapporto V̇a/Q̇ c basso il processo di eliminazione dell’anidride carbonica non è compromesso. Con il progredire dell’ostruzione delle vie aeree, tuttavia, gli alveoli ipoventilati si fanno sempre più numerosi. In contemporanea si verifica un aumento corrispondente nel lavoro, nella velocità e nella profondità di respirazione. Una simile risposta inizialmente minimizza l’aumento dello spazio morto fisiologico ma è destinata a diventare inadeguata e alla fine la ventilazione alveolare non riuscirà più a soddisfare le esigenze metaboliche dell’organismo. A questo punto si verificherà una ritenzione di anidride carbonica insieme a una maggiore ipossiemia, uno stato di insufficienza ventilatoria che in genere si manifesta quando il VEMS è inferiore al 25% del predetto. Patogenesi dell’asma Genetica Fattori genetici e ambientali interagiscono in modo complesso per produrre suscettibilità ed espressione dell’asma. Diversi geni presenti sul cromosoma 5q31-33 possono contribuire in maniera importante allo sviluppo o alla progressione dell’infiammazione associata ad asma e atopia, incluse le citochine interleuchina-3 (IL-3), IL-4, IL-5, IL-9, IL-12, IL-13 e il fattore stimolante la crescita delle colonie di granulociti-macrofagi (GM-CSF), e molti altri geni possono ricoprire un ruolo nello sviluppo dell’asma o nella sua patogenesi, inclusi il recettore per i corticosteroidi e il recettore b2-adrenergico. Il cromosoma 5q32 contiene il gene per il b2adrenocettore, altamente polimorfo, e sono state scoperte alcune varianti di questo gene capaci di alterare il meccanismo di funzionamento e risposta del recettore ai b-agonisti. Altre regioni cromosomiche collegate allo sviluppo di allergia o asma includono il cromosoma 11q, che contiene il gene per la Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica catena b del recettore per IgE ad alta affinità (FcεRIb). Anche il cromosoma 12 include svariati geni candidati, tra cui l’interferone-g (IFN-g), il fattore delle cellule staminali (SCF), l’IGF-1 e la forma costitutiva della NO-sintasi (cNOS). Significativa è l’associazione tra l’asma e il gene ADAM 33 (una disintegrina e metalloproteinasi 33) presente sul cromosoma 20p13. Le proteine ADAM sono enzimi proteolitici legati alla membrana. L’espressione di ADAM 33 limitata alle cellule mesenchimali e la sua stretta associazione con l’iperreattività delle vie aeree lasciano supporre un suo coinvolgimento nelle attività della muscolatura liscia delle vie aeree o in eventi correlati al loro rimodellamento. Infiammazione cellulare Un’infiammazione persistente delle vie aeree è considerata l’aspetto caratteristico dell’asma grave, lieve e persino di quello asintomatico. Gli altri elementi distintivi comprendono l’infiltrazione delle vie aeree a opera di cellule infiammatorie, l’ipertrofia della muscolatura liscia delle vie aeree e l’ispessimento della lamina reticolare appena al di sotto della membrana basale (Tavola 4.22). Una caratteristica importante dell’infiltrazione infiammatoria delle vie aeree nell’asma è la sua natura multicellulare: benché si noti una prevalenza di eosinofili, sono infatti presenti anche neutrofili, linfociti e altre cellule in percentuali variabili. A differenza dei neutrofili, degli 131 Tavola 4.22Apparato respiratorio Asma bronchiale (Seguito) eosinofili e dei linfociti T, che sono cellule circolanti, i mastociti risiedono nelle vie aeree. Un’evidenza istologica di degranulazione dei mastociti e vacuolizzazione degli eosinofili rivela l’attivazione delle cellule infiammatorie. I mastociti mucosi non aumentano, ma nei pazienti asmatici mostrano segni di secrezione granulare. Esami autoptici hanno evidenziato una riduzione apparente del numero di mastociti nei bronchi asmatici così come nel parenchima polmonare, il che confermerebbe la degranulazione dei mastociti piuttosto che un’effettiva riduzione del loro numero. Si ritiene che gli eosinofili siano le cellule predominanti e più caratteristiche dell’asma, come osservato mediante lavaggio bronco-alveolare (BAL) e studi bioptici dei bronchi. L’epitelio bronchiale mostra infiltrazione eosinofila, evidente sia nelle grandi sia nelle piccole vie aeree, con una maggiore intensità nelle vie prossimali nei casi di asma grave acuto. Alcuni studi tuttavia rivelano l’assenza pressoché totale di eosinofili nell’asma grave o letale, suggerendo così una certa eterogeneità in questo processo. I macrofagi alveolari sono le cellule più comuni nei polmoni umani, sia in soggetti normali sia in pazienti asmatici e, una volta attivati, secernono un’ampia gamma di mediatori. I linfociti sono molto importanti per lo sviluppo dell’asma e la loro attività nelle vie aeree di individui asmatici è correlata alla gravità della malattia. La funzione e il contributo dei linfociti nell’asma sono multifattoriali e dipendono dalla loro capacità di secernere citochine. Le cellule T attivate sono fonte di citochine Th2 (ad es. IL-4 e IL-13), in grado di indurre la cellula B attivata a produrre IgE e accrescere l’espressione delle molecole di adesione cellulare, in particolare la molecola-1 di adesione cellulare vascolare (VCAM-1) e la IL-5, fondamentale per lo sviluppo e la sopravvivenza degli eosinofili nei tessuti. Anomalie immunologiche L’asma allergico e altre malattie allergiche come la rinite allergica e l’anafilassi si sviluppano in seguito alla sensibilizzazione ad allergeni ambientali e alle successive risposte immuno-mediate quando si entra in contatto con gli allergeni. Tali reazioni allergiche avvengono in organi bersaglio specifici come, ad esempio, i polmoni, l’apparato gastrointestinale o la cute. Questi processi immunologici 132 che portano alle reazioni allergiche rappresentano lo stato patologico definito clinicamente “atopia”. La sequenza immunologica consiste in una fase di sensibilizzazione seguita da una reazione allo stimolo che produce poi la corrispondente sindrome clinica (Tavola 4.23). La sensibilizzazione a un allergene avviene quando si incontra per la prima volta un allergene altrimenti innocuo. Le cellule specializzate nella presentazione dell’antigene (APC) come i monociti, i macrofagi e le cellule dendritiche immature catturano l’antigene e lo degradano in peptidi immunogenici corti. I frammenti antigenici scissi vengono presentati alle cellule T helper (Th) CD4+ naïve su molecole MHC di classe II. In funzione di una moltitudine di fattori, in particolare il microambiente delle citochine, queste cellule T helper naïve vengono poi indirizzate a linfociti Th1 o Th2. I linfociti Th1 secernono prevalentemente IL-2, IFN-g e il fattore di necrosi tumorale TNF-b per indurre una risposta immunitaria cellulare. Al contrario, i linfociti Th2 secernono le citochine IL-4, IL-5, IL-9 e Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.23 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) IL-13 per indurre una risposta immunitaria umorale; in particolare, la classe delle cellule B comincia a produrre immunoglobuline E (IgE) specifiche per l’antigene. Nell’asma allergico esiste uno squilibrio tra linfociti Th1 e Th2 con uno spostamento dell’immunità da un profilo Th1 verso un profilo Th2. Per questo motivo, l’asma allergico spesso viene definito anche come un disturbo Th2-mediato con una risposta immunitaria persistente agli allergeni inalati deviata verso Th2 (Tavola 4.23). L’IgE è una g-l-glicoproteina e nei soggetti normali è l’anticorpo meno abbondante, con una concentrazione sierica pari a 150 ng/mL rispetto ai 10 mg/mL dell’IgG. Nelle persone “atopiche”, tuttavia, le concentrazioni di IgE in circolazione possono superare di oltre 10 volte il livello normale. I livelli di IgE aumentano anche in pazienti con parassitosi e con sindrome da iper-IgE. L’aumento della concentrazione sierica non è necessariamente un segnale specifico dell’entità o della gravità di un’allergia. Le molecole dell’IgE si legano alla superficie dei mastociti o di altre cellule come i basofili. I mastociti che contengono IgE sono distribuiti nella mucosa delle vie aeree superiori e inferiori e nei tessuti connettivi perivascolari del polmone. Una volta avvenuta la sensibilizzazione a un allergene, una nuova esposizione del paziente a quello stesso allergene può provocare una reazione allergica acuta, conosciuta anche come reazione da ipersensibilità immediata (Tavola 4.23). A contatto con l’antigene specifico, i mastociti sensibilizzati all’IgE secernono mediatori preformati e mediatori sintetizzati ex novo, tra cui istamina, cisteinil leucotrieni, chinine, prostaglandine, trombossani e fattore di attivazione delle piastrine. I mastociti sono inoltre fonte di citochine proinfiammatorie. Ogni molecola di antigene deve congiungere almeno due delle molecole di IgE legate alla superficie della cellula. Seguono una contrazione della muscolatura liscia delle vie aeree, vasocostrizione e ipersecrezione di muco insieme a una risposta infiammatoria caratterizzata da maggiore permeabilità capillare e infiltrazione cellulare con eosinofili e neutrofili, che producono così i sintomi dell’asma. Modificazioni patologiche nell’asma Le prime informazioni sulla patologia asmatica sono state raccolte attraverso esami autoptici su persone decedute per asma o sulle Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica vie aeree di pazienti asmatici morti per altre cause o sottoposti a resezioni polmonari. Tutti i dati a disposizione indicavano modificazioni patologiche simili ma di gravità variabile e fornivano indicazioni per individuare le cause e le conseguenze delle reazioni infiammatorie nelle vie aeree (Tavola 4.24). I caratteristici tappi mucosi possono causare un’ostruzione nelle vie aeree dei soggetti asmatici, portando a un’alterazione del rapporto ventilazione-perfusione, e contribuire così ­all’ipossiemia. I tappi mucosi sono composti da muco, proteine sieriche, cellule infiammatorie e frammenti cellulari che includono cellule epiteliali desquamate e macrofagi spesso disposti secondo uno schema a spirale (spirali di Curschmann). La produzione eccessiva di muco negli episodi letali di asma è riconducibile all’ipertrofia e all’iperplasia delle ghiandole sottomucose. Il muco contiene anche elevate quantità di acidi nucleici, glicoproteine e albumina che lo rendono ancora più viscoso. Questa reologia mucosa ­alterata, accompagnata 133 Tavola 4.24Apparato respiratorio Asma bronchiale (Seguito) dalla perdita di epitelio ciliato, pregiudica la clearance mucociliare. Nell’asma, le pareti delle vie aeree si ispessiscono in misura crescente in funzione della gravità della malattia. Rispetto a quanto osservato nei soggetti non asmatici, lo spessore delle pareti delle vie aeree aumenta dal 50 al 300% nei pazienti con una forma letale di asma e dal 10 al 100% in pazienti con una forma non letale di asma. L’aumento di spessore è determinato da un incremento della maggior parte dei compartimenti tissutali, tra cui muscolatura liscia, epitelio, sottomucosa, avventizia e ghiandole mucose. L’edema infiammatorio coinvolge l’intera via aerea, in particolare lo strato sottomucoso con ipertrofia e iperplasia marcate delle ghiandole sottomucose e iperplasia delle cellule caliciformi. L’iperplasia e l’ipertrofia delle cellule caliciformi sono associate alla perdita di cellule epiteliali. Si osserva inoltre un’iperplasia dello strato muscolare e una vasodilatazione microvascolare negli strati avventizi delle vie aeree. Studi morfometrici hanno inoltre dimostrato che la lamina propria bronchiale dei soggetti asmatici ha un numero superiore di vasi che occupano un’area percentualmente più grande rispetto ai soggetti non asmatici e in alcune circostanze ciò è correlato alla gravità della malattia. Trattamento a lungo termine dell’asma Le linee guida relative al trattamento dell’asma sono molto coerenti nell’individuarne obiettivi e finalità. Il trattamento serve a (1) ridurre al minimo o eliminare i sintomi dell’asma, (2) ottenere la migliore funzionalità polmonare possibile, (3) prevenire le riacutizzazioni dell’asma, (4) perseguire gli obiettivi appena elencati usando il minor numero possibile di farmaci, (5) limitare il più possibile gli effetti negativi a lungo e breve termine e, infine, (6) informare il paziente in modo adeguato sulla malattia e sugli scopi della cura. Un altro obiettivo importante consiste nel prevenire il declino della funzionalità polmonare e lo sviluppo di ostruzioni fisse delle vie aeree, eventi che si manifestano in alcuni pazienti asmatici. Oltre agli obiettivi e alle finalità, le linee guida descrivono cosa si intende con l’espressione controllo dell’asma. Il controllo dell’asma ovviamente comprende gli obiettivi appena elencati ma si prefigge anche di ridurre il ricorso ai farmaci salvavita, come i b2-agonisti per via inalatoria, a meno di una somministrazione giornaliera, ridurre al minimo la variabilità dei flussi che è tipica dell’asma e consentire lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Raggiungere questo livello di controllo dell’asma dovrebbe essere lo scopo sin dalla primissima visita del paziente dal medico curante. Il trattamento farmacologico dei pazienti asmatici 134 deve essere preso in considerazione solo nel contesto di un programma di formazione sulla malattia in cui si insegni a evitare i fattori che inducono l’asma (Tavola 4.25). Asma lieve persistente La somministrazione di bassi dosaggi di corticosteroidi per via inalatoria (ICS) spesso è in grado di offrire il controllo ideale del- l’asma e ridurre il rischio di gravi riacutizzazioni sia nei bambini sia negli adulti con asma lieve persistente, e dovrebbe essere la cura preferenziale. Gli ICS sono i farmaci antinfiammatori più efficaci per il trattamento di tale condizione. Nella Tavola 4.26 sono illustrati i meccanismi di azione dei vari rimedi per l’asma. Non esistono prove convincenti del fatto che l’uso regolare di una terapia combinata di ICS e b2-agonisti a lunga durata d’azione (LABA) per via inalatoria Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.25 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) offra benefici aggiuntivi. Un altro trattamento possibile è costituito dagli antagonisti dei recettori dei leucotrieni (LTRA), che però sono meno efficaci degli ICS somministrati a basse dosi. Per qualsiasi forma di terapia sussistono differenze interindividuali e intraindividuali anche significative nelle risposte e lo stesso discorso vale per il trattamento con ICS e LTRA negli adulti e nei bambini. Generalmente gli ICS forniscono risultati migliori degli LTRA in quasi tutti i pazienti asmatici. Alcuni soggetti possono mostrare una risposta maggiore agli LTRA, ma al momento è impossibile identificare in modo accurato questi responder sulla base delle loro caratteristiche cliniche, fisiologiche o farmaco-genomiche. Il rischio di effetti collaterali è un altro problema che bisogna valutare quando si decide di sottoporre i pazienti affetti da asma lieve a un trattamento con ICS. Gli ICS non vengono metabolizzati a livello polmonare e ogni molecola di ICS somministrata nei polmoni viene poi assorbita nella circolazione sistemica. Tutti gli studi condotti su pazienti con asma lieve persistente hanno utilizzato ICS a bassi dosaggi (dosi massime: 400 mg/die) e sono parecchi i dati disponibili che provano la sicurezza di queste basse dosi negli adulti, anche se somministrate per lungo tempo. Nei bambini, tuttavia, è stato dimostrato un sensibile rallentamento nella velocità di crescita con bassi dosaggi di ICS, sebbene sia improbabile che ciò possa influire sull’altezza finale di questi pazienti visto che l’unico studio che ha monitorato i bambini trattati con ICS fino al raggiungimento della loro altezza massima non ha rilevato alcun effetto dannoso nemmeno con dosi giornaliere moderate di ICS. Asma moderato persistente I pazienti affetti da asma moderato persistente soffrono di una forma d’asma che non si riesce a controllare efficacemente con bassi dosaggi di ICS. Per questi soggetti, le linee guida sul trattamento dell’asma consigliano come opzione preferita la terapia combinata con ICS e un LABA poiché è stato dimostrato che, rispetto a un trattamento con soli ICS, nell’asma moderato persistente questo tipo di cura migliora anche tutti gli indicatori del controllo asmatico. È importante sottolineare che i maggiori benefici associati alla terapia combinata con ICS e LABA nell’asma moderato persistente sono stati dimostrati soprattutto negli adulti asmatici. La terapia di combinazione ICS + LABA (ad es. beclometasone dipropionato + formoterolo, budesonide + formoterolo, fluticasone propionato + salmeterolo) è indicata nel trattamento regolare dell’asma quando l’uso di un prodotto di associazione (corticosteroide per via inalatoria e LABA) è appropriato: pazienti non adeguatamente controllati con corticosteroidi per via inalatoria e b2-agonisti per via inalatoria a breve durata d’azione usati al bisogno oppure pazienti che sono già adeguatamente controllati sia con corticosteroidi per via inalatoria sia con b2-agonisti a lunga durata d’azione. La terapia di combinazione ICS + LABA non è indicata per il trattamento degli attacchi acuti e per il trattamento iniziale dell’asma. Se un paziente dovesse avere bisogno di una Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica combinazione di dosi diverse da quelle disponibili con l’associazione fissa, si devono prescrivere le dosi appropriate di b2-agonisti e/o corticosteroidi in inalatori separati. Diversi studi hanno messo a confronto il beneficio clinico che si ottiene in pazienti adulti e bambini con asma moderato persistente quando agli ICS si aggiungono anche gli LTRA. Rispetto a una terapia a base di soli ICS, l’aggiunta di LTRA agli ICS può migliorare in misura limitata il controllo dell’asma, tuttavia non si può consigliare questa strategia come sostituto all’aumento della dose di ICS. Inoltre, gli LTRA si sono dimostrati meno efficaci dei LABA quando combinati con gli ICS. Anche la teofillina in dosi ridotte è stata valutata come terapia addizionale agli ICS, ma il beneficio ottenuto è meno significativo di quello dei LABA. Un’altra possibile opzione terapeutica per i pazienti con asma moderato è l’omalizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante che agisce contro l’IgE. Questo anticorpo dell’IgE forma complessi con l’IgE libera, 135 Tavola 4.26Apparato respiratorio Asma bronchiale (Seguito) bloccando così l’interazione tra l’IgE stessa e le cellule effettrici e riducendo le concentrazioni sieriche dell’IgE libera. A differenza del placebo, in pazienti cui vengono somministrate dosi da moderate ad alte di ICS, omalizumab riduce le riacutizzazioni asmatiche e consente una piccola ma statisticamente significativa riduzione della dose di ICS. Questo trattamento non è stato messo a confronto con terapie addizionali comprovate come i LABA, molto meno costose. L’omalizumab è indicato,come terapia aggiuntiva, per la cura dell’asma allergico grave persistente e non è indicato per il trattamento delle riacutizzazioni asmatiche acute, broncospasmo acuto o stato asmatico. La terapia con omalizumab può durare al massimo 12 mesi in regime controllato e registrato e deve essere iniziata da medici specialisti esperti nella diagnosi e nel trattamento di asma grave. Asma grave persistente I pazienti con asma grave sono quelli che non rispondono in maniera adeguata nemmeno ad alti dosaggi di ICS e ai LABA. Questo gruppo consuma le risorse sanitarie destinate alla patologia asmatica in misura sproporzionata. Dal punto di vista fisiologico, mostrano spesso intrappolamento d’aria, collasso delle vie aeree e un elevato grado di iperreattività bronchiale. Si tratta di soggetti con sintomi giornalieri, riacutizzazioni frequenti, limitazione delle attività fisiche e frequenti sintomi di asma notturno. Quasi sempre i pazienti con asma difficilmente trattabile sono persone adulte con comorbilità importanti, tra cui grave rino-sinusite, reflusso gastro-esofageo, obesità e disturbi ansiogeni. Nel tentativo di pervenire a un controllo dell’asma, questi soggetti devono spesso ricorrere a corticosteroidi orali oltre ad alte dosi di ICS e all’uso di b2-agonisti a lunga durata d’azione Trattamento delle riacutizzazioni asmatiche gravi Gli episodi di asma grave acuto (riacutizzazioni asmatiche) sono caratterizzati da aumento progressivo del respiro corto, tosse, sibilo respiratorio e costrizione toracica oppure una combinazione di questi sintomi e sono caratterizzati da un’ostruzione delle vie aeree quantificabile misurando il PEF o il VEMS. Queste misurazioni sono indicatori della gravità dell’ostruzione più affidabili rispetto al grado dei sintomi. Le riacutizzazioni gravi sono potenzialmente letali e la loro cura richiede una supervisione molto attenta: alla loro insorgenza, i pazienti dovrebbero rivolgersi subito al proprio medico curante 136 oppure recarsi nell’ospedale più vicino in grado di offrire un trattamento di emergenza ai soggetti con asma acuto. Un attento monitoraggio obiettivo della risposta alla terapia è fondamentale. Tra le più importanti terapie per le riacutizzazioni asmatiche gravi vi è la somministrazione ripetuta di b2-agonisti a breve durata d’azione per via inalatoria, assunti in 2-4 inalazioni ogni 20 minuti per la prima ora (Tavola 4.27). Trascorsa la prima ora, la dose di b2-agonisti necessaria dipende dalla gravità della riacutizzazione e dalla risposta ai b2-agonisti precedentemente somministrati per via inalatoria. Una combinazione di b2-agonista (salbutamolo) per via inalatoria e anticolinergico (ipratropio bromuro) potrebbe produrre una broncodilatazione migliore rispetto ai due farmaci assunti singolarmente. L’ossigeno andrebbe somministrato attraverso una cannula nasale o una maschera e titolato rispetto alla pulsossimetria in modo da mantenere una saturazione soddisfacente dell’ossigeno pari o superiore al 90% (≥95% nei bambini). Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Tavola 4.27 Asma Malattie e anatomia patologica bronchiale (Seguito) I glucocorticoidi sistemici accelerano la risoluzione delle riacutizzazioni e dovrebbero essere adoperati in tutte le forme di riacutizzazioni tranne quelle più lievi, soprattutto se la terapia iniziale a base di b2-agonisti a breve durata d’azione per via inalatoria non aiuta a ottenere un miglioramento duraturo. In genere i glucocorticoidi orali hanno un’efficacia pari a quelli somministrati per via endovenosa. Gli scopi della terapia sono alleviare l’ostruzione delle vie aeree e l’ipossiemia il più velocemente possibile e pianificare la prevenzione di future recidive. Durante le riacutizzazioni asmatiche bisogna assolutamente evitare la sedazione per via dell’effetto depressivo sulla respirazione prodotto dagli ansiolitici e dai farmaci ipnotici. I pazienti che rischiano seriamente di morire a causa dell’asma devono cercare urgentemente assistenza sanitaria appena ha inizio la riacutizzazione. Rientrano in questo gruppo i pazienti con una storia precedente di asma quasi letale che abbia richiesto intubazione e ventilazione meccanica, i pazienti con storia di ricovero ospedaliero o visita d’urgenza per asma nell’anno precedente, quelli che usano oppure hanno smesso di recente di usare glucocorticosteroidi orali, i soggetti con un’iperdipendenza da b2-agonisti a breve durata d’azione per via inalatoria, con una storia di malattia psichiatrica o problemi psico-sociali e quelli con una storia di mancata compliance al piano terapeutico per l’asma. La risposta al trattamento può richiedere tempo e i pazienti devono essere monitorati con attenzione attraverso misurazioni cliniche e oggettive. Un trattamento sostenuto deve continuare fino a quando le misurazioni relative alla funzionalità polmonare non tornano al loro precedente migliore livello o fino a quando non si verifica un assestamento nella risposta ai b2-agonisti per via inalatoria; a questo punto si può decidere se prescrivere il ricovero o autorizzare la dimissione. I pazienti che possono essere dimessi tranquillamente sono quelli che rispondono entro le prime due ore, un lasso di tempo sufficiente per prendere una decisione riguardo alla loro destinazione. In genere, i pazienti con un VEMS pretrattamento o un picco di flusso espiratorio (PEF) <25% del predetto o quelli con un vems post-trattamento o un PEF <40% del predetto devono essere generalmente ricoverati in ospedale. Spesso, i soggetti con una funzionalità polmonare post-trattamento compresa tra il 40 e il 60% del predetto possono essere dimessi dal reparto di pronto soccorso purché nelle vicinanze di casa ci sia l’opportunità di un follow-up adeguato e la loro compliance al trattamento sia garantita. Atlante di Anatomia, Fisiopatologia e Clinica Ai pazienti dimessi dal reparto di pronto soccorso deve essere prescritta una cura con glucocorticosteroidi orali di almeno sette giorni per gli adulti e più breve (3-5 giorni) per i bambini, associata a terapia broncodilatatrice. Il broncodilatatore può essere utilizzato al bisogno, tenendo conto del miglioramento sintomatico e oggettivo. I pazienti devono iniziare o continuare la terapia con glucocorticosteroidi per via inalatoria. Bisognerà inoltre esaminare in- sieme al paziente la tecnica giusta per l’utilizzo dell’inalatore e del misuratore del picco di flusso per monitorare la terapia domiciliare. Occorre individuare i fattori che hanno precipitato la riacutizzazione, nonché definire le strategie per evitarne future recidive. Infine, si deve valutare la risposta del paziente alla riacutizzazione, preparare un piano d’intervento per l’asma e fornire una guida scritta. 137