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Introduzione
1
1. Le cellule staminali
1
2. Le cellule staminali mesenchimali
2
2.1. Potenziale differenziativo e rigenerazione tissutale
4
2.2 Proprietà immunoregolatorie delle colture di MSCs
5
3. Il microambiente del midollo osseo
6
3.1. Stimoli proliferativi e migratori
9
3.2. Stimoli differenziativi: differenziazione ostegenica e adipogenica
11
3.3. Il tessuto adiposo nel midollo osseo
12
4. Il sistema Fas/ FasL e il suo ruolo nella biologia delle BM-MSC
4.1. Fas/FasL, attivatori del processo apoptico.
13
15
4.2. FasL/Fas, stimoli alla proliferazione cellulare e
al differenziamento
17
4.3. Il sistema FasL/Fas nelle BM-MSCs
18
Scopo della tesi
20
Materiali e metodi
21
1. Reagenti
21
2. Colture cellulari
21
3. Colorazione degli adipociti con Oil Red
22
4. Saggi di proliferazione
22
5. Valutazione dell’apoptosi
23
6. Citofluorimetria a flusso (FACS)
23
7. Estrazione dell’RNA e qPCR
23
8. Estrazione e dosaggio delle proteine
25
9. Elettroforesi su gel di poliacrilammide e Western Blot
26
10. Topi Fas lpr
27
11. Analisi statistica
28
1
Indice
Risultati
29
1. Caratterizzazione delle BM-MSC
29
2. FasL ha un duplice effetto, dose-dipendente, sulle BM-MSC
30
2.1. Alte dosi di FasL hanno un effetto pro-apoptotico nelle BM-MSC 30
2.2. Basse dosi di FasL inducono la proliferazione delle BM-MSC
3. Segnali biochimici attivati da FasL nelle BM-MSC
32
34
3.1 Attivazione delle caspasi
34
3.2. Attivazione delle MAP chinasi ERK1/2
35
4. FasL non altera il fenotipo delle BM-MSCs
37
5. Ruolo di FasL nella differenziazione delle BM-MSC in adipociti
39
6. L’inibizione dell’adipogenesi non dipende dalla morte per apoptosi
delle BM-MSCs.
41
7. L’effetto inibitorio di FasL è reversibile e le cellule mantengono
il loro potenziale differenziativo
43
8. I topi Fas lpr presentano aumentati livelli di marker adipogenici
44
Discussione
46
Bibliografia
51
2
Introduzione
Introduzione
1. Le cellule staminali
Le cellule staminali sono precursori immaturi in grado di dare origine ad una
popolazione cellulare che si mantiene in uno stato indifferenziato e assicura la
rigenerazione del tessuto di appartenenza, o a cellule con capacità proliferante che
maturano e si differenziano. In base al grado di potenzialità differenziativa, le cellule
staminali possono essere divise in:
•
totipotenti: cellule staminali in grado di differenziare in ogni tessuto
embrionale o extraembrionale e di dare origine a un intero individuo. Derivano da
embrioni allo stadio di 4-8 cellule dopo 1-3 giorni dalla fecondazione;
•
pluripotenti: si trovano nell’embrione allo stadio di blastocisti, dopo 4-14
giorni dalla fecondazione: sono capaci di generare tessuti appartenenti ai tre strati
germinali diversi ma non un intero individuo;
•
multipotenti: possono differenziarsi in tessuti diversi ma appartenenti allo
stesso foglietto embrionale: fanno parte di tale categoria le cellule dei tessuti fetali,
del cordone ombelicale e le cellule staminali adulte;
•
unipotenti: presenti nei tessuti adulti, sono in grado di auto-rinnovarsi (self-
renewal) e di differenziarsi nel tipo cellulare del tessuto di appartenenza,
assicurandone la riparazione e il mantenimento.
A seconda della fase maturativa dell’individuo da cui sono isolate, sono classificate
in embrionali e adulte.
Le cellule staminali embrionali sono caratterizzate da un’elevatissima capacità di
replicazione e mantengono inalterata la loro potenzialità differenziativa. Tuttavia
diverse problematiche impediscono l’uso di queste cellule nella pratica clinica. Tali
cellule, infatti, per essere coltivate in vitro, richiedono feeder layer per il nutrimento;
proliferano indefinitamente in vitro e, iniettate in vivo, producono teratomi. Inoltre,
una volta indotte alla differenziazione, solo in parte formano il tessuto richiesto e
danno origine in percentuali diverse anche ad altri tipi di tessuto. Infine l’utilizzo di
embrioni per la produzione di tali cellule può sollevare complicazioni di carattere
etico.
La presenza di cellule staminali nei compartimenti rigenerativi intratissutali
dell’individuo adulto è nota da tempo: nei primi anni ‘60 Till e McCulloch
scoprirono nel midollo osseo le cellule staminali ematopoietiche, capaci di
1
Introduzione
autorinnovarsi e differenziarsi in diversi tipi cellulari. In seguito si scoprirono le
cellule staminali gastrointestinali e iniziò la ricerca di precursori simili in altri tessuti:
popolazioni di progenitori vennero ritrovate nel cervello, nella pelle, nei muscoli
scheletrici, nel fegato, nel pancreas, nel grasso. nel cuore e nei polmoni. (4, 86).La
loro progressiva caratterizzazione ha permesso di evidenziare la pluripotenzialità di
alcuni di questi elementi, simile a quella delle cellule staminali embrionali,
modificando profondamente il concetto di cellula staminale, secondo il quale esiste
una differenziazione progressiva dei precursori immaturi che segue lo schema della
filiera di derivazione embrionale a cui una cellula appartiene.
2. Le cellule staminali mesenchimali
La rigenerazione dei tessuti di origine mesenchimale nell’adulto dipende da una
popolazione di cellule pluripotenti identificate come cellule mesenchimali staminali
o cellule mesenchimali stromali (MSCs, mesenchymal stem or stromal cells).
La presenza di cellule staminali non-ematopoietiche nel midollo osseo venne
suggerita dal patologo tedesco Clonheim 130 anni fa, e fu confermata negli anni ‘70,
dai lavori di Friedenstein, (21) che identificò nel midollo osseo del topo e della cavia
una sottopopolazione di cellule con potenzialità osteogenica: da campioni di midollo
osseo intero seminati in piastre di plastica isolarono pochi elementi aderenti con un
aspetto fusato o “simil-fibroblastico”, che formavano foci di poche cellule, definiti
fibroblast-colony-forming units (CFU-F). Dopo diversi passaggi in coltura, le cellule
che sopravvivevano divenivano omogenee e conservavano la capacità di replicarsi e
di dare origine a cellule della cartilagine e della struttura ossea (12, 70). Nel 1980
Castro-Malaspina et al utilizzarono la stessa tecnica per isolare cellule con
caratteristiche simili da campioni di midollo osseo umano (11) e in quegli stessi anni
Clark, B.R e Keating (14) iniziarono a studiare il ruolo di queste cellule nel supporto
dell’emopoiesi.
Nel 1991 Caplan (10) propose che tali cellule fossero le cellule staminali
mesenchimali (MSC, mesenchymal stem cells), capaci di differenziare in tutti i tipi
cellulari di origine mesodermica. Tale ipotesi spinse diversi gruppi ad indagare la
loro capacità differenziativa e il loro ruolo nella rigenerazone tissutale; tuttavia,
anche se molti lavori hanno messo in evidenza la loro multipotenzialità (87), solo
pochi hanno intrapreso lo studio dei singoli cloni per indagare se tali cellule
2
Introduzione
possiedono davvero le caratteristiche di auto-rinnovamento e differenziamento delle
staminali. (70)
Muraglia et al.(38), analizzando cloni derivanti da una singola cellula, hanno
dimostrato che un terzo di questi aveva la capacità di differenziare nelle 3 linee, un
60-80% presentava un potenziale osteo-condrogenico e tutti tranne uno
differenziavano in osteoblasti mentre non sono stati osservati cloni con un potenziale
osteo-adipogenico, condro-adipogenico o solo adipogenico o condrogenico.
Anche Lee et al. (30) e Sarugaser et al. (71), studiando rispettivamente cellule del
midollo osseo e cellule perivascolari del cordone ombelicale (HUCPVC), hanno
messo in luce che soltanto piccole sottopopolazioni rispetto alla totalità delle cellule
isolate mostrano capacità di auto-rinnovarsi e sono realmente multipotenti.
Le
variabilità
di
comportamento
riscontrate
studiando
questi
progenitori
mesenchimali dipende quindi dal tessuto da cui sono isolate (i) ma anche dalla
tecnica di isolamento utilizzata (ii).
Il midollo osseo è la fonte più ricca di MSC, dove rappresentano lo 0.01-0.001%
delle cellule nucleate ottenute da un aspirato midollare, (50) ma sono state isolate
anche da altri tessuti ematopoietici, il sangue periferico e il sangue del cordone
ombelicale, dai tessuti parenchimali come i muscoli, il grasso, il fegato, (60) o dalla
placenta (42) e dal liquido amniotico (15). Inoltre l’utilizzo di metodiche di
purificazione e coltura diverse hanno influenzato profondamente il loro
comportamento, o perché ogni volta queste condizioni hanno selettivamente
promosso l’espansione di popolazioni differenti, o perchè
hanno provocato
l’assunzione di fenotipi diversi da parte di cellule simili(50).
Dato il grande interesse per queste cellule pluripotenti e la grande confusione su
quali fossero le loro reali caratteristiche nel 2006 la International Society for Cellular
Therapy (ISCT) ha definito i criteri minimi per identificare una MSC:
1) deve aderire alla plastica e originare una colonia di cellule fibrobastoidi, la CFUF,
2) deve essere positiva per l’espressione di CD105, CD73 e CD90 e negativa per
l’espressione dei marker di superficie ematopoietici CD34, CD45, CD11a, CD19 e
HLA-DR;
3
Introduzione
3) in seguito a specifiche stimolazioni differenziano in vitro in osteoblasti (con
deposizione di cristalli di idrossiapatite), condrociti (con sintesi di matrice
cartilaginea) e adipociti (con vacuoli citoplasmatici contenenti lipidi).
Tuttavia tali criteri non permettono di identificare solo le cellule staminali: la
maggior parte delle popolazioni cellulari che li possiedono non sono infatti composte
da tutte cellule in grado di auto rinnovarsi e di proliferare per molti passaggi ma sono
composte da diversi tipi cellulari con potenziale proliferativo e differenzaitivo
incerti. (61) Per questo le popolazioni cellulari con le caratteristiche descritte
dovrebbero essere considerate Mesenchymal Stromal Cells, cellule mesenchimali
stromali, (88), che possono presentare alcuni elementi staminali più o meno
numerosi.
2.1. Potenziale differenziativo e rigenerazione tissutale.
Le MSC derivano principalmente dal mesoderma, il foglietto embrionale intermedio
che si differenzia intorno al terzo mese di gestazione, ma possono originare anche da
alcune porzioni degli altri due foglietti embrionali: l’ectoderma della cresta neurale e
l’endoderma della placca precordale (72). È stato supposto che durante lo sviluppo
embrionale tali cellule si distribuiscono ai vari distretti corporei e persistono
nell’adulto come riserva per la riparazione e la rigenerazione tissutale (16). Il fatto
che originano da tutti i tre foglietti embrionali può spiegare la loro pluripotenza.
Oltre a differenziare in cellule dei tessuti connettivi di origine mesodermica:
osteociti, condrociti, adipociti e mioblasti, se vengono stimolate con gli opportuni
fattori possono assumere la morfologia e le caratteristiche di cardiomiociti, neuroni e
astrociti (24, 25). Nonostante i promettenti risultati ottenuti in vitro, la loro capacità
di rigenerare in vivo tutti questi diversi tessuti è ancora oggetto di studio. È stato
mostrato che le MSCs vengono naturalmente richiamate nei tessuti danneggiati, il
miocardio, il polmone la pelle, il pancreas e l’osso, e ne coadiuvano la rigenerazione
(60). E’ ormai riconosciuto che tale effetto dipende, almeno in parte, dalla
differenziazione delle MSCs in cellule del tessuto lesionato per sostituire quelle
danneggiate. Nella fase acuta di infiammazione conseguente al danno le MSCs
svolgono il loro effetto “paracrino”: secernono elevate quantità di molecole bioattive
come citochine, antiossidanti e fattori trofici o pro-angiogenici che favoriscono il
processo ripartivo reclutando cellule immunitarie e elementi che sostituiscono quelli
4
Introduzione
danneggiati e riducendo la risposta allo stress e l’apoptosi. (70, 60). Come è stato
dimostrato da Anversa et al. per il cuore e il polmone (4), è probabile che le
popolazioni di MSCs isolate dalle diverse fonti contengano cellule staminali tessutospecifiche che differenziano principalmente nei tipi cellulari presenti nel tessuto di
origine. Quando tali cellule vengono immesse in un organo differente, a seconda
degli stimoli con cui vengono a contatto, possono indirizzarsi verso un determinato
processo differenziativo e, più probabilmente, possono stimolare la proliferazione e il
differenziamento delle cellule staminali o progenitrici endogene tramite meccanismi
attivati dal contatto cellula-cellula o tramite la produzione di citochine. Questo ruolo
di “citokine factories” attira l’attenzione di molti studiosi: comprenderlo più a fondo
permetterebbe di scoprire nuovi meccanismi biologici e di identificare fattori utili
alla rigenerazione tissutale che potrebbero sostituire l’azione delle cellule (70).
2.2 Proprietà immunoregolatorie delle colture di MSCs
Un’altra interessante caratteristica delle MSC è il loro effetto pleiotropico sul sistema
immunitario.
Molti lavori hanno dimostrato che queste cellule modulano le funzioni dei linfociti T:
innanzitutto presentano bassi livelli di MHC II e delle molecole di superficie
costimolatorie CD80, CD86 e CD40, e quindi messe a contatto con linfociti
allogenici non inducono una risposta proliferativa, anche quando l’IFNγ determina
l’aumento di espressione di MHCII sulla loro superficie. Diverso è il loro
comportamento a contatto con linfociti singenici: in questo in seguito alla
stimolazione con IFNγ agiscono come cellule presentanti l’antigene (APC) e sono in
grado di attivare una risposta immunitaria antigene-specifica, esprimono inoltre
numerosi recettori con cui interagire con i linfociti T (VCAM, ICAM-1, LFA-3).
La loro azione inibitoria sui linfociti T dipende anche dalla loro espressione di IDO,
un enzima che riduce i livelli di triptofano e diminuisce l’attività dei linfociti, e dalla
produzione di NO che ne .riduce la proliferazione.(50). Studi recenti sostengono che
l’azione antiproliferativa delle hMSCs sui linfociti passa per una down-regolazione
di NF-kB e dal blocco del loro ciclo cellulare in fase G0/G1. (70)
Le MSCs agiscono anche sulle cellule dendritiche, inibendo l’espressione di CD1a,
CD40, CD80 e CB86 durante la loro maturazione (69) e riducono il loro potenziale
pro-infiammatorio inibendo la loro produzione di TNF-a, IFN-c e IL-12 e
5
Introduzione
aumentando i livelli di IL-10, che al contrario determina un fenotipo antiinfiammatorio delle DC.
Altri studi mostrano che le MSC possono sfuggire all’azione delle cellule NK,
effettrici dell’immunità innata e inibiscono la proliferazione di queste cellule tramite
contatto diretto o con la liberazione di fattori solubili come TGF-b e PGE2 (54)
Negli ultimi anni sta suscitando particolare interesse lo studio dei recettori Toll-like
nelle MSC e del loro ruolo modulazione della risposta immunitaria. In particolare
Waterman (89), basandosi su esperimenti che mettevano in relazione l’attivazione
del TLR-3 e del TLR-4 con i profili di secrezione di citochine, la capacità migratoria
e l’espressione di proteine collegate ai pathway attivati da questi due diversi
recettori, ha proposto un nuovo modello di azione delle MSC: quando viene attivato
il TLR-4 le cellule assumono un ruolo pro-infiammatorio (MSC1) mentre
l’attivazione del TLR-3 determina un fenotipo immunosoppressivo (MSC-2) e
stimola la migrazione, l’assunzione di un comportamento piuttosto che l’altro
dipende dai livelli di citochine e chemochine presenti nel microambiente.
Nonostante la grandissima mole di lavori sulle caratteristiche delle MSC e sulle loro
possibili applicazioni cliniche, gli studi svolti in vitro non sempre vengono
confermati in vivo e sappiamo molto poco delle caratteristiche e del ruolo fisiologico
delle MSC nell’organismo.
Secondo Keating (70) la definizione di MSC utilizzata fino ad ora identifica un
“fenomeno di coltura cellulare” e non si può dare per certo che ciò che si osserva in
vitro siano attività proprie della cellula nel suo microambiente. È quindi importante
intraprendere ricerche in vivo su MSC endogene, seguire il loro comportamento e
capire in quali processi fisiologici sono coinvolte, ma parallelamente è indispensabile
studiare l’ambiente in cui agiscono e gli stimoli che le influenzano.
3. Il microambiente del midollo osseo
Con il termine “ nicchia” si intende un microambiente costituito da cellule e fattori
solubili che regola la proliferazione o la maturazione delle cellule staminali,
influenzato dai segnali del tessuto di cui fa parte o del resto dell’organismo. (7)
Sono stati fatte molte ipotesi sui meccanismi che regolano tale ambiente ma gli esiti
degli studi non sono sempre univoci e comprendere i processi che regolano la
staminalità nei tessuti adulti è tanto importante quanto difficile.
6
Introduzione
Per quanto riguarda le MSC, le conoscenze sulle nicchie in cui fisiologicamente
risiedono sono molto ridotte: secondo l’ipotesi più accreditata si trovano nelle aree
perivascolari del midollo osseo e sono strettamente associate alle HSC (37) e
sottoposte in parte dagli stessi stimoli.
Nell’uomo adulto, il midollo osseo si localizza nello scheletro assile e nelle metafisi
delle ossa lunghe. In queste regioni l’osso è spugnoso e la cellule ematopoietiche ,
non ematopoietiche e i sinusoidi del midollo osseo si posizionano tra le trabecole
ossee costituendo una struttura dall’architettura intricata, dove tuttavia è possibile
distinguere un aumento dei micro capillari in prossimità dell’endostio, la lamina che
riveste le trabecole. (7)
Questa associazione tra tessuto osseo e microcircolazione sembra avere un ruolo
importante per l’emopoiesi: è stato osservato che quando delle HSC purificate
vengono trapiantate in topi irradiati, vanno a localizzarsi vicino all’endostio del
tessuto osseo trabecolare. In questa zona, così favorevole all’homing delle HSC sono
presenti sia la nicchia dell’ endostio (endosteal niche) che quella perivascolare
(perivascular niche). La prima è costituita principalmente dagli osteoblasti e dagli
osteoclasti, la seconda dalle cellule endoteliali dei vasi, dalle cellule di Schwann, dai
macrofagi e da cellule meno caratterizzate come le Cxcl12-abundant reticular
(CAR), le cellule stromali perivascolati (perivascular stromal cells) e le MSC. (37,
fig. 1)
Figura 1: Mitsiadis TA, Exp Cell Res. 2007 Oct 1;313(16):3377-85 (37)
7
Introduzione
Secondo una interessante ipotesi le due nicchie hanno funzioni distinte: quella
dell’endostio mantiene le HSC in uno stato quiescente per lunghi periodi mentre in
quella vascolare le HSC risiedono per tempi brevi, sono in attiva proliferazione e
vengono indirizzate verso la differenziazione mieloide e megacariocitica o vengono
immesse nel circolo (32, 67). Per confermare tale teoria sarebbe necessario
dimostrare che le HSC migrano da una zona all’altra.
Secondo numerosi lavori, sulla parete abluminale dei sinusoidi del midollo osseo
risiedono, insieme alle HSC, cellule diverse dagli osteoblasti e dalle endoteliali.
Alcuni di questi elementi, sono caratterizzati da una elevata espressione di CXCL 12
(SDF-1) , un fattore fondamentale per il richiamo e il mantenimento delle HSC nella
loro nicchia.
Sono state identificate con nomi diversi: CXCL 12-abundant reticular (CAR) cells
nel topo, adventitial reticular cells (ARCs) nell’uomo, o semplicemente
osteoprogenitors, ma è probabile che siano popolazioni in parte sovrapponibili, o
stadi maturativi differenti dello stesso tipo cellulare e che coincidano con le MSCs
(7, 17). Presentano infatti caratteristiche simili: generano cloni in vitro, sono capaci
di auto-rinnovarsi, sono multi potenti e generano osteoblasti e adipociti. Lo studio di
Mendes-Ferrer e collaboratori ha dimostrato che le cellule mesenchimali stromali
positive per la nestina (Nestin+ MSCs) esprimono molti fattori di mantenimento per
le HSC, tra cui CXCL12, inoltre sono spazialmente associate alle fibre nervose
adrenergiche e presentano sulla membrana il recettore β3 –adrenergico Adrb3. La
stimolazione nervosa attiva tale recettore e di conseguenza abbassa la produzione
dei fattori che richiamano le HSC, inducendone la mobilizzazione, e inibisce la
differenziazione osteogenica delle MSC, mentre la stimolazione del paratormone
induce la proliferazione delle Nestin+ MSCs , ne favorisce la differenziazione in
osteoblasti e determina il mantenimento delle HSC nella nicchia.
Questi risultati suggeriscono l’esistenza di una nicchia unica dove i destini delle
MSC e delle HSC sono associati e finemente regolati dagli stimoli locali e ma anche
dai segnali ormonali e del sistema nervoso autonomo.
Le MSC esprimono alti livelli di numerosi altri geni che sono implicati nella
regolazione delle HSC: Jagged-1, N-Cadherin, Stem cell factor (SCF; c-Kit ligand),
thrombopoietin (Thpo or TPO). (17)
8
Introduzione
Le MSC, e i tipi cellulari che ne derivano possono essere considerate gli
organizzatori principali della nicchia emopoietica: infatti dirigono la formazione di
cavità attivando gli osteoclasti, contribuiscono allo svipuppo dei sinusoidi , regolano
la proliferazione e la mobilitazioone delle HSC, Quando differenziano in adipocti
possono avere il ruolo di aumentare o diminuire il letto capillare nel midollo, mentre
quando differenziano in osteoblasti hanno un ruolo nel mantenimento del pool
staminale emopoietico. (7, figura 2)
BM-CFU-F
Osteoprogenitors,
skeletal stem cells,
MSC
Figura 2: Bianco P, Blood. 2011 May 19;117(20):5281-8. (7)
3.1. Stimoli proliferativi e migratori
Le MSC svolgono il ruolo essenziale di compartimento omeostatico, ma
contemporaneamente l’interazione delle BM-MSCs con il microambiente midollare
influenza le loro capacità di rinnovamento e di differenziazione e quindi i processi di
osteogenesi e adipogenesi nel midollo.
I progenitori ematopoietici e la loro progenie insieme con fibroblasti, cellule
endoteliali, osteoblasti, osteoclasti e cellule della linea mieloide e linfoide producono
fattori che supportatano la proliferazione o i processi differenziativi delle MSC.
Tra i numerosi fattori analizzati il fibroblast growth factor 2 (FGF-2) induce un forte
segnale proliferativo in queste cellule, e favorisce l’acquisizione di un fenotipo
9
Introduzione
osteogenico con il risultato di una maggiore formazione di tessuto osseo quando le
cellule sono state impiantate in un modello animale (35).
Con uno studio in vitro, Krampera et al hanno mostrato che l’ heparin-binding
epidermal growth factor-like growth factor (HB-EGF) attraverso la stimolazione di
HER-1 aumenta il potenziale proliferativo delle BMMSCs e ne previene la
differenziazione, indirizzandole verso il processo di self-renewal (29).
L’EGF solubile, così come l’HB-EGF si lega ad HER-1 e attiva il processo mitotico
e preserva i progenitori mesenchimali nel loro stato indifferenziato, tuttavia
l’esposizione delle BM-MSCs ad EGF legato ad una matrice induce il
differenziamento osteogenico. L’EGF solubile attiva il pathway della PI3K-protein
kinase B/Akt ed induce, come l’IL-6, una fosforilazione temporanea delle
ERK/MAPK, mentre lo stimolo persistente con l’EGF immobilizzato provoca
un’attivazione prolungata del pathway delle ERK/MAPK e una conseguente
induzione dell’osteogenesi (18) (Figura 3).
Anche l’interleuchina-6 può contribuire al mantenimento delle MSC in uno stato
indifferenziato (43). Le MSC in coltura producono elevate quantità di IL-6, e tale
espressione diminuisce dopo la differenziazione e in particolare durante il
differenziamento osteogenico. Il trattamento con IL-6 aumenta inoltre la
proliferazione delle MSC, sempre attraverso la fosforilazione temporanea di ERK
1/2, le protegge dall’apoptosi e favorisce il processo di wound-healing in vitro.
Figura 3: Fan VH Stem Cells. 2007 May;25(5):1241-51 (18).
Il ritrovamento di elementi cellulari molto simili alle BM-MSC in molti tessuti
connettivi e nel sangue periferico ha suggerito che in presenza di segnali specifici,
tali elementi possano lasciare il midollo osseo e raggiungere tessuti danneggiati o
infiammati, per partecipare alla loro rigenerazione. (20)
10
Introduzione
Mansilla et al hanno dimostrato che nel sangue di pazienti severamente ustionati è
presente un numero di MSCs significativamente più alto che nei controlli sani ed
hanno osservato che la quantità di queste cellule nel sangue correlava con la gravità
dell’ustione (34). Lo studio di Wang mostra invece che ad una settimana da un
infarto del miocardio, i pazienti presentavano meno MSC circolanti dei controlli,
facendo ipotizzare che tali cellule fossero reclutate nel miocardio danneggiato (66).
È stato supposto che, come accade per le HSC, il reclutamento delle MSC dipenda
da meccanismi simili a quelli con cui vengono richiamati i leucociti ma che siano
coinvolte molecole di adesione differenti: Ruster ha mostrato che la P-selectina è
fondamentale per il rolling delle MSC sulle pareti dei vasi nel topo, e uno studio in
vitro lo ha confermato (49).
3.2. Stimoli differenziativi: Differenziazione ostegenica e adipogenica
L’indirizzamento delle BM-MSCs verso il processo differenziativo osteoblastico o
adipogenico dipende da una stimolazione finemente regolata delle cellule che
determina l’espressione e l’attivazione di specifici fattori di trascrizione.
Diversi studi mostrano che questi due processi sono strettamente associati, ma a
livello clinico si mostrano spesso inversamente correlati: la maggior parte delle
patologie dove si osserva perdita di tessuto osseo sono accompagnate da un aumento
di tessuto adiposo nel midollo.
I fattori di trascrizione e i pathway intracellulari che guidano i processi
differenziativi delle BM-MSC comprendono TAZ, PPARγ2, ΔFosB, Runx-2 e i
pathway associati a Wnt e alla β-catenina (44, 73).
Alcuni fattori possono aumentare il processo osteogenico o adipogenico a spese
dell’altro; ad esempio il fattore LIF o l’IGF-1 promuove l’adipogenesi inibendo
l’osteogenesi e viceversa le BMP o Wnt10b riducono l’adipogenesi e inducono
l’osteogenesi (50).
Tuttavia il sistema è sicuramente più complesso: secondo Abdallah e collaboratori gli
stimoli che regolano l’avvio di un processo differenziativo piuttosto che un altro
sono prodotti dai pre-adipociti o dai pre-osteociti stessi: sFRP-1 and Dlk1/FA1 sono
secrete dai pre-adipociti e influenzano le fasi precoci e tardive della differenziazione
delle MSC (1).
11
Introduzione
PPARγ2 (Peroxisome Proliferator Activated Receptor gamma) è il principale
regolatore trascrizionale del differenziamento adipogenico (73).
Pochi giorni dopo la stimolazione delle MSCs con i fattori che inducono
l’adipogenesi, come l’insulina, il desametazone, l’indometacina e l’iso-butil-metilxantina, l’espressione del trascritto di PPARγ aumenta di almeno dieci volte; anche
successivamente e fino alle ultime fasi della maturazione, PPARγ svolge un ruolo
cruciale nel controllo dell’espressione di geni specifici che determinano il fenotipo e
la funzione degli adipociti, come l’adiponectina e la Fat Acids Binding Protein
FABP4/aP210,11.
Numerosi stimoli regolano la trascrizione di PPAR: gli stress meccanici determinano
la soppressione di PPARγ in seguito ad una stabilizzazione della β-catenina mediata
dalla fosforilazione di Akt, viceversa la degradazione della β-catenina determina un
aumento dei fattori associati al signaling dell’insulina mediato da PPARγ (44).
3.3. Il tessuto adiposo nel midollo osseo
L’adipogenesi del midollo osseo è un processo fisiologico. Il grasso come gli altri
tessuti presenti nel midollo ha un ruolo di mantenimento del microambiente e
costituisce una fonte di energia non solo per l’osso, (31) infatti partecipa al ruolo
fondamentale
dell’osso
sano
nel
mantenimento
dell’equilibrio
energetico
dell’organismo poichè la sua regolazione energetica si associa alla funzione di
integratore metabolico svolta dall’osso attraverso il rilascio di fattori come
l’osteoclacina, che riducono il rischio di obesità e diabete (73).
Secondo Naveiras (39) il tessuto adiposo nel midollo riduce l’emopoiesi. È stato
ipotizzato anche un altro meccanismo che potrebbe correlare fisiologicamente la
presenza di tessuto adiposo con la riduzione dell’emopoiesi: gli adipociti potrebbero
avere un ruolo di regolazione sul letto capillare del midollo osseo (6), infatti i loro
progenitori (cellule ARC o MSC (7, 17).) risiedono attorno ai sinusoidi, e il loro
volume può variare accumulando o liberando lipidi,e di conseguenza tale variazione
determina un restringimento o un ampliamento del lume dei capillari.(7).
Questo meccanismo di chiusura reversibile del circolo microvascolare potrebbe
andare di pari passo con la riduzione dell’emopoiesi, e spiegare la conversione del
midollo giallo in midollo rosso in condizioni come l’anemia emolitica o il
12
Introduzione
sanguinamento, quando l’emopoiesi viene ristabilita per rispondere alla perdita o alla
mancanza di cellule del sangue (7).
Tale tessuto svolge diversi ruoli nell’omeostasi dell’organismo, e di conseguenza una
produzione eccessiva o ridotta di tessuto adiposo midollare può caratterizzare diverse
condizioni patologiche come il mieloma multiplo, l’anoressia nervosa, l’osteoartrite,
la lipodistrofia associata all’HIV e l’osteoporosi (82, 83, 84).
4. Il sistema Fas/ FasL e il suo ruolo nella biologia delle BM-MSC: stato dell’arte.
Negli ultmi anni il concetto che le diverse funzioni cellulari: mitosi, apoptosi,
migrazione, differenziamento, acquisizione di un fenotipo infiammatorio, siano
attivate ciascuna da specifiche interazioni ligando/ recettore, è stato messo in
discussione da evidenze che mostrano che i ruoli di recettori e ligandi considerati
pro-proliferativi come EGF-R(45) e pro-apoptotici come TNF-α (23)o Fas (CD 95)
(46) sono molto più interconnessi di quanto non si pensasse in precedenza.
Negli ultimi anni lo studio del ruolo di Fas (CD95) e del suo ligando FasL (CD178)
su diversi tesuti e tipi cellulari hanno rivelato l’azione versatile e pleiotropica di
questo sistema.
Il FasL è fisiologicamente presente in due forme: può essere esposto sulla membrana
cellulare (membrane-bound FasL, mFasL) o liberato come fattore solubile in seguito
al taglio della sua porzione trans-membranale e intracellulare da parte di specifiche
metallo-proteasi (51). O'Reilly e collaboratori in un importante studio del 2009 sono
riusciti a produrre dei modelli murini che presentavano il solo mFasL o il solo sFasL.
Secondo i loro risultati i topi mFasL-, in cui i linfociti T non possono attivare
l’apoptosi Fas-mediata degli altri linfociti, sviluppavano linfo-adenopatie e
ipergammaglobulinemie in modo simile ai topi FasLgld, con la mutazione naturale di
FasL. Quindi il FasL di membrana, con la sua attività citotossica controlla
l’insorgenza di patologie autoimmuni e protegge dall’insorgenza delle neoplasia; il
FasL solubile potrebbe invece svolgere ruoli non-apoptotici, come l’attivazione di
NF-kB, e un aumento eccessivo della sua produzione potrebbe favorire la
progressione tumorale o un’attivazione sregolata del sistema immunitario tramite una
iper-produzione NF-kB-dipendente di citochine infiammatorie (74).
Il ruolo pleiotropico di questo sistema può dipendere anche dal recettore Fas e dagli
eventi successivi al suo legame con FasL.
13
Introduzione
Autorevoli studi hanno dimostrato che dopo la sua attivazione, Fas può rimanere in
membrana e trasdurre il segnale all’interno della cellula attivando messaggeri
secondari o può essere internalizzato in vescicole di endocitosi che reclutano tutti i
componenti specifici per l’attivazione di un determinato pathway. Schutze et al
hanno dimostrato che in una prima fase il legame di Fas con il suo ligando detemina
la rapida formazione degli SDS-stable microaggregates (CD95hi), che tramite un
processo dipendente dalla palmitoleazione di Fas e dall’associazione dell’ezrina con
l’actina del citoscheletro, traslocano nei lipid-raft della membrana plasmatica. Questi
complessi reclutano bassi livelli di FADD e di caspasi 8 che attivandosi determina
l’associazione di più CD95hi e la formazione delle ‘signalling protein
oligomerization transduction structures’ (SPOTS). Queste strutture non avviano il
processo apoptotico delle cellule di tipo I ma possono innescare pathway non
apoptotici come l’attivazione delle MAPK o la trascrizione di NF-B. Dopo 5-15
minuti dalla sua attivazione, Fas è internalizzato in compartimenti endosomiali con
un processo clatrina-dipendente e a questo punto vengono richiamate grandi quantità
di FADD e caspasi-8 e si formano complessi DISC ad alto peso molecolare con una
conseguente forte attivazione della caspasi-8 e la propagazione del segnale
apoptotico (Fig. 4) (52).
Il legame di Fas con l’anticorpo agonista APO-1 determina la prima fase di
aggregazione di Fas negli hiCD95, ma la successiva internalizzazione e l’attivazione
della caspasi 8 non dipende dall’attivazione del recettore bensì da processi successivi
come
la
palmitoilazione
della
cisteina
199
di
Fas
(19).
L’inibizione
dell’internalizzazione blocca l’apoptosi mentre i meccanismi di attivazione di NF-B
e di ERK 1/2 si mantengono attivi (30). Si può quindi supporre che le dinamiche che
regolano la localizzazione di membrana e l’internalizzazione di Fas giocano un ruolo
fondamentale nell’indirizzare le cellula verso il signaling apoptotico dipendente
dall’internalizzazione
o
verso
un
signaling
alternativo
internalizzazione-
indipendente.
È probabile che i differenti ruoli del FasL di membrana e del FasL solubile siano,
almeno in parte, correlati alla diversa localizzazione che Fas può assumere in seguito
ai due diversi stimoli: tuttavia non ci sono ancora risultati chiari; l’allestimento di cocolture di cellule sensibili al signaling apoptotico di FasL con cellule che esprimono
soltanto il FasL di membrana ha permesso di osservare che il mFasL induce
14
Introduzione
l’internalizzazione di Fas e un livello di attivazione della caspasi-8 simile a quello
ottenuto con il crosslinked sCD95L (30).
Figura 4: Schütze S Nat Rev Mol Cell Biol. 2008 Aug;9(8):655-62 (52).
4.1. Fas/FasL, attivatori del processo apoptico.
FasL e Fas sono stati scoperti e studiati inizialmente per il loro importante ruolo
nell’attivazione del segnale apoptotico recettore-mediato (55).
Fas (CD95) è un membro della famiglia dei Tumor Necrosis Factor Receptors
(TNFR). Quando viene stimolato dal suo ligando FasL (CD178) (o da altri fattori),
forma trimeri o oligomeri a livello della membrana cellulare e tale aggregazione
induce la formazione del death-inducing signal complex (DISC): tramite
l’interazione reciproca e omotipica dei death domains (DDs), presenti nella porzione
intracitosolica dei recettori, viene reclutata la proteina adattatrice FADD, che a sua
volta recluta, tramite i death effector domains (DEDs), la caspasi-8 o FLIP, il suo
analogo senza attività enzimatica. La caspasi 8 è una cisteino-proteasi, che taglia
substrati, tra cui altre caspasi, in corrispondenza di un residuo di acido aspartico
15
Introduzione
contenuto in sequenze specifiche. Le caspasi vengono sintetizzate come pro-enzimi
inattivi contenenti un pro-dominio N-terminale e i domini p20 e p10 che, una volta
scissi dal pro-enzima, formano tetrameri di due etero dimeri p20/p10, ovvero
l’enzima attivo con 2 siti di taglio. Tra il pro-dominio e i domini p10 e p20 sono
presenti residui di aspartato, cioè siti di legame e di taglio per le caspasi attive, che
possono a loro volta staccare il pro-dominio e generare altre caspasi attivate
avviando la cosiddetta cascata apoptotica.
La caspasi 8 iniziatrice promuove quindi l’attivazione di numerose caspasi effettrici,
come le caspasi 3, 6 e 7. Esse non hanno i domini DDs o DEDs e quindi non possono
interagire con i recettori o le proteine adattatrici come FADD, ma possono digerire
attraverso la loro azione specifica numerosi componenti cellulari come le lamine
nucleari, le proteine citoscheletriche fodrina e gelsolina e gli inibitori delle DNAsi,
avviando quindi il processo di degradazione del DNA (8).
La caspasi 8 può anche attivare il pathway mitocondriale dell’apoptosi, tagliando Bid
per generare tBid. tBid si lega sulla membrana mitocondriale esterna al fattore antiapoptotico Bcl-2 inibendolo e al fattore pro-apoptotico BAX attivandolo.
Quest’ultimo provoca la destabilizzazione delle membrana mitocondriale e la
fuoriuscita del citocromo c e di altre proteine responsabili della propagazione della
via apoptotica intrinseca (65).
Fas e FasL sono stati molto studiati nell’ambito della regolazione del sistema
immunitario. La sua attivazione ha un’azione di controllo sui linfociti T,
determinando la loro apoptosi quando sono presenti in eccesso o quando la risposta
immunitaria sta volgendo al termine e i linfociti T attivati devono essere rimossi.
Nell’uomo e nel topo la mutazione e la disfunzione del recettore Fas provoca gravi
linfoadenopatie e una predisposizione alle malattie autoimmuni (9).
16
Introduzione
Figura 5: Schütze S Nat Rev Mol Cell Biol. 2008 Aug;9(8):655-62.
4.2. FasL/Fas, stimoli alla proliferazione cellulare e al differenziamento
Tuttavia, è ormai dimostrato che l’apoptosi non è il solo processo in cui il sistema
FasL/Fas è coinvolto. A seconda del contesto e del tipo cellulare esso può avviare
signaling non -apoptotici. Numerosi lavori mostrano che anche questi processi
richiedono l’attivazione delle caspasi e il reclutamento di alcune proteine presenti
nella cascata apoptotica.
Nei linfociti T il legame FasL-Fas determina l’avvio del processo apoptotico, tuttavia
le caspasi sono attivate anche nei linfociti T proliferanti (68); inoltre nei topi
deprivati di FADD (2) i linfociti T mostrano una proliferazione difettiva: le caspasi
sono quindi coinvolte anche nei processi proliferativi. E il loro ruolo potrebbe essere
quello di tagliare alcuni componenti cellulari durante la riorganizzazione del
citoscheletro e del nucleo necessarie alla divisione mitotica (8). Inoltre, numerose
evidenze mostrano che la caspasi 8 o FLIP attivano il signaling delle MAPK. Infatti
il processamento della caspasi 8 è necessario all’attivazione di ERK e p-38 e inoltre
17
Introduzione
la concentrazione delle due forme di c-FLIP, lunga e corta ( c-FLIPL e c-FLIPR )
regola tale processo determinando l’inibizione o l’attivazione della caspasi-8 e la
conseguente la fosforilazione delle MAPK (28).
Questi ed altri dati supportano l’ipotesi che FLIP possa svolgere un ruolo regolatorio
in base alla concentrazione dei fattori presenti in ogni momento, direzionando il
signaling di Fas verso l’apoptosi o verso la proliferazione. Nel secondo caso FLIP
può associarsi a Raf-1 e attivare MEK ed ERK, o può legarsi a TRAF-1 e attivare
NF-B. (26).
La stretta interconnessione tra i meccanismi di morte e proliferazione cellulare è
testimoniata dal doppio ruolo di altri fattori, come NF-B: tale proteina in molti casi
funziona da segnale proliferativo, può anche essere un mediatore dell’apoptosi,
sempre a seguito degli equilibri che si istaurano tra la forma inattiva o attiva della
caspasi 8 e le varie isoforme di FLIP.a livello del DISC (40)
4.3. Il sistema FasL/Fas nelle BM-MSCs
Le BM-MSCs umane e murine appena isolate dal midollo esprimono Fas (94% delle
cellule) e FasL (circa un 30% delle cellule) (90, 75). Nonostante l’elevata
espressione del recettore gli studi sull’apoptosi Fas-mediata sono pochi e hanno dato
risultati contrastanti. I lavori di Fan (18) e collaboratori mostrano che il FasL (100
ng/ml) determina un evidente effetto apoptotico sulle MSCs, e tale effetto permane
durante il processo osteogenico ma può essere ridotto dal co-trattamento delle cellule
con EGF.
Anche Suzuki et al sostengono che Fas sia coinvolto nell’apoptosi delle MSC e che il
miR-146a possa abbassare l’espressione di tale recettore e proteggere le cellule dalla
morte cellulare, tuttavia non viene mostrato l’effetto diretto dell’attivazione di Fas
nelle cellule (56).
Secondo diversi gruppi l’attivazione di Fas indotta in vitro con FasL ricombinante o
anticorpi agonisti non scatena un importante evento apoptotico, così come accade
nelle linee cellulari linfocitarie o monocitiche.
Götherström (91) e collaboratori hanno osservato che le BM-MSCs fetali e adulte
sono suscettibili all’apoptosi quando vengono coltivate con cellule NK; per indagare
i meccanismi molecolari del fenomeno hanno stimolato le cellule con TRAIL e con
FasL ed hanno notato che le fetali sono più suscettibili al primo e le adulte al
18
Introduzione
secondo, tuttavia hanno sottolineato che per osservare un effetto apoptotico hanno
dovuto utilizzare dosi di TRAIL e FasL 5 volte più alte di quelle attive su altri tipi
cellulari.
Anche nel lavoro di Dimitriou le BM-MSCs di pazienti di diversa età vengono
trattate per indurre il processo apoptotico, ma le cellule morte sono pochissime.
Nonostante l’espressione delle caspasi 9 e 3 e la loro attivazione mostri che i
pathway apoptotici estrinseco ed intrinseco sono funzionali, le BM-MSCs sono poco
suscettibili all’apoptosi. L’induzione della morte cellulare non è probabilmente il
ruolo principale del sistema Fas/FasL per l’omeostasi delle BM-MSCs e della loro
progenie.
Anche negli osteoclasti e negli osteoblasti, FasL ha ruolo pro-apoptotico limitato,
tuttavia sembra essere un protagonista importante nell’omeostasi del tessuto osseo.
Nel topo, durante l’osteoblastogenesi, l’espressione di FasL decresce rapidamente e
rimane bassa fino alla fine del processo differenziativo, mentre, al contrario, i livelli
di Fas aumentano; ancora più interessante è il dato ottenuto analizzando il potenziale
osteogenico dei topi Fas-/- e gld (mutazione di FasL): questi animali presentano un
potenziale osteoblastogenico più elevato dei controlli (75).
Il lavoro di Liu ha dimostrato che i linfociti T attraverso IFNγ e TNF-α regolano i
processi differenziativi delle MSCs. Un aumento di espressione di queste due
citochine inibisce la rigenerazione del tessuto osseo in vivo da parte delle BMMSCs.esogene e tale effetto dipende dall’attivazione IFN-γ–indotta di Fas, che
induce il pathway di Smad 6, un inibitore dei fattori pro-osteogenici Runx-2 e BMP,
e dall’innesco del signaling apoptotico di Fas da parte di TNF-α (33).
Tali osservazioni vanno in direzioni opposte ma avvalorano entrambe l’ipotesi che
l’osteogenesi non dipenda solo da stimoli proliferativi o differenziativi ma sia
influenzata anche dai cosidetti fattori infiammatori prodotti dalle cellule della linea
linfoide e mieloide, che nel midollo osseo si trovano a stretto contatto con le MSC,
gli osteoblasti e gli adipociti.
19
Scopo della tesi
Scopo della tesi
Il sistema Fas/FasL è coinvolto nella regolazione dell’omeostasi cellulare nell’osso
ma il ruolo biologico ed i meccanismi che regolano la sua azione sulle BM-MSC,
come l’attivazione del processo apoptotico, sono stati poco studiati e i dati pubblicati
sono in parte contrastanti (27, 47, 57, 80, 90, 91). Inoltre, in alcuni sistemi cellulari,
FasL oltre ad attivare segnali pro-apoptotici è in grado di indurre proliferazione o
differenziamento. In particolare Liu e Kovacic (33, 75) hanno dimostrato che esso
inibisce il differenziamento dei progenitori midollari in osteoblasti.
L’obiettivo di tale studio è stato quindi quello di analizzare gli effetti di FasL su
colture primarie di BM-MSC umane: dopo aver caratterizzato le cellule e analizzato i
livelli di espressione di Fas e del suo ligando, sono stati studiati gli effetti
proliferativo e differenziativo indotti dal trattamento con il FasL ricombinante.
In particolare è stato effettuato un accurato studio sul processo adipogenico in vitro
che poi è stato validato in vivo su un modello murino caratterizzato dal.la deficienza
del signaing di Fas (topi lpr).
I dati ottenuti possono contribuire a chiarire i meccanismi molecolari di molte
patologie associate ad aumento o riduzione del grasso midollare, e quindi porre le
basi per eventuali applicazione terapeutiche.
20
Materiali e Metodi
Materiali e Metodi
1. Reagenti
Il SuperFasLigand e l’inibitore delle caspasi z-VAD sono stati acquistati dalla Enzo
Life Sciences (Farmingdale, NY).
L’anticorpo attivante anti-Fas human CH11 ae l’ anti-Fas neutralizzante ZB4 sono
stati forniti dalla Millipore (Billerica, MA), l’EGF è dalla Upstate (Lake Placid, NY)
e l’ FGF dalla Peprotech (Rocky Hill, NJ).
2. Colture cellulari
I tre campioni di cellule mesenchimali staminali utilizzati sono stati acquistati dalla
Lonza (Allendale, NJ), sono tutti ottenuti a partire dall’aspirato di midollo osseo di
volontari e nel lavoro sono indicati con le seguenti sigle:
#1 (#110877, uomo, 22 anni), #2 (#296577, uomo, 45 anni), and #3 (#1F4019, uomo,
29 anni). Dopo lo scongelamento le cellule sono state seminate e mantenute in
coltura in α-MEM supplementato con il 10% di FBS l’ l % di 2 mM L-glutammina e
l’1 % di 100 U/ml di penicillina/streptomicina (Euroclone, 20016, Milano, Italy) in
incubatore a 37°C e al 5% di CO2 / 95% di aria.
Tutti gli esperimenti sono stati effettuati con MSCs fino al 5 passaggio.
Differenziazione adipogenica
Per gli esperimenti di differenziazione le MSC sono state seminate su piastre da 6
pozzetti ad una densità di 5000 cellule/cm2 in terreno adipogenico (AD) costituito da
α-MEM completo (supplementato con il 10% di FBS, l’ l % di 2 mM L-glutammina
e l’1 % di 100 U/ml di penicillina/streptomicina), desametazone 1mM, insulina 10
mg/ml, indometacina 100 mM e isobutil-metil-xantina 500mM (Sigma-Aldrich, St.
Louis, MO). Dopo 24 ore le cellule sono state trattate con l’anticorpo neutralizzante
anti-Fas ZB4 500 ng/ml, aggiunto 20 minuti prima del FasL, (Millipore) e/o con
FasL 25 ng/ml (Alexis). Il mezzo è stato cambiato ogni 3-4 giorni, e i trattamenti
riaggiunti per 14 giorni. Le stesse cellule mantenute in α-MEM completo sono state
utilizzate come controllo.
Per confermare il dato l’esperimento è stato svolto in una seconda modalità: dopo 24
ore dalla piastratura le cellule sono state lasciate in α-MEM completo e trattate per
48 h con FasL 25 ng/ml (Alexis), quindi il mezzo dove galleggiavano le cellule
21
Materiali e Metodi
apoptotiche è stato rimosso e sostituito con il terreno AD e 25 ng/ml FasL, con o
senza l’anti-Fas ZB4, sempre aggiunto 20 minuti prima. Anche in questo caso il
terreno e i trattamenti sono stati cambiati ogni 3-4 giorni, per 14 giorni.
3. Colorazione degli adipociti con Oil Red O.
Per evidenziare gli adipociti è stata utilizzata la colorazione Oil Red O. Le colture
cellulari sono state lavate due volte con PBS (phosphate buffered saline), fissate con
paraformaldeide al 4% per 5 minuti e incubate per 20 minuti a temperatura ambiente
in leggera agitazione con la soluzione Oil Red O, che si ottiene unendo 6 parti di
soluzione satura di Oil Red O (0.5% Oil Red O in isopropanolo) e 4 parti di acqua
deionizzata e filtrando dopo 10 minuti con un filtro da 0.2 µm. Il colorante è stato
rimosso e completamente eliminato con 3 lavaggi con acqua deionizzata, infine le
cellule sono state contro-colorate con blu di metilene (0.5% in acqua deionizzata),
per visualizzare quelle non differenziate. Gli adipociti appaiono al microscopio ottico
come cellule tondeggianti con accumuli lipidici di colore arancio-rosso.
La percentuale di cellule differenziate in ogni tipo di trattamento è stata calcolata
contando al microscopio ottico, ad un ingrandimento 10X, le cellule totali e quelle
che mostravano accumuli lipidici, su venti foto di campi casuali della piastra.
4. Saggi di proliferazione.
Per valutare il grado di proliferazione delle MSC in seguito alla stimolazione con
FasL, le cellule sono state seminate ad una densità di 5000 cellule/cm2 in piastre da 6
pozzetti o fiasche T-25 e trattate con dosi crescenti di FasL, da 0.1 a 5 ng/ml, in αMEM completo con o senza l’anti-Fas ZB4 500 ng/ml (aggiunto 20 minuti prima).
Le BM-MSCs sono state stimolate anche con FGF (5 ng/ml) o EFG (50 ng/ml), in
modo di potersi riferire ad un controllo positivo di proliferazione. Il terreno e i
trattamenti sono stati sostituiti ogni 2 giorni. Ai giorni 2, 4, 6 e 14 le cellule sono
state staccate e contate al microscopio ottico con la camera di Burker.
Per il saggio della Bromo-desossi-uridina (BrdU) le cellule sono state di nuovo
piastrate in α-MEM completo ad una densità di 5000 cellule/cm2 in triplicato su
piastre da 96 pozzetti e trattate con FasL 0.5 ng/ml, con o senza l’anti-Fas ZB4
(aggiunto 20 minuti prima).
22
Materiali e Metodi
Il terreno e i trattamenti sono stati sostituiti ogni 2 giorni; al 5° giorno è stata
aggiunta la BrdU labeling solution e 24 ore dopo, a 6 giorni, sono stati effettuati i
passaggi successivi indicati dal protocollo del kit DNA Cell proliferation ELISA
BrdU (colorimetric) (Roche Diagnostics, Mannheim, Germany).
5. Valutazione dell’apoptosi
Le cellule sono state seminate alla densità di 5000 cellule/cm 2 su chamber slides
(BD, Franklin Lakes, NJ). Dopo 24 ore sono state trattate con diverse dosi di FasL o
con l’anticorpo anti-Fas attivante CH11 (Millipore) alle concentrazioni di 50 ng/ml o
1 µg/ml per 2 giorni e con FasL alla sola dose 25 ng/ml per 1, 2, 4, 6 giorni.
A fine trattamento il mezzo di coltura è stato eliminato, le cellule sono state lavate 2
volte con PBS, fissate con paraformaldeide 4% per 5 minuti e colorate con il
colorante nucleare Hoechst 33342 (Molecular Probes, Eugene, OR) per 10 minuti.
La percentuale di cellule apoptotiche è stata calcolata dopo aver contato i nuclei
picnotici su dieci foto di campi casuali del vetrino, con il miroscopio a fluorescenza
(Nikon Eclipse 80i, Nikon, Japan), con filtro EX 330-380 e BA 420, a ingrandimento
10X.
6. Citofluorimetria a flusso (FACS)
Le cellule sono state trattate con FasL 0.5 ng/ml e 25 ng/ml per 1 e 6 giorni o
mantenute per lo stesso tempo in α-MEM senza trattamento e analizzate al FACS
(FACScan cytometer, BD) per confrontare l’espressione degli antigeni di superficie
CD105 (DiaClone, Gen-Probe, San Diego, CA), CD73 (BD), CD90 (Stem Cell
Technologies, Vancouver, Canada) e CD44 (Miltenyi Biotech, Cologne, Germany).
Gli isotipi negativi IgG1-PE and IgG2a-FITC (DiaClone) sono stati utilizzati come
anticorpi di controllo.
Per l’analisi dell’espressione di membrana di Fas e FasL le cellule sono state
incubate per 30 minuti a temperatura ambiente con anti-Fas ottenuto direttamente dal
clone DX2 o FasL (clone 5G51, Enzo Life Sciences), e successivamente, dopo 2
lavaggi con PBS, per altri 20 minuti con l’anticorpo secondario PE-coniugated antimouse IgG (Sigma Aldrich)
23
Materiali e Metodi
7. Estrazione dell’RNA e qPCR
L’RNA totale è stato estratto con il kit RNAeasy Extraction Kit (Quiagen, Hilden,
Germany) ed è stato quantizzato con lo spettrofotometro Nanodrop ND-1000
(NanoDrop Technologies, Wilmington, DE).
500 pg di RNA sono stati retrotrascritti con il kit QuantiTect Reverse Transcription
Kit (Quiagen), nel termociclatore Chromo 4 PTC-200 Peltier Therma Cycler (MJ
Research, Waltham, MA).
La reazione di Real Time quantitativa è stata svolta in duplicato: 1 μl di c-DNA per
ogni campione è stato amplificato utilizzando la 2X SsoFast EvaGreen SuperMix
(Bio-Rad)in un volume totale di 10 μl, secondo il protocollo della ditta produttrice,
con le seguenti condizioni di reazione nel termociclatore Chromo 4 PTC-200 Peltier
Therma Cycler (MJ Research, Waltham, MA): una prima fase di denaturazione e
attivazione della Taq a 95°C
per 30 secondi e 40 cicli con 95° C per 10 secondi, 60°C per 30 secondi e 72°C per
30 secondi. I risultati sono stati analizzati con il programma Time PCR Opticon
Monitor version 2 (MJ Research). L’actina è stata utilizzata come gene di controllo
endogeno.
Sequenze dei primers per lo studio dell’espressione di actina, Fas, Rex-1, Nanog,
Oct-4, CD44 and PPARγ nelle cellule umane (Invitrogen Life Technologies):
Actin FW: AAACTGGAACGGTGAAGGTG
Actin RV: CAAGGGACTTCCTGTAACAATGC;
CD44st FW: ATCACCGACAGCACAGACAG
CD44st RV: GGTTGTGTTTGCTCCACCTT;
Fas FW: CGTCTGTTGCTAGATTATCG
Fas RV: TTGTCTGTGTACTCCTTCC
PPARγ FW: AGCCTCATGAAGAGCCTTCCA
PPARγ RV: ACCCTTGCATCCTTCACAAGC;
Oct-4 FW: AGTGAGAGGCAACCTGGAGA
Oct-4 RV: ACACTCGGACCACATCCTTC;
Nanog FW: GATTTGTGGGCCTGAAGAAA
Nanog RV: AAGTGGGTTGTTTGCCTTTG;
Rex-1 FW: AAGGCACTGAACGAGGAGAA
Rex-1 RV: CTGAGCGAGAAGCTGGTCTT).
24
Materiali e Metodi
I primer dell’adiponectina e dell’FABP4/aP2 sono stati gentilmente forniti dalla Dott.
A. Poloni (47 articolo).
Sequenze dei primer per l’analisi di GAPDH, PPARγ, FABP4/aP2 e RUNX2 nel
topo:
GAPDH FW: TGCGACTTCAACAGCAACTC
GAPDH RV: ATGTAGGCCATGAGGTCCAC;
PPARγ FW: GCCCTTTGGTGACTTTATGG
PPARγ RV: CTCGATGGGCTTCACGTT;
FABP4/aP2 FW: TCACCTGGAAGACAGCTCCT
FABP4/aP2 RV: AAGCCCACTCCCACTTCTTT;
RUNX2 FW: GATGACACTGCCACCTCTGA
RUNX2 RV: ATGAAATGCTTGGGAACTGC;
8. Estrazione e dosaggio delle proteine
A fine trattamento è stato eliminato il mezzo di coltura e le cellule sono state
staccate dal supporto con la tripsina (Sigma-Aldrich, St. Louis, MO). Le proteine
sono state estratte con il tampone RIPA (NaCl 150 nM, Tris 10 mM pH 7.2, SDS
0.1%, Triton X-100 1.0%, Sodio Deossicolato5mg/ml) a cui è stato aggiunto il
cocktail di inibitori delle proteasi Complete Mini
(Roche Applied Science,
Indianapolis, IN) e dopo 15 minuti in ghiaccio il lisato cellulare è stato centrifugato a
14,000 rpm per 15 minuti a 4°C.
Il surnatante è stato recuperato ed eventualmente mantenuto a -80 °C fino al
momento dell'uso.
La quantità di proteine totali contenute in ogni campione è stata misurata con il
metodo di dosaggio delle proteine di Bradford (Bradford, M., 1976). Il Bradford
Reagent (Comassie Brillant Blue G-250 in acido fosforico e metanolo) (SigmaAldrich, Milano, Italy) è stato diluito con uno stesso volume di acqua deionizzata e
ad 1 ml di tale soluzione sono stati aggiunti da 1 a 8 µg di proteina standard BSA o 1
µl di ciascun campione di lisato proteico, quindi è stata misurata l’assorbanza a 595
nm e la concentrazione delle proteine è stata calcolata in base all’equazione della
curva di taratura.
25
Materiali e Metodi
Per studiare un eventuale aumento della fosforilazione delle chinasi ERK, e
confermare che Fasl potesse avere il ruolo di fattore pro-proliferativo. Le MSC,
piastrate su piastre da 6 pozzetti, sono state mantenute per 24 ore in α-MEM senza
FBS (condizione di starvation, in assenza dei fattori di crescita), prima di essere
trattate con FasL 0.5 ng/ml per 5, 15, 30, 60 minuti, quindi sono state lavate con PBS
freddo e lisate direttamente nel pozzetto con 80 µl di RIPA buffer con inibitore
proteasi Roche e sodio ortovanadato (1.8 mg/ml).
9. Elettroforesi su gel di poliacrilammide e Western Blot
L’elettroforesi su gel di poliacrilammide in SDS (SDS-PAGE) è stata eseguita in
accordo con il metodo descritto da Laemmli (Laemmli, U.K., 1970).
L’estratto proteico (15-20 µg di proteine per campione) è stato denaturato
aggiungendo Laemmli buffer 5X e acqua deionizzata per eguagliare i volumi e
incubando a 95°C per 5 minuti.
I campioni sono stati caricati su un gel di poliacrilammide al 10, 12 o 15%, a
seconda della peso delle proteine da studiare, posizionato su un apparato
elettroforetico verticale (Gibco BRL) e immerso in Running Buffer (glicina 250 mM,
Tris-HCl 25 mM e SDS 0.1 %) e le proteine sono state separate applicando
un’intensità di corrente costante di 20 mA.
A fine corsa le proteine sono state trasferite dal gel ad una membrana di
nitrocellulosa (Whatman, Dassel, Germany) mediante la tecnica del Western Blot
con un apparato semi-secco (Hoefer), in tampone di trasferimento (Tris-Base 3g/L;
Glicina 14,4g/L e metanolo al 20%), impostando un’intensità di corrente di circa 3540 mA a seconda della grandezza del gel.
Le membrane sono state bloccate in una soluzione di latte al 5% per un’ora e quindi
incubate sempre in latte al 5% con gli anticorpi:, mouse anti-caspase 3
(#9668, Cell Signaling, Danvers, MA), anti-caspase 8 (clone 3-1-9, BD), rabbit
polyclonal anti-caspase 3 (#9662, Cell Signaling), anti-survivin (Novus Biologicals,
Littleton, CO), Anti-phospho-ERK (Cell Signaling), anti-total-ERK (Upstate,
Millipore) e β-actin (Santa Cruz Biotechnology, Santa Cruz, CA) e successivamente
con gli anticorpi secondari Goat anti-mouse HRP-coniugate (Bio-Rad)e Goat antirabbit HRP-coniugate ( Thermo Scientific, Rockford, IL) Dopo l’esposizione al
substrato dell’HRP, Luminata Forte (Millipore), una lastra fotografica a contatto con
26
Materiali e Metodi
la membrana ha rivelato il segnale chemioluminescente corrispondente alla banda
dela proteina di interesse. Come marker di peso molecolare è stato utilizzato il
Rainbow Full Range (GE Healthcare).
L’analisi densitometrica è stata eseguita con il programma di imaging Quantity- One
(Bio-Rad) e il livello di espressione delle proteine è stato calcolato come percentuale
dell’intensità delle bande di interesse rispetto alla β-actina.
10. Topi Fas lpr
I topi B6.MRL-Fas lpr/J e i C57BL/6J, usati come controllo, sono stati acquistati
dalla Jackson laboratories (Frederick, MD).
Hanno vissuto in gabbie da2 a 5 animali, con cibo e acqua ad libitum, in uno
stabulario con temperatura e umidità controllate e un ciclo luce/buio di 12 ore.
L’utilizzo degli animali, in linea con la” guida della cura e uso degli animali da
laboratorio del National Institutes of Health“, è stato approvato dagli Institutional
Animal Care and Use Committees.
Quando hanno raggiunto la decima settimana di vita gli animali sono stati sacrificati
in una camera a CO2, entrambe le tibie sono state prelevate, pesate e congelate
immediatamente,dopo aver eliminato ogni residuo dei tessuti molli circostanti.
Per studiare l’espressione dell’mRNA e delle proteine nel midollo osseo dei due
ceppi, le tibie sono state omogeneizzate con il Precellys 24 homogenizer (Bertin
Technologies, Montigny le Bretonneux, France) in tubi MK28-R 2 volte per 20
secondi a 5600 rpm utilizzando il RIPA buffer con il cocktail di inibitori delle
proteasi Complete Mini (Roche Applied Science ) per l’estrazione delle proteine e la
soluzione lysis buffer del Qiagen RNAeasy Plus Universal Mini Kit (Quiagen) per
l’estrazione dell’ mRNA, secondo il protocollo della ditta produttrice. Una tibia è
stata utilizzata e l’altra per l’estrazione delle proteine.
La concentrazione delle proteine è stata misurata con il metodo BCA (Pierce,
Thermo Scientific, Rockford, IL); 5 mg di proteine in Laemmli loading buffer sono
stati caricati su minigel di poliacrilammide a gradiente 4-12% pre-casted (Novex,
Life Technologies)e quindi trasferite su membrana Invitronol PVDF (Life
Technologies). Le membrane sono state ibridate con gli anticorpi PPARγ (C26H12),
FABP4 (D25B3) e GAPDH (D16H11) della Cell Signaling e gli appropriati anticorpi
27
Materiali e Metodi
secondari coniugati all’enzima HRP, per la successiva reazione chemioluminescente
(Pierce ECL plus, Thermo Scientific, Rockford, IL).
Le immagini sono state registrate con il CCD (Syngene GeneGnome, Frederick,
MD)ad intervalli di 30 secondi ad esposizioni diverse per le diverse proteine.
L’analisi densitometrica è stata svolta con il programma ImageJ (NIH).
11. Analisi statistica
Per l’analisi dei dati è stato utilizzato il programma SPSS/Win program version 18
(Spss, Chicago, IL). I valori medi sono stati confrontati con un T-test a due code,
considerando significativi gli eventi con P <0.05
.
28
Risultati
Risultati
1. Caratterizzazione delle BM-MSC
Le cellule, acquistate dalla Lonza e già caratterizzate per l’espressione di marcatori
di superficie dalla ditta stessa, sono state processate per l’analisi di espressione in
Real Time del recettore Fas, del ligando FasL nonché dei marker di staminalità
NANOG, OCT-4, REX-1, fattori di trascrizione altamente presenti nelle ESC, che
contribuiscono a mantenere la multipotenzialità delle cellule che li esprimono (62). I
risultati sono stati calcolati come DCt, ovvero come la differenza tra il Ct del gene di
interesse e quello dell’actina, per evidenziare la differenza di espressione dei diversi
trascritti. È risultato che Rex-1 è il fattore più espresso nelle BM-MSC, con un DCt
simile a quello di Fas, mentre Oct-4 e NANOG sono espressi a livelli bassi ma
costanti nei diversi campioni studiati (Fig. 6A).
L’espressione in membrana delle proteine Fas e FasLè stata studiata mediante
analisi citofluorimetrica (FACS), dalla quale è emerso che il 95% delle cellule
esprimono Fas (Fig 6B), mentre il FasL è espresso a livelli non rilevabli sia
dall’analisi in RealTime che dall’analisi citofluorimetrica (dati non riportati).
Infine la multipotenzialità delle BM-MSC è stata testata inducendo la
differenziazione in adipociti e osteoblasti. (Fig. 6C,D) e, in particolare, il potenziale
adipogenico è stato confrontato nelle tre colture utilizzate (Fig.6E)
29
Risultati
Fig 6: Caratterizzazione delle BM-MSC. A) Analisi dell’espressione dell’mRNA dei marker di
staminalità Nanog, Oct-4, Rex-1 e del recettore Fas. B) Analisi dell’espressione di membrana di Fas
tramite analisi citofluorimetrica, come controllo sono state usate le stesse cellule incubate con il solo
anticorpo secondario associato al fluorocromo PE, C, D) colture di BM-MSC indotte al
differenziamento adipogenico (C) e osteogenico (D) e colorate rispettivamente con la colorazione Oil
Red e con il metodo Von Kossa (ingrandimento 10X). E) confronto della capacità adipogenica delle
tre colture cellulari utilizzate negli esperimenti.
2. FasL ha un duplice effetto, dose-dipendente, sulle BM-MSC
2.1. Alte dosi di FasL hanno un effetto pro-apoptotico nelle BM-MSC
Per chiarire il ruolo pro-apoptotico di FasL su queste cellule, le cellule sono state
trattate con diverse dosi di FasL (da 0.5 a 25 ng/ml) per 24 h. In questo sistema
cellulare, dopo un giorno di trattamento le cellule apoptotiche sono ancora adese al
vetrino e possono essere distinte dalle altre per il caratteristico aspetto dei loro nuclei
condensati o frammentati in seguito all’azione delle endonuclesi attivate nel processo
apoptotico, e quindi visualizzate con la colorazione Hoechst 33342, una molecola
30
Risultati
che si lega al DNA e permette di valutare la morfologia dei nuclei. I risultati ottenuti
calcolando la percentuale delle cellule con nuclei ipodiploidi rispetto al totale delle
cellule,hanno mostrato una scarsa suscettibilità all’apoptosi rispetto ad altre linee
cellulari come quella linfocitaria HuT78. Come mostrato in figura 7A le dosi più
basse hanno avuto un debolissimo effetto pro-apoptotico, la dose 5 ng/ml ha indotto
l’apoptosi del 7% delle cellule mentre la dose 25 ng/ml (il cui effetto sulle HuT78 è
l’induzione della morte nel 95% delle cellule), ha indotto apoptosi nel 22% della
popolazione. Tali risultati sono stati confrontati anche con quelli ottenuti utilizzando
l’anticorpo agonista anti-Fas CH11, utilizzato in altri lavori Questo ha avuto un
effetto più blando, a parità di dose, rispetto a quello del FasL ricombinante. Il
trattamento con la dose FasL 25ng/ml è stato quindi protratto fino a 6 giorni,
rinnovando terreno e stimolo ogni 2 giorni, per studiare se l’effetto apoptotico
aumentasse. La figura 7B mostra i risultati ottenuti ai tempi di trattamento 1, 2 ,4 e 6
giorni. Sorprendentemente l’effetto apoptotico è andato scemando progressivamente
nel tempo suggerendo che le cellule che sopravvivono al primo trattamento sono
successivamente resistenti all’apoptosi mediata da FasL.
31
Risultati
Figura 7: Apoptosi indotta da FasL nelle BM-MSC. A) Le BM-MSCs (batch #1) sono state trattate
con diverse dosi di FasL, da 0.5 a 25 ng/ml (barre nere) o con 50 e 1 000 ng/ml dell’anticorpo
agonista anti-Fas umano CH11 (barre bianche). B) Le BM-MSCs del batch #1 sono state trattate con
25 ng/ml FasL (barre nere) o lasciate senza trattamento (barre bianche) per 1, 2, 4, e 6. Come
controllo positivo di apoptosi sono state utilizzate le Hut78, trattate con FasL 25 ng/ml per 1 giorno.**
P<0.01.
2.2. Basse dosi di FasL inducono la proliferazione delle BM-MSC
Poichè Fas è espresso nelle BM-MSC (Fig. 6B) ma la sua stimolazione con il FasL
ha una scarsa azione pro-apoptotica (Fig. 7), abbiamo voluto studiare se questo
sistema ligando/recettore potesse avere funzioni alternative, come l’induzione della
proliferazione.
Pertanto le cellule sono state trattate per 2, 4, 6 e 14 giorni con le dosi di FasL che
non hanno un significativo effetto pro-apoptotico (da 0.1 a 5 ng/ml,) cambiando e
supplementando con nuovo FasL il terreno ogni 2 giorni, quindi sono state staccate e
contate. La dose 5 ng/ml ha determinato una diminuzione del numero di cellule,
probabilmente dovuta alla sua blanda azione pro-apoptotica, mentre con dosi minori
le cellule stimolate hanno presentato una capacità proliferativa superiore rispetto al
controllo (Fig. 8A). La dose più efficace ad indurre la proliferazione è stata 0.5
ng/ml, che a 6 giorni ha determinato un aumento del numero delle cellule del 30%
rispetto al non trattato, un effetto inferiore ma non troppo differente da quello dell’
EGF 50 ng/ml o del FGF 5 ng/ml (circa 45%), fattori noti per la loro capacità di
indurre proliferazione delle BM-MSC (29, 57) e qui utilizzati come controllo
positivo (fig. 8B). Per accertare che l’effetto fosse mediato dal legame FasL/Fas,
l’esperimento con la dose 0.5 ng/ml è stato ripetuto in presenza dell’anticorpo
neutralizzante anti-Fas ZB4 ai tempi di 6 e 14 giorni (Fig.8B e 8C) ed il risultato
ottenuto è stato confermato con il saggio della BrdU, dove l’incorporazione di BrdU
è proporzionale al tasso proliferativo delle cellule (Fig. 8D).
32
Risultati
33
Risultati
Figura 8. FasL-induced BM-MSC proliferation. A) Le BM-MSCs del batch #1 sono state trattate
con dosi di FasL da 0.1 a 5 ng/ml. La crescita cellulare è stata valutata contando le cellule ai giorni 2,
4, 6. FasL 0.5 ng/ml ha avuto l’effeto proliferativo maggiore (media di 4 esperimenti). B) La
proliferazione indotta da FasL al giorno 6 (espressa come % del controllo) è stata paragonata a quella
indotta da FGF (5 ng/ml) e da EGF (50 ng/ml) N=4. C) Proliferazione a lungo termine (14 giorni)
delle BM-MSC con FasL 0.5 ng/ml. D) Saggio della BrdU al giorno 6 delle BM-MSC del batch #1
trattate con FasL 0.5 ng/ml. I risultati sono espressi come fold change rispetto al controllo (cntrl).
N=3. Dove indicato, le BM-MSC sono state trattate con l’anticorpo anti-Fas neutralizzante ZB-4 (αFas), aggiunto 20 minuti prima del trattamento con FasL, per provare che l’effetto proliferativo
osservato fosse specifico. ** P<0.01, * P<0.05 N=3, B-D: Student’s t-Test.
3. Segnali biochimici attivati da FasL nelle BM-MSC
3.1 Attivazione delle caspasi
I principali mediatori biochimici in grado di propagare il segnale apoptotico
all’interno della cellula sono le caspasi (8). Poiché dosi di FasL superiori a 5ng/ml
hanno un effetto pro-apoptotico nelle
cellule mesenchimali staminali, è stata
analizzata l’attivazione delle principali caspasi, la caspasi iniziatrice 8 e la caspasi
effettrice 3, per caratterizzare il segnale apoptotico.
I dati ottenuti confermano l’osservazione che la dose 25 ng/ml induce apoptosi al
contrario di quella 0.5 ng/ml. A 24 ore dal trattamento con la dose 25 ng/ml le forme
inattive delle caspasi (pro-caspasi) risultano diminuite rispetto al controllo e rispetto
al trattamento con 0.5 ng/ml. La riduzione della banda relativa alle pro-caspasi è
dovuta al loro taglio proteolitico che porta alla formazione di frammenti attivi.,
infatti questo fenomeno è inibito dall’inibitore specifico delle caspasi z-VAD-FMK
(Fig. 9A). A tempi brevi di trattamento (4, 8 e 12 ore ) con FasL 25 ng/ml si osserva
la comparsa del frammento attivo della caspasi 3, che scompare inseguito a
pretrattamento con l’inibitore z-VAD-FMK e non si riscontra nelle cellule trattate
con 0.5 ng/ml. (Fig. 9B)
34
Risultati
Figura 9 Attivazione delle caspasi 8 e 3 analizzata tramite Western Blot. A) Dopo un giorno di
trattamento le forme inattivate pro-caspasi 8 e 3 diminuiscono con FasL 25 ng/ml ma non con FasL
0.5 ng/ml, e il fenomeno è bloccato dall’inibitore delle caspasi zVAD (20 μM) N=3. B) Western blot
della caspasi 3 processata, analizzata dopo 4, 8 e 12 ore dal trattamento. N=2.
3.2. Attivazione delle MAP chinasi ERK 1/2
Per valutare l’attivazione di segnali biochimici in grado di mediare lo stimolo
proliferativo indotto da FasL 0.5 ng/ml è stata analizzata l’espressione e la
fosforilazione di ERK 1/2. Le cellule sono state trattate per tempi brevi con FasL e
quindi sono state processate per l’analisi di western blot delle proteine.
L’esperimento ha mostrato che la dose di FasL 0.5 ng/ml induce la fosforilazione di
ERK con una cinetica caratterizzata da due picchi di fosforilazione a 5 e 30 minuti,
come mostrato in figura 10 dove nel pannello A è presentato uno dei western blot
eseguiti e nel pannello B l’analisi densitometrica.
35
Risultati
Inoltre, come altro marcatore di proliferazione è stata analizzata l’espressione della
survivina, poichè questa non è soltanto una importante proteina anti-apoptotica, ma è
anche coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare, come dimostrato nelle cellule
staminali ematopoietiche (HSC) (22).
Sebbene a 2 giorni dal trattamento proliferativo la sua espressione sia minore rispetto
a quella delle cellule non trattate, così come è stato osservato da Rodrigues e
collaboratori (47), a 4 e 6 giorni, essa aumenta significativamente, come mostra
anche l’analisi densitometrica (Fig. 10 C e D).
Possiamo quindi concludere che l’effetto biologico del FasL sulla crescita e
l’apoptosi delle BM-MSCs è dose-dipendente: il FasL 0.5 ng/ml attiva ERK 1/2 e
aumenta i livelli di survivina (Fig. 10) senza avviare il processo apoptotico mentre
con la dose 25 ng/ml si osserva l’attivazione delle caspasi e un effetto apoptotico
evidente ma limitato, testimoniato dall’attivazione delle caspasi 8 e 3 (Fig. 9).
Figura 10: Marcatori biochimici di proliferazione. A) Nelle BM-MSC trattate con FasL 0.5 ng/ml
la fosforilazione di ERK 1/2 aumenta a 5 e 30 minuti, come dimostrato dall’analisi densitometrica (B)
N=3. C) La proliferazione mediata da FasL 0.5 ng/ml è correlata con l’aumento di espressione della
survivina a 4 e 6 giorni. D) Analisi densitometrica della survivina. N=3
36
Risultati
4. FasL non altera il fenotipo delle BM-MSCs
Per capire se il trattamento con FasL modifica il loro fenotipo e le loro caratteristiche
di staminalità abbiamo effettuato l’analisi citofluorimetrica dell’espressione degli
antigeni di superficie caratteristici delle BM-MSC: CD105, CD73, CD44 and CD90
(49) e valutato la presenza e la variazione degli mRNA dei fattori di trascrizione
Rex-1, Nanog, Oct-4 e CD44 con la Real time PCR quantitativa.
Le cellule sono state trattate nuovamente con FasL 0.5 ng/ml e 25 ng/ml per 1 e 6
giorni, per studiare se una particolare popolazione venisse selezionata dopo
l’induzione dell’iniziale apoptosi o se la stimolazione inducesse cambiamenti in
tempi più lunghi.
Abbiamo osservato che CD105, CD73, CD44 e CD90 sono espresse in maniera
sovrapponibile al controllo con entrambe le concentrazioni ad entrambi i tempi di
trattamento (Fig. 11A e 11B, pannelli in alto), con la sola eccezione di CD73, che è
leggermente aumentato nelle cellule trattate per 6 giorni con la dose di FasL 25
ng/ml.
Per quanto riguarda l’analisi dei fattori di trascrizione, REX-1, NANOG, OCT-4 e
CD44 non vengono modulati dal trattamento FasL 0.5 ng/ml mentre con 25 ng/ml i
loro livelli sono aumentati ad 1 giorno di trattamento e tornati ugulai al controllo
dopo 6 giorni.(Fig. 11A e 11B, pannelli in basso). Questi risultati mostrano che BMMSC trattate con il FasL non perdono le loro caratteristiche originali, mantengono
infatti i marker che le caratterizzano come mesenchimali e continuano ad esprimere i
fattori di trascrizione caratteristici delle cellule staminali. Il lieve aumento di questi
ultimi in seguito al trattamento con FasL 25 ng/ml suggerisce inoltre che le cellule
che muoiono inizialmente per apoptosi siano quelle committed e che quindi la
popolazione resistente mostri caratteristiche di maggiore staminalità.
37
Risultati
38
Risultati
Figura 11: Effetto di FasL sul fenotipo delle BM-MSC. A e B, pannello in alto) Espressione dei
marker di superficie delle mesenchimai analizzati al citofluorimetro (FACS). La stimolazione con
FasL ad entrambe le dosi non modifica l’espressione di tali proteine a breve e a lungo termine N=3. A
e B, pannello in basso) Espressione degli mRNA dei marker di staminalità NANOG, OCT-4, REX-1 e
di CD44. FasL 0,5 ng/ml non modifica l’espressione dei fattori di trascrizione e di CD44, mentre FasL
25 ng/ml determina un loro aumento dopo 1 giorno di trattamento. I risultati sono espressi come Xfold del controllo (*p<0.05). N=3..
5. Ruolo di FasL nella differenziazione delle BM-MSC in adipociti.
Diverse pubblicazioni mettono in relazione FasL e il processo di rigenerazione ossea
(29, 34) a cui le BM-MSC partecipano come pool staminale. Ci siamo quindi chiesti
se tale citochina potesse avere un ruolo anche nell’adipogenesi midollare.
Pertanto è stato allestito un protocollo di induzione dell’adipogenesi coltivando le
cellule in terreno adipogenico al quale è stato aggiunto, ove necessario, il FasL.
Nello specifico le BM-MSCs sono state coltivate per 14 giorni nel mezzo
adipogenico (AD) o in AD supplementato con FasL 0.5 ng/ml o 25 ng/ml. Le
colorazioni con Oil Red e blu di metilene hanno permesso di mettere in evidenza gli
adipociti, caratterizzati dalle presenza di gocciole lipidiche, le cellule non
differenziate ed il numero di cellule totali (Fig. 12A). Per poter quantificare la
capacità differenziativa nelle diverse condizioni, è stata calcolata la percentuale di
adipociti sul numero totale di cellule in ogni trattamento e questo valore è stato
rapportato con quello ottenuto per le cellule coltivate in AD, considerato il 100%
(Fig. 12B). Mentre il FasL 0.5 ng/ml (dati non riportati) non provoca differenze nel
numero di adipociti rispetto al non trattato, con il FasL 25 ng/ml si è osservata una
inibizione del 50% nella formazione di adipociti maturi (Fig. 12B, AD e AD/FasL).
Per confermare che l’effetto fosse mediato dall’attivazione di Fas le cellule sono
state trattate contemporaneamente con l’anticorpo neutralizzante Anti-Fas ZB4 e con
FasL 25 ng /ml: il cotrattamento blocca l’effetto di FasL 25 ng/ml e riporta gli
adipociti ad un numero molto più simile al non trattato (82% degli adipociti del
trattamento AD), mentre l’anti-Fas ZB4 da solo non ha nessun effetto (98%) (Fig.
12B, AD/α-Fas e AD/FasL/ α-Fas).
In accordo con questi risultati, l’espressione degli mRNA dei principali fattori e
marcatori adipogenici, quali PPARγ, adiponectin e FABP4/aP2, diminuisce a seguito
39
Risultati
del trattamento con FasL 25 ng/ml e tale effetto è neutralizzato dal cotrattamento con
l’anticorpo neutralizzante anti-Fas ZB4 (Fig. 12C).
Figura 12: Inibizione dell’adipogenesi mediata da Fas. A) Le BM-MSC sono state differenziate in
mezzo adipogenico in presenza di FasL 25 ng/ml e/o α-Fas e colorate con Oil Red e blu di metilene
(Ingrandimento 10X). B) Gli adipociti sono stati contati in 20 campi e rapportati con il numero di
cellule totali, quindi è stata fatta la percentuale di tale valore su quello ottenuto nel controllo AD
presentato come 100%. C) X-fold (2-ΔΔCt) rispetto al controllo non differenziato di PPARγ,
adiponectina e FABP4/aP2. * p<0.05, N=3
40
Risultati
6. L’inibizione dell’adipogenesi non dipende dalla morte per apoptosi delle BMMSCs.
Come è stato mostrato in precedenza, l’esposizione ad una dose di FasL di 25 ng/ml
determina un’apoptosi del 22% delle BM-MSCs. Era quindi possibile che il minor
numero di adipociti ottenuto in presenza di FasL fosse correlato a questo fenomeno
più che ad un vero e proprio effetto inibitorio. Per chiarire questo punto, abbiamo
adottato la stretegia di indurre in tutte le cellule apoptosi prima di farle differenziare.
Perciò le BM-MSC sono state prima trattate con FasL 25 ng/ml mantenendole in α –
MEM, ovvero in terreno non adipogenico, per due giorni, tempo sufficiente ad
indurre l’apoptosi delle cellule suscettibili (Fig. 7B), successivamente il terreno con
le cellule apoptotiche è stato eliminato ed è stato sostituito con il terreno prodifferenziante AD da solo o in presenza di FasL 25 ng/ml o FasL 25 ng/ml e α-Fas
per 14 giorni.
L’esperimento è stato eseguito su 3 colture cellulari ottenute da pazienti diversi
(batch #1, #2 e #3) per escludere che il fenomeno dipendesse dal donatore. Le cellule
sono state colorate con Oil Red, blu di metilene e Hoechst, per visualizzare eventuali
cellule apoptotiche e quindi contate al microscopio ottico ad un ingrandimento 10X
in 20 campi scelti casualmente (fig. 13A).
A fine esperimento il numero delle cellule differenziate in presenza e in assenza di
FasL non presenta una variazione significativa (AD 29.3 cellule/campo ± 7.7;
AD+FasL 24.8 cellule/campo ± 5.6, AD+FasL+αFas 31.3 cellule/campo ± 8.5 ), ma
il numero di adipociti è considerevolmente inferiore nel trattato con FasL e anche in
questo caso l’effetto viene revertito dall’aggiunta di αFas (AD 9.0 cellule/campo ±
3.0; AD+FasL 2.8 cellule/campo ± 1.1, AD+FasL+αFas 9.7 cellule/campo ± 2.4 ).
Inoltre, anche in questo esperimento dopo il primo trattamento con FasL, a cui tutte
le cellule sono state sottoposte, le BM-MSC risultano poco sensibili al segnale
apoptotico e la colorazione con l’HOECHST a 16 giorni non evidenzia nuclei
picnotici con nessuno dei trattamenti (Fig. 13A, pannello a destra).
Come nell’esperimento precedente, la percentuale delle cellule differenziate rispetto
alle cellule totali in ogni trattamento è stata rapportata a quella del trattamento AD,
considerato il 100% (Fig. 13B). Poiché con questo approccio sperimentale
l’inibizione dell’adipogenesi mediata da FasL è evidente ed è addirittura del 60%,
41
Risultati
possiamo concludere che FasL interferisce con il processo di adipogenesi in vitro
inibendo la differenziazione delle BM-MSCs in adipociti.
42
Risultati
Figura 13: L’inibizione dell’adipogensi non dipende dall’effetto pro-apoptotico di FasL 25
ng/ml. A) Le cellule sono state pre-trattate con FasL 25 ng/ml in α-MEM per 2 giorni e quindi sono
state sottoposte ai diversi trattamenti per altri 14 giorni. A fine esperimento sono state colorate con Oil
Red, blu di metilene e Hoechst. L’inibizione dell’adipogenesi è ancora visibile e con nessun
trattamento si hanno nuclei picnotici. B) Gli adipociti e le cellule totali sono state contate in 20 campi
e le percentuali di differenziazione sono state calcolate come in Fig. 12B, * p<0.05, N=3 (batches #1,
#2, #3)..
7. L’effetto inibitorio di FasL è reversibile e le cellule mantengono il loro
potenziale differenziativo.
A questo punto ci siamo chiesti se l’azione di FasL sul differenziamento fosse
reversibile o irreversibile. Per rispondere a questo quesito abbiamo valutato la
capacità delle cellule, supplementate con FasL in terreno adipogenico per due
settimane, di riprendere il processo differenziativo dopo aver sostituito il terreno con
AD non supplementato con FasL. Pertanto le cellule sono state coltivate in 3 diverse
condizioni: in AD (AD) o in AD e FasL 25 ng/ml (AD/FasL) per 3 settimane, e in
AD e FasL 25 ng/ml per 2 settimane sostituito con AD senza trattamento per la
settimana successiva (AD/FasL/-FasL). Al termine dell’esperimento le cellule sono
state colorate con Oil Red o lisate per l’estrazione dell’mRNA e la successive Real
Time PCR. I risultati ottenuti mostrano che l’azione di FasL è reversibile poiché le
cellule trattate per l’intero periodo con FasL (AD/FasL) accumulano meno gocciole
lipidiche, come già accaduto negli esperimenti precedenti, mentre quelle coltivate
con FasL per le 2 settimane iniziali (AD/FasL/-FasL) iniziano nuovamente ad
accumulare lipidi quando il tereno è stato sostituito, e alla fine dell’ultima settimana
presentano più adipociti maturi (Fig. 14A). Questo risultato è in accordo con
l’andamento dell’mRNA di PPARγ, che è diminuito nelle colture AD/FasL ma nella
condizione AD/FasL/-FasL aumenta di nuovo e raggiunge gli stessi livelli di
espressione delle cellule in AD. Per confermare che il trattamento con FasL non
modifica le caratteristiche delle BM-MSC abbiamo analizzato anche i livelli degli
mRNA di Rex1, fattore di trascrizione caratteristico delle cellule staminali e del
CD44, antigene di superficie dei progenitori mesenchimali: l’espressione di entrambi
è maggiore nelle cellule trattate per 3 settimane con FasL rispetto a quella delle
cellule coltivate nella condizione AD/FasL/-FasL che torna ai livelli delle cellule
differenziate in AD (Fig. 14B). Questi risultati suggeriscono che FasL, a determinate
43
Risultati
concentrazioni, mantiene le cellule in uno stato indifferenziato senza influenzare la
loro capacità di differenziare quando tale stimolo viene sostituito da altri.
Figura 14: L’effetto di FasL è reversibile. A) Le BM-MSC coltivate in AD con FasL 25 ng/ml per
2 settimane e con solo AD per un’ulteriore settimana (AD/FasL/-FasL) ricominiciano ad accumulare
lipidi e mostrano più adipociti delle colture mantenute in AD e FasL per 3 settimane (AD/FasL). B) le
colture AD/FasL/-FasL mostrano un aumento del marker adipogenico PPARγ e una diminuzione dei
marker delle MSC Rex-1 e CD44. I dati sono espressi come X-fold del controllo in α-MEM. * p<0.05
vs. AD/FasL (N=3).
8. I topi Fas lpr presentano aumentati livelli di marker adipogenici.
Per rafforzare i dati ottenuti in vitro, abbiamo analizzato l’espressione di markers
adipogenici nei topi lpr. I topi B6.MRL-Fas lpr/J presentano il recettore Fas (CD95)
non funzionante in seguito ad una mutazione spontanea che provoca una iperproliferazione dei linfociti.(Fig. 15A). I livelli di espressione del fattore di
44
Risultati
trascrizione PPARγ e del marker del tssuto adiposo FABP4/aP2 sono stati analizzati
nell’intera tibia dei topi lpr e confrontati con quelli dei topi di controllo C57BL/6J.
Gli mRNA PPARγ e FABP4/aP2, analizzati mediante PCR Real Time quantitativa,
sono più espressi nei topi mutati rispetto a quelli di controllo (Fig. 15B). Questa
differenza è ancora più evidente a livello di espressione proteica (Fig. 15C e D). Il
marcatore osteogenico Runx2, invece, non sembrerebbe modulato nei due modelli
murini (Fig. 15B). Tali evidenze hanno confermato i dati ottenuti in vitro e rafforzato
l’ipotesi che il sistema Fas/FasL è coinvolto nella regolazione dell’adipogenesi nel
midollo osseo.
Figura 15: Aumento di espressione dei marker adipogenici nei topi lpr. A) Genotyping dei topi
C57BL/6J (wt) and B6.MRL-Fas lpr/J (Fas lpr) mediante PCR Real Time (qRT-PCR) B) qRT-PCR
degli mRNA di PPARγ, FABP4, e Runx2 estratti dalla tibia. C) Western blot delle protein estratte
dalla tibia.D) l’analisi densitometrica dell’espressione proteica mostra un aumento delle protein
espresso nel tessuto adipose nei topi Fas lpr rispetto ai controlli. Two-tailed Student t-test. *p<0.05
and **p<0.001. Peso tibia: 30.06±0.07 mg nel wt e 30.12±0.08 mg nel topo Fas lpr.
45
Discussione
Discussione
Il nostro studio rafforza evidenze sperimentali riguardanti il ruolo pleiotropico di
FasL come fattore non solo pro-apoptotico ma coinvolto anche in processi
proliferativi e differenziativi.
I nostri dati dimostrano per la prima volta che nelle BM-MSC coltivate in vitro FasL
può svolgere più funzioni e che il suo effetto è dose-dipendente.
Il trattamento con basse dosi (0.5 ng/ml) di FasL induce proliferazione in modo
simile all’EGF e all’FGF-b, e tale effetto si mantiene anche a lungo termine (14
giorni di coltura) (fig. 8). Questo effetto proliferativo è sostenuto dall’attivazione o
dall’espressione di alcuni marker di crescita cellulare, come la fosforilazione di ERK
e l’aumento della survivina. La fosforiazione di ERK1/2 si nota già a 5 minuti
dall’attivazione del recettore (fig. 10A e B). Questa osservazione è in linea con dati
già presenti in letteratura: l’attivazione di ERK viene indotta, nelle MSC, così come
in molti altri tipi cellulari, dai fattori di crescita EGF o FGFb (29) o, come è stato
dimostrato recentemente, dall’IL-6,(43) e in questo caso determina anche una
inibizione dei processi differenziativi; inoltre secondo il modello di attivazione di Fas
descritto da Schütze, dopo pochi minuti dalla stimolazione, gli aggregati di Fas
hiCD95 vengono reclutati nei lipid raft e possono trasdurre segnali di attivazione per
le MAPK (52 )
L’incremento della proliferazione mediato da FasL (fig. 8) è correlato all’espressione
della survivina (fig. 10C e D): la sua produzione aumenta nelle cellule trattate per 4 e
6 giorni, tempi a cui l’incremento proliferativo è più evidente, sia in termini di
numero di cellule che di BrdU incorporata. La survivina non è solo una comprovata
proteina anti-apoptotica ma è anche un importante regolatore della divisione
cellulare. La sua espressione varia nelle diverse fasi del ciclo cellulare ed è
particolarmente elevata durante la mitosi. La sua delezione, nei tessuti adulti,
determina difetti della divisione cellulare, morte e ipoplasia tissutale (76, 77, 78)
É interessante notare che 0.5 ng/ml è una concentrazione comparabile a quella
riscontrata nel siero di soggetti sani e giovani (79), quindi questi dati potrebbero
suggerire un ruolo fisiologico del sistema Fas/FasL nella proliferazione delle BMMSC, simile a quello svolto nei linfociti T, che nella fase di attiva divisione
necessitano di un certo grado di attivazione delle caspasi (41).
46
Discussione
I nostri dati, così come è stato osservato nei linfociti, mostrano che l’effetto di FasL è
strettamente dose-dipendente: la stimolazione con una concentrazione più elevata (25
ng/ml) determina una lieve ma significativa attivazione transiente dell’apoptosi, che
provoca la morte di circa il 22% della popolazione cellulare (fig 7A). Le cellule
resistenti si mantengono tali anche dopo stimolazioni successive tanto che a 6 giorni
di trattamento non si osservano più cellule apoptotiche (fig. 7B). Tale risultato è
comparabile a quello ottenuto da altri gruppi di ricerca. Mazar (80) e i colleghi hanno
confermato che le BM-MSC presentano sulla loro superficie Fas e in minura
inferiore FasL, e l’espressione di membrana di quest’ultimo è aumentata negli
esperimenti di co-coltura con la linea linfoide Jurkat. Il trattamento con un anticorpo
agonista anti-Fas in concentrazioni crescenti comprese tra 10 e 100 ng/ml ha indotto
percentuali di apoptosi simili a quelle da noi osservate (fig. 7A) e tali percentuali
erano molto inferiori a quelle ottenute trattatando le Jurkat, confermando la scarsa
suscettibilità delle BM-MSC. In un altro studio, Kennea (27) ha testato la sensibilità
all’apoptosi delle MSC isolate da sangue fetale utilizzando lo stesso FasL
ricombinante utilizzato nel nostro lavoro: la dose 25 ng/ml provoca l’apoptosi del
20%, delle cellule, mentre dosi più alte (100 ng/ml) determinano un dimezzamento
della popolazione cellulare. Queste dosi elevate di FasL potrebbero essere coinvolte
nei meccanismi di morte cellulare osservata nelle BM-MSCs trapiantate in tessuti
danneggiati, caratterizzati da alti livelli di citochine infiammatorie, incluso FasL,
come suggerito da Rodrigues e collaboratori (47). Questi hanno osservato che il
processo di morte Fas.indotto indtto è mediato dalla produzione dei ROS,
l’attivazione di BAD e l’inibizione dell’espressione della survivina.
Il dato importante è che l’effetto di FasL non altera le carattersisitche della
popolazione cellulare studiata, infatti il trattamento sia breve (1 giorno) che lungo (6
giorni) non modifica l’espressione dei marker fenotipici mesenchimali (CD44,
CD73, CD90 e CD105 ). L’unica differenza osservata è un leggero aumento di CD73 in seguito al trattamento con FasL 25 ng/ml per 6 giorni (Fig 11A e B, pannelli in
alto). Dall’analisi dei fattori di trascrizione coinvolti nel mantenimento della
staminalità è emerso che le BM-MSCs esprimono, con una certa variabilità,
NANOG, OCT-4, REX-1, fattori di trascrizione presenti nelle cellule staminali
embrionali (ESC), in grado di riprogrammare le cellule adulte e mantenerle in uno
stato indifferenziato e di multi potenzialità (5, 62). Nelle cellule utilizzate nei nostri
47
Discussione
esperimenti REX-1 è il marker di staminalità più espresso, mentre Nanog ed Oct-4
sono espressi in maniera costante ma a basso livello (fig. 6A). Il nostro lavoro mostra
che la loro espressione non subisce variazioni in seguito all’esposizione al FasL 0.5
ng/ml, mentre aumenta nella popolazione di cellule selezionata dal trattamento a
breve termine con FasL 25 ng/ml, tornando ai livelli del controllo a lungo termine (6
giorni) (Fig 11A e B, pannelli in basso). Una possibile spiegazione di questo
fenomeno è che il FasL provoca la morte delle cellule che presentano una maggiore
espressione del recettore Fas che, secondo il lavoro di Kovacic, sono quelle ad uno
stadio differenzativo più avanzato. Pertanto possiamo supporre che il trattamento
selezioni positivamente quelle cellule esprimenti meno Fas e più fattori di
trascrizione quali NANOG, OCT-4 e REX-1.
Un altro importante risultato è che FasL 25 ng/ml non solo seleziona elementi con
carattersitiche di staminalità aumentate ma inibisce, in maniera reversibile, la
differenziazione delle BM-MSC in adipociti: le cellule indotte a differenziare per 14
giorni in presenza di FasL 25 ng/ml, mostrano un accumulo ridotto di gocciole
lipidiche e una minore espressione del fattore di trascrizione PPARg e delle proteine
adiponectina e FABP4/aP2, tipicamente espresse negli adipociti (fig 12).
Questa riduzione del numero di adipociti non dipende dall’effetto pro-apoptotico di
FasL perché il pre-trattamento con FasL 25 ng/ml, che seleziona positivamente la
popolazione staminale, non riduce, anzi aumenta il fenomeno di inibizione
dell’adipogenesi (fig 13).
Inoltre l’effetto inibitorio di FasL è reversibile poiché la sottrazione di FasL dal
mezzo di coltura ristabilisce il normale processo adipogenico, suggerendo che le
cellule in sua presenza sono mantenute in uno stato indifferenziato conservando la
loro multi potenzialità (fig 14).
Con nostra grande soddisfazione abbiamo dimostrato che il potenziale ruolo del
sistema Fas/FasL osservato in vitro, potrebbe essere importante in vivo. Infatti
l’analisi dei più importanti marcatori di adipogenesi, PPARγ e FABP4/aP2, ha
rilevato una loro maggiore espressione nell’osso dei topi Fas lpr. Questi topi
presentano una mutazione puntiforme sul gene del recettore Fas rendendolo non
funzionale. Questo risultato è in linea con quello ottenuto da Kovacic (75) che ha
mostrato che gli estratti di midollo osseo dei topi con Fas o FasL (gld) non
funzionanti generano in vitro più colonie di osteoblasti rispetto ai controlli, e quindi,
48
Discussione
come nel nostro caso, sono più indirizzati verso un processo differenziativo. Pertanto
il dato ottenuto sui topi Fas lpr suggerisce che FasL può essere un fattore importante
nella regolazione del differenziamento nel microambiente midollare.
In questo microambiente al grasso vengono attribuite diverse funzioni: è considerato
una riserva energetica e partecipa alla sua omeostasi. In particolare può agire da
regolatore negativo dell’emopoiesi (39), e il suo aumento nel midollo è sintomo di
aplasia midollare. In questo ambito FasL, con la sua azione di inibitore
dell’adipogenesi,
potrebbe
essere
importante
nella
regolazione
positiva
dell’emopoiesi (81).
Pertanto sarebbe molto importante individuare quali cellule midollari producono
FasL e quale delle sue forme (di membrana, solubile, vescicolare) sia quella deputata
alla regolazione del processo adipogenico e proliferativo. Fas e FasL sono infatti
costitutivamente espressi nel midollo osseo dell’adulto, in particolare le cellule
monocitiche mieloidi e le cellule CD34+ esprimono alti livelli di FasL (82). Questi
elementi cellulari potrebbero quindi influenzare la biologia delle BM-MSC attraverso
un rilascio controllato di vari fattori, tra cui il FasL.
L’azione di FasL potrebbe non essere limitata al solo grasso midollare ma essere
attiva ed avere conseguenze fisiologiche e patologiche anche in altri distretti così
come avviene per il TNFα, un membro della stessa famiglia che ha un effetto
pleiotropico sulla proliferazione cellulare e la differenziazione e può agire come un
ormone, funzionando da inibitore dell’adipogenesi (59). Ad avvalorare questa ipotesi
Wueest ha dimostrato che Fas contribuisce all’infiammazione del tessuto adiposo e
all’insulino resistenza indotta dall’obesità e che FasL negli adipociti induce l’idrolisi
dei trigliceridi e la lipolisi del loro contenuto, senza influire sulla vitalità.(64).
Nel loro insieme, questi risultati dimostrano che il ruolo primario del sistema
FasL/Fas nelle BM-MSC non è quello di indurre il processo apoptotico ma di
regolare altri importanti processi biologici, la proliferazione ed il differenziamento. Il
nostro lavoro inoltre, per la prima volta, propone un modello in cui uno stesso fattore
può agire inducendo processi diversi che regolano l’equilibrio tra condizione di
staminalità e differenziamento nelle.BM-MSC.
Tuttavia un’eccessiva o ridotta produzione di FasL potrebbe essere correlata ad
alcune condizioni patologiche caratterizzate da cambiamenti del tessuto adiposo: nel
plasma dei soggetti HIV-positivi FasL solubile può raggiungere una concentrazione
49
Discussione
di 15 ng/ml (82), e secondo un altro studio il midollo osseo dei pazienti affetti da
questa patologia presenta meno grasso di quello dei soggetti sani. Inoltre, il grasso
midollare aumenta durante l’invecchiamento e tale processo determina una riduzione
della rigenerazione degli osteoblasti che porta ad osteoporosi primaria (83, 85).
Parallelamente i livelli di FasL circolante e del FasL espresso dai linfociti (79, 84)
diminuiscono con l’avanzare dell’età, suggerendo una dipendenza dei due fenomeni
che non è mai stata investigata. Sarebbe quindi interessante studiare se esiste una
reale correlazione tra i livelli di FasL circolanti e l’aumento o la diminuzione del
grasso in vivo. Questa ed altre ipotesi, come il coinvolgimento dei microRNA nei
meccanismi di proliferazione e differenziamento determinati da Fas e FasL, saranno
ulteriormente sviluppate e studiate nel nostro laboratorio.
I risultati di questa tesi sono stati sottomessi per la pubblicazione alla rivista Cell
Death and Disease (NPG).
50
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