Arnold Schoenberg (1874 – 1951) In Arnold Schoenberg musica e pittura seguono strade parallele in quel vasto progetto di riforma dei linguaggi che fu figlio del Novecento. Molto vicino agli artisti di avanguardia, dedica parte del suo genio alla pittura creando delle opere intitolate “Visioni”. Tali opere rappresentano il contributo di Schoenberg alla nascita de “Il Cavaliere Azzurro” (movimento artistico attivo tra il 1911 e il 1914, nucleo fondamentale dell’espressionismo tedesco) in collaborazione con Kandinski e Franz Marc. Al pari della pittura contemporanea che tende a descrivere figure astratte, la musica di Schoenberg, rinunciando alla tonalità, perde quel carattere di familiarità per giungere ad una espressione fortemente dissonante, in una parola “atonale”. Questo nuovo mondo sonoro viene magistralmente delineato nel “Pierrot lunaire” (1912), una delle opere più importanti del compositore austriaco. Intorno al 1920 fissa le regole di questa dissonante espressione musicale creando una nuova e rivoluzionaria grammatica musicale: la dodecafonia. In sintonia con due giovani compositori, Alban Berg e Anton Webern, attraverso la sua musica esprime una forte denuncia contro una società che negli anni precedenti alla prima guerra mondiale si sta inesorabilmente avviando verso la distruzione di ogni valore. Con l’avvento del nazismo al potere la sua arte viene definita “degenerata” e così Schoenberg, di origini ebraiche, si rifugia prima in Francia poi negli Stati Uniti. Qui scrive una delle sue opere dodecafoniche più commoventi, la cantata “Un sopravvissuto di Varsavia”, in cui rievoca con commossa partecipazione gli orrori dell’Olocausto.