OSPEDALI/CLINICA OCULISTICA Trapianto di cornea con staminali per ritrovare la vista Ha ritrovato la vista grazie a un trapianto di cornea reso possibile dall’impianto di cellule staminali opportunamente coltivate. E’ accaduto di recente a Trieste a una signora di 35 anni rimasta vittima di un’ustione da ammoniaca che le aveva distrutto la superficie corneale dell’occhio. A gestire il delicato e complesso trattamento che ha richiesto quasi due anni di lavoro ed è stato il primo del genere realizzato nella nostra regione, la Clinica Oculistica diretta da Giuseppe Ravalico che conferma così il suo ruolo di specialità d’eccellenza con un bilancio d’attività in crescita costante, che parla di 2 mila 400 interventi chirurgici l’anno, 6 mila 600 prestazioni di pronto soccorso e un numero elevatissimo di visite ed esami per patologie specifiche. Professor Ravalico, partiamo dal recente trapianto di cornea. Perché si è dovuto ricorrere alle cellule staminali? L’ustione aveva distrutto la cornea creando una cicatrice che si era vascolarizzata. La cornea non era più trasparente e la nuova superficie impediva la riuscita di un normale trapianto di cornea per l’assenza delle cellule staminali che di solito ne consentono l’attecchimento perché hanno il compito di distinguere tra loro i tessuti epiteliali. A questo punto siete ricorsi a una coltura di queste cellule. Senza quella preparazione i vasi avrebbero invaso anche la nuova cornea rendendola opaca. A novembre del 2006 abbiamo quindi effettuato un prelievo di tessuto dal limbus dell’altro occhio sano, la zona di congiunzione tra cornea e congiuntiva dove si trovano le staminali. Il campione, due millimetri per due, è stato inviato alla Banca degli occhi di Mestre con cui collaboriamo da tempo e lì è stato messo in cultura. In meno di un mese le cellule staminali si sono così sviluppate da dare vita a una membrana di quattro centimetri quadrati che abbiamo impiantato sulla cornea ustionata. Senza rischi di rigetto perché si trattava di una membrana ricavata da cellule della stessa paziente. Certo. In questo caso la difficoltà stava piuttosto nell’attecchimento delle cellule corneali. A un anno di distanza abbiamo quindi eseguito una citologia ad impressione per verificare se le cellule della superficie erano corneali oppure no. La risposta è stata positiva: l’impianto era riuscito, l’occhio era in grado di ricevere una cornea nuova. A dicembre abbiamo quindi eseguito il trapianto, una cheratoplastica perforante. A tre mesi di distanza siamo lieti di annunciare che la signora ha recuperato la vista da quell’occhio. Questo intervento è l’ultimo episodio di un’attività ormai consolidata nel campo dei trapianti. Ce ne occupiamo da ormai 25 anni, sempre in collaborazione con la Banca degli occhi veneta a cui fanno capo anche le donazioni che provengono da Trieste. Si tratta di un’attività in aumento, ma pur sempre contenuta in termini numerici, con circa 20 interventi l’anno. Quali sono le indicazioni di massima per un trapianto di questo tipo? In generale è indicato per le forme degenerative e cicatriziali della cornea, ma certo il medico deve valutare le situazioni caso per caso. E’ un intervento lungo, difficile? Dura circa un’ora, sempre che non vengono eseguiti in contemporanea altri interventi. La procedura prevede che, grazie a un microtrapano, si asporti un disco corneale del diametro di circa otto millimetri suturando al suo posto il disco della cornea nuova. La difficoltà principale sta proprio nelle suture, dai 16 ai 24 punti, che devono essere molto regolari per evitare futuri astigmatismi. Se si pensa all’estensione delle superfici su cui si lavora, naturalmente utilizzando il microscopio, si capisce bene quali possono essere i problemi. Ben più diffusa e conosciuta è la chirurgia della cataratta. Gli interventi di questo tipo lo scorso anno sono stati 1500. Si tratta di un intervento ormai comune, veloce, di solito ambulatoriale. Con la facoemulsificazione si frammenta e si aspira il cristallino opaco, grazie a un apparecchio ad ultrasuoni, poi si inserisce il cristallino artificiale. Siamo considerati un centro d’eccellenza per questo genere di chirurgia e mi piace ricordare che siamo stati fra i primi in Italia ad usare i cristallini artificiali multifocali accanto a quelli monofocali. Un’altra attività caratterizzante riguardante la retina. Lo scorso anno la chirurgia vitreo retinica ha riguardato 250 persone che erano state colpite da distacco della retina, da fori maculari, da retrazioni vitreoretiniche, esiti di emorragie, retinopatie diabetiche proliferanti e altre patologie. Sono interventi di grande delicatezza e complessità. Accanto alla chirurgia la Clinica oculistica esegue una mole notevole di accertamenti diagnostici e strumentali. Solo per citarne alcuni l’OCT, le fluorangiografie, l’elettroretinografia multifocale, l’ultrabiomicroscopia, la microperimetria e tanti altri ancora. Accanto a questi spiccano due settori forse meno noti ma assai frequentati quali il Centro per il Glaucoma e il Pronto soccorso oculistico. Quest’ultimo, a cui si accede dal Pronto soccorso generale, lo scorso anno ha erogato ben 6 mila 600 prestazioni che spaziano dal corpo estraneo nell’occhio all’incidente domestico. Quanto al Centro per il Glaucoma è stato allestito nel ’91 sotto l’egida dell’Agenzia internazionale per la cecità e si è poi reso autonomo. In questo, come negli altri servizi oculistici dei nostri ospedali, la cittadinanza ha la certezza di trovare le migliori apparecchiature diagnostiche.